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4. TEMI 4.1. L’adolescenza

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Academic year: 2021

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XXVIII 4. TEMI

4.1. L’adolescenza

La sensazione di vacillare, di essere instabili e insicuri, di sentirsi perennemente inadeguati, di essere costantemente dei pesci fuor d’acqua, di trovarsi sempre al posto sbagliato nel momento sbagliato, sono sensazioni molto comuni e frequenti negli adolescenti, costretti a convivere con un corpo che cambia inesorabilmente e con l’esigenza di affermarsi come nuova identità pensante. Per la protagonista di Moyenne tutto questo dovrebbe essere attutito dal clima di serenità e di tranquillità presente nella sua famiglia, che la preserva da ogni forma di sofferenza esterna, dal contatto con la vita vera, dal confronto con qualsiasi forma di dolore; invece la sua percezione, che sembra essere ampiamente esasperata e che porterà con sé anche in età adulta, è oltre a tutto ciò, anche quella di recare disturbo in qualsiasi circostanza e di essere un peso per chiunque. Tale mancanza di stima e di fiducia in sé le si radicano nel profondo e la accompagnano con particolare insistenza durante il percorso che dovrebbe essere di affrancamento dai propri cari, di sfida e di provocazione nei confronti di coloro che fino a questo momento le hanno garantito benessere e protezione, che le hanno permesso di vivere lontana da qualsiasi forma di sofferenza. Il suo attaccamento alla famiglia appare perciò decisamente insolito e anomalo, sintomo di una paura patologica di cambiamenti, nella fattispecie concreta sintomo del timore per la potenziale rottura della rassicurante quotidianità.

La ragazza ha un rapporto di estrema complicità con la sorella, che tende però a delinearsi come asimmetrico dal momento che ritiene sempre l’altra essere quella migliore, quella destinata ad avere successo, a brillare. Con la madre e il padre, paradossalmente per questo periodo, vive una profonda intesa, in

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particolar modo col padre, che diventa una costante figura di riferimento. Ma anche con i genitori fatica a instaurare un rapporto diretto, sincero, maturo, provando ogni volta timore e inadeguatezza di fronte al manifestarsi di un’idea, di un’opinione, che potrebbero non trovare la loro approvazione. Per anni dunque la ragazza vive come in una sorta di idillio, in cui tutti sono fieri e orgogliosi di lei, e in cui tuttavia continuerà a reputarsi imperfetta, a sentirsi in perenne disagio.

Gran parte dell’ insicurezza della ragazza proviene dalla mancata accettazione del suo aspetto fisico, che la porta a desiderare di non occupare uno spazio eccessivo nel mondo, di non essere troppo visibile agli occhi degli altri; allo stesso tempo la giovane si preoccupa anche della natura dei suoi pensieri, ritenendo di possedere una mente decisamente vuota, inconsistente, trasparente. Si tratta di sensazioni che di solito si fanno largo tra le adolescenti e che sono facilmente identificabili con alcuni dei sintomi della sindrome dell’anoressia, malattia infatti diffusa in prevalenza tra le donne e in genere proprio alla soglie della pubertà, quando si accettano con difficoltà gli inevitabili cambiamenti cui è sottoposto l’organismo e si rifiuta, mortificando il corpo in virtù di un’esaltazione della mente, l’idea stessa di diventare donna,1 e la protagonista di Moyenne sembra vagamente vivere un simile disagio, che porterà con sé anche in età più adulta, quando si compiacerà di non aver preso troppi chili durante la gravidanza, quando in seguito allo stress e alla preoccupazione scaturiti dall’operazione della sorella sarà quasi felice nel constatare di aver perso peso.

Malgrado questa sfiducia in sé, la ragazza riesce tuttavia a suscitare interesse e curiosità nei ragazzi, perciò ben presto anche lei conosce l’amore, anche se si stenta definirlo tale in quanto assume i connotati della violenza e si riduce di

1 M. A. GALANTI, Sofferenza psichica e pedagogia. Educare all’ansia, alla fragilità e alla solitudine,

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fatto a una storia sofferta, da cui farà fatica a sottrarsi. Anche in questo caso si tratta di una relazione asimmetrica, in cui la protagonista occupa un ruolo subalterno, il ruolo di chi è indotto a sentirsi di fatto un inetto.

È estremamente legata al passato e circondata dalla solita cerchia di amici, quelli dell’infanzia, dai quali è reputata come prevedibile, i quali credono ormai di conoscerla perfettamente, di poter calcolare ogni sua mossa, poiché non ha mai mostrato inclinazioni verso alcun genere di cambiamento: loro rappresentano per lei una sicurezza, e perderli, come spesso accade a quell’età, significherebbe perdere un punto di riferimento, qualcosa cui aggrapparsi.

Ancora in questo periodo è possibile notare come sia presente nella ragazza l’incapacità di abbracciare la vita nella sua complessità: non riesce ad accettare l’idea che non esista una perfezione assoluta, una dicotomia netta tra ciò che è bene e ciò che è male, e che la realtà sia fatta per tutti di sfumature, di momenti dolorosi da attraversare, affrontare e superare. Sembra possedere un approccio ancora piuttosto infantile alla vita, in cui risulta essere estremamente riduttivo scindere il bello dal brutto; è ancora ben radicata in lei la tendenza a non percepire l’inestricabilità dell’intreccio tra ciò che è positivo e ciò che è negativo: nel suo processo di crescita, la ragazza non ha superato tale fase, e lo stato di depressione provocatole dall’intuizione di questo conflitto emerge spesso in lei, dando luogo ad ansie e ad angosce che la accompagneranno ben oltre le soglie dell’adolescenza, e che getteranno in lei le basi per una personalità estremamente fragile, bisognosa di aiuti e di supporti esterni, incapace di vivere distante dall’idillio in cui per anni le è stato permesso di crescere, fortemente legata alla quotidianità di quell’ambiente che mai ha pensato di mettere in discussione oppure di abbandonare e che ormai è diventato per lei una rassicurante prigione.

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4.2. Il matrimonio

A un certo punto della sua vita compare un uomo diverso da tutte le persone con cui fino a quel momento la protagonista aveva avuto a che fare, capace di darle nuovi stimoli, di ampliare i suoi orizzonti, di incuriosirla su aspetti della vita a cui prima non si sarebbe mai interessata. Tale persona è in grado di allontanarla dalla famiglia e dagli amici di sempre, portandola a vivere con lui, dandole speranze e illusioni di una vita felice.

Ma anche il rapporto con quest’uomo si rivela ben presto impari, poiché persuaso di poter gestire la compagna a suo piacimento. Inizialmente è lui quello dal carattere forte all’interno della coppia, quello in grado di trascinare e di andare verso una ben precisa direzione. Non vi è un dialogo, uno scambio paritario di idee, di opinioni. La protagonista del racconto vive l’incontro con quest’uomo come provvidenziale e accetta di trascorrere la vita con lui in virtù di cambiamenti che altrimenti da sola non sarebbe mai stata in grado di apportare alla propria esistenza.

Si tratta di una vita di coppia che per i primi anni appare tranquilla e stabile: entrambi desiderano viaggiare, lavorare, godersi la libertà e la spensieratezza che con un figlio inevitabilmente verrebbero meno. L’idea di averne uno nasce all’improvviso nella donna, che si domanda come abbia potuto vivere fino a quel momento senza provare questo desiderio, e la voglia, il piacere e la gioia di diventare mamma si trasformano ben presto, come sempre per lei, in ossessione, tormento e costrizione: a partire da quel momento cominciano visite presso specialisti, punture e stimolazioni ormonali, fino ad arrivare all’inseminazione artificiale, poiché non riesce a restare incinta, poiché non riesce a raggiungere il presunto traguardo di una coppia felicemente sposata, la realizzazione che ogni donna crede di ottenere portando in grembo un bambino.

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Col tempo tutto questo finisce per realizzarsi e con la gravidanza inizia pian piano a incrinarsi il rapporto tra i due coniugi. Com’è facile intuire, un simile evento ha ripercussioni maggiori sulla vita della donna, che inizia a doversi assentare sul posto di lavoro, che comincia a necessitare di maggior riposo. Diventare madre significa essere legata a nuovi ritmi biologici che scandiranno lo scorrere dei giorni, significa adattare i desideri di realizzazione individuale nei tempi e nei modi imposti dal bambino. In questo caso, inoltre, del marito si sa bene poco, quasi non fosse stato contemplato dalla donna, relegato a un ruolo decisamente marginale. Per di più si tratta di una gestazione particolare, poiché i feti inizialmente sono cinque, ridotti successivamente a due in quanto si rivela estremamente rischioso portare a termine una simile gravidanza, sia per la madre che per i bambini. La riduzione embrionale che ne consegue dà alla protagonista del romanzo modo di riflettere in parte sul senso della vita, sovraccaricandola di un peso psicologico eccessivo per un carattere già di per sé estremamente fragile e sensibile. Si tratta di una donna che non reagisce con la gioia che ci si aspetterebbe alla notizia dell’attesa di due gemelli; si tratta di una donna che dunque avrà bisogno di tempo per metabolizzare l’idea di cambiamenti, che di fatto non vorrebbe vivere, che di fatto non vorrebbe affrontare.

È evidente che la realtà della donna sta mutando, e con essa anche lei: sono mesi durante i quali cesserà di svolgere certe attività, durante i quali smetterà di lavorare, incrementando così sempre più il senso di solitudine e la situazione di isolamento in cui sarà costretta a vivere per un po’, e affrontando dunque la gravidanza in maniera sempre più personale. Colui che invece appare sempre identico a se stesso è il marito, che continuerà a condurre la sua vita così come aveva sempre fatto, non percependo esigenza alcuna di cambiamenti, di modifiche da apportare alla propria vita e anche a quella di coppia, mostrandosi

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freddo e disinteressato di fronte a un evento che dovrebbe coinvolgere in egual misura padre e madre, mostrandosi distante, una persona su cui non poter fare affidamento, su cui non poter contare, e costringendo in questo modo la moglie a farsi carico di ogni cosa.

La coppia non ha mai le stesse reazioni, nemmeno di fronte ai problemi più banali, quelli di ogni giorno, e di fronte al dramma della morte del bambino e alla notizia del grave handicap motorio della figlia, i due coniugi hanno atteggiamenti diametralmente opposti; eppure la donna vede in ciò un lato positivo, sperando di trovare così col marito un equilibrio, il giusto modo di far fronte a simili tristi evenienze: lei, speranzosa e ottimista, un tempo invece così pessimista e paurosa, si oppone decisamente al compagno, perplesso e quasi adirato di fronte al comportamento della moglie, che trova talvolta incosciente, irragionevole, folle proprio a causa di questa visione ottimista e fiduciosa che lei continua a mantenere nonostante le circostanze disperate. Paradossalmente è lei, quella che un tempo aveva paura di avere anche solo un’opinione divergente dagli altri, a concepire che si possa affrontare una medesima situazione adottando punti di vista differenti, e che anzi questo possa esser d’aiuto; è lei a superare la morte del figlio dedicandosi alla bambina, imparando ad accettarla così com’è, desiderando solo che un giorno sia felice.

In particolar modo con la notizia dell’handicap della figlia, la distanza tra i due coniugi si fa sempre più profonda e provoca l’insorgere di accuse da parte del marito, che non si spiega come la gravidanza si sia potuta trasformare in un tale incubo, che cerca sollievo provando a trovare un colpevole a tutto ciò, rimproverando dunque alla moglie di non aver adottato secondo lui tutti gli accorgimenti necessari al caso, meravigliandosi del suo desiderio di tornare a una vita normale e provando una sensazione di disagio e di malessere non percepiti dalla donna, la quale risulta essere estremamente lucida e razionale. Sembrano

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essersi ribaltati i ruoli all’interno della coppia e la persona che ne emerge forte, decisa e sicura, è la donna, la persona che inizialmente si era dichiarata mediocre, timorosa, bisognosa di sostegno, quella stessa donna che adesso all’interno della coppia si fa coraggio e decide di non colpevolizzarsi, di assumere un atteggiamento decisamente responsabile, quella stessa donna che ha messo in atto un vero e proprio processo di crescita. Pian piano i due coniugi si lasciano andare, iniziando a pensare ognuno per sé, a non tollerare più il punto di vista dell’altro, diventando sempre più egoisti, accusandosi l’un l’altro di mancanze e di errori.

La donna, dal momento che vive col timore del giudizio dell’altro, con la paura di fare qualsiasi cosa, costretta ogni giorno a nuove lezioni, decide di metter fine al matrimonio: nonostante la consapevolezza che quest’uomo le abbia fatto aprire gli occhi su cose che da sola non avrebbe mai scoperto, nonostante l’amore li abbia legati per otto lunghi anni, nonostante debba a lui molto della persona che è diventata, nonostante l’ammirazione tuttora provata nei suoi confronti sia tanta, capisce che le loro strade si stanno dividendo, e che stare insieme implicherebbe soltanto sentirsi la più mediocre delle donne, delle mogli e delle madri.

L’avere un figlio sarà ciò che legherà per sempre i due coniugi, ma anche ciò che cambierà per sempre il loro rapporto e che ne decreterà la fine: per la donna diventa insopportabile sostenere il peso di continue paternali, di continue richieste di cambiamento da parte di un uomo che resta invece lo stesso, identico, sempre e solo pronto a citarla in giudizio in quanto cattiva madre, quasi disinteressato a salvare il matrimonio, convinto che solo la donna debba fare rinunce, sacrifici; lui invece non ne fa, non è collaborativo, e si rivela inoltre essere un padre assente, capace soltanto di riversare sulla figlia le mancanze che a suo tempo la madre ha avuto con lui.

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4.3. La maternità

La donna partorisce con tre mesi e mezzo di anticipo, inaspettatamente, obbligata a sottoporsi alla pratica di un taglio cesareo, spettatrice, sin da questo momento, di quello che le sta accadendo, quasi le fosse impedito di partecipare attivamente al suo divenire mamma. Dà alla luce due gemelli, un bambino e una bambina. Il rammarico va all’assenza della sorella, fuori città per lavoro, una dei componenti della famiglia che da sempre l’hanno affiancata e sorretta; non basta la presenza del marito, altro sintomo di una mancata complicità di coppia e di una certa armonia; entrambi sono colti impreparati, non sanno quale nome scegliere per i figli, non è presente l’entusiasmo che si pensa debba esserci all’arrivo di una nuova vita.

Il contatto con i bambini non è immediato, poiché sono talmente piccoli che entrambi necessitano incubatrici e macchinari che li tengano in vita, perciò il rapporto tra loro e la mamma non è caratterizzato dalla condizione di unità simbiotica che in genere rende speciale ogni relazione madre-figlio: per la donna si tratta di osservare l’équipe di medici e di infermieri prendersi cura dei suoi piccoli, della loro salute così cagionevole tanto da non suscitare il desiderio di nessun tipo di contatto con loro, la cui vita dipende da tubi, il cui aspetto risulta essere pressoché spettrale; ancora per molto tempo sarà una madre spettatrice, in attesa di poter entrare in scena e di svolgere il suo ruolo, occupandosi finalmente di loro. E durante questo lasso di tempo il marito riprende il lavoro, gli amici e i colleghi non immaginano ciò che lei sta vivendo poiché il periodo estivo tiene tutti lontani dalla vita reale; è soltanto la neomadre a restare immersa in nuova realtà, quella ospedaliera, vicina ai bambini ma pur sempre separata da loro da un vetro, in una sorta di isolamento forzato. È soltanto la sua vita che comincia a cambiare in modo radicale. È sempre e soltanto lei dunque a vivere situazioni paradossali, reclusa nella nuova realtà ospedaliera a causa di

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un’allergia alla cicatrice del taglio cesareo, lontana dalla vita vera, dal marito che riprende la vita di un tempo: dovrebbero essere momenti gioiosi, invece sono momenti velati da una tristezza costante. Nonostante la presenza di infermiere premurose, attente e disponibili, la donna si sente sola: malgrado anche la presenza dei suoi genitori e le tante telefonate degli amici, si tratta pur sempre di parole, che non trovano una soluzione concreta allo stato di solitudine in cui è costretta a vivere; consulta anche la psicologa del reparto, la quale ha paura che la paziente si senta colpevole per la situazione e ricerchi in sé le cause di tanto disagio: ma lei non ci pensa affatto, e capisce che non ci sono responsabili cui appellarsi, errori cui poter risalire.

In genere, una mamma dovrebbe esser resa forte dalla sua modalità di accesso diretto alla comunicazione di tipo corporeo col figlio, attraverso il proseguimento di quella sorta di fusionalità data dapprima dall’esperienza del parto e successivamente dall’allattamento; ma di fatto, per quanto riguarda la protagonista del romanzo, tutto ciò non avviene, o meglio, si verifica solo in parte e più tardi nel tempo, rendendo, malgrado tutto, la donna più vulnerabile proprio a causa di questa maggiore vicinanza coi figli, che si traduce concretamente in una sorta di sospensione dallo spendersi socialmente e dal realizzarsi come persona, in quanto prioritari diventano i bisogni dei figli2.

Ma per lei è una cosa ancora più complicata, più macchinosa, divenire mamma: significa in un primo momento prestare attenzione alle attività svolte da medici, infermieri e macchine, e in un secondo momento ricoprire poi un ruolo che non differisce granché da quello paterno.

La bambina, ormai figlia unica in seguito al decesso del fratellino, trascorre i primi sei mesi di vita in ospedale, presso cui la madre si recherà ogni giorno,

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incapace di stare altrove per troppo tempo, incapace ormai di stare lontana da lei, dando così un nuovo ritmo ancora alla sua vita. Per esser tranquilla ora ha bisogno di vivere accanto a sua figlia: vive come in funzione di lei, quasi non fosse più in grado di avvertire e soddisfare le proprie necessità, le proprie esigenze. Solo quando saranno stabili le condizioni della figlia, lei farà pian piano ritorno nella vita reale, fatta di responsabilità, di obblighi, ma anche di piaceri, di svaghi, come le cene con gli amici, le uscite serali, tutto ciò che una donna sembra dimenticare dopo aver avuto un bambino, tutto ciò che sembra non essere più compatibile con la nuova condizione di madre, tutte esigenze incomprese dal marito, che percepisce la compagna non più come donna, bensì come individuo esclusivamente dedito ai figli.

Trascorsi sei mesi ha finalmente il diritto di portare la bambina a casa, rendendosi conto di non esser capace di prendersi cura di lei, poiché fino a quel momento era stata aiutata dalle infermiere e dai medici; si rende conto che l’esser madre non implica necessariamente essere in grado di svolgere determinate mansioni, quelle che si credono essere immediate e naturali, logiche e istintive per una donna: siamo di fronte a una mamma che passa davanti all’incubatrice della sua bambina e non la riconosce, che quando per la prima volta le lava i vestiti mettendoli in lavatrice finisce per sciuparli, niente di tutto quello che ci si aspetterebbe da una madre, qualcosa di estremamente lontano dall’idea d’istinto materno imposta dalla società, idea che in questo caso non fa che incrementare lo stato di disagio in cui la donna non ha mai smesso di vivere. Dopo sei mesi di “attesa”, diventare realmente mamma significa per questa donna vivere una quotidianità fatta di privazioni e di premure eccessive, in cui niente può esser lasciato al caso, in cui niente, a causa delle condizioni di salute estremamente cagionevoli della bambina, può essere eseguito in maniera spontanea.

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4.4. Il lutto

Elaborare il lutto di un bambino di pochi mesi non è cosa semplice, soprattutto se si pensa alla fragilità d’animo e psicologica della protagonista, la quale, nonostante il dolore che ne consegue sia immenso e indicibile, riesce a farsi forza e a reagire, cercando di pensare al peggio, consapevole di non avere nessuna colpa e, anzi, di essere fortunata ad avere una bambina di cui potersi occupare e con cui potersi distrarre.

Questo episodio così delicato è vissuto in maniera paradossalmente razionale dalla donna, che subito riesce a concentrarsi su altro, aiutata anche dal fatto che fuori dalla realtà ospedaliera il bambino non ha vissuto e per cui non ha lasciato tracce, supportata psicologicamente e concretamente soprattutto dal padre, che continua a svolgere un ruolo protettivo nei suoi confronti. Col marito ancora una volta manca il dialogo, non è percepito da lei, per mancanza di empatia, il suo dolore di fronte a una simile perdita: i due ormai sembrano vivere come monadi, in due mondi completamente separati, conducendo vite del tutto differenti. Con la bambina, in seguito, la madre commetterà l’errore di non parlare della scomparsa del fratellino, così come aveva deciso di non parlarne col marito, mostrandosi ancora una volta poco sensibile ed empatica, quasi fredda, distante e sbrigativa, non dando il giusto peso alla sete di sapere della figlia, non considerando che se un bambino fa domande su determinati argomenti significa che è anche in grado di accogliere e di accettare le eventuali risposte dolorose e inoltre comportandosi come i suoi genitori hanno fatto con lei, ovvero costruendole un mondo sicuro e meraviglioso, fin troppo al riparo dalle sofferenze della realtà.3

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Un’altra perdita che colpisce la protagonista del romanzo è quella del padre, il quale lascerà un enorme vuoto nella vita della figlia, impossibile da colmare, ma anche un’immagine positiva di sé: felice, sereno, pienamente appagato e soddisfatto, dedito fino agli ultimi giorni alle sue passioni. Resta in lei un profondo senso di ammirazione nei suoi confronti, un forte desiderio di emulazione, di assomigliargli, di sentirsi libera così come si era sentito lui per tutta la vita; perderlo significa fare per sempre a meno di un appiglio cui aggrapparsi nei momenti difficili che la vita elargisce: si domanda come farà ad andare avanti. Probabilmente è in questo momento che avviene il distacco vero e proprio dalla sua famiglia, in quanto il padre era il membro che più la faceva sentire parte integrante di quest’ultima e da cui non sarebbe mai riuscita a prendere le dovute distanze. Dopo una tale perdita, dunque, la protagonista ha voglia di cambiamenti, ha voglia di dare una svolta alla sua vita, condotta finora all’insegna della banalità, della semplicità, ma soprattutto della paura; il suo desiderio, a partire da questo momento in poi, sarà quello di rendersi utile per qualcosa, di essere più complicata e meno trasparente, come se l’immediato accesso ai suoi pensieri, al suo animo, fosse sintomo di scarsa personalità. Tale desiderio di metamorfosi e di novità è tenuto a freno dallo zio, colui che, in qualità di ginecologo, l’ha seguita e supportata prima e durante i mesi della gravidanza, e che col tempo ha preso poi le veci del padre, cercando dunque di ricoprire quel posto ormai vacante di mentore, cercando di rappresentare un buon esempio e di essere un valido sostegno per la nipote.

Un altro lutto da dover prendere in considerazione e che la donna deve affrontare è quello dato dalla rottura della relazione con suo marito: dopo anni trascorsi insieme è opportuno voltare pagina e mettere la parola fine a un rapporto ormai sgretolatosi, ormai fatto di rimproveri e di accuse, sin dall’inizio probabilmente privo della sintonia e dell’armonia necessarie. Nonostante ciò, la

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protagonista sarà sempre ben consapevole di dover tanto all’uomo che resta innanzitutto il padre di sua figlia e che soprattutto ha reso lei stessa una donna nuova, essendo stato capace di farle sperimentare novità, di farle allargare i propri orizzonti. Senza mai dimenticare la portata di tale esperienza, la donna trova il coraggio di ammettere che la storia col coniuge non ha più alcun senso e con audacia decide di intraprendere da sola il difficile percorso che la vita le ha riservato, in seguito però incontrando di nuovo l’amore, e stavolta costruendo un rapporto paritario col nuovo compagno, stavolta non più bisognosa di essere salvata. Dunque in seguito a un periodo buio, la donna vive una fase di rinascita, una fase di freschezza ed euforia, che determinano tuttavia una sorta di instabilità generale, provocatale dall’emergere di un nuovo slancio nei confronti della vita, che la renderà più attiva e dinamica, più energica, malgrado la consapevolezza delle difficoltà quotidiane cui far fronte. Adesso dotata di una nuova consapevolezza di sé, la donna intuisce che non può più vivere accanto all’uomo che da sempre la giudica, che da sempre si mostra pronto a impartirle lezioni, pronto a esprimere giudizi, a criticarla come madre e come donna: diventa insostenibile il peso di continue paternali, di continue richieste di cambiamento da parte di uomo che invece rimane sempre identico a se stesso, che di fatto non le sa stare vicino.

4.5. L’handicap

Occorre riflettere sulla portata dolorosa che la notizia del grave handicap motorio della figlia ha sulla vita della protagonista, una vita destinata a cambiare nuovamente, a diventare più complicata e difficile, vera, fatta di problemi che si ripercuotono nel quotidiano più immediato. Inizialmente tutti i membri della famiglia vivono al riparo da discriminazioni, protetti da strutture accoglienti e da un personale medico altamente qualificato e comprensivo, che assiste la bambina e i suoi genitori ogni giorno, per ogni singola azione. Fuori il mondo non

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è predisposto alla comprensione, non è pronto per l’accoglienza della diversità: molti edifici scolastici, ma non solo, non sono a norma, non sono accessibili con sedie a rotelle, molti insegnanti si dimostrano insensibili e impreparati all’arrivo della bambina. Tutti questi motivi innescano la battaglia personale della donna, costretta a far fronte a cause che non dovrebbero esistere, a una burocrazia oscura e intricata, e lo fa di nuovo da sola, il marito limitandosi a osservare, a dare consigli, a essere un padre pressappoco inesistente.

Osservare la figlia che entra a far parte di un mondo che si rivela essere spietato, insensibile ai problemi che riguardano l’esser diversi e il vivere condizioni di disagio, provoca nella donna nuovamente un profondo senso di angoscia, poiché le preoccupazioni sono tante, spesso incomprese da chi non ne è coinvolto direttamente (perciò la partecipazione ad attività extra-scolastiche, il prendere lo scuolabus, l’assenza dell’insegnante di sostegno in classe, si trasformano per la donna in veri e propri ostacoli che mettono a dura prova la sua pazienza), eppure tutto ciò la renderà allo stesso tempo determinata nel far comprendere al mondo che sua figlia è come tutti gli altri e che ha i loro stessi diritti. D’altro canto, la protagonista si rende conto ben presto che il coraggio e l’ottimismo insiti nella figlia sono una forza che non ha rivali, e piena di orgoglio e di ammirazione la vede affermarsi a livello scolastico, studiando in maniera molto seria notte e giorno per eguagliare e addirittura riuscire a superare i compagni, a livello affettivo, circondandosi di amici e confrontandosi con l’amore, e addirittura in ambito sportivo, praticando molte attività pericolose.

È difficile stare accanto e sostenere una figlia la cui malattia non è esattamente “etichettabile”, la cui posizione è particolare, ambigua, persino all’interno del mondo dei disabili, poiché non del tutto autonoma e priva di uno spiccato senso dell’organizzazione, eppure capace di tante altre attività; quasi impossibile trovare la sua giusta appartenenza a una categoria, come se anche per lei, come

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in precedenza lo era stato per la madre, non fosse naturale trovare il giusto posto nel mondo.

Tuttavia è la bambina a dare alla madre la forza che poi quest’ultima mette in circolo e dà a sua volta alla figlia, così da crearsi un interscambio di forze e di energie che dà origine a un rapporto speciale ed esclusivo tra le due e che ostacola l’avvicinarsi di chiunque, quasi ripagandole di quel legame negato, per motivi fisiologici, inizialmente. Però come spesso accade alle madri costrette a fronteggiare simili situazioni, la protagonista di questa vicenda instaura inevitabilmente un rapporto simbiotico con la figlia, isolandosi e provvedendo a pensare a tutto in maniera autonoma, non fidandosi di nessuno, facendosi eccessivamente carico di ogni tipo di problema che riguardi la sua bambina. Eppure la donna deve essere estremamente riconoscente alla figlia, nonostante tutti i problemi di cui è portatrice e che comporta, in quanto le permette, inizialmente “costringendola”, di fare un passo in avanti, di fare il suo ingresso nella vita reale: anche se in un primo momento inizia a vivere in funzione della figlia, è pur sempre attraverso quest’ultima che inizia a battersi, a mettersi in gioco, a mettersi in discussione; è attraverso quest’ultima che diventa tenace e abile a destreggiarsi di fronte a un destino beffardo, che presenta continui drammi, che impone una vita di tentativi, sotto ogni punto di vista. La figlia rappresenta una molla: nonostante sia con lei che si acuisce lo stato di isolamento e che si aggravano le difficoltà della donna, quest’ultima riesce a trarre da tutto ciò la forza necessaria per reagire a situazioni in cui una persona media, mediocre, non ce l’avrebbe fatta, per diventare finalmente adulta, la sola in grado di poter fare qualcosa di fronte a certi ostacoli; inizia così a esporsi, a entrare a far parte della vita vera con una nuova consapevolezza. Nel corso del romanzo si legge: «Toute seule j’étais moyenne, depuis ma fille je grandis

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enfin.[…] Sans ma fille, je serais encore loin derrière, une partie de moi serait restée endormie».4

Svincolatasi da un’esistenza che la vedeva fortemente dipendente dalla famiglia, che a lungo le permette di vivere serena e spensierata, e da un marito sempre e solo pronto a denigrarla, la protagonista del romanzo si illude in un primo momento di conoscere la libertà, di fatto non facendo altro che vivere per la figlia, mettendo da parte le proprie priorità, perdendo di vista se stessa. Si tratta di una forma di altruismo estremo, che col tempo non aiuta certo la bambina a diventare autonoma, e che rende il rapporto madre-figlia insano, privo di quel distacco necessario affinché la piccola possa imparare a conoscere i vari aspetti della realtà, per potersela cavare, un giorno, nel mondo circostante così come esso è veramente, nella sua complessità: il rassicurante mondo dell’infanzia infatti è destinato sempre a venir meno.

Gradualmente però la bambina si allontana dalla madre, la quale prendendo decisioni e affrontando situazioni che una persona mediocre non sarebbe mai stata capace di prendere e di affrontare, finalmente si delinea e si afferma come donna nuova, intenzionata a diventare qualcuno di più interessante, in grado di apportare qualcosa.

A differenza della donna, la bambina non attraversa fasi eccessivamente buie e periodi particolarmente critici, non prova disagio nel dipendere sempre da qualcuno, anzi, trova ogni volta nuovi stimoli e nuove motivazioni per farsi valere in qualsiasi ambito. Vivere al fianco di una persona che ogni giorno si mette in discussione e sfida la sorte mette inevitabilmente in circolo un’energia e un entusiasmo tali da conferire forze insospettate alla protagonista del romanzo, che proprio in questo modo impara a conoscere e ad assaporare il gusto

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dell’imprevisto, a considerarlo parte integrante della vita, scegliendo di accettarne il presente con tutte le sue insicurezze e le sue imperfezioni: smette di restare in superficie e comincia ad andare al di là delle apparenze, entra a far parte di un mondo in cui tutto è complesso, in cui è sempre difficile trovarsi in bilico, avere responsabilità, scegliere tra un bene e un male che talvolta non sono poi così delineati; si tratta di una vita fatta di tentativi sotto ogni punto di vista, che induce madre e figlia a sentirsi spesso pesci fuor d’acqua.

Avviene un cambiamento radicale in questa donna, un processo di crescita innescato da una circostanza spiacevole, ovvero l’handicap della figlia, che la conduce ad assumersi delle responsabilità, ad abbandonare le certezze e le sicurezze datele da una famiglia che, seppur nella sua perfezione, non le permetteva di diventare adulta; si rende conto che la vita non sempre può esser controllata, che quest’ultima talvolta pone delle sfide da superare, perciò si cala in essa, smettendo di dare uno spazio eccessivo alla paura, al dubbio, al pensiero, e agendo, fuggendo da una dimensione che di fatto si configurava come irreale, che la teneva come in sospeso di fronte alla soglia della vita vera, procrastinando invano tappe ed eventi destinati inevitabilmente ad adempiersi.

Innescando una sorta di emulazione nei confronti della figlia, che nonostante abbia validi motivi per abbattersi e per sentirsi inadeguata e impacciata dimostra al contrario di avere coraggio e tanta voglia di vivere, affermandosi a scuola al pari dei compagni e pretendendo il giusto distacco dalla madre per poter interagire con i suoi coetanei, la protagonista del romanzo acquisisce una nuova consapevolezza, un nuovo potere, che mette in circolo e che utilizza per affermarsi in quanto donna e per far forza alla bambina qualora sarà discriminata per la sua diversità.

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La figlia e le problematiche che porta con sé rappresentano lo stimolo che fa crescere la protagonista del romanzo, ciò che le fa superare i propri limiti, ciò che la fa diventare quella che vuole essere, ciò che la fa accettare per quella che è, niente affatto una persona media. È come se inizialmente mettesse avanti a ogni cosa sempre e solo le priorità della figlia, e pensasse a lei in quanto donna solo in seguito, una forma di altruismo forse estrema, che danneggia entrambe, madre e figlia, ma che alla fine sarà superata, che permetterà alla bambina di crescere e alla donna di diventare finalmente adulta.

4.6. Conclusioni

Il percorso di vita che la protagonista di Moyenne è costretta a intraprendere e a percorrere è fatto di tappe che si susseguono inesorabili, senza nessuna sorta di fase di transizione che renda il passaggio dall’una all’altra meno duro, meno brusco da superare.

Il periodo adolescenziale sembra persistere a lungo nella vita della giovane donna, la quale anche in età adulta si trova spesso in preda a crisi esistenziali e a turbamenti psichici, la quale non riesce ancora ad affermare la propria indipendenza, la quale è ancora fortemente legata a un ambiente familiare che le impedisce una naturale e regolare crescita; e il passaggio dallo stato sociale di ragazza e figlia a quello di donna coniugata non cambia di fatto le cose, in quanto non sembra rompersi il legame che la teneva unita alla famiglia, e in quanto il marito assume i connotati di una vera e propria autorità genitoriale.

L’esperienza del divenire madre, della maternità, è vissuta dalla protagonista come un incubo a causa della natura problematica ed estremamente complicata della gravidanza, che sottopone la donna a una pressione psicologica tale da trasformare tale avvenimento in un’esperienza spiacevole, che la segnerà per sempre, anche poiché accompagnata dalla perdita di uno dei figli da poco in vita,

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così presentandosi alla neomadre uno dei consueti casi di inestricabilità tra vita e morte, tra bene e male, tra bello e brutto, che le daranno modo di riflettere sul senso stesso dell’esistenza.

Spesso la donna si sentirà in bilico, vivrà situazioni paradossali, sarà in preda a sentimenti contrastanti, e giunta infine alla conclusione che gran parte delle sventure che l’hanno colpita siano state frutto della casualità, sarà poi propensa però a non lasciare più niente al caso, a non eseguire più niente in modo spontaneo, diventando più artefice della sua vita. Inoltre, pervenuta ad avere uno sguardo disincantato sul mondo, nutrirà tuttavia profonde speranze per il suo avvenire e per quello della figlia. Si delinea in questo modo un nuovo approccio alla vita, in cui più niente sembrerà avere confini precisi, definiti, in cui tutto talvolta sembrerà confuso, vago e soggetto a cambiamenti, e in cui dunque sarà determinante il proprio personale apporto, il proprio personale impatto. La strada verso l’emancipazione di questa donna è lunga e tortuosa, fatta di sfide che mettono a dura prova la sua forza psicologica, la sua resistenza e il suo grado di sopportazione di fronte a una sorte decisamente avversa e ostile, che spesso la tiene lontana dall’integrazione con la società; per una come lei è difficile rientrare in certi schemi, e dapprima come adolescente, e in seguito come donna, madre e moglie, farà fatica a trovare un posto nel mondo.

Si tratta di un processo di crescita inizialmente quasi rifiutato, respinto dalla donna, la quale solo in un secondo momento è costretta ad accettare il naturale e inevitabile susseguirsi degli eventi, ad affrancarsi da un equilibrio stabile e accettare le difficoltà e gli imprevisti dati da una vita vissuta lontana da sicurezze; sarà indotta a fuggire da una rassicurante reclusione, a smettere di limitarsi a una mera osservazione del mondo e a iniziare invece a divenirne parte attiva e integrante, ad agire, a innescare dunque quel processo di formazione che non ha

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mai fine, che impone all’individuo continui mutamenti, costante propensione alla metamorfosi, all’immergersi in realtà che cambiano repentine, sempre pronti perciò ad abbandonare ogni certezza per ripartire alla ricerca di un nuovo e più adeguato equilibrio, con il quale poter cogliere la complessità del mondo e goderne, anche se per poco, della sua armonia.

Ogni volta, in seguito a una caduta, in seguito a un fallimento, la protagonista del romanzo troverà inaspettatamente la forza di rinascere. Come menzionato poc’anzi, il processo di formazione, per quanto sia un processo senza fine, destinato a non compiersi mai del tutto, trova in realtà una sua concreta realizzazione se si pensa che la donna accetterà l’idea di risollevarsi ogni volta dalle sue stesse ceneri, e farà di ciò un principio basilare della sua vita, in cui ogni volta adesso sarà consapevole di trovarsi di fronte sfide, di fronte a mutamenti che non lasciano mai spazio a certezze, e sarà dunque in grado di farvi fronte, assumendo il giusto atteggiamento.

Il cambiamento radicale che avviene nella donna è innescato da una situazione sostanzialmente spiacevole, ovvero l’handicap della figlia, che la conduce ad assumersi delle responsabilità, a lasciare le sicurezze di una vita e di una famiglia che non le permettevano di diventare adulta e di formarsi: la protagonista del romanzo, col tempo, si rende conto che i momenti brutti fanno parte della vita, che non sempre può esser controllata, smettendo in questo modo di essere una persona media.

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