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L Assegno sociale spetta anche se l assegno di mantenimento è «inadeguato»

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L’Assegno sociale spetta anche se l’assegno di mantenimento è «inadeguato»

(Fonte: https://www.pensionioggi.it/)

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione rimarcando l’assenza, nella lettera della norma, di alcun riferimento alla necessità che lo stato di bisogno debba essere «incolpevole».

L’esiguità dell’assegno di mantenimento non può essere posta a fondamento per dimostrare l’assenza dello stato di bisogno economico e, quindi, per negare il diritto all’assegno sociale. E’

l’orientamento che emerge nella sentenza n. 23305 del 26 luglio con la quale la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino contro l’Inps. L’Istituto aveva, infatti, negato al ricorrente la misura sulla base di una presupposta autosufficienza economica per aver

accettato, in sede di separazione, un assegno di mantenimento «inadeguato» rispetto ai redditi dell’ex moglie.

La Corte, peraltro, si era già pronunciata in passato chiarendo che ai fini della concessione dell’assegno sociale non rileva il comportamento dell’interessato, né tanto meno può

intervenire un processo interpretativo che metta in discussione lo stato di bisogno a seconda delle scelte di vita del beneficiario. Se così non fosse sarebbero violati gli stessi principi

costituzionali alla base del sistema di sicurezza sociale per cui l’intervento pubblico a favore dei bisognosi non ha e non può detenere un carattere natura sussidiaria (Cass. Sez. L. n. 24954 del 2021).

La questione

E’ nata a seguito del ricorso di un pensionato che si era visto respingere dall’Inps la richiesta di assegno sociale in quanto, secondo l’ente di previdenza, aveva rinunciato ad un assegno di mantenimento in sede di separazione consensuale «adeguato». Il pensionato, infatti, aveva concordato la corresponsione di una somma mensile dall’ex moglie di appena 150 euro rispetto ai 950€ mensili da questa percepiti a titolo di pensione. Un comportamento «colposo» secondo l’Inps perché aveva trasferito alla collettività l’obbligo di mantenimento da cui emergeva l’assenza dello stato di «bisogno economico», requisito richiesto per l’accesso alla prestazione.

La Corte di Cassazione, ribaltando il doppio conforme della giurisprudenza di merito, ha accolto la richiesta del pensionato.

La sentenza

La Cassazione ricorda che l’unica condizione prevista dalla legge n. 335/1995 per l’attribuzione dell’assegno sociale è il possesso di un reddito inferiore ad una certa soglia annualmente

stabilita. Le due sentenze di merito, invece, avevano introdotto un ulteriore requisito non previsto consistente nell’obbligo per il pensionato di rivolgersi previamente al proprio coniuge

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separato ancorché fossero soddisfatte le condizioni reddituali per il conseguimento della prestazione.

Una conclusione inaccettabile perché oltre a violare la legge istitutiva significherebbe che l’obbligo dello Stato di assistenza dei cittadini bisognosi si avrebbe solo in via sussidiaria e solo qualora non ci siano altre opzioni utili, come l’assegno di mantenimento in questo caso.

Un’interpretazione che «finirebbe per lasciare tali soggetti alla mercé delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l’autonomia e la stessa dignità» in contrasto con i principi costituzionali di uguaglianza sostanziale (art. comma 2) e sicurezza sociale (art. 38) o con il diritto alla salute (art. 32).

La Cassazione, pertanto, dichiara il principio secondo il quale, ai fini della concessione

dell’assegno sociale, lo «stato di bisogno economico» non può essere desunto dalle scelte di vita del richiedente ed in particolare dalla circostanza di non aver accettato, in sede di separazione consensuale, un assegno di mantenimento «adeguato».

Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 26 luglio 2022, n. 23305

Prestazione assistenziale - Assegno sociale - Mancata richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato - Equivalenza ad assenza dello stato di bisogno - Esclusione

Rilevato che

1. La Corte di appello di Campobasso, in accoglimento dell'appello proposto dall'I.N.P.S. avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso, ha respinto la domanda proposta in primo grado da P.

O. intesa al riconoscimento giudiziale dell'assegno sociale, a seguito di domanda amministrativa presentata in data 30 maggio 2018;

2. Per quanto qui rileva, la Corte territoriale ha ritenuto insussistente lo stato di bisogno per avere l'interessato rinunciato ad un assegno di mantenimento adeguato, atteso che lo stesso, in sede di separazione consensuale, aveva concordato con la moglie la corresponsione di un

assegno di mantenimento di appena 150,00 euro, a fronte del godimento da parte della moglie di una pensione di circa 950,00 euro mensili, in tal modo volontariamente creando le condizioni per trasferire sull'I.N.P.S. e dunque sulla collettività l'obbligo di mantenimento gravante su altri soggetti;

3. Avverso tale pronuncia P. O. ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui resiste l'I.N.P.S. con controricorso;

5. E’ stata depositata proposta ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell'adunanza in camera di consiglio.

Considerato che

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1. Con l'unico motivo il ricorrente deduce, ex art. 360, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione nonché l'errata interpretazione della l. n. 335 del 1995 art. 3, comma 6, nella parte in cui la sentenza impugnata ha affermato che il comportamento dell'interessato - che non ha richiesto al coniuge l'integrazione dell'assegno di mantenimento non poteva che essere

interpretato come riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica o comunque come ammissione di insussistenza delle condizioni di cui alla l. n. 335 del 1995, cit. art. 3, comma 6;

2. Il motivo è fondato nei termini che seguono, per le medesime ragioni evidenziate con l'ordinanza Cass. Sez. Sez. 6-L, 09/07/2020, n. 14513, nonché, più di recente, con la sentenza Cass. Sez. L, 15/09/2021, n. 24954, pronunciate in fattispecie analoghe a quella oggetto di causa, ed alla cui motivazione si rinvia ex art. 118 disp. att. cod. proc. civ.;

3. In particolare, come già osservato da Cass. Sez. 6-L, n. 14513 del 2020, cit., «La sentenza impugnata deve allora ritenersi erronea anzitutto laddove, in carenza di qualsiasi previsione di legge, ha ritenuto che la semplice mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno ("ammissione di insussistenza delle condizioni di cui al citato articolo 3 comma 6 legge 335/1995") dando luogo al riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica. (...) Così opinando, la Corte territoriale ha in realtà introdotto nell'ordinamento l'ulteriore requisito (rilevante in generale, a livello

dell'astratta disciplina legale, quale conditio iuris,) dell'obbligo del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato; con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all'assegno sociale, in caso di inottemperanza; pur nella accertata sussistenza dei

requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge. Ma senza che la stessa disciplina contenga alcuna indicazione in tale direzione: dal momento che essa non prevede che la

richiesta di assegno di mantenimento al coniuge separato possa rilevare né ai fini dell'accesso al diritto, né ai fini della misura dell'assegno sociale. (...) In definitiva la stessa Corte d'appello, invece di dare rilievo allo stato di bisogno effettivo da accertarsi sulla base delle norme di legge (ovvero attraverso la verifica tra la dichiarazione presentata all'atto della domanda e la

dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti presentata l'anno successivo), ha attribuito rilevanza ad un reddito presunto di cui nella legge non vi è traccia. Dato che, come risulta dalla menzionata disciplina, la legge prevede, al contrario, come unico requisito, uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo per concedere ma anche per mantenere la tutela di base assistenziale per gli anziani nel nostro Paese.».

Come ulteriormente chiarito da Cass. Sez. L, n. 24954 del 2021, cit., «Non vi è, insomma, né nella lettera né nella ratio dell'art. 3, comma 6, l. n. 335/1995, alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole:

al contrario, la condizione legittimante per l'accesso alla prestazione assistenziale rileva nella

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sua mera oggettività. La previsione secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all'assegno

«è costituito dall'ammontare dei redditi [...] conseguibili nell'anno solare di riferimento»

dev'essere infatti interpretata in stretta connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui, come appena ricordato, l'assegno «è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato [... ] sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti»: vale a dire che all'assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell'assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti "effettivamente percepito"», aggiungendosi, assai incisivamente, che «tale conclusione s'impone in ragione del fatto che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l'intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi: basti ricordare che l'art. 3, comma 2°, Cost. prefigura un generale impegno a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana; che l'art. 38 enuncia il diritto di ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere al mantenimento e all'assistenza sociale; che l'art. 32, nell'attribuire il diritto alla salute ad ogni individuo, assicura cure gratuite agli indigenti; che l'art. 34 prevede che il diritto allo studio debba essere assicurato in modo che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi,

possano raggiungere i più alti gradi dell'istruzione; che gli artt. 31 e 37 delineano forme ampie e generalizzate di protezione per la maternità, l'infanzia e la gioventù, di aiuto e sostegno alla famiglia, nell'adempimento dei suoi compiti, e di tutela e garanzia per la madre lavoratrice e l'adolescente lavoratore. Ciò va quanto dire che il rapporto tra prestazioni pubbliche di

assistenza e obbligazioni familiari a contenuto latamente alimentare va costruito sempre in relazione alla speciale disciplina che istituisce e regola la prestazione che si considera, alla quale sola bisogna riferirsi per comprendere in che modo sulla sua corresponsione possa incidere la sussistenza di eventuali obbligati al mantenimento e/o agli alimenti: opinare il contrario equivarrebbe appunto a supporre che l'obbligo dello Stato di provvedere ai bisognosi sussiste solo in via sussidiaria, ciò che, escludendo in radice ogni possibilità di libera scelta tra le due forme di protezione, finirebbe per lasciare tali soggetti alla mercé delle vischiosità dei rapporti familiari, impedendo alla collettività di garantirne la personalità, l'autonomia e la stessa

dignità, in spregio alla lettera e all'intonazione dei principi costituzionali dianzi ricordati.»;

4. Pertanto, erroneamente la sentenza impugnata ha rigettato la domanda sul rilievo che

l'accettazione, in sede di separazione consensuale, di un assegno di mantenimento non adeguato potesse equivalere ad ammissione dell'insussistenza dello stato di bisogno o comunque valesse ad escludere la configurabilità del predetto requisito;

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5. Pertanto, non essendosi la Corte territoriale uniformata all'anzidetto principio di diritto, la sentenza impugnata va cassata, e la causa rinviata alla Corte d'appello di Campobasso, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d'appello di Campobasso, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

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