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Conclusioni Il lavoro ha cercato di dimostrare la natura multicomponenziale

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Academic year: 2021

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Conclusioni

Il lavoro ha cercato di dimostrare la natura multicomponenziale del burnout

scolastico/universitario descrivendo il contributo di fattori esterni (insuccesso scolastico, pressioni sociali, gruppo dei pari), interni (personalità, strategie di coping, autostima ed autoefficacia), personali (genere) e interpersonali (supporto sociale) (Bernard e Krupat, 1994).

Il modello che meglio spiega l’insorgere del burnout e i fattori predittivi è il modello Job Demands-Resources (JD-R) che identifica due componenti principali del luogo di lavoro/formazione: le richieste lavorative (job demands) ovvero aspetti del lavoro che richiedono costi fisici e psicologici e le risorse lavorative (job resources) che comprendono aspetti fisici, psicologici o sociali che aiutano a realizzare i compiti assegnati. L’interazione tra queste due componenti può influenzare i livelli di stress lavorativo/scolastico. Unico limite di questo modello è il poco spazio che viene riconosciuto alle risorse personali come l’autostima e la personalità (Demerouti, Bakker, Nachreiner e Schaufeli, 2001).

Le ricadute che questo disturbo ha sullo studente sono molteplici: con alti livelli di stress aumenta il numero di assenze scolastiche fino all’abbandono vero e proprio che, dal punto di vista sociale, incrementa il livello di povertà e disoccupazione (Elffers, 2012). Tra le conseguenze internalizzanti del burnout aumenta il rischio di sviluppare una sintomatologia depressiva, un malessere psico-fisico (McClain e Abramson, 1995) ed episodi di ansia (Abouserie, 1994). Dal punto di vista esternalizzante aumentano le condotte antisociali che comprendono l’abuso di droghe e alcol (Magid et al., 2009).

Il burnout scolastico, nonostante non sia riconosciuto all’interno dei manuali diagnostici, è un disturbo da non sottostimare. Inoltre le conoscenze in letteratura sono ancora superficiali rispetto alle caratteristiche del fenomeno, quindi occorre sviluppare una “burnout-expertise” prima di pianificare interventi di prevenzione e trattamento valide.

Tuttavia, dato che “primum non nuocere” (“prevenire è meglio che curare”), al fine di prevenire l’esordio del burnout si riconoscono sia le responsabilità dello studente che dell’organizzazione scuola/università del quale fa parte (Tinti, 2000). Le responsabilità che lo studente deve avere verso se stesso sono le seguenti:

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- Conoscere le proprie motivazioni: perché si è scelta quella Facoltà/Scuola? - Conoscere i propri limiti (ore di studio, competenze..);

- Adeguare le proprie aspettative alla realtà (di sé stessi, verso gli altri e verso l’organizzazione);

- «Pensare positivo» e adottare strategie di coping ottimistiche;

- Controllare lo stress stabilendo obiettivi chiari e precisi, scegliere le strategie più efficaci e gratificarsi in caso di successo;

- Mantenere hobby e passioni che consentano di staccare dallo studio.

Nei casi in cui lo studente perda questa capacità di “responsabilizzarsi”, sarebbe utile che il counselor, con funzione di supervisione, lo aiutasse a riprendere contatto con le sue motivazioni, supportandolo. Non esistono studi che dimostrano l’efficacia del colloquio motivazione su studenti con diagnosi di burnout, tuttavia esistono studi che attestano l’efficacia di questo modello con adolescenti e giovani adulti coinvolti in condotte disadattive (abuso di alcol, droga e episodi di drop-out) prodromiche, spesso, di una condizione di burnout. L’utilizzo del colloquio motivazionale con questo tipo di pazienti prevede interventi brevi, con un feed-back personalizzato, su un

comportamento a rischio specifico (Miller e Sovereign, 1989). Il colloquio motivazionale è anche un valido modello di prevenzione secondaria (Roffman, 2000).

Di seguito si elencano quei fattori protettivi rispetto al burnout che hanno funzione preventiva (Bernstein e Halaszyn, 1989):

- L’ascolto: considerato come la condivisione empatica delle gioie e dolori, senza

offrire giudizi a colui o colei che lo ricerca. Per ricevere o offrire ascolto non è necessario che la persona sia conosciuta in modo approfondito, quanto invece è necessario che tale persona sia disponibile a prestare ascolto.

- Il sostegno allo studio: è l’offrire e ricevere apprezzamenti e feedback circa le modalità

di svolgimento dell’attività accademica;

- Lo stimolo tecnico: inteso come capacità, soprattutto dei compagni/colleghi di stimolare

nello studente creatività e curiosità ormai mitigate (Pines, 1983);

- Il sostegno affettivo: se non è possibile o è difficile trovarlo tra i propri colleghi,

sarebbe necessario cercarlo nella propria sfera privata. Il sostegno affettivo è

essenzialmente il cercare appoggio da una persona che ci valorizza non tanto per quello che facciamo ma per quello che siamo e che ci sostiene anche se non

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completamente in accordo con il nostro agire;

- Lo stimolo affettivo: offerto da una persona sufficientemente vicina a noi, come un

genitore, che abbia la capacità di rimuovere eventuali posizioni difensive;

- Il feedback sulla realtà sociale: lo studente potrebbe avere una percezione distorta della realtà sociale (in questo caso di quella accademica), che disorienta e confonde rischiando di indurre il soggetto a scelte sbagliate. Per riacquistare l’equilibrio e per evitare situazioni spiacevoli, sarebbe opportuno affidarsi ad uno psicologo che aiuti a fare chiarezza e ad interpretare la situazione problematica.

Si può concludere citando un’affermazione di Baiocco et al. (2004) “Dal burnout non si guarisce ma a esso si re-agisce. […]. Si tratta di essere responsabili (cioè abili a rispondere) del proprio

benessere anche lì dove sembra più difficile e assurdo”. Da questa frase emerge una profonda responsabilità del soggetto nel cercare d’ intervenire su di se per garantirsi un equilibrio sia fisico che psichico; bisogna quindi cercare di prevenire le possibili patologie, in questo caso stress e burnout derivanti dalle situazioni di lavoro e di impegno scolastico, gestendo le situazioni altamente stressanti. Nel caso che questa abilità a rispondere sia difficile da apprendere

individualmente, il ruolo dello psicologo, come supervisore e counselor, è quello di accompagnare lo studente verso la consapevolezza e l’acquisizione di strategie di coping più efficaci.

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