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(1)

Regione Veneto Provincia di Treviso

Comune di Trevignano

DISCARICA PER RIFIUTI INERTI DENOMINATA "POSTUMIA 2"

AMPLIAMENTO

STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE

QUADRO DI RIFERIMENTO AMBIENTALE

Data: marzo 2010 Cod.: 1423/1

Committente

Progetto e Studio di Impatto Ambientale:

Studio Tecnico Conte & Pegorer ingegneria civile e ambientale

Via Siora Andriana del Vescovo, 7 – 31100 TREVISO e-mail: contepegorer@libero.it

tel. 0422.30.10.20 r.a. - fax 0422.42.13.01

Consulenza geotecnica e idraulica:

C2

(2)

INDICE

PREMESSA ... 3 

ATMOSFERA: ARIA ... 4 

2.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 4 

2.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 6 

ATMOSFERA: CLIMA ... 7 

3.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 7 

3.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 10 

3.2.1  Temperatura ... 10 

3.2.2  Precipitazioni ... 12 

3.2.3  Direzione e velocità dei Venti ... 15 

3.2.4  BIoclima ... 17 

3.2.5  Microclima ... 19 

AMBIENTE IDRICO: ACQUE SUPERFICIALI ... 21 

4.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 21 

4.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 23 

AMBIENTE IDRICO: ACQUE SOTTERRANEE ... 24 

5.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 24 

5.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 25 

LITOSFERA: SUOLO ... 29 

6.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 29 

6.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 32 

LITOSFERA: SOTTOSUOLO ... 35 

7.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 35 

7.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 38 

AMBIENTE FISICO: RUMORE E VIBRAZIONI ... 40 

8.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 40 

8.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 41 

AMBIENTE FISICO: RADIAZIONI NON IONIZZANTI E RADIAZIONI IONIZZANTI ... 42 

9.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 42 

9.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 44 

10  BIOSFERA: FLORA E VEGETAZIONE ... 46 

10.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 46 

10.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 49 

11  BIOSFERA: FAUNA ... 52 

11.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 52 

11.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 54 

12  BIOSFERA: ECOSISTEMI ... 57 

12.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 57 

12.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 60 

13  AMBIENTE UMANO: SALUTE E BENESSERE ... 62 

13.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 62 

13.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 65 

14  AMBIENTE UMANO: PAESAGGIO ... 70 

14.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 70 

14.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 72 

15  AMBIENTE UMANO: BENI CULTURALI ... 73 

15.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 73 

15.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 76 

16  AMBIENTE UMANO: ASSETTO TERRITORIALE - INSEDIAMENTI UMANI ... 80 

16.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 80 

16.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 82 

17  AMBIENTE UMANO: ASSETTO TERRITORIALE - VIABILITÀ ... 83 

17.1  ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA ... 83 

17.2  ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE ... 84 

(3)

1 PREMESSA

Nella presente relazione il contesto ambientale entro cui va ad inserirsi il progetto è stato scomposto in componenti o fattori ambientali e successivamente analizzato attraverso l’ausilio dei dati disponibili in bibliografia o ricavati da appositi studi.

Le componenti ambientali, o fattori ambientali, individuati sono:

ATMOSFERA: Aria, Clima

AMBIENTE IDRICO: Acque superficiali, Acque sotterranee LITOSFERA: Suolo, Sottosuolo

AMBIENTE FISICO: Rumore e Vibrazioni, Radiazioni non ionizzanti e Radiazioni ionizzanti

BIOSFERA: Flora e Vegetazione, Fauna, Ecosistemi

AMBIENTE UMANO: Salute e benessere, Paesaggio, Beni culturali, Assetto territoriale

Il metodo utilizzato ha previsto un approccio su “ampia scala”, al fine di inquadrare il contesto ambientale in cui ricade il progetto, ed un esame di dettaglio a “scala locale”

relativa al territorio compreso entro un raggio indicativo di due chilometri dal sito oggetto di intervento.

Segue l’analisi dettagliata dello stato attuale delle componenti ambientali.

(4)

2 ATMOSFERA: ARIA

La qualità dell’aria è determinata nella società moderna dalle emissioni (gassose, polverose) di origine antropica dovute al traffico, alle attività industriali e produttive in genere, allo svolgimento di attività tecnologiche particolari (trattamento rifiuti, depurazione delle acque), alle attività agricole e zootecniche o ad altre attività umane di vario genere (riscaldamento degli edifici civili).

La graduale sostituzione delle caldaie alimentate a carbone con caldaie alimentate a gas metano e l’utilizzo di combustibili a sempre più basso tenore di zolfo ha portato ad una drastica riduzione delle emissioni di SO2, come risulta anche nelle misure di qualità dell’aria effettuate dalle centraline.

La circolazione di veicoli mossi da motori a combustione interna è sicuramente la maggior fonte d’inquinamento in quanto, oltre a produrre emissioni rumorose, è la causa della presenza in atmosfera dei principali composti inquinanti, sia gassosi che particolati (CO2, CO, Pb, SO2,Nox, O3, idrocarburi HC, composti organici volatili VOC, particolato sospeso totale PST). La pericolosità per l’uomo di tali prodotti di combustione è ormai assodata e riguarda principalmente danni acuti (ad esempio fenomeni irritativi) e cronici (ad esempio bronchiti) alle vie respiratorie. Le polveri sottili, le cosiddette PM10 sono in particolare tra le più probabili colpevoli (in concausa con altri inquinanti) di patologie tumorali dell’apparato respiratorio soprattutto per il loro contenuto in idrocarburi incombusti (anche policiclici aromatici). La presenza di Pb in atmosfera, come dimostrato dagli ultimi monitoraggi, attualmente si mantiene su valori minimi. Nel recente passato, la principale fonte di inquinamento atmosferico da piombo in ambito urbano era rappresentata dai gas di scarico dei veicoli alimentati con ‘benzina rossa’ che veniva addizionata con piombo tetraetile come composto antidetonante. Con l’utilizzo della ‘benzina verde’ le principali fonti di emissione diretta di piombo nell’atmosfera delle aree urbane sono state completamente eliminate.

2.1 ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA

La qualità dell’atmosfera nella zona di studio è condizionata in linea generale dai seguenti fattori:

emissioni gassose, polverose e rumorose prodotte dal traffico veicolare lungo le strade principali. Nei centri urbani si ha una caduta della qualità dell’aria

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determinata dal movimento veicolare (soste e ripartenze dei mezzi a motore) e dalle emissioni dei camini delle abitazioni soprattutto nei periodi invernali;

emissioni che si verificano lungo le strade carrozzabili non pavimentate per saltuario passaggio di autoveicoli e mezzi agricoli locali (emissioni gassose, polverose e rumorose) ed emissioni determinate dalle pratiche agricole (emissioni gassose, rumorose e polverose).

Il Piano Regionale di Tutela e Risanamento dell’Atmosfera individua le zone del territorio regionale a diverso grado di criticità in relazione ai valori limite previsti dalla normativa in vigore per i diversi inquinanti atmosferici; l’identificazione delle zone risulta da un’analisi preliminare di tre elementi territoriali: il superamento dei valori limite dell’inquinante nel periodo 1996-2001 (a partire dai rilevamenti di alcune stazioni di misura fisse e mobili), la presenza di centri urbani o aree densamente abitate ed infine le caratteristiche d’uso del suolo.

L’ARPAV ogni anno aggiorna i dati sulla qualità dell’aria su base regionale. Si riportano, di seguito, alcune indicazioni relative al 2008 per i maggiori inquinanti (A.R.P.A.V. – Relazione generale sulla qualità dell’aria – Anno 2008):

Biossido di Zolfo: non si sono registrati superamenti dei limiti né orari né giornalieri né della soglia di allarme. È un inquinante primario non critico, grazie anche alle modifiche che hanno subito i combustibili negli ultimi anni.

Monossido di Carbonio: anche questo inquinante non desta preoccupazione in quanto non si registrano superamenti del limite di 10 microg/mc come valore massimo giornaliero su medie mobili di 8 ore.

Ossidi di azoto: si hanno diversi superamenti dei limiti nelle stazioni di traffico e zona industriale, mentre non si hanno nelle stazioni n zona rurale. Il valore di fondo in veneto è di 20 microg/mc.

Ozono: dal 2005 non si sono registrati superamenti della soglia di allarme. Il numero maggiore di superamenti della soglia di informazione viene spesso superato in particolare in provincia di Treviso.

PM10: il limite giornaliero di 50 microg/mc viene superato in quasi tutte le stazioni di rilevamento e nelle stazioni in zone traffico e industriali anche il numero di giorni in cui si ha superamento di tale limite.

Benzene: i rilevamenti sono inferiori in tutti i punti al limite di 5 microg/m3 che dovrà essere rispettato nel 2010

(6)

2.2 ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE

La qualità dell’aria nel Comune di Trevignano è stata valutata in seguito a due campagne di monitoraggio effettuate rispettivamente nel semestre freddo (dal 10 gennaio al 12 febbraio 2006) e nel semestre caldo (dal 17 maggio al 05 giugno 2006).

Le concentrazioni di PM10 rilevate durante entrambe le campagne sono state confrontate con quelle rilevate presso la stazione fissa di Conegliano posizionata nel sito di Background Urbano in Via Kennedy. Il confronto tra i dati ha evidenziato una buona correlazione.

L’applicazione del metodo di calcolo elaborato dall’Osservatorio Regionale Aria dell’ARPAV ha permesso di identificare l’area comunale di Trevignano come rientrante in Zona A per il parametro PM10 (precedentemente classificato in Zona C, a minor rischio) per il rischio di superamento del Valore Limite su 24 ore.

Anche le nuove forme di classificazione basate sulla valutazione delle fonti di pressione posizionerebbero Trevignano in Classe Tecnica A1 (con densità emissiva compresa tra 7 t/a km2 e 20 t/a km2) con la relativa proposta di riclassificazione amministrativa – attualmente al vaglio regionale – che comporta la necessità che l’Amministrazione si doti di un Piano di Risanamento, adottando specifiche misure in caso di ripetuti superamenti dei parametri di legge.

L'area si colloca in un contesto agricolo, in posizione centrale al triangolo formato dai centri abitati di Montebelluna a nord, Treviso ad est e Castelfranco Veneto a Ovest. Il centro di Trevignano dista circa 600 metri in direzione Nord, poco ad Est vi è Falzè.

L’ambito è condizionato dalle emissioni che si verificano lungo le strade carrozzabili pavimentate per il passaggio di autoveicoli e mezzi pesanti, e sulle strade sterrate per il passaggio di mezzi agricoli.

Non sono stati rilevati complessi produttivi che possano generare emissioni particolari o significative.

La qualità dell’aria del sito può risentire dalla presenza della vicina S.P. n. 102

"Postumia Romana" per il passaggio continuo di veicoli e mezzi di ogni dimensione che generano emissioni gassose e rumorose.

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3 ATMOSFERA: CLIMA

3.1 ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA

Il territorio della Regione Veneto, pur compreso nella zona a clima mediterraneo, presenta peculiarità legate soprattutto alla sua posizione climatologicamente di transizione, sottoposta quindi a vari influssi quali l’azione mitigatrice delle acque mediterranee, l’effetto orografico della catena alpina e la continentalità dell’area centro- europea. In ogni caso mancano alcune delle caratteristiche tipicamente mediterranee quali l’inverno mite (in montagna, ma anche nell’entroterra, prevalgono effetti continentali) e la siccità estiva interrotta dai frequenti temporali di tipo termoconvettivo.

Il bilancio idroclimatico annuale (saldo tra precipitazioni ed evapotraspirazione potenziale) risulta negativo in una fascia che comprende la parte meridionale delle province di Verona, Padova e Venezia e tutta la Provincia di Rovigo, cioè le piogge che cadono mediamente in un anno non sono sufficienti a ripristinare la corrispondente perdita d’acqua dovuta all’evapotraspirazione. Nel resto della regione il bilancio risulta positivo, con valori tendenzialmente crescenti procedendo da Sud verso Nord e con punte massime nella zona del vicentino ai confini con la Provincia di Verona, nei pressi di Recoaro Terme, per le abbondanti precipitazioni annuali, senz’altro le più elevate della regione.

Il monitoraggio eseguito dalla rete di telemisura gestita dall’A.R.P.A.V. permette di definire l'andamento meteo-climatico dei parametri termo-pluviometrici stagionali a scala regionale o sub-regionale. L'analisi stagionale mette in luce i seguenti aspetti salienti:

Autunno e Dicembre 2006

La stagione autunnale 2006 in Veneto è stata significativamente più calda e meno piovosa della norma, con anomalie anche marcate come del resto accaduto in molte regioni dell'Europa centro-settentrionale.

Nel trimestre settembre-novembre la media delle temperature massime sul territorio regionale è risultata di quasi 2°C sopra la media di riferimento (periodo 1992-2005) con scarti anche maggiori (intorno ai 3°C) alle quote più alte. Analizzando il passato (dal 1956 per quanto riguarda le serie storiche disponibili e dal 1992 per le osservazioni del Centro Meteo di Teolo) non è mai stato registrato in Veneto un autunno mediamente così caldo. Nel successivo mese di dicembre (primo mese della stagione invernale) la

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situazione non cambia, almeno da un punto di vista termico, registrando scarti di temperatura rispetto alla norma ancor maggiori rispetto ai tre mesi precedenti. Il dicembre 2006 raggiunge valori medi mensili di temperatura massima molto prossimi se non superiori (specie in pianura) ai record storici dell'ultimo quinquennio (dicembre 2004, dicembre 2000) mentre per i valori minimi alcuni record sono registrati soprattutto in quota.

Inverno 2006 - 2007

Anche la stagione invernale, come per l'autunno 2006, è stata molto più calda della media, con scarti di 2/3°C rispetto alla media stagionale sia per le temperature massime che minime, mentre per quanto riguarda le precipitazioni queste sono risultate generalmente attorno alla media, a parte a Belluno (superiori) e a Vicenza (inferiori), con un mese di Gennaio generalmente poco piovoso nelle provincie di pianura e un mese di Febbraio più piovoso ovunque. Analizzando le medie delle temperature minime e massime, per molte località del Veneto l'inverno 2006-2007 può considerarsi il più caldo almeno degli ultimi 40-50 anni.

Primavera 2007

La stagione primaverile 2007 in Veneto è stata complessivamente più calda della media 1992-2006, con scarti medi di 2-3°C per le temperature massime e di 1-2°C per le minime e con una piovosità totale in prevalenza intorno alla media o leggermente superiore, ad eccezione delle zone occidentali, tra le province di Vicenza, Padova e Verona e del trevigiano orientale, ove ha assunto valori inferiori. In particolare si segnalano condizioni termiche spesso sopra la media ed un mese di Aprile eccezionalmente caldo; solo in alcuni brevi periodi, nella quinta pentade di Marzo, nella quarta e nell’ultima pentade di Maggio, sia le temperature massime che minime giornaliere sono risultate generalmente inferiori alla media. L’andamento pluviometrico è risultato contrastato con i due mesi di Marzo e Maggio in prevalenza più piovosi della media ed il mese di Aprile decisamente secco ovunque.

Estate 2007

La stagione estiva 2007 è moderatamente instabile con notti fresche. Lo scarto tra la temperatura media stagionale e la media 1992-2006 è generalmente inferiore ad un grado, mentre lo scarto delle precipitazioni stagionali indica un’estate poco piovosa in gran parte della pianura, nel basso agordino e alpago, piovosa in gran parte del restante settore montano.

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Autunno 2007

La stagione autunnale 2007 si caratterizza per notti fresche, settembre instabile e i due mesi successivi in prevalenza stabili e poco piovosi. Lo scarto tra la temperatura media stagionale e la media 1992-2006 indica una stagione più fresca rispetto alla media specie nel settore nord-orientale della regione, mentre lo scarto delle precipitazioni stagionali indica un autunno particolarmente poco piovoso.

Inverno 2007 - 2008

La stagione invernale vede due periodi con notti fredde nella seconda metà di dicembre e nella seconda decade di febbraio e, soprattutto, il prolungato periodo caldo tra gennaio e la prima decade di febbraio. Lo scarto tra la temperatura media stagionale e la media 1992-2006 indica una stagione più calda rispetto alla media soprattutto nel settore montano, mentre lo scarto delle precipitazioni stagionali indica un inverno generalmente piovoso in tutto il settore centro-settentrionale, poco piovoso in quello meridionale.

Primavera 2008

La stagione primaverile 2008 è fresca e piovosa. Lo scarto tra la temperatura media stagionale e la media 1992-2007 è generalmente inferiore ad un grado, mentre lo scarto delle precipitazioni stagionali indica una primavera particolarmente piovosa ovunque, salvo il rodigino.

Periodo giugno 2008 – maggio 2009

L'estate 2008 presenta una discreta alternanza fra periodi caldi, afosi nelle aree più continentali della pianura, e freschi-piovosi, specie nelle zone montane e pedemontane.

Dopo le prime due decadi fresche di giugno, con temperature minime a metà mese sotto la media, nella terza decade si assiste ad un sensibile rialzo termico, con valori massimi, il 26, generalmente sopra 35°C. Segue una fase fresca e instabile, specie in montagna, nelle prime due decadi di luglio, seguita da una terza decade caratterizzata da nuovo rialzo termoigrometrico con valori specie nel settore centro- meridionale, oltre i 35°C. Agosto è caldo, afoso in pianura nella prima e ultima decade.

L'autunno si caratterizza per un teatro di situazioni meteorologiche tipico del periodo.

Settembre esordisce con nebbie in pianura e ben rappresenta il transito tra l'instabilità estiva e quella autunnale. Segue ottobre, relativamente caldo, poco piovoso e fortemente stabile, eccetto i primi e gli ultimi giorni, a conferma della sua estrema variabilità climatica. Da fine ottobre fanno capolino le prime perturbazioni autunnali

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intense, che caratterizzano tutto novembre, molto piovoso, con nebbie diffuse e persistenti in pianura e nelle valli prealpine e la prima nevicata in pianura il 24. Le due stagioni successive, invernale e primaverile, si caratterizzano per copiosi apporti pluviometrici, con abbondanti nevicate in montagna.

3.2 ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE

La caratterizzazione climatica del territorio di Trevignano è possibile tramite un esame della fisiografia locale, uniforme e meteorologicamente ininfluente come fattore differenziale, e ricorrendo alle rilevazioni effettuate nelle stazioni meteorologiche vicine, che sono Volpago del Montello e Castelfranco Veneto.

Più specificamente si è fatto ricorso alle osservazioni effettuate presso la stazione di Castelfranco Veneto per un periodo di tempo che va dal 1961 al 1990, e su dati più recenti relativi al periodo compreso tra il 1993 ed il 2004.

L’elaborazione dei valori mensili delle osservazioni meteorologiche effettuate nella suddetta località permette di definire il clima locale nei suoi principali elementi costitutivi:

temperatura, precipitazioni, vento.

Di ogni elemento considerato si sono analizzati sia i valori medi sia quelli estremi, allo scopo di evidenziare il più compiutamente possibile, e limitatamente alla correlazione

“clima - pianificazione urbanistica", il quadro climatico complessivo – locale.

I dati oggetto di elaborazione riferiti al periodo 1960-1990 sono stati desunti da A.

Bonini Baraldi, “Caratterizzazione agro-climatologica del territorio veneto”, aree “5B”, Regione del Veneto, dipartimento per l’agrometeorologia, Teolo, 1993. I dati relativi al periodo compreso tra il 1993 ed il 2004 sono stati forniti direttamente dal centro Meteo di Teolo dell'ARPAV.

3.2.1 Temperatura

Per evidenziare le caratteristiche termiche sul lungo periodo si è proceduto all'elaborazione dei valori termometrici rilevati, presso la stazione meteorologica di Castelfranco Veneto dal 1961 al 1990.

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Media dei valori della temperatura atmosferica (°C)

Mese Massimi Minimi Medi

media max minimo media max minimo media massimo minimo

Gennaio 5,5 8,4 1,5 -1,4 3,3 -4,5 2 5,7 -1,4

Febbraio 8,2 11,5 4 0,4 4,3 -3,4 4,3 7,6 0,3

Marzo 12,8 17 9,5 3,6 5,9 0,6 8,2 10,7 5,1

Aprile 17,6 20,6 15,1 7,6 11 5,7 12,6 15,8 10,9

Maggio 22,8 26,3 19,3 12 15,2 9,6 17,4 20,7 14,9

Giugno 26,6 29,4 24,7 15,6 17,6 14,2 21,1 23,2 19,7

Luglio 29,2 32,8 27 17,8 20,1 16,3 23,5 26,4 21,7

Agosto 28,3 31,7 25,4 17,2 19,1 14,6 22,8 25,3 20

Settembre 24,5 27,3 21,1 14,2 17,3 11,3 19,4 21,9 16,2

Ottobre 18,2 20 14,2 9,3 13,4 5,5 13,8 16,1 9,9

Novembre 11 13,1 8,5 3,8 6,8 0,7 7,4 10 4,8

Dicembre 6,2 8,5 4,2 -0,3 1,9 -2,6 3 5,2 0,8

Medieannue 17,6 20,6 14,5 8,3 11,3 5,7 13,0 15,7 10,2

Andamento mensile delle temperature minime e massime Media dei valori registrati a Castelfranco Veneto nel periodo 1961-1990

-5 0 5 10 15 20 25 30 35

gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre

Tempo

Temperature (°C)

Massime Minime Medie

Questa elaborazione permette di constatare come la temperatura media annua si attesti su valori oscillanti intorno ai 14,9° C, con massimo in luglio (23,5° C) e minimo in gennaio (2° C) con un’escursione media annua di 21,5°C, con meno di 50 giorni all’anno di gelo. Dall'analisi dei dati relativi agli ultimi 12 anni si ricava che:

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ARPAV - STAZIONE DI CASTELFRANCO V.

TEMPERATURE MEDIE MENSILI MINIME , MEDIE e MASSIME MEDIATE TRA IL 1993 ED IL 2004

minime medie massime

GEN -2,1 2,2 7,9

FEB -2,2 3,4 10

MAR 1,8 8 14,4

APR 6,3 12,1 18,1

MAG 11,7 18,1 24,8

GIU 14,7 21,3 28,2

LUG 16,1 22,9 30,3

AGO 16,2 23 30,7

SET 11,8 17,9 25,2

OTT 8,3 13,1 19,3

NOV 3,3 7,6 13,1

DIC -0,9 3,2 8,5

media annuale 7,2 12,9 19,4

La temperatura media annua riferita agli ultimi dodici anni si attesta sui 12,9 °C, tale media si discosta solo di un decimo di grado rispetto al valore elaborato per il periodo di tempo dal 1961 al 1990 (13°C). Le temperature massime si registrano negli ultimi anni in agosto (30,7°C), mentre le minime in febbraio con valori di -2,2°C.

3.2.2 Precipitazioni

Nella tabella che segue sono riportate i valori medi mensili delle precipitazioni cumulate, espresse in millimetri, il numero medio di giorni piovosi e l’intensità media giornaliera delle piogge, rilevati presso la stazione meteorologica di Castelfranco dal 1961 al 1990.

Mese Precipitazioni cumulate (mm) N° medio di giorni piovosi

Intensità media giornaliera delle

piogge Media Massimo minimo

Gennaio 71,8 207,2 0 6,4 11,2

Febbraio 72,7 200,8 3,6 6 12,1

Marzo 74,9 171,5 4,2 7,4 10,1

Aprile 91 243 8,6 9,5 9,6

Maggio 100,1 244,2 7,4 9,9 10,1

Giugno 110,7 202,9 12,2 9,9 11,2

Luglio 67,6 181,6 0,4 6,6 10,2

Agosto 98,8 264,6 1,4 8 12,4

Settembre 77,7 215,8 0 5,5 14,1

Ottobre 93,1 282,5 0,6 6,7 13,9

Novembre 99,4 263,8 2,4 7,9 12,6

Dicembre 70,9 207,2 5,2 6,1 11,6

Totali 1028,6 1491,3 818,6 89,8

Medie 11,5

(13)

L'apporto pluviometrico medio annuo si aggira intorno ai 1.030 mm, con oscillazioni comprese tra 1.491,3 mm e 818,6 mm. Le precipitazioni sono distribuite mediamente in 90 giorni.

Precipitazioni cumulative medie registrate a Castelfranco Veneto tra il 1961 ed il 1990

0 20 40 60 80 100 120

Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giug no Lug lio Agosto Sette mbre Ottobre Novembre D icembre

Tempo

mm di precipitazioni

precipitazioni

La distribuzione delle piogge è tipicamente bimodale, con due massimi, uno in tarda primavera più marcato ed uno in autunno, con valori, rispettivamente di mm 110,7 mm in giugno e mm 99,4 in ottobre, e due minimi uno più marcato in luglio 67,6 mm ed uno in dicembre 70,9 mm.

(14)

Precipitazioni cumulate mensili media tra il 1993 ed il 2004

0 20 40 60 80 100 120 140

GEN FEB MAR APR MAG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC

Tempo

Precipitazioni (mm)

precipitazioni cumulate mensili medie

Nell'elaborazione riferita agli ultimi 12 anni si ha un massimo più accentuato in ottobre con 130.9 mm con in media un numero di giorni piovosi pari a 7 ed un massimo in tarda primavera con un numero maggiore di giorni piovosi (10), da notare che da maggio a settembre le precipitazioni si mantengono pressoché costanti su valori di 90 mm.

Dal 1993 al 2004

PRECIPITAZIONI CUMULATE MENSILI MEDIE

mm

NUMERO MEDIO MENSILE DEI GIORNI PIOVOSI

GEN 46,6 5

FEB 37,2 4

MAR 41,7 5

APR 101,1 10

MAG 90,9 9

GIU 96,3 9

LUG 94,3 7

AGO 92,3 8

SET 105,8 9

OTT 130,9 8

NOV 98 8

DIC 75 7

(15)

PRECIPITAZIONI TOTALI ANNUE

mm

NUMERO TOTALE ANNUO DI GIORNI PIOVOSI

1993 636,2 77

1994 842,4 71

1995 1127,8 107

1996 1110 104

1997 777,6 74

1998 948 79

1999 896,8 84

2000 1065,6 85

2001 934,4 95

2002 1512,6 111

2003 787,2 71

2004 1271 106

media 992,5 87

Le precipitazioni totali annue mediate negli ultimi 12 anni sono pari a 992,5 mm, mentre il numero di giorni piovosi medio annuo è pari a 87.

3.2.3 Direzione e velocità dei Venti

Quanto segue costituisce una elaborazione su dati cortesemente forniti dalla C.E.C.A.T.

(Centro Educazione Cooperazione Assistenza Tecnica) di Castelfranco V.to presi alla stazione anemometrica di Volpago del Montello, la più vicina all’area di studio.

Le tabelle evidenziano i fondamentali valori relativi alla direzione del vento ed alla velocità del vento al suolo. I dati riportati (assoluti e mensili) si riferiscono al periodo 1990/1996.

N N/E E S/E S S/O O N/O

36% 28% 12% 9% 3% 8% 1% 3%

Tabella 1: Direzione del vento (direzione di provenienza – composizioni percentuali) (Media 1990-1996)

(16)

N N/E E S/E S S/O O N/O

Gen. 1.461 966 349 209 52 159 72 132

Feb. 1.409 773 406 307 61 310 44 122

Mar. 1.261 1.458 546 514 100 431 23 130

Apr. 1.255 1.414 547 496 136 417 65 146

Mag. 1.136 1.005 498 543 138 380 39 99

Giu. 925 672 555 254 106 266 55 116

Lug. 1.069 620 475 207 130 323 41 81

Ago. 1.215 561 430 268 122 305 23 91

Set. 990 820 402 181 55 196 41 49

Ott. 1.075 1.054 363 142 51 126 19 47

Nov. 846 700 140 190 38 118 22 72

Dic. 1.381 1.035 185 125 37 132 49 80

Anno 14.024 11.078 4.896 3.434 1.025 3.162 492 1.164

Tabella 2: Direzione del vento (espressa in Km, di vento sfilato da ogni direzione, per mese)

Anno Vento totale sfilato (km) Vento sfilato media/g. (km)

Media giorno (km/ora)

Velocità max (km/ora)

1990 42.194 116 4,8 21 (marzo)

1991 42.930 118 4,9 28 (aprile)

1992 40.442 111 4,6 41 (ottobre)

1993 39.388 108 4,5 25 (marzo)

1994 36.665 100 4,2 20 (aprile)

1995 35.930 98 4,1 21 (marzo)

1996 37.399 102 4,3 18 (marzo)

Media 90/96 39.278 108 4,5 41

Tabella 3: Velocità del vento (anni 1990-96)

Mese Vento sfilato (totale km)

Vento sfilato (%)

Media giorno (km)

Media ora (km)

Massima/ora (km)

Gen. 3.399 9 110 4,6 18

Feb. 3.432 9 123 5,1 17

Mar. 4.462 11 144 6,0 26

Apr. 4.475 11 149 6,2 28

Mag. 3.838 10 124 5,2 21

Giu. 2.949 8 98 4,1 14

Lug. 2.947 8 95 4,0 16

Ago. 3.015 8 97 4,1 16

Set. 2.733 7 91 3,8 17

Ott. 2.880 7 93 3,9 41

Nov. 2.25 5 71 3,0 16

Dic. 3.024 8 98 4,1 18

Totale Anno 39.278 100 108 4,5 41

Tabella 4: Velocità del vento (disaggregazione per mese)

Dall'esame dei dati su esposti risulta che:

• il 64% del vento che sfila nella zona in esame proviene da Nord - Nord/Est e spira quindi in direzione Sud -Sud/Ovest;

• la velocità media su base annua è pari a 4,5 km/ora;

(17)

• nei mesi più caldi la velocità del vento è su valori inferiori alla media annua;

• la velocità massima raggiunta dai venti (41 km/ora) si è registrata nel mese di ottobre, le massime relative ai mesi estivi restano in valori tra 14 e 17 km/ora.

In sintesi, 11 mesi dell'anno sono caratterizzati da "calma", aprile è caratterizzato da leggera "brezza".

Anche nei loro valori massimi i venti restano solo "moderati". Alcune giornate di ottobre sono caratterizzate da venti "tesi".

3.2.4 BIoclima

Agli effetti ecologici più che la risultante dei vari elementi climatici a livello di fenomeno fisico interessa la loro risultante a livello degli organismi viventi, ovverosia il bioclima.

Mentre l'uomo e gli animali sono dotati di mobilità e possono, quindi, migrare alla ricerca dell'ambiente climaticamente più rispondente alle loro esigenze, o apprestare delle protezioni, i vegetali invece sono saldamente ancorati al suolo, e la loro distribuzione è notevolmente condizionata dalle caratteristiche climatiche, o meglio bioclimatiche.

Per definire il bioclima dei vari ambienti, climatologi, botanici ed ecologi hanno proposto metodi di valutazione che trovano rispondenza, a livello d'insieme, nella distribuzione e nelle caratteristiche delle formazioni vegetali.

Secondo la classificazione del PAVARI, basata su una suddivisione in zone fitoclimatiche improntata essenzialmente su parametri termometrici il territorio in esame può essere ascritto al Castanetum caldo, con siccità estiva.

Ai fini bioclimatici è essenziale, anche sotto l'aspetto applicativo, il concetto e la determinazione dell'evapotraspirazione potenziale, intesa come quantità di acqua evaporata dal suolo e traspirata dai vegetali in condizioni di umidità del suolo ottimali e con popolamento vegetale fitto.

Ricorrendo al metodo proposto da THORNTHWAITE e SERRA, e con riferimento alle temperature medie, si rileva che l'ETP annua risulta essere pari a 798 mm.

Se si considerano però i dati mensili si rileva che, con riferimento ai totali medi di precipitazione, in giugno si verifica un deficit idrico climatico di ca. 30 mm, in luglio di ca.

80 mm, in agosto di ca. 70 mm ed in settembre di ca. 10 mm.

(18)

In genere esiste la possibilità di ricorrere alla riserva idrica del suolo almeno nei primi o nel primo mese nei quali si presenta il fenomeno di deficit, purtroppo nel nostro caso le caratteristiche geopedologiche del territorio non sono tali da poter assicurare riserve idriche elevate; in via di prima approssimazione si può considerare che tale riserva, anche per la tipologia delle precipitazioni invernali e di quelle primaverili, soddisfi le esigenze idriche dei vegetali solo per il primo mese in cui si manifesta il deficit.

Per questi motivi si può ritenere che il bioclima sia caratterizzato da estati a forte rischio di aridità climatica (accentuato anche dalle caratteristiche geopedologiche locali), con minor frequenza, è un rischio possibile anche in primavera.

Secondo la classificazione bioclimatica proposta dal THORNTHWAITE, la zona è ascrivibile fra le località a tipo climatico perumido (B3), secondo mesotermico (B1/2), con moderata deficienza idrica in estate (s) e concentrazione estiva dell'ETP (B1/3).

Una definizione dei tipi bioclimatici di uso corrente ed adottata su vasta scala, tale da permettere la comparazione fra areali geografici diversi, è quella proposta da BAGNOULS e GAUSSEN, mediante l'utilizzazione delle curve ombrotermiche.

A detta dei predetti AA. si verificano mesi secchi quando il rapporto fra totale mensile medio delle precipitazioni e la temperatura mensile media è uguale o inferiore a 2 (posta l'equivalenza 20 mm corrispondenti a 10°C) e mesi subsecchi quando il suddetto rapporto è compreso fra 2 e 3.

Secondo la classificazione proposta da BAGNOULS e GAUSSEN, Trevignano è ascrivibile bioclimaticamente alla regione mesaxerica, sottoregione ipomesaxerica, senza mesi secchi e subsecchezza in agosto.

Recentemente TOMASELLI, BALDUZZI e FILIPPELLO hanno distinto all'interno della regione predetta e con riferimento all'Italia alcuni tipi basati essenzialmente sull'ammontare e la distribuzione delle precipitazioni. Secondo tale distinzione la zona appartiene al tipo B, caratterizzato da precipitazioni non limitanti, con concentrazione autunnale, e falda superficiale.

Concludendo circa le caratteristiche bioclimatiche del territorio in esame si rileva che mentre la temperatura non costituisce, se non in condizioni eccezionali, un fattore limitante, le precipitazioni condizionano, soprattutto in estate, la vegetazione (o meglio le fasi vegetative estive).

(19)

3.2.5 Microclima

Con il termine “microclima” si definisce l’insieme delle condizioni climatiche (temperatura, umidità, ventilazione, ecc.) che caratterizzano una zona geografica locale e che differisce in modo significativo da quello delle zone circostanti a causa di peculiarità topografiche e ambientali.

Le differenze di tipologia del suolo, di vegetazione, e la presenza di elementi artificiali del paesaggio come, pavimentazioni, edifici, strade, parchi o naturali come, laghi, mare, ecc. sono tutti fattori in grado di produrre distinte e localizzate variazioni climatiche.

Si analizzano di seguito gli elementi presenti sul terreno (artificiali e naturali) che possono influire sul microclima.

Effetto del suolo

I suoli esposti assorbono quantità diverse di radiazione solare, e conseguente accumulo di energia da convertire in calore, in funzione della colorazione e dell’umidità.

I terreni agrari presentano una colorazione bruno chiara anche se non mancano appezzamenti più scuri. I terreni, considerata l’elevata permeabilità che caratterizza il substrato della zona, hanno una ridotta umidità.

Essi determinano un ridotto assorbimento di radiazione solare e conseguente limitato accumulo di energia da convertire in calore.

Effetto della vegetazione

Le diverse tipologie di piante non solo assorbono l'energia solare in modo differente, ma condizionano anche la quantità di energia che raggiunge il suolo e, di conseguenza, la quantità di luce e calore che rimane disponibile per essere utilizzata da altre piante.

Non sono presenti aree boscate estese ma diversi filari e siepi lungo i confini degli appezzamenti. I campi agricoli sono coperti stagionalmente da colture a seminativo.

L’effetto della vegetazione è, quindi, poco significativo.

Effetto delle pavimentazioni, dell’edificato e delle attività svolte

Gli edifici e le pavimentazioni immagazzinano e generano calore in modo più efficiente dei suoli e della vegetazione. Il calore che essi emettono si somma a quello generato dalla popolazione che vive e lavora, a quello del traffico, delle industrie e del riscaldamento interno degli edifici (effetto “Isola di calore”). Fatto ancora più importante, la dispersione del calore nelle ore notturne, quando i manufatti ri-emettono la maggior parte del calore ricevuto nelle ore di luce, è ostacolata dalla presenza di polveri e nubi che fungono da coperta.

(20)

Il sito è rientra in un contesto agricolo. Gli edifici sono collocati lungo le strade principali e non costituiscono veri centri urbani. Le pavimentazioni sono, infine, limite alla viabilità principale.

Non si evidenziano elementi che possono influire sulle caratteristiche climatiche locali.

Effetto della morfologia

La morfologia influisce sul microclima in funzione dell’esposizione al sole che determina variazioni termiche locali e conseguente formazione di venti anabatici (causati dal riscaldamento diurno del versante, che provoca la risalita di masse d'aria verso la cresta dei pendi) o catabatici (causati dal raffreddamento del versante che provocando la discesa verso il basso di masse d'aria).

Il contesto territoriale è pianeggiante e, quindi, non sono prodotti gli effetti citati. La depressione della cava comporta la formazione delle zone in ombra nelle prime ore della giornata o verso sera. L’estensione della cava non è tuttavia tale da provocare la risalita o la discesa di masse d’aria.

Sul fondo cava è, quindi, rilevabile un decremento termico nelle aree a ridosso delle scarpate.

Conclusioni

L’analisi effettuata ha permesso di riconoscere i fattori che caratterizzano il microclima del sito in oggetto. Sul fondo cava è possibile registrare un regime termico inferiore rispetto a quello rilevabile al piano di campagna. Non sono stati riconosciuti elementi che possono influenzare in modo determinate il microclima. I fattori climatici dei luoghi rispecchiano, quindi, quelli del contesto generale in cui è inserito il sito.

(21)

4 AMBIENTE IDRICO: ACQUE SUPERFICIALI

4.1 ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA

Le caratteristiche di elevata permeabilità dei terreni ghiaiosi di Alta Pianura non consentono l’instaurarsi di un sistema idrografico superficiale naturale. Il territorio è caratterizzato da una fitta rete di scoline e fossati artificiali gestita dal consorzio di bonifica competente. Non sono rilevabili corsi d’acqua naturali a deflusso perenne.

La rete secondaria di scolo risulta limitata e con regime idraulico legato agli eventi meteorici; il terreno, infatti, è generalmente secco perché l’acqua tende ad infiltrarsi facilmente nel materasso ghiaioso, ma in corrispondenza di un evento piovoso esso tende a saturarsi, l’acqua a ruscellare e ad accumularsi lungo gli scoli e i fossati laterali alle strade, dilavando la superficie topografica, per poi essere gradualmente riassorbita dal terreno al termine dell’evento. La qualità di tali temporanee acque superficiali è legata alla tipologia e all’entità degli inquinanti depositati sulle superfici, e alla frequenza del dilavamento piovoso. Ne consegue che le situazioni più critiche si manifestano dopo i periodi di siccità e soprattutto lungo i fossati laterali alle strade.

La mancanza di un flusso costante, nella rete temporanea secondaria, che diluisca in modo continuativo o almeno frequente le sostanze che pervengono alla rete minore fa sì che la qualità di questa componente ambientale sia complessivamente scadente.

L’elemento idrografico principale è il fiume Piave il cui corso dista dall’area in esame circa 17,5 km in direzione Nord Est.

Il fiume Piave, considerato per importanza idrografica il quinto fiume in Italia, nasce sul versante meridionale del Monte Peralba e confluisce nel mare Adriatico presso il porto di Cortellazzo, al limite orientale della Laguna di Venezia, dopo 22 Km di percorso, con un'area tributaria alla foce valutabile in 4.391 Kmq. La rete idrografica del Piave presenta uno sviluppo asimmetrico che localizza gli affluenti e subaffluenti più importanti; il Padola, l'Ansiei, il Boite, il Maè, il Cordevole con il Mis, il Sonna ed il Soligo, sulla destra dell'asta principale.

Nel tratto in esame il corso fluviale è di tipo braited a canali anastomizzati tipico dei fiumi di alta pianura nella loro fase disperdente, a Sud di Ponte di Piave il fiume assume un andamento meandriforme.

(22)

Già nei primi anni del XII secolo ebbero inizio i primi tentativi di portare acque perenni nella Marca Trevigiana. Nei primi anni del 1400 a Nervesa iniziarono i lavori per una derivazione costruita principalmente per scopo irriguo. Attualmente da essa hanno origine tre distinti canali: il Canale della Vittoria che corre parallelo al Piave, il Canale Piavesella che si dirige verso Sud e si collega al Giavera e al Sile, il Canale della Vittoria di Ponente che attraversa trasversalmente l'alta pianura trevigiana contribuendo all' irrigazione della zona con i canali originati dalla Brentella di Pederobba. Da questi canali principali trae origine una rete di canali minori e canalette capillarmente diffusa sul territorio.

Questo grande sistema dei canali irrigui costituisce oggi un elemento significativo sotto il punto di vista ecologico ed ambientale: le loro fasce di vegetazione riparia, seppur ridotte, rappresentano uno dei pochi elementi di biodiversità del paesaggio agrario.

Nonostante il loro patrimonio vegetazionale risulti piuttosto povero quantitativamente e qualitativamente, riescono ugualmente ad assolvere una funzione di rifugio della fauna stanziale. Purtroppo le fasce di vegetazione riparia che si sono costituite lungo le rive sono estremamente ridotte, in quanto le colture agrarie arrivano a ridosso dei fossi esistenti, condizionando negativamente l' evoluzione delle formazioni vegetali verso uno stadio di maggiore equilibrio.

(23)

4.2 ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE

L’elevata permeabilità dei terreni della zona non ha permesso lo sviluppo di una rete idrografica naturale minore. La rete artificiale è caratterizzata da canalette in calcestruzzo o tombate, che si diramano nelle aree agricole lungo i confini degli appezzamenti o a lato della rete viaria.

Il sistema idrografico locale è gestito dal consorzio di bonifica competente nel territorio al fine di garantire l’irrigazione degli appezzamenti agricoli. Le portate dei canali sono in relazione agli eventi meteorici ed alla programmazione stabilita dai consorzi di bonifica.

L’area di progetto ricade nel comprensorio del consorzio di bonifica Brentella di Pederobba. La zona dove ricade il sito di progetto è caratterizzata da terreni alluvionali, ghiaiosi con alta permeabilità: in questa zona è diffusa capillarmente l'irrigazione consorziale.

Lungo il lato Sud la cava confina con il “Canale della Vittoria" di Ponente che dal punto di vista idrografico segna il confine tra il Consorzio di bonifica "Destra Piave" a Sud, ed il Consorzio di bonifica "Brentella" a Nord.

Il primo progetto del canale della Vittoria risale al 1886, il canale doveva irrigare 30.000 ha di terreno attraversando 19 Comuni della Marca Trevigiana. Il progetto venne ripreso in mano solo 30 anni dopo dalla Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana, ma di nuovo vi fu un arresto causato dagli eventi bellici.

Finita la guerra, il 15 agosto 1921 viene costituito il “Consorzio intercomunale destra Piave-Nervesa per la derivazione del Canale della Vittoria”. Il Consorzio, formato dai diversi comuni interessati, tra i quali Trevignano, riprese in esame l’intero progetto e dopo averne commissionato nuovi studi, passò alla sua realizzazione.

L’opera venne inaugurata alla presenza di Re Vittorio Emanuele III nel novembre del 1925. Il Canale che a Nervesa della Battaglia deriva dal Piave 25 m3/sec di acqua, dopo un breve tratto si suddivide in tre altri tre canali; quello della Piavesella, quello della Priula e quello di Ponente.

Quello di Ponente, lungo 18 Km, che dà origine a diverse derivazioni e serve, tra gli altri Comuni, anche quello di Trevignano, scorre parallelo al confine Sud dell’area di progetto e in corrispondenza del limite ovest piega verso sud.

Lungo tutto il perimetro Nord/Est ed Est della cava è stata realizzata ex novo una canalizzazione in c.a. che prendendo a nord le acque del canale di scolo denominato

"Ovest" le fa confluire a sud/est nel ”Canale della Vittoria".

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5 AMBIENTE IDRICO: ACQUE SOTTERRANEE

La qualità delle acque sotterranee è in genere influenzata dalle infiltrazioni che avvengono in superficie. Le attività umane, agricole o industriali, quando sono svolte disperdendo senza criterio nel suolo e nelle acque superficiali sostanze di varia natura, modificano, a lungo termine, la qualità delle acque sotterranee. Ad esempio la pratiche agricole connesse all’utilizzo degli effluenti zootecnici, provocano un sovraccarico di elementi nutritivi (NO3) nelle falde e un accumulo di metalli presenti nelle deiezioni animali (Cu e Zn) nel terreno. Naturalmente la qualità delle acque sotterranee dipende anche dalla situazione stratigrafica e in particolare dal grado di protezione dell’acquifero.

5.1 ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA

La pianura veneta è costituita da un potente complesso, di età quaternaria, composto da depositi di origine fluviale, trasportati e depositati in epoche diverse dai principali corsi d’acqua della regione (F. Piave, F. Brenta, F. Astico, F. Leogra, F. Adige).

A tali materiali si sono intercalati, nel tempo, depositi di origine marina collegati alle varie trasgressioni e regressioni, localmente frammisti a coltri eluvio-colluviali, soprattutto presso le fasce di raccordo tra pianura e fascia pedecollinare.

La situazione idrogeologica del sottosuolo è evidentemente condizionata dalle caratteristiche granulometriche e strutturali del materasso alluvionale, e soprattutto dalla differente distribuzione dei materiali ghiaiosi.

Dal punto di vista idrogeologico, l’area in esame ricade all’interno della zona di Alta Pianura. L'Alta Pianura si estende per una fascia larga mediamente una decina di chilometri ed è caratterizzata da un materasso alluvionale esteso dalla «fascia delle Risorgive» fino a ridosso dei rilievi prealpini e costituito quasi esclusivamente, come già evidenziato, da ghiaie in matrice più o meno sabbiosa, per spessori di alcune centinaia di metri; intercalate a tali ghiaie si possono rinvenire delle sottili lenti sabbiose, talora limose, con potenza decimetrica. Nel sottosuolo è presente un acquifero unico, indifferenziato, di grande potenzialità, normalmente utilizzato per scopi idropotabili.

L’acquifero indifferenziato è alimentato in parte dalle infiltrazioni efficaci di acque meteoriche, data la notevole permeabilità dei terreni superficiali e la bassa pendenza della superficie topografica, in parte dalle perdite di subalveo dei corsi d’acqua, soprattutto del Piave, e in parte da deflussi sotterranei provenienti dalle zone montane.

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I fattori naturali da cui dipende essenzialmente la ricarica dell'acquifero sono:

la dispersione dal bacino del Fiume Piave e del bacino del Fiume Brenta;

le infiltrazioni del Montello;

le precipitazioni;

l'irrigazione;

la dispersione dei corsi d'acqua artificiali (peraltro ridotte a causa della loro impermeabilizzazione).

Tra tutti questi fattori il predominante risulta essere senz'altro la dispersione proveniente dagli alvei del Piave e del Brenta che influenzano la falda dell'area.

Nella Zona ad Est di quella in esame si nota la netta influenza determinata dalla dispersione del Fiume Piave, la falda, infatti, assume un andamento Nord Est - Sud Ovest che allontanandosi dal Fiume diviene circa Nord - Sud.

Nella zona ad Ovest del sito si vede invece l’influenza delle dispersioni del Brenta, e delle infiltrazioni alla base dei rilievi e la falda assume un andamento Nord Ovest/Sud Est.

L’A.R.P.A.V. gestisce una rete di monitoraggio continuo della falda freatica dell’alta pianura veneta. Molte delle stazioni storiche di monitoraggio sono state abbandonate a causa del progressivo abbassamento della superficie freatica.

I rapporti dei monitoraggi concludono che i dati oggi a disposizione indicano una diminuzione media della superficie freatica che negli ultimi 30 anni ha raggiunto punte di 3 m in vaste zone di alta pianura (Castelfranco Veneto).

5.2 ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE

Secondo la “Carta idrogeologica dell’alta pianura veneta” elaborata da A. dal Prà sulla base delle misure effettuate nel novembre del 1975, nell’area interessata il deflusso della falda va da WNW verso ESE con un gradiente medio di 0,14%. Il sito si pone in corrispondenza di un asse di drenaggio della falda. Il livello della falda in sito si poneva alla quota di circa 30 m s.l.m. (40 m da p.c.).

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Figura 1: Estratto della Carta Idrogeologica dell’Alta Pianura Veneta . A Dal Prà.

Nella figura che segue viene riportato uno stralcio della “Carta freatimetrica provinciale dei deflussi di magra” realizzata dalla Provincia di Treviso sulla base dei rilievi freatimetrici di marzo 2002 (fase di magra).

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Figura 2: Estratto della Carta freatimetrica provinciale dei deflussi di magra.

Provincia di Treviso.

In questa più recente rielaborazione la falda in sito si pone alla quota di circa 25 m s.l.m. (45 m da p.c.), ed assume un andamento WNW/ESE, con un gradiente medio dello 0.07%.

In sito sono presenti 5 piezometri per la misura della falda, uno di questi, fatto installare dall’A.R.P.A.V. ha un misuratore di livello in continuo. Nel mese di novembre 2009 è stato realizzato un sesto piezometro.

Il rilevamento della falda, eseguito nel novembre del 2009, ha messo in luce quote della falda che variano da 28 m s.l.m., nella zona Nord della cava, a 27,6 m s.l.m., nella zona Sud, con un dislivello da monte a valle di 43 cm. L’andamento va da Nord Ovest verso Sud Est con un gradiente pari allo 0,7‰.

La ricostruzione dell’andamento della quota della falda nel tempo presso il sito in esame è stata possibile grazie alla presenza in cava di una stazione freatimetrica installata

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dall’A.R.P.A.V. nel 2005 che rientra nella rete di monitoraggio in continuo della falda freatica dell’alta pianura veneta.

Dall’andamento della falda dal 2005 al 2009 si nota che le quote non hanno superato i 29,3 m s.l.m..

La serie storica dei rilievi freatimetrici permette di determinare che la quota di massima escursione della falda, presso il sito in esame, da utilizzare per il dimensionamento dell’opera è di 33,07 m s.l.m.

Dal punto di vista qualitativo, diverse sono, invece, le condizioni delle acque di falda, di cui esistono specifici dati del comune di Trevignano (campagna di rilevamento 2004), che indicano la necessità di attenzione al fenomeno. La soglia di guardia (valore limite minimo previsto dal DM 471/99 e dal D.Lgs 31/2001) per quanto riguarda la presenza di nitrato nelle acque sotterranee è posta pari a 50 mg/l mentre la soglia di attenzione (70% del valore assunto dalla soglia di guardia) è pari a 35 mg/l.

Analisi nitrati nelle acque di falda presso il territorio comunale di Trevignano

stazione 2001 2002 2003 2004

mg/l mg/l mg/l mg/l

Trevignano 737 23 24 21 22

Trevignano 738 34 26 19

Trevignano 738 35 37 39

Solo presso la stazione 738 i nitrati superano il valore soglia di guardia, ma non quello di soglia di attenzione.

I pozzi di approvvigionamento idrico potabile pubblici gestiti dall’Autorità d’Ambito Territoriale Ottimale Veneto Orientale, competente del territorio considerato, ed, in particolare, dall’Ente gestore “Consorzio intercomunale Alto Trevigiano” sono ubicati, rispetto al sito:

– Pozzo di Sala di Istrana: 2,3 km a Sud Est – Pozzo della località “al Maglio” di Paese: 3,3 km a Sud Est – Pozzi (2) di Barcon: 4,8 km a Ovest

– Pozzo di Istrana: 5,1 km a Sud Est

(29)

6 LITOSFERA: SUOLO

Il suolo in genere può essere rappresentato come un filtro entro cui si depositano e si accumulano nel tempo le sostanze più o meno inquinanti disperse dalle attività svolte in superficie. L’immissione di quantità massive di prodotti chimici organici ed inorganici, provenienti da attività urbane, industriali e agrarie, porta ad una alterazione profonda degli equilibri chimici e biologici del suolo. Nel tempo sono diventate sempre più consistenti le produzioni e l’uso di una vasta serie di composti organici ed inorganici come fitofarmaci, agenti antimicrobici, farmaci, antifermentativi, antibiotici, detergenti, solventi, lubrificanti, e così via. Alcuni di questi composti ed i loro prodotti di degradazione una volta entrati nell’ambiente possono permanervi per lungo tempo.

Nella pratica agricola, in particolare, l’uso di sostanze organiche e di elementi nutritivi che producono benefici alle colture, possono in realtà presentare alcuni problemi in relazione alla presenza nelle matrici organiche di metalli e di sostanze indesiderate provenienti da attività antropiche estranee all’agricoltura. Queste sostanze possono alterare gli equilibri chimici e biologici del suolo compromettendone la fertilità, ed entrare nelle catene alimentari. Le situazioni di degrado del territorio connesse agli interventi antropici, alle lavorazioni agricole ed alle altre tecnologie adottate nelle pratiche agronomiche si possono manifestare con repentino sconvolgimento dell’ambiente fisico o con lenti processi all’interno del terreno che producono modificazioni indesiderate fino alla perdita di molte delle funzioni del suolo stesso.

Accadono così processi evolutivi che si manifestano con il progressivo decadimento dei caratteri strutturali e funzionali del terreno agronomico.

L’agricoltura riveste una particolare importanza per la difesa del suolo, dell’ambiente e dell’equilibrio biologico. Senza una corretta pianificazione della gestione agricola e senza informazione ecologica, si corre il rischio di degradare completamente un ambiente ormai già largamente innaturale, caratterizzato dall’estensione della monocoltura e dall’appiattimento del paesaggio.

6.1 ANALISI AMBIENTALE SU AREA VASTA

La provincia di Treviso comprende una grande quantità di ambienti caratterizzati da diverse condizioni geologiche, geomorfologiche, climatiche e di vegetazione con suoli, quindi, molto diversi tra loro.

(30)

Nella porzione montana del trevigiano i suoli sono differenziabili a seconda che si sviluppino direttamente sui diversi tipi di substrato roccioso, sempre carbonatici ma con variazioni a seconda che si tratti di dolomie e calcari dolomitizzati, calcari, calcari marnosi e marne, argilliti, arenarie e conglomerati, oppure su depositi sciolti di tipo glaciale, fluviale - fluvioglaciale e colluviale.

Per quanto riguarda l’area collinare, i suoli che si sviluppano sulle formazioni argillose del Terziario generalmente conservano molti dei caratteri della roccia madre, quali tessiture moderatamente fini, elevati contenuti in carbonato di calcio, reazione moderatamente alcalina.

Relativamente all’area di pianura i sedimenti sono di natura prevalentemente carbonatica, con percentuali comprese tra 20-35% di carbonati nei sedimenti del Brenta e oltre il 40% in quelli del Piave (Jobstraibizer & Malesani, 1973).

Nell’alta pianura, sui depositi ghiaioso-sabbiosi del Pleistocene superiore del Brenta e del Piave sono presenti suoli arrossati, con orizzonti argillici di spessore variabile da pochi centimetri a alcuni decimetri a seconda della distribuzione degli elementi del reticolo paleoidrografico a canali intrecciati, e del grado di erosione prodotto dai lavori agricoli (Giandon et alii, 2001).

Alla transizione tra alta e bassa pianura, nella fascia delle risorgive, i suoli sono condizionati prevalentemente dall’instaurarsi di situazioni di cattivo drenaggio interno, dovute all’affioramento della falda.

La bassa pianura del Piave è anch’essa caratterizzata dalla presenza di dossi e depressioni, i primi con suoli franchi e sabbiosi, le altre con suoli limosi e argillosi che caratterizzano anche la maggior parte dei paleoalvei meandriformi presenti.

Nell’immagine sottostante si riporta un estratto della Carta dei Suoli del Veneto realizzata dall’Osservatorio Regionale Suolo dell’ARPAV di Castelfranco Veneto nell’ambito del programma interregionale “Agricoltura e Qualità”, su rilievi condotti tra il 2000 ed il 2005.

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Figura 3 Estratto con legenda della Carta dei suoli del Veneto - ARPAV

Il sito ricade nell’alta pianura antica ghiaiosa e calcarea ed suoli che lo circondano sono moderatamente profondi formatisi, da ghiaie e sabbie, ad alta differenziazione del profilo, decarbonatati, con accumulo di argilla e a evidente rubefazione (skeletic Luvisols) talvolta con accumulo di carbonati in profondità.

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6.2 ANALISI AMBIENTALE A LIVELLO LOCALE

L’area oggetto di studio si colloca nell’alta pianura trevigiana ed il substrato su cui poggia l’orizzonte umifero è prevalentemente ghiaioso sabbioso. L’utilizzo agricolo intensivo ha, inoltre, causato l’impoverimento dei terreni e ridotto la loro qualità a causa delle immissioni connesse alle varie pratiche. Lo strato pedologico, tuttavia, permette buone produzioni di raccolti.

Nel territorio in esame sono privilegiate le colture completamente meccanizzabili come:

il mais, la soia.

Il territorio comunale rientra nei seguenti consorzi di tutela:

“Formaggio Montasio D.O.P.”

“Radicchio di Treviso e Castelfranco I.G.P. – Precoce”

“Radicchio di Treviso e Castelfranco I.G.P. - Precoce – tardivo”

“Formaggio Taleggio D.O.P.”

“Formaggio Grana Padano D.O.P.”

“Formaggio Asiago D.O.P.”

Il comune di Trevignano ricade parzialmente nell’area di produzione dei “Vini Piave D.O.C.”. L’area D.O.C. comprende la parte Nord Est del comune e non il sito oggetto di studio.

Nella figura che segue si riporta un estratto della carta dei suoli della provincia di Treviso realizzata dall’Osservatorio Regionale Suolo dell’ARPAV di Castelfranco Veneto su finanziamento della Provincia di Treviso, su rilevamenti compiuti tra il 2003 ed il 2007.

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Figura 4: estratto della carta dei suoli della provincia di Treviso.

I suoli circostanti l’area di cava appartengono alla alta pianura antica (pleistocenica) si tratta di suoli fortemente decarbonatati con accumulo di argilla a evidente rubefazione.

Da indagini condotte in sito su campioni di terreno agrario prelevati nella zona si ha:

TA1: scheletro 45%, terra fine 55%, sabbia 52,3%, limo 39,8 %, argilla 7,9%

TA2: scheletro 46,5%, terra fine 53,5%, sabbia 38%, limo 44,3 %, argilla 17,7%

TA3: scheletro 61,3% , terra fine 38,7%, sabbia 47%, limo 41,3 %, argilla 11,7%

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Si tratta di un terreno a medio impasto con scheletro tra il 45 ed il 61%, il fine è costituito in prevalenza da sabbia (47-53%), limo (39-44%) ed argilla (8-17%).

Questi terreni sono il risultato della deposizione delle correnti glaciali nella fase di regresso del ghiacciaio del Piave. La natura prevalentemente ghiaiosa è stata intaccata dagli agenti atmosferici che, con il concorso della sostanza organica, hanno formato uno strato di prodotto terroso rossastro noto con il nome di ferretto. Le caratteristiche fisiche della terra fine (1mm) di questi terreni ferrettizzati possono riassumersi così:

• Residuo insolubile in acido cloridrico concentrato e bollente 75-80%

• Sesquiossidi di ferroalluminitici 8-10%

• Anidride fosforica 0,10%

• Potassa 0,30% anidride solforica 0,10%

• Azoto organico ammoniacale 0,20%

• Contenuto in carbonati molto scarso, indice di decalcificazione molto spinta.

Nel terreno naturale la terra fine è commista a ciottoli residui dell’alterazione nella misura del 40-60%, in prevalenza di natura calcareo dolomitica, accanto a questi si rinvengono elementi di origine sedimentaria ed eruttiva.

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