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CAPITOLO TERZO La partnership tra Fornitori e Clienti

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CAPITOLO TERZO

La partnership tra Fornitori e Clienti

Come già spiegato nel secondo capitolo, l’importanza dell’integrazione tra forni-tori e clienti oggi determina un valore aggiunto, indispensabile per diminuire i costi e conseguentemente essere più competitivi. Inoltre la collaborazione tra fornitore e cliente accresce le conoscenze di entrambe le parti, trasferendo il pro-prio know-how da una parte all’altra. Questa collaborazione è ancora più impor-tante per le aziende che operano su commessa o per progetto. In questo capitolo si approfondirà il tema delle aziende che operano su commessa per poi soffer-marsi sull’importanza della partnership tra cliente e fornitore e come questa può essere implementata. Il presente capitolo si basa fondamentalmente sul testo di Ivano Roveda “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli.

3.1 La produzione su commessa

Si ha produzione su commessa quando la produzione viene specificatamente atti-vata su ordine del cliente, la cui ripetizione (da parte di questo o di altri clienti) non è prevedibile con sufficiente attendibilità nella quantità e nel tempo1.

Vengono quindi fabbricati su commessa quei prodotti per i quali non è possibile formulare previsioni di domanda, in quanto spesso si tratta di beni e/o servizi dif-ficilmente ripetibili e complessi che vengono acquistati per esigenze specifiche da clienti sempre diversi. La domanda non è ciclica e quindi è difficile farne una previsione sulla base della produzione passata. Sempre per tale ragione non ci devono essere giacenze di magazzino perché è troppo alto il rischio di inutilizza-zione (nella gestione just-in-time l'assenza di un magazzino è un'ottimizzainutilizza-zione

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economico-organizzativa e non è sicuramente dovuta all'incapacità di prevedere la domanda).

Distinguiamo nella produzione su commessa diverse gradazioni:

1. il prodotto base è fabbricato su previsione, ma si attende l'ordine del cliente per definirne la versione finale;

2 il prodotto è già stato progettato e venduto, ma l'attivazione dell'intero ciclo produttivo avviene solo su ordine del cliente. In alcuni casi prodotti di questo ti-po sono presenti a catalogo;

3. il prodotto non è stato progettato e quindi l’accettazione dell'ordine richiede la progettazione e la realizzazione del numero di esemplari, richiesti dal cliente; 4. il prodotto è, per sua natura, un esemplare unico e non ripetibile.

II primo caso è tipico di prodotti complessi, normalmente a medio-elevato conte-nuto tecnologico, fabbricati in piccole serie. Ad esempio, i modelli più sofisticati e costosi di autovetture vengono prodotti su previsione sino a prima dell’allestimento interno e della dotazione degli optional, operazioni su quest’ultime per le quali si attende l’ordine del cliente.

Analogo discorso vale per alcuni tipi di macchine utensili la cui versione finale dipende dallo specifico tipo di lavorazione per cui la macchina verrà utilizzata. I reparti che lavorano su commessa hanno una gestione completamente diversa legata all' imprevedibilità degli ordini dei clienti che ne condizionano l'attività: a) la programmazione non è tempificata ma avviene al momento in cui perviene l'ordine. Di qui l'esigenza di impianti flessibili e di risorse umane preparate ad attività complesse e differenziate;

b) i materiali (semilavorati, ausiliari, materie prime) vengono a loro volta ordinati ai fornitori esterni o ai reparti a monte, in base all'esplosione dell'ordine del clien-te. Fanno eccezione a questa regola quei materiali che, non essendo specifici di una singola commessa, possono essere gestiti su previsione. È questa un'opportu-nità legata a sistematiche procedure di standardizzazione valida per aziende che producono sia su previsione che per commesse, o per altre che producono, anche solo su commessa articoli simili;

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c) dai punti a e b consegue che la data di consegna al cliente può essere prevista solo una volta pervenuto l'ordine (a meno che in fase di offerta non siano stati emessi verso i fornitori ordini provvisori);

d) non esiste programmazione delle quantità che vengono definite dal cliente e direttamente trasformate in impegno per i fattori produttivi.

Nel secondo caso (il prodotto è già stato progettato e venduto), si estendono a tut-to il ciclo di lavorazione le considerazioni dei punti a-d.

Il terzo caso (l'ordine del cliente richiede un nuovo progetto) è caratteristico di prodotti complessi, di elevato valore, con numero potenziale di clienti molto li-mitato, che devono soddisfare esigenze specifiche, difficilmente ripetibili. L'or-dine è normalmente preceduto da una richiesta d'offerta (o gara d'appalto) che richiede la stesura di un pre-progetto e una valutazione preventiva dei costi. Citiamo fra i molti esempi proponibili l'industria aeronautica (specialmente mili-tare, essendo la civile più riconducibile al secondo caso ), quella ferroviaria ed i produttori e/o assemblatori di grandi impianti chimici, elettrici o meccanici. La ripetizione della commessa è possibile, ma (quasi sempre) solo da parte del clien-te che ha emesso il primo ordine.

Gli esempi citati sono riferibili ad aziende che operano esclusivamente su com-messa e che, per tale motivo, hanno una struttura ed un'organizzazione sensibil-mente diversa rispetto a quelle che producono a fabbisogno o su previsione in cui è predominante l'attività di routine. Tali diversità non riguardano soltanto la pro-duzione (per i motivi illustrati precedentemente), ma è estensibile a quasi tutte le altre funzioni aziendali che sono anch'esse in gran parte attivate dall'ordine del cliente.

Le fasi di progettazione e di ingegnerizzazione sono conseguenti alla commessa e quindi in stretta connessione funzionale e temporale con l'attività produttiva. Nella produzione in serie, progettazione e produzione sono separate da mesi (se non da anni) di ricerche e sperimentazioni (ad esempio, nel caso dell'industria automobilistica). Lo stesso discorso vale per la contabilità industriale, organizza-ta in modo specifico per la preventivazione e il controllo delle commesse, a cui si

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richiedono valutazioni rapide e attendibili, sin dalla fase di offerta, su prodotti mai realizzati. La logistica non dispone di un flusso pianificato e mono-direzionale e la movimentazione dovrà quindi essere adattata alle esigenze speci-fiche di ciascuna lavorazione. Nella produzione per commessa il sistema azienda deve avere, nel suo complesso, tempi di decisione molto rapidi e capacità quasi istantanee di adattamento a situazioni non previste.

Il quarto caso (la commessa è un prototipo non ripetibile) è agli effetti pratici as-similabile alla gestione dei progetti.2

In ogni caso comunque si può concludere che la produzione su commessa richie-de una certa flessibilità. Dalla letteratura aziendale3 , si evince che per poter af-fermare che un’azienda intende essere flessibile debba perseguire un attento bi-lanciamento tra flessibilità tecnico-produttiva e organizzativa, altrimenti rischia di compromettere il raggiungimento dei più elevati livelli di efficacia ed efficien-za. Per flessibilità organizzativa si intende l’effetto congiunto di una non-rigidità sia della struttura che del fattore lavoro. I due aspetti sembrano intimamente lega-ti in quanto, se da una parte è opportuno che il sistema di ruoli e responsabilità mantenga una propria, autonoma flessibilità nel tempo, senza dover variare ne-cessariamente come risultato di interventi prestabiliti nella struttura, dall’altra ciò non può realizzarsi pienamente senza l’apporto di professionalità che si rinnova-no e si arricchiscorinnova-no continuamente, favorendo così il processo di dinamica dei ruoli4.

E’ importante sottolineare come la flessibilità umana non si concreta unicamente nella disponibilità a ricoprire ruoli polivalenti, ma si sostanzia soprattutto come capacità di “adattamento proattivo”5,cioè accettazione del cambiamento,

2 Angelo Andriano “Produzione e Logistica”- 15.ed., Milano, F.Angeli - Pg. 147-150.

3

Cori E., “Controllo organizzativo, politiche di gestione e dinamica dei rapporti interaziendali”, Giuffrè Editore, Milano, 1997- Cap. III.

4

Gay S., “Flessibilità strategica dei sistemi di produzione”, Angeli, Milano,1986. 5

Butera F., ”Economia della flessibilità, terziarizzazione e tecnologie informatiche: le implicazioni sull’organizzazione e sul lavoro”, in “Studi organizzativi”, n.2, 1987

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bilità a sviluppare le proprie conoscenze ed a considerare la propria professiona-lità, attitudine a comportamenti creativi ed innovativi.

La flessibilità così intesa viene quindi considerata come influente in due direzioni sulla configurazione del sistema controllo. Da una parte, essa può essere annove-rata tra i requisiti fondamentali del sistema di controllo; si ritiene che esso al pari degli altri meccanismi operativi, debba essere svincolato da rigidi schemi prede-finiti, per potersi adattare a mutevoli situazioni, sia in senso spaziale, cioè in fun-zione delle diversità che caratterizzano singole parti del sistema aziendale nello stesso momento storico, sia in senso temporale, per rispondere a condizioni di turbolenza ambientale, nonché a mutevoli esigenze produttive e di mercato. Dall’altra parte, sembra irrinunciabile che il sistema di controllo aziendale operi a supporto di un più spiccato orientamento alla flessibilità, favorendo l’assunzione di comportamenti in sintonia con l’adozione e realizzazione di tale politica. In altre parole, il rapporto tra flessibilità e controllo può essere dunque interpretato sia come necessità di rendere più flessibili i sistemi di controllo, in risposta alle diversità che possono caratterizzare i vari subsistemi aziendali, sia con riguardo al ruolo che il sistema di controllo stesso può avere nel supportare la realizzazione dei sistemi aziendali flessibili.

Per concludere, nella teoria organizzativa questa accezione del concetto di flessi-bilità si è sviluppata recentemente con la crisi del modello “meccanico” di dire-zione; il ricorso alla standardizzazione tanto degli elementi tecnici, quanto al comportamento umano, faceva sì che non fossero richiesti né un atteggiamento proattivo né la flessibilità dei comportamenti.

Nel corso del tempo, con la globalizzazione dei mercati, cambiamenti repentini nel mercato e con le esigenze dei clienti sempre più innovative anche la teoria organizzativa ha dovuto esplorare nuovi comportamenti, definiti “esplorativi”, ovvero ci si basa su attività di confronto tra idee e innovative formule organizza-tive orientate all'apprendimento ottenendo quella che è stata definita “flessibilità

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cognitiva” dell'azienda6 E’ evidente quindi che un’azienda che opera su com-messa non può che far riferimento a questa nuova filosofia organizzativa, nonché ad un sistema di controllo più flessibile.

3.1.1 I progetti e la loro organizzazione

Definiamo come progetto l'insieme delle attività espressamente finalizzate ad un determinato obiettivo che si esauriscono al conseguimento di un unico prodotto, servizio o risultato.7

Elemento caratterizzante del progetto è la sua unicità, nel senso che non ci sarà certamente un'esatta ripetizione degli obiettivi e delle attività (anche se sono pos-sibili senpos-sibili analogie fra progetti diversi).

Le aziende che lavorano per progetti forniscono prodotti unici che possono essere fisici, nel caso dell’edilizia e della cantieristica, o logici nel caso delle applica-zioni informatiche (software-house).

La gestione dei progetti, in cui si integrano la funzione produzione, la progetta-zione, la contabilità analitica è affidata a figure professionali definite project leader le cui responsabilità e competenze sono di volta in volta precisate in base alla commessa che viene loro affidata. È una situazione molto diversa dalle im-prese la cui normale attività è totalmente gestita dalla “struttura” dove i respon-sabili, finché mantengono la loro posizione, hanno responsabilità stabili su pro-cessi sostanzialmente routinieri. Un progetto rilevante per essere adeguatamente studiato e realizzato richiede un’organizzazione specifica in cui le figure chiave devono essere interne all’azienda e, se operative, dedicate interamente al proget-to.

Al vertice di un organigramma di progetto vi è lo steering committee che: l. approva la realizzazione del progetto;

6

Rullani E., “L’elasticità dell’azienda di fronte al cambiamento”, in AA.VV.,Ibidem, Clueb, Bologna, 1994.

7

Project Management Body of Knowledge (ANSI/PMI 99-001-2004). Def. originale: “a project is a temporary endeavor undertaken to create a unique product, service or result”.

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2. ne precisa gli obiettivi e ne prevede i benefici;

3. assicura le risorse almeno in termini di costi complessivi (suddivisi nel tempo); 4. tempifica le fasi essenziali;

5. nomina il project leader.

Per i progetti rilevanti nella strategia aziendale l'idea di un progetto nasce e si concretizza nell'ambito del comitato direttivo che raduna i responsabili delle principali funzioni. È quindi naturale che lo steering committee sia formato da una parte (o, in casi eccezionali), da tutti i membri dell'alta direzione; è normal-mente presieduto dal responsabile della funzione più direttanormal-mente interessata al progetto. I compiti descritti nei punti 2-3-4 (obiettivi dettagliati - costi - tempi) richiedono il coinvolgimento di risorse operative con specifiche professionalità a cui viene affidata l'attività preliminare all'approvazione, che viene definita di pre-studio8.

La fase di pre-studio può ovviamente concludersi con la decisione di non realiz-zare il progetto, quando il confronto costi-benefici non risulta favorevole e/o i rischi di non raggiungere gli obiettivi in tempi utili sono troppo alti. Se la fase di pre-studio si conclude positivamente viene nominato il project leader (Project manager), a cui viene delegata la responsabilità di realizzare il progetto. Le atti-vità dello steering committee non si esauriscono, è indispensabile che durante la realizzazione venga esercitata una sistematica azione di controllo sull'avanza-mento, che si concretizza in riunioni periodiche (almeno mensili) a cui partecipe-rà il project leader.

Dopodichè si passa all’organizzazione dei progetti, dove il primo compito per il project leader è la ricerca delle risorse umane da coinvolgere nel progetto, una volta definite persone e ruoli l'organizzazione di progetto può essere formalizzata in uno specifico organigramma (Fig.1) e le attività operative vengono suddivise in sottoprogetti; ci sono poi gli organi di staff che svolgono compiti di supporto, tra i quali:

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- pianificazione che tempifica l'utilizzo delle risorse umane e degli strumenti di lavoro (macchinari, mezzi di trasporto, servizi);

- amministrazione specifica del progetto ;

- persone o gruppi (reference group) con conoscenze specifiche, secondarie per la realizzazione del progetto.

L'attività di progetto è finalizzata a9:

- realizzare un prodotto conforme, nelle prestazioni e nella qualità, agli obiettivi imposti dal cliente;

- rilasciare il prodotto nei tempi concordati;

- rispettare i preventivi di costo e, più in generale, di utilizzo delle risorse.

Fig.1 Organigramma

Fonte: Angelo Andriano, “produzione e logistica”- 15.ed, Milano, F.Angeli

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L’avvio delle attività deve essere preceduta da una minuziosa fase di impostazio-ne, guidata dal comitato di progetto, in cui i contenuti, l’organizzazioimpostazio-ne, la tem-pificazione, le previsioni di costo vengono esaminate in dettaglio, completando (e in molti casi pratici, modificando) l’analisi preventiva della fase di pre-studio. Nella fase di realizzazione l’attività organizzativa è subordinata all’attività di pianificazione che, in base a quanto deciso, si occupa di:

- tempificare nel dettaglio (livello giornaliero o almeno settimanale) l’utilizzo delle risorse;

- controllare gli scostamenti fra piani e realizzazione;

- utilizzare gli strumenti di tempificazione e di controllo (ad esempio, gli stru-menti di Pert e Gantt10).

Durante la realizzazione possono essere necessarie - a causa di nuove richieste del committente, importanti innovazioni tecnologiche, errori o sottovalutazioni nell’impostazione, eventi imprevedibili, ritardi nelle consegne da parte dei forni-tori - fasi intermedie di parziale o totale riorganizzazione, in cui il progetto viene re-impostato nella struttura, nei tempi e nei costi in base alle nuove esigenze. Il successo di un progetto si misura, a prodotto rilasciato, confrontando i consun-tivi con i prevenconsun-tivi di prestazione, benefici, costi e tempi.

3.1.2 I meccanismi di coordinamento

Dal paragrafo precedente emerge come la tipologia dei meccanismi di coordina-mento, intendendo quest’ultimi come il modo di gestire le relazioni di interdi-pendenza esistenti fra le unità organizzative, sia importante.

10 Le tecniche maggiormente utilizzate per la gestione dei progetti sono quelle di Pert e Gantt. In

partico-lare, Pert è uno strumento di tempificazione; Gantt serve per rappresentare nel tempo l’utilizzo delle ri-sorse (uomini e impianti).

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In generale tra i meccanismi sociostrutturali bisogna distinguere11 :

1) la gerarchia che si fonda su una divisione verticale del lavoro e mediante la quale si assegna ad una posizione superiore la responsabilità di controllare e co-ordinare quelle ad essa assegnate;

2) I meccanismi di integrazione orizzontali e trasversali come le posizioni di col-legamento, i manager integratori, i comitati, le riunioni, le task force e i gruppi di progetto con cui si stabiliscono dei collegamenti con la linea gerarchica.

Quest’ultimi meccanismi possono essere classificati in base al loro grado di sta-bilità, per cui ve ne sono alcuni permanenti che sono in genere utilizzati con con-tinuità e, al loro volte, rappresentano delle unità organizzative facilmente identi-ficabili all’interno della struttura.

Ve ne sono, invece, altri che sono temporanei in quanto vengono costituiti ad hoc, nel senso che si prefiggono di coordinare più unità organizzative in riferi-mento ad uno specifico problema o programma d’azione.

Possono poi distinguersi meccanismi individuali, cioè costituiti da una sola per-sona che svolge un ruolo di coordinamento, e meccanismi collettivi, in cui tale responsabilità è affidata ad un gruppo di integrazione.

Nel primo caso, il coordinamento potrà essere esercitato mediante in ricorso alle autorità o alle capacità di negoziazione del singolo; nel secondo, quelli collettivi saranno proprio quelli delle diverse unità ad incontrarsi in una sede organizzativa comune e dovranno da soli raggiungere un accordo in merito alle azioni da segui-re per coordinasegui-re le loro attività.

11

Martinez M.,”L’analisi organizzativa: l’azienda” in Mercurio R.,Testa F.,“Organizzazione assetto e relazioni nel sistema di business”, G.Giappicchelli,Torino, 2000.

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Fig.2 Una classificazione dei meccanismi di coordinamento

Posizioni di collegamento

Le posizioni di collegamento costituiscono dei ruoli inseriti nella struttura orga-nizzativa con il compito specifico di agevolare il flusso di informazioni che è ne-cessario stabilire fra le diverse unità. Non hanno una loro specificità tecnica o manageriale ma sono rappresentate da individui che assumono, in aggiunta ai compiti ordinari e di routine, anche il ruolo di risolvere eventuali problemi di co-ordinamento che dovessero presentarsi fra le unità in cui essi sono inseriti o che da loro dipendono. Esempi di queste figure sono: Product Manager, Brand Manager, Key Account Manager, Process Manager.

Project Manager, o Program Manager

La figura del Project Manager, citata nel precedente paragrafo, è un manager che coordina progetti innovativi ed ha la responsabilità dell’esecuzione di un’attività che coinvolge molteplici unità organizzative, quali ad esempio la costruzione di prodotti ad alta complessità tecnologica, il lancio di un nuovo prodotto, l’installazione di nuovi sistemi informatici, la realizzazione di un prodotto su commessa, un intervento di formazione ecc.. . Nelle aziende che realizzano pro-dotti a significativo valore unitario su commessa, il Project Manager è un ruolo tradizionale ed è infatti riconoscibile nella figura del capo-commessa. In genere

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la figura del Project Manager è contraddistinta da una specifica competenza tec-nica che gli consente ci controllare e indirizzare le diverse fasi del progetto, di verificarne il rispetto dei tempi e dei costi, nonché la corrispondenza alle esigen-ze del committente. Il Project Manager è dunque dotato di autorità gerarchica nei confronti dei diversi specialisti coinvolti nel progetto, proprio perché il suo ruolo è finalizzato al compimento dello stesso.

Le riunioni

La riunione rappresenta un meccanismo di coordinamento estremamente flessibi-le: può essere convocata con estrema facilità, consente di far incontrare membri delle unità funzionali e divisionali e ha una durata temporale limitata, in quanto in genere si conclude nell’arco di una stessa giornata. E’ un meccanismo abba-stanza costoso, in quanto richiede elevati investimenti di tempo, coinvolge nume-rose persone e molto spesso si conclude senza che si sia raggiunto l’obiettivo per il quale è stata convocata.

Possono divedersi, a seconda del grado di stabilità, in Task team o Task force. Le task force

Si tratta di gruppi temporanei composti da membri di diverse unità funzionali o divisionale, che si costituiscono per risolvere un problema specifico interno all’organizzazione o di un suo cliente o per realizzare uno specifico progetto. Una volta che il progetto è stato completato le task force si sciolgono.

I task team

Il coordinamento fra le diverse unità funzionali o fra quelle divisionali in riferi-mento a problemi specifici, ma ricorrenti nella loro tipologia, può essere assicu-rato mediante gruppi di coordinamento interfunzionali o interdivisionali. Tali gruppi, denominati comitati, diversamente dalle task force, non si sciolgono una volta eseguito il loro compito, in quanto rappresentano un “luogo” dove poter af-frontare stabilmente certi problemi.

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3.2. La partnership tra fornitore e cliente: dinamica della relazione

Nella traduzione letterale, il termine partnership ha il significato di “società”, in altre parole di unione volontaria di più persone allo scopo di dividere il lavoro e i profitti. Nel contesto imprenditoriale, è utilizzato soprattutto per esprime un'alle-anza tra ditte individuali e/o società che mettono in comune una parte, o tutte le proprie risorse, per ottenere un vantaggio reciproco e/o per divenire maggiormen-te concorrenziali12.

La necessità d’impostare una diversa dipendenza fra cliente-fornitore si è svilup-pata alla fine degli anni '80 in Giappone sull’onda dell’applicazione della “Quali-tà Totale”, dove la relazione con i fornitori aveva assunto una dinamica collabo-rativa. Anche le aziende occidentali che, con lentezza, stavano adottando i det-tami applicativi della "Qualità Totale", avevano dovuto prendere atto che l'atteg-giamento di “sfruttamento” dei propri fornitori non era più vincente.

Alcune grandi compagnie avevano così impostato una nuova politica degli acqui-sti che riducesse il numero di fornitori e creasse alleanze con i più affidabili di loro. Già nel breve termine avevano constato la diminuzione del contenzioso su-gli scarti, con innegabili vantaggi qualitativi ed economici sul prodotto finale, semplificazioni e abbattimento dei costi nel processo di acquisto e maggior atten-zione del fornitore all’integraatten-zione del proprio manufatto nel prodotto finale. Ma la partnership non è più solamente un'alleanza di interesse economico. Nel con-testo attuale, nel quale il termine ”innovare” è la parola magica che permette di respingere le offensive provenienti dai paesi emergenti, essa è diventata uno strumento essenziale per sopravvivere in un mercato sempre più dinamico e glo-balizzato. Sappiamo che la tecnologia moderna si evolve con rapidità e ciò com-porta la necessità di una continua espansione delle conoscenze e dei conseguenti investimenti di aggiornamento. Le aziende che hanno scelto di concentrarsi sul proprio core business, ricorrendo sempre di più all’outsourcing, possono

12

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli - pag.15.

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ciare delle competenze tecnologiche specifiche dei fornitori, se con loro hanno instaurato uno stabile rapporto di partnership.

Infatti ogni fornitore, specializzato nel proprio settore di competenza, qualora co-involto in una catena aperta della produzione tesa alla soddisfazione del cliente finale, può contribuire all'innovazione del prodotto dell'azienda cliente apportan-do valore aggiunto a sé e al cliente stesso. Possiamo dire che, attualmente, i for-nitori in partnership sono i più qualificati e motivati attori per l'innovazione dei prodotti, innovazione che, oggi, rappresenta la chiave di successo di un’impresa: il mercato impone infatti all’industria una maggiore dipendenza della ricerca e del progresso tecnologico. Se la qualità era, fino a ieri, la principale aspettativa del consumatore nei confronti dei prodotti e dei servizi, elemento discriminante nella gamma delle offerte, oggi tale caratteristica sta perdendo la sua connotazio-ne di specialità e si sta trasformando in un requisito assimilato e scontato; la di-namica del mercato ha sostituito tale requisito con l’innovazione che va, a pro-pria volta, assumendo primaria importanza in tutti i settori sociali, economici e produttivi.

Le aziende molto grandi hanno al proprio interno un reparto/funzione di Ricerca & Sviluppo, che ha il compito di sviluppare e scoprire nuove idee e soluzioni in-novative; quelle medie e piccole, per ovvi motivi economici, si rivolgono all’esterno della loro compagine aziendale; è in queste realtà che la partnership diventa estremamente importante ed efficacie. Quando, quindi, lo sforzo dell’innovazione può essere troppo “pesante” per ogni singola azienda, il ripartir-lo proporzionalmente fra più aziende consente un vantaggio indiscusso per tutte. E’ opportuno, pertanto, affidare ai fornitori, maggiormente qualificati per espe-rienza e capacità tecnica nel settore di competenza, l’incarico di suggerire al cli-ente soluzioni migliorative in termini tecnici ed economici. In tal modo fornitore e cliente comparteciperanno all’evoluzione del prodotto finale e ripartiranno gli oneri da ciò derivanti. In conclusione la partnership è utile non solo per ridurre i costi di approvvigionamento, di qualità e affidabilità del prodotto ma si rileva

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i-donea anche al miglioramento tecnologico e all’innovazione del bene commer-cializzato13.

Per realizzare un rapporto cliente-fornitore che rappresenti l’optimum della siner-gia tecnica, economica e innovativa occorre che gli “attori” percorrano insieme un cammino di costruzione ed evoluzione, che partendo dalla classica relazione di subordinazione del fornitore nei confronti del cliente raggiunga una fase di piena parità restando ben chiaro per entrambe le parti che l’obiettivo principale è la soddisfazione del cliente finale.

Si è quindi assistito ad un cambiamento di mentalità: se il fornitore veniva consi-derato dall’acquirente semplicemente un ingranaggio della propria macchina produttiva e che poteva essere sostituito a piacere, contrattando per cercare di portare a casa più vantaggi possibili, con la partnership non esistono né vincitori né vinti, perché l’obiettivo primario non è rivolto solo al proprio tornaconto ma al soddisfacimento del cliente finale. Bisogna quindi passare dalla trattativa con-flittuale a quella collaborativa, ovvero alla “negoziazione evolutiva”. La diffe-renza tra le due è che mentre la contrattazione è un' azione che si sviluppa preva-lentemente in serie favorendo la trattazione delle singole clausole, la "negozia-zione evolutiva" si sviluppa in maggior misura in parallelo, promuovendo la trat-tazione degli obblighi nella loro globalità. In particolare nella partnership l'accor-do viene ricercato per un obiettivo superiore comune e deve portare ad una mutua soddisfazione. Il rapporto tra cliente e fornitore è sempre vissuto in maniera di dipendenza perché entrambi hanno bisogno l'uno dell'altro per il proprio fine. En-trambi perseguono l'interesse di un contratto alle migliori condizioni. In questa relazione giocano molto i rapporti di forza di ciascuno ma quasi sempre in un' ottica che vede il cliente in posizione predominante e il fornitore in posizione su-bordinata. Normalmente l'atteggiamento degli acquisitori durante la negoziazione è focalizzato sui risultati nel breve termine. In particolare essi impostano la tratta-tiva con il proposito di diminuire il prezzo della fornitura sia in modo diretto,

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Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli - Pg 16-20. Cap 1.

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vero chiedendo sconti in funzione di futuri acquisti o eliminando attività collate-rali proposte dal fornitore, sia in modo indiretto, cercando di ottenere a costo zero prestazioni non contemplate inizialmente nella richiesta di offerta. Nell'immedia-to ciò procura all'acquirente apparenti effetti positivi che però, frequentemente nel corso del contratto, si trasformano in spese aggiuntive facendo lievitare il prezzo finale della fornitura. Infatti il fornitore, avendo subito una riduzione del prezzo di vendita con conseguente riduzione del proprio margine, cercherà di ri-montare lo svantaggio economico limando per esempio le attività di controllo della produzione programmando i tempi di lavorazione con margini ridotti o im-ponendo condizioni restrittive ai suoi subfornitori. Spesso poi l'acquirente, duran-te l'esecuzione contrattuale della fornitura non controlla adeguatamenduran-te l'operato del fornitore, vuoi per risparmiare le spese di trasferta del personale incaricato dei controlli, vuoi per "mancanza di tempo" perché i responsabili di commessa sono sovraccarichi di lavoro. L'insieme di tutti questi fattori aumenta il rischio che il materiale fornito non sia conforme alle prescrizioni richieste o che manife-sti un malfunzionamento durante l'integrazione con il prodotto finale.

Le conseguenze sono spesso dannose come per esempio : costi aggiuntivi asso-ciati alla restituzione del materiale non conforme (movimenti di magazzino e at-tività di controllo e collaudo); penali per slittamento dei tempi di consegna del prodotto al cliente finale a causa del ritardo provocato da quel materiale difettoso e così via. Ma la visione ristretta degli acquisitori che perseguono la strada del contratto al minor prezzo possibile ha come conseguenza negativa anche quella di ridurre la possibilità di instaurare con i fornitori migliori rapporti sul medio e lungo termine che potrebbero portare maggiori benefici futuri pur con minori vantaggi nell'immediato. Diverso è l'approccio in una relazione di partnership in cui, rimanendo uguale l'interesse a concludere un contratto alle migliori condi-zioni, l'obiettivo individuale si sposta verso un obiettivo comune, orientato alla soddisfazione del cliente finale. I punti di forza di ciascuno non sono più in con-trapposizione cioè orientati solo al proprio tornaconto, ma tendono a sommarsi

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consentendo un approccio più flessibile è costruttivo alla definizione dei termini contrattuali.

Ciò presuppone un diverso portamento negoziale in cui ciascuna parte deve met-tere sullo stesso piano le proprie aspettative e quelle dell'altra parte. Questo rap-porto "alla pari" viene comunque giocato con le regole della negoziazione perché ciascuno, sia cliente che fornitore, pur orientato alla soddisfazione del cliente fi-nale, ha dei bisogni che devono essere soddisfatti.

È difficile che in una negoziazione entrambe le parti riescano ad ottenere tutto ciò che vogliono; ma è importante in un rapporto di partnership che ciascuna par-te percepisca che l'altra cerca di soddisfare i bisogni minimi atpar-tesi.

Per aiutare questo processo integrativo è molto utile che ci sia qualcuno, per e-sempio un rappresentante di ciascuna parte, che abbia il compito di verificare che tutte le promesse siano rispettate, che aiuti cioè a mantenere solida la fiducia re-ciproca. Se gli acquisitori ragionassero anche loro in termini di soddisfazione del cliente finale, che ovviamente è subordinato alla soddisfazione dei propri “clienti interni”, ecco costruito il meccanismo perché il rapporto cliente-fornitore si svi-luppi con lo stesso unico obiettivo.

Quindi, in tale prospettiva, il compito principale degli acquisitori è quello di con-ciliare le "attese" dei propri "clienti interni", rappresentati dalle funzioni di ricer-ca & sviluppo, qualità, collaudo, produzione e che sono i destinatari delle fornitu-re acquistate, con le "attese" dei fornitori nell' ottica della "catena aperta del valo-re"14.

L’evoluzione da un lato del concetto di qualità, oggi riassumibile nell’espressione customer satisfaction, dall’altra dell’idea di prodotto, tendente ad includere elementi immateriali ad integrazione del bene fisico, espongono l’azienda alla necessità di dover prevedere e prevenire una vasta gamma di com-portamenti inadeguati; questi, originati tanti dai suoi singoli membri, quanto dal cattivo funzionamento dei meccanismi di coordinamento interpersonale e

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Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli - Pg. 40-50.

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funzionale, possono ripercuotersi sui livelli di qualità, siano essi quelli program-mati dall’azienda o quelli attesi dal mercato15.

La diffusione in azienda di un orientamento alla “Qualità Totale” è dunque stret-tamente condizionata dalla realizzazione dei necessari cambiamenti nella “filoso-fia” aziendale, cui non rimane estraneo il controllo, inteso come processo orga-nizzativo prima ancora che informativo-contabile.

Il riferimento alla soddisfazione delle aspettative e dei bisogni dei consumatori sposta il raggio di azione del controllo addirittura al di fuori dei confini aziendali, realizzando un significativo esempio di quello che è stato definito “rinforzo e-sterno” da parte del contesto ambientale di riferimento al sistema di controllo in-tenzionalmente costruito dall’organizzazione16. .

Attraverso l’interazione tra azienda e mercato, il cliente da una parte contribuisce alla costruzione del sistema di parametri-obiettivo della gestione, dall’altra, mo-strando maggiore o minore gradimento del prodotto, esprime una valutazione, quindi un “controllo” in senso tradizionale, che coinvolge la qualità globalmente espressa dal sistema. Tuttavia è compito dell’azienda cercare di anticipare il più possibile il momento della verifica della qualità offerta. Pur non trascurando di valutare ex-post la soddisfazione del cliente finale17 , l’azienda è chiamata da una parte ad elaborare un sistema di controllo interno della qualità “programmata”; dall’altra a verificare la corrispondenza tra questa e la qualità desiderata dal mer-cato, tra la sua idea di qualità e quella della fascia di consumatori cui essa si ri-volge18 .

15

Cori E., “Controllo organizzativo, politiche di gestione e dinamica dei rapporti interaziendali”, Giuffrè Editore, Milano, 1997- Pag. 67.

16

Flamholtz Eric G.-Das T.K-Tsui A.S, “Toward an Integrative Framework of Organizational Control”, 1985.

17

Conti.T, “Come costruire la qualità”, Sperling & Kupfler, 1992. 18

Cori E., “Controllo organizzativo, politiche di gestione e dinamica dei rapporti interaziendali”, Giuffrè Editore, Milano, 1997- Pag. 69-70

(19)

3.3 Il ruolo degli approvvigionamenti e la sua evoluzione

L’instaurazione di una buona partnership tra cliente e fornitore è determinata in gran parte dalla funzione degli approvvigionamenti che in un’azienda che opera per commessa ha un ruolo estremamente importante. Pensiamo, ad esempio, ad aziende che costruiscono/realizzano impianti chimici, centrali termoelettriche, prodotti di piccola serie ad alto contenuto tecnologico, dove normalmente il core business è rappresentato dal proprio know-how nel campo scientifico con forti capacità nella progettazione, nello sviluppo e nell’integrazione dei componenti e sistemi complessi. In tale contesto la funzione approvvigionamenti ha un ruolo fondamentale sia in termini di spesa che di attività operativa; essa ha una respon-sabilità onerosa non solo perché gli acquisti incidono in buona misura sulla gstione finanziaria dell’azienda ma anche perché tale funzione rappresenta un e-lemento cardine nel soddisfare direttamente le esigenze dei “clienti interni”, in particolare le funzioni aziendali della produzione e della qualità che, in cascata, concorrono alla soddisfazione del cliente finale.

Tipologie di Approvvigionamento:

Esistono diverse tipologie di approvvigionamento che si possono suddividere se-condo categorie che tengono conto del “valore” del prodotto/servizio fornito, ov-vero19:

- Critico: quando il mercato offre una sola possibilità di fornitura per contenuto tecnologico o capacità produttiva;

- Strategico: se si tratta di un componente tecnicamente o economicamente qua-lificante del prodotto finale oppure quando sono pochissimi i fornitori in grado di fornirlo;

- Determinante: quando la scelta del fornitore è sufficientemente ampia ma il suo costo è elevato;

19

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli- Par.2, Cap.2.

(20)

- Commerciale: quando il mercato è ampio e/o il costo per unità non è elevato.

Le modalità di approvvigionamento

Secondo la teoria di Pareto, il 20% dei prodotti acquistati dalle aziende che ope-rano a progetto o su commessa rappresenta di per sé l'80% del fatturato degli ap-provvigionamenti20.

In tale contesto la politica aziendale delle società impiantistiche e sistemistiche è quella di conservare il controllo progettuale e riproduttivo dei componenti acqui-stati in outsourcing mantenendone quindi la proprietà industriale.

In generale l'approccio è quello classico basato su trattative incentrate sul prezzo e verifica sistematica delle forniture. Ciò significa che la scelta del fornitore av-viene a valle di una gara in cui, a parità di competenza tecnica, qualità di produ-zione e tempi di consegna, il contratto viene negoziato con chi offre il miglior prezzo. Le forniture sono basate su singoli ordini in cui non viene data alcuna ga-ranzia su future commesse anche se sono previste opzioni per ulteriori provviste. Di solito, per accettare la fornitura, viene applicato sistematicamente il controllo e il collaudo dei prodotti in entrata, anche se in presenza di autocertificazione. Per i prodotti critici e strategici si persegue la strada degli “accordi di collabora-zione” in cui le parti si impegnano in modo bilaterale al fine di perseguire van-taggi reciproci ma con clausole limitative per lo più a vanvan-taggio del cliente. Spesso tali accordi rappresentano l’inizio di contratti di fornitura che prevedono anche una partecipazione attiva del fornitore alla progettazione e allo sviluppo dei prodotti richiesti.

Purtroppo la collaborazione si rivela più intenzionale che operativa in quanto, al-la fin fine, sono i contratti che si stipual-lano successivamente alal-la firma degli ac-cordi a regolare i susseguenti rapporti delle parti con la classica dinamica di sud-ditanza del fornitore. Normalmente gli elementi organizzativi di un'azienda e i suoi processi si modificano in modo dinamico adattandosi alle variazioni del mercato, allo sviluppo tecnologico e alle esigenze dei clienti.

(21)

Come già osservato precedentemente, è opportuno che gli approvvigionamenti incentivino maggiormente il processo di coinvolgimento dei fornitori in rapporti sempre più collaborativi modificando opportunamente l'organizzazione e le pro-cedure di acquisto.

Ciò significa lavorare più a stretto contatto con alcuni fornitori privilegiati e in-staurare rapporti più “distesi” con i fornitori normali per eliminare tutte quelle attività che non portano valore aggiunto e conseguentemente ridurre al minimo i costi di qualità, affidabilità, tempo di risposta e innovazione.

L'obiettivo aziendale del binomio fornitore-cliente va quindi modificato: da indi-viduale, diretto a soddisfare il proprio cliente, con i conseguenti appesantimenti in termini di costi, qualità, tempi e rischi dovuti ai soli rapporti biunivoci della catena (Fig.3) a comune, orientato alla soddisfazione del cliente finale creando efficienza in una “catena aperta del valore” (Fig.4). Di conseguenza le capacità e le potenzialità dei fornitori diventano parte integrante delle strategie e dei piani dell'azienda cliente dato che le loro prestazioni rappresentano un fattore chiave per soddisfare i requisiti del cliente finale, aumentando nel contempo la flessibili-tà aziendale, il contenimento dei costi e il miglioramento del prodotto sia presta-zionale che innovativo. Oggi, si impone sempre più il concetto di “catena aperta del valore aggiunto del prodotto” in cui la bontà del prodotto finale è data dalla sommatoria dei singoli rapporti fornitori-cliente nella sequenza produttiva che inizia dalle materie prime sino ad arrivare alla commercializzazione del prodotto. In tale contesto la funzione approvvigionamenti assume un ruolo cardine tra for-nitore e cliente contribuendo in modo determinante a creare i presupposti essen-ziali per soddisfare il cliente finale. In questa ottica il rapporto con il fornitore assume una valenza operativa che produce valore aggiunto; le dinamiche di busi-ness si evolvono in senso propositivo, si passa dalla “contrattazione blindata” alla “negoziazione evolutiva”. La visione non è più indirizzata al prezzo ma al costo, i fornitori diventano risorse esterne, l’acquisto non è più un’attività

(22)

finanziaria-mente negativa bensì un mezzo per soddisfare i clienti esterni, l’obiettivo non è risparmiare al massimo ma incrementare il valore aggiunto al minor costo21.

Fig.3 Rapporti tra clienti e fornitori con obiettivi individuali

Fonte: Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli.

Fig.4 Rapporti tra clienti e fornitori con obiettivo comune

Fonte: Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli.

21

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli- Pg 20-27,Cap.2.

(23)

Tutto questo ha dei risvolti anche nel campo dei meccanismi di controllo ed in particolare nel controllo di gestione, la cui sfida più grande è quella di costruire un sistema di obiettivi tale da recepire le istanze del cliente e tradurle sul piano operativo aziendale. Quando il rapporto con i fornitori esterni è rinnovato, ovvero si evolve in un rapporto di collaborazione, è necessario che strumenti di coordi-namento ritenuti tipici della singola azienda (comitati, ruoli di coordicoordi-namento, riunioni periodiche,…) vengono estesi al rapporto con i fornitori esterni. Si può così assistere ad una vera e propria “doppia rete”, interna ed esterna, basata sull’intrecciarsi di relazioni interattive di tipo partecipativo e collaborativo, non-ché sulla composizione di interessi reciproci.

Il coinvolgimento su obiettivi aziendali di organi svincolanti da relazioni di tipo gerarchico fa dunque sì che l’intero sistema di obiettivi sul quale ruota il control-lo organizzativo venga messo in discussione, richiedendo l’abbandono di schemi di pianificazione e controllo che ricalcano la struttura gerarchica dell’azienda e sono focalizzati su un sistema di “responsabilità verticali”, a favore di nuovi che individuano obiettivi e responsabilità di processo22.

L’idea di una gestione per processi, affiancata dallo sviluppo di ruoli e funzioni “trasversali”, sembra richiedere in via preliminare il consolidamento nell’organizzazione di una più aperta disponibilità alla condivisione di informa-zioni e conoscenze, nonché di un’abitudine al lavoro di gruppo23 .

Di conseguenza cambia la forma di controllo, da uno stampo più “classico”, dove il controllo è di tipo ispettivo, che si traduce nel verificare se tutto procede in conformità al programma adottato, agli ordini impartiti e ai principi stabiliti24 , a forme di autocontrollo che integrano il controllo gerarchico. L’efficacia del con-trollo individuale è tuttavia condizionata dall’esistenza di alcuni presupposti, nonché dall’azione di rinforzo svolta dagli incentivi organizzativi e dal sistema formativo che, nel lungo periodo, porta ad una riduzione della pressione

22

Bellandi G.,” La misurazione della qualità”, Etas Libri, Milano, 1996 23

Conti.T, “dalla qualità dei prodotti alla qualità di sistemi aziendali”, in “L’Impresa”, n.3, 1998. 24

(24)

ta dai subordinati rispetto a situazioni nelle quali il controllo di tipo gerarchico risulta predominante.

3.4 La partnership: dalla teoria alla pratica

Il rapporto fornitore-cliente sta subendo evoluzioni notevoli spinto da esigenze di mercato e supportato da nuove strategie aziendali.

Di conseguenza è diventato imperativo ricercare quei vantaggi competitivi che consentano all'azienda di porsi in posizione preminente rispetto ai concorrenti e di fornire prodotti sempre più innovativi.

In questi ultimi anni le aziende hanno cercato di abbattere i costi di produzione perseguendo la strada della delocalizzazione, che può essere definita come lo spostamento di linee di produzione o segmenti della catena del valore da imprese localizzate sul territorio di un determinato paese a imprese di paesi stranieri.25 All'inizio i vantaggi sono stati considerevoli, specie per le imprese manifatturiere produttrici di merci a basso valore aggiunto. Ma già si profilano degli scenari po-co rassicuranti dovuti soprattutto al forte sviluppo epo-conomipo-co che si è po- conseguen-temente generato in questi paesi e che in breve tempo si trasformerà in competi-tività con i prodotti occidentali, vanificando la motivazione di partenza della de-localizzazione basata sul basso costo della mano d'opera.

C'è quindi bisogno di un nuovo approccio nei rapporti fornitori-clienti non più basato sulla convenienza del prezzo ma orientato all’ottimizzazione dei costi e al miglioramento del prodotto. Stiamo parlando di partnership, un diverso rapporto tra fornitore e cliente, basato su relazioni stabili e trasparenti, e che fa la differen-za nel mercato. II rapporto di partnership tra cliente e fornitore si basa su una mutua dipendenza a medio lungtermine allo scopo di raggiungere un costo o-biettivo, garantendo qualità, puntualità, affidabilità ed innovazione in funzione del soddisfacimento del cliente finale.

25

G.Marangoni, “Nuove Tecnologie, organizzazione d’impresa e sistema produttivo locale”,2004, F. Angeli S.r.l.

(25)

II processo di partnership obbliga le parti a condividere, in modo più o meno am-pio rischi, perdite e profitti con eventuale estensione ai mezzi di produzione e al-la condivisione progettuale. Ciò implica un differente atteggiamento dei partner che si estrinseca in:

- una visione proiettata al medio-lungo termine;

- un rapporto cliente-fornitore più trasparente e condiviso da tutti i livelli azien-dali;

- un approccio preventivo ai problemi e seria disponibilità a soluzioni concorda-te,

- un comportamento flessibile, durante il corso della fornitura, a trattare modifi-che tecnimodifi-che di processo e tempi di consegna;

- una condivisione delle perdite e dei profitti per abbassare i margini di rischio; - un'auspicabile compartecipazione agli investimenti e all'innovazione.

In particolare il rapporto di partnership presuppone l'adozione più o meno estesa dei seguenti comportamenti26:

- rapporto dilatato nel tempo che presuppone un atteggiamento di fiducia sulle

potenzialità del fornitore. Ne consegue un coinvolgimento sostanziale del forni-tore sulla progettazione e sullo sviluppo o al limite, sull'industrializzazione dei prodotti forniti per sfruttare al meglio il suo know-how specifico con vantaggi nel tempo non solo economici ma anche di innovazione sui prodotti acquistati e quindi su quelli destinati al cliente finale;

- acquisti focalizzati sul costo totale del prodotto fornito prevedendo un prezzo

obiettivo, minimo o massimo, che comunque dovrà modificarsi al di là dell'infla-zione, per generare maggior utile per entrambe le parti. Sarà determinante al ri-guardo l'apporto tecnologico e di processo che il fornitore dovrà mettere in cam-po con l'aiuto del cliente;

- qualità garantita con accettazione dell'autocertificazione. Significa che cliente e

fornitore hanno concordato un sistema di controllo qualità in funzione della

26

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli- Pag.30.

(26)

lità del prodotto finale che, una volta verificato e validato, consente un risparmio di tempi e costi a beneficio di entrambi;

- responsabilità globale sui prodotti forniti quale conseguenza della garanzia di

qualità concordata (e non solo imposta). II fornitore assume tutte le responsabili-tà di eventuali non conformiresponsabili-tà riscontrate dal cliente sulla propria linea di produ-zione ed interviene in modo pro-attivo per eliminarle, ciò consente all'acquirente, verificata l'affidabilità qualitativa del fornitore, di sopprimere i collaudi del mate-riale in entrata;

- attività di controllo focalizzato sulla prevenzione e tarato sulla complessità della

fornitura tramite un "team interaziendale" con il compito di prevenire e risolvere i tanti problemi tecnici, gestionali e di tempo che invariabilmente sorgono duran-te la vita di un contratto;

- flessibilità al verificarsi di modifiche tecniche e di variazione dei tempi di

con-segna durante il corso della fornitura. La stima e la fiducia reciproca che si in-staura consente di affrontare gli imprevisti in modo propositivo tramite accordi che non ledano le altrui aspettative;

- coinvolgimento dei fornitori nella dinamica dei pagamenti e nell'applicazione

delle penali correlate con le clausole del contratto con il cliente finale. Ciò con-sente di abbassare i margini di rischio nel rapporto fornitore-cliente/cliente con benefici per tutti;

- compartecipazione del fornitore ad investimenti in fase di progettazione e

svi-luppo di nuovi prodotti. II fornitore assume un ruolo di "co-designer" assumen-dosi parte del rischio sulle future vendite e mettendo a disposizione dell'acquiren-te tutto il suo know-how non solo per ottimizzare la sua fornitura ma anche per contribuire al miglioramento e all'innovazione del prodotto destinato al cliente finale.

(27)

3.4.1 Le linee guida dell’azienda cliente

L’azienda cliente deve seguire delle linee guida per poter avviare un buon rap-porto di partnership 27.

Innanzitutto deve avere chiari i limiti e le implicazioni che si vogliono dare al rapporto di partnership in funzione delle strategie aziendali. Se, per esempio, si vuole tenere all'interno il controllo dell'impresa, vuoi per la specificità del pro-dotto o per salvaguardare il know-how aziendale, ci si indirizzerà su un coinvol-gimento leggero; mentre si svilupperà un rapporto più stretto quando la tecnolo-gia del fornitore è di difficile reperimento sul mercato o incide in modo rilevante sul prodotto finale. E’ importante, poi, verificare le motivazioni del futuro par-tner , infatti, perché un "matrimonio" regga nel tempo occorre che ciascuno sia disposto a considerare le aspettative dell'altro al pari delle sue nell'ambito degli obiettivi condivisi. Quindi è opportuno sin dall'inizio giocare a carte scoperte e che ciascuno "ascolti" le esigenze dell'altro. Dopo aver verificato le reali motiva-zioni del futuro partner è importante, comunque, fissare le regole generali del rapporto volte soprattutto alla costruzione della fiducia reciproca, il che automa-ticamente porta a ridurre l'insorgere di conflitti. E’ naturale, però, che il rapporto si costruisca nel tempo e diventi sempre più fruttuoso quanto maggiore è l'appro-fondimento della conoscenza e stima reciproca, pertanto è necessario assumere atteggiamenti flessibili e adattarsi alle aspettative del partner. Le regole e le buo-ne intenzioni non bastano a mantebuo-nere i rapporti proficui ma occorre adottare un atteggiamento di "attenzione" alle aspettative del partner e un comportamento flessibile per trovare meglio le soluzioni che soddisfino le esigenze di entrambi. Infine, è necessario scegliere degli indicatori per misurare la "soddisfazione" del rapporto. Quest’ultimi sono strumenti che agevolano la convergenza del rapporto perché permettono una verifica più oggettiva degli scostamenti dagli obiettivi che inizialmente sono stati posti alla base della partnership; essi dovranno consentire

27

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli- Par. 3,Cap.3.

(28)

una valutazione dinamica di costi, qualità, puntualità, affidabilità ed innovazione del prodotto nonché del grado di soddisfazione del cliente finale.

3.4.2 Tipologia del rapporto cliente-fornitore

Il rapporto con il fornitore può assumere modalità e connotati diversi a seconda della tipologia dei prodotti, della dimensione della ditta e del grado di coinvolgi-mento che si vuole ottenere.

In base al livello di collaborazione e di partecipazione al valore aggiunto dell’azienda cliente, tale rapporto può essere classificato su 5 livelli secondo le seguenti definizioni28 (Fig.5):

- a catalogo: fornisce solo quello che ha; - normale: fornisce ciò che gli viene ordinato;

- preferenziale: apporta valore aggiunto al prodotto finale;

- integrato: condivide le strategie del cliente;

- sinergico: concorre alla soddisfazione del cliente finale.

Fig.5 Proporzionalità diretta tra livello di collaborazione e valore aggiunto per l'impresa

Fonte: Elaborazione Personale

28

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli- Par.5,Pg.34-40.

(29)

Tra il primo e l'ultimo livello esiste tutta una gamma di rapporti e di coinvolgi-mento dei processi nonché un diverso modo di valutazione e di qualificazione del fornitore. In senso crescente avremmo un impatto sempre più forte nei settori del-la valutazione, contrattazione, progettazione & sviluppo (P&S), produzione, qua-lità e relazioni tra le parti (Fig 6).

Se il fornitore a catalogo fornisce prodotti standardizzati e di larga diffusione mano a mano che il rapporto di integrazione e collaborazione aumenta, il fornito-re fornito-realizza sempfornito-re di più prodotti e/o servizi specifici alle esigenze del cliente fi-no alla produzione in totale sinergia nel caso di un forniore sinergico. Quindi an-che la valutazione delle diverse tipolgie è differente: se la sceltra tra fornitori a catalogo ricade sostanzialmente sul prezzo, o nel caso del fornitore normale sul-la capacità produttiva e vicinanza geografica, mano a mano che i fornitori vengo-no covengo-nosciuti i criteri di valutazione si sposteranvengo-no maggiormente sulle linee di produzione, sulla qualità del management e sulla solidità finanziaria. Infatti in quest'ultimi casi viene dato per scontato la corrispondenza sulla qualità e sulla quantità concordata, controlli che, invece, sono di routine nel caso delle prime tipologie di fornitori.

Per quanto riguarda la contrattazione, invece, ci sono aspetti che, nonostante la tipologia di fornitore con cui si collabora, devono essere considerati e sono: il prezzo e i tempi di consegna.

Successivamente mano a mano che la collaborazione aumenta e il rapporto si in-tensifica la contrattazione si basa anche su altri aspetti come per esempio le spe-cifiche tecniche, lemodalità e tempi per i pagamenti, in modo da stipulare clau-sole contrattuali in funzione di obiettivi comuni fino ad arrivare al livello di for-nitore sinergico in cui le clausole contrattuali riflettono quelle del contratto prin-cipale con il cliente finale, prevendendo una distribuzione dei rischi , delle perdi-te e dei profitti regolata in perdi-termini percentuali a seconda del gradi di parperdi-tecipa- partecipa-zione del fornitore.

(30)

In merito al coinvolgimento del fornitore nella progettazione e sviluppo del pro-dotto, se è nullo nella prima tipologia di fornitore (a catalogo), nelle tipologie successive è presente; all'inizio con una forte controllo da parte dell'azienda cli-ente poi sempre meno fino ad arrivare ad una piena collaborazione in cui il forni-tore apporta il proprio know-how, diventando forniforni-tore “co-designer” (sinergi-co).

Il controllo sulla qualià è un controllo dapprima di accettazione, poi di collaudo fino a che il controllo sulla qualità è affidato al fornitore che fornisce delle “auto-certificazioni”, arrivando poi ad un rapporto sinergico dove il fornitore è coinvo-loto sugli obiettivi della qualità.

Infine le relazioni aumentano e si intensificano mano a mano che il rapporto con i fornitori si fa più sinregico; i contatti sono maggiori e se all'inizio sono solo tra tecnici mano a mano che il rapporto si evolve si organizzano incontri periodici con il magement delle aziende. Si arriva, infine, a ragionare in termini sinergici, programmando le attività con sistemi ICT in un ambiente di massima disponibili-tà e flessibilidisponibili-tà tra le parti solo nel caso di fornitore sinergico29.

29

Ivano Roveda, “Partnership Strumento per l’innovazione: istruzioni operative per aziende che operano su progetto o su commessa”- Milano, 2006, Franco Angeli.

(31)

Fig.6 Confronto tra tipologie di fornitori

Catalogo Normale

Preferen-ziale Integrato Sinergico Tipologia Prodotti standardizzati Prodot-ti/servizi specifici per le esigenze dei clienti Stessa tipolo-gia; migliora-menti in quali-tà. Stessa tipologia; obiettivo otti-mizzazione cli-ente finale. Produzione in sinergia con il cliente

Valutazione Prezzo -Capacità

produttiva; - Collocazio-ne geografi-ca Fornitori già conosciuti: -Qualità -Potenziale tecnologico Verifiche su: -Linee Produ-zione -Management -Solidità Finan-ziaria Rispondenza alle strategie del business. Contratta-zione -Prezzi -Tempi di consegna Ordini chiusi -Prezzi -Tempi di consegna -Pagamenti -Specifiche tecniche Ordini sin-goli Conferma d’ordine -Prezzi -Tempi di con-segna -Pagamenti -Specifiche tecniche In un ottica di trasparenza Clausole con-trattuali in fun-zione di obietti-vi comuni. Clausole con-trattuali riflet-tono il contrat-to principale. Ripartizione: rischi, perdite e profitti.

P&S Nessuna

atti-vità Se previsto: su specifi-che detta-gliate dal cliente. For-te controllo da parte del cliente Se previsto: svolto da forni-tori su specifi-che preconcor-date. Flessibili-tà da entrambe le parti.

Svolto dal forni-tore che apporta il suo contributo specialista -“Co-designer” - Partecipaz. a specifiche di progetto. -Apporta Know-how

Produzione Nessuna

atti-vità Riconosciu-ta compe-tenza nel settore. Trasparenza dei processi produttivi Processi produt-tivi qualificati Produzione programmata per la realizza-zione del p.f. Qualità Controllo di accettazione Controlli di collaudo e di accetta-zione Autocertfica-zione; Saltuario con-trollo di accet-tazione. Programma di miglioramento della qualità; Collaudo (forni-tore); Autocertifica-zione. Coinvolgimen-to forniCoinvolgimen-tore su obiettivi di qualità

Relazioni Contatti poco

frequenti con rappresentanti. Relazioni tenute da tecnici. Incontri perio-dici Incontri regolari al livello tecni-co,contrattuale e manageriale. Ragionamento in termini si-nergici; Massima fles-sibilità e di-sponibilità

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