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22 3. L'ATTUAZIONE COMUNITARIA DEL PROTOCOLLO DI KYOTO.

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(1)

3.

L'ATTUAZIONE COMUNITARIA DEL PROTOCOLLO DI KYOTO.

Al fine di rispettare gli impegni di riduzione dell'8% entro il periodo 2008-2012 l'UE ha

varato nel marzo del 2000 il Programma Europeo sul Cambiamento Climatico. La

Commissione Europea ha individuato una strategia a doppio binario basata, da un lato,

sull'elaborazione di una direttiva sullo scambio dei diritti di emissione di gas ad effetto

serra all'interno dell'Unione Europea per il settore dell'energia e dei grandi impianti

industriali (Direttiva 2003/87/CE) e dall'altro misure finalizzate all'abbattimento di

emissioni provenienti da fonti specifiche.

L'adozione della Direttiva 2003/87/CE e del Programma per l'ambiente hanno dato avvio ad

una serie di politiche comunitarie che costituiscono il pacchetto di iniziative principali

dell'UE contro il cambiamento climatico.

3.1.

La Direttiva Emission Trading 87/2003/CE: generalità.

Con l'adozione della direttiva 87/2003/CE l'Unione Europea ha istituito un sistema di

scambio di quote di emissioni il cui fine è quello di promuovere la riduzione delle emissioni

di gas serra secondo criteri di validità in termini di costi e di efficienza economica

mediante la creazione di un mercato interno di permessi. Attraverso l'adozione di questa

direttiva l'UE viene ad assumere un ruolo di leadership su scala mondiale introducendo un

meccanismo di circolazione di quote di emissione all'interno dei Paesi membri ed a

costituire nel settore la prima grande esperienza mai sperimentata prima a livello

internazionale.

La direttiva ha inteso creare un sistema premiale nei confronti di quelle attività che

abbiano utilizzato una gestione di processi interni di produzione più eco-efficiente. Il

meccanismo consente infatti, a quegli impianti industriali che abbiano emesso in atmosfera

una quantità di quote inferiori rispetto a quelle assegnate sulla base di un piano nazionale

interno, di poterle allocare sul mercato cedendole a quegli impianti che abbiano,

viceversa, sforato il tetto massimo di quote di emissione ad essi assegnato. Il meccanismo

di Emission Trading consentirà alle imprese ed ai settori produttivi più efficienti di poter

trarre un profitto dalla rivendita dei propri diritti di emissione.

Inoltre, ai sensi dell'art. 11, la direttiva prevede che ciascuno Stato procederà

all'assegnazione iniziale delle quote di emissione al gestore di ciascun impianto sulla base

dell'accordo di ripartizione degli oneri.(vedi capitolo precedente).

Per "quota di emissione" si intende il diritto di emettere una tonnellata di biossido di

carbonio equivalente per un periodo determinato.

(2)

Il meccanismo previsto consente lo scambio di quote tra impianti localizzati sia all'interno

dello Stesso stato membro che tra impianti situati in un altro Stato membro; questo

significa che, nella prima ipotesi, il numero di tonnellate di emissione concesse allo Stato

all'interno del quale si è effettuata la circolazione, non subirà alcuna variazione rispetto

all'accordo di burden sharing. Viceversa laddove la cessione e la vendita di quote si sia

realizzata tra impianti localizzati in Stati membri diversi occorrerà procedere ad un

riaggiustamento del numero di tonnellate assegnate a ciascuno Stato in forza dell'Accordo

di ripartizione degli oneri.

L'acquisto di quote spettanti ad un altro Stato membro implica l'acquisizione del diritto ad

emettere una quantità di tonnellate supplementari di equivalente biossido di carbonio

nello Stato membro in cui è localizzato l'impianto che ha deciso di acquistare ulteriori

quote di emissione. Al contrario la vendita di una Quota ad un impianto situato in un altro

Stato membro fa perdere allo Stato membro in cui risiede l'impresa cedente, il

corrispondente diritto di emettere una tonnellata di equivalente biossido di carbonio.

Risulta quindi evidente l'importanza di un sistema di registrazione nazionale delle quote di

emissione, che permetta la tenuta di una corretta contabilizzazione degli scambi effettuati

fra Stati membri. A tal fine la direttiva all'art. 19 dispone che gli stati membri debbano

istituire dei Registri elettronici per una corretta contabilità delle quote, che siano

accessibili al pubblico.

La direttiva ha previsto che dal 1° gennaio 2005 gli impianti individuati all'interno

dell'Allegato I, ovvero quelli che esercitano attività di combustione energetica, raffinerie

di petroli, produzione e trasformazione di metalli ferrosi, industria dei prodotti minerari,

impianti per la fabbricazione di vetro, pasta da carta, potranno svolgere la propria attività

solo previo acquisto di quote di emissione; a tal fine i gestori degli impianti elencati

dall'allegato I dovranno aver ottenuto, ai sensi dell'art. 4, una Autorizzazione ad emettere

gas ad effetto serra rilasciata da un'autorità competente, che dovrà procedere a verificare

la capacità del gestore di controllare e di comunicare le proprie emissioni. L'art. 7 della

direttiva prevede a questo proposito anche che qualora sopravvengano modifiche che il

gestore intenda apportare alla natura o al funzionamento dell'impianto ne siano informate

le autorità competenti onde poter procedere ad un aggiornamento dell'autorizzazione.

3.2.

Elementi della Direttiva EU ETS.

La direttiva 2003/87/CE UE ETS (Emission Trading System) è caratterizzata dai seguenti

elementi:

1) il campo di applicazione.

L’Allegato I della direttiva Emission Trading a sua volta si richiama all’Allegato I della

direttiva 96/61/CE ma limita la sua applicazione solo ad alcune categorie d’attività

(3)

previste dalla Direttiva IPPC e riduce per la categoria di attività 1.1, la soglia di potenza

calorifica da 50 MW a 20 MW.

La direttiva EU ETS si applica pertanto:

- a tutti gli impianti rientranti nella Direttiva IPPC, classificati nell’ambito dell’Allegato

I della stessa con codice di attività 1.2, 1.3, 2.1, 2.2, 3.1, 3.3, 3.5, 6.1;

- a tutti gli impianti rientranti nella Direttiva IPPC, classificati nell’ambito dell’Allegato

I della stessa, con codice di attività 1.1. In particolare, alla luce dell’Allegato A3 della

Decisione 2000/479/CE, a quelli classificati con codice NOSE-P 101.01, 101.02, 101.04 e

101.05, corrispondenti ad impianti di combustione con potenza calorifica superiore ai

50MW;

- agli impianti di combustione con potenza calorifica aggregata tra i 20 ed i 50 MW

classificati con codice NOSE-P 101.3. Per verificare se un impianto di combustione

rientra nel campo di applicazione della direttiva Emission Trading, si rimanda dunque

alla direttiva IPPC e, più specificamente, ai provvedimenti attuativi della stessa, tra i

quali:

- l’Allegato A3 della decisione 2000/479/CE, in merito all’attuazione del

Registro europeo delle emissioni inquinanti (EPER) che identifica i codici

NOSE-P di riferimento per le attività IPPC;

- la classificazione NOSE-P dei processi industriali, strumentale ad

interpretare l’Allegato A3.

Tab. 3.1 Attività Soggette alla Direttiva 2003/87/CE

ATTIVITA' SOGLIA

Attività energetiche

Impianti di combustione Oltre 20 MW

Raffinerie di Petrolio

Cokerie

Produzione e trasformazione di metalli ferrosi

Arrostimento o sinterizzazione minerali metallici

Produzione ghisa o acciaio Oltre 2,5 tonn/ora

Industria prodotti minerali

Produzione di Clinker Oltre 500 tonn/giorno

Produzione calce viva Oltre 50 tonn/giorno

(4)

Fabbricazione di prodotti ceramici Produz.> 75 tonn/giorno e/o capacità forno >4 mc e densità colata >300 kg/mc

Altre attività

Fabbricazione di pasta per carta

Fabbricazione di carta e cartoni Oltre 20 tonn/giorno

2) Obblighi.

La previsione di un

duplice obbligo per tutti gli impianti industriali da essa regolati:

a) di possedere, a partire dal 01/01/2005, un

permesso di emissione in atmosfera di

gas serra per poter svolgere la propria attività;

b) di

rendere alla fine di ogni anno un numero di quote di emissione pari alle emissioni

di gas serra rilasciate durante l’anno.

3) Piano di Assegnazione

Le quote di emissione vengono rilasciate dalle autorità competenti all'operatore di ciascun

impianto sulla base di un

Piano Nazionale di Assegnazione; l'assegnazione di ciascuna

quota attribuisce il diritto al rilascio di una tonnellata di biossido di carbonio equivalente. I

piani nazionali di assegnazione debbono essere redatti coerentemente agli obiettivi di

riduzione nazionali e con il tendenziale di previsione di crescita delle emissioni; i piani

dovranno inoltre essere redatti tenendo conto del potenziale di abbattimento, delle

esigenze di approvvigionamento energetico di ciascun paese e con riguardo alla tutela del

principio della concorrenza.

L'art. 9 della direttiva stabilisce che ciascuno Stato membro in relazione a quelli che sono i

criteri individuati all'interno dell'Allegato III e tenuto conto delle osservazioni del pubblico,

debba elaborare un piano nazionale di riduzione all'interno del quale indicare le quote di

emissione che intende assegnare alle attività previamente indicate, e le modalità di tale

assegnazione per i periodi di tempo indicati dall'art. 11.

Si tratta di piani che dovranno essere notificati e sottoposti al vaglio della Commissione

Europea, entro il 31/03/2004, per una verifica che potrà concludersi con un rigetto totale

o parziale.

4) Mercato delle quote.

Assegnate le quote di emissione queste potranno cominciare a circolare mediante la loro

vendita o acquisto, i trasferimenti dovranno essere accompagnati da una registrazione su

un apposito registro nazionale; le transazioni che hanno ad oggetto le quote di emissione

possono prevedere la partecipazione sia dei gestori degli impianti interessati

(5)

dall'applicazione della direttiva, sia di soggetti terzi, ovvero organizzazioni non

governative, intermediari, cittadini.

L'art. 10 della direttiva prevede l’assegnazione gratuita delle quote per il primo triennio

(con inizio dal 1° gennaio 2005); questo primo periodo (2005-2007) di sperimentazione

servirà infatti ai soggetti interessati dalla normativa sull'Emission Trading di acquisire una

prima esperienza prima dell'entrata in vigore del secondo momento di applicazione della

direttiva, il quinquennio 2008-2012, in cui i gestori degli impianti saranno costretti invece

ad acquistare le quote di emissione.

5) Restituzione delle quote.

La

resa delle quote d'emissione deve essere svolta annualmente (entro il 30 aprile) dagli

operatori degli impianti per un numero pari alle emissioni reali degli impianti stessi. Alla

fine di ogni anno i gestori degli impianti sottoposti all'applicazione della direttiva ET

dovranno dichiarare alle autorità competenti le quantità di emissione di gas emessi

durante tutto l'arco dell'anno; a tal fine l'Allegato IV indica quelli che sono i criteri sulla

base dei quali il gestore dovrà redigere le proprie comunicazioni indicando il risultato del

monitoraggio da lui direttamente svolto e da soggetti terzi accreditati presso le autorità

competenti. L'attività di controllo e verifica sarà svolta secondo i criteri contenuti

nell'Allegato V.

6) Monitoraggio.

Le emissioni reali sono il risultato del

monitoraggio effettuato dall'operatore stesso e

certificato da un soggetto terzo accreditato dalle autorità competenti;

7) Sanzioni.

L'art. 16 prevede, infine, quelle che sono le

sanzioni applicabili in caso di violazione delle

disposizioni previste dalla direttiva ET. In particolare si prevede che dovranno essere gli

Stati membri a determinare le norme relative alle "sanzioni da irrogare individuandone il

livello di efficacia, proporzionalità e dissuasività”. I gestori che entro il 30 aprile di ogni

anno non restituiscano un numero di quote di emissioni equivalenti a quelle autorizzate

dovranno pagare un'ammenda di 100 Euro per le emissioni in eccesso per ogni tonnellata di

biossido di carbonio. Per il primo periodo di applicazione della normativa l’ammenda è

ridotta a 40 Euro. Il pagamento dell'ammenda per le emissioni in eccesso non dispensa il

gestore dall'obbligo di restituire un numero di quote di emissioni corrispondente a tali

emissioni in eccesso all'atto della restituzione delle quote.

3.3.

La direttiva Linking 2004/101/CE

La direttiva 2004/101/CE, intervenuta a modificare la direttiva 2003/87/CE , è stata

introdotta per cercare di trovare un equilibrio tra la promozione e lo sviluppo dei

meccanismi di JI e CDM all'interno del mercato sullo scambio delle quote di emissione e

l'obiettivo di tutelare la stabilità ambientale dell’ecosistema.

(6)

L'ammontare di quote spendibili sul mercato che rappresentano il surplus di riduzione dà

luogo a Assigned Amount Unit (AAU).

La Joint Implementation attraverso la realizzazione congiunta di progetti diretti a ridurre

le emissione tra paesi dell’Allegato I dà luogo alle così dette: Emission Reduction Unit

(ERU);

Il Clean Development Mechanism, invece, mediante la creazione di progetti di riduzione

tra Paesi Allegati I e Allegato II (Paesi in via di sviluppo) consente ai primi di ottenere le

Certified Emission Reduction(CER).

La caratteristica delle AAU, ERU, CER è quella di essere unità di credito tra di loro fungibili

e suscettibili di essere scambiate come unità equivalenti nell'applicazione della normativa

generale di Emission Trading. La direttiva Linking è quindi intervenuta rendendo

equivalenti i crediti derivanti dai progetti di JI e CDM a quelli derivanti dalle quote

assegnate sulla base della direttiva 2003/87/CE sull’Emission Trading.

La caratteristica unitaria della JI e del CDM è quella di essere meccanismi di progetto,

detti anche meccanismi project based. Si tratta di strumenti messi a disposizione dei Paesi

ratificanti il Protocollo di Kyoto per accelerare, da un lato, l'abbattimento delle emissioni

di gas serra attraverso progetti di trasferimento di tecnologie, dall'altro, per ridurre i costi

rappresentati dalle misure nazionali interne di riduzione.

Le caratteristiche della JI e del CDM sono la supplementarietà ed il fatto di essere basati

su un sistema così detto di baseline-and-credit, contrapposto a quello di cap-and-trade

proprio del sistema di Emission Trading.

Il sistema baseline-and-credit, si fonda su quello che è un controllo ex post della riduzione

delle emissioni realizzate mediante la realizzazione di progetti di trasferimento di

tecnologie da un Paese ad un altro. La baseline rappresenta un così detto "scenario di

riferimento", ovvero l'ipotetica previsione del livello delle emissioni se i progetti non si

fossero realizzati. Un approccio di questo tipo crea numerosi problemi in quanto è molto

difficile riuscire a fare un calcolo preciso di quelle che sono le emissioni che avrebbero

effettivamente potuto prodursi in assenza della realizzazione di un progetto di

trasferimento di tecnologie. Questa incertezza ha fatto sì che il ricorso ai crediti derivanti

da CDM e JI venga limitato e regolamentato dai Piani di Assegnazione Nazionali (PNA) per

(7)

scongiurare il pericolo che un ricorso illimitato a questi strumenti possa compromettere

gravemente la stabilità ambientale.

Il sistema di cap and trade è incardinato, invece, sulla fissazione di un tetto di emissione al

di sotto del quale opera il mercato delle quote di emissione previamente assegnate agli

impianti interessati dall'applicazione dell'Emission Trading, sulla base del piano nazionale

di assegnazione

La direttiva Linking, intervenendo proprio per cercare di dare impulso all'utilizzo dei

meccanismi di JI e CDM, ai sensi dell'art. 11 bis della Direttiva ET 2003/87/CE nella sua

nuova formulazione, consente, ai gestori degli impianti interessati dall’applicazione della

direttiva ET di realizzare crediti ERU o CER generati attraverso la realizzazione dei progetti

di trasferimento di tecnologie o attraverso il loro acquisto sul mercato; mediante questo

meccanismo i gestori potranno ottenere la conversione dei crediti ERU o CER nel

corrispondente rilascio di quote di emissione da parte degli Stati membri; in tal caso le

quote ottenute attraverso la conversione dei crediti derivanti da ERU o CER potranno

essere aggiunti e sommati a quelli già assegnati ai gestori attraverso i Piani nazionali di

assegnazione. I crediti ottenuti con i meccanismi di CDM e JI potranno essere altresì

convertiti, anche all’interno di tutti gli stati membri che abbiano predisposto un

meccanismo di conversione dei crediti in quote di emissione a condizione che siano

rispettate certe caratteristiche qualitative e quantitative.

La direttiva Linking sottopone i crediti derivanti da CDM e JI a una limitazione temporale:

I crediti CER possono essere utilizzati dal 2005 con l'obiettivo di sviluppare nelle

industrie potenzialmente grandi inquinatrici una certa dimestichezza con questi

meccanismi, e per poter mettere quanto prima a frutto le occasioni offerte dai

progetti di CDM, dal momento che i crediti ottenuti prima del 2008 potranno essere

riutilizzati nella seconda fase di adempimento del Protocollo di Kyoto, ovvero nel

quinquennio 2008-2012.

I crediti ERU derivanti dal JI, conformemente a quanto previsto dal Protocollo,

potranno invece essere utilizzati solo dopo il 2008.

In osservanza al principio di supplementarietà del ricorso ai crediti CER ed ERU rispetto

all'adozione di misure interne di riduzione, i singoli Piani nazionali di assegnazione di

ciascuno Stato membro dovranno porre una limitazione all'utilizzo di tali strumenti, anche

in considerazione delle implicazioni negative sull'equilibrio ambientale che il loro utilizzo

potrebbe produrre.

(8)

3.4.

Nuovi strumenti per la lotta alle emissioni di GHG: le norme volontarie.

I cambiamenti climatici e i loro effetti costituiscono un tema di grande interesse a livello

istituzionale, scientifico e del mondo ambientalista e per questo sono oggetto di ampio

dibattito in sede internazionale. L’International Organization for Standardization (ISO) ha

evidenziato, a metà degli anni 2000, la necessità di standardizzare gli aspetti della

contabilità e della verifica dei processi di GHG per sostenere: la credibilità, la

comparabilità, l'integrità ambientale di esistenti ed emergenti schemi regolatori

(internazionale e regionale, nazionale) e volontari di GHG.

L'ISO (International Organization for Standardization), costituito nel 1947, è la più

importante organizzazione a livello mondiale per la definizione di norme tecniche. Suoi

membri sono gli organismi nazionali di standardizzazione di 157 Paesi del mondo.

I lavori dell'ISO sono il risultato di lunghi accordi internazionali e danno luogo a

"International Standards": i Paesi aderenti all'accordo, tramite i singoli comitati di

standardizzazione nazionali, si impegnano ad introdurre le "International Standard" nelle

corrispondenti norme nazionali.

Gli organismi che regolano e sovrintendono al mondo delle norme costituiscono un sistema

internazionale collegato. L’ente mondiale è l'ISO, che si articola in Europa nel CEN (Comité

Européen di Normalisation) e in Italia nell’UNI (Ente Nazionale Italiano di Unificazione).

Pertanto la siglatura di una norma UNI EN ISO sta a significare che quella norma è italiana,

ma al tempo stesso europea ed universale.

Le norme ISO sono numerate, suddivise in famiglie e hanno un formato del tipo "ISO

99999:yyyy: Titolo" dove "99999" è il numero della norma, "yyyy" l'anno di pubblicazione e

"Titolo" è una breve descrizione della norma.

Sicuramente le norme più note elaborate dall'ISO sono quelle della famiglia ISO 9000

“Norme per la gestione della qualità e di assicurazione della qualità”.

Le nuove norme ISO 14064:2006 e ISO 14065:2007 sono invece volte ad apportare

credibilità ed assicurazione alla rendicontazione ed alle dichiarazioni delle emissioni dei

gas serra fatte da un'organizzazione in riferimento alla riduzione o rimozione dei GHG.

L'uso della normativa tecnica può costituire un valido supporto allo sviluppo sia delle

strategie di abbattimento dei gas ad effetto serra sia del mercato delle cosiddette quote di

emissione fornendo ai governi e al mondo industriale uno strumento comune di riferimento

per quantificare, gestire e ridurre tali emissioni.

Le norme di per sè non sono allineate a nessun programma in particolare, ma sono

indipendenti e possono essere utilizzate da organizzazioni che prendono parte a vari

meccanismi di compravendita, progetti o riduzione volontaria delle emissioni. Esse si

applicano inoltre a tutti i tipi di gas serra e non solo alla CO

2

.

(9)

ISO 14064:2006

I lavori per la messa a punto della norma internazionale ISO 14064 iniziarono nel 2002 e

coinvolsero in uno studio sui cambiamenti climatici più di 170 esperti provenienti da 45

paesi, con l'obiettivo di elaborare una norma universalmente riconosciuta e verificabile.

La ISO 14064:2006 comprende una raccolta di criteri per la contabilità e la verifica dei gas

serra ed è strutturata in tre parti che possono anche essere utilizzate separatamente:

 "Gas ad effetto serra - Parte 1: Specifiche e guida, al livello dell'organizzazione, per

la quantificazione e la rendicontazione delle emissioni di gas ad effetto serra e della

loro rimozione". La prima parte dell'ISO 14064 dettaglia i principi ed i requisiti per

progettare, sviluppare, gestire e rendicontare gli inventari di GHG di un'organizzazione

o a livello societario. Include i requisiti per determinare i confini di emissione dei GHG,

quantificando le emissioni e le rimozioni di GHG di un'organizzazione ed identificando

specifiche azioni ed attività dell'organizzazione volte a migliorare la gestione dei GHG.

Sono inoltre dettagliati i requisiti del sistema di gestione e la guida sulla gestione della

qualità dell'inventario GHG, la rendicontazione, gli audit interni e le responsabilità

dell'organizzazione nelle attività di verifica.

 "Gas ad effetto serra - Parte 2: Specifiche e guida, al livello di progetto, per la

quantificazione, il monitoraggio e la rendicontazione delle emissioni di gas ad effetto

serra o dell'aumento della loro rimozione". La seconda parte dell'ISO 14064 si

concentra sui progetti GHG sviluppati per ridurre le emissioni di GHG od aumentarne la

rimozione, quali l'energia eolica o la carbon sequestration

9

e progetti di

immagazzinamento. Comprende principi e requisiti per determinare una linea comune

di riferimento per il progetto, il monitoraggio, la quantificazione e la rendicontazione

delle prestazioni del progetto rispetto a tale riferimento.

 "Gas ad effetto serra - Parte 3: Specifiche e guida per la validazione e la verifica

delle asserzioni relative ai gas ad effetto serra". La terza parte dell'ISO 14064 descrive

l'effettivo processo di validazione10 o verifica11. Specifica i requisiti per le

componenti quali la pianificazione della verifica, le procedure di verifica e la

valutazione delle asserzioni relative ai GHG.

ISO 14065:2007

I soggetti che verificano i dati in relazione alla tematica della riduzione dei gas serra (vedi

ISO 14064) devono rispondere a specifici requisiti al fine di garantire non solo la

9 Procedimento per seppellire a grande profondità o sotto al mare l'anidride carbonica

10 Processo sistematico, indipendente e documentato per la valutazione di un'asserzione GHG relativa ad un piano di progetto GHG a fronte di criteri di validazione concordati.

11 Processo sistematico, indipendente e documentato per la valutazione di un'asserzione GHG a fronte di criteri di verifica concordati.

(10)

competenza ma anche l'indipendenza, la capacità gestionale ed un'organizzazione

adeguata.

Per questo motivo, la ISO ha recentemente pubblicato la norma ISO 14065:2007, non

ancora tradotta in italiano, denominata "Greenhouse gases - Requirements for greenhouse

gases validation and verification bodies for use in accreditation or other forms of

ricognition". La nuova ISO 14065 è stata elaborata da un gruppo di lavoro composto da

circa 70 esperti internazionali provenienti da 30 differenti Paesi - tra cui l'Italia - e da

organizzazioni collegate, come l'International Accreditation Forum (IAF) e alla presenza di

un rappresentante della Convenzione Quadro sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite

(UNFCCC).

Essa è stata sviluppata per stabilire i requisiti specifici che devono rispettare gli organismi

di verifica e di validazione delle emissioni di GHG. Tali requisiti devono essere presi in

considerazione per la fase di accreditamento o di altro tipo di riconoscimento di questi

organismi.

I requisiti generali nella norma fanno riferimento ad aspetti quali gli accordi legali e

contrattuali, responsabilità, gestione dell'imparzialità e questioni relative a passivi e

finanziamenti. Requisiti più specifici includono indicazioni riferite alle strutture, risorse e

relative competenze, gestione delle informazioni e delle registrazioni, processi di

validazione e verifica, ricorsi, reclami e sistemi di gestione. La norma si rivolge

principalmente agli amministratori di schemi GHG, organi regolatori ed enti di

accreditamento fornendo loro una base per valutare la competenza delle società di

validazione e verifica.

La figura mostra le relazioni tra le tre parti della ISO 14064 e la ISO 14065.

I S O 1 4 0 6 4 – p a r t e 1 R e q u is it i p e r la q u a n t if ic a z io n e e la r e n d ic o n t a z io n e d e lle e m i s s io n i d i G H G I S O 1 4 0 6 4 – p a r t e 2 R e q u is it i p e r la p r o g e t t a z io n e e l’ im p le m e n t a z io n e d i p r o g e t t i d i r id u z io n e d e ll e e m is s io n i d i G H G o a u m e n t o d e lla lo r o r i m o z io n e D ic h ia r a z io n i G H G p e r e s . r e n d ic o n t a z io n e d e lle e m is s io n i, d ic h ia r a z io n i d i r im o z io n e d i G H G D ic h ia r a z io n i G H G p e r e s . d a t i d e lle e m i s s io n i, d ic h ia r a z io n i d i r im o z io n e d i G H G

V a lid a z io n e e / o v e r i fic a c h e f o r n i s c a / n o a s s ic u r a z io n e d e lla s u a / lo r o c o e r e n z a c o n le e s ig e n z e d e g li u t e n t i f in a li

I S O 1 4 0 6 4 – p a r t e 3 R e q u is it i p e r il p r o c e s s o d i

v a lid a z io n e / v e r i f ic a

(11)

Sia la ISO 14064-3 che la ISO 14065 richiedono che i verificatori abbiano dimestichezza con

le misurazioni GHG e le metodologie di rendicontazione, oltre a comprendere l'audit di

informazioni e dati GHG. Sono richieste inoltre competenze nelle metodologie di

campionamento dei dati, inclusi diversi livelli di assicurazione, materialità, verifica o piani

di validazione dettagliati. I verificatori dovrebbero disporre delle conoscenze tecniche

pertinenti alla specifica organizzazione in analisi riguardo le fonti GHG, l'assorbimento e le

attività applicabili che producono GHG.

I principali obiettivi delle due norme risultano pertanto essere quelli di:

-

sviluppare strumenti flessibili e neutrali da utilizzare sia in ambito volontario sia

cogente;

-

promuovere e armonizzare le migliori pratiche;

-

supportare l'integrità ambientale delle asserzioni delle emissioni di gas serra;

-

assistere le imprese nella gestione dei rischi e delle opportunità collegate ai gas

serra;

-

facilitare lo sviluppo e l'attuazione di progetti relativi alla riduzione delle emissioni

di GHG.

Secondo quanto dichiarato da Domenico Santino del Centro Ricerche Casaccia di ENEA e

membro del gruppo di lavoro UNI "Sistema di gestione ambientale": "lo sviluppo di

normative a livello internazionale nell'ambito delle emissioni di gas ad effetto serra,

fornirà senz'altro un valido contributo allo sviluppo del processo attualmente in atto per

proseguire il percorso indicato dal Protocollo di Kyoto. Tale processo sarà probabilmente

caratterizzato da due importanti aspetti. Il primo consisterà nel tentativo di coinvolgere gli

attuali grandi assenti: gli Stati Uniti, che non hanno ratificato il Protocollo di Kyoto, ed i

grandi paesi del terzo mondo in rapida espansione economica, che non hanno vincoli

nell'ambito del Protocollo stesso. Il secondo aspetto riguarderà i limiti alle emissioni, che

necessariamente saranno più restrittivi se si vuole affrontare il problema dei cambiamenti

climatici in modo efficace, e l'Europa in questo campo sta svolgendo un ruolo di

protagonista assoluto. Pertanto, la presenza di un organico e coerente quadro normativo -

condiviso ad un livello internazionale più ampio di quello che condivide il Protocollo di

Kyoto - creerà un contesto favorevole affinché il maggior numero possibile di Paesi venga

coinvolto negli sforzi per fronteggiare i cambiamenti climatici".

3.5.

Altre iniziative.

GHG PROTOCOL

Elaborato dal World Resource Institute (WRI) e dal World Business Council for Susteinable

Development (WBCSD), è uno degli standard di carattere genereale più utilizzati per la

(12)

contabilizzazione volontaria dei GHG, applicabile a tutti i settori industriali e di servizi.

L'approccio proposto per l'individuazione e il calcolo delle emissioni si basa sul Life Cycle

Assestment e si struttura in 5 fasi:

-

Individuazione delle fonti di Emissione

-

Scelta dell'approccio di calcolo

-

Raccolta dati e scelta del fattore di emissione

-

Applicazione del modello di calcolo

-

Elaborazione dati

SCOPE 1: Direct GHG Emission

Le emissioni dirette di GHG derivano da fonti che sono di proprietà dell'impresa e sono

sotto il suo diretto controllo.

SCOPE 2: Electricity Indirect GHG Emission

Le emissioni indirette di GHG contabilizzate nello SCOPE 2 fanno riferimento alle emissioni

generate per la produzione di energia elettrica acquistata e consumata dall'impresa. Da un

punto di vista fisico le emissioni in questione vengono immesse in atmosfera dallo

stabilimento in cui avviene la produzione di energia.

SCOPE 3: Other indirect GHG Emission

Sono conseguenza dell'attività svolta dall'impresa, ma derivano da fonti non di proprietà nè

sotto controllo dell'impresa, come i trasporti, i viaggi dei dipendenti, l'uso dei prodotti

venduti o la produzione di materie prime.

IMPATTO ZERO

Trattasi di un progetto di "miglioramento e compensazione" nato nel 2003 in cui il calcolo

delle emissioni di CO

2

derivanti da attività e/o produzione di beni o servizi è basato sul

LCA. Dal calcolo di CO

2

viene poi stabilito quanti metri quadrati di foresta devono essere

riqualificati o protetti per compensare tale emissione, garantendo un impatto a livello

globale pari a zero.

Come indicato in copertina, le emissioni generate dal lavoro di stesura e pubblicazione di

questa tesi sono state compensate utilizzando questo progetto. Le emissioni ipotizzate

sono state pari a 920 kg di CO

2

che prevedono quindi la riforestazione di un'area pari a

1.187 mq in Costa Rica.

(13)

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