FRA OMISSIONI, CONTRADDIZIONI E RIDUZIONISMO:
LE RESPONSABILITÀ DEGLI ORGANI DEPUTATI ALLA SANITÀ PUBBLICA ITALIANA NELLA PREVENZIONE DELLA PANDEMIA COVID-19 Prof. Fabio Ratto Trabucco – Professore a contratto nell’Università di Venezia
SOMMARIO: 1. Introduzione: il quadro delle generali responsabilità. – 2. Il mancato aggiornamento del Piano pandemico nazionale. – 3. Le contraddittorie prime Linee guida ministeriali diagnostiche anti-pandemia.
Abstract
La gestione italiana della pandemia da COVID-19 fa emergere palesi responsabilità da parte di due precisi attori istituzionali deputati alla sanità pubblica. Da un lato, il Comitato Strategico del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM) che non ha aggiornato l’obsoleto Piano pandemico nazionale vigente. Dall’altro lato, le prime linee guida diagnostiche dal carattere contraddittorie e riduttivo redatte dalla Direzione generale prevenzione sanitaria del Ministero della Salute. Tuttavia, a fronte d’evidenti e grossolane omissioni appare impervia la configurazione di responsabilità penali per i soggetti coinvolti, a fronte della giurisprudenza consolidata in punto di reati d’epidemia colposa per omissione ovvero contro la persona per aspetti riconducibili al nesso di causalità. Se un revirement giurisprudenziale appare tanto incerto quanto auspicabile, l’esercizio dell’azione penale onde pervenire ad un giudizio non resta comunque escluso a priori.
Keywords
COVID-19, Piano pandemico nazionale, linee guida diagnostiche, Ministero della Salute, Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, responsabilità penale
1. Introduzione: il quadro delle generali responsabilità
Nell’affrontare la tematica delle responsabilità omissive che hanno connotato la gestione italiana della pandemia deve tuttavia cennarsi alle enormi ed ormai evidenti responsabilità, ritardi e dissimulazioni di rango sovranazionale che hanno connotato l’avvio dell’emergenza pandemica. Il riferimento è anzitutto alla posizione del regime totalitario cinese tipicamente fondato su censura e controllo dei cittadini1 con un sistema di “diritti affievoliti” tipico sia della ferrea tradizione dei regimi socialisti che della secolare tradizione confuciana di primato delle esigenze collettive sull’individualismo2.
A tale primigenio e basilare elemento s’aggiungano le annesse connivenze ovvero revirements scientifici in punto di protezioni e tracciamento dei contagi da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che, lungi dall’essere un organo scientifico indipendente, s’è ben ancora confermata quale mero soggetto politico-burocratico che risponde anche a soprattutto a logiche geostrategiche e personalistiche. Già intensi dibattiti avevano
1 Cfr. A. CANEPA, Lotta al COVID-19 e diritti dei cittadini nella Repubblica Popolare Cinese. Le peculiarità di un ordinamento socialista asiatico, in L. CUOCOLO (cur.), I diritti costituzionali di fronte all’emergenza Covid-19.
Una prospettiva comparata, in «Federalismi.it», 83-96.
2 Cfr. M. MAZZA, Lineamenti di diritto costituzionale cinese, Giuffrè, Milano, 2006, 107 e TIAN DAN, Rights Perspective, in «Beijing Review», 2005, 51, 19 ss.
connotato l’efficacia e l’adeguatezza delle iniziative internazionali assunte per la gestione dell’epidemia del virus Ebola nel 2014-2016 in Africa occidentale prospettando riforme degli strumenti (regolatori e operativi) che possono essere utilizzati per la “futura” azione di risposta internazionale alle epidemie globali. Ipotesi poi cadute in buona parte nel vuoto stante la persistente assenza di una strategia anti-pandemie a lungo termine attraverso la riforma degli strumenti normativi dell’OMS3. Inoltre, permane l’oggettiva difficoltà di rimuovere i rilevanti condizionamenti di tipo politico che circondano l’organizzazione minando l’indipendenza dei suoi membri, come anche l’attuale pandemia ha fatto emergere circa le relazioni con il gigante asiatico.
La distonia fra il dovere cinese all’assoluta chiarezza e trasparenza sull’origine virale e l’acclarato ritardo nelle comunicazioni internazionali non giustificano indulgenza ovvero buonismo a fronte di conclamate opacità, anche interne, non solo del regime di Pechino ma anche del servilismo tra gerarchie – locale della Provincia di Hubei verso la centrale –, del Partito totalizzante.
A fronte di una Cina che appare diplomaticamente volersi porre quale nuovo guardiano dell’ordine mondiale e chiaro competitor statunitense emerge un quadro di plurime violazioni di cui il Paese è manifestamente responsabile. Tuttavia, lo stesso primigenio studio avviato dal Procuratore generale del Missouri onde ipotizzare un’azione risarcitoria statale contro la Repubblica Popolare Cinese appare detenere un carattere più politico che fondamento giurisdizionale4. Se la giurisdizione della Corte internazionale di giustizia dell’Aja mai sarebbe accettata dal regime cinese, non meno peregrina appare l’ipotesi di una Corte internazionale ad hoc attivata dalle Nazioni Unite in cui la Cina detiene potere di veto financo per l’istituzione di una mera Commissione d’inchiesta.
Premesso quanto sopra, entrando nel merito diretto del caso nostrano, emerge in primis una mancata preparazione iniziale all’ineludibile arrivo epidemiologico in punto strettamente preventivo. A questo fa seguito la parziale, fuorviante e contraddittoria iniziale redazione delle linee guida diagnostiche da parte del dicastero competente. Ambedue le responsabilità, che appaiono forse anche meritevoli di scrutinio giurisdizionale, radicano nel Ministero della Salute attraverso organi ad esso afferenti, di vertice burocratico ovvero collegiali che in tal caso richiamano però anche rappresentanti regionali e di altri organi pubblici sanitari nazionali.
2. Il mancato aggiornamento del Piano pandemico nazionale
In ordine all’elemento programmatorio il riferimento è all’assente preparazione in materia stante il mancato aggiornamento del Piano pandemico nazionale da parte del Comitato Strategico del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), organo competente in tema di analisi e gestione dei rischi per le malattie infettive, diffusive ed il bioterrorismo, quale incardinato presso il dicastero della Salute5, da cui evidente fattuale incapacità delle
3 Cfr. C.M. PONTECORVO, La riforma dell’azione internazionale di risposta alle emergenze sanitarie globali all'indomani del “caso Ebola”: “quo vadis”?, in «Diritti umani e diritto internazionale», 2019, 2, 363-392.
4 Cfr. T. AXELROD, Missouri becomes first state to sue China over coronavirus response, in «TheHill.com», 21 aprile 2020.
5 Il Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM), istituito ex art. 1, c. 1, lett. a), d.l.
81/2004, convertito in l. 138/2004, e disciplinato dall’art. 9, d.P.R. 44/2013, è incardinato presso la Direzione generale della prevenzione sanitaria del dicastero, e il suo organo politico è il Comitato Strategico, presieduto e nominato per un triennio dal Ministro della Salute, in cui sono rappresentate le Regioni, il Ministero degli Affari Esteri, il Dipartimento della Protezione Civile, il Consiglio Superiore di Sanità e l’Istituto Superiore di Sanità. Per la sua attività s’avvale di enti ed istituti di ricerca come l’Istituto Nazionale di Genetica Molecolare (INGM) ed
strutture sanitarie sul territorio nell’affrontare l’emergenza con particolare attenzione alla zona maggiormente colpita del Sud-est lombardo6.
Particolarmente, appaiono in primis rilevanti le colpevoli deficienze nel mancato aggiornamento del Piano pandemico da parte del suddetto competente collegio7, come formalmente raccomandato dall’OMS ai Paesi membri. Infatti, l’attuale programma si ferma al 2006 e dunque neppure aggiornato alla pandemia influenzale suina H1N1 del 2009-2010, posto che il richiamo all’aggiornamento del 2016 riportato a sito web risulta smentito dall’analisi tecnica del file8. Peraltro, il medesimo non risulta implementato neppure a seguito della formale deliberazione governativa dello stato di emergenza da COVID-19 del 31 gennaio 20209. L’assenza d’adeguata pianificazione del Ministero della Salute per cui si sarebbe dovuto porre in essere una serie non irrilevanti d’azioni preventive onde affrontare al meglio l’emergenza s’è concretizzata nella grave omissione di non aver posto in atto alcunché nell’immediatezza della prima notizia del passaggio dell’infezione all’uomo, stante gli intensi collegamenti e scambi commerciali italiani con la Repubblica Popolare Cinese e dunque ben prima del 31 gennaio 2020, data di formale dichiarazione dello stato di emergenza da parte governativo. Era, infatti, almeno dal 31 dicembre 2019 che sussisteva la conoscenza degli episodi di diffusione del nuovo patogeno10. Dunque, altro non si doveva attendere per porre in essere le misure che di fatto sono state attuate, e solo in parte, con immane ritardo e con discendenti effetti drammatici
opera in coordinamento con le strutture regionali, gli Istituti Tecnici Nazionali, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali (IZS), le Università, gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) ed altre strutture di assistenza e ricerca pubbliche e private, nonché con gli organi della sanità militare.
6 Cfr. M. NACOTI, et al., At the Epicenter of the Covid-19 Pandemic and Humanitarian Crises in Italy: Changing Perspectives on Preparation and Mitigation, in «NEJM Catalyst», 21 marzo 2020.
7 Con D.M. Salute 17 gennaio 2018 è stato da ultimo ricostituito il Comitato Strategico del CCM composto di nove membri, oltre al Ministro della Salute nella veste di Presidente, che non ha in alcun modo provveduto all’aggiornamento dell’ultimo Piano pandemico nazionale risalente al 2010 e con minimali integrazioni nel 2016.
8 Nella pagina web del Ministero della Salute contenente il Piano pandemico nazionale è riportata la dicitura «Data di pubblicazione: 13 dicembre 2007, ultimo aggiornamento 15 dicembre 2016» ma in realtà l’analisi dei metadati del file pdf ha dimostrato che trattasi dell’identico originario documento inserito nel 2006 e successivamente non più oggetto di alcuna modifica nel suo contenuto, di talché ne deriva la premeditata volontà della Direzione generale della prevenzione sanitaria del dicastero di dimostrare un aggiornamento del piano in realtà mai avvenuto per oltre un decennio. Cfr. G. VALESINI, C. CICCOLELLA, Copia & incolla, Report, 18 maggio 2020.
9 Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020, recante «Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili» per la durata di sei mesi (punto 1.).
10 Il 31 dicembre 2019 la Commissione Sanitaria Municipale di Wuhan (Cina), con l’evidente placet delle gerarchie centrali del Partito Comunista Cinese, dopo mesi di dissimulazione, ha segnalato all’OMS un cluster di casi di polmonite ad eziologia ignota nella città di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei. L’11 febbraio 2020, l’OMS ha annunciato che la malattia respiratoria causata dal 2019-nCoV è stata chiamata COVID-19 (Corona Virus Disease). Il 30 gennaio 2020, dopo la seconda riunione del Comitato di sicurezza dell’OMS – posto che la prima dissimulò l’elevata contagiosità della patologia –, il Direttore generale dell’OMS ha dichiarato il focolaio internazionale di COVID-19 un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC), come sancito nel Regolamento sanitario internazionale del 2005 (International Health Regulations, IHR). Indi, solo l’11 marzo 2020 il Direttore generale dell’OMS ha dichiarato che il focolaio internazionale di COVID-19 può essere considerato una pandemia, «a causa della velocità e della dimensione del contagio».
particolarmente nel Settentrione per impossibilità di mitigare il rischio, esponendo a grave rischio concreto il personale sanitario che, suo malgrado, è divenuto vittima ed esso stesso focolaio di diffusione del contagio per la popolazione11. Del resto, si noti come non risulta essere posta in essere alcuna particolare azione di planning pandemico nel lungo periodo di quasi un mese che intercorre fra il 31 gennaio 2020 ed il 23 febbraio successivo, data in cui è stato emanato il primigenio d.l. 6/2020, se non le fuorvianti, contraddittorie e riduttive linee guida ministeriali di cui si tratterà nel paragrafo seguente.
Di talché, appaiono stagliarsi colpevoli responsabilità meritorie di scrutinio requirente in carico dei componenti del Comitato Strategico del CCM nonché dei vertici del dicastero della Salute e del Dipartimento della Protezione Civile Nazionale12 per una potenziale responsabilità omissiva, ex art. 40, c. 2, c.p., per il reato di epidemia colposa, ex artt. 438 e 452 c.p., quantomeno in ordine all’assenza di una riserva nazionale di dispositivi di protezione individuale (DPI) ed alla manchevole sorveglianza epidemiologica discendenti dal mancato aggiornamento del Piano pandemico nazionale. Questo nei precisi confronti dei totali dieci membri del Comitato Strategico del CCM, di fatto un coacervo fra quattro politici13, altrettanti burocrati14 ed i due sanitari ai vertici dell’Istituto Superiore di Sanità e del Consiglio Superiore della Sanità. Peraltro, il Direttore generale della prevenzione sanitaria del dicastero è il componente che detiene anche la veste di «Direttore operativo del CCM» e dunque con un ruolo suo proprio all’interno del collegio strategico dell’organo.
Tuttavia, in materia, resta un triplice ordine di problemi circa la configurabilità della suddetta ipotesi di reato. Anzitutto la più ristretta nozione penalistica d’epidemia rispetto a quella sanitaria15, cui s’affianca la non configurabilità a titolo di omissione della responsabilità per il reato di epidemia colposa16. Inoltre, sussiste l’estrema difficoltà d’accertare il nesso di causalità tra la condotta colposa in ambito sanitario ed i singoli episodi di contaminazione cui conseguono danni alla salute, lesioni e/o morte17. Ma tale elemento ostacola grandemente anche le ipotesi dei tipici e più gravi reati contro la persona quali l’omicidio e le lesioni colposi, ex artt. 589 e 590, c.p., stante l’oggettiva difficoltà a ricostruire il quadro probatorio relativo al collegamento tra la condotta di chi era chiamato a impedire il contagio e l’evento avverso di cui è rimasto vittima il singolo paziente con l’esigenza di un rigoroso e puntuale riscontro critico fornito dalle evidenze
11 Si veda anche l’atto di Sindacato Ispettivo al Ministro della Salute del 1º aprile 2020, n. 3-01464, d’iniziativa De Falco.
12 D.P.C.M. 28 dicembre 2017, di nomina del Direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute con mandato triennale per un compenso annuo lordo di Euro 150.862,33. All’epoca il medesimo soggetto risultava indagato dalla Procura della Repubblica di Pescara per reati di truffa e turbata libertà degli incanti commessi nel 2014, da cui sopravvenuto decreto di rinvio del locale GIP del 5 marzo 2019. Cfr. A. DI GIORGIO, Pescara: “palazzo d’oro” della Asl, quattro rinvii a giudizio, in «Rete8.it», 5 marzo 2019. A seguito di recente nomina del medesimo, da parte della Giunta regionale abruzzese, alla Direzione generale della Sanità della Regione Abruzzo, è stato quindi sostituito con l’ex Direttore del Dipartimento Malattie infettive dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) in forza di nomina avvenuta con D.M. Salute 8 maggio 2020.
13 Il Ministro della Salute, il coordinatore degli assessori regionali alla Sanità e due assessori regionali in materia.
14 Il Segretario generale ed il Direttore generale della prevenzione sanitaria del dicastero della Salute e due soggetti rispettivamente designati dal Dipartimento della Protezione Civile e dal dicastero degli Esteri.
15 Cass. pen., SS.UU., 11 gennaio 2008, n. 576.
16 Cass. pen., Sez. IV, 28 febbraio 2018, n. 9133.
17 Cass. pen., SS.UU., 11 settembre 2002, n. 30328, caso Franzese.
probatorie e dalle contingenze del caso concreto18. Insomma, un quadro tendenziale alla probatio diabolica che rende impervia la via dell’esercizio dell’azione penale nei confronti dei soggetti ai vertici del dicastero ovvero dei componenti dell’organo summenzionato.
Di talché, non si può che auspicare un revirement giurisprudenziale attraverso l’interpretazione estensiva della condotta di “diffusione” tesa ad avallare la realizzazione del reato di epidemia anche attraverso condotte di tipo omissivo. Del resto, la contestazione di un delitto contro la pubblica incolumità quale l’epidemia o la diffusione colposa di epidemia, quale reato a forma libera, al fine di renderla compatibile con la clausola di cui all’art. 40, c. 2 c.p., appare nel caso in esame una scelta obbligata per l’Autorità Giudiziaria requirente che intenda sostenere l’azione penale nel tentativo di pervenire ad un giudizio19. Ancora una volta, dunque, lo strumento repressivo penalistico s’appalesa del tutto inadeguato e farraginoso con ampie lacune sostanziali che appaiono restringere le maglie della perseguibilità di oggettivi comportamenti omissivi in chiave anti-pandemia che pure appaiono meritevoli di scrutinio requirente.
Infatti, nel merito della mancata programmazione, lo Stato italiano con i suoi organi deputati alla sanità pubblica doveva essere preparato ad affrontare e mitigare gli effetti della pandemia già ai sensi della normativa europea in tema di gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero che impone «norme in materia di sorveglianza epidemiologica, monitoraggio, allarme rapido e lotta contro le gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, compresa la pianificazione della preparazione e della risposta in relazione a tali attività, allo scopo di coordinare e integrare le politiche nazionali»20.
Inoltre, appare ineludibile il riferimento al generale principio di precauzione, anch’esso di matrice europea21, laddove costituente uno dei canoni fondamentali del diritto dell’ambiente ed alla salute22, con ampio richiamo nella giurisprudenza della Corte di Lussemburgo per cui l’esigenza di tutela della salute umana diventa imperativa già in presenza di rischi solo possibili, ma non ancora scientificamente accertati, atteso che, essendo le istituzioni comunitarie e nazionali responsabili – in tutti i loro ambiti d’azione – della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente, la regola della precauzione può essere considerata come un principio autonomo che discende dalle disposizioni dei Trattati UE23. Anche la giurisprudenza amministrativa ha
18 Cass. pen., Sez. IV, 19 novembre 2015, n. 12748, caso Commissione Grandi Rischi. Cfr. A. LEOPIZZI, Il processo alla Commissione Grandi Rischi per le vittime del terremoto dell’Aquila: qualche riflessione in tema di responsabilità colposa nell’attività della Protezione civile e delle organizzazioni complesse, in «La Giustizia penale», 2016, 8-9, 451-498.
19 Cfr. G. PALMIERI, Una possibile analisi sulla (ir)rilevanza penale delle condotte agevolatrici del contagio da Covid-19, in «Altalex.it», 18 marzo 2020.
20 Decisione n. 1082/2013/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2013.
21 Art. 191, Trattato sul funzionamento dell’UE, per cui la politica dell’Unione in materia ambientale «è fondata sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente e sul principio “chi inquina paga”».
22 Cons. Stato, Sez. V, 8 gennaio 2009, n. 30.
23 Da ultimo si rinvia a CGUE, Sez. VI, 10 aprile 2014, C 269/13 P, Acino AG contro Commissione europea, per cui: «Conformemente al principio di precauzione, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi. In particolare, qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura insufficiente, non concludente o imprecisa dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per la salute
acclarato come il principio in esame mira ad assicurare un elevato livello di tutela della salute umana in un’ottica di prevenzione del danno facendo espresso obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente24. Inoltre, in complementarietà con il principio di prevenzione, si caratterizza anche per una tutela anticipata rispetto alla fase dell’applicazione delle migliori tecniche previste, una tutela dunque che non impone solo un monitoraggio dell’attività a farsi al fine di prevenire i danni, ma esige di verificare preventivamente che l’attività non danneggia l’uomo o l’ambiente. Tale principio trova attuazione facendo prevalere le esigenze connesse alla protezione di tali valori sugli interessi economici25 e riceve applicazione in tutti quei settori ad elevato livello di protezione, ciò indipendentemente dall’accertamento di un effettivo nesso causale tra il fatto dannoso o potenzialmente tale e gli effetti pregiudizievoli che ne derivano. È peraltro evidente che la portata del principio in esame può riguardare la produzione normativa in materia ambientale o l’adozione di atti generali ovvero, ancora, l’adozione di misure cautelari, ossia tutti i casi in cui l’ordinamento non preveda già parametri atti a proteggere l’uomo da danni poco conosciuti ovvero solo potenziali26, come ampiamente anche nel caso concreto dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.
3. Le contraddittorie prime Linee guida ministeriali diagnostiche anti-pandemia
Il secondo elemento di responsabilità riconducibile, in questo caso direttamente ed esclusivamente, al dicastero della Salute – e non già ad un organo collegiale che ad esso afferisce – radica nelle fuorvianti e contraddittorie iniziali linee guida varate dalla Direzione generale per la prevenzione sanitaria del ridetto dicastero a fine gennaio 2020 onde contrastare l’emergenza epidemiologica. Esse risultano connotate dal “cambio di rotta” circa i potenziali contagiati da riferire unicamente ai pazienti provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese e non già anche ai decorsi clinici respiratori anomali, e frettolosamente sostituite un mese dopo a seguito della scoperta del primo contagio ufficiale italiano. Del resto, ad inizio marzo 2020 l’Istituto Superiore di Sanità ammetterà molto candidamente che il contagio in corso non proveniva dalla Cina e circolava già da tempo nel Nord Italia27. Il preciso riferimento è qui alle Circolari del Direttore generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute del 22 gennaio 2020, n. 1997 e del 27 gennaio 2020, n. 2302, circa il trattamento e prevenzione da COVID-19.
Particolarmente nelle prime linee guida su chi deve essere sottoposto al tampone orofaringeo si legge che è da trattare come caso sospetto anche «una persona che manifesta un decorso clinico insolito o inaspettato, soprattutto un deterioramento improvviso nonostante un trattamento adeguato». Tuttavia, la successiva e nuova versione delle linee guida ministeriali del 27 gennaio 2020 cancella quella frase e prevede controlli solo per chi ha legami con la Cina. Si noti vieppiù che il formale stato di emergenza COVID-19 é stato disposto solo con la deliberazione governativa del 31 gennaio 2020. Tale elemento appare dirimente nel radicare la
nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive». Si vedano anche: CGUE, 26 novembre 2002, C-248/95, T132; 3 dicembre 1998, C-67/97, Bluhme; 14 luglio 1998, C- 248/95, Safety Hi-Tech.
24 T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, 2 dicembre 2013, n. 5469 e Cons. Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2002, n. 6657.
25 T.R.G.A., Trento, 8 luglio 2010, n. 171 e T.A.R. Lombardia, Brescia, 11 aprile 2005, n. 304.
26 T.A.R. Piemonte, Sez. I, 3 maggio 2010, n. 2294.
27 Istituto Superiore di Sanità, Epidemia COVID-19 Aggiornamento nazionale, 09 marzo 2020, 4: «L’indagine epidemiologica suggerisce che la trasmissione dell’infezione sia avvenuta in Italia per tutti i casi».
responsabilità del dicastero per il generato e deleterio ritardo che ha determinato la scoperta del
“paziente 1” a Codogno solo il 20 febbraio 2020 laddove il suo decorso anomalo della patologia respiratoria non determinava inizialmente alcuna necessità di attivare il test, posto che le
“seconde” linee guida si concentrano appunto esclusivamente sui legami e provenienza cinese del paziente. Prova ne sia che é comprovata, nell’area lodigiana ovvero lombarda, già nel corso di gennaio e febbraio la presenza di “strane” polmoniti, patologie che, per le Linee guida ministeriali del 27 gennaio 2020, non erano quindi campanelli d’allarme COVID-19. Al riguardo è emblematico come le ridette Linee guida ministeriali del 22 e 27 gennaio 2020 sono state successivamente oggetto di ampia revisione solo con la Circolare della medesima Direzione generale ministeriale del 22 febbraio 2020, n. 5443, i cui contenuti «aggiornano e sostituiscono le precedenti», non a caso emanata in seguito alla scoperta del primo contagio ufficiale italiano datato 20 febbraio 2020. Orbene, tali contraddittorie indicazioni di fine gennaio 2020 appaiono dunque radicare e certificare la primigenia responsabilità (autentica “pistola fumante”) del ritardo governativo (rectius, della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute) nell’affrontare l’emergenza da cui a cascata gli ulteriori ritardi dell’esecutivo nazionale nel contenimento pandemico, corroborati da alcune deficienze sanitarie regionali particolarmente emerse in Lombardia e Piemonte.
Appare giustificato ritenere che le suddette incongruenti e fuorvianti linee guida hanno di gran lunga ritardato la scoperta del primo contagio ufficiale italiano avvenuto solo il 20 febbraio 2020 e sotto la piena responsabilità del sanitario che richiese la diagnostica all’Azienda ospedaliera lodigiana d’appartenenza. I burocrati che le hanno redatte – al pari degli impositori d’oneri autodichiarativi scritti ai fini di spostamento – restano, mentre i politici, privi di background sanitario alcuno ed in affanno mediatico, che le hanno sottoscritte, passano.
Ai suddetti ritardi e contraddizioni, anche in apparente chiave riduzionistica ed in malcelata chiave di tutela degli interessi corporativi economici, fa peraltro da corollario il discutibile impalcato normativo italiano in ordine alle restrizioni delle libertà costituzionali in tempo di pandemia fondato su atti amministrativi del vertice dell’esecutivo, quantomeno sino al 25 marzo 2020 privi di un congruo ed adeguato fondamento legislativo, che ha determinato draconiane limitazioni alla libertà personale degli individui dimoranti in Italia e con pedissequa, sistematica e capillare attività di controllo sociale affidata alle forze dell’ordine nei confronti di qualsivoglia minimale spostamento lasciando evidente spazio all’arbitrio con sanzioni abnormi, illogiche ovvero ingiustificate28.
Il ricorso a provvedimenti discutibili in punto di rispetto del sistema delle fonti del diritto nell’ambito dell’avvio pandemico non è dunque altro che una conseguenza della colpevole ed omissiva primigenia (non) gestione che attesta enormi deficienze riconducibili al dicastero della Salute ed organi ad esso afferenti, laddove l’esecutivo a sua volta annaspava nel contenimento pandemico sotto divergenti pressioni, scientifiche da un lato e corporative dall’altro. Vieppiù esso certifica anche l’ignavia parlamentare che con un mero generico rinvio ad indefinite norme collocate in alcuni commi dell’iniziale d.l. 23 febbraio 2020, n. 6 – peraltro convertito quasi all’unanimità nella l. 5 marzo 2020, n. 13 – ha rimesso tutta la responsabilità all’esecutivo, forse anche per deprecabili e malcelati calcoli politici. Solo dal d.l. 25 marzo 2020, n. 19, vigente dal giorno successivo, s’è “raddrizzata” la barra dei diritti costituzionali (dopo diciotto lunghi giorni
28 In tema, cfr.: M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in
«Federalismi.it», 18 marzo 2020, 1-9; F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020), in «Federalismi.it», 6 aprile 2020, 1-8; C. PINELLI, Il precario assetto delle fonti impiegate nell’emergenza sanitaria e gli squilibrati rapporti fra Stato e Regioni, in «Amministrazioneincammino.it», 29 aprile 2020, 1-8; F. RATTO TRABUCCO, Le limitazioni ai diritti costituzionali a mezzo atto amministrativo nell’avvio dell’emergenza pandemica da COVID-19, in «Amministrazioneincammino.it», 7 maggio 2020, 1-23.
di buio della democrazia italiana: 8-25 marzo 2020), assicurando – quantomeno, vivaddio! – un riferimento legislativo dettagliato alle misure restrittive successivamente però, ancora, sempre sciorinate a mezzo atto amministrativo, id est d.P.C.M. Il tutto dopo che le prime due settimane abbondanti di lockdown nazionale sono state un’autentica notte della democrazia costituzionale nell’assordante silenzio generalizzato dell’accademia, della stampa e delle tre restanti istituzioni repubblicane: Parlamento, Presidente della Repubblica e Corte costituzionale. In materia, saranno infatti necessari oltre due mesi per vedere adottato un dettagliato atto legislativo in materia di limitazione (rectius, liberalizzazione) degli spostamenti in tempo pandemico qual è stato il d.l. 33/2020, vigente dal 16 maggio 2020, che disciplina il successivo graduale ritorno alla libertà di circolazione.
La successiva cultura burocratica italiana, viziata da endemici pregiudizi circa il stentato rispetto delle regole, da cui oneri autodichiarativi scritti per finalità d’ordine pubblico sotto espressa minaccia di sanzione penale in caso di mendacio, ha quindi fatto il resto. Ne è quindi derivata la previsione di ferree e stringenti regole tese a contrastare la virulenza epidemica in uno con il peculiare ed esecrabile controllo sistematico del territorio e delle persone che, presupponendo il tanto stereotipato mancato senso civico italiano, ha tratto ampio “giovamento”
dall’imporre una discutibile autodichiarazione sostitutiva sotto pena di remota inconsumabile sanzione penale in caso di mendacio e per l’effetto ben difficilmente perseguibile nelle aule di giustizia alla stregua di un’autentica farsa all’italiana29.
29 Cfr. F. RATTO TRABUCCO, La dubbia perseguibilità dei reati contro la fede pubblica per il mendacio autodichiarativo in tempo di pandemia, in «Giustizia Insieme», 2020.