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UNIVERSITA DEGLI STUDI DI GENOVA

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Academic year: 2022

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA

S

CUOLA DI

S

CIENZE

M

EDICHE E

F

ARMACEUTICHE

Corso di Laurea Specialistica in Medicina e Chirurgia

Tesi di Laurea

“Ageing” e sclerosi multipla: studio del fenotipo clinico,

dell’immunosenescenza e dei correlati MRI.

Candidato: Riccardo Sala Relatrice: Chiar.ma Prof.ssa Alice Laroni,

Correlatrice: Chiar.ma Prof.ssa Matilde Inglese

Anno accademico 2021-2022

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INTRODUZIONE

Negli ultimi anni, l'età media di prevalenza della sclerosi multipla (SM) è aumentata.

Di conseguenza, aumenta il numero di persone anziane affette da SM, con caratteristiche di malattia eterogenee per quanto riguarda l'età di insorgenza, l'attività della malattia e la disabilità.

La Liguria è la regione italiana con la maggiore età media in Italia e questo permette di studiare come l’invecchiamento influisce sulle patologie croniche.

L’ obiettivo principale di questo studio è caratterizzare la SM nel soggetto anziano. Dopo un’introduzione generale sulla patologia, sulla patologia stessa nell’anziano e del ruolo dell’immunosenescenza nelle patologie degenerative ed in particolare nella sclerosi multipla (capitolo 1), dal capitolo 2 si inizia a parlare della ricerca oggetto della tesi.

Nei capitoli successivi si va a caratterizzare da un punto di vista

clinico, immunologico e radiologico una coorte di pazienti liguri

over 60 affetta da Sm.

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Sommario

1 Introduzione ... 4

1.1 La sclerosi multipla (SM) ... 4

Generalità̀ ed eziopatogenesi ... 4

Varianti cliniche e loro decorso ... 6

Sintomatologia ... 10

Diagnosi ... 12

Diagnosi differenziale ... 14

Possibili approcci terapeutici ... 16

SM nell’anziano ... 19

1.2 L’IMMUNOSENESCENZA ... 21

Immunosenescenza e INFLAMMAGING ... 21

Immunosenescenza nelle patologie degenerative ... 27

Immunosenescenza e SM ... 30

2 Obiettivo dello studio ... 38

3 Materiali e metodi ... 38

4 Risultati ... 40

4.1 Studio clinico ... 40

Caratteristiche demo/anagrafiche ... 40

Caratteristiche d’esordio della patologia ... 41

Situazione attuale, comorbilità e terapie in atto ... 46

Caratteristiche obiettivabili totale soggetti ... 57

4.2 Studio immunologico ... 59

4.3 Studio di RM ... 61

5 Discussione ... 64

6 Conclusione ... 68

Bibliografia ... 69

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1 Introduzione

1.1 La sclerosi multipla (SM)

Generalità̀ ed eziopatogenesi

La sclerosi multipla è una patologia infiammatoria, demielinizzante, cronica, degenerativa del SNC. La Sm (sclerosi multipla) è la malattia demielinizzante più comune, avendo una prevalenza di circa 1 su mille individui nella maggior parte degli stati europei. La malattia si manifesta clinicamente ad ogni età, sebbene venga considerata una patologia per lo più del giovane adulto, e le donne sono colpite in media il doppio rispetto agli uomini.

Come spesso succede anche in altre patologie autoimmuni , la patogenesi della malattia coinvolge sia fattori genetici che ambientali,1non sappiamo ancora con sicurezza quale sia il meccanismo patogenetico cardine dello sviluppo della malattia.

Sicuramente è fondamentale un background genetico dimostrato dal fatto che l’incidenza della malattia in soggetti aventi un parente di primo grado affetto è 15 volte maggiore rispetto alla media , e 150 volte maggiore nei gemelli omozigoti di parenti affetti, nonostante questa rilevanza però si è riusciti a spiegare solo una parte della base genetica della malattia.2

Il fattore di rischio genetico più rilevante è associato all’aplotipo esteso dr2 del complesso maggiore di istocompabilità, un’eterozigosi per HLA-DRB1*1501 comporta un rischio 3 volte maggiore di sviluppare SM, in omozigosi 6 volte maggiore.3

Lo studio del genoma umano ha portato inoltre all’identificazione di più di 150 polimorfismi di singoli nucleotidi associati alla SM anche se con evidenza minore;

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mentre invece per quanto riguarda i fattori ambientali più importanti si considerano soprattutto l’infezione da Ebv (probabilmente per una condizione di mimetismo molecolare ma ci sono numerosi studi anche a riguardo), il fumo, i raggi solari e livelli di vitamina d bassi.

Probabile è anche un ruolo del microbiota intestinale in quanto è stato osservato che le persone con SM mostrano una riduzione numerica del microbiota intestinale rispetto ai soggetti sani .4Questa patologia è caratterizzata da una sofferenza multifocale della sostanza bianca del SNC che si esprime nella formazione di lesioni, ben visibili allo studio macroscopico dell’encefalo, nelle quali avviene una distruzione della guaina mielinica che riveste gli assoni e una perdita degli oligodendrociti (cellule responsabili della mielinizzazione del SNC). Tali lesioni sono perciò̀ chiamate placche di demielinizzazione. Queste placche si localizzano comunemente in prossimità dei ventricoli laterali, nervi ottici e in sede chiasmatica, a livello del cervelletto, del midollo e del tronco encefalico. Microscopicamente a livello della placca attiva c’è una progressiva distruzione mielinica associata alla presenza di abbondanti macrofagi ricchi di residui necrotici lipidici pas positivi. Sono anche presenti linfociti e monociti che si dispongono sotto forma di manicotti perivascolari. Con il passare del tempo le lesioni diventano quiescenti e le cellule infiammatorie scompaiono, all’interno di una placca inattiva la mielina è scarsa o assente e il numero degli oligodendrociti ridotto, mentre sono evidenti la proliferazione astrocitaria e la gliosi.5

Figura 1 – patogenesi della SM

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A livello fisiopatologico in periferia si creano dei linfociti autoreattivi, che proprio grazie a questa attivazione riescono ad attraversare la BEE; queste esprimono molecole di adesione e inducono un’alterazione negli endoteli, permettendo l'accesso, attraverso la barriera emato-encefalica, nel sistema nervoso centrale. Lì, le cellule T attivate incontrano nuovamente l'antigene e attivano la microglia (i macrofagi del SNC);

questi, a loro volta, esprimono molecole di classe II, ripresentano l'antigene alle cellule T e creano un loop proinfiammatorio, che fornisce un infiltrato ricco di cellule T attivate e microglia con alcuni neutrofili ; questa infiammazione florida porta a demielinizzazione che si può̀ associare (in caso di risposta infiammatoria particolarmente intensa) a transezione dell’assone , con secondaria neurodegenerazione. Questo è un meccanismo di degenerazione acuta, ma se la risposta demielinizzante è limitata alla distruzione della mielina con conservazione dell’assone, questo diventa comunque molto vulnerabile perché́ privato del proprio rivestimento: con il passare del tempo si avrà̀ quindi un fenomeno di degenerazione cronica. 6Un altro aspetto molto importante e caratteristico della sclerosi multipla , che la distingue da tante altre malattie neurologiche, è che oltre il danno tipico ( o hallmark della malattia) che si può̀ osservare nel cervello post-mortem o in RM , vale a dire le lesioni demielinizzanti sparse in tutto il cervello, esiste anche un danno microscopico, infatti sappiamo ora che gli stessi processi patologici che troviamo all’interno della lesione sono presenti, seppur in minor entità, anche a livello microscopico nella sostanza bianca apparentemente normale, il cui danno microscopico però è comunque rilevante nel determinare i vari deficit. Ancora più̀ moderna è la scoperta dei processi patologici della sclerosi multipla anche nella sostanza grigia (dove è prevalentemente localizzato il soma dei neuroni, ma che contiene anche una minima parte di sostanza bianca costituita dal tratto dell’assone che emerge dai corpi cellulari e dai dendriti) per un meccanismo di degenerazione retrograda. 7 Anche in questo caso posso avere danno nella sostanza grigia apparentemente normale.8

Varianti cliniche e loro decorso

Dal punto di vista del decorso possiamo distinguere 3 pattern differenti, (la forma progressive- relapsing non è più considerata tra le forme cliniche principali), anche se basarsi unicamente su questi fenotipi sarebbe troppo riduttivo, nel 2013 infatti è uscita

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una revisione dei criteri di classificazione che è più utile nel valutare al meglio il fenotipo poiché prende in considerazione anche lo stato di attività della malattia.

Infatti, i fenotipi della SM possono essere classificati come recidivanti o progressivi nel contesto dello stato medico attuale e dell'anamnesi, ma queste categorie non forniscono informazioni temporali sul processo di malattia in corso. Si ritiene infatti che l'attività di malattia rilevata dalle ricadute cliniche o dalla diagnostica per immagini (lesioni che si arricchiscono di gadolinio o lesioni T2 nuove o che si ingrandiscono in modo inequivocabile) e la progressione della disabilità possano essere descrittori aggiuntivi significativi della malattia recidivante o progressiva.

L'evidenza dell'attività della malattia e della progressione clinica, che secondo le attuali conoscenze riflette processi infiammatori o neurodegenerativi in corso, può avere un impatto sulla prognosi, sulle decisioni terapeutiche e sui disegni e i risultati degli studi clinici.9

In ogni caso per quanto riguarda i fenotipi clinici classici ritroviamo:

• RELAPSING - REMITTING (RR)

Costituisce l’80-85% dei casi all’esordio, è caratterizzata dalle classiche ricadute che portano ad una manifestazione clinica temporanea indice di una lesione focale del snc da cui il paziente però può recuperare totalmente o parzialmente in dipendenza dalla gravità dell’attacco e dalle capacità individuali di recupero. Dopo 10-20 anni può evolvere verso una forma secondariamente progressiva.

• SECONDARY - PROGRESSIVE (SP)

Una condizione in cui l’infiammazione è sempre più rara, non sono più presenti vere e proprie ricadute ma il paziente continua ad accumulare disabilità. In questa fase si fa molto più difficile impostare una terapia efficace.

• PRIMARY – PROGRESSIVE (PP)

La progressione della malattia, caratterizzata da un graduale e pressoché́ continuo peggioramento, si manifesta fin dall’esordio con sporadici momenti di stabilità e temporanei miglioramenti di scarso rilievo. Sono assenti in questo caso le ricadute. 10 Attualmente si considera un’entità clinica distinta, ma probabilmente non ha

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caratteristiche fisiopatologiche differenti dalle forme recidivanti di SM che sono entrate in un decorso progressivo.11

Figura 2 – tipologie di decorso

• SINDROME CLINICAMENTE ISOLATA (CIS)

La sindrome clinicamente isolata (CIS) non era inclusa nei descrittori clinici iniziali della SM.

La CIS è ora riconosciuta come la prima presentazione clinica di una malattia che mostra caratteristiche di demielinizzazione infiammatoria che potrebbero essere SM,

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ma che non soddisfa ancora i criteri di diffusione nel tempo, è il primo episodio neurologico (sintomo o segno) che per essere considerato tale deve durare almeno 24 ore e deve essere compatibile con ciò̀ che sappiamo della malattia. La CIS è quindi il primo sintomo di una malattia demielinizzante che può̀ evolvere o meno in una sclerosi multipla conclamata. Il sintomo neurologico può essere molto variabile: potrebbe essere un solo segno (monofocale) come una neurite retrobulbare (perdita della vista da un occhio), oppure potrebbero esserci più segni (multifocale), e lesione del tronco dell’encefalo (es. diplopia) o lesione del midollo spinale (mielite). Non può essere considerata Sclerosi multipla poiché necessita ancora di soddisfare il criterio di disseminazione nel tempo e nello spazio. 12

• SINDROME RADIOLOGICAMENTE ISOLATA (RIS)

La RIS non è stata considerata un sottotipo di SM di per sé, poiché manca l'evidenza clinica di malattia demielinizzante (un criterio attuale per la diagnosi di SM) e i reperti di risonanza magnetica da soli possono essere aspecifici. Tuttavia, la RIS può sollevare il sospetto di SM, a seconda della morfologia e della localizzazione delle lesioni RM rilevate. Riguarda soggetti asintomatici con riscontro, perlopiù̀ occasionale, di lesioni alla RM altamente suggestive per malattia demielinizzante del SNC.

Fattori prognostici

Abbiamo inoltre alcuni fattori che possono andare ad associarsi ad una prognosi peggiore, essi sono:

- Sesso maschile: gli uomini sono colpiti meno frequentemente delle donne ma in maniera più grave.

- Età all’esordio: un soggetto giovane ha maggiore capacità riparativa rispetto a soggetti oltre i 40-50 anni.

- Decorso progressivo

- Alta frequenza di ricadute (più di 5 nei primi 5 anni)

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- Breve intervallo fra ricadute;

- Interessamento del sistema piramidale motorio o del cervelletto

- Recupero incompleto dopo le ricadute

- Moderata disabilità dopo 3-5 anni

- Importante carico lesionale alla RM (4 o più lesioni)

- Esame del liquor alterato 13

Sintomatologia 14

La sclerosi multipla è una patologia estremamente eterogena e a livello sintomatico si può presentare in diversi modi a seconda di dove si localizzi la lesione. Per quanto riguarda i sintomi d’esordio quelli che si manifestano più frequentemente sono:

1. deficit sensitivo (45%) con ipo o parestesie.

2. deficit motori (40%) con ipostenia in uno o più arti.

3. Disfunzioni tronco encefalo (25%) con disartria, disfagia, vertigini, diplopia;

all’e.o possiamo ritrovare segni semeiologici particolari come nistagmo o l’oftalmoplegia internucleare dovuta a lesioni del fascicolo longitudinale mediale che determinano nello sguardo di lateralità la paralisi in adduzione dell’occhio controlaterale e nistagmo in abduzione dell’omolaterale.

4. Alterazioni visive (20%) con la presenza di neurite ottica caratterizzata da scotoma centrale con offuscamento del visus e dolore nei movimenti oculari.

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5. Cervelletto (15%) con atassia, disartria cerebellare, dismetria, tremore intenzionale.

6. Sintomi midollari (10%) con coinvolgimento delle vie sia sensitive che motorie.

7. Coinvolgimento sfinteri o sintomi cognitivi e affettivi: infrequenti all’esordio ma insorgono più comunemente in fasi avanzate di malattia.

Nel decorso di malattia invece vengono colpiti la maggior parte dei sistemi funzionali neurologici, le alterazioni più frequenti sono quelle di tipo motorio (90%), sensitivo (75%) e cerebellare (70%) seguite da alterazioni del tronco encefalo, sfinteriche, psichiche e visive.

Altri disturbi che si manifestano con una certa frequenza sono: Astenia, dolore e nevralgia del trigemino, fenomeno di lhermitte ( sensazione a tipo scossa elettrica che si irradia lungo la colonna vertebrale),disturbi cognitivi , disturbi affettivi(depressione), neurite ottica retrobulbare, e disturbi sfinterici come vescica spastica etc15 . La scala comprensiva che fornisce una valutazione più accurata dell’impairment e della disabilita è la scala Edss che valuta gli 8 sistemi funzionali (piramidale, cerebellare, tronco encefalico ,sensitivo, sfinterico ,visivo , cerebrale, altri) e il punteggio totale varia dapprima in base ai sintomi e i segni neurologici e successivamente per punteggi più elevati ( >6) anche in base alla deambulazione e al grado di dipendenza del paziente nelle attività quotidiane16

Figura 3 – scala EDSS

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Diagnosi

La diagnosi di sclerosi multipla è basata sulla disseminazione nello spazio e nel tempo delle lesioni. Per fare ciò ci basiamo sia su criteri clinici che paraclinici (Rm e liquor).

Infatti, per quanto riguarda la disseminazione spaziale essa la possiamo rilevare attraverso la ricerca di lesioni caratteristiche in Rm, mentre invece per quanto riguarda la disseminazione temporale ci possiamo avvalere sia dell’utilizzo della Rm dimostrando la coesistenza di lesioni “spente” insieme a lesioni attive, oppure tramite il ritrovamento di bande oligoclonali all’esame del liquor. Nella SM c’è la produzione, a livello del SNC, di Ig oligoclonali. Quindi, quando si ritrovano bande oligoclonali a livello del liquor, possiamo fare una diagnosi di sclerosi multipla non solo più certa, ma anche più precoce.

Tra i test più importanti per la diagnosi di Sm ritroviamo infatti l’esecuzione dell’indice di link e la ricerca delle bande oligoclonali all’immunoblot.

L’indice di Link è un indice di sintesi intratecale di Ig. Si fa un dosaggio di Ig e albumina nel liquor e nel siero, poi si applicano formule matematiche per dimostrare se c’è indice di alterata funzionalità di barriera (Qalb e altri che coinvolgono anche il dosaggio di Ig) e si valuta la sintesi intratecale. Il metodo utilizzato per queste analisi è la nefelometria.

Si fa un rapporto tra la quantità di Ig e albumina presenti nel liquor e nel siero.

Questo ci permette di identificare se c’è un aumento della quantità di Ig rispetto a quelle presenti nel siero e rispetto all’albumina; quindi, possiamo dire se c’è una sintesi di Ig intratecale. Una volta che abbiamo stabilito la presenza di una sintesi intratecale di Ig bisogna vedere se queste sono poli- o oligo-clonali: per fare questo devo utilizzare l’isoelettrofocusing (seguito da immunoblotting). Quest’ultimo è il test più sensibile per verificare se ci sono delle bande oligoclonali a livello del liquor e del siero.

Possiamo andare a ritrovare 5 profili liquorali standard, ma solamente il tipo 2 si associa in maniera inequivocabile alla SM.

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Figura 4 – profili liquorali standard

Fondamentali al giorno d’oggi per la diagnosi di Sm sono i criteri di mc donald di sotto riportati. Per quanto riguarda la Rm le sequenze per indagare la Sm sono T2 e flair in cui possiamo rilevare la presenza di lesioni iper-intense nella sostanza bianca, ma solo un 10 % di queste appaiono poi scure in T1 (lesioni più gravi). Esistono delle lesioni molto caratteristiche di Sm a livello del corpo calloso, chiamate “dawson fingers” poiché sono lesioni ovalari con asse maggiore perpendicolare all’asse del corpo calloso.

Per quanto riguarda la dimostrazione di lesioni attive invece è fondamentale l’utilizzo di una sequenza T1 pesata con mezzo di contrasto (gadolinio) in quanto le lesioni attive sono ipercaptanti, se prendono contrasto in maniera omogenea allora si considerano come neo-lesioni attive, mentre invece se la presa di contrasto è circonferenziale (a cercine) allora è indicativo di una lesione cronica che si sta riattivando. Per quanto riguarda la dimostrazione delle lesioni della sostanza grigia si utilizza la sequenza DIR (double inversion recovery) in quanto sopprime il segnale della sostanza bianca e del liquor e ci fa vedere meglio il mantello corticale. 18Altre sequenze ci permettono inoltre di studiare l’atrofia cerebrale che in un paziente con Sm può arrivare fino al 1 % annuo.

Un'altra metodica molto recente per poter visualizzare il danno assonale è la spettroscopia protonica, che misura la quantità̀ di alcuni metaboliti all’interno del cervello, fra cui il più importante è l’ N-acetil aspartato (NAA, picco più̀ alto nel grafico): è un aminoacido che nel cervello adulto è localizzato esclusivamente nei

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neuroni e nei loro processi, quindi quando misuriamo una riduzione del NAA ci deve essere necessariamente un danno assonale nel paziente 19

Diagnosi differenziale

La ricerca di una diagnosi alternativa alla SM dovrebbe essere guidata dalla presentazione clinica. La presenza di alcune caratteristiche atipiche può suggerire una diagnosi specifica o la necessità di una valutazione più approfondita, Esistono infatti alcuni Red flags che ci dovrebbero far prendere altro in considerazione.

RED FLAGS20

• sintomi neurologici aspecifici e/o sintomi e risultati dell'esame neurologico non facilmente localizzabili al sistema nervoso centrale

• presentazione iperacuta (deficit massimo in minuti o ore)

• sintomi di breve durata (durata da minuti a ore)

• grave neurite ottica con scarso recupero o simultanea neurite ottica bilaterale

• mielite trasversa completa, lesione longitudinale estesa Le patologie che entrano in diagnosi differenziale più comunemente sono:

• Neuromielite ottica (NMO) o neuromielite ottica spectrum disorder (NMOSD)

La NMO è infatti una malattia anticorpo-mediata, dove gli anticorpi sono diretti contro l’acquaporina 4 (proteina di canale che regola il trasporto dell’acqua all’interno delle cellule.) ,particolarmente concentrata a livello di alcune regioni del cervello, come grigio periacqueduttale, ponte, talami e midollo spinale: quindi si fa diagnosi differenziale con la sclerosi multipla perché̀ le lesioni non sono più̀ così diffuse e multifocali, ma sono localizzate prevalentemente nelle regioni ricche di acquaporina 4; inoltre , nella NMO le lesioni sono simmetriche (cosa che non accade nella SM).Altra caratteristica che ci aiuta nella diagnosi differenziale sono le lesioni a livello del midollo spinale: la lesione da SM è periferica e non si estende per più̀ di due corpi

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vertebrali, mentre nella NMO la lesione è estesa e tende ad occupare l’intera sezione trasversa del midollo spinale

• adrenoleucodistrofie

• Sindrome di Clippers

• sindrome di Susac

• PML (leucoencefalopatia multifocale progressiva)

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CRITERI DI MC DONALD 201721

Figura 5 – criteri di Mc Donald modificati Possibili approcci terapeutici

La terapia della SM si basa sull’ utilizzo di terapie volte ad alleviare i sintomi, a terapie per le riacutizzazioni, ed a terapie modificanti il decorso della malattia stessa

Terapia sintomatica:

• per le ricadute si usa il bolo steroideo (metilprednisolone 1 g x 3-5 giorni a seconda della gravità della ricaduta), raramente la plasmaferesi;

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• per la spasiticità si usa baclofene o botulino a seconda della localizzazione della spasticità̀

• per la terapia del dolore si usano carbamazepina, amitriptilina, gabapentina e pregabalin;

per i disturbi della minzione, nelle alterazioni del riempimento vescicale si usa oxibutina e imipramina; nelle alterazioni dello svuotamento vescicale (ritenzione idrica) si usa alfuzosina e terazosina, oppure il cateterismo intermittente (quando diventa più grave).

Disturbi sessuali: sildenafil e similari.

Terapia della fatica centrale: non determinata da attività̀ fisica o intellettuale, anche se è difficile da contrastare, si cerca di attenuarla con amantadina, modafenil e biotina.

Sta diventando sempre più̀ importante, anche per il miglioramento dei protocolli terapeutici, la riabilitazione sia fisica che cognitiva, che non va limitata solamente alle fasi progressive della terapia quando la terapia farmacologica è meno efficace, ma va iniziata nelle fasi attive e personalizzata in base al deficit del paziente. 22Esiste anche una terapia per il deficit della marcia in pazienti con una sclerosi multipla in fase avanzata, essa si basa sull’utilizzo di dalfampridina, un bloccante dei canali del potassio che si è dimostrato efficace per ridurre la sintomatologia.23

Terapie modificanti il decorso per la SMRR

In Italia sono terapie prescrivibili e a carico del SSN; quest’ultimo attraverso AIFA ha stabilito dei criteri prescrittivi che suddividono i farmaci in terapia di prima, seconda e terza linea. Le DMT (disease-modifying therapies) modificano il corso della SM attraverso la soppressione o la modulazione della funzione immunitaria. Esercitano un'attività antinfiammatoria principalmente nella fase recidivante della SM; riducono il tasso di ricadute, riducono l'accumulo di lesioni MRI e stabilizzano, ritardano e in alcuni casi migliorano modestamente la disabilità.24 Nelle forme progressive invece l’uso della terapia modificante il decorso risulta molto meno efficace.

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PRIMA LINEA : 25

• Interferone beta -1a e -1b: hanno effetto immunomodulante e riducono permeabilità della barriera emato-encefalica. Gli effetti avversi più frequenti sono reazioni cutanee e sintomi pseudo influenzali. Il beta -1a è stato collegato ad un polietilene glicole per andare a formare il peginterferone, il quale possiede un’emivita più lunga ed una frequenza di somministrazione minore.

• Glatiramer acetato: agisce da falso bersaglio per il sistema immunitario in quanto va a mimare la struttura della proteina basica della mielina.

• Dimetilfumarato: Farmaco nato per la psoriasi, ha una plurima azione avendo sia un’azione di immunomodulazione, antinfiammatoria e neuroprotettiva.

• Teriflunomide: Terapia orale che riduce la proliferazione delle cellule immunitarie in divisione

SECONDA LINEA:

• Cladribina: Struttura simile a quella di una purina, si inserisce all’interno dei linfociti B e T dove interferisce con la sintesi di DNA

• Fingolimod: Terapia orale, è un modulatore dei recettori della sfingosina ed agisce andando a sequestrare i linfociti all’interno dei linfonodi impedendo di andare nel SNC.

• Natalizumab: Anticorpo monoclonale diretto contro l’integrina a4b1, non permette quindi l’ingresso di cellule immunitarie attraverso la BEE, è obbligatorio però dosare gli anticorpi antivirus jc per il rischio di LMP (leucoencefalopatia multifocale progressiva)

• Ocrelizumab: infusione endovena ogni 6 mesi, è un anticorpo monoclonale anti CD20 dei linfociti B

• Ofatumumab: anch’esso anticorpo monoclonale anti CD20

• Alemtuzumab: anticorpo monoclonale anti CD52, riduce selettivamente linfociti B e T, poco utilizzato per i frequenti effetti avversi

TERZA LINEA

• trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe : 26il trapianto autologo si associa ad una immunosoppressione marcata , indotta con protocollo di condizionamento non solo linfoablativo, ma anche mieloablativo.

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Le cellule, quindi, sono mobilizzate dal midollo osseo per leucoaferesi, vengono conservate e reinfuse (previa amplificazione) al paziente dopo che questo ha subito una immunosoppressione marcata. Le cellule autoreattive responsabili del processo autoimmune della malattia sono eliminate con l’immunosoppressione, mentre le nuove cellule prodotte dalla timopoiesi sono prevalentemente T regolatorie, meno autoreattive e non pro-infiammatorie.

Per la forma progressiva invece abbiamo molti meno farmaci che possiamo utilizzare, per la forma secondariamente progressiva infatti abbiamo il Siponimod, un modulatore selettivo della S1P(sfingosina 1 phosphate), 27oppure possiamo usare l’ocrelizumab ,la cladribina e il diroximel fumarato (negli Stati Uniti) .Per la forma primariamente progressiva invece l’unico farmaco approvato è l’ocrelizumab28.

SM nell’anziano

La prevalenza della sclerosi multipla nel soggetto anziano sta aumentando nel corso degli anni a causa dell'aumento della longevità della popolazione generale e dovuto anche all'effetto delle nuove terapie modificanti il decorso che migliorano la sopravvivenza dei soggetti con Sm. L'insorgenza della patologia è più frequente nelle età giovanili, nonostante ciò è possibile un esordio della malattia anche in età avanzate, si definisce come LOMS( late onset multiple sclerosis) un'insorgenza della patologia sopra i cinquant'anni, si definisce invece VLOMS ( very late onset multiple sclerosis) un'insorgenza della patologia sopra i sessant'anni.29 La sclerosi multipla nell'anziano è una sfida molto importante poiché gravata da numerose comorbilità che accrescono il rischio di andare incontro a disabilità, inoltre ciò che cambia rispetto alla sclerosi multipla del soggetto giovane è il fenotipo prevalente, infatti nell'anziano è più tipica la forma secondariamente progressiva,(ePMS) quindi una forma in cui le nostre terapie non riescono ad andare ad agire in maniera efficace e anche conseguentemente a questo avremo un aumento del carico di disabilità. Ci sono infatti molte controversie sull'utilizzo di farmaci modificanti la terapia in soggetti sopra i sessant'anni, mancano

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dati provenienti da studi osservazionali a sostegno della continuazione o della sospensione. In generale la frequenza di ricadute diminuisce sostanzialmente con l'età, con il risultato che le recidive sono molto rare tra i pazienti con sm di età compresa tra i 50 e 60 anni, alcuni esperti sostengono quindi di prendere in considerazione l'interruzione della terapia i soggetti con profili di sicurezza sfavorevole. Uno studio di metanalisi ha determinato che l'efficacia della terapia di modifica di malattia ha mostrato una forte associazione inversa con l'aumento dell'età. È importante però considerare anche il fatto che una grande percentuale di pazienti anziani con sclerosi multipla presenta ancora una sorta di decorso recidivante remittente (eRMS) che è altamente suscettibile di trattamento. Tuttavia anche trattamenti che sono altamente efficaci contro la forma recidivante remittente come ad esempio il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche sembra essere più efficace nei soggetti giovani rispetto che hai pazienti anziani.30

Uno dei motivi principali di questa insidiosità di malattia è l’immunosenescenza, cioè un'alterazione del sistema immunitario sia innato che adattivo che porta quindi gli individui anziani ad avere una ridotta capacità di montare una risposta immunitaria.

Rispetto alla popolazione generale è aumentato anche il rischio di patologie cardiovascolari, quali ipertensione arteriosa, e di stroke ischemico; i pazienti che hanno patologia cardiovascolare hanno anche un aumentato rischio di morte per queste cause rispetto alla popolazione generale.31 Oltre a patologie cardiovascolari è stato documentato anche un aumento della prevalenza di diabete mellito, malattie polmonari croniche e altre patologie autoimmuni, soprattutto tiroidite autoimmune. Oltre a ciò abbiamo anche un aumento di disordini neurologici, quali epilessia, e psichiatrici, quali ansia e soprattutto depressione.32Sono inoltre molto frequenti sintomi quali spasticità e dolore collegato ad essa, disfunzione vescicale e deterioramento cognitivo.33Spesso è difficile però capire se questi deficit siano dovuti alla SM o ad una patologia cerebro- vascolare, possiamo quindi utilizzare tecniche di risonanza magnetica per caratterizzare al meglio le lesioni.

In particolare, la presenza di una vena situata al centro delle lesioni della SM (il cosiddetto “Central Vein Sign” (CVS), può essere molto utile per distinguere le lesioni della sostanza bianca correlate alla SM da quelle legate all’invecchiamento (cioè di natura vascolare). Inoltre, è stato dimostrato che nei pazienti con SM di età avanzata vi è una minore probabilità di riscontrare la presenza di lesioni attive e una maggiore

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possibilità di rilevare placche “croniche attive” o “smoldering” il cui segno distintivo alla RM è rappresentato dalla presenza di un “iron rim” sul bordo della lesione, il quale si ritiene rifletta l’attività infiammatoria compartimentalizzata di origine microgliale responsabile del lento e progressivo incremento volumetrico delle lesioni della sostanza bianca.34

1.2 L’IMMUNOSENESCENZA

Immunosenescenza e INFLAMMAGING

L’invecchiamento è caratterizzato, tra le altre cose , da un complesso processo di senescenza cellulare che coinvolge sia l’immunità innata che quella adattiva, chiamata immunosenescenza, associata ad un’infiammazione cronica di basso grado chiamata Inflammaging35. Il concetto di inflammaging è stato introdotto nel 2000 dal professor Franceschi, ed è una concettualizzazione dei cambiamenti immunitari che avvengono nell’età adulta. Questa concettualizzazione ha permesso di considerare questo processo proinfiammatorio come un adattamento che potrebbe eventualmente portare a conseguenze benefiche o dannose. Questa dicotomia è influenzata sia dalla genetica che dall'ambiente. A seconda di quale strada prevale in un individuo, il risultato può essere una longevità sana o un invecchiamento patologico gravato da malattie legate all'invecchiamento.36 IL concetto di inflammaging viene utilizzato quindi per riferirsi ad un progressivo aumento del livello ematico di citochine infiammatorie e proteine accompagnato da una perdita di immunità protettiva nell'invecchiamento.

L'”infiammazione benefica” che agisce per eliminare gli agenti patogeni dannosi all'inizio della vita diventa dannosa in età avanzata. L'inflammaging è caratterizzato

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da un graduale aumento dei mediatori proinfiammatori, tra cui il fattore di necrosi tumorale alfa (TNF-α), l'interleuchina-6 (IL-6) e IL-1, che presumibilmente viene prodotta a causa della stimolazione antigenica continua dell’età.37L’immunosenescenza è definita invece come l’invecchiamento fisiologico di tutto il sistema immunitario, anche se il sistema che viene ad essere maggiormente intaccato è quello adattivo35. A livello cellulare, le cellule senescenti, accumulandosi con l'età, vengono arrestate nel loro ciclo, ma sono ancora attive, anche se funzionalmente disregolate e influenzano il loro microambiente secernendo fattori di segnalazione solubili (interleuchine, chemiochine, fattori di crescita) o proteine insolubili/componenti extracellulari. Questi costituiscono il cosiddetto fenotipo secretorio associato alla senescenza (SASP) che esercita un effetto pro-infiammatorio paracrino.35L’infiammazione può essere inoltre accelerata e aggravata da infezioni persistenti (CMV;EBV;HIV) oltre che da una predisposizione genetica38. Questa infiammazione cronica è considerata la base della maggior parte delle “age- related deseases” (ard)39 e l’identificazione dei pathways che controllano l’inflammaging può quindi essere utile per prevenire le ARD.I sistemi che vengono ad essere colpiti sono il sistema adattativo ed innato.

SISTEMA IMMUNITARIO ADATTATIVO

:

Una delle cause più importanti dei cambiamenti legati all'invecchiamento nel sistema immunitario adattativo è l'involuzione timica. Questo processo inizia presto nella vita e si traduce nel restringimento quasi completo del tessuto delle cellule T a favore di un tessuto fibrotico e grasso. L'involuzione timica è considerata la ragione principale dei cambiamenti più importanti osservati fenotipicamente con l'invecchiamento.36

LINFOCITI T35

Con l'invecchiamento, il pool di cellule T Naive si riduce. Sia il timo che il midollo osseo perdono la loro struttura epiteliale/stromale che viene sostituita dagli adipociti, con conseguente riduzione nella proliferazione delle HSC. Inoltre, si osserva uno spostamento generale degli HSC dalla linea linfoide a quella mieloide. L'out put timico di cellule T, che si indaga misurando il T cells receptor (TCR) e il T receptor excission circle (TRECs), è diminuito con l'età. I TRECs sono sottoprodotti stabili del DNA extracromosomico derivanti da riarrangiamenti timici del TCR. I TRECs non si replicano e quindi sono “diluiti” con la divisione cellulare .La proliferazione

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omeostatica, guidata dalle cellule dendritiche e dai linfociti B dopo l'esposizione a IL7 e IL15, si verifica inizialmente per compensare il ridotto output periferico delle cellule T naive, ma provoca l'espansione clonale delle cellule T di memoria e ad un repertorio di TCR depleto .La proporzione di cellule T helper (Th) diminuisce a causa della presentazione difettosa dell'antigene e di una risposta TCR alterata. L'espressione ridotta del CD40 ligando (CD40L) sulle cellule T CD4+ compromette il loro legame con le cellule B e quindi la loro capacità di funzionare come cellule helper T. Con l'invecchiamento, si osserva uno spostamento da cellule Th1 a cellule Th2, dovuto alla diminuzione della produzione di IL2, anche se questo è contestato, mentre la percentuale di cellule Th17 è aumentata in soggetti di età superiore ai 65 anni rispetto a soggetti più giovani. Inoltre, i linfociti T della memoria sono resistenti all'apoptosi.

Complessivamente, durante la senescenza, il numero di cellule T CD4+ diminuisce e aumentano invece le CD8+ portando ad un inversione del rapporto CD4+/CD8+

(<1).40 Le cellule T antigen experienced proliferano e si differenziano in cellule della memoria differenziate con telomeri accorciati che alla fine perdono l'espressione di CD28, un segnale costimulatorio coinvolto nell'attivazione e nella sopravvivenza delle cellule T . Questa perdita, osservata principalmente nelle cellule T CD8+ della memoria, è stata collegata all'invecchiamento e all'immunosenescenza, ed è parzialmente aumentata dalla stimolazione antigenica cronica, in particolare dal CMV, di dieci volte per i CD4+ e 2 volte per le cellule T CD8+. Queste cellule CD28- esprimono il recettore tipico delle cellule NK, l’ NKG2D che fornisce un segnale di attivazione indipendente dall'antigene41 (insieme alla molecola NK DAP12), bypassando il segnale costimulatorio mancante di CD28 e aumentando la loro autoreattività. Inoltre, queste cellule esprimono le citochine [interferone (IFN)g, TNFa] e le molecole citotossiche (granzyme A/B, perforina), e sono resistenti all'apoptosi (diminuendo l’espressione b cell linfoma 2 (BCL2) e della proteina (FLIP) associata alla morte cellulare). Infine, esprimono i recettori delle chemochine [ad esempio, C-X3-C Motif Chemokine Receptor 1 (CX3CR1)], che potrebbero favorire la loro migrazione ai siti di infiammazione. In sintesi, l'immunosenescenza nelle cellule T è caratterizzata da un pool fisiologicamente ridotto di cellule T naive e da un aumento delle cellule T della memoria, in particolare CD8+, che hanno perso CD28 ed esprimono NKG2D, i primi determinano un aumento dell’auto-reattività delle cellule T negli organi linfoidi secondari , i secondi riducono la soglia di attivazione antigene specifica, consentendo quindi un'attivazione indipendente dall'antigene.42

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L'autoreattività delle cellule T senescenti è potenziata dall'espansione clonale delle cellule T di memoria e dal ridotto repertorio di TCR. Questi cambiamenti possono anche in parte spiegare le difese immunitarie ridotte contro i nuovi agenti patogeni osservati durante l'invecchiamento in quanto le cellule senescenti sono considerate funzionalmente insufficienti.

Per quanto riguarda le cellule regolatorie CD4+CD25+FOXP3+ (Treg), principalmente con un fenotipo di memoria effettrice (CD45RO+/CD45RA), aumentano con l'età in numeri relativi e assoluti, così come l'espressione del loro fattore di trascrizione (FOXP3), forse a causa della loro migliore sopravvivenza in periferia, dal momento che riducono l'espressione del fattore pro-apoptotico BCL2 43. Funzionalmente, le Tregs cd4+degli anziani possono sopprimere la proliferazione delle cellule T CD4+ e CD8+ e la produzione di IFNg. Vediamo che i nTreg CD8+FOXP3+ naturali aumentano con l'età, mentre la loro capacità di induzione in periferia è ridotta. Funzionalmente i nTregs CD8+ mantengono la stessa capacità soppressiva indipendentemente dall'invecchiamento.44 È interessante notare che, un sottoinsieme di cellule CD8 + CD28 - FOXP3 + è stato descritto, in concomitanza con l'aumento complessivo delle celle T CD8 + CD28- . Infine, anche i linfociti B regolatori e le cellule soppressorie dei derivati mieoloidi appaiono aumentati con l'età, ma sono stati meno studiati. In sintesi, leTregs partecipano al processo d’

immunosenescenza aumentando il loro numero e la loro attività soppressiva tranne contro le cellule Th17. Ciò è correlato con l'aumento dell'incidenza del cancro, poiché i Tregs sopprimono la risposta antitumorale delle cellule T CD8 +, e con un aumento del rischio di infezione e riattivazione virale, poiché sopprimono la risposta anti- patogena.

LINFOCITI B35

Il numero delle cellule B, i fenotipi e le funzioni cambiano con l'età.45

Il ridotto output della cellula B è attribuito ai cambiamenti globali nell'ematopoiesi, come descritto sopra. Inoltre, i livelli del fattore di sopravvivenza delle cellule B periferiche, come il fattore di attivazione delle cellule B (BAFF) e il ligando che induce la proliferazione A (APRIL) sono ridotti negli anziani. Inoltre, la produzione di IL-7

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derivata dalle cellule stromali è ridotta, mentre l'aumento dei livelli di citochine pro- infiammatorie [TNFa, IL1b, e il fattore di crescita trasformante (TGF)b] trattengono le cellule progenitrici B nelle nicchie ricche di IL7, quindi compromettendo la linfopoiesi e riducendo le cellule pro B immunoglobuline (Ig) catena pesante V-DJ riarrangiate e quindi il repertorio del recettore pre-B (BCR) Di conseguenza, i numeri assoluti e relativi delle cellule CD19+ B periferiche sono ridotti, mentre le proporzioni dei sottoinsiemi B rimangono stabili con l'età .Le cellule della memoria B IgM unswitched e switched rimangono generalmente stabili ,

Il sottoinsieme di cellule CD24H CD38H B invece diminuisce con l'età, così come la sua produzione di IL10 .46La risposta immunitaria umorale è alterata durante la senescenza, gli anticorpi sono ridotti non nella quantità ma nella loro diversità ed affinità e mostrano una cross-reattività agli antigeni self ed estranei. Ciò è dovuto ad una diminuzione dello switch della classe dell'anticorpo e dell’affinità nei linfociti B clonali in espansione, dovuti alla downregulation del fattore di trascrizione E47 e dalla deaminasi indotta dall’attivazione. Ciò altera la capacità di montare una risposta secondaria rapida dell'anticorpo. Inoltre, un progressivo declino del centro germinale durante l'invecchiamento diminuisce l'ipermutazione somatica, nelle cellule Igd CD27+ B e ancora di più nelle cellule B doppie negative 47Inoltre, le cellule B immunosenescenti mancano del supporto delle cellule Th, poiché le cellule Th sono ridotte in numero, esprimono meno CD40L e sono meno esposte alla presentazione di antigene da parte delle cellule che presentano l'antigene (APC), a causa di una ridotta espressione del complesso maggiore di istocompatibilità di classe II (MHC-II) su quest'ultimo.

È interessante notare che le cellule B memoria doppie negative esprimono i recettori delle chemochine, C-X-C Motif Chemokine Receptor 3 (CXCR3), anche se ridotti con l'età, C-C Motif Chemokine Receptor (CCR)6 e CCR7, e sono quindi inclini a migrare verso i siti di infiammazione Inoltre, queste cellule sono pre-attivate e possono produrre citochine pro-infiammatorie, e Granzyme.Infine, le cellule B (ABC) associate all'età CD11b+CD11c+CD21 sono state identificate negli anziani, in risposta alla stimolazione antigenica e collegate all'autoreattività. Questo substrato della memoria funzionalmente esaurito è guidato dal fattore di trascrizione t-box (TBET) ed è attivato sinergicamente sotto stimolazione dai Toll-like receptor 7 e 9 e di BCR ABCs producono le citochine pro-infiammatorie (per esempio, TNFa) che vanno ad inibire la linfopoiesi B e a favorire la polarizzazione Th17. 48 In sintesi, i

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cambiamenti nei fenotipi delle cellule B, insieme con la loro risposta umorale alterata contribuiscono all’immunosenescenza e possono spiegare la risposta ridotta alla vaccinazione e una maggiore suscettibilità alle infezioni, mentre l'espansione clonale di cellule B cross-reattive agli autoantigeni può favorire l'autoimmunità.

IMMUNITA’ INNATA

Sebbene meno influenzata dall'immunosenescenza, in parte perché le HSC sono reindirizzate verso la linea mieloide, anche l’immunità innata mostra dei cambiamenti funzionali. Con l'invecchiamento, le cellule dendritiche mostrano meno capacità di migrazione, meno risposta alla stimolazione dei TLR, riduzione della fagocitosi, endocitosi e della presentazione dell'antigene. Ciò è attribuito alla disfunzione mitocondriale, con conseguente produzione di specie reattive dell'ossigeno (ROS) 49. Queste alterazioni influenzano la stimolazione delle cellule T e di conseguenza la risposta citotossica delle cellule T CD8+. La produzione di IFN di tipo I (IFN-I, IFNa/b) e IFN-III (IFN-lambda) è diminuita, ma producono ancora IL6 e TNFa.50Diverse funzioni importanti dei neutrofili sono ridotte con l'invecchiamento:

chemiotassi, fagocitosi, produzione di ROS e trappole extracellulari dei neutrofili (NET). L’opsonizzazione degli agenti patogeni è diminuita. I monociti passano dal classico (CD14++CD16- ) al non classico pro-infiammatorio (CD14+CD16++), tuttavia con alcune discrepanze sulla loro espressione dell'isotipo leucocitario-DR (HLA-DR) e CX3CR1. I macrofagi producono anche meno ROS, IL6 e TNFa. I fagociti mononucleari nei tessuti svolgono generalmente un ruolo importante nella risoluzione dell'infiammazione eliminando il materiale apoptotico nei siti infiammatori e iniziando il signaling pro-risolutorio. Alcuni studi su modelli animali suggeriscono che la capacità dei macrofagi di riconoscere e fagocitare le cellule apoptotiche è compromessa con l'età, ma se questi risultati devono portare a terapie è necessario che tali esperimenti siano effettuati utilizzando modelli umani di invecchiamento.51 Tali studi potrebbero anche considerare se i macrofagi tessuto- residenti ed i macrofagi monociti-derivati svolgono dei ruoli distinti nella risoluzione di infiammazione. Anche se è stato visto che alcune cellule diverse dai fagociti professionali svolgono il processo di efferocitosi (è un processo fagocitico in cui i macrofagi inghiottiscono ed eliminano le cellule apoptotiche). Il riconoscimento dei macrofagi come i principali effettori di questo ruolo significa che è possibile

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indirizzare terapie rivolte queste cellule per migliorarne l’azione. Gli inibitori della 3- idrossil-3-metilglutaril coenzima A reduttasi (statine) hanno dimostrato un’azione a questo proposito. La lovastatina ha dimostrato di migliorare l'efferocitosi nei macrofagi alveolari ottenuti da pazienti con malattia polmonare ostruttiva cronica52. Wootton e colleghi sono stati in grado di dimostrare una maggiore efferocitosi da parte dei macrofagi dei pazienti che assumevano statine mentre si riprendevano dalla polmonite53 . Studi specifici per indagare gli stati infiammatori sono necessari per discernere se tali terapie mirate sull’ efferocitosi possono smussare l'infiammazione cronica dell’ invecchiamento e limitare l'impatto del danno tissutale associato54.Inoltre, essi esprimono meno TLR e MHC-II sulle loro superfici, compromettendo così la loro capacità di presentare antigeni alle cellule TCD4+.

Il leggero aumento netto del numero totale di cellule NK è dovuto ad una diminuzione delle CD56bright immunoregolatorie e ad un aumento dei sottoinsiemi di cellule NK CD56dim citotossiche. Questi mostrano tuttavia una degranulazione compromessa e quindi una diminuzione delle capacità citotossiche su base cellulare. La secrezione IL2/12 mediata di citochine immunomodulatorie (ad esempio, IFNg) e chemochine è ridotta, mentre la produzione di IL1/4/6/8 e TNFa è aumentata. La maturazione centrale delle cellule NK è incompleta.55 Inoltre, durante la senescenza si verifica una diminuzione dell'espressione dell'attivazione recettoriale, soprattutto legata ai recettori NKp30 e NKp4656

Infine, è importante valutare il ruolo dell’epigenetica e l’accorciamento telomerico.

Infatti a causa della replicazione cellulare e dello stress ossidativo i telomeri si accorciano , a livello epigenetico si assiste ad una globale ipometilazione ed i miRNA vengono coinvolti nella senescenza cellulare attraverso vari meccanismi ( disfunzione mitocondriale, stress ossidativo, arresto del ciclo cellulare(p53) infiammazione e logoramento telomerico)35.

Immunosenescenza nelle patologie degenerative

L’immunosenescenza e l’inflammaging sono un terreno fertile per lo sviluppo di tutte le ARDs (age related deseases), esse sono :57

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• patologie neurodegenerative: quali ad esempio malattia di Alzheimer (AD), le alterazioni del sistema immunitario che portano ad un’infiammazione cronica low grade possono contribuire allo sviluppo di AD. Autori sostengono che la disregolazione del processo autofagico, un meccanismo catabolico cellulare essenziale per la degradazione delle proteinemisfolded, sia implicato in numerose patologie neurodegenerative 58

• Diabete tipo 2(DMT2): essa è la patologia più comune della vecchiaia che, spesso in associazione con la sindrome metabolica , è correlata ad un infiammazione cronica, più nello specifico all’attività pro-infiammatoria del tessuto adiposo che comporta un aumento dell’insulino resistenza e una diminuzione della produzione di essa da parte delle cellule pancreatiche, nel DMT2 è stato riscontrato un aumento di alcuni markers infiammatori quali IL- 6, TNF e CRP (proteina c reattiva) 59.

• Aterosclerosi: è la base patologica di tante patologie cardiovascolari tipiche dell’anziano, recenti studi suggeriscono che il cambiamento del substrato delle T cells dovuto all’immunosenescenza possa contribuire sia allo sviluppo della placca aterosclerotica che facilitare un sua rottura.60

• Scompenso cardiaco: lo scompenso cardiaco cronico è anch’esso associato ad uno stato di infiammazione cronica, recenti studi hanno dimostrato nel CHF(cronic heart failure) un aumento dell’espressione dei TLR-4 da parte dei monociti , alterazioni dello stesso tipo sono state riscontrate anche nel sistema dei TLR dei leucociti nel paziente anziano.61

L’immunosenescenza è associata inoltre ad un aumento nell’incidenza di parecchie AIDs (autoimmune diseases)62 La proliferazione omeostatica indotta dalla linfopenia porta all'espansione clonale e alla contrazione del repertorio del TCR nel tempo.

Inoltre, le citochine prodotte durante l'inflammaging possono ridurre transitoriamente la soglia di stimolazione del TCR, interferendo di conseguenza con il mantenimento della tolleranza e promuovendo le cellule T autoreattive. 63Il TNFa induce la secrezione delle citochine e la produzione di ROS. Inoltre, lo squilibrio Th17/Treg contribuisce a scatenare malattie autoimmuni. 35Tre tipi cellulari soprattutto contribuiscono allo sviluppo di una malattia autoimmune,essi sono: le T cells CD28-, le B cells doppio negative e le ABCs(age associated B cells). Per quanto riguarda le cellule T CD4 CD28- si è dimostrato un incremento di esse nei soggetti con patologie autoimmuni rispetto ai controlli sani della stessa età, soprattutto in patologie quali

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Artrite reumatoide, RRMS e SPMS, ed è correlato sia con l’età che all’infezione da CMV. Queste cellule sono ricche di Granzima A , B e di perforine, e il loro repertorio di TCR è diminuito rispetto alle cellule t CD28+.64Un altro meccanismo che va ad influenzare lo sviluppo di autoimmunità è il difetto dovuto alla senescenza del processo autofagico. Le cellule riciclano le proteine a vita lunga, gli organelli danneggiati e gli aggregati tramite l'autofagia attraverso i lisosomi, per la sintesi di nuove proteine o per la produzione di energia, garantendo così l'omeostasi cellulare, specialmente in condizioni povere di nutrienti/energia. L'autofagia diminuisce con l'età, come visto dalla downregulation della proteina autophagy-correlata (ATG)5 e ATG7 a livello cerebrale .65 Nelle AIDs, la riprogrammazione metabolica per la produzione di energia può venire a mancare portando a cellule immunitarie iper- reattive ed ad un aumento dello stress ossidativo. Lo stress ossidativo e la disfunzione mitocondriale contribuiscono alla (immuno-)senescenza e infiammazione attraverso un ridotta capacità ossidoriduttiva (deplezione di glutatione),a un’ apoptosi cellulare indotta da attivazione/ ossidazione (con clearance difettosa e rilascio del contenuto cellulare che induce TLR), a danni al DNA mitocondriale (mtDNA), a una bioenergetica difettosa (deplezione di ATP) e alla produzione di neoantigeni 66. Inoltre i titoli sierici di autoanticorpi sono generalmente più alti nei soggetti anziani, anche senza una patologia autoimmune manifesta. Inoltre, il legame degli anticorpi circolanti a peptidi casuali aumenta con l'età.35È interessante notare che a loro volta i soggetti con delle AIDs mostrino un inflammaging e caratteristiche di immunosenescenza in età precoce. Quindi i difetti associati all'età a livello cellulare, classificati sotto i nove comuni denominatori dell'invecchiamento(instabilità genomica, logoramento telomerico, alterazioni epigenetiche, perdita di proteostasi, deregolazione del nutrient sensing, disfunzione mitocondriale, senescenza cellulare, esaurimento delle cellule staminali, e alterata comunicazione intercellulare)67 , e la conseguente funzione immunitaria alterata creano uno stato instabile, che può predisporre al fallimento della tolleranza e al verificarsi dell'autoimmunità .Secondo diversi studi condotti nel corso degli anni68 tra gli autoanticorpi più frequentemente riscontrati troviamo il Fattore Reumatoide (FR) ritrovato in gruppi di anziani con una frequenza che varia dal 10-50%, molto frequenti sono anche gli ANA (38%), gli anticorpi anti fosfolipidi (20%) e gli ANCA (2%), altri autoanticorpi invece sono più rari.

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Immunosenescenza e SM

Diversi studi hanno suggerito che la patogenesi della SM possa essere legata all'immunosenescenza prematura e che l'invecchiamento potrebbe a sua volta influenzare la progressione della malattia, la gravità e l'esito del trattamento.69 Questo argomento è stato ampiamente rivisto in uno studio 70, che ha ricapitolato i recenti risultati sull'invecchiamento e sulla SM: i pazienti hanno mostrato segni di immunosenescenza prematura come telomeri accorciati, disfunzione timica, diminuzione della frequenza dei TRECs , e l'accumulo di cellule CD4 + CD28- T.

Per quanto riguarda la fisiopatologia della Sm riassiumiamo il tutto con questa immagine:

Figura 6 – fisiopatologia SM

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35Per quanto riguarda le modifiche del sistema immunitario durante la sclerosi multipla possiamo ritrovare modifiche sostanziali per quanto riguarda:

Immunità innata: possiamo riscontrare un aumento di neutrofili producenti markers infiammatori e Neutrophil Extracellular Traps; i livelli plasmatici di questo tipo di neutrofili sono positivamente correlati con nuove lesioni infiammatorie, i neutrofili si trovano anche nel liquido cerebrospinale(CSF) nelle prime fasi e durante la ricaduta, ma diminuiscono proporzionalmente alla durata della malattia 71;per quanto riguarda i monociti invece il loro ruolo è ancora dibattuto; anche sul ruolo delle cellule NK ci sono ancora dubbi, nel sangue periferico di pazienti con forma PP e SPMS sono più presenti NKCD56dim mentre invece le CD56bright sono più presenti nel liquor di pazienti con la forma RR grazie alla loro più alta capacita di migrare che potrebbe controbilanciare l’infiammazione a livello del SNC. Tuttavia, le loro funzioni immunoregolatorie e citolitiche sembrano essere compromesse.

Inoltre, le cellule NK nel SNC potrebbero ritardare la rimielinizzazione, in quanto si è visto che in esperimenti sull’EAE sopprimono le proprietà riparative delle cellule staminali neurali 72. Negli ultimi anni è stato dimostrato che le cellule NK CD56bright sono una popolazione regolatrice che controlla la proliferazione delle cellule T CD4+ attraverso un meccanismo citotossico e tale meccanismo regolatorio è compromesso nella SM/CIS. Recenti evidenze cliniche suggeriscono che le cellule NK CD56bright potrebbero anche essere in grado di contrastare le risposte autoimmuni nel SNC. In questo contesto, è stato osservato un numero più elevato di cellule NK CD56bright in soggetti con SM trattati con interferone-beta e in pazienti con SM durante la gravidanza, una condizione associata alla remissione dell'attività della malattia.73

• Cellule T: L’ involuzione timica è accelerata nella sclerosi multipla, dato che i livelli di TREC sono, a tutte le età inferiori rispetto ai controlli sani della stessa età e diminuiscono progressivamente. Il pool di cellule T naïve CD8+ è ridotto, e questo potrebbe fornire un legame con l’infezione da EBV, poichè generalmente l’infezione da ebv è tenuta sotto controllo dai CD8+. È interessante notare che il repertorio TCR è più diversificato in MS. Nel corso degli anni è stato sviluppato il concetto di SM come una condizione IFN-γ- e

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IL-17 guidata. Le cellule Th17 contribuiscono alla demielinizzazione del SNC attraverso i loro effetti sulle cellule epiteliali protettive del cervello (barriera emato-encefalica) e l'attivazione delle cellule immunitarie infiammatorie.74 La produzione di IL 17 è limitata a cellule Th17 che esprimono il CD161, e un altro marker importante indice del potenziale patogenetico è CD146. IL-17 compromette l'integrità della barriera emato-encefalica, permettendo l'ingresso delle cellule immunitarie circolanti nel SNC, mentre stimolano astrociti e microglia a produrre mediatori infiammatori. Le cellule Th17 possono anche essere indicative di una ricaduta, poiché nella fase di malattia attiva la percentuale di cellule Th17 è molte volte superiore a quella osservata nei controlli sani75.

Nonostante l'evidenza del ruolo patogenetico dell'IL-17 nella SM , linee emergenti di evidenza conferiscono alle cellule T helper produttrici di GM- CSF (Th1) un ruolo importante nell'inizio e nel mantenimento della neuroinfiammazione autoimmune.76

GM-CSF promuove la maturazione e l'attivazione delle cellule mieloidi (monociti, cellule dendritiche), che sono le cellule immunitarie predominanti nelle lesioni del SNC della SM, aumentando la loro presentazione dell'antigene e la produzione di citochine.75Sia le cellule effettrici CD4+ che le cellule T CD8+ possono aumentare le risposte infiammatorie croniche ai neuroantigeni nella SM e le cellule T CD4+ di memoria sono aumentate nel sangue durante la malattia attiva . Le cellule T CD8+ mature sono aumentate, indipendentemente dall'attività della malattia, nel sangue, e quest'ultima anche nel CSF77, e nel tessuto del SNC inducendo un danno diretto attraverso la produzione di mediatori citotossici . Sono state notate significative riduzioni della frequenza e della funzione soppressiva delle Treg CD8+ durante i periodi di ricaduta.78La popolazione citotossica CD4 + CD28- aumenta con l'avanzare dell'età in RR/ SP/ PPMS, mentre rimane stabile nei controlli sani, ed è stato collegato alla gravità della malattia , e sono parzialmente autoreattivi alla proteina di base della mielina (MBP) 79. Poiché queste cellule esprimono CX3CR1, potrebbero infiltrarsi nel SNC dove i livelli nel CSF del suo ligando fractalkine sono stati trovati elevati nella MS.35

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• Cellule B: Le cellule B svolgono un ruolo centrale nello sviluppo e nella progressione della sclerosi multipla. I linfociti B espansi mediante antigene producono citochine pro-infiammatorie [TNF, linfotossine (LT)a, IL6, fattore di stimolazione delle colonie di granulociti-macrofagi (GM-CSF)] e chemochine attraverso la via NF-kB. I linfociti B di memoria fungono da APC e inducono la proliferazione e l'attivazione delle cellule T e delle cellule mieloidi.80 I linfociti B, stimolati dalle cellule follicolari Th, si differenziano in plasmablasti che producono immunoglobuline e plasmacellule che si accumulano per formare infine delle sorte di follicoli terziari (ELF) nelle leptomeningi durante la progressione della malattia e sono in particolare coinvolti nell'indurre demielinizzazione subpiale. Le ELF nel SNC sono state associate a una più giovane età di insorgenza della SM, a una demielinizzazione più pronunciata e a una più rapida progressione verso la disabilità fisica.75Alcuni studi hanno osservato una riduzione proporzionale dei sottoinsiemi di memoria CD27+, insieme a un'espansione reciproca delle cellule B CD27-, nei pazienti con CIS e RRMS durante le fasi attive della malattia81. I linfociti B transitori (CD24highCD38high) sono ridotti nel sangue e sono funzionalmente difettosi nella RRMS (producono meno IL10). Le proporzioni delle cellule B naïve periferiche diminuiscono e le cellule B della memoria aumentano con l'età nei controlli, ma rimangono stabili nella sclerosi multipla, tranne durante la ricaduta.82I livelli nel CSF di CXCL13, il cui recettore (CXCR5) è espresso dalla maggior parte delle cellule B, sono elevati nelle recidive attive e sono correlati all'accumulo di cellule B CD27+ nel CSF81. Nei linfociti B dei pazienti affetti da sclerosi multipla, una transizione preferenziale da linfociti b naïve a linfociti B di memoria si verifica quando la produzione di citochine LTa e TNFa da parte dei B memoria CD27+ è elevata e paragonabile a quella dei controlli sani, mentre la produzione di IL10, normalmente espressa da cellule B naïve CD27- , ridotta . I linfociti B doppi negativi (Igd –CD27- ) e gli ABC (CD11c+CD21- o CD21low) sono aumentati in una percentuale di pazienti affetti da sclerosi multipla prima dei 60 anni, mentre si trovano principalmente sopra i 60 nei controlli sani.

Questo aumento è correlato positivamente con l'età nei controlli sani, ma non nei pazienti con SM.47I linfociti B doppio negativi e gli ABC sono aumentati anche nel CSF dei pazienti con SM.I linfociti B doppio negativi dei pazienti

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con sclerosi multipla hanno un potenziale di attivazione più elevato rispetto a quelli dei controlli.47 Sono coinvolti nella presentazione dell'antigene e nella costimulazione e possono produrre citochine proinfiammatorie (TNFa, LTa) e granzyme B dopo la stimolazione. Mentre alcuni sottoinsiemi di cellule B contribuiscono alla neuroinfiammazione, le cellule B regolatorie (Breg) inibiscono la differenziazione delle cellule Th1 e Th17 e inducono le Treg CD4+ ma sono ridotte numericamente e funzionalmente nei pazienti con SM75

• T Regs: i Treg dei pazienti con SM sono in generale meno competenti nel sopprimere la proliferazione delle cellule T CD4+. per quanto riguarda questa popolazione si è rilevato che l’attività soppressiva dei t reg sia ridotta nella forma RRMS mentre invece aumenta nella forma SPMS83 Un sottogruppo di Treg che esprime CD39 è rilevante nella SM per la capacità di sopprimere efficacemente le cellule Th17.75

• Mediatori infiammatori: i mediatori più rilevanti sono essenzialmente l’IL6, l’IL10, e il TNFa, infatti un inflessione della produzione di IL 10 in soggetti sani potrebbe preludere lo sviluppo di malattia, invece IL6 e TNF a sono aumentati nel siero e nel CSF sia nelle ricadute della forma RR che nelle forme PP e SP, IL 6 correla con la durata della malattia, mentre invece livelli sierici di TNFa in PPMS correlano con la progressione della malattia; inoltre i livelli sierici di IL10 nella forma RR aumentano con la remissione mentre invece nel CSF aumentano con la ricaduta84

• Autofagia: l’autofagia è aumentata nella forma RRMS attiva ed è documentata da un up regulation del ATG5nelle cellule t periferiche85 ,e può avere sia un effetto dannoso che benefico; infatti esso aumenta la neuroinfiammazione supportando la presentazione di autoantigeni da parte delle dc e la sopravvivenza di cellule autoreattive, dall’altro lato però protegge l’integrità neuronale e la sopravvivenza degli oligodendrociti 86; in ogni caso una sostenuta autofagia protratta nel tempo porta ad un danno.(al contrario di cio che avviene in generale nell’immunosenescenza)

• Telomeri: I telomeri in tutto il DNA si sono dimostrati di dimensioni ridotte in tutti i sottotipi di SM, più i telomeri sono corti e più sono associati ad un più alto relapse ratio, disabilità e atrofia cerebrale87 , l’accorciamento è predittivo inoltre in trasformazione nella forma SP.

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• Epigenetica: Contrariamente all’anzianità, la metilazione sembra globalmente aumentata nella SM, con differenti profili di metilazione per la forma RR , PP e SP88.Il signalling linfocitario, l'attivazione e la migrazione delle cellule T sono vie comuni ai profili di metilazione RRMS e SPMS, mentre la funzione cellulare mieloide e i geni e le vie neuronali e neurodegenerative sono specifiche di SPMS. I miRNAs sono upregolati nelle ricadute di SM e sono associati ad infiammazione.

Per quanto riguarda il ruolo dell’immunosenescenza sullo sviluppo della malattia possiamo notare che essa ha un’azione molto importante sulle cellule residenti del SNC.

I processi infiammatori legati alla SM, influenzati dall'immunosenescenza, possono alterare la funzione delle cellule residenti del sistema nervoso centrale promuovendo la senescenza e un fenotipo pro-infiammatorio, che aumenta il carico ossidativo, con conseguente alterazione della funzione mitocondriale e dell'integrità del DNA. Inoltre, l'arresto del ciclo cellulare e i cambiamenti fenotipici delle cellule senescenti potrebbero influenzare le loro funzioni e la loro capacità rigenerativa .89

Ricapitolando dal principio, l'involuzione timica (misurabile attraverso la riduzione dei livelli di TREC) induce la proliferazione omeostatica delle cellule T. Tuttavia, le cellule T naïve si differenziano rapidamente in cellule T memoria in seguito a stimolazione antigenica. Mentre le cellule Th17 e, in misura minore, le Treg sono espanse nella periferia, queste ultime non riescono a sopprimere le cellule Th17. Un sottogruppo di cellule T CD4+ perde il segnale costimolatorio CD28, segnando l'esaurimento delle cellule T. Queste cellule esprimono il recettore CX3CR1, favorendo la loro migrazione attraverso la BBB, dato che il loro ligando, la fraktalkina, è stato trovato sovraespresso nel liquido cerebrospinale (CSF). Il comparto delle cellule B è caratterizzato da una riduzione delle cellule B transitorie immunoregolatrici, ma da un aumento delle cellule B doppiamente negative (DNB) e delle ABC. Queste tre sottopopolazioni (cellule T CD4+CD28-, DNB, ABC) sono state collegate all'immunosenescenza e rilevate nel SNC dei pazienti con SM. Le cellule T CD4+CD28- e le cellule B doppiamente negative producono TNFa e granzima B. Le cellule T CD4+CD28- producono anche IL6 e le cellule B

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