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SEDUTA DI MARTEDÌ 12 OTTOBRE 1999

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COMMISSIONE VI FINANZE

RESOCONTO STENOGRAFICO

AUDIZIONE 23.

SEDUTA DI MARTEDI` 12 OTTOBRE 1999

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIORGIO BENVENUTO

INDI

DEL VICEPRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

I N D I C E

PAG. Sulla pubblicita` dei lavori:

Benvenuto Giorgio, Presidente ... 3

Audizione del presidente dell’Ente tabacchi italiani (ETI), Maurizio Basile, sulle que- stioni connesse al piano strategico di riassetto dell’Ente (ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del regolamento): Benvenuto Giorgio, Presidente ... 3, 13, 14, 15 16, 32, 33, 35, 40 Basile Maurizio, Presidente dell’ETI ... 3, 34, 35 Brunale Giovanni (DS-U) ... 18

Conte Gianfranco (FI) ... 29, 32, 35 Contento Manlio (AN) ... 22

PAG. Di Fonzo Giovanni (DS-U) ... 13

Fontan Rolando (LFNIP) ... 27

Leone Antonio (FI) ... 27

Marengo Lucio (AN) ... 14, 16 Olivieri Luigi (DS-U) ... 28

Pace Giovanni (AN) ... 17

Pistone Gabriella (comunista) ... 14, 24, 32 Repetto Alessandro (PD-U) ... 29

Schmid Sandro (DS-U) ... 16

Signorino Elsa (DS-U) ... 21

Turroni Sauro (misto-verdi-U) ... 26

N. B. Sigle dei gruppi parlamentari: democratici di sinistra-l’Ulivo: DS-U; forza Italia: FI; alleanza nazionale:

AN; popolari e democratici-l’Ulivo: PD-U; lega forza nord per l’indipendenza della Padania: LFNIP; I Democratici-l’Ulivo: D-U; comunista: comunista; misto: misto; misto-UDEUR - Unione democratica per l’Europa: misto UDEUR; misto-rifondazione comunista-progressisti: misto-RC-PRO; misto-centro cri- stiano democratico: misto-CCD; misto socialisti democratici italiani: misto-SDI; misto-verdi-l’Ulivo:

misto-verdi-U; misto minoranze linguistiche: misto Min. linguist.; misto-rinnovamento italiano popolari d’Europa: misto-RIPE; misto-cristiani democratici uniti: misto-CDU; misto federalisti liberaldemocratici repubblicani: misto-FLDR; misto-Patto Segni riformatori liberaldemocratici: misto-P. Segni-RLD.

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La seduta comincia alle 11.15.

Sulla pubblicita` dei lavori.

PRESIDENTE. Se non vi sono obie- zioni, rimane stabilito che la pubblicita`

dei lavori venga assicurata anche attra- verso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

(Cosı` rimane stabilito).

Audizione del presidente dell’Ente tabac- chi italiani (ETI), Maurizio Basile, sulle questioni connesse al piano strategico di riassetto dell’Ente.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca, ai sensi dell’articolo 143, comma 2, del regolamento, l’audizione del presi- dente dell’Ente tabacchi italiani (ETI), Maurizio Basile – accompagnato dal dot- tor Emanuele Ludovisi, dal dottor Antonio Abbate, dal dottor Carlo Piccolo, dal dottor Carlo Falcone e dal dottor Fabio Grisanti – sulle questioni connesse al piano strategico di riassetto dell’Ente.

Lo scopo dell’audizione odierna e`

quello di conoscere il piano di riassetto deciso dal consiglio di amministrazione dell’ETI il 4 ottobre scorso. Il piano sara`

poi sottoposto alla valutazione delle di- verse forze sociali e quindi ad un appro- fondimento prima di essere trasmesso al ministro delle finanze, per le necessarie conseguenze. Questa audizione assume percio` grande rilevanza per la Commis- sione perche´ consente di avere una infor- mazione precisa e di poter esprimere

quelle osservazioni che potranno essere utili al presidente ed al consiglio di amministrazione dell’ETI.

MAURIZIO BASILE, Presidente del- l’ETI. Ringrazio dell’opportunita` che ci viene offerta di fare una presentazione alla Commissione del piano di riassetto dell’ETI. Vorrei partire proprio da quanto ha detto il presidente circa l’iter che caratterizzera` i prossimi passi di questo piano, che e` stato approvato dal consiglio di amministrazione nell’adunanza del 4 ottobre e che sara` oggetto di confronto con le organizzazioni sindacali; dopo di che verra` sottoposto al parere consultivo, per gli aspetti di specifico interesse e competenza, dei componenti la commis- sione paritetica consultiva, in via di co- stituzione come previsto dal decreto legi- slativo n. 283 del 1998 istitutivo dell’Ente, per poi essere trasmesso al ministro delle finanze. Questo piano non ha dunque al momento una sua operativita`, che e` su- bordinata all’espletamento dell’iter che ho tracciato.

Cerchero` di sintetizzare il piano e pertanto forse parlero` di elementi a voi gia` noti in base alle notizie che sono circolate finora. Partirei paradossalmente dalle conclusioni, cosı` come illustrate nella documentazione consegnata alla Commissione, che esporro` nella mia re- lazione.

Il piano cosı` delineato individua un’impresa che a regime, cioe` nel 2003, risultera` allineata con le performance dei principali competitori europei da tutti i punti di vista (organizzativo, dell’assetto industriale e di business); tale impresa sara` fondata sui due filoni principali delle attivita` core – cerchero` di dimostrare

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perche´ siano ritenute tali – dei prodotti da fumo e della distribuzione, con indi- catori di produttivita` e di redditivita`, in linea con la migliore concorrenza europea ed anche sostenibili nel tempo. Sul con- cetto di sostenibilita` mi soffermero` piu`

volte.

Il piano, una volta definito e condiviso dal Governo azionista, potra` trovare ra- pida attuazione con il cambiamento della natura giuridica dell’ETI, come previsto dal decreto legislativo, cioe` nel corso del 2000, e quindi con la privatizzazione che potra` avviarsi sostanzialmente a partire dal 2001.

Il piano di riassetto, anche in questo caso in perfetta coerenza con il decreto legislativo, non genera esuberi che iden- tificano fuoriuscite di risorse dal mercato del lavoro, che vengono collocate in altre attivita`. Si tratta dunque di una ristrut- turazione che non produce disoccupa- zione ma anzi che si chiudera` a saldo occupazionale positivo, perche´ sono pre- viste assunzioni a vario titolo e per varie motivazioni.

Partendo da questi punti di riferi- mento, possiamo trovare la ratio del piano individuando tre grandi blocchi: lo scena- rio competitivo, che obbliga a certi com- portamenti, il piano vero e proprio e le risultanze.

Lo scenario indica un costante au- mento della pressione competitiva, una concentrazione delle multinazionali e al- cuni processi di privatizzazione. Cono- sciamo l’esperienza dell’Austria, della Spa- gna e della Francia, paesi che hanno iniziato molto prima di noi e che hanno attuato una serie di concentrazioni. E` di questi giorni la notizia ormai ufficiale della fusione tra la Seita e la Tabacalera, che dara` luogo al nuovo soggetto impren- ditoriale, che sara` il quinto competitore mondiale nel settore dei tabacchi lavorati.

Di qui una progressiva marginalizzazione degli operatori domestici e un’ulteriore pressione sui marchi nazionali.

Il quadro di riferimento indica inoltre:

mercato in calo sui prodotti nazionali e licenze a rischio nel medio termine, de- terminato dall’allargamento dell’Unione

europea ad altri paesi produttori di ta- bacco quali Ungheria e Polonia, caratte- rizzati da costi piu` bassi; rischio by-pass nella distribuzione, a causa dei costi non allineati e quindi di una perdita di ricavi da distribuzione; perdita della fidelizza- zione del cliente; crescente sottoutilizzo dell’assetto distributivo attuale; svantaggio crescente dell’integrazione ETI-ATI a fronte delle mutate esigenze del mercato del tabacco grigio, da cui la diminuzione del valore del gruppo; rigidita` nelle poli- tiche degli approvvigionamenti; aumento dei costi degli approvvigionamenti stessi;

possibile diminuzione del contributo del fornitore per l’allineamento delle accise ai livelli europei, da cui deriva un calo dei ricavi e una possibile contrazione dei margini industriali.

Tutto cio` indica che i mutamenti dello scenario competitivo europeo impongono un piano di riassetto dell’Ente che assicuri la sostenibilita` a medio e lungo termine dei livelli di redditivita`.

Esaminando la situazione dei nostri competitori europei, da una delle tabelle distribuite risultano sulle ascisse le aree di attivita` e sulle ordinate i competitori.

Alcuni elementi accomunano le scelte strategiche dei vari soggetti: nessuno e`

presente nelle premanifatture, cioe` nes- suno e` verticalizzato; tutti operano nel settore delle sigarette e dei sigari; tutti operano nel settore della distribuzione ma con sistemi molto lontani da quelli che abbiamo ereditato dall’amministrazione dei Monopoli dello Stato; tutti sono di- versificati dal settore della lavorazione tabacchi solo per la distribuzione, trat- tandosi di due settori tra loro fortemente sinergici; tutti sono divisionalizzati, in quanto hanno un assetto organizzativo focalizzato sulle performance delle singole aree di core business (per ora l’ETI ha ritenuto opportuno assumere un assetto funzionale).

L’ETI ha ereditato una situazione in cui i prodotti italiani hanno registrato una caduta verticale; negli ultimi otto anni sono stati persi circa 20 punti di quota di mercato; i prodotti esteri e su licenza hanno invece registrato una crescita. Si

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evince una costante perdita di quota di mercato a favore della Philip Morris, la cui forza contrattuale e` cresciuta attra- verso lo strumento della licenza. Nel grafico distribuito e` riportato anche l’an- damento dei prodotti su licenza, un set- tore che commenteremo in seguito, sfug- gendo dalla facile suggestione di capire perche´ si sia determinata questa situa- zione di fatto e di criticare o meno la scelta a suo tempo compiuta di consentire la sostanziale « cannibalizzazione » del marchio MS dal marchio Diana. Il nostro compito e` di gestire partendo dalla situa- zione attuale, dalla quale pero` non pos- siamo prescindere.

L’attuale struttura dei ricavi indica circa 1.500 miliardi di ricavi da sigarette ed affini, 78 miliardi da sigari e sigarette, 81 miliardi dalla premanifattura (ricordo che c’e` un giro contabile per i contributi CEE di circa 40 miliardi), 62 miliardi dall’attivita` del sale, 186 miliardi come proventi della distribuzione, 177 miliardi dalla carta, 55 miliardi dai filtraggi. Il gruppo, nel totale, ha un giro d’affari dell’ordine di 2.140 miliardi, il che signi- fica che la concentrazione dei ricavi e` per circa il 75 per cento rappresentata dai prodotti da fumo e per l’8 per cento dalla distribuzione.

Vediamo ora, rispetto alla situazione attuale, quali siano le connesse criticita`.

Le 14 manifatture di sigarette e le 2 di sigari mostrano una struttura produttiva sovradimensionata con manifatture obso- lete, di piccole dimensioni e non specia- lizzate per etichetta. I 5 mila addetti di periferia operano in assenza di criteri di pianificazione della produzione legati alla domanda espressa dal mercato. La pro- duttivita` per addetto per sigarette e sigari di 9.500 chilogrammi-anno dimostra pro- cessi industriali inefficienti. La capacita`

produttiva di 100 milioni di chilogrammi- anno indica un portafoglio di prodotti non razionalizzato, con oltre il 60 per cento delle etichette non redditizio. Il 47 per cento di utilizzo degli impianti, lavorando ad un turno rispetto ai due o tre turni dei competitori europei, indica un divario tecnologico tra i diversi siti.

Quanto alla distribuzione, abbiamo 17 depositi di manifatture, con un ruolo distorcente dei magazzini di vendita sul mercato; 2 depositi import, con mancanza di visibilita` e di controllo dei lussi logi- stici; 20 depositi fiscali, con processi di gestione dello stock e del trasporto am- piamente burocratizzati; 580 magazzini, in totale assenza di sistemi informativi di gestione ordini integrati. L’eredita` dei monopoli ci consegna un sistema per cui l’ETI dopo la vendita attraverso il deposito al magazzino e` « cieco », cioe` non sa cosa succede ed e` lı` che si scatena la pressione competitiva della forza di mercato per far sı` che sugli scaffali del tabaccaio arrivino quantita` di prodotti divisi per marche e competitori che non sono in linea con la normativa vigente. Le rivendite sono 58 mila, con tariffari attuali non coerenti con il livello qualitativo del servizio offerto.

Sintetizzando al massimo, si evince la totale assenza di sistema informativo, la mancanza di presidio della distribuzione primaria, la mancanza di presidio della distribuzione secondaria. Dall’indagine che stiamo compiendo per costituire un data base del settore commerciale e`

emerso che contro una visita settimanale, ovvero ogni dieci giorni, presso le tabac- cherie dei nostri competitori, l’ammini- strazione dei Monopoli aveva fatto una sola visita negli ultimi dieci anni. Questo e` il gap commerciale.

Veniamo alle premanifatture. Abbiamo attualmente 10 stabilimenti, 7 dei quali sono dell’ETI e 3 dell’ATI, quindi un numero eccessivo di stabilimenti obsoleti e di piccole dimensioni. La produzione an- nua e` di 27.500 tonnellate, con una struttura sovradimensionata rispetto agli attuali livelli produttivi. La saturazione della capacita` produttiva e` inadeguata, con attivita` non focalizzata su varieta`

remunerative. I dipendenti sono 785 con organizzazione turnistica e contrattuali- stica del lavoro non allineata agli standard del settore. Sostanzialmente, noi non la- voriamo su piu` turni e non abbiamo stagionali, che sono una peculiarita` di questo settore; quando abbiamo stagionali,

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questi lavorano per 11 mesi, il che signi- fica non averli. Il risultato quindi e` in perdita.

Passiamo alle saline. Le saline appor- tate all’ETI sono 4 e vi sono disorganicita`

degli stabilimenti, carenza di presidio di essiccazione e vagliatura, assenza totale di una cultura della qualita`, alta incidenza del rapporto tra personale diretto ed indiretto, alti costi di estrazione del sale minerario.

Tutte le considerazioni fin qui svolte portano ad affermare che l’attrattivita` del mercato dei prodotti da fumo e` forte- mente a rischio per il produttore nazio- nale monopolistico. Aumenta la concen- trazione delle multinazionali e degli ex monopolistici, il mercato sui prodotti na- zionali e` in calo per la crescente fideliz- zazione ai gusti europei e nordamericani, vi e` il rischio concreto di una perdita delle produzioni su licenza. Come e` noto, il contratto su licenza e` stato prorogato fino al 31 dicembre 2000. E` verosimile imma- ginare che, se non ci allineeremo all’effi- cienza e alla competitivita` di paesi europei quali Polonia ed Ungheria, la Philip Mor- ris trasferira` le produzioni su licenza, che ad oggi sono 16 milioni di chili: il che significa circa il 30-35 per cento dei nostri 50 milioni di chili. Aggiungo che questo non e` tanto un rischio paventato, perche´

dalla documentazione trovata nello studio dello scenario competitivo da una rivista internazionale americana e` emerso che, nel 2002, 16 milioni di chili sarebbero stati trasferiti dall’Italia ad un paese che, se non ricordo male, e` l’Ungheria. Questo significa che dobbiamo « correre » per rendere attrattivo un determinato seg- mento; se poi questo segmento e` stato la causa della perdita dei 20 punti di quote di mercato, io ho la mia idea, ma oggi parto da una situazione di fatto.

Vi e` poi il rischio di perdita di business per la distribuzione a terzi. A fronte di una struttura di costi non competitiva e di una carenza di informatizzazione, vi e` il rischio concreto che i maggiori clienti che si avvalgono dei nostri canali distributivi decidano di mettere in proprio una catena

distributiva sul nostro territorio. Anche in questo caso bisogna quindi dare risposte in tempi brevi.

Ho in pratica gia` anticipato la situa- zione attuale dell’Ente, che riassumo ra- pidamente: un portafoglio diversificato e non focalizzato; una perdita continua di competitivita` sul mercato core; una strut- tura non dedicata ai business da presi- diare (parlo della divisionalizzazione); un assetto industriale e logistico obsoleto da razionalizzare; una cultura sostanzial- mente burocratica, preoccupata di garan- tire l’introito di IVA e accise e non sufficientemente focalizzata sulla gestione del business. Cio` significa che, in assenza di un piano incisivo di riassetto del gruppo, cioe` ipotizzando una gestione inerziale del business, per motivazioni endogene ed esogene, nel giro di pochi anni l’azienda andrebbe sotto zero. Il verificarsi infine di eventi esterni al con- trollo dell’ETI (mi riferisco ai fattori esogeni, licenza e monopolio) e` tra le cause fondamentali di questa possibile decadenza.

Vediamo ora cosa succederebbe nel caso in cui continuassimo a gestire l’azienda in modo inerziale. Partendo da- gli attuali 400 miliardi di MOL, sulle ascisse del prospetto che vedete ci sono i fattori endogeni: il che significa che la perdita progressiva delle quote di mercato di sigarette al trend del 2,5 per cento all’anno che si e` registrato fino ad oggi porterebbe ad una perdita di redditivita` di 135 miliardi circa nell’arco dei quattro anni. Sui sigari prevediamo una piccola crescita, perche´ abbiamo oltre l’80 per cento della quota di mercato. Abbiamo un ulteriore scadimento del settore delle pre- manifatture, mentre e` sostanzialmente ininfluente il sale, perche´, al di la` della strategicita` territoriale, e` un business pic- colo. I fattori endogeni, quindi, erodereb- bero circa 140-150 miliardi. Se aggiun- giamo i fattori esogeni, che sono ben piu`

di un rischio potenziale, il margine di 400 miliardi praticamente si azzera nell’arco di quattro anni.

Vediamo ora quali sono le linee guida di riassetto, cioe` che cosa il piano propone

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per rispondere a questa sfida competitiva.

La missione dell’ETI e` di condurre le attivita` conferite dall’amministrazione verso una societa` di diritto privato che, operando nei business dei prodotti da fumo e della distribuzione, recuperi la competitivita` persa negli anni e favorisca una valorizzazione dell’azienda attraverso la razionalizzazione del portafoglio di business e la focalizzazione delle risorse su attivita` coerenti con la missione azien- dale; la divisionalizzazione dell’azienda come strumento; la razionalizzazione e l’efficientamento del sistema industriale e distributivo.

Cominciamo a parlare del portafoglio di business. Abbiamo visto dove i grandi competitori europei sono presenti e dove non sono presenti. Teniamo conto che il decreto legislativo prevede comunque che, alla fine del percorso, vi sia una priva- tizzazione; quindi, affermare che alcuni business si dismettono prima ed altri dopo e` solo un problema di cum e non un problema di an, cioe` e` solo un fatto temporale. Nella parte sinistra del qua- drante abbiamo le attivita` di core busi- ness, in cui la dimensione del cerchio rappresenta la dimensione economica del business stesso. Appare evidente che core business sono tutto il settore dei tabacchi lavorati e la distribuzione, che e` altamente da valorizzare; non core business e` tutta la parte che citavo prima, ATICarta, le premanifatture, i filtri ed il sale. Dismet- tere non significa svilire, ma avviare un piano di ristrutturazione in tempi molto veloci per rendere competitivi (per quanto possibile) questi settori e poi avviare un processo di spin off (come si dice in gergo), cioe` di privatizzazione delle atti- vita` non core rispetto a quella che sara` la privatizzazione dell’azienda. Mi riferisco quindi all’ETI nella sua configurazione di persona giuridica di diritto privato.

Le linee guida di riassetto sono la razionalizzazione del portafoglio di busi- ness, la divisionalizzazione dell’ente e la razionalizzazione e l’efficientamento del sistema industriale e distributivo. Come verra` « assettata » da un punto di vista organizzativo l’ETI ? E` prevista un’ETI

corporate leggera, con funzioni di guida e di indirizzo, da cui dipendono alcune divisioni che, come si dice in questi casi, sono divisioni pesanti, nel senso che in- globano una serie di funzioni oggi presenti nell’ETI.

Per quanto riguarda la divisione pro- dotti da fumo, a cui e` strettamente con- nessa la strategic business unit dei sigari per la forte complementarieta` e sinergicita`

che ravvisiamo tra business delle sigarette e business dei sigari, confluiranno in essa tutte le funzioni tecniche, le funzioni commerciali, le funzioni di ricerca e sviluppo, cioe` tutto cio` che consente un’autonomia gestionale della divisione prodotti da fumo, lasciando alla corporate solo le funzioni guida, controllo e gestione finanziaria. Ci sono poi la divisione di- stribuzione, di cui parlero` dopo, ed altre due aree, che sono aree di transito, cioe`

la divisione immobiliare, dove conflui- scono le attivita` immobiliari risultanti dal processo di riassetto (le quali, previa opportuna valorizzazione, dovranno es- sere alienate e diventare un generatore di cassa e di plusvalenza), ed il coordina- mento del business non core per gestire la fase di riassetto e l’iter di privatizzazione, secondo gli indirizzi che il Governo vorra`

dare nel caso specifico.

Veniamo ora all’assetto industriale e distributivo. Per i prodotti da fumo, le linee guida di intervento prevedono l’eli- minazione delle capacita` in eccesso, la ricerca di specializzazione per etichette, volumi associati e dislocazione geografica delle manifatture compatibile e coerente.

Per la distribuzione, il piano prevede una gestione integrata e centralizzata della raccolta degli ordini, della distribuzione e del servizio clienti. Questo significa recu- pero del presidio del trade intermedio e del trade finale; significa informatizza- zione, significa che la gestione degli ordini e della fatturazione non dovra` piu` passare per gli attuali magazzinieri (che nel piano cambiano mestiere); cio` comporta un pre- sidio diretto tra l’ETI e il retailer, tra l’ETI ed il tabaccaio, tra l’ETI ed il cliente, colui che acquista il tabacco lavorato. Sempre con riferimento alla distribuzione, si pre-

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vede l’ottimizzazione della catena logi- stica, con riduzione dello stock e gestione attraverso un sistema informativo al- l’avanguardia.

Quanto alla trasformazione della parte tabacco, il piano prevede la chiusura delle agenzie di premanifattura in eccesso ri- spetto alla produzione attesa ed una seria revisione dell’organizzazione del lavoro (turni e stagionalita`). Per quanto riguarda il sale, le linee guida di intervento preve- dono la chiusura della salina di Cervia, in linea con le opzioni gia` assunte da circa tre o quattro anni dall’amministrazione dei monopoli, e la razionalizzazione del- l’organico e dei principali processi per quanto riguarda le altre tre saline.

Per quanto concerne la divisione pro- dotti da fumo, la nostra missione e` quella di essere un operatore profittevole attra- verso lo sviluppo, la produzione e la promozione di prodotti di qualita`, al fine di mantenere una posizione significativa nel nostro mercato, per massimizzare il valore dell’Ente. Gli obiettivi strategici sono: il recupero di competitivita` sul mercato attraverso una leva di marketing efficace e con il presidio commerciale sul territorio; la ricerca di qualita` dei prodotti attraverso una strategia di approvvigiona- mento efficiente (e non piu` in una situa- zione di sostanziale focalizzazione su un unico fornitore), una produzione econo- mica e di qualita` delle sigarette nazionali e su licenza (per mantenere la fidelizza- zione di colui che determina circa il 25-30 per cento attuale della redditivita` azien- dale) e un coordinamento efficiente con la divisione distribuzione (da qui la forte sinergicita` tra produzione e distribuzione in tutta Europa); l’internazionalizzazione dei prodotti nazionali ed in particolare del sigaro toscano (da qui la stretta connes- sione che noi vediamo tra sigarette e sigari) ed infine lo sviluppo di nuovi canali per la comunicazione e la commer- cializzazione, in particolare all’estero.

L’obiettivo di recuperare la competiti- vita` sul mercato passa attraverso la ra- zionalizzazione del portafoglio dei pro- dotti nazionali, l’introduzione di nuovi prodotti, il presidio commerciale diretto e

sulla periferia. L’efficienza nei costi e nella qualita` del prodotto significa: razio- nalizzazione delle manifatture; ridefini- zione delle politiche di acquisto; iniziative congiunte con i fornitori per ottimizzare qualita` e flussi logistici; avvio di un piano di recupero della produttivita` attraverso l’organizzazione del lavoro, il trasferi- mento delle linee per ottimizzare le tec- nologie disperse e il reengineering dei processi. Si prevede poi un progetto di internazionalizzazione dell’ETI, in parti- colare per quanto riguarda il sigaro « To- scano », e lo sviluppo di nuovi canali di comunicazione e commercializzazione.

In termini di portafoglio prodotti, at- tualmente operiamo con 55 codici. Preve- diamo una razionalizzazione dei codici nella misura del 31 per cento circa, che porta ad una riduzione del 56 per cento dei codici presenti nel 1998. Tale ridu- zione determina una perdita molto con- tenuta dei ricavi (circa il 4 per cento), a nostro avviso minimizzabile e sostanzial- mente recuperabile con una strategia commerciale adeguata e portatrice di op- portunita` elevate di riduzione dei costi di produzione e di distribuzione. Tradotto in termini piu` immediati, cio` significa che la riduzione del 56 per cento delle etichette, se teoricamente comporta la perdita di un minimo di margine, determina peraltro efficienze tali che il saldo complessivo e`

fortemente profittevole. Ricordo, solo per inciso, che nell’ABC del nostro fatturato l’80 per cento di quello relativo alle sigarette nazionali si ottiene con otto etichette.

Sul piano commerciale, e` prevista l’in- troduzione nel 2000 e 2001 di tre linee di sigarette per sei nuove etichette (una linea nella fascia media e due nella fascia alta).

Dobbiamo infatti colmare il gap che oggi esiste all’interno dei nostri prodotti: so- stanzialmente, vi e` un vuoto tra i prodotti da 4.000 lire ed i prodotti tra le 5.000 e le 5.500 lire, dove una grossa fetta di mercato puo` essere oggetto di battaglia commerciale. Questo e` lo spazio che dobbiamo occupare con prodotti che siano degni di tale nome. Prevediamo

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quindi che i volumi di vendita crescano nella misura che potete vedere nel pro- spetto relativo.

A proposito della crescita dei volumi e della sfida di questo piano che, tengo a sottolinearlo, e` un piano di espansione, tra il 1999 ed il 2003 e` previsto un incremento dei volumi complessivi del 7 per cento circa. Se facciamo bene i conti, cioe` se confrontiamo le vendite che pre- vediamo di avere nel 2003 con le vendite che avremmo, sempre nel 2003, nello scenario inerziale, vediamo che il diffe- renziale e` del 37 per cento. Questo signi- fica che accettiamo la sfida chiedendo produttivita` nei termini che vedremo: non, come qualcuno ha detto, con un incre- mento delle vendite del 7 per cento, bensı`

di quasi il 40 per cento e con un incremento delle quote di mercato del 10 per cento. Si tratta quindi di un piano altamente « sfidante ».

Sul piano commerciale e` prevista, poi, la creazione di una rete commerciale e del piano del marketing attraverso il blocco progressivo della perdita di quota di mercato nel 2000 (si inizia a bloccare il trend di 2,5 punti di quota di mercato ineluttabile) puntando, dal 2001, al recu- pero dell’1 per cento medio annuo per le sigarette e mantenendo la quota di mer- cato per i sigari, che e` leggermente supe- riore all’80 per cento. Prevediamo di creare una rete commerciale, come i nostri migliori competitori, con 150 ad- detti, per un costo stimato dell’ordine di 9 miliardi in media annui; un piano di investimenti di marketing e di promozione immagine e prodotti, che prevediamo di sostenere con investimenti di circa il 3 per cento di fatturato; lo sviluppo di canali virtuali (pensiamo al programma e-com- merce), evidentemente non sul mercato domestico. L’internazionalizzazione si fa quando c’e` il prodotto. Dove pensiamo di andare, per quanto riguarda le sigarette, avendo i prodotti giusti nei termini di cui parlavo prima ? Nel Medio Oriente, nei paesi dell’est Europa e nell’Asia del Paci- fico. Non possiamo pensare di andare a fare concorrenza alle major multinazio- nali nelle loro aree peculiari. Ipotesi di

prodotto sono: nel Medio Oriente, siga- rette scure; nei paesi dell’est europeo, l’estensione della gamma « MS Venezia »;

nell’Asia del Pacifico, le slim, che hanno dei trend estremamente promettenti.

L’obiettivo nel 2003 e` raggiungere 1 mi- lione di chili. Sui sigari, i mercati sono l’Unione europea, la Svizzera, il nord America e l’Australia, con un prodotto molto verosimilmente ad hoc, di alta gamma, cioe` un Toscano « Premium », con un obiettivo di 100-150 mila chili annui.

Passiamo ora a descrivere le unita`

produttive. La logica in base alla quale sono state individuate le manifatture come quelle sulle quali impalcare la nuova azienda si e` basata sulla massimizzazione della concentrazione dei volumi e sap- piamo che la capacita` di prima e seconda fase non e` trasferibile (driver: capacita`

produttiva di prima e seconda fase instal- lata); sulla massimizzazione dell’utilizzo degli impianti; quindi sulla trasferibilita`

degli impianti di terza e quarta fase vincolata agli spazi esistenti (driver: pre- senza di impianto slicer, cioe` l’impianto di scioglimento della materia prima); sull’as- sicurazione di una suddivisione efficiente della produzione sul territorio, perche´

non ci possiamo dimenticare che la lati- tudine penalizza o premia e l’Italia e`

stretta e lunga, per cui e` necessaria un’equilibrata ripartizione delle manifat- ture tra nord e sud e l’accessibilita` alle reti di trasporto (driver: area geografica e localizzazione urbana).

Nella tabella che illustra la divisione dei prodotti da fumo sono indicate le manifatture con l’area geografica, la loca- lizzazione urbana, i coefficienti di produ- zione effettiva per turno annuo di prima e seconda fase, l’estendibilita` e cioe`, in termini di lay out, il numero di isole di terza e quarta fase espandibili nell’obiet- tivo di concentrare le eccellenze tecnolo- giche. Ricordiamo che il settore dei ta- bacchi lavorati ha barriere tecnologiche bassissime, non e` capital intensive e la presenza delle apparecchiature sul terri- torio e` a macchia di leopardo. Il processo indicato presuppone la concentrazione e infatti avrete notato che il livello degli

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investimenti e` sostanzialmente modesto, proprio perche´ si tende ad ottimizzare l’esistente. Nel grafico infine e` indicata la presenza di impianto slicer.

Da questa griglia di motivazioni emerge la logica in base alla quale si individuano gli stabilimenti che potremmo definire la

« prima scelta » su cui incardinare il pro- cesso; i vari stabilimenti vengono giudicati nel grafico come « positivi », « indifferenti » o « negativi » e gli stabilimenti di Bologna, Chiaravalle e Lecce soddisfano i requisiti industriali.

Quanto alla divisione dei prodotti da fumo in termini di addetti, di produzione e di principali brand, emerge che a Chiaravalle gli addetti sono 449, che la- vorano sei giorni su sette su tre turni di sei ore, con i principali brand ( Diana, Marlboro, MS e Muratti). A Bologna gli addetti sono 408, per cinque giorni setti- manali su due turni di sette ore e venti minuti e con la marca MS di tutti i tipi, anche per risolvere il problema della distribuzione sul territorio di questo tipo di sigarette che sono diverse, per gusti e qualita`. A Lecce gli addetti sono 320, con la medesima turnistica di Bologna (brand:

MS e Diana). Lucca e` il centro di produ- zione dei sigari, con 532 addetti.

Ricordo per inciso che pochi giorni prima della firma del decreto intermini- steriale si era proceduto al raddoppio dell’investimento per lo stabilimento di Lucca, per una cifra di 32 miliardi. Anche in questo caso non spetta a me fare considerazioni: prendo atto del fenomeno, che e` stato comunque un « paletto » in piu`

sul nostro cammino.

Nella distribuzione di prodotti da fumo e non, la missione e` quella di essere l’operatore italiano integrato di riferi- mento, neutrale, efficiente e competitivo.

Gli obiettivi sono quindi la neutralita`

rispetto ai fornitori, l’efficienza del si- stema, l’avanguardia tecnologica e infor- matica per il miglioramento del servizio e l’abbattimento dei costi, un servizio al cliente accurato ed efficiente, l’estensione della gamma a prodotti non da fumo, riempiendo la pipeline che creiamo con tutti i prodotti che arrivano sul banco del

tabaccaio, senza « cannibalizzare » le so- cieta` eventualmente gia` costituite dai ma- gazzinieri e dalla FIT alle quali vogliamo fornire un servizio; e` bene precisarlo perche´ altrimenti puo` sembrare un atto di prevaricazione verso settori gia` costituiti.

Infine vi e` l’obiettivo dell’estensione dei punti vendita serviti.

Per la distribuzione le azioni previste sono: sviluppo con i principali fornitori di procedure trasparenti di gestione degli ordini; razionalizzazione del sistema di distribuzione per allineamento dei costi logistici; definizione di un sistema affida- bile di rifornimento per minimizzare i costi; « progetto sicurezza », un punto fon- damentale perche´ nel 1999 abbiamo gia`

avuto, se non erro, 14 o 16 miliardi di danno per furti. Altri obiettivi sono l’avanguardia tecnologica ed informatica ed un servizio al cliente accurato ed efficiente attraverso un piano di customer care, cioe` un call center per garantire ai tabaccai un punto di informazione co- stante; infine, l’estensione della gamma a tutti i prodotti « non fumo ».

L’assetto della distribuzione e` basato su linee-guida e quindi nella fase di implementazione di tali progetti (i cui ritorni economici sono quelli indicati nel piano e per i quali il consiglio dell’ATI s’impegna) si hanno dei tassi di flessibilita`

per aggiustamenti. Tale assetto prevede le manifatture, due main distribution centre (MDC), i grandi polmoni distribuiti oppor- tunamente sul territorio nazionale, 11 main transit point (MTP), dove arrive- ranno via gomma i prodotti che verranno successivamente sventagliati con capilla- rita` sul territorio nei circa 300 local cross docking. In termini pratici avviene che dalle manifatture e dai depositi delle manifatture i quantitativi di prodotto ar- rivano, via ferrovia, ai due MDC; da qui partono su gomma e si segue il procedi- mento usato per la distribuzione dei prodotti alimentari freschi con i quali il nostro prodotto ha fortissime similitudini.

Uno dei piu` grossi problemi che incon- triamo e` quello dei prodotti obsoleti o rovinati perche´ restano nei carri ferroviari per due o tre mesi. Con il nuovo sistema,

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gli ex magazzinieri non avranno piu` il magazzino se non una scorta per 7-8 giorni per fronteggiare eventuali richieste.

Il prodotto arriva ad una determinata ora della mattina presto, sui pallet, che poi devono essere aperti e sventagliati; suc- cessivamente con un sistema su gomma e con piccoli mezzi, si procede al door to door ai tabaccai, ottimizzando ulterior- mente il servizio. E` evidente che i ma- gazzinieri devono cambiare missione.

Questo sistema di distribuzione e` mu- tuato da aree di business fortemente complementari e tiene conto delle espe- rienze degli altri paesi europei, scontando la differenza morfologica del territorio e l’effetto latitudine proprio dell’Italia.

Per il tabacco gli obiettivi sono quelli della razionalizzazione dell’assetto indu- striale, del consolidamento del presidio delle associazioni di categoria e delle aree tabacchicole, dello sviluppo dei canali per l’esportazione al fine di ridurre la dipen- denza delle manifatture dal mercato cap- tive dell’ETI. Attualmente la situazione di sostanziale monopsomio rappresenta uno svantaggio competitivo. Gli obiettivi sa- ranno raggiunti attraverso l’integrazione delle strutture e del portafoglio dei for- nitori ETI-ATI; la concentrazione dell’at- tivita` in tre stabilimenti; un’organizza- zione del lavoro allineata agli standard di mercato; la focalizzazione del presidio territoriale dei coltivatori su aree di pro- duzione a varieta` strategiche e remune- rative; la ridefinizione del mix qualitativo dei prodotti; lo sfruttamento delle sinergie commerciali temporaneamente esistenti tra ETI e Nuova ATI per il consolida- mento dei rapporti di interscambio.

Le logiche e i criteri di individuazione dei siti delle premanifatture per il tabacco per sigarette sono i seguenti: ottimizza- zione del grado di utilizzo della capacita`

produttiva, dimensione degli stabilimenti, struttura produttiva flessibile, quindi pre- sidio dell’intero ciclo produttivo, capacita`

produttiva degli impianti, condizioni degli immobili. Sono conseguentemente emersi come ottimali i siti di Santa Maria Capua Vetere e Santa Lucia. Per il tabacco Kentucky, la cui rilevanza strategica per il

sigaro non sfugge e per il quale tuttavia non e` necessaria una verticalizzazione, e`

stato individuato come sito strategico quello di Foiano. Un assetto industriale basato su tre impianti appare dunque necessario per sostenere flessibilita` suffi- ciente.

Per il business sale, al fine di raggiun- gere la razionalizzazione e l’efficienta- mento delle saline, sono state individuate le seguenti azioni: dismissione della salina di Cervia, strutturalmente in perdita; ra- zionalizzazione delle risorse dirette e in- dirette degli altri siti; trasferimento del- l’impianto di ammassamento da Cagliari a Sant’Antioco. Per la focalizzazione del portafoglio dei prodotti si ritiene neces- sario procedere all’eliminazione dei pro- dotti strutturalmente in perdita. Quanto allo sviluppo dei rapporti con la grande distribuzione, occorre un approfondi- mento sul posizionamento di pricing per verificare le opportunita` di inserimento dei « brand premium ».

Al riguardo non credo di svelare nulla dicendo che i rapporti con la grande distribuzione sono in una fase estrema- mente avanzata e riteniamo di poterci posizionare, a partire dalla fine del 1999, con prodotti ad elevata redditivita`, an- dando a recuperare anche in questo caso il presidio del mercato intermedio. Attual- mente l’ATI sale opera attraverso una serie di concessionarie senza avere un’adeguata visibilita` sul mercato finale:

riteniamo che, concertando opportuna- mente i rapporti con i partner tradizionali, si possano avere spazi di presenza su

« brand premium » sulla grande distribu- zione (praticamente il baricentro si sposta dal sale industriale al sale alimentare).

Il piano di riassetto delinea, oltre alle ristrutturazioni, anche rilevanti opportu- nita` di sviluppo qualitativo e quantitativo, in termini di funzioni e risorse a conte- nuto professionale. Il ridisegno delle atti- vita` di business nonche´ gli obiettivi di miglioramento configurano potenziali aree di sviluppo. Nei prodotti da fumo emerge l’esigenza di costituire un vero polo di ricerca, sul modello dei grandi competitori europei, in grado di coprire le diverse

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aree strategiche (miglioramento della qua- lita`, del gusto del prodotto e impatto sulla salute); l’area di possibile collocazione del polo di ricerca, come ipotesi formulata dal consiglio di amministrazione nel piano e tenendo conto degli impianti chiusi, po- trebbe essere quella di Napoli dove esiste un tessuto culturale e universitario ido- neo. Emerge altresı` l’esigenza di costituire una rete commerciale di promoter sulla tipologia dei grandi competitori interna- zionali (abbiamo gia` detto dei 150 addetti, ripartiti sul territorio nazionale). Per la distribuzione vi e` l’esigenza di costituire un call center in grado di gestire tempe- stivamente i rapporti con i tabaccai e soddisfare le richieste della clientela.

Vorrei ora affrontare l’impatto econo- mico complessivo del piano. In tutte le aree di business, sia core sia non core, il piano riguarda le risorse umane e gli investimenti (capitalizzabili, quali gli im- pianti, e non capitalizzabili, quali le spese commerciali) da tutti i punti di vista prima illustrati ed ha come sbocco da un lato il piano degli investimenti e dall’altro il processo di ricollocamento degli esodi.

Per quanto riguarda i dati segnaletici, con riferimento al volume delle vendite, il 7 per cento di cui parlavo prima va letto, rispetto al 2003, come un + 37 per cento.

Le quote di mercato delle sigarette sono finalmente di segno positivo che, secondo lo stesso criterio, va letto come un + 10 per cento. Tra tutti gli altri parametri sottolineo in particolare il costo indu- striale, che dalle 19.000 lire attuali passa alle 15.000 lire nel 2003, che e` poi la contropartita del riassetto industriale. Per la divisione distribuzione abbiamo para- metri che tendono ad allinearsi a quelli dei competitori europei. Sulla divisione sale vi e` un recupero di efficienza com- plessiva, che sottende evidentemente al ritorno alla redditivita` di questo settore, strutturalmente in perdita. Cio` significa che, se il risultato operativo del 1999 e`

stimato in circa 350 miliardi, il piano, attraverso le componenti di cui parlavo prima (il delta del valore aggiunto per la crescita sui mercati e l’efficienza produt- tiva), penalizzate dagli investimenti non

capitalizzabili commerciali (che sono circa 74 miliardi), portera` l’azienda ad avere, a fronte di un fatturato di circa 2.300-2.350 miliardi, un risultato operativo di circa 700 miliardi.

Veniamo all’impatto occupazionale.

Sulla salvaguardia occupazionale non devo dire nulla da un punto di vista di principio, perche´ interviene il decreto legislativo. Per quanto riguarda invece la dinamica, il piano prevede esodi teorici verso la pubblica amministrazione di circa 4.800 unita`. Dal data base che abbiamo ricostruito emerge che circa mille addetti hanno i requisiti di legge per un imme- diato pensionamento e che altri mille circa hanno un delta temporale che li separa dalle condizioni di legge per il pensionamento estremamente modesto.

Ergo, poiche´ il decreto legislativo prevede esplicitamente la possibilita` di ricorrere a forme di incentivazione, ove concordato con le organizzazioni sindacali ed ottenute le approvazioni governative, questo per- corso, atteso che l’ETI ha liquidita` e piani di investimenti modesti, potrebbe consen- tire di ridurre la problematica del 40 per cento.

Per quanto riguarda gli altri problemi, siamo pronti ad affrontarli con una serie di progetti che prevedono non il supino affidamento alla pubblica amministra- zione, ed in primis al Ministero delle finanze, ma un processo di accompagna- mento, da posto a posto, da concertare con la direzione generale del Ministero delle finanze ovvero con gli enti pubblici che ci verranno indicati o con altre istituzioni (penso a Sviluppo Italia). Ab- biamo non solo delle idee, ma anche dei progetti, sui quali siamo disponibili a confrontarci analiticamente sia con le organizzazioni sindacali sia con tutti gli enti e le istituzioni che ci verranno indicati. Vogliamo quindi evidenziare, come elemento qualificante di questo per- corso, delle proposte da gestire in fieri. Si prevedono, inoltre, circa 800 assunzioni qualificate, 360 circa per il completa- mento degli organici nei siti dove cio` si rende necessario sia per esigenze di pro- duttivita` sia per condizioni di prepensio-

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namento ed inserimenti nuovi e circa 450 unita` per nuove attivita`. Mi permetto quindi di ribadire che questo e` un piano di sfida, un piano di crescita, che alla fine, a saldi chiusi, crea anche occupazione.

Quali sono gli indicatori di riferimen- to ? L’ETI nel 1999 ha avuto le seguenti performance: per stabilimento produce 3,2 milioni di chili-anno (e` una media che sconta le eccellenze e gli ultimi della classe !); ha una produttivita` per addetto di 10,7 chili-anno ed una incidenza del MOL sui ricavi del 23 per cento. I competitori europei (mi riferisco a Seita, Tabacalera ed Austria Tabak) hanno per- formance che sono, tra i primi e gli ultimi della classe, quelle che vedete nel pro- spetto: a fronte dei nostri 3,2 milioni di chili, ci sono i 45 milioni di chili del migliore e i 10 milioni dell’ultimo; a fronte dei nostri 10,7 chili di produttivita`

per addetto, ci sono, rispettivamente, 33 mila e 46 mila chili; a fronte del nostro 23 per cento di incidenza del MOL, vi e`

un 33 per cento ed un 40 per cento.

Il piano propone di mettere l’ETI sostanzialmente a meta` di questo range, talvolta puntando sulle eccellenze. Questo e` l’obiettivo fondamentale. Il consiglio di amministrazione mi ha conferito, all’una- nimita`, un mandato da un lato rigido e dall’altro flessibile. La rigidita` del man- dato sta nel fatto che il consiglio di amministrazione ritiene che, come pre- vede il piano, nel 2003 si debba avere un’azienda dignitosamente presente nello scenario competitivo europeo (e in tal senso io devo operare). La flessibilita`

deriva dalla circostanza che i fattori che devono portare a questo obiettivo sono e devono essere oggetto di confronto con tutti i grandi portatori di interesse, quindi in primis con le organizzazioni dei lavo- ratori.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Ba- sile per la sua ampia ed approfondita esposizione e do la parola ai colleghi che desiderino intervenire.

GIOVANNI DI FONZO. Non ho letto il piano illustrato dal dottor Basile, ma la

sua ampia esposizione mi consente di affermare che si tratta di un piano buono, di un tentativo serio ed organico di razionalizzazione, per cercare di restituire a questo settore una competitivita` e quindi anche una speranza di tenuta e di sviluppo.

Non posso tuttavia non rappresentare in questa sede un problema di dettaglio, che riguarda la regione Abruzzo, la quale ha un trend generale molto particolare, in quanto e` l’unica regione europea che e`

uscita dall’obiettivo 1. Questa uscita, av- venuta il 31 dicembre 1996, ha gia` avuto costi pesantissimi in termini economici ed occupazionali, tanto e` vero che negli ultimi tre anni la regione ha perso circa il 4 per cento della sua occupazione, a cui si aggiunge il tasso di disoccupazione, che non e` tragico ma e` comunque superiore alla media nazionale.

Credo che, anche quando si opera in settori cosı` specifici, chi pone mano ad una ristrutturazione settoriale non possa non contestualizzare la scelta peculiare che si compie rispetto all’insieme dell’eco- nomia regionale. La coltivazione e la trasformazione del tabacco nella regione Abruzzo ha sempre rappresentato un comparto significativo. Questa regione ha vissuto problemi di riconversione varietale di non poco conto, tant’e` vero che prima si coltivavano solo i levantini mentre oggi si coltivano fondamentalmente i bright.

Ho ascoltato con molto interesse il pas- saggio dell’intervento del dottor Basile in cui egli ha detto che quello dei sigari e`

uno dei settori strategici di rilancio del- l’attivita`. La riconversione a cui accennavo in Abruzzo ha determinato due conse- guenze. Da una parte vi sono stati forti investimenti pubblici per la costruzione ex novo di uno stabilimento che risale a 10-15 anni fa, quindi anche per la crea- zione di buona tecnologia, tuttora valida;

dall’altra parte, la riconversione e` stata pagata anche dai coltivatori, perche´ un conto e` coltivare i levantini, ben altro conto e` coltivare i bright. L’intervento piu`

costoso e` stato quello di ristrutturazione

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ed ampliamento della rete irrigua, perche´

la coltivazione del tabacco bright com- porta un uso massiccio dell’acqua.

Lo stabilimento ATI di Lanciano, tra l’altro, ha una lunga tradizione. Aveva migliaia di addetti, ma poi ha subito tutto cio` che hanno subito gli altri stabilimenti e il suo personale si e` ridotto a 30 addetti fissi e 70 stagionali. Noi, dottor Basile, ci sentiamo un pochino offesi da questo piano, che ignora completamente quella realta`. Per le ragioni che ho spiegato prima ed anche per la ridotta dimensione del numero degli occupati, le chiedo di svolgere un supplemento di esame che riguardi anche la nostra realta`, perche´, se non ho capito male, i 100 addetti dello stabilimento di Lanciano, per come sono impostati il decreto legislativo ed il piano, non hanno alcuna possibilita` di ricolloca- zione.

Aggiungo un solo dettaglio e concludo subito. Lei ha parlato dell’importanza del presidio territoriale dei coltivatori su aree di produzione di varieta` strategiche, e su questo sono d’accordo. Ha parlato anche di presenze in ordine alla latitudine.

Voglio sottoporre alla sua attenzione un solo dato: dopo la ristrutturazione, da Chiaravalle a Lecce, cioe` per piu` di mille chilometri, non ci sara` piu` alcuna traccia di manifattura o di premanifattura del tabacco. Non pretendo da lei una risposta esaustiva; voglio solo che l’Ente approfon- disca meglio la situazione che ho rappre- sentato, perche´ sono convinto che lo stabilimento in questione si presti anche ad eventuali riconversioni e ad utilizzi nello stesso settore oppure in segmenti diversi da quelli occupati fino ad adesso.

Ci interessa inoltre vedere se nelle pieghe del decreto e del piano complessivo si possa trovare una soluzione che dia un minimo di speranza agli addetti dello stabilimento di Lanciano, che tra l’altro sono prevalentemente femminili. Lei sa infatti quanto sia pesante la disoccupa- zione, in particolare quella femminile.

PRESIDENTE. Invito tutti i colleghi a svolgere interventi brevi.

GABRIELLA PISTONE. Presidente, in- tervengo sull’ordine dei lavori perche´ ri- tengo che un tema cosı` importante per le ricadute che comporta non possa essere esaurito in un’audizione di una o due ore, visto anche l’elevato numero di interventi previsti. Tra l’altro, abbiamo preso uffi- cialmente visione del piano solo questa mattina, anche se esso e` stato messo in distribuzione quattro giorni fa ed e` stato ampiamente illustrato oggi dal dottor Ba- sile, che ringrazio. Credo quindi che tutti abbiamo l’esigenza di approfondirlo e di valutare attentamente il suo contenuto.

Sarebbe pertanto opportuno, a mio avviso, un nuovo incontro con il dottor Basile, perche´ il nostro lavoro consiste nel valu- tare l’impatto che certe ristrutturazioni e riorganizzazioni hanno sulla realta` con- creta del nostro territorio e sui lavoratori.

PRESIDENTE. Voglio solo precisare, onorevole Pistone, che il piano illustrato dal dottor Basile e` stato messo in distri- buzione gia` la settimana scorsa e che l’ufficio di presidenza ha organizzato tem- pestivamente quest’audizione, anche su richiesta di molti colleghi, perche´, come ha detto anche il dottor Basile, non siamo di fronte ad un piano preconfezionato. Il piano infatti sara` sottoposto gia` nei pros- simi giorni all’attenzione e alla discussione con le diverse forze sociali. Ci e` sembrato quindi importante dare ai parlamentari la possibilita` di intervenire nel merito, anche se voglio ricordare che il decreto legisla- tivo non prevede un parere del Parla- mento sul piano che e` stato presentato.

Dal momento, tuttavia, che esso sara`

oggetto di un confronto con le parti sociali, abbiamo ritenuto importante che anche il Parlamento potesse esprimersi su tale piano.

LUCIO MARENGO. Signor Presidente, anche se e` vero che il parere di questa Commissione sul piano di riassetto del- l’ETI non e` vincolante, devo far presente che l’Ente ha rifiutato l’accesso alle in- formazioni. La scorsa settimana un gruppo parlamentare si e` visto negare dalla segreteria del dottor Basile copia del

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piano, che del resto tutti conoscevano; e`

stato detto che poteva essere chiesto al Ministero delle finanze. Devo stigmatiz- zare questo atteggiamento perche´ lo ri- tengo al di fuori delle regole e comunque poco corretto. La mia non e` una polemica ma solo un’osservazione, perche´ credo che in tal modo venga ridotto il potere di sindacato ispettivo dei parlamentari, con- siderato anche che il piano era gia` stato assunto dal consiglio di amministrazione e che quindi si trattava di un atto pubblico.

Passando al merito, il dottor Basile sostiene che il piano non comporta una diminuzione dell’occupazione. E` uno strano modo di intendere l’occupazione perche´ si passa da 6 mila addetti a 2.900;

il presidente ha parlato anche di esodo, di prepensionamenti. Io parlo invece di unita`

produttive e cito soltanto come esempio il caso di Bari: lo stabilimento, che ha 450 dipendenti, dovrebbe essere chiuso entro un anno. Probabilmente queste persone non resteranno senza lavoro, ma di fatto si perde un’unita` produttiva, con tutto l’indotto che ruota intorno ad essa e con tutte le conseguenze che ne deriveranno per una zona gia` penalizzata dalla disoc- cupazione. Non si tratta dunque di un evento positivo per la Puglia.

Siamo favorevoli alle privatizzazioni, ma non a quelle fatte in questo modo, cioe` ad uso e consumo di un competitore straniero del quale lei, presidente Basile, non ha mai parlato, limitandosi a citare i soggetti europei. Vorrei allora capire perche´ si e` proceduto alla privatizzazione;

credo che cio` sia avvenuto perche´ il monopolio non ha dato risultati. Le re- sponsabilita` sono gestionali o politiche ? Lei potra` dire che non e` responsabile della situazione se non da quando e` stato nominato presidente dell’ETI, ma vorrei ricordarle che durante la sua gestione il mercato italiano ha perso altri quattro punti – amo dimostrare le mie afferma- zioni – per colpa non della trasforma- zione dell’assetto ma del crescente au- mento del contrabbando, contro il quale c’e` una finzione di repressione.

Come ritiene di poter recuperare le quote di mercato, visto che non puo` fare

promozione (il divieto sulla pubblicita` dei prodotti da fumo peraltro vale solo per quelli italiani perche´ alcune riviste che vendono 200 mila copie fanno pubblicita`

alle sigarette americane e non succede niente). Chiedero` di abolire il divieto di pubblicita` perche´ anche il prodotto ita- liano possa diventare competitivo.

Risulta tra l’altro che l’ETI si sia dotato di una struttura finanziaria e mobiliare, come se lo scopo della sua attivita` fosse quello di realizzare un piano di alienazione e dismissione. Pare altresı`

che sia stato fatto un largo uso di con- sulenze per la predisposizione del piano.

Gradiremmo avere l’elenco dei consulenti incaricati, per i quali sembra siano state spese cifre miliardarie.

La mia preoccupazione e` che il nuovo ente non veda mai la luce come societa`

per azioni perche´ quando lo sara` diven- tato non sara` piu` ETI ma forse una multinazionale che gestira`, come in questo momento, il 70 per cento del mercato italiano delle sigarette, legale e illegale.

Questi i dati che sono emersi nel corso delle audizioni che la Commissione ha svolto. Dal 1994 ad oggi – l’ETI non c’era, ma noi eravamo qui – si sono succeduti vari dirigenti dei monopoli: ascoltandoli abbiamo capito perche´ l’azienda non ha funzionato. L’Ente non e` stato messo in condizione di funzionare perche´ il de- grado era mirato allo sfascio totale per arrivare ad una fantomatica privatizza- zione e consegnare nelle mani della mul- tinazionale il mercato del tabacco.

Non voglio evidenziare semplicemente il caso di Bari o quello di Rovereto o altri, ma solo rilevare che si perderanno 4 mila posti di lavoro; forse possiamo usare un altro termine: non saranno rinnovati.

Come si puo` esprimere un parere positivo su una trasformazione mirata a questo scopo ? L’alone di mistero che ha circon- dato il piano, perche´ ci e` stata negata l’informazione, ne e` la prova.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare ai col- leghi che la materia e` da tempo all’atten- zione della Commissione finanze e che, su sollecitazione dell’ufficio di presidenza, in

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data 30 settembre ho chiesto che venis- simo immediatamente informati del piano. Il consiglio di amministrazione si e`

riunito il 4 ottobre ed il giorno successivo vi e` stata la trasmissione ufficiale del piano stesso.

LUCIO MARENGO. Non ho fatto obie- zioni su questo ma sul fatto che il piano non e` stato dato ad un gruppo parlamen- tare.

PRESIDENTE. Ricordo altresı` come il dottor Basile ha precisato che l’operativita`

del piano e` sospesa in attesa del neces- sario confronto con le organizzazioni sin- dacali e la successiva trasmissione al ministro delle finanze. La riunione odierna e` quindi importante perche´ co- stituisce l’occasione per avere ulteriori precisazioni.

LUCIO MARENGO. Concludendo, vor- rei sapere che fine faranno gli ispettorati compartimentali dei monopoli. E` proba- bile che questo aspetto non verra` toccato dal piano, ma sarebbe utile un’informa- zione in proposito visto che gli ispettorati, se funzionassero come dovrebbero, costi- tuirebbero un fattore positivo per la tra- sformazione.

SANDRO SCHMID. La prima domanda che desidero fare riguarda l’occupazione.

Vorrei chiedere se, nel piano illustrato dal presidente Basile, la garanzia citata copra i lavoratori di ATI e dei Filtrati, oltre che quelli delle manifatture.

Rispetto alla polemica di poc’anzi, non dimentichiamo che un gruppo di parla- mentari di alleanza nazionale, con qual- che giorno di anticipo rispetto alla riu- nione del consiglio di amministrazione del 4 ottobre, ha indicato quella che poi sarebbe risultata la verita`, cioe` la mappa degli stabilimenti che dovevano chiudere e quelli che sarebbero rimasti aperti, creando una situazione di grande imba- razzo e sofferenza a livello sindacale e istituzionale.

Nel merito, vorrei ribadire che il qua- dro delineato e` estremamente lucido e

crudo dal punto di vista della realta`: la struttura industriale ereditata appare allo sfascio. Forse l’idea di un piano di ri- strutturazione del comparto non solo do- veva venire prima – del resto se ne parla da piu` di dieci anni – ma probabilmente un piano di razionalizzazione della ge- stione di un settore cosı` importante come quello del monopolio del tabacco doveva essere affrontato in modo tale da consen- tire un rilancio piu` graduale e quindi piu`

adeguato rispetto ai risultati che si vole- vano ottenere.

Presidente Basile, oggi ci troviamo di fronte ad una cura da cavallo e si sa che spesso, se la cura e` eccessiva, puo` morire anche il cavallo. Il mio timore e` che si perdano di vista due questioni centrali. La prima e` che occorre tener piu` conto dell’assetto del core business dal punto di vista delle capacita` produttive di alcuni siti aziendali manufatturieri; la seconda e`

che, oltre al criterio tecnico di produtti- vita`, per formare la nuova struttura di rilancio dell’azienda occorre badare anche all’aspetto di carattere sociale. Probabil- mente la cura di cui parlavo prima lascia scoperto, soprattutto per le zone ad alta disoccupazione, il lato della sostenibilita`

sul piano sociale.

Spero che il piano non venga meno agli obiettivi di fondo, che condivido e che dovevano essere perseguiti anni fa, ma possa essere sufficientemente flessibile per poter integrare le esigenze di cui ho parlato prima. Faccio un esempio e non per amore di campanile perche´, anche in epoca non sospetta, quando non si cono- scevano le indicazioni del piano, ho avuto occasione di illustrare questa situazione. Il caso di Rovereto non e` un caso di bandiera, ma un esempio di come a volte non si capiscano le ragioni di un’esclu- sione. Vedo con soddisfazione che questo sito e` indicato nella tabella con un pallino nero, cioe` e` giudicato come « indifferen- te », termine peraltro un po’ strano. Que- st’indicazione e` comune ad altri due siti, ma Rovereto e` comunque il primo. Se il criterio prevalente deve essere quello tec- nico, non c’e` dubbio che questa realta`

industriale, che ha 150 anni di storia,

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mostra caratteristiche produttive e di qua- lita` che possono essere considerate di assoluta eccellenza sia in campo nazionale sia rispetto agli standard europei. Si ga- rantisce infatti una grande flessibilita` in termini di marchi e prodotti, come indi- cato nella bozza di piano. Vorrei ricor- dare che questo stabilimento era il primo quanto a produttivita` nel 1998 e terzo per volumi produttivi, nonche´ nono per gli addetti. Esiste una sinergia integrata con ATI e Filtrati e vi sono notevoli parametri di qualita`, perche´ si lavora in maniera prevalente per la Philip Morris: non si capisce perche´ uno stabilimento di questo tipo non possa far parte del core business.

Mi riferisco strettamente alla logica indu- striale e non alle ricadute sul piano occupazionale (la scelta riguarderebbe 850 persone, quindi non sarebbe indifferente sia pure in una zona in cui il trend occupazionale e` alto).

Vorremmo avere delle spiegazioni e delle indicazioni sulla possibilita` di recu- perare, sulla base di un esame di carattere industriale, un’area come questa all’in- terno del core business, perche´ la cancel- lazione di un sito del genere sarebbe incomprensibile sul piano industriale e grave dal punto di vista sociale.

GIOVANNI PACE. Saro` brevissimo, presidente, perche´ condivido le conside- razioni che sono state svolte finora, per cui e` assolutamente inutile ripeterle. Rin- grazio il dottor Basile per essere interve- nuto a questa audizione, che abbiamo richiesto per i forti motivi di preoccupa- zione derivanti dalle notizie che ci per- venivano in ordine sia all’assetto dell’Ente in generale sia alle situazioni particolari di cui ha gia` parlato il collega Di Fonzo, che anch’io non posso esimermi dal sot- tolineare.

Il dottor Basile ha detto che il piano di riassetto dell’Ente e` un piano di crescita.

Sicuramente nelle intenzioni di chi lo ha disegnato non puo` che essere tale; ve- dremo poi se alle buone intenzioni cor- risponderanno i risultati. E` stato detto inoltre che il piano creera` occupazione (e nessuno piu` di noi e` felice nel registrare

questo dato), ma anche che esso non e`

ancora operativo e che occorre fare un certo percorso. Il mio cuore si apre quindi alla speranza in ordine a cio` che devo dire.

Il piano individua un’impresa che, a regime, sara` in grado di sostenere le logiche del mercato. Non si puo` affermare che oggi, monopolizzato, il settore nel suo complesso sia negativo dal punto di vista economico, ma, considerato segmento per segmento, esso ha bisogno di correzioni non solo dal punto di vista della logica industriale ma anche sotto il profilo del conto economico. Vi sono quindi delle strategie, che non sono conclusive ma definite e finalizzate a razionalizzare il settore e a rendere piu` confacente il conto economico del sistema. Il compito che devo svolgere, quello di parlare di una piccola struttura, e` dunque estremamente difficile, perche´ si corre il rischio che le parole cadano nell’indifferenza.

Non posso non pensare che queste strategie derivino da processi che si sono formati con consapevolezza nel tempo per giungere a modelli di economia della produzione coerenti con la realta` del mercato globale. Ieri, insieme al collega Di Fonzo, ho incontrato sindacati e mae- stranze di uno stabilimento dell’ATI che si trova nell’area industriale di Lanciano.

Devo ricordare che nel piano di ristrut- turazione illustrato dal dottor Basile e`

prevista la chiusura di questo stabili- mento, che rappresenta un capitolo im- portante nella storia economica della pro- vincia di Chieti ed in particolare della zona frentana. Puo` forse essere sentimen- talismo e non puo` certo calarsi nella realta` di un piano finalizzato ad altre prospettive, ma devo ricordare che questo stabilimento ha piu` di cento anni di storia ed ha dato occupazione a 4.500 persone.

Esso era al centro di un sistema produt- tivo molto importante; 10-12 anni fa e`

stato ristrutturato e ci e` stato detto che e`

efficientissimo dal punto di vista tecnolo- gico e che la produttivita` del personale e`

alta. Il popolo abruzzese, infatti, e` un popolo di lavoratori e la produttivita` che si registra in Abruzzo e` tra le piu` alte in

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Italia. Oggi questo stabilimento occupa cento persone, che verrebbero gettate nella disperazione piu` nera; sarebbe ve- ramente un momento di grande soffe- renza per queste famiglie, 30 delle quali soltanto sono occupate a tempo pieno, cioe` nell’arco dell’intero anno.

Il dottor Basile ha parlato di riassetto all’interno del coordinamento delle societa`

non core. Lo invito a riflettere sulle raccomandazioni che sono state espresse dall’onorevole Di Fonzo e da altri colleghi, che mi permetto di sottolineare. L’articolo 4 del decreto legislativo parla infatti di sistemazione del personale dipendente dai Monopoli dello Stato, che e` inserito in un ruolo provvisorio ad esaurimento del Mi- nistero delle finanze e distaccato tempo- raneamente. Il personale che invece lavora per i Monopoli dello Stato ma e` alle dipendenze dell’Azienda tabacchi italiani (come quello di Lanciano) si troverebbe nelle condizioni di cui ho parlato. Non so come si concretizzino i meccanismi di miglioramento della capacita` produttiva dell’Ente, ma vorrei invitare il dottor Basile, prima di sentire la commissione consultiva paritetica prevista dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 283 del 1998, a raccordarsi, sia pure informalmente, con la regione Abruzzo, per avere i dati relativi al forte collegamento che esiste tra questa produzione industriale e la realta`

dell’agricoltura della zona richiamata.

Sembra che vi sia un indotto di mille lavoratori; quindi, le unita` produttive che soffrirebbero uno stato di malessere non sono soltanto cento, perche´ a queste dovrebbero aggiungersi le mille unita` pro- duttive che oggi lavorano nell’indotto.

Le rivolgo questa richiesta, dottor Ba- sile, con ottimismo non solo per simpatia nei suoi confronti, ma anche perche´ lei ha detto delle cose nelle quali voglio credere.

Ha detto che ha delle idee e dei progetti:

siccome le idee ed i progetti si devono calare all’interno delle realta` in cui si soffre di piu` e devono consentire al processo industriale di far scaturire un utile economico, a mio avviso non bisogna disattendere l’utile morale e sociale. Le raccomando quindi di prestare attenzione,

nelle sue idee e nei suoi progetti, alle realta` che le sono state rappresentate da tutti gli intervenuti ed anche a quella che mi sono permesso di sottoporre alla sua attenzione.

GIOVANNI BRUNALE. Devo ringra- ziarla, presidente, per aver convocato que- sta audizione in tempi oggettivamente rispondenti a quelli del lavoro del dottor Basile e del consiglio di amministrazione dell’ETI. Sono tra coloro che hanno sol- lecitato questa audizione e che hanno appreso solo dai giornali la notizia del- l’avvenuta presentazione del piano alle organizzazioni sindacali di categoria. Do atto quindi della serieta` con cui si sta procedendo in questo lavoro, perche´ il mandato contenuto nel decreto legislativo per l’ETI e per il presidente del consiglio di amministrazione e` molto serio ed im- portante, soprattutto sotto il profilo del rispetto dei tempi, sul quale mi soffer- mero` piu` avanti.

Chi conosce oggettivamente questa ma- teria (lo dico per facilitare un confronto ed una discussione) non poteva non aspet- tarsi una proposta shock ed il clamore che essa ha suscitato e sta suscitando. Credo di poter dire questo in tutta onesta`, perche´ il monopolio che conosciamo e`

certamente un’industria, ma sappiamo come essa sia cresciuta nel tempo, cioe`

con una distribuzione ed una collocazione geografica nel tessuto territoriale del no- stro paese a macchia di leopardo, non gia`

in funzione di un progetto industriale ma di ben altri obiettivi, con efficienze pro- duttive che in realta` sono inefficienze produttive, con qualita` dei prodotti e delle attivita` di bassissimo livello. Dunque, il Parlamento, almeno dal 1992, sa che, in assenza di un profondo cambiamento, questa attivita` industriale non avrebbe avuto futuro, perche´ in questi anni lo scenario in Europa e nel mercato mon- diale e` stato caratterizzato da una forte dinamicita`. Sono state richiamate le de- cisioni degli ultimi mesi (la BAT con la Reynolds, la Seita con la Tabacalera); nel settore c’e` un grande dinamismo e il nostro e` l’ultimo paese in Europa che sta

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