1 Topologia e spazi metrici
Definizione 1.1 Sia T una famiglia di insiemi contenuti in un insieme X, T è una topo- logia se
P.1 ∅ ∈ T e X ∈ T
P.2 Unione arbitraria di elementi di T appartiene a T : S A ∈ T ∀ A ∈ T P.3 Intersezione di due elementi di T appartiene a T : A ∩ B ∈ T ∀ A, B ∈ T
Un generico elemento di T è detto aperto, un insieme B ⊆ X è detto chiuso se esiste un insieme A ∈ T tale che B = X\A.
Definizione 2.2 Sia R n spazio vettoriale reale n-dimensionale, una norma || · || è un applicazione
R n −→ R v 7−→ ||v||
tale che le seguenti proprietà siano soddisfatte P.1 ∀ v ∈ R n ||v|| ≥ 0 e ||v|| = 0 ⇐⇒ v = 0 P.2 ∀ v ∈ R n e λ ∈ R ||λv|| = |λ| · ||v||
P.3 ∀ v, w ∈ R n ||v + w|| ≤ ||v|| + ||w||
Siano ora || · || (1) e || · || (2) due norme di R n , diremo che tali norme sono equivalenti se esistono due costanti A, B ∈ R tali che ∀ v ∈ R
A||v|| (1) ≤ ||v|| (2) ≤ B||v|| (1)
Osservazione 1.1 Sia || · || p l’applicazione da R n a R così definita:
Sia v ∈ R n : v =
n
X
i=1
v i e i =⇒ ||v|| p =
pv u u t
n
X
i=1
|v i | p
L’applicazione || · || p è una metrica per ogni p ∈ N ∪ {+∞}. Infatti, verificare P .1 e P .2 è banale, la proprietà P .3 segue dalla disuguaglianza di Minkowsky.
Definizione 1.3 Sia X un’insieme,una metrica d(·, ·) è un applicazione X × X −→ R
(x, y) 7−→ d(x, y)
tale che le seguenti proprietà siano soddisfatte P.1 ∀ x, y ∈ X d(x, y) ≥ 0 e d(x, y) = 0 ⇐⇒ x = y P.2 ∀ x, y ∈ X d(x, y) = d(y, x)
P.3 ∀ x, y, z ∈ X d(x, y) ≤ d(x, z) + d(y, z) La coppia (X, d) è detta spazio metrico.
Osservazione 1.2 Data l’applicazione ||·|| p precedentemente definita, l’applicazione d(·, ·) ||·||
R n × R n −→ R
(v, w) 7−→ d ||·|| (v, w) = ||v − w|| p
è una metrica ed è detta metrica indotta dalla norma || · || p
Definizione 1.4 Sia (X,d) spazio metrico, un insieme A ⊂ X è detto aperto se ∀ x ∈ A ∃ ρ > 0 : B(x, ρ) .
= {y ∈ X : d(x, y) < ρ} ⊂ X. Un insieme B ⊂ X è detto chiuso se esiste A ⊂ X tale che B = X\A.
Osservazione 1.3 La definizione di aperti e chiusi nella (1.4) costruisce una topologia dell’insieme X detta topologia indotta dalla metrica che è l’insieme di tutte le unioni arbitrarie di ogni insieme del tipo B(x, ρ) ⊂ X.
T d = { [
B(x, ρ) : x ∈ X e ρ ∈ (0, +∞)} ∪ ∅ T d è effettivamente una topologia, infatti:
P.1 è ovvia, ∅ ∈ T d per definizione, inoltre ∀ x ∈ X esiste una palla aperta B(y, r) tale che x ∈ B(y, r), ovvero X ⊂ T d .
P.2 Sia B = S A : A ∈ T d B appartiene a T d perchè è unione arbitraria di palle aperte in X.
P.3 Siano A, B ∈ T d , preso x ∈ A ∩ B esistono r 1 e r 2 tali che B(x, r 1 ) ⊂ A e B(x, r 2 ) ⊂ B, scelto r = min{r 1 , r 2 } si ha che B(x, r) ⊂ A e B(x, r) ⊂ B
Risulta immediato verificare che ciascun insieme del tipo B(x, ρ) con x ∈ X e ρ ∈ R + è un aperto della topologia T d . Infatti, B(x, ρ) ∈ T d per definizione stessa di T d .
Definizione 1.5 Sia A ⊂ X, x ∈ X è detto punto di accumulazione per A se qualsiasi intorno contenente x interseca A in almeno un punto diverso da x. L’insieme dei punti di accumulazione di A è detto insieme derivato di A.
DA = A 0 .
= {x ∈ X : ∀ ρ > 0, B(x, ρ) ∩ A 6= {x} ∧ B(x, ρ) ∩ A 6= ∅}
Definizione 1.6 Sia A ⊂ X, viene detto interno di A o insieme dei punti interni di A l’insieme
int(A) = ˚ A .
= [
{G ⊂ X : G è aperto e G ⊆ A}
Proposizione 1.1 A essendo unione di aperti è un aperto di X. Vale inolte che ˚ A = {x ∈ X : ∃ ρ > 0 : B(x, ρ) ⊆ A} ˚
Dimostrazione:
(⊂)
x ∈ X ⇒ ∃ G ⊆ A : G è aperto e x ∈ G, dato che G è aperto ∃ r > 0 : B(x, r) ⊆ G ⊆ A (⊃)
x ∈ {x ∈ X : ∃ ρ > 0 : B(x, ρ) ⊆ A} ⇒ esiste una palla aperta centrata in x interamente contenuta in A ovvero x ∈ ˚ A unione degli aperti contenuti in A.
Definizione 1.7 Sia A ⊂ X, viene detto chiusura di A l’insieme cl(A) = ¯ A .
= \
{G ⊂ X : G è chiuso e G ⊇ A}
Si noti che ¯ A è un chiuso dello spazio topologico (X, T d )
Proposizione 1.2 Sia A ⊂ X, allora vale che la chiusura di A coincide con l’unione di A e del suo derivato.
A = A ∪ ¯ DA
Definizione 1.8 Sia A ⊂ X, viene detto frontiera di A l’insieme f r(A) = ∂A .
= cl(A) ∩ cl(X\A)
Proposizione 1.3 Sia A ⊂ X, allora vale che la frontiera di A coincide con l’insieme dei punti tali che per ogni palla aperta centrata in x, questa ha intersezione non vuota con A e il suo complementare.
f r(A) = {x ∈ X : ∀ ρ > 0 B(x, ρ) ∩ A 6= ∅ ∧ B(x, ρ) ∩ X\A 6= ∅}
Dimostrazione:
(⊂)
Sia x ∈ cl(A) ∩ cl(X\A), se x ∈ A allora ogni palla centrata in x contiene almeno un punto di A (x stesso), se x ∈ DA allora, per definizione, ogni palla centrata in x interseca A in almeno un punto. Con ragionamenti analoghi si giunge alle stesse conclusioni per cl(X\A).
(⊃)
Sia x ∈ f r(A) della Proposizione 1.3, siccome qualsiasi palla aperta centrata in x interseca A in almeno un punto, o x ∈ A o x ∈ DA, quindi x ∈ cl(A). Analogamente si conclude che x ∈ cl(X\A)
Proposizione 1.4 Sia A ⊂ X spazio metrico, sono equivalenti le seguenti asserzioni:
1. A è un chiuso 2. A = A ∪ ∂A 3. A = A ∪ DA 4. A = ¯ A Dimostrazione:
(1⇒2) Supponiamo che A sia un chiuso, sia per assurdo x ∈ ∂A e x / ∈ A. Siccome X\A è aperto, per ogni x ∈ X\A è possibile trovare una palla aperta interamente contenuta in X\A.
Ciò però è assurdo dato che x è di frontiera e, per definizione, ogni palla centrata in x ha intersezione non vuota con A.
(2⇒3)
Sia x ∈ A = A ∪ ∂A, se x è punto di accumulazione per A, o è un punto interno (e in tal caso x ∈ A) o è di frontiera e in tal caso appartiene comunque ad A, segue che A = A ∪ DA (3⇒4)
Si può sfruttare la Proposizione 1.2 la quale implica che cl(A) = A ∪ DA (3⇒1)
Sia A = A ∪ DA e sia x /∈ A, è sempre possibile trovare una palla aperta interamente contenuta in X\A, altrimenti o x sarebbe di accumulazione per A o x sarebbe punto isolato di A.
Proposizione 1.5 Sia A ⊂ X spazio metrico, x ∈ ¯ A ⇐⇒ esiste una successione {x n } ⊂ A convergente a x.
Dimostrazione:
(⇒)
Sia x ∈ cl(A), se x ∈ A sarà sufficiente considerare la successione {x n } = x ∀ n ∈ N, altrimenti, se x ∈ DA, per ogni la palla aperta B(x, ) interseca A in infiniti punti (tutti più "vicini" di
a x) (⇐)
Sia x il limite della successione {x n } ⊂ A, dobbiamo dimostrare che x ∈ ¯ A. Sia per assurdo x ∈ X\A, siccome ¯ A è un chiuso, deve esistere una palla aperta centrata in x totalmen- te contenuta in X\A. Ma ciò è assurdo perchè vorrebbe dire che esiste un > 0 tale che d(x n , x) > ∀ n ∈ N
Dalla proposizione segue che A = ¯ A ovvero A è un chiuso ⇐⇒ ogni {x n } ⊂ A è conver- gente a x ∈ A.
Definizione 1.8 Un’insieme A ⊂ X spazio metrico è detto limitato se diam(A) .
= inf {d(x, y) : x, y ∈ A} < +∞
Definizione 1.9 Sia (X, d) spazio metrico, una successione a valori in X è un applicazione x n : N −→ X
n 7−→ x n
Una successione {x n } n∈N converge a ¯ x se ∀ > 0 ∃ N () > 0 : d(x n , ¯ x) < se n > N
Una sottosuccessione {x k } k∈K di {x n } è data dalla composizione della successione x n con un’ applicazione k strettamente monotona (crescente) dai naturali a un sottoinsieme K dei naturali.
k : N −→ K ⊂ N x k = x n ◦ k : N −→ X
n 7−→ x k(n)
Teorema 1.1 (Teorema ponte) Sia (R n , d e ) spazio metrico reale dotato della metrica eu- clidea. Una successione {x n } = {(x (1) n , ..., x (n) n )} ⊂ R n è convergente a ¯ x = (¯ x (1) , ..., ¯ x (n) ) ∈ R n ⇐⇒ ∀ i ∈ {1, ..., n} ∃ ¯ x (i) : x (i) n → ¯ x (i) se n → +∞
Lemma 1.1 Una successione {x n } a valori in R ammette sempre una sottosuccessione mo- notona.
Dimostrazione:
Sia {x n } ⊂ R, chiameremo cresta della successione qualsiasi elemento x n della successione che rispetta la seguente condizione: x m < x n ∀ m > n. Supponiamo che esista un insieme di indici K ⊂ N di cardinalità infinita interamente costituita dagli indici delle creste della successione {x n }. In tale caso, siccome la successione ha infinite cresce, sarà sufficiente considerare la sottosuccessione {x k } k∈K monotona decrescente.
Supponiamo ora che {x n } abbia N creste, sia inoltre x n l’N -esima cresta. Vorrà dire che esisterà un m 0 > n tale per cui x m
0≥ x n , altrimenti x n sarebbe una cresta. Nuovamente possiamo considerare x m , siccome non è una cresta della successione, esisterà m 1 > m 0 tale per cui x m
1≥ m m
0. Iterando la procedura, si ottiene un insieme di indici K = {m i } i∈N che costruisce la sottosuccessione {x k } k∈K monotona crescente.
Teorema 1.2 (Bolzano-Weierstraß) Una successione {x n } a valori in R limitata ammette sempre una sottosuccessione convergente.
Dimostrazione:
Sia {x n } ⊂ R, essa, per il Lemma 1.1, ammette una sottosuccessione {x k } k∈K monotona.
Supponiamo che essa sia crescente, essendo {x n } limitata per ipotesi, esiste il sup dell’ insieme {x k : k ∈ K}, sia quindi L = sup{x k : k ∈ K}. Per definizione di estremo superiore (e sfurt- tando il fatto che {x k } è monotona crescente), si ha che ∀ > 0 ∃ N () > 0 : L − x k < ∀ k >
N () ∧ k ∈ K
Definizione 1.10 Sia (X, d) spazio metrico, una successione {x n } ⊂ X è detta di Cauchy se ∀ > 0 ∃ N () > 0 : n, m > N ⇒ d(x n , x m ) <
Una successione {x n } convergente a ¯ x ∈ X è di Cauchy. Infatti x n → ¯ x per n → +∞ implica che d(x n , x m ) ≤ d(x m , ¯ x) + d(x n , ¯ x) < 2 se n, m > N
Definizione 1.11 Uno spazio metrico (X, d) è detto completo se comunque presa una suc- cessione {x n } ⊂ X di Cauchy essa converge ad un elemento di X stesso.
Teorema 1.3 (Teorema di Cantor) Sia (X, d) spazio metrico, sia {F n } successione di sottoinsiemi di X, ovvero F i ⊂ X ∀i ∈ N, con le seguenti proprietà:
1. F n è un chiuso ∀ n ∈ N 2. F 1 ⊃ F 2 ⊃ F 3 ⊃ ... ⊃ F n ⊃ ...
3. diam(F n ) → 0 se n → +∞
allora X è completo ⇐⇒ T F n = {x}
Dimostrazione:
(⇒)
Sia (X, d) spazio metrico completo, sia inoltre {F n } successione di sottoinsiemi con le 3 pro- prietà. Sfruttando la proprietà (3), si ha che ∀ > 0 ∃ N > 0 : diam(F n ) < se n > N . Sia ora (per ciascun n) x n ∈ F n , scelti ora m, n > N + 1, per la (2), x m , x n ∈ F N +1 . Si ha conseguentemente che d(x n , x m ) < diam(F N +1 )) < . Abbiamo dimostrato che la successione {x n } è di Cauchy. Ora sfruttiamo il fatto che X è completo, esiste quindi x ∈ X tale per cui {x n } converge a x. Si noti ora che ∀ n > N , x n ∈ F N . La successione {x n } è, pertanto, con- tenuta definitivamente in F N . Essendo F N un chiuso, il limite della successione x appartiene a F N , per l’arbitrarietà di N si conclude che x ∈ T F n . Sia ora y 6= x ∈ T F n , allora si ha che d(x, y) ≤ diam(F n ) → 0 se n → +∞, ciò implica che x = y.
(⇐)
Sia ora {x n } ⊂ X successione di Cauchy, ∀ n ∈ N sia F n = cl({x n , x n+1 , ..., x n+i , ...)}. Risulta evidente che F n è chiuso e non vuoto ∀ n, inoltre, vale la (2) siccome F n ⊃ F n+1 ∀ n > 0. Ora, fissato > 0, ∃ N > 0 : d(x n , x m ) < se n, m > 0, ovvero diam(F N ) < , vale quindi (3). Per ipotesi si ha che T F n = {x}. Dato che diam(F n ) → 0 ⇒ d(x n , x) → 0 se n → +∞.
Proposizione 1.6 Sia (X, d) uno spazio metrico completo, Y ⊂ X è completo ⇐⇒ Y e chiuso.
Dimostrazione:
(⇒)
Sia Y ⊂ X spazio metrico completo, sia {x n } ⊂ Y successione convergente. Una successione convergente è, in particolare, una successione di Cauchy. Siccome Y è completo, {x n } converge a x ∈ Y , dalla Proprosizione 1.5, Y è un chiuso.
(⇐)
Sia Y ⊂ X un insieme chiuso e X completo. Consideriamo una successione {x n } ⊂ Y ⊂ X di Cauchy, essa, per ipotesi, converge ad un elemento x ∈ X. Ma allora, dato che Y è chiuso, x ∈ Y , ovvero Y è completo.
Definizione 1.12 Sia E ⊂ (X, d) spazio metrico, una collezione F di insiemi di X si dice ricoprimento aperto di E se E ⊆ S{F ∈ F } con F ∈ F un aperto di X.
Un’insieme E ⊆ X è detto compatto per ricoprimenti se da ogni ricoprimento di E è possibile estrarre un sottoricoprimento costituito da un numero finito di insiemi.
Definizione 1.13 Sia E ⊆ (X, d), E viene detto compatto per successioni se da qualsiasi successione {x n } ⊂ E è possibile estrarre una sottosuccessione convergente in E.
Teorema 1.4 Sia E ⊆ (X, d) spazio metrico
E è compatto per successioni ⇐⇒ E è compatto per ricoprimenti.
Pezzo di dimostrazione:
(⇐)
Sia E ⊆ X insieme compatto per ricoprimenti. Sia per assurdo {x n } una successione dalla quale non è possibile estrarre una sottosuccessione convergente. Sia ora x ∈ E, deve esistere un numero reale r > 0 tale che B(x, r) contiene al più un numero finito di punti della suc- cessione {x n }. Consideriamo, al variare di x ∈ E, l’insieme {B(x, r(x))}, esso costituisce un ricoprimento aperto di E. Da questo risulta però impossibile estrarre un sottoricoprimento finito dato che esso conterrebbe un numero finito di elementi della successione {x n }.
Proposizione 1.7 Sia E ⊆ (X, d) compatto =⇒ E è chiuso e limitato.
Dimostrazione:
Sia E ⊆ X compatto per successioni, dimostriamo che E è un chiuso di X. Sia {x n } ⊂ E suc- cessione convergente a x ∈ X, essa ammette una sottosuccessione convergente in E compatto.
La sottosuccessione e la successione hanno lo stesso limite ¯ x per il teorema di unicità del limite
e quindi x = ¯ x, abbiamo mostrato che una successione {x n } arbitraria contenuta in E converge
ad un elemento di E. E è un chiuso di X. Sia ora E, per assurdo, illimitato. Scegliamo un
x ∈ E ad arbitrio e costruiamo la successione {x n } ⊂ E in questa maniera: x 1 = x, x n è
un qualsiasi elemento tale che d(x, x n ) ≥ n. Da tale successione è impossibile estrarre una sottosuccessione convergente.
Proposizione 1.8 Sia E ⊆ X con X spazio metrico compatto, allora:
E chiuso =⇒ E compatto Dimostrazione:
Sia E un chiuso di X spazio metrico compatto, sia ora {x n } ⊂ E ⊂ X una successione. Sic- come X è compatto, da essa è possibile estrarre una sottosuccessione {x k } convergente ad un elemento x ∈ X. Dato che E è un chiuso di X ogni successione contenuta in E e convergente ammette come limite un elemento appartenente a E. In particolare ciò implica che x ∈ E, ab- biamo mostrato che una qualsiasi successione in E ammette una sottosuccessione convergente ad un elemento di E.
Proposizione 1.9 Sia E ⊂ X insieme compatto, allora E è completo Dimostrazione:
Sia {x n } ⊂ E una successione di Cauchy. Siccome E è compatto esiste una sottosuccessione {x n
k} ⊆ {x n } convergente, sia ξ il suo limite. Sfruttiamo ora la condizione di Cauchy, per ogni
> 0 ∃ N () : d(x n , x m ) < se n, m > N . Ma allora
d(x n , ξ) ≤ d(x n , x n
k) + d(x n
k, ξ) < 2
quando n, n k > N .
Definizione 2.4 Un sottoinsieme E ⊆ (X, d) si dice totalmente limitato se ∀ r > 0 esistono {x 1 , ..., x n } tali che E ⊆ S
i B(x i , r).
2 Funzioni tra spazi metrici
Definizione 2.1 Siano (X, d x ) e (Y, d y ) due spazi metrici, f una funzione f : A ⊆ X −→ Y
x 7−→ f (x)
f è una funzione continua se ∀ a ∈ X una qualsiasi successione {x n } ⊂ A convergente ad a =⇒ {f (x n )} converge a f (a).
Equivalentemente: f è una funzione continua se ∀ > 0 ∃ δ() > 0 : d(f (x), f (a)) < se d(x, a) < δ
Proposizione 2.1 Sia f : A ⊆ (X, d x ) −→ (Y, d y ) una funzione tra spazi metrici, sono allora equivalenti
1. f è continua
2. F ⊆ Im(f ) aperto ⇒ f −1 (F ) ⊆ X è aperto 3. G ⊆ Im(f ) chiuso ⇒ f −1 (G) ⊆ X è chiuso
Dimostrazione:
(1⇒2)
Sia f continua e F ⊆ Im(f ) un aperto. Sia ora x ∈ f −1 (F ), consideriamo ora f (x) ∈ F , siccome F è un aperto, esiste > 0 : B(f (x), ) ⊆ F . Siccome f è funzione continua in x, per ogni > 0 ∃ δ > 0 : B(x, δ) ⊆ f −1 (B(f (x), )) ⊆ f −1 (F ), ovvero ∀ x ∈ f −1 (F ) esiste una palla centrata in x interamente contenuta in f −1 (F ).
(2⇒1)
Sia f (x) ∈ Im(f ), > 0 e B(f (x), ) ⊆ Im(f ) un aperto. Per ipotesi f −1 (B(f (x), )) ⊆ A è un aperto e, inoltre, esso contiene x. Siccome f −1 (B(f (x), )) è aperto, esiste δ > 0 : B(x, δ) ⊆ f −1 (B(f (x), )), ovvero f è continua in x, per l’arbitrarietà di x ∈ A essa è continua in tutto il suo insieme di definizione.
(2⇒3)
Sia F ⊆ Im(f ) un aperto. Consideriamo l’insieme f −1 (Im(f )\F ), esso, per il principio di dualità, risulta essere uguale a A\f −1 (F ). Per ipotesi però f −1 (F ) è un aperto e quindi A\f −1 (F ) = f −1 (Im(f )\F ) è un chiuso. Abbiamo dimostrato che controimmagine di un chiuso è un chiuso.
(3⇒2)
Sia F ⊆ Im(f ) un chiuso. Consideriamo l’insieme f −1 (Im(f )\F ) = A\f −1 (F ) per il principio di dualità. Per ipotesi f −1 (F ) è un chiuso ⇒ A\f −1 (F ) = f −1 (Im(f )\F ) è un aperto.
Abbiamo mostrato che controimmagine di aperti è un aperto.
Lemma 2.1 Sia (X, d) spazio metrico e A ⊆ X, si definisce la distanza di x ∈ X da A come dist(x, A) .
= inf {d(x, y) : y ∈ A}
Ora, ∀x, y ∈ X vale che |dist(x, A) − dist(y, A)| ≤ d(x, y).
Dimostrazione:
Siano x, y ∈ X e z ∈ A, dalla disuguaglianza triangolare si ha che d(z, y) ≤ d(x, y) + d(z, x), da questa relazione discende che |d(z, y) + d(z, x)| ≤ d(x, y), passando all’inf z∈A si ottiene
|dist(x, A) − dist(y, A)| ≤ d(x, y)
Proposizione 2.2 Sia (X, d) spazio metrico e A ⊆ X, allora f : A −→ R
x 7−→ dist(x, A)
è una funzione continua.
Dimostrazione:
Possiamo sfruttare il lemma precedente che, applicato a questo caso specifico, asserisce che
|f (x) − f (y)| ≤ d(x, y). In particolare, preso y ∈ X e fissato > 0 è sufficiente scegliere δ = in modo che d(x, y) < δ ⇒ d(f (x), f (y)) < .
Lemma 2.2 (Urysohn) Siano A, B ⊆ (X, d) due insiemi chiusi e disgiunti ⇒ ∃ f : X → R continua, inoltre
1. f (x) ∈ [0, 1], ∀ x ∈ X 2. f (x) = 0, ∀ x ∈ A 3. f (x) = 1, ∀ x ∈ B Dimostrazione:
Sia
f : X −→ R x 7−→ dist(x, A)
dist(x, A) + dist(x, B)
risulta immediato verificare che valgono la (1), la (2) e la (3), inoltre f è continua in quanto rapporto di funzioni continue.
Corollario 2.1 Sia F ⊆ (X, d) un chiuso e G ⊇ F un aperto =⇒ esiste una funzione f : X −→ R continua e tale che
1. f (x) ∈ [0, 1], ∀ x ∈ X 2. f (x) = 1 se x ∈ F 3. f (x) = 0 se x / ∈ G
Lemma 2.3 Siano f, g : (X, d) → R n due funzioni continue, la funzione s : X → R tale che s(x) = < f (X), g(x) > è una funzione continua.
Dimostrazione:
Sia < ·, · > A : R n × R n → R l’applicazione bilineare tale che < x, y > A = x t Ay. In altri termini, dati x = P n
i=1 e i x i e y = P n
i=1 e i y i , < x, y > A = P
i,j x i y i < e i , e j > A = P
i,j x i y j a ij . Sia ora, per semplicità, A = I n . Sia a ∈ X, dette ora {f i } e {g i } le componenti delle funzioni f e g, fissato > 0, esiste un δ > 0 : |f i (x)g i (x) − f i (a)g i (a)| < : i se d(x, a) < δ (per continuità di prodotto di funzioni continue). Sia ora
X
i
f i (x)g i (x) − X
i
f i (a)g i (a)
≤ X
i
|f i (x)g i (x) − f i (a)g i (a)| ≤ n
Definizione 2.2 Siano (X, d x ) e (Y, d y ) spazi metrici, f : X −→ Y è uniformemente conti- nua se ∀ > 0 ∃ δ > 0 : d y (f (x), f (y)) < se d x (x, y) < δ per ogni x, y ∈ X.
Definizione 2.3 Siano (X, d x ) e (Y, d y ) spazi metrici, f : X −→ Y è Lipschitziana se esiste M ∈ R tale che d y (f (x), f (y)) ≤ M d x (x, y) per ogni x, y ∈ X.
Osservazione 2.1 Sia f : X −→ Y una funzione Lipschitziana ⇒ f è uniformemente continua.
Infatti, fissato > 0, per ipotesi, esiste M > 0 : d y (f (x), f (y)) ≤ d x (x, y) ∀ x, y ∈ X.
Ponendo d x (x, y) = /M si ha che d y (f (x), f (y)) ≤ ∀ x, y ∈ X.
Proposizione 2.3 Sia f : X −→ Y una funzione continua tra spazi metrici ⇒ preso qual- siasi A ⊆ X compatto si ha che f (A) ⊆ Y è un compatto.
Dimostrazione:
Sia f : X −→ Y funzione continua, sia K ⊆ X un compatto. Considero l’insieme f (K) ⊆ Y e
considero un ricoprimento aperto di f (K) dato dalla famiglia U = {U ⊆ Y : U è aperto}. Sia
ora U ∈ U, f −1 (U ) è un aperto di X siccome f è continua.
Consideriamo ora S f −1 (U ) è un ricoprimento aperto di K, siccome K è compatto, esistono N elementi {f −1 (U 1 ), ..., f −1 (U N )} tali che K ⊆ S
i f −1 (U i ) da cui segue che f (K) ⊆ S
i U i .
Teorema 2.1 (Weierstraß) Sia f : (X, d) −→ R continua con X compatto, esistono allora a, b ∈ X : f (a) ≤ f (x) ≤ f (b) ∀ x ∈ X.
Dimostrazione:
Essendo che X è un compatto, f (X) ⊂ R è pure un compatto per la Proposizione 2.2. Ma allora f (X) è chiuso e limitato in R, devono perciò esistere due elementi α, β ∈ f (X) tali che α ≤ f (x) ≤ β.
Proposizione 2.4 Siano || · || a e || · || b due norme dello spazio lineare R n , tali norme sono equivalenti.
Dimostrazione:
Mostriamo che una generica norma || · || a è equivalente alla norma || · || 1 introdotta nell’Osser- vazione 1.1. Consideriamo la norma || · || a , osserviamo che l’asserto è dimostrato se si prova l’equivalenza delle norme nella sfera di versori S = {v ∈ R n : ||v|| 1 = 1} in quanto, considerato un generico vettore w = |w|v con ||v|| 1 = 1 si ha che se esistono A, B ∈ R tali che
A||v|| a ≤ ||v|| 1 ≤ B||v|| a
allora
|w|A||v|| a ≤ |w| ||v|| 1 ≤ |w|B||v|| a ⇐⇒ A||w|| a ≤ ||w|| 1 ≤ B||w|| a
Consideriamo ora la funzione f : S → R tale che f (x) = ||x|| a , tale funzione è continua in S rispetto alla norma || · || 1 . Infatti, fissato > 0 e v ∈ S, si ha che
|f (x) − f (v)| = | ||x|| a − ||v|| a | ≤ ||x − v|| a =
n
X
i=1
(x i − v i )e i
a
≤
≤
n
X
i=1
|x i − v i | ||e i || a ≤ max{|x i − v i |}
n
X
i=1
||e i || a ≤ ||x − v|| 1
n
X
i=1
||e i || a
Ponendo quindi ||x − v|| 1 < δ = / P ||e i || a si ha la continuità di f . Consideriamo ora l’applicazione g : S → R tale che
g(x) = ||x|| 1
||x|| a
La funzione g è continua in S perchè rapporto di funzioni continue in tale insieme (|| · || 1 è continua rispetto a se stessa). Tale funzione è definita sull’insieme chiuso e limitato S, segue che S è un compatto. Per il Teorema 2.1, la funzione g ammette massimo e minimo in S.
Esistono quindi due costanti A, B ∈ R + tali che ∀ v ∈ S
A ≤ g(v) ≤ B ⇐⇒ A||v|| a ≤ ||v|| 1 ≤ B||v|| a
Le conclusione ottenute valgono per qualsiasi norma || · ||, in particolare valgono anche per
|| · || b , esistono dunque due costanti C, D ∈ R + tali che per ogni v ∈ S C||v|| b ≤ ||v|| 1 ≤ D||v|| b
ma allora
C||v|| b ≤ ||v|| 1 ≤ B||v a || ≤ B
A ||v|| 1 ≤ B A D||v|| b
dalla quale si ha l’asserto
Teorema 2.2 (Bolzano-Weierstraß) Sia {x n } ⊂ R n una successione limitata, essa ammette sempre una sottosuccessione convergente.
Dimostrazione:
Procediamo per induzione su n, sia n = 1. Questo caso è stato già dimostrato nel Teorema
1.2. Sia ora il Teorema 2.2 valido per m = n − 1. Sia ora {x k } ⊂ R m+1 tale che un generi- co elemento della successione può essere scritto come (x (1) k , ..., x m+1 k ). Per ipotesi, sappiamo che è possibile estrarre dalle prime m componenti una sottosuccessione convergente, abbiamo quindi che esiste un insieme di indici N 0 ⊆ N tale che le sottosuccessioni {x (i) k∈N
0} convergono per ogni i ≤ m. Per l’ultima coordinata estraiamo una sottosuccessione convergente data dagli indici dell’insieme N 00 ⊆ N, il che è possibile per il Teorema 1.2. A seconda che sia N 0 ⊂ N 00 o il contrario, scegliamo l’insieme di indici più piccolo: ogni sottosuccessione i-esima ottenuta dalla componente i-esima usando quell’insieme di indici converge e quindi anche {x k∈N
0oN
00} converge.
Proposizione 2.5 (Heine-Borel) Sia X ⊆ R n chiuso e limitato =⇒ X è compatto.
Dimostrazione:
Sia {x n } ⊂ X, essa è contenuta in un insieme limitato, quindi, essa stessa è limitata. Per il Teorema 2.2, esiste una sottosuccessione {x n
k} ⊂ {x n } convergente. La sottosuccessione {x n
k} è convergente e contenuta nel chiuso X, dunque il limite della successione è contenuto in X. Da una successione {x n } ⊂ X è possibile estrarre una sottosuccessione convergente ad un elemento di X.
Proposizione 2.6 Sia (X, d x ) spazio metrico compatto e f : X −→ (Y, d y ) continua, allora f è uniformemente continua.
Dimostrazione:
Sia, per assurdo, f non uniformemente continua. Ovvero ∃ > 0 : ∀ δ > 0 esistono x, y ∈ X : d x (x, y) < δ ⇒ d y (f (x), f (y)) > . Poniamo δ = 1/n con n ∈ N. Considero x, y ∈ X con d x (x, y) < 1/n per cui d y (f (x), f (y)) > . Al variare di n ∈ N, trovo x n e y n che soddisfino la relazione precedente. Le successioni {x n } e {y n } sono a valori in X che è compatto. Da queste successioni è dunque possibile estrarre due sottotuccessioni {x n
k} e {y n
k} convergenti a due elementi x, y ∈ X. Ma per ipotesi d x (x n
k, y n
k) → 0 se k → +∞
quindi x = y. Per la continuità di f si ha inoltre che d y (f (x n
k), f (y n
k)) → d y (f (x), f (y) = 0 se k → +∞.
Definizione 2.4 Siano (X, d x ) e (Y, d y ) spazi metrici e f : X −→ Y . La mappa f è detta
omeomorfismo se è continua e bigettiva e f −1 è continua.
3 Differenziabilità in spazi metrici
Definizione 3.1 Sia γ : (a, b) ⊂ R −→ R n una curva, diremo che γ è differenziabile in x ∈ (a, b) se
t→0 lim
γ(x + t) − γ(x)
t esiste finito
nel caso in cui ciò è verificato, chiamiamo γ 0 (x) ∈ R n la derivata di γ in x. Diremo che γ è differenziabile se γ 0 (x) esiste ∀ x ∈ (a, b). In tale caso si costruisce una funzione γ 0 : (a, b) → R n detta funzione differenziale o derivata di γ. Se γ 0 è continua in (a, b) si dice che γ è di classe C 1 ((a, b), R n ).
Osservazione 3.1 Data γ : (a, b) ⊂ R → R n differenziabile in x ∈ (a, b), essa è anche continua in x.
Infatti, si ha che ∀ > 0 ∃ δ > 0 tale che
γ(x + t) − γ(x)
t − γ 0 (x) R
n≤ se d(x + t, t) = |t| < δ Dalla precedente relazione è facile ricavare che
||γ(x + t) − γ(x)||
R
n≤ + |t| ||γ 0 (x)|| R
nche è arbitrariamente vicino a 0
Proposizione 3.1 Sia γ : (a, b) −→ R n , essa è differenziabile in x ∈ (a, b) ⇔ esistono una funzione T : (a, b) → R n e un vettore G ∈ R n tali che
y→x lim T (y) = 0 e γ(y) − γ(x) = (y − x)(G + T (y)) in tale caso G = γ 0 (x)
Dimostrazione:
(⇒)
Sia γ differenziabile in x, sia G = γ 0 (x) e sia T : (a, b) −→ R n l’applicazione
x 7−→
γ(y) − γ(x)
y − x − G se y 6= x
0 se
risulta immediato osservare che si ha la tesi.
(⇐)
Esistano ora la funzione T e il vettore G tali che la relazione sopra riportata sia vera. In tale caso è sufficiente dividere per y − x che è sempre diverso da 0 e si ha la tesi.
Proposizione 3.2 Siano γ, δ : (a, b) → R n due curve differenziabili in ¯ x ∈ (a, b), allora la funzione s : (a, b) → R n tale che s(x) = ≤ δ(x), γ(x) ≥ è differenziabile in x e, inoltre, vale che s 0 (x) = < γ 0 (x), δ(x) > + < γ(x), δ 0 (x) >.
Dimostrazione:
Scriviamo il limite del rapporto incrementale
t→0 lim
s(x + t) − s(x)
t = lim
t→0
< γ(x + t) − γ(x), δ(x + t) > + < γ(x), δ(x + t) − δ(x) >
t per continuità di s = lim
t→0 < γ(x + t) − γ(x)
t , δ(x + t) > + < γ(x), δ(x + t) − δ(x)
t >
dalla quale si ha la tesi.
Definizione 3.2 Sia A = int(A) ⊆ R n e f : A → R, sia inoltre x ∈ A e w ∈ R n un vettore.
Diremo che f è derivabile nella direzione w se
t→0 lim
f (x + tw) − f (x)
t esiste finito
in tal caso chiameremo questo limite derivata direzionale di f lungo w e lo indicheremo così
f w (x) o D w f (x) o ∂ w f (x).
Definizione 3.3 Sia A = int(A) ⊆ R n un aperto e sia {e 1 , ..., e n } la base canonica di R n , diremo che f : A → R è derivabile parzialmente in x ∈ A lungo la direzione i-esima se
lim
t→0
f (x + te i ) − f (x)
t esiste finito
in questo caso chiameremo tale limite derivata parziale di f nella direzione i-esima. Si indica solitamente così: f i (x) o ∂ i f (x) o ∂e ∂f
i
(x).
Osservazione 3.2 Supponiamo che f : A → R sia derivabile parzialmente in x lungo la direzione j, sia quindi ∂ j f una funzione definita in un intorno di x. Se ∂ j f è derivabile par- zialmente lungo la direzione e i allora f si dice due volte derivabile in x (prima rispetto a j e poi rispetto a i) e la sua derivata seconda in x si chiama derivata parziale mista e si indica così f ij (x) o ∂ ij f (x) o ∂e ∂
2f
i