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CAPITOLO III UN CASO REALE DI MODIFICHE UNILATERALI AL CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO: ERRORI E POSSIBILI CORRETTIVI

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CAPITOLO III

UN CASO REALE DI MODIFICHE UNILATERALI AL

CONTRATTO INDIVIDUALE DI LAVORO:

ERRORI E POSSIBILI CORRETTIVI

IL CASO : MARIO ROSSI E L’AZIENDA PRIMAVERA

Prendiamo in esame un caso concreto, per vedere se quanto esposto sino ad ora è stato applicato correttamente o meno dall’azienda Primavera al Sig. Mario Rossi. Per ovvie ragioni di privacy e poiché il caso è ancora in attesa di avere una soluzione giudiziale, non citeremo né la vera identità del lavoratore né quella dell’azienda datrice di lavoro. Brevemente possiamo anticipare che il caso del Sig. Rossi presenta due modifiche rilevanti del contratto individuale di lavoro, in ordine al cambiamento del CCNL applicato in conseguenza di un trasferimento di sede, e di tutto quanto consegue a ciò. Queste modifiche contrattuali, oltre ad incidere sulla vita personale del lavoratore, come meglio specificheremo, hanno determinato una riduzione delle retribuzione globale di fatto ed un demansionamento del lavoratore.

Procediamo per gradi, il Sig. Rossi venne assunto con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, in data 1 febbraio 2004, da una nota azienda di abbigliamento di haute couture, operante a livello internazionale, che chiameremo da qui in avanti “Azienda Primavera”, a seguito di un’operazione di acquisizione di ramo d’azienda,

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anche esso appartenente ad una casa di moda internazionale, costituito dal punto vendita nel quale lavorava precedentemente il Sig. Rossi. Come sappiamo, in virtù dell’art. 2112 del codice civile, in caso di trasferimento di ramo d’azienda il rapporto di lavoro del Sig. Rossi continuerà ad esistere presso il nuovo datore di lavoro, con il mantenimento di tutti i diritti maturati nonché il mantenimento dei trattamenti economici e normativi previsti dal contratto collettivo nazionale ed aziendale vigenti al momento del trasferimento.

Nel contratto individuale di lavoro stipulato tra l’azienda Primavera ed il Sig. Rossi, il datore riconobbe infatti al Sig. Rossi un trattamento economico annuo lordo pari a quello percepito dall’ex datore di lavoro, con il riconoscimento dell’anzianità del servizio sino ad allora maturata ed il trasferimento degli accantonamenti per TFR, ferie, ex festività, Rol e mensilità aggiuntive fino al 31 gennaio del 2004255.

La sede di lavoro prevista contrattualmente venne individuata inizialmente presso una boutique dell’azienda Primavera a Firenze, con la precisazione che, si poteva rendere necessaria la prestazione lavorativa del Sig. Rossi presso altre strutture aziendali, eventualmente anche in regime di missione o di distacco, in Italia o all’estero, presso società collegate o consociate all’azienda Primavera, secondo le esigenze aziendali ed alle condizioni contrattuali vigenti del CCNL applicato.

Il Sig. Rossi venne inquadrato, nel contratto individuale di lavoro stipulato, al 1 livello del CCNL del commercio, ovverosia quello del terziario, della distribuzione e dei servizi, con mansione di Responsabile di Boutique.

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A favore del Sig. Rossi venne previsto altresì un superminimo assorbibile e conguagliabile, in conformità alla disciplina dei superminimi aziendali, ed inoltre venne previsto il suo inserimento in un sistema di incentivazione della retribuzione, in relazione al quale, al raggiungimento di obiettivi previsti, sarà corrisposto al lavoratore un premio MBO, con un bonus monetario annuo lordo, erogato nell’anno successivo a quello di riferimento.

Infine, il contratto individuale operava espressamente il richiamo, per quanto da esso non specificato, alla disciplina prevista dal CCNL del commercio applicato.

Durante il periodo lavorativo presso la sede di Firenze, problemi non ve ne furono, anzi, la boutique di cui era responsabile il Sig. Rossi raggiungeva, sotto la sua direzione, sempre gli obiettivi aziendali prefissati, con relativo incasso del premio spettante contrattualmente, fintanto che, a seguito di una politica aziendale impartita dai vertici aziendali italiani, venne imposta la presenza di personale, presso le boutique dell’azienda, di età giovane per motivi d’immagine legati al nuovo modello di marketing applicato al brand. In ottemperanza a ciò, l’azienda Primavera iniziò a disporre in Italia una serie di trasferimenti di sede di diversi lavoratori, esclusivamente operata nei confronti di coloro che avessero un età superiore ai 45 anni; infatti, anche il Sig. Rossi ricadde in tale selezione, la quale presenta indubbiamente profili di discriminazione, proprio per il criterio con cui sono stati decisi i trasferimenti.

Il Sig. Rossi venne inizialmente, nel 2016, trasferito temporaneamente in un’altra boutique, a Forte dei Marmi, con gli ovvi disagi per la distanza da percorrere, ovverosia 80 km dalla propria residenza, da effettuarsi sia all’andata che al ritorno, dunque un cambiamento significativo per la propria vita privata; infatti il Sig. Rossi richiese

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l’affitto di un’abitazione vicino alla nuova sede lavorativa, tale richiesta gli venne rifiutata dall’azienda Primavera ma in questo caso, trattandosi di una trasferta, per il Sig. Rossi nulla cambiava sotto il profilo contrattuale, in quanto gli veniva applicato come sempre il CCNL del commercio. La trasferta si rese necessaria a causa delle dimissioni rassegnate dalla responsabile della boutique di Forte dei Marmi, ed infatti il Sig. Rossi venne chiamato a ricoprire tale carenza di organico, essendo già adibito alla stessa mansione presso però un altro punto vendita. Tuttora tale posto risulta essere vacante, sebbene il Sig. Rossi sia stato rimosso da tale punto vendita e assegnato in altro in modo definitivo, come a breve si vedrà meglio nello specifico.

Durante il periodo di trasferta lavorativa a Forte dei Marmi, il Sig. Rossi ricevette una lettera in cui gli venne comunicato dal suo datore di lavoro una nuova assegnazione, stavolta definitiva, configurando così un trasferimento di sede, presso un altro punto vendita, sito a Regello, in quanto quest’ultimo presenterebbe un carico di lavoro ed una struttura organizzativa tale da suggerire l’introduzione di una figura manageriale, quale quella del Sig. Rossi, ritenuto in possesso di competenze e propensioni congrue, a seguito di attenta valutazione e selezione da parte dell’azienda Primavera. Tale per cui venne disposta con la presente lettera, a decorrere dal 1 settembre 2016, la nuova assegnazione, e specificando che le altre condizioni economiche e normative del rapporto lavorativo sarebbero rimaste invariate.

In realtà il Sig. Rossi è stato chiamato, presso la sede di Regello, a svolgere mansioni inferiori quali quelle di assistenza al responsabile, e non più in qualità di responsabile di boutique come invece era adibito presso la sede originaria di Firenze ed anche in quella della trasferta a Forte dei Marmi; occorre precisare che presso la sede di Regello, ancora tutt’oggi si attendono, come allora si attendevano alla data della comunicazione

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del trasferimento di sede del Sig. Rossi, le autorizzazioni necessarie per permettere alla responsabile della boutique di Regello di effettuare un’adozione, che le consentisse di andare in maternità, in previsione, nei mesi estivi del 2017. Riepilogando, al momento del trasferimento disposto nei confronti del Sig. Rossi ed ancora tutt’oggi, la direttrice della boutique di Regello è presente al lavoro mentre a Forte dei Marmi ancora si ha un posto vacante per la carica di responsabile di boutique.

Il Sig. Rossi, in considerazione dei disagi personali che avrebbe avuto in modo permanente dall’accettazione del trasferimento di sede a Regello, 50 minuti di tratta da compiere sia per l’andata che per il ritorno, decise di impugnare tale assegnazione, in via stragiudiziale entro 60 gg dal ricevimento della lettera di assegnazione della nuova sede; il Sig. Rossi era già al corrente che si trattava di una pratica aziendale, già applicata ad altri lavoratori, per metterli in condizioni di scegliere o il mantenimento del posto di lavoro presso sedi più lontane e disagevoli, con anche contestuale demansionamento o la rassegnazione delle proprie dimissioni volontarie, coscienti del fatto che potevano essere addirittura licenziati in caso di loro opposizione al provvedimento di trasferimento.

In data 1 luglio 2016, il Sig. Rossi ricevette dal suo datore di lavoro, azienda Primavera, una bozza di scrittura privata da firmare per accettazione, in cui veniva riscritto totalmente il contratto individuale di lavoro precedentemente stipulato tra le parti, ossia al Sig. Rossi sarebbe stato applicato un differente contratto collettivo nazionale di lavoro, quello dell’Industria tessile, in quanto applicato a tutti i dipendenti presenti nella sede di Regello, fermo restando che il contratto individuale in origine stipulato avrebbe continuato a godere delle tutele previste dall’art. 18 dello Statuto dei

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Lavoratori, dunque a quelle pregresse forme di tutela previste, in caso di licenziamento, invece di quelle nuove prescritte dal Jobs Act256.

La bozza di scrittura privata, che l’azienda Primavera voleva far approvare e firmare dal Sig. Rossi prevedeva quanto segue:

- il passaggio dal CCNL del commercio, livello 1, a quello dell’Industria tessile e abbigliamento in serie, livello 7, con tutte le conseguenze normative ed economiche che ne potevano derivare;

- il trasferimento, per motivi organizzativi aziendali, al punto vendita di Regello;

- il mutamento delle mansioni assegnate, da responsabile boutique ad assistente del responsabile di boutique;

- un superminimo assorbibile ed uno non assorbibile; quello assorbibile, da versare anche in acconto ed essere oggetto di assorbimento nel caso di variazione del minimo tabellare previsto dal CCNL dell’industria, nonché per ogni altro titolo, sarà da intendersi corrisposto anche a compenso, assorbimento e conglobamento, di elementi retributivi ordinari ed aggiuntivi, sia legali sia contrattuali, ed eventuali incidenze su istituti legali e contrattuali derivanti dal rapporto. Nel superminimo si intenderanno conglobate le indennità per lavoro notturno, domenicale e festivo ed i compensi per lavoro supplementare e straordinario, nonché qualsiasi altro compenso o indennità in relazione alla qualità e quantità dell’attività prestata, all’impegno profuso anche in termini temporali, anche a favore di

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terzi per incarico o conto dell’azienda Primavera. Nel contratto individuale originario invece era stato disposto un solo superminimo assorbibile e conguagliabile, in conformità della disciplina ordinaria dei superminimi aziendali;

- il cambiamento della durata delle pause pranzo, da 1 ora a 2 ore, con il nuovo obbligo di lavorare anche la domenica; tale obbligo non era stato mai precedentemente imposto proprio per evitare l’accumulo di ulteriori ferie rispetto a quelle contrattuali;

- per quanto non disposto specificamente dalla bozza si dovrà fare riferimento a quanto disposto dal nuovo CCNL applicato e da regolamenti ed ordini vigenti presso la sede produttiva di Regello;

- la previsione di un compenso ad una tantum, per la nuova assegnazione, da intendersi già comprensivo di incidenza su istituti legali e contrattuali e TFR;

- l’erogazione del TFR sino al 31 agosto 2016 maturato;

- l’accettazione, da parte del lavoratore, della nuova assegnazione, dell’incarico e del trattamento economico e normativo discendente dall’applicazione del nuovo CCNL ed ancora la dichiarazione di non aver nulla a che pretendere in ordine a modifiche di incarico, mansioni, assegnazione e articolazione del trattamento economico conseguenti alla modifica delle condizioni contrattuali del rapporto di lavoro, che sarà regolato secondo quanto previsto finora, con esclusione di qualsiasi collegamento o trascinamento dei trattamenti goduti dal lavoratore fino al

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31 agosto 2016, che si intenderanno così superati e transatti, anche in via generale e novativa;

- le parti intendono formalizzare, anche in sede protetta, tale accordo così predisposto.

Il Sig. Rossi non firmò tale scrittura privata, inoltre le parti non si sono mai recate presso sedi protette, per formalizzare tale accordo, e nonostante ciò al Sig. Rossi è stato applicato il differente CCNL, con le conseguenze economiche e normative che ne possono discendere, svolgendo la sua attività lavorativa presso la nuova sede, assegnatagli a Regello, e con mansioni di livello inferiore rispetto a quelle a cui era stato adibito per contratto individuale originario.

Presso la sede originaria di Firenze, l’azienda Primavera ha effettuato l’assunzione di un’altra dipendente mentre il Sig. Rossi era stato posto in trasferta a Forte dei Marmi, con la stessa qualifica di responsabile di boutique che aveva il Sig. Rossi, in quanto la neo assunta, in data 1 giugno 2016, possedeva i requisiti di immagine richiesti dalla nuova politica aziendale, ovverosia l’età giovane.

Esaminiamo la situazione nei fatti però stavolta in termini legali.

Possiamo notare che in realtà il trasferimento del lavoratore presenta una carenza oggettiva di ragioni tecniche ed organizzative comprovate, in ordine anche al nesso di causalità, in questo caso mancante, tra la sede di partenza e quella di destinazione, in considerazione di tutto ciò il trasferimento può sicuramente ritenersi illegittimo, ai sensi dell’art. 2103 del codice civile, in quanto nella vecchia sede vi erano le condizioni per poter far continuare a svolgere il proprio lavoro al Sig. Rossi, una volta rientrata dalla trasferta a Forte dei Marmi, ed invece nella sede di destinazione definitiva, quale

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quella di Regello, non vi era e non vi è tutt’ora una situazione di carenza di personale qualificato, nonché possiamo notare che tale trasferimento presenta un evidente profilo discriminatorio per età; poiché il Sig. Rossi ha contestato nei termini legali, previsti dal Collegato lavoro257, il trasferimento, dapprima in forma stragiudiziale, e

successivamente con ricorso giudiziale258, presentato al giudice competente, assieme

ad altre contestazioni quali il demansionamento subito, il cambiamento del CCNL applicato senza un suo consenso ed una riduzione della retribuzione globale percepita. Il Sig. Rossi, a mezzo dei suoi legali di fiducia, ha richiesto altresì un risarcimento per danno alla professionalità, conseguente al demansionamento subito, con l’aggravante che di fatto non svolge le nuove mansioni, inferiori di un livello così come risulta dal cedolino paga, ma effettua bensì mansioni molto più inferiori di un solo livello rispetto a quelle attribuitegli, quale quelle di semplice commesso talvolta anche di magazziniere, senza dunque aver alcun potere decisionale da esplicare nel punto vendita di Regello, come invece avrebbe dovuto avere in qualità di assistente responsabile, tutto questo ovviamente viola quanto disposto dall’art. 2103 del codice civile. Per tutti questi motivi, il demansionamento si configura certamente come illegittimo, sia in quanto non risultante da apposita comunicazione scritta, quindi da ritenersi nullo, ex art. 2103 del codice civile, sia in quanto risultano mancanti i processi organizzativi, nell’ambito dei quali è stato attuato il demansionamento, sia per la mancata attribuzione di mansioni equivalenti alle precedenti effettivamente svolte o quanto meno a quelle corrispondenti ad un solo livello inferiore rispetto a quelle

257 L. n. 183/2010.

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precedentemente assegnate al Sig. Rossi, in violazione sempre di quanto disposto dall’art. 2103 del codice civile.

Il Sig. Rossi ha richiesto giudizialmente altresì: la riassegnazione presso la sede originaria di Firenze; un risarcimento per danni biologici ed esistenziali, causati dai disagi personali subiti con il trasferimento e per il mancato godimento delle ferie maturate; una messa in mora per il mancato riconoscimento e pagamento dell’indennità di trasferta, spettante per il lavoro svolto presso la sede di Forte dei Marmi ed altresì per le differenze retributive spettanti determinate dal cambiamento unilaterale del contratto nazionale applicato; e la proposta di effettuare un pre-pensionamento, concordato tra le parti, dato che al Sig. Rossi mancherebbero solo tre anni alla pensione.

Precisiamo che nonostante tutto ciò, il 1 settembre 2016, il Sig. Rossi si è presentato alla nuova sede assegnata, a Regello, per poter svolgere il suo “nuovo” lavoro onde evitare un possibile licenziamento, nel caso in cui non si fosse presentato a lavorare presso la nuova sede assegnatagli.

L’azienda Primavera ha applicato di fatto quanto aveva previsto nella bozza di scrittura privata inviata al Sig. Rossi, modificando così unilateralmente il CCNL applicato, rispetto a quello prestabilito nel contratto individuale di lavoro, senza l’ottenimento del consenso da parte del lavoratore, in quanto il Sig. Rossi non ha mai firmato la bozza inviatagli del nuovo accordo e né le parti si sono mai recate in sede protetta per la firma e la convalida dello stesso, nonostante il Sig. Rossi avesse richiesto all’azienda, datrice di lavoro, di aprire una trattativa in sede protetta proprio in merito alle modifiche contrattuali proposte dall’azienda Primavera.

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L’azienda Primavera, precisiamo che, non ha effettuato alcuna disdetta associativa alle sigle datoriali a cui risultava essere affiliata, quali Confcommercio e Confindustria. Il nuovo CCNL259 applicato al Sig. Rossi ha determinato un trattamento economico

globale di fatto inferiore rispetto a quello ottenuto dal vecchio CCNL260, sebbene la

retribuzione base sia rimasta la stessa, in ossequio al principio della irriducibilità della retribuzione, applicato anche in virtù del demansionamento effettuato, ma non gli sono stati più riconosciuti: i benefits261 previsti dal precedente CCNL; i superminimi

accordati in origine; inoltre ha subito la perdita totale degli scatti di anzianità sino ad allora maturati, nonostante l’avvenuto demansionamento nonché la perdita totale delle ferie precedentemente maturate ma non ancora godute.

Inoltre, l’azienda Primavera avrebbe voluto pagare il TFR maturato, sino alla data del trasferimento, nella busta paga di settembre 2016; premesso che in base all’art. 2120 del codice civile, il TFR è esigibile soltanto dal lavoratore, di cui ne è esclusivo titolare, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, tranne il caso di una richiesta di anticipo del TFR maturato, promossa dal lavoratore262, per tal motivo l’azienda Primavera non

possiederà mai il diritto di disporre del TFR del Sig. Rossi e né tanto meno ricorrevano in questo caso le condizioni per la liquidazione dello stesso, in quanto il rapporto di lavoro sarebbe proseguito e non cessato.

259 CCNL dell’industria 260 CCNL del commercio

261 Esclusivamente erogati per l’interesse del lavoratore.

262 Solo in casi tassativamente previsti dalla legge ed in base alle condizioni previste dal dettato normativo di riferimento, ex art. 2120 del codice civile.

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La liquidazione del TFR poteva aver luogo soltanto nel caso in cui l’azienda Primavera avesse voluto operare prima un licenziamento e poi una nuova assunzione del Sig. Rossi, con un nuovo contratto individuale di lavoro; se fosse accaduto quanto appena detto, il Sig. Rossi, prima licenziato e poi riassunto con un nuovo contratto di lavoro, sarebbe ricaduto nel nuovo sistema di lavoro previsto dal Jobs Act263, con tutele

crescenti in caso di successivo licenziamento, in quanto applicabile a quei contratti di lavoro stipulati successivamente al 7 marzo 2015, come sarebbe certamente accaduto al Sig, Rossi. Laddove il Sig. Rossi, una volta licenziato, avesse deciso di non impugnare il suo licenziamento, non avrebbe potuto più far valere la tutela prevista dal vecchio regime dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, ante riforma del Jobs Act, tutt’oggi vigente ed applicabile soltanto per quei contratti di lavoro stipulati prima del 7 marzo 2015.

E’ evidente che la bozza di scrittura privata, così come era stata articolata, aveva una chiara funzione transattiva e novativa del precedente contratto individuale di lavoro, caratterizzata appunto dalla presenza di rilevanti rinunce da accettare da parte del lavoratore, a tutto vantaggio del datore di lavoro, tale per cui, ai sensi dell’art. 2113 del codice civile, l’accordo transattivo avrebbe dovuto essere esaminato in sede protetta, per avere un consenso informato del lavoratore e non procedere, come è stato tentato dall’azienda Primavera, mediante una semplice scrittura privata da firmare per accettazione.

Inoltre, l’azienda Primavera ad oggi non ha definito né corrisposto i premi produttività spettanti, dal contratto individuale stipulato inizialmente con il Sig. Rossi, applicando di fatto ed in larga parte quanto previsto nella bozza contrattuale inviatagli, con una

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riduzione lorda dei superminimi spettanti, in base al contratto originario, di 17.000,00 euro annui, a cui si deve aggiungere un cambiamento di orario di lavoro, mai effettuato prima, quale il lavoro domenicale e festivo, non retribuito come normalmente dovrebbe essere in base al CCNL del commercio ma bensì trattato retributivamente, in modo illegittimo, come normale orario di lavoro ed altresì un minor accantonamento TFR, in quanto calcolato su una minore retribuzione globale, con evidenti ripercussioni anche successivamente nel tempo per il calcolo della pensione spettante, in un futuro molto vicino per il Sig. Rossi.

Come è stato illustrato, numerosi sono state gli errori commessi dall’Azienda Primavera, che ha attuato unilateralmente delle modifiche in cui invece era necessario il consenso del lavoratore, attuando così una serie di comportamenti illegittimi che troveranno una soluzione giudiziale, a seguito del ricorso presentato dal Sig. Rossi, in merito alle plurime condotte datoriali ritenute illegittime, che potevano essere benissimo risolvibili a monte con una trattativa di pre – pensionamento per il lavoratore Rossi, in modo da permettere al contempo l’attuazione delle nuove politiche aziendali senza avere problemi di natura legale e creando il minor disagio possibile per il Sig. Rossi.

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CONCLUSIONI FINALI

Come è stato illustrato nel corso dello svolgimento di questa tesi, il rapporto di lavoro subordinato si caratterizza per l’attribuzione ad una parte, quella datoriale, di una serie di poteri, attribuiti dalla legge e dal contratto individuale di lavoro, di cui invece l’altra parte, il lavoratore, ne è privato; tale impostazione, come è stato ampiamente illustrato nella presente tesi, è ormai un dato acquisito dal diritto del lavoro italiano. Per tale motivo, l’ordinamento giuslavoristico italiano, sin dalla sua origine, ha voluto determinare una solida struttura di norme, a carattere inderogabile, volta alla protezione della posizione del lavoratore nell’impresa, sia sotto il profilo normativo che retributivo, in particolar modo.

Oggetto di lungo ed annoso dibattito è stato, da sempre, l’estensione dei poteri imprenditoriali che legittimerebbero il datore di lavoro ad agire a tutela della propria aspettativa all’adempimento da parte del lavoratore ed a tutela delle esigenze aziendali, nel caso in cui decidesse di apportare delle modifiche unilaterali al contratto individuale di lavoro, quali la sostituzione del CCNL applicato, la modifica delle mansioni, della sede di lavoro, dell’orario di lavoro, dei fringe benefits e dei superminimi erogati al lavoratore.

Sebbene i poteri del datore di lavoro presentino una diversa estensione, tutti sono assoggettati a limiti esterni disposti dalla legge, a tutela degli interessi dei lavoratori264,

nei confronti dei quali tali poteri vengono esercitati, ed a limiti interni, derivanti dal contratto individuale di lavoro, che ne giustificano l’esercizio stesso di tali poteri;

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dunque tali limiti, esterni ed interni, costituiscono condizioni di legittimità degli atti, per mezzo dei quali vengono esercitati i poteri datoriali.

In sostanza la barriera invalicabile della discrezionalità imprenditoriale, riconosciutagli dall’art. 41 secondo comma della Costituzione, seppur rispondente ad esigenze tecnico -produttive dell’impresa, non potrà mai realizzare una diretta lesione dei diritti fondamentali dell’uomo lavoratore.

Con l’emanazione dello Statuto dei Lavoratori, L. n. 300/1970, infatti, vennero limitati sensibilmente i margini di flessibilità, intese come prerogative imprenditoriali, di cui godevano sino ad allora i datori di lavoro nella gestione del loro personale, complicandone fortemente così l’adattamento dell’impresa alle mutevoli esigenze del mercato esterno.

Per questo motivo a partire dagli anni ’80 sia il legislatore che la giurisprudenza di merito aprirono varchi importanti in tale struttura normativa, proprio per favorire l’adattabilità delle imprese alle esigenze del mercato, fermo restando la conservazione del posto di lavoro, specialmente nelle imprese in crisi o sottoposte a ristrutturazioni necessarie, permettendo al datore di lavoro di procedere, talvolta unilateralmente talvolta mediante accordi individuali o collettivi, alla modifica delle modalità di esecuzione della prestazione lavorativa e quindi delle condizioni contrattuali inizialmente convenute, in sede di contrattazione individuale.

Tuttavia come si è potuto notare nello svolgimento della presente tesi, gli orientamenti seguiti dalla giurisprudenza, in merito all’estensione dei poteri datoriali, non sono, ancora tutt’oggi, del tutto consolidati e su numerosi aspetti si rivelano ancora ondivaghi o carenti, specialmente in quest’ultimo caso a causa delle rilevanti modifiche apportate

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dal Jobs Act alla disciplina del diritto del lavoro, che ne è risultato completamente riscritto a seguito di tale riforma, a dimostrazione del fatto che il diritto del lavoro è una disciplina vivente, che si modifica al variare del tessuto sociale ed economico nel quale si innesta.

Spesso l’uso da parte del legislatore di norme generali, a tutela dei lavoratori e limitative dei poteri datoriali, non ha agevolato, negli anni, il compito dei giudici nella risoluzione delle controversie poste al loro vaglio ma bensì ha determinato un ruolo sempre più centrale ed importante della contrattazione collettiva, che è venuta così ad imporsi mediante la tipizzazione o specificazione di tutti quei casi in cui si avevano parziali indicazioni legislative, come ad esempio è avvenuto nel Collegato lavoro 265 ed

anche con l’art. 8 delle L. n. 148/2011.

Per tale motivo il contemperamento degli interessi dei lavoratori e di quelli dell’impresa è stato affidato talvolta all’autonomia collettiva e talvolta all’autonomia individuale; quando è la legge a chiamare in causa l’autonomia collettiva, il consenso del lavoratore al mutamento in peius delle proprie condizioni contrattuali diventa superfluo, ad eccezione di quei casi in cui il suo consenso si renda necessario per sopperire alle lacune del diritto sindacale italiano, nel conseguimento dell’efficacia erga omnes dei contratti collettivi, anche di livello aziendale.

Inoltre ricordiamo che l’art. 8 della L. n. 148/2011 ha introdotto importanti margini di deroga, anche in peius, sia alla legge che ai contratti collettivi da parte dell’autonomia individuale, purché esse vengano svolte in sedi assistite, ai fini dell’ottenimento del consenso informato del lavoratore, e sempre nel rispetto delle norme Costituzionali, dei

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vincoli derivanti dalle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali sul lavoro.

Le novità introdotte dal Jobs Act presentano come minimo comune denominatore l'introduzione di una maggiore flessibilità del rapporto lavorativo, ridisegnando così un nuovo diritto del lavoro volto ad un graduale smantellamento delle tutele dei lavoratori, mediante un aumento delle possibili modifiche contrattuali individuali, unilaterali o concordate tra le parti, e con conseguente avvicinamento dei contratti di lavoro ai comuni contratti di scambio.

Alla luce di quanto sino ad ora esposto, si può rilevare che stiamo assistendo ad un’evoluzione in chiave derogatoria delle norme lavoristiche, che determineranno sempre più ampi spazi di modifica delle condizioni contrattuali, previste inizialmente nel contratto individuale di lavoro, anche in senso peggiorativo per il lavoratore.

Questa evoluzione sta snaturando il ruolo dell’inderogabilità, in senso peggiorativo, delle norme del diritto del lavoro, la cui ratio, invece, in origine era proprio quella di tutelare il contraente ritenuto debole, ossia il lavoratore, dalla cui posizione, ritenuta debole, veniva fatta discendere la sua autonomia negoziale limitata, in sede di contrattazione individuale. Era evidente che in tale contesto l’imperatività delle norme poteva soltanto cedere in caso di stipula di accordi derogatori, alla legge ed ai contratti collettivi, che fossero in grado di soddisfare al meglio le ragioni del lavoratore, dunque erano possibili soltanto deroghe migliorative delle condizioni contrattuali.

Oggi, invece, mediante la stipula di accordi tra le parti, raggiunti in sede protetta, si potrà realizzare una flessibilità lavorativa, la cosiddetta flexsecurity, in cui le condizioni lavorative potranno cambiare in modo coerente alle esigenze, altrettanto, mutevoli

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dell’impresa, in cui il lavoratore opera, fermo restando il mantenimento del suo posto di lavoro.

E’ prevedibile, altresì, che lo sviluppo tecnologico spingerà sempre più le aziende verso l’adozione di tale modello di flessibilità lavorativa e dunque anche produttiva. Il dubbio che vi era e che continuerà a rimanere è se le modifiche al contratto individuale di lavoro, sempre più oggi concordate tra le parti piuttosto che unilaterali, queste ultime generative di frequenti contenziosi giudiziali, costituiscano un utile strumento di flessibilizzazione dell’attività lavorativa, a vantaggio delle imprese in termini di competitività ed efficienza, o se al contrario costituiscano soltanto un mezzo per scardinare le tutele poste a favore dei lavoratori.

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