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Analisi dei Guasti in un sistema HVDC-VSC

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Tesi di Laurea Magistrale in Ingegneria Elettrica

Anno Accademico 2015/2016

Analisi dei Guasti in un sistema HVDC-VSC

Docenti: Il candidato:

Prof. Ing. Paolo Pelacchi Matteo Renieri

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Introduzione

Negli ultimi anni, grazie all’avanzamento tecnologico nell’ambito dei componenti a semiconduttori, è aumentata l’attenzione sui sistemi di trasmissione di energia elettrica in corrente continua.

Nello specifico in quei sistemi che vanno ad impiegare la tecnologia a tensione impressa, identificati dalla sigla HVDC-VSC (High Voltage Direct Current – Voltage Source Converter). Questi sistemi presentano innegabili vantaggi dal punto di vista della trasmissione su lunghe distanze e permettono di rendere più flessibile la gestione dei flussi di potenza nelle reti, caratteristiche che si sposano perfettamente con le esigenze derivate dall’inarrestabile ascesa della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e con quelle di integrazione per l’ottenimento di un'unica super rete Europea.

Quello che il presente elaborato si prefissa di ottenere consiste nel presentare lo stato d’arte della tecnologia HVDC e nell’andare ad indagare il comportamento di questi sistemi in caso di guasto sulle linee, cercando di proporre soluzioni alle problematiche riscontrate.

Il tutto è realizzato con l’ausilio di simulazioni svolte su un modello sviluppato in ambiente MATLAB-Simulink®, con il quale sono state simulate le varie casistiche di guasto.

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Sommario

Introduzione 2

1. Introduzione alla Tecnologia HVDC 5

1.1 Breve storia dei sistemi HVDC 6

1.1.1 Sistemi elettromeccanici – Il sistema di Thury 6

1.1.2 Le valvole a mercurio 7

1.1.3 Tiristori 8

1.1.4 Capacitor -Commutated converters (CCC) 8

1.1.5 Voltage Source Converter (VSC) 9

1.2 Confronto tra sistemi HVDC e HVAC 10

1.2.1 Break Even Distance 10

1.2.2 Perdite di potenza e impatto ambientale 11

1.2.3 Versatilità e vantaggi in Reti Asincrone 12

1.2.4 Effetti capacitivi di linee in cavo e linee aeree 13

1.2.5 Svantaggi dei sistemi HVDC 15

1.3 HVDC-CSC e HVDC-VSC 16

1.3.1 Tecnologia HVDC-CSC 18

1.3.2 Sistema di controllo HVDC-CSC 24

1.3.3 Tecnologia HVDC-VSC 26

1.3.4 Sistema di controllo HVDC-VSC 32

2. Presentazione del modello utilizzato 39

2.1 Reti AC 40

2.2 Linea DC 41

2.3 Stazione di Conversione 42

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2.4.1 Phase Locked Loop (PLL) 47

2.4.2 Anello esterno di P/Q e di tensione 47

2.4.3 Anello interno di Corrente 51

2.4.4 DC Balance Control 53

2.4 Blocchi modellizzazione casistica Guasti. 54

3. Simulazioni e presentazione dei risultati 56

3.1 Avviamento e funzionamento a regime 58

3.2 Guasti DC 65

3.2.1 Guasto Polo Polo 66

3.2.2 Guasto Polo Terra 73

3.3 Guasti AC 80

3.3.1 Guasto Trifase 80

3.3.2 Guasto Bifase 83

3.3.3 Guasto Monofase 87

4. Considerazioni Finali 91

4.1 Sviluppi futuri e breve trattazione dei possibili sistemi di protezione 93

Bibliografia 99

Allegato 1 – Caso semplice Allegato 2 – Caso linea Allegato 3 – Caso rete magliata

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1. Introduzione alla Tecnologia HVDC

Il rapido sviluppo tecnologico nel campo dei dispositivi elettronici di potenza a

semiconduttori, ha reso la tecnologia HVDC (High Voltage Direct Current) più appetibile per quanto concerne la trasmissione di energia elettrica.

Per la trasmissione vengono utilizzati sistemi ad alta tensione in modo da ridurre le perdite sulle linee.

A questi livelli di tensione, l’energia non può essere impiegata per l’alimentazione delle utenze finali, pertanto è necessario abbassare il livello di tensione tramite appositi dispositivi.

Dispositivi che nel caso dei sistemi a corrente alternata sono da sempre rappresentati dai trasformatori.

I trasformatori pertanto resero semplice il passaggio tra i vari livelli di tensione, se vi unisco il fatto che i generatori AC (Alternate Current) si dimostrarono più efficienti delle controparti in DC (Direct Current), si ebbe nel 1892 l’affermazione nei sistemi di trasmissione della corrente alternata a discapito della tecnologia in corrente continua.

Successivamente con l’avvento dell’elettronica di potenza, prima con l’avvento delle valvole al mercurio nel 1950 e poi nel 1970 con la nascita dei primi dispositivi a semiconduttore, si riapre la partita tra i due diversi tipi di tecnologie.

Attualmente i sistemi in corrente continua vengono integrati nei vecchi sistemi di trasmissione in alternata, realizzando così un sistema complessivo che può considerarsi ibrido in grado di usufruire dei vantaggi di entrambe le tecnologie.

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1.1 Breve storia dei sistemi HVDC

1.1.1 Sistemi elettromeccanici – Il sistema di Thury

La prima trasmissione elettrica su lunga distanza fu realizzata usando la corrente continua nel 1882 sulla linea Miesbach-Monaco e trasmettendo una potenza di solo 1,5 kW. Il primo metodo di trasmissione ad alto voltaggio in corrente continua fu realizzato da l’ingegnere svizzero Renè Thury e fu messo in pratica nel 1889 in Italia dalla compagnia Acquedotto De Ferrari -Galliera.

Questo sistema usava una serie di motori e generatori connessi in serie per incrementare la tensione. Ogni set era stato isolato da terra ed era guidato attraverso degli alberi da un motore primo.

La linea operava a corrente costante con salti di tensione di circa 5000V per ogni macchina. Questo sistema riuscì a trasmettere 630kW a 14kV per una distanza di 120km.

Nella prima metà del ventesimo secolo sulla base di questo sistema furono realizzati altri sistemi analoghi che però non riscontrarono successo dal punto di vista commerciale, perlopiù a causa delle elevate perdite e della costante manutenzione richiesta dalle macchine rotanti.

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1.1.2 Le valvole a mercurio

Per la prima volta furono proposte nel 1914, ma risultarono disponibili per essere applicate nella trasmissione di potenza nel periodo che va dal 1920 al 1940. I primi test furono realizzati dalla General Electric nel 1932, su una linea di trasmissione a 12kV, che fungeva anche come “adattatore” tra la rete di generazione con una frequenza di 40Hz e la rete dei carichi a 60Hz, nella località di Mechanicville, New York. Nel 1941 in Europa per la città di Berlino fu progettata una linea in cavo da 115km, ±200 kV, 60MW con la tecnologia delle valvole a mercurio, con la premessa che in tempo di guerra una linea in cavo sotterraneo sarebbe stata un bersaglio più difficile da bombardare, ma il progetto non fu mai completato a causa della caduta del governo nel 1945.

Nonostante ciò quanto realizzato fu trasferito

nell’unione sovietica come bottino di guerra e venne utilizzato per la costruzionde della linea HVDC Mosca-Kashira. Questo sistema e il collegamento realizzato successivamente nel 1954 dal gruppo Uno Lamm, per mettere in collegamento la Svezia con l’isola di Gotland, furono le pietre miliari dell’era moderna nella

trasmissione HVDC.

Uno dei principali svantaggi delle valvole a mercurio è che queste richiedono un circuito esterno che sia in grado di forzare la corrente a zero e in modo da permetterne lo spegnimento.

Questi sistemi comunque continuarono a essere progettati fino al 1972, con l’entrata in servizio dell’ultimo sistema avvenuta a Manitoba in Canada nel 1977.

Da allora tutti i sistemi a valvole sono stati dismessi o convertiti all’utilizzo di dispositivi a stato solido.

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1.1.3 Tiristori

Dal 1977 in poi tutti i nuovi sistemi HVDC sono stati realizzati solo con dispositivi a stato solido, nello specifico tiristori. Come le valvole a mercurio i tiristori richiedono una fonte AC esterna per controllarne lo spegnimento e l’attivazione. Gli HVDC che fanno utilizzo di tiristori vengono anche denominati LCC (Line-Commutated Converter).

Lo sviluppo dei tiristori inizia a fine del 1960, il primo progetto di HVDC a tiristori viene implementato nella stazione di Eel River in Canada dalla General Electric ed entra in servizio nel 1972.

Nel 1979 viene messa in servizio la linea che collega Cabora Bassa a Johannesburg, da 1920 MW, lunga 1410km. Il sistema di conversione

fu realizzato nel 1974 da una partnership tra AEG, BBC e Siemens, con una tensione di ±533Kv, la più alta del tempo.

1.1.4 Capacitor -Commutated converters (CCC)

I convertitori LCC come precedentemente

detto richiedono un circuito AC per spegnere i tiristori e necessitano anche di un breve periodo in cui applicare una tensione di polarità negativa al tiristore per effettuare lo spegnimento (Turn-off time).

Un tentativo di risolvere queste

problematiche ha portato alla nascita dei dispositivi CCC. Questi differiscono dai dispositivi tradizionali perché dotati di

condensatori inseriti in serie ad i collegamenti con la linea AC. I condensatori in serie variano parzialmente l’induttanza di commutazione e aiutano a ridurre le correnti di guasto. Inoltre permettono di ottenere un angolo di spegnimento più piccolo, riducendo la necessità di potenza reattiva del convertitore. Questa tecnologia è comunque rimasta una tecnologia di nicchia usata in situazioni particolari perché soppiantata dall’avvento dei VSC.

Figura 4: Config. circuitale CCC

Figura 3:Simbolo Tiristore

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1.1.5 Voltage Source Converter (VSC)

Questa tecnologia ampiamente usata negli azionamenti dei motori sin dal 1980, inizia ad essere impiegata negli HVDC dal 1997 con il progetto sperimentale Hellsjon-Grangesberg in Svezia. Alla fine del 2011 questa tecnologia si è fatta spazio in buona parte del mercato HVDC, anche grazie allo sviluppo tecnologico nell’ambito degli IGBT (Insulated Gate Bipolar Thyristors), GTO (Gate Turn-off Thyristors) e IGCT (Integrated Gate-commutated Thyristors), che ha reso i piccoli sistemi HVDC

più economici.

In questo settore si sono introdotte grandi aziende del settore elettrico quali ABB, Siemens e Alstom.

L’uso di questi spazia da sistemi di piccole dimensioni a sistemi di decine di megawatt.

Esistono varie tipologie della

tecnologia VSC, le installazioni che hanno avuto inizio dal 2012 usano una modulazione a larghezza di impulso (PWM- Pulse Width Modulation) in un circuito che effettivamente può essere assimilato ad un azionamento di un motore, solo con alti livelli di tensione.

Mentre le installazioni più recenti si basano sui convertitori MMC (Modular Multi-Level Converter) e presentano il vantaggio di poter ridurre o addirittura eliminare il sistema di filtraggio.

Probabilmente nel prossimo futuro la tecnologia VSC andrà a sostituire tutti gli altri sistemi basati su semplici tiristori presenti nelle applicazioni di trasmissione di energia elettrica in DC.

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1.2 Confronto tra sistemi HVDC e HVAC

1.2.1 Break Even Distance

È possibile comparare i due sistemi sotto vari aspetti tecnici, ma come primo punto ci andremo a soffermare su un confronto tecnico-economico introducendo il concetto di “break even distance “, ovvero la lunghezza per la quale risulta economicamente conveniente un investimento su un sistema di tipo HVDC, rispetto ad un classico HVAC. Fissata la potenza trasmessa dalla linea, i costi della sola linea risultano inferiori nel caso della tecnologia HVDC. Quello che però va ad incidere sull’investimento di un sistema HVDC è caratterizzato dai costi delle stazioni di conversione che rappresentano una quota pari al 50-60% dell’investimento totale.

Il costo complessivo per la realizzazione di un sistema di trasmissione può essere quindi ripartito in un costo fisso, dovuto al costo delle stazioni di conversione, e in un costo variabile, rappresentato dal costo necessario

alla realizzazione della linea al chilometro. Come vediamo in fig.6, con l’aumentare della distanza della linea si giunge ad un punto in cui i costi per una linea HVDC risultano inferiori rispetto alla controparte AC, quel punto è la nostra distanza di break-even. Questa distanza critica, si aggira intorno ad un valore di 600-800km per line aeree, mentre per quanto riguarda le linee in cavo

sottomarine il valore si riduce di molto e si attesta intorno ai 50km.

Questa semplice valutazione tecnico-economica è di per sé importante, ma è solo uno dei tanti fattori che contribuiscono all’affermazione dei sistemi HVDC nel futuro della

trasmissione di energia elettrica.

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1.2.2 Perdite di potenza e impatto ambientale

Per quanto concerne le perdite di

potenza queste risultano essere inferiori nel caso dei sistemi HVDC, anche prendendo in

considerazione le perdite presenti nelle stazioni di conversione. Queste infatti rappresentano circa lo 0,6 -1% delle perdite totali, in base al tipo di sistema HVDC. Considerando il livello di tensione e i dettagli costruttivi le perdite sono quotate intorno al 3,5% per 1000km,

ed a parità di livello di tensione rappresentano una quota del 30-40% inferiore rispetto alla controparte in AC.

Ciò è valido sia per quanto concerne le linee aeree che quelle realizzate in cavo. Inoltre nelle line HVDC non è presente il così detto “effetto pelle”, che comporta una distribuzione non uniforme della corrente all’interno del conduttore innalzandone la resistenza elettrica, tipico delle linee trifase AC.

È da considerare anche un altro vantaggio non strettamente tecnico, ovvero quello dell’impatto ambientale.

Una singola linea HVDC con due soli conduttori, ha infatti un impatto ambientale minore di una classica doppia linea trifase con 6 conduttori, richiede uno spazio inferiore e ha un impatto visivo minore.

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1.2.3 Versatilità e vantaggi in Reti Asincrone

I collegamenti in corrente continua vengono spesso usati nella configurazione “Back to back” per connettere tra di loro due reti AC operanti a frequenze diverse.

Infatti per connettere tra di loro due sistemi AC occorre che questi operino alla stessa frequenza e allo stesso livello di tensione. Un collegamento in DC posto tra le due permette di trasferire energia elettrica trasformando le caratteristiche del vettore elettrico

adattandole alle reti con cui mi vado ad interfacciare. Un esempio è dato dal sistema

elettrico giapponese, dove parti del sistema operano a una frequenza di 50hz e altre ad una di 60hz.

Fondamentale sarà l’apporto di questi sistemi HVDC per la finalizzazione del progetto riguardante la creazione di una “super rete europea” proposto dalla DESERTEC foundation, volto a connettere alla rete europea, tramite dei collegamenti HVDC, grandi siti di produzione di energia elettrica da fonti Rinnovabili, che verranno dislocati in nord africa, medio oriente e nord Europa.

Un altro fondamentale vantaggio della tecnologia HVDC è che permette di migliorare la stabilità del sistema. Infatti è possibile ad esempio prevenire la propagazione dei malfunzionamenti in cascata da una parte di rete all’altra. Le variazioni di carico che potrebbero causare la perdita di sincronismo in una parte di rete, non avranno effetti sull’altra dato che il collegamento in DC non ne sarà affetto. Inoltre la potenza che fluirà attraverso questo collegamento può essere usata per stabilizzare la rete con il

malfunzionamento. Infatti con un collegamento del tipo HVDC-VSC è possibile andare a controllare indipendentemente i flussi di potenza attiva e reattiva sulla linea.

Questo comporta una maggiore flessibilità nel controllo dei flussi di potenza sulla rete, permettendo ad esempio la redistribuzione dei flussi di potenza nelle reti AC, oppure andare

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a smorzare le oscillazioni a bassa frequenza che si presentano in rete in seguito a transitori elettromeccanici.

Un altro vantaggio delle connessioni HVDC consiste nel fatto che queste non contribuiscono al valore della corrente di corto circuito di una rete AC, ovvero al valore previsto assunto dalla corrente in un dato punto della rete in condizioni di corto circuito.

Quando una nuova centrale di produzione viene costruita, questa viene collegata alla rete esistente con una linea di trasmissione tipicamente in AC, ciò comporta inevitabilmente un incremento della corrente di corto circuito sulla rete esistente.

Con l’aumento del valore della corrente di corto circuito pertanto può essere necessario rimpiazzare le protezioni esistenti con protezione adeguate ad i nuovi livelli raggiunti e questo comporterà inevitabilmente dei costi aggiuntivi da sostenere.

È quindi consigliabile valutare a priori la fattibilità economica di collegare la centrale alla rete esistente tramite un collegamento in DC, perché in questo modo non si andrà a contribuire all’innalzamento della corrente di corto circuito nella rete AC preesistente.

1.2.4 Effetti capacitivi di linee in cavo e linee aeree

Le lunghe connessioni sottomarine o interrate, in cavo, hanno una capacità di linea elevata rispetto alle linee tradizionali, dato che il conduttore è ricoperto da uno strato di materiale isolante (dielettrico). La geometria è assimilabile a quella di una lunga capacità coassiale ed ovviamente la capacità complessiva aumenta all’aumentare della lunghezza della

connessione. Questa capacità da un punto di vista circuitale risulta essere in parallelo con il carico pertanto se vado ad utilizzare un sistema in AC, rispetto ad uno in DC, occorre il transito di una corrente superiore sulla linea, necessaria a caricare la capacità.

Questa corrente extra causerà un aumento delle perdite, provocando anche un aumento della temperatura del cavo.

Se invece vado ad utilizzare un sistema in corrente continua, la capacità verrà caricata solo in seguito alla prima energizzazione della linea o nel caso in cui la tensione di linea subisca variazioni.

Considerando il sistema in AC, se la linea è sufficientemente lunga, l’intera sezione del conduttore dovrà essere usata per la sola corrente necessaria a caricare la capacità della

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linea stessa. Questo limita enormemente la capacità di trasmissione di energia delle linee AC via cavo. Mentre per quanto concerne le linee DC, l’unica limitazione è imposta

dall’aumento di temperatura e dalla legge di Ohm.

Alcune tra le più importanti installazioni di linee sottomarine in cavo realizzate sono: - la connessione NorNed (580km,

700MW, ± 450kV) realizzata nel 2012 da ABB, connette la Norvegia all’Olanda attraversando il mare del nord e con i suoi 580km di lunghezza rappresenta la più lunga al mondo.

- In Italia invece sono presenti la connessione SACOI (385km,300MW, ±200kV, bipolare), che connette

rispettivamente Sardegna e Corsica alla rete italiana, ed è una delle due

uniche connessioni che operano con un HVDC multi terminale. L’altra invece è la connessione Galatina-Arachthos che attraversa il mar adriatico e connette l’Italia con la Grecia (313km, 500MW,400kV, monopolare).

- La linea che connette Francia e Inghilterra attraverso lo stretto della manica

(73km,2000MW, ±270kV, 2 Bipoli). Fu realizzata nel 1975 e successivamente ampliata nel 1986 con una capacità di circa 2000MW.

Anche nel caso di linee aeree è presente l’effetto capacitivo seppure in dimensione minore. Infatti per linee di trasmissione lunghe, la corrente necessaria ad alimentare le capacità della linea può essere significativa e ciò riduce la capacità della linea di trasportare corrente utile all’alimentazione del carico. Un altro fattore che riduce la corrente utile nelle linee AC è l’effetto pelle, che causa un addensamento di corrente nella parte esterna della sezione del conduttore, questo comporta una densità di corrente non uniforme e quindi una riduzione

Figura 9: Mappa dei collegamenti HVDC europei.

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della sezione utile del conduttore. Se invece vado ad operare con sistemi HVDC, nessuna delle due restrizioni sopra elencate si presenta, quindi a parità di perdite sul conduttore, questo permette il passaggio di una corrente utile al carico maggiore.

Infine in base alle proprie caratteristiche, tra cui l’isolamento della linea, è possibile far lavorare una linea di trasmissione esistente come una linea HVDC ad un valore di tensione che è approssimativamente lo stesso della tensione di picco in AC per cui era stata

progettata e isolata.

La potenza trasmessa da una linea AC dipende infatti dal valore efficace della tensione, che rappresenta solo il 71% del valore di picco. Quindi se io riesco a far operare la linea come HVDC ad un valore di tensione che è lo stesso del valore di picco in AC, considerando in entrambi i casi che la linea sia attraversata dallo stesso valore di corrente, la capacità di trasmissione di potenza della suddetta linea sarà approssimativamente del 40% superiore.

1.2.5 Svantaggi dei sistemi HVDC

I sistemi HVDC sono attualmente meno affidabili dei sistemi in alternata e questo è dovuto per lo più al sistema di conversione. I sistemi a singolo polo hanno un fattore di disponibilità, che va a indicare il tempo per il quale il sistema mantiene il suo normale funzionamento in un dato periodo, pari a 98,5%, con circa un terzo del tempo fuori servizio dovuto alla presenza di guasti. Nel caso invece io vada a considerare un sistema bipolare, questo mi va ad aumentare la disponibilità per quanto riguarda il 50% della potenza della linea, mentre se considero l’intera capacità il fattore scende intorno al 97-98%.

Inoltre c’è da considerare che le stazioni di conversione sono costose e hanno una bassa capacità di sovraccarico, come abbiamo visto infatti per linee di breve distanza il costo del convertitore penalizza la scelta dei sistemi HVDC.

Inoltre le parti di un sistema HVDC attualmente sono meno standardizzate di quelle HVAC, dato che la tecnologia in questo ambito è in rapida e continua evoluzione.

Realizzare un sistema multiterminale risulta più complesso che nel caso della controparte AC, specialmente nel caso di HVDC-LCC. Il controllo dei flussi di potenza in un sistema multiterminale richiede una buona comunicazione tra i vari terminali, perché la potenza deve essere regolata attivamente dal sistema di controllo. Infatti i sistemi multiterminale

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sono rari e dal 2012 ne risultano in servizio solo due: Il sistema Canadese che collega Radisson-Sandy Pond-Nicolet e il sistema Italiano SACOI tra Sardegna-Corsica-Italia.

Un altro grande problema degli HVDC sta nella difficolta di realizzazione delle protezioni. Gli interruttori per questi sistemi sono infatti di difficile realizzazione perché devono essere dotati di meccanismi per indurre la corrente a zero, cosa non necessaria per la controparte AC dove il passaggio per lo zero avviene naturalmente.

Lo sviluppo del primo interruttore è iniziato nel 2012 da parte di ABB.

1.3 HVDC-CSC e HVDC-VSC

Negli ultimi 50 anni lo sviluppo della tecnologia HVDC si è affidato per lo più a sistemi HVDC-CSC (Current Source Converter) grazie allo sviluppo tecnologico di componenti a stato solido quali tiristori. Un tiristore per condurre ha la necessità di essere polarizzato direttamente e deve essere “acceso” attraverso dei

segnali che vengono normalmente prelevati dall’alimentazione in

alternata, di qui si evince l’altro nome con cui questi dispositivi vengono denominati internazionalmente ovvero LCC (Line Commutated Converter).

Il termine CSC sta ad indicare il fatto che questi convertitori, caratterizzati da una corrente lato DC pressappoco

costante, questa viene infatti mantenuta costante anche attraverso l’utilizzo di induttori in grado di smorzare eventuali ripple, si comportano quindi da un punto di vista del lato AC come dei generatori di corrente, iniettando nella rete AC una corrente con varie componenti armoniche.

La direzione in cui la potenza fluisce è determinata invece dalla polarità assunta dalla tensione, mentre la direzione della corrente rimane sempre la stessa.

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In un ipotetico piano P-Q, questi dispositivi sono infatti in grado di lavorare solo su due quadranti, dato che è possibile l’inversione di tensione ma non quella di corrente.

I tiristori necessitano inoltre, in seguito all’interdizione del funzionamento che può avvenire per la polarizzazione di tipo inverso oppure per l’inversione della corrente, di un periodo così detto “Tempo di ripristino” (Recovery Time) nel quale deve essere mantenuta ai capi del dispositivo una tensione inversa per far sì che la corrente che vi scorre all’interno si annulli completamente.

Dopo questo periodo il dispositivo è in grado di bloccare una tensione in polarità diretta senza condurre prematuramente. Quanto appena descritto si traduce dal punto di vista del controllo nella necessità di porre un ritardo nella successione degli impulsi di circa 5/7°.

Nel 1999 in Svezia si ha la prima installazione di un sistema HVDC-VSC con una capacità di circa 50MW.

I VSC (Voltage Source Converter) si basano sull’utilizzo di dispositivi a stato solido quali IGBT, che possono operare a tensione che vanno dai 1,7-6,5kV e correnti di 750-2400A. Sono caratterizzati da tre terminali, collettore, emettitore e gate. Conducono quando al gate viene applicato un segnale a bassa energia e sono in grado di cambiare il proprio stato in ogni momento, al contrario dei tiristori.

Questi dispositivi sono in grado di sopportare solo tensioni con polarità diretta, quindi necessitano di un diodo in antiparallelo che intervenga in caso di inversione della polarità di tensione ai capi dell’IGBT.

Il diodo infatti offre un passaggio di richiusura per la corrente quando l’IGBT è interdetto. L’accoppiata IGBT più diodo in antiparallelo va a costituire il mattone fondamentale con cui sono costruiti tutti i convertitori VSC.

Questi al contrario dei CSC, sono capaci di operare in tutti e quattro i quadranti del piano

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P-Q, è quindi possibile controllare ai terminali i flussi di potenza attiva e reattiva in modo indipendente.

1.3.1 Tecnologia HVDC-CSC

Il fulcro della tecnologia HVDC-CSC sta nel funzionamento del convertitore CSC. La configurazione più semplice è composta da un ponte di Graetz trifase (fig.12), detto anche ponte a sei impulsi, questo infatti

contiene sei interruttori elettronici che connettono ognuna delle tre fasi ad uno dei due terminali DC. I dispositivi che si occupano della commutazione come precedentemente esposto sono dei tiristori ed è possibile riferirsi a questi con termini più generali quali interruttori, o addirittura con il termine valvole, che va a

richiamare l’analogia con il funzionamento dei convertitori più vecchi a valvole di mercurio. Andiamo adesso ad illustrare il funzionamento di questo caso base.

Normalmente due valvole alla volta conducono in ogni istante, una nella parte superiore del ponte e una, riferita ad una fase diversa ma appartenente alla parte inferiore del ponte. Le due valvole vanno a connettere due delle tre fasi AC, con i terminali DC.

Se ad esempio prendo in conduzione le valvole V1 e V2, la tensione che mi ritrovo sui

terminali DC sarà data dalla tensione della fase 1 meno la tensione della fase 3 (Fig.13).

Figura 12: Ponte di Graetz trifase

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Inoltre data la presenza di un certo valore di induttanza sull’alimentazione AC, la commutazione tra un set di valvole e il successivo non avviene istantaneamente, ma è presente un periodo di tempo dove due valvole dello stesso ramo si trovano in conduzione simultaneamente. Un esempio, si ha quando nel nostro schema si passa da una situazione dove sono presenti in conduzione le

valvole V1 e V2 ad una in cui entra in conduzione la valvola V3. La conduzione nella parte superiore del ponte passa quindi da V1 a V3, ma a causa del ritardo introdotto dalla presenza delle

induttanze a monte, queste due valvole si trovano a condurre simultaneamente.

In questo caso la tensione DC sara data dal valore medio delle due tensioni di fase 1 e 2 a cui andrò a sottrarre la tensione della fase 3 (Fig.14).

L’angolo per il quale questo fenomeno di sovrapposizione avviene, viene chiamato “angolo di overleap” e tipicamente ha un valore che dipende dalla corrente assorbita e a pieno carico assume valori di circa 20°. Durante

questo periodo, la tensione DC è minore di quanto dovrebbe essere in teoria, infatti questo fenomeno produce nella tensione in uscita degli “incavi” ben visibili (Fig. 15). Con l’aumentare di questo fenomeno quindi avrò una tensione di uscita in DC che diminuirà all’aumentare della durata del periodo di overleap , quindi per quanto detto

precedentemente il valore medio della tensione ottenibile lato DC diminuirà all’aumentare della corrente DC.

Figura 14: Fenomeno Overleap

Figura 15: Dall’alto: Grafici 1 e 2 = Correnti in ogni valvola Grafico 3 = Tensione DC Polo-Neutro

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La tensione lato Dc per un convertitore a sei impulsi è data dalla formula :

𝑉𝑑𝑐 =3 𝑉𝐿𝐿 𝑝𝑖𝑐𝑐𝑜

𝜋 cos(𝛼) − 6 𝑓 𝐿𝑐𝐼𝑑

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Dove:

- VLL picco : rappresenta il valore di picco della tensione tra le due fasi lato AC - α : l’angolo di accensione del tiristore

- Lc : l’induttanza di fase a monte

- Id :la corrente lato DC

L’angolo di accensione (α) rappresenta il tempo di ritardo tra il punto in cui la tensione ai capi della valvola diventa positiva e l’istante in cui il tiristore viene attivato.

Dall’equazione precedente si vede come aumentando l’angolo α, il valore medio della tensione in uscita diminuisce. Questo infatti è usato per regolare la tensione lato DC ai due capi di un sistema HVDC in modo da ottenere il flusso di potenza desiderato in linea.

Come si evince dall’eq.1 ad un angolo di accensione compreso entro i 90°, corrisponde una tensione DC positiva, con un angolo invece superiore ai 90° ottengo un’inversione di segno

nel coseno e una tensione di uscita negativa (Fig. 16).

Comunque non è possibile estendere l’angolo di accensione fino al valore di 180° per due ragioni. La prima è dovuta al fatto che è sempre presente un angolo di Overleap (µ) mentre la seconda è la presenza del così detto angolo di spegnimento (ϒ) dovuto al tempo di Recovery delle valvole. Ottengo quindi tra i vari angoli una relazione del tipo:

ϒ = 180 − 𝛼 − µ (2)

Quello presentato fino ad adesso è il caso di convertitore più semplice e comporta un elevato quantitativo di armoniche nelle correnti che vengono immesse nella rete AC.

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Per ovviare a questo problema vengono realizzati tipi di convertitori più complessi che adottano soluzioni a 12, 18 o 24 impulsi, il funzionamento alla base comunque è analogo a quello esposto nel caso a 6 impulsi.

Ponendo l’attenzione sulla configurazione a 12 impulsi, questa è realizzata da due ponti a 6 impulsi in serie per quanto riguarda il lato DC, con un collegamento parallelo lato AC ove

vengono alimentati con uno sfasamento delle fasi tale da permettere la cancellazione di determinate armoniche.

Questo sfasamento è tipicamente di 30° e viene realizzato usando un trasformatore con due diversi tipi di avvolgimento secondario, uno a stella e uno a triangolo (Fig.17).

Lo spettro armonico della corrente risulterà concentrato in armoniche dell’ordine h=12k±1, dove k è un numero intero, mentre analogamente nel caso base con 6 impulsi sarà

concentrato in armoniche di ordine h=6k±1.

Dato che l’ampiezza delle armoniche decresce all’aumentare dell’ordine di armonica, il convertitore con 12 impulsi avrà uno spettro di armoniche con ampiezza inferiore e concentrato a frequenze più elevate facilitandone le operazioni di filtraggio.

Questo ha comportato un maggiore utilizzo industriale della configurazione a 12 impulsi. Lato DC invece le due tensioni Vd1 e Vd2 risultano sfasate di 30° e dato che la Vd è data dalla

loro somma, questa presenterà 12 variazioni per ogni periodo della fondamentale, con un ordine armonico pari a h=12k.

L’eventuale variazione dell’angolo di accensione (α) va solo a variare l’ampiezza delle armoniche di tensione e corrente, ma non il loro ordine.

Oltre al tipo di convertitore CSC utilizzato, i sistemi HVDC-CSC possono essere differenziati anche in base alle varie configurazioni (Fig.18) come ad esempio: sistemi monopolari, sistemi bipolari, con o senza ritorno, oppure sistemi in configurazione back to back.

(22)

22

Ogni configurazione comporta svantaggi e vantaggi che devono essere valutati per ogni applicazione specifica. Ad esempio la soluzione monopolare, è composta da un solo conduttore lato DC ad una tensione positiva o negativa, mentre il ritorno è tipicamente realizzato dalla terra o dal mare in applicazioni sottomarine.

È caratterizzata dall’essere un sistema estremamente semplice e poco costoso ma presenta vari problemi per le condutture interrate e per l’ambiente circostante, in particolare per la fauna nelle applicazioni sottomarine.

La soluzione bipolare invece è più complessa e costosa della controparte monopolare, ma ha la possibilità di operare in caso di fuori servizio di un conduttore assicurando il 50% della potenza. Questa viene utilizzata per la maggiore nelle applicazioni moderne.

Nella soluzione “Back to back” non sono presenti cavi o linee tra i due convertitori perché questi funzionano nello stesso sito, è una configurazione che sfrutta i convertitori per disaccoppiare dal punto di vista della frequenza due reti AC.

La configurazione più recente è quella di un sistema HVDC multi terminale, che consiste nel collegare tra di loro tre o più stazioni di conversione, di cui in base ai flussi di potenza in rete, alcune lavoreranno come raddrizzatori e altre come inverter.

Questa configurazione è ovviamente la più complessa e costosa.

(23)

23

Se considero il singolo tiristore questo può sopportare al massimo delle tensioni dell’ordine di 10.000 V e delle correnti dell’ordine dei 4.000A, vien da sé che per sistemi che

raggiungono potenze di molti MW occorre realizzare delle strutture modulari.

Ogni modulo è composto da varie valvole poste in serie o in parallelo, in base ai valori di corrente e tensione a cui vogliamo siano sottoposte, e può essere visto dal punto di vista macroscopico come un enorme valvola capace di sopportare valori superiori di tensione e corrente. Uno dei problemi di questo approccio sta nel controllo delle valvole che

compongono il modulo, infatti è necessario che tutte siano coordinate in accensione e spegnimento, per evitare distribuzioni irregolari di corrente o tensione che potrebbero andare a danneggiare i singoli componenti.

Una connessione HVDC-CSC però deve essere dotata anche di altri componenti, oltre a quelli già elencati, che ne permettano il corretto funzionamento.

Ad esempio filtri e condensatori necessari al supporto di potenza reattiva, vengono connessi sul lato AC del convertitore per un corretto funzionamento del sistema e per interfacciarsi con il resto della rete in AC, che deve sottostare a dei ben definiti requisiti di qualità del vettore elettrico definiti dal Gestore della rete di Trasmissione.

Lato DC spesso vengono posti degli induttori, denominati “smoothing reactor” necessari a smorzare le oscillazioni di corrente.

Per quanto riguarda i filtri è da considerare che questi non rappresentano solo dei costi aggiuntivi ma occupano anche uno spazio rilevante. Inoltre, se il sistema HVDC è collegato a una Rete “debole”, ovvero con una potenza di corto circuito bassa, il filtro può innescare degli effetti di risonanza per armoniche di basso ordine che creano delle sovratensioni quando il convertitore viene bloccato. Queste sovratensioni possono raggiungere valori di 1,25-1,4 per unit.

(24)

24

1.3.2 Sistema di controllo HVDC-CSC

Se considero che l’angolo di sfasamento tra le grandezze lato AC, la tensione Va1n e la

corrente Ia1, sia pari ad un valore ϕ e prendo in considerazione la relazione che ho tra la

componente fondamentale della Ia1 e Id, ovvero:

𝐼𝑎1 = 0.78 𝐼𝑑 (3)

Posso ricavare le seguenti equazioni che esprimono la potenza reattiva assorbita da un convertitore a 6 impulsi e la potenza attiva che viene trasferita dal lato AC al lato DC durante il suo funzionamento da raddrizzatore:

𝑄 = √3 𝑉𝐿𝐿𝐼𝑎1sin 𝜑 = 1.35 𝑉𝐿𝐿𝐼𝑑sin 𝜑 (4)

𝑃 = 𝑉𝑑𝐼𝑑 = 1.35 𝑉𝐿𝐿𝐼𝑑cos 𝜑 (5)

Ovviamente lo scopo del sistema è quello di trasferire potenza attiva, mentre nei limiti del possibile dovrei cercare di minimizzare la potenza reattiva richiesta dal convertitore e la corrente Id, in modo da minimizzare le perdite sulla linea.

Dato che la tensione VLL assume un valore che è praticamente costante durante il

funzionamento l’unico modo che ho di variare i valori di P e Q è andare ad agire sull’angolo ϕ. Questo si ottiene andando a variare l’istante di accensione dei tiristori, l’angolo ϕ andrà infatti a corrispondere il valore assunto dall’angolo di accensione α.

L’angolo per il quale ottengo una minimizzazione dei valori di Q e Id è relativamente piccolo,

compreso tipicamente tra valori di 10°-20°.

Se considero le relazioni valide per P e Q nel funzionamento da inverter queste sono

𝑄 = 1.35 𝑉𝐿𝐿𝐼𝑑sin ϒ (6)

𝑃 = 1.35 𝑉𝐿𝐿𝐼𝑑cos ϒ (7)

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25

Ovviamente dato un certo valore di P, l’angolo ϒ deve essere il più piccolo possibile in modo da minimizzare la Q assorbita. Però come abbiamo precedentemente illustrato i tiristori necessitano di un tempo di recupero (Recovery Time) che pone delle limitazioni a quanto io possa ridurre il valore di ϒ.

Il sistema di controllo di un HVDC-CSC è composto da tre anelli di controllo: controllo bipolare, controllo polare e il controllo dell’unità di conversione.

Il controllo bipolare definisce la potenza attiva tra i due poli e invia segnali di controllo all’anello successivo, il controllo polare.

Quest’ultimo si occupa di calcolare gli angoli di accensione per ogni convertitore, in modo da seguire il riferimento di potenza attiva.

Oltre a questo funzionamento base, possono essere presenti anche altri segnali che condizionano il controllo, derivanti da condizioni necessarie a soddisfare la regolazione in frequenza o la stabilità del sistema elettrico. Il controllo bipolare si occupa anche di gestire i banchi di filtri e le capacità presenti sul lato AC. Infine, il controllo dell’unità di conversione fissa gli impulsi per l’accensione dei tiristori, in base all’angolo di accensione definito.

L’HVDC-CSC funziona in modo da mantenere

costanti i valori di tensione e corrente sul lato DC, il controllo polare mi va a definire la caratteristica di funzionamento nel piano Vd

– Id per i vari tipi di controllo

CFA, CEA, CC e CV (Fig.19). Nel funzionamento da inverter è necessario il controllo dell’angolo di

spegnimento in modo da evitare

errori nella commutazione , questo ci porta a definire il valore minimo per l’angolo ϒ. Inoltre per garantire margini di stabilità al sistema di controllo occorre che la corrente richiesta nel funzionamento da inverter sia inferiore di quella nel funzionamento da

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26

raddrizzatore. Il punto A di fig. 19 è il punto di lavoro a regime. Tipicamente nel

funzionamento da raddrizzatore lavora con il controllo della corrente lato continua (CFA), mentre nel caso del funzionamento come inverter lavora mantenendo costante la tensione lato DC oppure controllando l’angolo ϒ. L’inverter impone ϒ al volere minimo possibile compatibilmente con il valore di corrente (CEA).

Il controllo di corrente è caratterizzato dall’avere una risposta più veloce, mentre il controllo di tensione è tipicamente più lento in modo da evitare che ci siano iterazioni tra i due

controllori.

L’operatore di rete va a settare il valore di potenza transitante nella connessione, andando ad agire su uno dei due terminali, e imposta il convertitore per lavorare come raddrizzatore in controllo di corrente. L’inversione della potenza attiva è eseguita invertendo la tensione oppure traslando le caratteristiche esterne dei convertitori, come evidenziato con le linee tratteggiate di figura 19. In questo modo il nuovo punto di lavoro si muoverà in B, dove il convertitore che operava come raddrizzatore andrà a lavorare come inverter e viceversa.

La direzione della corrente, prima e dopo l’inversione della potenza non è cambiata.

1.3.3 Tecnologia HVDC-VSC

I tiristori possono essere solo controllati in accensione e non in spegnimento, questi richiedono quindi un sistema AC esterno che li aiuti durante il processo di spegnimento.

Il sistema di controllo ha quindi un solo grado di libertà, l’istante di accensione.

Questo limita l’utilità dei sistemi HVDC-CSC, perché necessitando sempre di una rete AC in grado di fornirgli le grandezze necessarie alla commutazione e non sono in grado di iniettare potenza in reti passive. Problematica che è scomparsa con l’avvento degli IGBT, dispositivi in grado di essere controllati sia in accensione che spegnimento e in grado così di fornire un ulteriore grado di libertà. È possibile quindi realizzare convertitori che siano in grado di commutare senza ausili esterni. In questi convertitori, la polarità della tensione DC è

normalmente fissata e la tensione, smorzata attraverso l’uso di condensatori, viene ritenuta costante. Di qui la denominazione VSC (Voltage Source Converter).

L’abilità degli IGBT di accendersi e spegnersi a comando viene sfruttata per migliorare le prestazioni dal punto di vista dei contenuti armonici, mentre il fatto di essere in grado di

(27)

27

commutare autonomamente permette l’alimentazione di reti passive. Inoltre i dispositivi VSC risultano essere più compatti della controparte CSC, ottenendo dei vantaggi nelle applicazioni dove gli ingombri sono importanti come nel caso di piattaforme offshore.

Al contrario dei CSC, i VSC come precedentemente detto non variano la polarità della tensione, l’inversione del flusso di potenza viene quindi ottenuta invertendo la direzione della corrente. Questo comporta un notevole vantaggio nell’applicazione dei dispositivi VSC per la formazione di sistemi multi terminale (Reti in DC).

Normalmente la configurazione più utilizzata è quella a 6 impulsi, questa comporta una distorsione armonica di gran lunga inferiore della controparte CSC.

Per capire bene il funzionamento di questi dispositivi iniziamo illustrando il dispositivo più semplice, ovvero il convertitore a due livelli.

I primi sistemi HVDC-VSC si basavano infatti tutti su una configurazione a due livelli.

Questa configurazione può essere assimilata ad un ponte a 6 impulsi in cui gli IGBT, con i rispettivi diodi di ricircolo, sono stati sostituiti ai comuni tiristori e dove i condensatori

di smorzamento han preso il posto degli induttori (Fig.20). Vengono chiamati convertitori a due livelli perché la tensione di fase in uscita sul lato AC è ottenuta dalla commutazione tra due soli livelli di tensione, corrispondenti ai rispettivi potenziali elettrici dei due terminali del lato DC. Ad esempio per la fase 1 (Fig.21), quando è attiva la valvola V1 l’uscita è collegata al terminale positivo del lato DC e avrò una tensione pari a +½Ud rispetto al punto centrale del

convertitore, mentre quando sarà attiva la valvola V4 nella parte inferiore, avrò in uscita una tensione pari a -½Ud. Due valvole dello stesso ramo non devono essere mai attivate

simultaneamente, andrei ad ottenere un cortocircuito in grado di innescare fenomeni di scarica non controllata dei condensatori con conseguente danneggiamento del convertitore.

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28 La più semplice forma

d’onda che può produrre una modulazione a due livelli è l’onda quadra, ma questa va a produrre anche un’elevata distorsione armonica, pertanto viene usata come tecnica di modulazione il PWM (Modulazione di ampiezza).

Gli IGBT tipicamente vengono fatti commutare anche 20 volte in un periodo, questo mi va a produrre delle perdite di commutazioni rilevanti comportando una riduzione dell’efficienza complessiva della trasmissione. Nonostante la moltitudine di tecniche PWM a cui è possibile ricorrere, il convertitore a due livelli risulta in tutti i casi avere un’efficienza inferiore alla controparte CSC proprio in virtù delle elevate perdite per commutazione.

Una stazione tipica CSC ha delle perdite di conversione intorno allo 0,7%, mentre un VSC a due livelli presenta perdite per un valore del 2-3%.

Un altro svantaggio enorme della configurazione a due livelli è che per sottostare ai livelli di tensione utilizzati nelle trasmissioni HVDC occorre collegare in serie una moltitudine di IGBT con i conseguenti problemi relativi alla sincronia delle commutazioni.

La configurazione successiva è quella a tre livelli di tensione

(Fig.22). Questi sono in grado di fornire ai

terminali di ogni fase AC, tre livelli di tensione: +½Ud , 0 , -½Ud. Un tipo

comune di schema è quello denominato NPC

(Neutral-Point-Clamped), dove per ogni fase sono presenti quattro valvole e due diodi di

Figura 21: Funzionamento VSC a due livelli, Nero +½Ud -- Grigio -½Ud

(29)

29

bloccaggio. Sul lato DC sono presenti due condensatori in serie, con i diodi di bloccaggio che si vanno a connettere tra il punto centrale e il primo quarto e il terzo quarto dei rispetti rami di ogni fase. Prendendo a riferimento la singola fase, per ottenere un livello positivo (+½Ud)

in uscita occorre che entrambe le valvole della parte superiore del ramo siano attive, per ottenere in uscita il valore nullo

(0) occorre che siano attive le due valvole centrali, mentre per ottenere in uscita il valore di tensione negativo (-½Ud)

occorre che entrambe le valvole della parte inferiore del ramo siano attive (Fig.23.). Durante il periodo di

attivazione delle due valvole centrali, sono i due diodi di bloccaggio che richiudono il

circuito. Un’evoluzione di questa configurazione comporta la sostituzione dei due diodi di bloccaggio con delle valvole a IGBT per aumentare la controllabilità del convertitore, questa configurazione è stata utilizzata nella realizzazione del collegamento sottomarino tra New Heaven e Shoreham negli Stati Uniti, ma l’aumento di complessità unito alla difficoltà di progettazione per tensioni superiori ai ±150kV non va a giustificare i modesti vantaggi ottenuti in termini di distorsione armonica.

L’ultima configurazione che intendo presentare è quella dei convertitori modulari multi livello (MMC), la loro prima applicazione risale al 2003 con la connessione sottomarina che attraversa la baia di San Francisco, per collegare quest’ultima con Pittsburg.

Attualmente questo tipo di configurazione sta diventando lo standard per quanto concerne i collegamenti HVDC-VSC.

Come per la configurazione a due livelli, un MMC è costituito da sei valvole ognuna delle quali ha il compito di connettere un terminale del lato AC ad un terminale del lato DC.

(30)

30 La singola valvola di un

MMC può essere visto come un generatore di tensione controllata (Fig.24).

Ogni valvola infatti è composta da un numero di convertitori

indipendenti chiamati sotto moduli, ognuno dei quali contenente il proprio accumulo capacitivo di energia.

Nella sua forma circuitale più semplice, a mezzo ponte, ogni sotto modulo è composto dalla serie di due IGBT in parallelo ad un condensatore, con il punto centrale della serie degli IGBT e uno dei terminali del condensatore utilizzati come connessioni esterne (Fig.25).

Il funzionamento del singolo sotto modulo è il seguente: in base a quale IGBT viene attivato il condensatore può essere connesso al resto del circuito, nel caso sia attivo T1, oppure può venire cortocircuitato dal resto del circuito, nel caso sia attivo T2.

Ogni sotto modulo va quindi ad agire in modo indipendente come un semplice convertitore a due livelli in grado di generare una tensione pari a 0 o Usm (Fig.26).

Con un adeguato numero di sotto moduli è possibile

ottenere una tensione di uscita a gradini che approssimi molto bene l’andamento di una sinusoide e quindi con un basso contenuto armonico.

Figura 24:Schema di un MMC

Figura 26: Funzionamento sotto modulo Figura 25:Valvola MMC

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31

Negli MMC la corrente fluisce continuamente in tutte le sei valvole del convertitore, la corrente continua si suddivide equamente nelle tre fasi e allo stesso modo la corrente alternata si divide equamente nelle valvole superiori e inferiore di ogni fase (Fig.24). Se considero le correnti nelle valvole, possono essere riassunte nelle seguenti relazioni:

Valvola superiore 𝐼𝑉 =𝐼𝑑 3 + 𝐼𝑎𝑐 2 (8) Valvola inferiore 𝐼𝑉 =𝐼𝑑 3 − 𝐼𝑎𝑐 2 (9)

Una configurazione MMC per l’utilizzo negli HVDC può contenere fino a 300 sotto moduli connessi in serie per ogni singola valvola, ciò equivale ad avere un convertitore con 301 livelli di tensione. Come conseguenza se ne deduce come i problemi di distorsione armonica siano pressappoco inesistenti, tanto da non rendere più necessario l’utilizzo di sistemi atti al filtraggio.

Con la configurazione MMC le perdite di conversione sono inferiori rispetto alle configurazioni precedenti attestandosi intorno all’1%.

Questa configurazione però ha due svantaggi fondamentali, in primis il controllo è molto più complesso per la necessità di bilanciare la tensione ai capi dei condensatori presenti in ogni sotto modulo, il secondo punto a sfavore invece è rappresentato dall’ingombro dei

condensatori stessi. Un MMC tipicamente ha delle dimensioni superiori, rispetto alle precedenti configurazioni, sebbene una parte dell’ingombro si svanita con l’assenza dei sistemi di filtraggio.

Sono state proposte anche varie alternative per i sotto moduli oltre alla configurazione a mezzo ponte illustrata, volti per lo

più a migliorare aspetti quali la flessibilità nel controllo del

convertitore, il contenuto armonico

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32

Un esempio è la configurazione a ponte intero, dove il sotto modulo è composto da quattro IGBT disposti come un ponte H (Fig.27).

Questa variante permette al convertitore di bloccare le correnti di guasto derivanti da un corto circuito tra i terminali del condensatore e permette anche l’inversione della polarità della tensione, utile nell’utilizzo in sistemi HVDC ibridi con CSC e VSC.

Lo svantaggio principale è derivato dalla presenza di un numero di IGBT doppio rispetto alla configurazione a mezzo ponte con un conseguente aumento delle perdite.

1.3.4 Sistema di controllo HVDC-VSC

In questo paragrafo saranno introdotti i concetti alla base del funzionamento del sistema di controllo, infatti questo verrà trattato compiutamente nei paragrafi successivi in riferimento al sistema di controllo specifico del modello, realizzato in ambiente Matlab-Simulink, usato per le simulazioni.

Per prima cosa andrò a introdurre la tecnica PWM che come abbiamo detto viene utilizzata comunemente nei convertitori HVDC-VSC a due e tre livelli di tensione per ottenere i segnali di accensione degli IGBT. Per descriverne il funzionamento base ci riferiremo al caso più semplice, ovvero al PWM ad onda quadra, dove si va a regolare l’ampiezza degli impulsi in modo da variare il valor medio della forma d’onda.

Consideriamo una forma d’onda f(t), con un periodo T, un valor minimo ymin , un valor

massimo ymax , e un duty cycle D.

Per Duty Cycle si intende, dati i due livelli ymax e ymin, il rapporto, nel

periodo, tra il tempo per cui ho la forma d’onda assume il valore ymax e la

durata del periodo stesso (Fig.28). Il valor medio della forma d’onda si ottiene dalla seguente equazione:

ȳ = 1

𝑇 ∫ 𝑓(𝑡)

𝑇 0

𝑑𝑡 (10)

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33

Come si vede anche in fig.28, il valore della f(t) sara ymax tra 0 < t < D∙T e ymin tra D∙T < t < T,

posso pertanto riscrivere l’eq.10 come:

ȳ = 1 𝑇 (∫ 𝑦𝑚𝑎𝑥 𝐷𝑇 0 𝑑𝑡 + ∫ 𝑦𝑚𝑖𝑛 𝑇 𝐷𝑇 𝑑𝑡) = 1 𝑇 (𝐷 ∙ 𝑇 ∙ 𝑦𝑚𝑎𝑥+ 𝑇 (1 − 𝐷) ∙ 𝑦𝑚𝑖𝑛) = 𝐷 ∙ 𝑦𝑚𝑎𝑥+ (1 − 𝐷) ∙ 𝑦𝑚𝑖𝑛 (11)

Se, semplificando, impongo ymin = 0 allora l’equazione si riduce a:

ȳ = 𝐷 ∙ 𝑦𝑚𝑎𝑥 (12)

Si evince così come il valore medio sia direttamente proporzionale al Duty Cycle. Il modo più semplice per generare un

segnale PWM è quello basato sull’intersezione di due forme d’onda, una forma d’onda di

riferimento sinusoidale e una forma d’onda detta modulante, tipicamente triangolare o a dente di sega. Quando il valore del segnale di riferimento è superiore alla modulante in uscita il PWM assumerà un valore alto, viceversa assumerà un valore basso (Fig.29).

Un altro tipo di modulazione PWM è quello a modulazione Delta, dove il segnale di uscita viene integrato e confrontato con dei limiti, che altro non sono il segnale di riferimento traslato di un’opportuna costante.

Ogni volta che l’integrale dell’uscita raggiunge uno dei due limiti il segnale PWM cambia stato.

(34)

34 La modulazione Delta-Sigma,

invece è un controllo PWM dove il segnale di uscita è sottratto ad un segnale di

riferimento in modo da ottenere un segnale di errore, di qui il nome sigma.

Questo errore viene integrato e quando l’integrale dell’errore raggiunge uno dei due limiti, il

segnale PWM cambia stato, analogamente alla modulazione Delta (Fig.30).

Infine la forma più avanzata di PWM consiste nella SVM (Space Vector Modulation), un algoritmo di media mobile in cui il segnale di riferimento viene campionato regolarmente. Dopo ogni campionamento vengono

attivati i vettori non nulli adiacenti al vettore di riferimento insieme a uno o più vettori nulli, per una durata di una frazione del periodo di campionamento in modo da modificare l’ampiezza dei vettori risultanti, così da ottenere il vettore di riferimento, come somma dei due vettori (Fig.31-32).

Figura 30: PWM Delta-Sigma

Figura 31: Logica vettoriale PWM-SVM convertitore trifase

(35)

35

Come abbiamo detto gli HVDC-VSC sono in grado di fornire ai loro terminali una tensione alternata controllabile in ampiezza, fase e frequenza ciò permette, al contrario dei CSC, di operare su tutti e quattro i quadranti del piano P-Q.

Un sistema HVDC-VSC può essere comparato al funzionamento di una macchina sincrona priva di inerzia o ad un qualunque sistema in grado di gestire la tensione di rete e la potenza scambiata con una dinamica pressappoco istantanea, infatti la grande differenza con un sincrono sta nell’assenza di parti meccaniche in movimento.

Con un HVDC-VSC è possibile invertire o annullare il flusso di potenza attiva, realizzando il comportamento da compensatore rotante tipico di alcune macchine sincrone.

È possibile studiare il comportamento dei flussi di potenza scambiati con l’ausilio dello schema in fig.33.

Figura 33: Schema Sistema HVDC-VSC

Dove:

- 𝑈̅𝑐 = prima armonica del fasore della tensione ai terminali del convertitore

- 𝑈̅𝑓 = fasore della tensione di rete ai capi del filtro.

- 𝐼̅𝑟= fasore della corrente fornita dal convertitore.

Se considero la caduta di tensione sulla linea ∆𝑈̅ posso scrivere:

∆𝑈̅ = 𝑈̅𝑐− 𝑈̅𝑓 = 𝑗𝑋𝐼̅𝑟 (13)

Dalla quale ricavo la corrente come:

𝐼𝑟 = 𝑈̅𝑐− 𝑈̅𝑓 𝐽𝑋

(36)

36

Se vado a calcolare la potenza apparente posso scrivere:

𝑆𝑏 = 𝑃 + 𝑗𝑄 = 𝑈̅𝑓𝐼̅𝑟 (15)

Sostituendo adesso l’eq.14 nell’eq.15 ricavo:

𝑆𝑏= 𝑃 + 𝑗𝑄 = 𝑈̅𝑓𝐼̅𝑟∗ = 𝑈̅𝑓( 𝑈̅𝑐− 𝑈̅𝑓 𝐽𝑋 ) ∗ = 𝑈̅𝑓( 𝑈̅𝑐 − 𝑈̅ 𝑓∗ −𝐽𝑋 ) (16) = 𝑈𝑓(𝑈𝑐𝑒 −𝑗𝛿− 𝑈 𝑓 −𝑗𝑋 ) = 𝑈𝑓2 𝑋𝑒−𝑗𝜋2 −𝑈𝑓𝑈𝑐𝑒 −𝑗𝛿 𝑋𝑒−𝑗𝜋2 = 𝑈𝑓 2 𝑋 (cos (− 𝜋 2) + 𝑗 sin (− 𝜋 2)) − 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 (cos ( 𝜋 2+ 𝛿) − 𝑗 sin ( 𝜋 2+ 𝛿)) = 𝑈𝑓 2 𝑋 (−𝑗) − 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 (−sin(𝛿) − 𝑗 cos(𝛿)) = −𝑗 𝑈𝑓2 𝑋 + 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 sin(𝛿) + 𝑗 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 cos(𝛿)

Andando ora a separare le due componenti reale e immaginaria possiamo ricavare, dall’eq.16, le due relazioni che regolano lo scambio di potenza sulla linea:

𝑃 = 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 sin(𝛿) (17) 𝑄 =𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 cos(𝛿) − 𝑈𝑓2 𝑋 (18)

Le due potenze in base ai riferimenti presi in Fig.33 sono positive quando vengono fornite dal convertitore.

L’angolo δ rappresenta lo sfasamento tra il fasore Uf, preso come riferimento,e il fasore Uc.

Dall’eq.19 posso dire che quando δ è positivo significa che Uc anticipa Uf e la potenza attiva

assume un valore positivo, viceversa con un δ negativo ottengo un valore di potenza attiva negativo, pertanto è possibile, fissata l’ampiezza dei fasori, andare a controllare la sola potenza attiva modificandone l’angolo.

Contrariamente per quanto riguarda la gestione della potenza reattiva occorre andare a modificare l’ampiezza dei fasori di tensione ad angolo fissato.

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37

Dall’eq.18, ragionando con un angolo δ di circa 10° , posso considerare il cos (δ )≈ 1, pertanto posso sviluppare l’equazione e chiedermi quando Q risulti essere positiva:

𝑄 =𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 − 𝑈𝑓2 𝑋 = 𝑈𝑓 𝑋 (𝑈𝑐− 𝑈𝑓) > 0 (19)

Se considero che X e Uf assumano valori positivi, il termine discriminante della disequazione

19 risulta essere il secondo, pertanto posso dire che se il fasore Uc presenta un’ampiezza

inferiore rispetto a Uf, ho un valore di potenza reattiva negativo e quindi un assorbimento da

parte del convertitore, viceversa invece vado a erogare potenza reattiva dal convertitore verso la rete AC.

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Nei ragionamenti precedenti abbiamo assunto come ipotesi che il controllo delle due potenze P e Q possa considerarsi disaccoppiato, ma in generale come si vede dalle eq.17 e 18, le due grandezze dipendono da tutti i termini elencati δ, X, Uf e Uc.

Andiamo adesso a giustificare l’assunzione precedentemente fatta calcolando la matrice Jacobiana: 𝐽 = [ 𝜕𝑃 𝜕δ 𝜕𝑃 𝜕𝑈𝑐 𝜕𝑄 𝜕δ 𝜕𝑄 𝜕𝑈𝑐] 𝜕𝑃 𝜕δ= 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 cos(𝛿) ; 𝜕𝑃 𝜕𝑈𝑐 = 𝑈𝑓 𝑋 sin(𝛿) ; 𝜕𝑄 𝜕δ = − 𝑈𝑓𝑈𝑐 𝑋 sin(𝛿) ; 𝜕𝑄 𝜕𝑈𝑐 = 𝑈𝑓 𝑋 cos(𝛿) ; (20)

Se vado a valutare i termini ottenuti in condizioni di equilibrio del sistema, assumendo come set di valori Uc=0.95, δ = 5°, Uf=1, X=0.15 otteniamo:

𝜕𝑃 𝜕δ= 6.309 ; 𝜕𝑃 𝜕𝑈𝑐 = 0.581 ; 𝜕𝑄 𝜕δ = −0.55 ; 𝜕𝑄 𝜕𝑈𝑐 = 6.64 ;

Se considero invece un set di valori analogo ma con un angolo δ di 10°, ottengo: 𝜕𝑃 𝜕δ= 6.237 ; 𝜕𝑃 𝜕𝑈𝑐 = 1.158 ; 𝜕𝑄 𝜕δ = −1.1 ; 𝜕𝑄 𝜕𝑈𝑐 = 6.56 ;

Nei due esempi sovrastanti si vede come il fattore preponderante per la variazione di potenza attiva sia l’angolo mentre quello che incide di più nella variazione di potenza reattiva sia il livello di tensione.

La possibilità di disaccoppiare i due controlli vale per determinati punti di equilibrio del sistema, infatti con un angolo pari a 45°, ottengo lo stesso valore (4.714) per tutti i termini della matrice jacobiana e non posso più parlare di disaccoppiamento per quanto riguarda il controllo dei due flussi di potenza.

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2. Presentazione del modello utilizzato

In questo capitolo andrò a presentare il modello, realizzato in ambiente MATLAB-Simulink, utilizzato nelle varie simulazioni dei guasti.

Il modello di partenza rappresenta una linea HVDC bipolare dotata di due stazioni di conversione di tipo VSC alle estremità, che fa da tramite tra due reti AC identiche (Fig.35).

La linea ha una potenza nominale di 200MVA, è realizzata con un collegamento bipolare con tensioni nominali di ±100kV ed è usata per trasmette potenza tra le due reti AC identiche caratterizzate da una potenza installata di 2000MVA, una frequenza nominale di 50Hz e una tensione nominale di 230kV.

Nel modello sono presenti vari blocchi che rappresentano le varie parti fisiche, di controllo e di analisi del sistema, ognuna delle quali verrà descritta in modo dettagliato nei paragrafi successivi.

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2.1 Reti AC

Le due reti AC, rappresentate dai blocchi “AC System 1” e “AC System 2”, sono considerate identiche e questi vanno a modellizzare una rete in corrente alternata operante ad una tensione di 50Hz, con una tensione nominale di 230kV e una potenza installata di 2000MVA.

Espandendo i rispettivi blocchi troviamo (Fig.36) un generatore trifase di tensione che si occupa di generare le tre tensioni trifase con un’ampiezza pari a 230kV, seguito in serie da un’induttanza di fase pari a 62.23e-3 mH e il parallelo tra un’induttanza pari a 31.02e-3 mH e una componente resistiva pari a 13.79 Ω.

Complessivamente ottengo ai terminali di uscita, considerando le sole grandezze di 1° e 3° armonica, tre tensioni trifase con un angolo ϕ di 80° rispetto alle rispettive correnti di fase.

In uscita dal blocco con cui vengono rappresentate le rispettive reti, trovo sul collegamento trifase, oltre al blocco per attuare i

vari tipi di guasti trifase, un blocco che si occupa della misurazione delle grandezze trifase e della

trasformazione di queste in per unit, è infatti possibile impostare nella maschera il valore delle grandezze di base per potenza e tensione,

rispettivamente 200MVA e 230kV (Fig.37).

Figura 37: blocco misure grandezze trifase Figura 36: blocco AC system

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2.2 Linea DC

La linea ha una potenza nominale di 200MVA e una lunghezza complessiva di 75km, è realizzata da un collegamento bipolare con tensioni nominali di ±100kV ed è usata per connettere le due reti AC.

La modellizzazione è realizzata attraverso dei blocchi che presentano una configurazione a pi greco (Fig.38). Di questi ne sono stati usati due per potere suddividere la linea in due tratti di lunghezza variabile, in modo da variare il punto in cui va ad agire il blocco per la realizzazione dei guasti in corrente continua.

La lunghezza dei tratti viene variata attraverso il parametro “LengthCable12L” che deve essere inizializzato in ogni simulazione, questo può assumere tutti i valori compresi nell’intervallo aperto (0 -1).

Per un valore di 0.5 avrò due tratti di linea di lunghezza pari a 75*0.5= 37.5 Km.

Il parametro “LengthCable12R” che determina la lunghezza del tratto destro della linea viene determinato dal parametro “LengthCable12L” come complementare a 1 di quest’ultimo.

I valori che caratterizzano la linea al chilometro sono i seguenti: - Resistenza: 0.0139 Ω/km

- Induttanza: 0.159 mH/km - Capacità: 23.1 µF/km

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2.3 Stazione di Conversione

Le stazioni di conversione sono poste ai capi della linea e interfacciano le reti AC con la linea DC. Nel modello le due stazioni sono rappresentate dai blocchi nominati “Station 1” e “Station 2”, i blocchi che si occupano del controllo delle stazioni sono separati e verranno discussi nei paragrafi successivi.

All’interno dei blocchi sono presenti (Fig.39):

- Per quanto riguarda il lato AC, un trasformatore abbassatore, una reattanza di fase, un banco di filtri e due stazioni di misura, una per le grandezze in uscita dal trasformatore e uno per le grandezze in ingresso al convertitore.

- Per quanto riguarda il lato DC, le capacità, un banco di filtri per la terza armonica e le reattanze di smorzamento.

- Convertitore a tre livelli di tensione (VSC-NPC) con IGBT

Il trasformatore ha una potenza nominale di 200MVA e ha il compito di abbassare il livello della tensione da 230kV a 100kV. Presenta una connessione a stella con messa a terra sul primario, mentre per quanto riguarda il secondario abbiamo una connessione a triangolo, con questa configurazione si va a bloccare le componenti di terza armonica.

La reattanza di dispersione del trasformatore è di 0.075 Ω, se vado ad applicare la trasformazione in per unit con grandezze di base rispettivamente pari a 200MVA per la potenza e 100kV per la tensione, ottengo:

𝑃𝑏 = 200 ∗ 106𝐴 ; 𝑉𝑏 = 100 ∗ 103 𝑉 ; 𝐼𝑏 = 𝑃𝑏 𝑉𝑏 = 2 ∗ 103𝐴 ; 𝑍𝑏= (𝑉𝑏)2 𝑃𝑏 = 0.5 Ω 𝑍𝑝𝑢 = 𝑋 𝑍𝑏 = 0.075 0.5 = 0.15 𝑝𝑢

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43 Il banco di filtri lato alternata ha una potenza complessiva di 40MVAr ed è realizzato con due sotto banchi composti da filtri passa alto incentrati sull’eliminazione delle componenti armoniche di 27° e 54° armonica (Fig.40).

Il contenuto armonico dipende da vari fattori, quali la tipologia di modulazione, il valore dell’indice di modulazione e la frequenza di modulazione.

Le armoniche principali sulla tensione tipicamente sono situate a frequenze multiple della frequenza di modulazione.

La reattanza di fase del convertitore è stimata intorno ai 0.15 pu.

Centralmente troviamo il convertitore trifase a tre livelli, realizzato con IGBT/diodi in configurazione NPC, ampiamente discusso nel paragrafo 1.3.3 dove sono stati trattati i dispositivi VSC. In ingresso al “gate” è presente il segnale “Pulses1”, che come vedremo discutendo il blocco di controllo nel paragrafo successivo, rappresenta il treno di impulsi in uscita dal PWM.

Lato DC sono presenti le due capacità necessarie per il funzionamento della configurazione VSC-NPC, in cui il punto centrale (uscita 5 del modello) viene collegato a terra.

Queste capacità vanno a influenzare la risposta dinamica del sistema e hanno la funzione di migliorare il ripple di tensione lato DC. Il valore da attribuire a queste capacità è ottenuto infatti partendo dal valore da far assumere alla costante di tempo (τ), corrispondente al tempo necessario per caricare la capacità alla tensione di 100kV con la corrente nominale, in base alle necessità in termini di risposta dinamica e di ripple.

Nel nostro caso le capacità risultano essere da 70µF.

A valle delle capacità, troviamo un filtro incentrato sull’eliminazione della componente di terza armonica che risulta essere la componente dominante nelle tensioni sui due poli lato continua.

A seguire su ogni polo sono presenti delle reattanze di smorzamento.

Infine sono presenti, in blu, vari dispositivi per la lettura e l’estrazione dei segnali di tensione e corrente che vengono riportati nella parte di modello dedita all’analisi delle grandezze utili.

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2.4 Sistema di Controllo del convertitore VSC-NPC

Il sistema di controllo del convertitore è rappresentato nel modello dai blocchi denominati “VSC Pole Control”. Questi si compongono di un sistema di filtri anti-aliasing (giallo), il controllore del VSC (verde acqua) e un blocco atto a realizzare il PWM(bianco)(Fig.41).

In uscita ottengo il segnale denominato “Pulses” che mi rappresenta il treno di impulsi da inviare ai gate degli IGBT per ottenere la logica di controllo voluta.

Il cuore centrale del sistema di controllo risiede però nel blocco “Discrete VSC Controller” di cui andremo ad analizzare le varie componenti (Fig.43). Questo riceve in ingresso i vari segnali di riferimento e le varie letture delle grandezze utili, per restituire in uscita una tensione di riferimento. Questa tensione verrà poi confrontata con un segnale modulante triangolare, nel blocco di generazione del PWM, in modo da ottenere il treno di impulsi.

Il tempo di campionamento del controllore (Ts_Control) è 74.06µs pari a dieci volte il campione utilizzato per il tempo di simulazione.

Il campione del tempo di simulazione viene scelto pari a un centesimo del periodo della modulante utilizzata nel PWM in modo da ottenere una precisione accettabile.

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