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tutto quello che Fred Vargas ci propone ha un fine preciso e questo commento cerca di dimostrarlo

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VI

1. INTRODUZIONE

La difficoltà che si incontra scrivendo su un autore vivente risiede nel fatto che non esista una bibliografia dalla quale partire. Il vantaggio invece è quello di non subire l’influenza dei critici che prima di noi hanno studiato l’opera. I pochi commenti pubblicati su Fred Vargas provengono infatti da riviste specializzate o da interviste nelle quali è la scrittrice stessa a illustrare il suo modo di scrivere.

Lo scopo di questo commento è di mostrare ciò che si nasconde dietro l’universo del giallo vargassien1, un mondo molto complesso, elaborato e ricercato che non ha il semplice scopo di raccontarci una storia e intrattenerci:

Penso che l’arte sia sorta come una specie di rimedio contro le nostre paure, la solitudine, il sentirci piccoli e deboli in un mondo pericoloso2.

1 www.zone-litteraire.com, du 20 février au 15 mars 2008.

2 Il Corriere della Sera, Milano Lunedì 25 febbraio 2008, p. 27.

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VII

Le parole della scrittrice ci permettono di guardare i suoi testi da un’altra prospettiva e di comprendere molti dettagli e caratteristiche dei romanzi; tutto quello che Fred Vargas ci propone ha un fine preciso e questo commento cerca di dimostrarlo.

Non esiste miglior modo per entrare a contatto con l’opera, per conoscerla, capirla, interpretarla e commentarla se non quello di tradurla. Di questo ne è convinta anche la Professoressa Margherita Botto dell’Università di Bergamo, traduttrice di tre romanzi di Fred Vargas, con la quale ho avuto la possibilità di confrontarmi sulla scrittrice francese e, in particolare, sui due racconti che ho tradotto.

Durante l’intervista c’è stata l’occasione di approfondire alcuni punti:

la genialità della lingua e la conseguente difficoltà di traduzione, l’autenticità dei personaggi e i loro risvolti intimi, la non plausibilità degli epiloghi; inoltre, abbiamo discusso insieme delle caratteristiche della lingua e del contenuto e del messaggio che i romanzi e i racconti vogliono trasmettere.

É anche grazie al suo contributo che ho potuto ampliare le varie piste di analisi critica.

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VIII

2. LA SCRITTRICE E IL GIALLO

2.1 Fred Vargas

Frédérique Audouin-Rouzeau nasce a Parigi il 7 giugno 1957, suo padre era un uomo di cultura e sua madre una chimica; Fred – diminutivo di Frédérique – cresce con la sorella gemella Joëlle e questa dualità genetica la segnerà fin da bambina. S’iscrive all’Università alla Facoltà di Storia, diventa un’ ottima zooarcheologa, si specializza nello studio degli animali in età medioevale ed entra come ricercatrice al CNRS. Cresce in lei tuttavia un’inquietudine che la porta ad avvicinarsi al mondo letterario del padre, comincia quindi a suonare la fisarmonica. Non ritenendosi una buona musicista si orienta per divertimento verso il romanzo giallo e nel 1986 scrive Les jeux de l’amour et de la mort che le varrà il premio Romain Policier du Festival de Cognac. Già questo primo romanzo viene pubbliacato con il nome Vargas, pseudonimo usato dalla sorella pittrice che a sua

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volta ha ripreso dal personaggio interpretato da Ava Gardner ne La comtesse aux pieds nus3. È con il secondo romanzo però, L’homme aux cercles bleus, uscito nel 1996 che la scrittrice segna l’inizio della sua carriera, per varie ragioni: principalmente perché questa è la sua prima opera pubblicata da Viviane Hamy, una piccola casa editrice parigina alla quale Vargas è rimasta fedele fino a oggi, e perché è in questo romanzo che entrano in scena il commissario Adamsberg e il suo vice Danglard, da allora indiscussi protagonisti dei suoi romanzi.

Nonostante le vendite non riscuotano il successo sperato, Viviane Hamy la sostiene e la ricercatrice continua il suo doppio lavoro.

Secondo alcuni, scriverebbe i romanzi in ventuno giorni, il periodo delle vacanze estive, e la sorella Joëlle, suo editor, li rivedrebbe per i due o tre mesi successivi.

A parte i blog che le sono dedicati e che contengono opinioni e commenti dei lettori, non è facile trovare informazioni certe sulla scrittrice la quale difende tenacemente la sua privacy. Sembra quasi che voglia tenere separate le due figure professionali, nascondendo la

3 Film americano del 1954 realizzato da Joseph L. Mankiewicz (The barefoot Contessa).

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parte della scrittrice, pronta a venir fuori solo per creare il prossimo romanzo.

Oltre alla série policier, nel 2001 scrive un Petit traité de toutes vérités sur l’existence, che doveva raccogliere aforismi divenuti poi exposés plus étendus4 per meglio spiegare i temi trattati; nel 2004 esce anche un pamphlet d’engagement politique: La vérité sur Cesare Battisti. Fred Vargas si schiera a favore dell’italiano residente in Francia come rifugiato politico e in un’intervista rilasciata al giornale L’Humanité spiega le sue ragioni quali la mancanza di prove per incriminare l’ex membro del PAC dicendo che un’estradizione significherebbe firmare la sua condanna.

2.2 Il giallo di Fred Vargas

In una delle poche interviste rilasciate, pubblicata su L’Unità il 21 settembre 2005, Fred Vargas si definisce ‘scrittrice di romanzi a enigma’. Quest’ auto-definizione complica le cose perché il romanzo a enigma risponde a delle regole precise che i libri della Vargas non

4 F. VARGAS, Petit traité de toutes vérités sur l’existence, Librio, Parigi 2001, p. 5.

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rispettano. Il romanzo a enigma5 è una delle tre forme di romanzo giallo insieme al ‘noir’ e al ‘suspense’, la cui struttura presuppone due parti. La prima è quella del crimine, assente dal testo, la seconda è quella della ricerca e dell’inchiesta, che viene presentata al lettore. Già questa definizione di struttura non viene sempre rispettata in Vargas: il crimine, spesso, è inserito nel romanzo e non necessariamente nelle prime pagine. L’assassino di solito colpisce più di una volta e ogni volta depista le indagini. La situazione (numero delle vittime, tipologia, luoghi) cambia continuamente; caratteristica che invece ricorre è l’apparente leggerezza e distrazione con la quale il commissario affronta il caso e il lettore viene spesso messo al corrente delle sue decisioni a cose fatte.

In uno studio di Annie Combes6 vengono distinte tre famiglie d’indizi: quelli fictionnels, oggetti o anomalie legate al crimine, quelli linguistiques che nei dialoghi, per esempio, sono i lapsus e gli scripturaux, anagrammi o rimandi intellettuali. Nel caso di Vargas nessuno dei tre tipi può essere considerato come valido: il lettore può farsi un’idea del movente cercando di ‘partecipare all’indagine’,

5 Si veda Y. REUTER, Le roman policier, Armand Colin, Paris 2007.

6 Ibidem.

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caratteristica tipica degli amanti di gialli, anche se il commissario e il lettore non giocano sullo stesso piano. Le detective ne doit jamais cacher au lecteur des indices ou les raisons de ses déductions7, recitava il settimo dei ‘dieci comandamenti’ creati dal Detective club8, invece molti sono i ragionamenti che si sviluppano nella mente del commissario Adamsberg e non vengono spiegati al lettore se non, a volte, alla fine del caso. La maggior parte delle volte, gli indizi sono forniti da persone esterne che consigliano e indirizzano il commissario sulla pista giusta anche se tutti, lettore compreso, diffidano della loro credibilità. Ma Fred Vargas è convinta che un detective ne peut pas tout trouver tout seul9 e Adamsberg rispecchia la convinzione della sua creatrice, non tralasciando mai nessuna delle ipotesi che gli viene offerta.

Inoltre, il romanzo a enigma è definito come mondo chiuso, une sorte de théâtre10, che i personaggi non possono abbandonare durante l’inchiesta, ulteriore caratteristica che non rientra nei romanzi della Vargas, lo stesso commissario, con il suo atteggiamento bohémien,

7 TDC, Paris mars 1991, n. 578, p. 6.

8 Il Detective club è un gruppo di scrittori inglesi di romanzi gialli che si riuniscono nel 1920 e dai quali vengono stilate le regole per il perfetto romanzo policier. Tra gli altri ritroviamo in questo gruppo anche Agatha Christie e G.K. Chesterton.

9 J. TULARD, Dictionnaire du roman policier, Fayard, Paris 2005, p.727.

10 Y. REUTER, Le roman policier, Armand Colin, Paris 2007, p. 51.

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non è iscrivibile in questa ‘regola’. Buoni e cattivi si muovono, partono, ritornano: nessuno ha un posto fisso.

Jeanne Guyon scrive ne Le Magazine littéraire del giugno del 1996:

Fred Vargas a inventé un genre romanesque qui n’appartient qu’à elle : le Rompol. Objet essentiellement poétique, il n’est pas noir mais nocturne, c’est-à-dire qu’il plonge le lecteur dans le monde onirique de ces nuits d’enfance où l’on joue à se faire peur, mais de façon ô combien grave et sérieuse, car le pouvoir donné à l’imaginaire libéré est total. C’est cette liberté de ton, cette capacité à retrouver la grâce fragile de nos émotions primordiales, cette alchimie verbale qui secoue la pesanteur du réel, la métamorphose en terrain vague de tous les possibles, qui sont la marque d’une romancière à la voix unique dans le polar d’aujourd’hui11.

Rompol è la contrazione di roman policier, non è stata inventata da Fred Vargas ma con lei ha preso un significato diverso.

Nell’espressione rompol ritroviamo l’essenziale per descrivere i suoi gialli che sono dei veri e propri romanzi, tanto da dare l’impressione al lettore che il caso sia lasciato in secondo piano. Una delle tematiche affrontate nell’intervista a Margherita Botto è stata proprio quest’

abitudine della scrittrice: gli affaires sono una scusa per avere la possibilità di presentare situazioni e personaggi nella società di oggi.

La scrittrice non ricorre a nessun ‘trucco’ per arrivare al finale ma si ha l’impressione che dopo un certo numero di pagine decida di far

11 Magazine littéraire, Paris juin 1996, n. 344, p. 31.

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XIV

risolvere il caso, improvvisamente, concludendolo in poche righe. A volte infatti l’epilogo lascia perplessi: Genette parlerebbe di lacune.

Le ellissi implicite [sono] quelle la cui stessa presenza non è dichiarata nel testo, inferibili da parte del lettore solo tramite qualche lacuna cronologica o soluzioni di continuità narrativa12.

I veri appassionati di gialli infatti non leggono Fred Vargas perché nei suoi libri non ritrovano quelle che sono le caratteristiche del roman policier, i suoi lettori appartengono piuttosto a un pubblico esigente e colto che apprezza tutto ciò che sta dietro il caso. Se consideriamo per esempio il tipo di linguaggio che utilizza, ci rendiamo conto di quanto la scrittrice si interessi molto di più alla forma che al contenuto, inclinazione rara nei romanzi gialli: Chez moi, ce sont les mots qui amènent les idées, comme les filets à poissons13, dice in un’intervista rilasciata in occasione dell’uscita di Sous les vents de Neptune sul piccolo schermo.

La sua visione della letteratura policière è che si tratti di un genere arcaico, legata alla letteratura epica dell’antichità e al concetto greco

12 G.GENETTE, Figure III, Einaudi, Torino 1976, p. 157.

13 Télérama, Paris février 2008, n.3030, p. 18.

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di catarsi14: la soluzione finale è la conoscenza, la cognizione del pericolo. Considera il romanzo giallo come il nuovo romanzo sociale, testimonianza e riflesso della società; paragona i suoi romanzi a documenti o archivi che riportano e preservano i problemi di un’epoca. Tutto deve essere visto nella logica dell’insegnamento, tutto serve per arrivare a un sapere superiore; e nei suoi romanzi dove non sempre finisce davvero bene in senso banale, al lettore rimane l’iniziazione a un sapere superiore. Non si tratta semplicemente di risolvere il caso, lo scopo finale è molto più ambizioso, il percorso più complesso: les polars comme les contes, servent à déjouer l’angoisse de la mort15.

Il suo policier non ha bisogno di essere ‘difeso16’, come a più riprese hanno fatto scrittori e critici in alcuni saggi per dimostare l’efficacità e la forza di questo genere. Rappresenta un tipo di romanzo talmente particolare e unico che non può essere banalmente etichettato come giallo.

14 Intervista di Beppe Sebaste, comparsa sul giornale L’Unità il 21 settembre 2005.

15 Télérama, Paris février 2008, n.3030, 15.

16 Per parafrasare un articolo sul giallo scritto da Andrea Camilleri ‘Difesa di un colore’.

www.vigata.org/bibliografia/colore.shtml.

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3. SALUT ET LIBERTE

3.1 I due racconti

I due racconti che ho tradotto sono stati pubblicati in Francia dalla casa editrice Librio nel 2003, ma erano già stati pubblicati precedentemente in date diverse. Salut et liberté nel 1997 sul giornale Le Monde, La nuit des brutes in Contes noirs de fin siècle per le edizioni Fleuve noir nel 1999 e infine, insieme nel 2002 in Coule la Seine per Viviane Hamy. In quest’ultima versione sono pubblicati con il racconto Cinq franc pièce. Nel 2007, l’edizione J’ai lu, ripubblica i tre racconti e aggiunge le illustrazioni inedite di Baudoin17.

In Italia questi due racconti non sono mai stati tradotti.

I titoli sono la ripresa di due frasi molto usate nel testo. Salut et liberté è la firma utilizzata nelle lettere anonime inviate al

17 Edmond Baudoin ha cominciato come illustratore di racconti per Gallimard. Diventa poi autore di fumetti per molte riveste specializzate e pubblica il suo primo lavoro nel 1981. Baudoin ha illustrato anche altri romanzi della Vargas.

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commissariato, mentre La nuit des brutes è l’idea che Adamsberg ha sul Natale e che sarà il leitmotiv del secondo racconto. Nella maggior parte dei casi i titoli che Fred Vargs sceglie per i romanzi sono citazioni dei suoi personaggi stessi (come in questo caso) o di poesie e documenti; a volte anche di giochi di parole. Non rientrano certo, in quella che Genette definiva fonction séductive18, perché scopriamo il loro reale valore e la loro genialità solo alla fine del romanzo, quando la struttura del testo è ormai rivelata.

Salut et liberté e La nuit des brutes presentano un narratore in terza persona, onnisciente, ma straordinariamente integrato nella storia: un narratore eterodiegetico19 in discorso indiretto libero. La voce del narratore è infatti sovrapposta ora a quella di Vasco, a quella del commissario o del suo vice e questo permette di associare l’intériorité du personnage et l’extériorité narrative20; riconosciamo la voce del personaggio ma anche quella della scrittrice-ricercatrice del CNRS.

Infatti, in quasi tutti i suoi testi ci sono riferimenti alle sue competenze da archeologa come alcune descrizioni o le spiegazioni particolareggiate che vengono fornite in certe parti.

18 Si veda G.GENETTE, Seuils, Editions du Seuil, Paris 1987.

19 G.GENETTE, Figure III, Editions du Seuil, Paris 1972.

20 M.ERMAN, Poétique du personnage de roman, Ellipses, Paris 2006, p.79.

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Qui di seguito riporto i primi paragrafi dei due racconti:

Posté sur un banc public, face au commisariat du 5ème arrondissement de Paris, le vieux Vasco crachait des noyaux d’olives. Cinq points s’il touchait le pied du réverbère. Il guettait l’apparition d’un gran flic blond au corps mou qui, chaque matin, sortait vers neuf heures et demi et déposait une pièce sur le banc, l’air maussade. En ce moment, le vieux, tailleur de profession, était vraiment fauché. Ainsi qu’il l’exposait à qui voulait, le siècle avait sonné le glas des virtuoses de l’aiguille. Le sur-mesure agonisait21.

Aussi, si les gens ne fasaient pas toute une histoire avec Noël, il y aurait moins de tragedies. Ils sont déçus, les gens, forcément. Et ça fait des drames22.

Nel primo caso, abbiamo l’impressione di ascoltare la voce di Vasco nascosta dietro quella del narratore, mentre nel secondo, è il pensiero del commissario. Questo secondo incipit sembra quasi una morale della storia anticipata all’inizio del racconto come per avvisare il lettore della tematica. L’avverbio aussi ci da l’impressione di essere entrati in medias res di una conversazione, come per integrare da subito il lettore. Questi due racconti, nonostante trattino entrambi un caso che alla fine viene risolto, lasciano la voglia di girare ancora pagina per ritrovare gli stessi personaggi: esattamente come sono

21 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2002, p. 9.

22 Ibidem, p. 57.

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entrati in scena all’improvviso, così la storia si conclude. Nessuna presentazione di persone, luoghi, situazioni, tutto si delinea in itinere, grazie alla forza delle parole.

La parte centrale del testo sono i personaggi, le loro caratteristiche sono quelle che rendono i testi della scrittrice così assolutamente unici e originali. La loro psicologia viene fuori in ogni frase, riflessione, movimento: come detto sopra, è questa la centralità della sua opera.

I due racconti si concludono entrambi con una riflessione del capitano Danglard e in tutte e due i finali troviamo un’evoluzione di questo personaggio. Sono due racconti circolari: in Salut et liberté Danglard risponde al cameriere quello che Vasco, nelle prime righe aveva detto a lui, C’est pour y voir clair. C’est mon bien, c’est ma dignité23. L’estremo razionalismo del capitano è messo da parte per approfittare di quel momento di libertà fuori dagli schemi. Ne La nuit des brutes la frase del dandy ubriaco è utilizzata come motto, una lezione di vita che se Adamsberg riadatta a modo suo, non capendone

23 Ibidem, p. 54.

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XX

fino in fondo il significato, Danglard fa propria, anche se lui cette histoire [il] la savait depuis longtemps24.

Nei racconti ritroviamo una mescolanza di registri: accanto a parole o espressioni molto colloquiali, spesso volgari, ritroviamo il francese curato ed elegante della ricercatrice di archeozoologia.25 Il fatto che i testi si presentino quindi con una forte impronta colloquiale non è un caso. La scrittrice ha lavorato molto sul linguaggio e l’obiettivo era proprio quello di arrivare a un testo il più possibile reale, dove l’artificiosità del linguaggio fosse completamente eliminata.

I dialoghi sono l’altra scelta mirata di Vargas. Nei racconti ne troviamo molti, perché un dialogo contribuisce a dare scorrevolezza all’opera e limita l’uso di descrizioni o pause26 ed è proprio grazie ai dialoghi che ritroviamo espressioni familiari attribuite a un particolare personaggio, intercalari e modi di dire. Tanto nel primo quanto nel secondo racconto, il lettore attento ritrova le caratteristiche di linguaggio dei personaggi, tanto quasi da immaginarne un loro accento, una loro tonalità. Nel primo racconto Vasco dice spesso C’est fortiche, non? Sono piccole attenzioni che fanno prendere vita ai

24 Ibidem, p. 78.

25 Approfondirò questa parte nel paragrafo dedicato alla traduzione.

26 Si veda G. GENETTE, Figure III, Editions du Seuil, Paris 1972.

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personaggi, rendendoli assolutamente originali e concreti. La loro forza verbale è immensa e l’interesse del lettore verso di loro cresce sempre di più. Vargas sembra proprio riprendere quello che Simenon disse durante una conferenza a New York nel 1945: le romancier doit avoir le besoin instinctif de recréer les êtres ou de brasser de la pâte humaine27.

E non è solo nei personaggi che ritroviamo questa caratteristica della lingua. In tutti e due i racconti – e nei suoi romanzi in generale – la parte più interessante è proprio il modo in cui sono scritte le sue opere: le metafore che usa, le espressioni inventate, come viene descritta la gestualità – le mosse, i tic di ogni personaggio – ecc.

Leggendo i suoi romanzi si ha veramente l’impressione di entrare in commissariato con Danglard, di passeggiare con Adamsberg, di vedere il disordine della camera di Vasco e l’umido nella cella del dandy. Questo è forse uno dei motivi per il quale non viene così apprezzato dai giallisti: questa ‘perdita di tempo e di energia’ nel descrivere persone, oggetti, situazioni che rallentano la trama, forse proprio perchè non è la trama il suo scopo ultimo. Nel primo dei due

27 G. SIMENON, L’art du roman, Ed. complete, Paris 1988 citato in M.ERMAN, Poétique du personnage de roman, Ellipses, Paris 2006, p.79.

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racconti la parte più interessante della storia non è il caso in sé, ma questo insolito, bizzarro protagonista che alla domanda Qu’est-ce que tu fais par ici?, risponde tranquillamente Je m’assieds. Il n’y a pas de sot métier28. E così per tutto il racconto e per quello successivo dove, ancora una volta, la scrittrice si perde [heureusement] nella descrizione della serata del 24 dicembre in commissariato. Adamsberg e il vice Deniaut – Vargas lascia libero il capitano Danglard per questa serata da trascorrere con i bambini – cenano e fanno osservazioni sulla notte di Natale. Personalmente credo che l’affaire che segue questa prima parte sia solo una scusa da parte del narratore. Le sue parole hanno il chiaro scopo di metterci davanti a una situazione sociale sconfortante, un problema generale sulla festa più attesa dell’anno; in poche pagine viene fatto un ritratto psicologico della società moderna talmente reale che impone al lettore di riflettere, distogliendolo dalla storia. Questa funzione ideologica29 non è nuova in Vargas, in ogni romanzo ritroviamo, anche se a volte nascosti, riferimenti ai comportamenti degli uomini, alle loro abitudini, alle loro paure.

28 F.VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, p. 17.

29Cfr. G.GENETTE, Figures III, Seuil, Paris 1972, p. 263 (La funzione idiologica è un commentaire didactique, Genette spiega che non necessariamente il narratore coincide con l’autore ma, secondo me, questo è il caso).

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3.2 I personaggi

[…]du petit brun, le commissarie, qui se déplaçait toujours très lentement comme s’il était sous l’eau. Il sortait pour marcher plusieurs fois par jour.

Le vieux Vasco lui disait trois mots et le regardait s’éloigner dans la rue, porté par un léger tangage, les mains enfoncées dans les poches d’un pantalon chiffonné. Ce type-là ne repassait pas ses vêtements30.

Questa descrizione che appare alla fine della prima pagina di Salut et Liberté presenta, in poche righe, il commissario Adamsberg. Tutto quello che il lettore deve sapere su di lui viene detto qui.

Il barbone Vasco seduto su una panchina davanti al commissariato del 5° arrondissement, il commissariato che Adamsberg dirige, riesce a farci un ritratto preciso del protagonista dei romanzi di Fred Vargas – il commissario Adamsberg e il suo vice Danglard compaiano in quasi tutte le narrazioni della scrittrice –. Jean-Baptiste Adamsberg è un uomo di piccola stazza, poco curato nell’abbigliamento e negli atteggiamenti, di scarsa cultura e con una passione smisurata per i lungo Senna parigini che possono essere considerati rifugio e luogo di riflessione, quasi il suo secondo ufficio. Le sue passeggiate sono celebri tanto ai colleghi quanto ai lettori: il suo bisogno di muoversi e

30 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, pp. 9-10.

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di essere a contatto con la natura, di lasciare andare i pensieri, di camminare senza meta dimenticandosi di tutto e tutti è, secondo me, la caratteristica che più lo contraddistingue. La sua creatrice inventa per lui l’espressione linguistica pelleteux de nuages che Yasmina Melaouah ha tradotto con spalatore di nuvole in Sotto i venti di Nettuno31. Forse non è corretto dire inventa perché l’espressione esisteva già nel più antico repertorio rituale del buddhismo zen ed è un’ espressione del Québec per indicare qualcuno che si occupa di cose teoriche non avendo alcun senso pratico32, definizione che descrive perfettamente Jean-Baptiste Adamsberg.

I casi che arrivano al commissariato sono affrontati in modo molto particolare: Adamsberg non cerca le soluzioni, preferisce aspettarle.

Questo sgomenta e spazientisce i colleghi – soprattutto Danglard – che impareranno però a conoscerlo e a fidarsi di lui. Il commissario non esclude mai nessuna pista, nessun testimone, nessun collegamento. E soprattutto non esclude mai la sua logica, così lontana da quella che potremmo aspettarci da un commissario di polizia. Nei due racconti tradotti vengono messe in luce tutte queste caratteristiche: nel primo

31 F. VARGAS, Sotto i venti di Nettuno, Einaudi, Torino 2005, p.442

32 Intervista di Beppe Sebaste, comparsa sul giornale L’Unità il 21 settembre 2005.

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caso la storia delle lettere anonime viene presto associata, con motivazioni piuttosto instabili ma che si riveleranno esatte, alla presenza del barbone; nel secondo racconto è grazie a un dandy ubriaco e al fatto che Adamsberg decide di dargli fiducia che il caso sarà risolto. Nonostante venga capovolta l’idea di detective che avevamo con Sherlock Holmes, Poirot e Maigret33, Jean-Baptiste Adamsberg ha tutte le caratteristiche che deve avere un eroe del romanzo giallo: invulnérable comme Achille, audacieux comme Hercule34. Anche se dalle parole di Simenon, Maigret è un gros homme placide qui, lui aussi, croyait plus à l’instinct qu’à l’intelligence, qu’à toutes les empreintes digitales et autres techniques policières35 e quindi da questo punto di vista non così lontano dal nostro commissario. Adamsberg ha una personalità che affascina, ha una capacità d’intuizione fuori dal normale, ha une allure assolutamente particolare che lo contraddistingue dagli altri personaggi, ha una grande umanità. La sua storia personale lo rende ancora più interessante, i suoi tic e le sue manie familiari agli occhi

33 Solo per elencare i più grandi. Questi erano i rappresentanti della logica e risolvevano il caso legando tutti gli indizi fra di loro con precisione e con i dovuti ragionamenti.

34 P. MORAND, Préface à Lord Peter devant le cadavre (D. Sayers), Librerie des Champs-Elysée, Paris 1934, p.5.

35 Magazine littéraire, Paris février 2005, n.417, p. 25.

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XXVI

del lettore. É incontestabilmente il protagonista della serie. E queste sono le caratteristiche del detective del romanzo giallo.36

Il pubblico francese ha seguito l’evoluzione e i cambiamenti del commissario e degli altri personaggi. In Italia, purtroppo, i romanzi non sono usciti in ordine cronologico e da quello che si legge sui blog si avverte un malcontento da parte dei lettori. Questo non ha impedito il successo della scrittrice nel nostro paese e la fedeltà del suo pubblico37. Arrivato a Parigi grazie a una promozione, il solitario Adamsberg si porterà dietro le sue montagne, i Pirenei, la sua terra, le sue origini. L’homme aux cercles bleus è il libro dove entra in scena insieme al suo vice ed è qui che lo conosciamo per la prima volta e dove ci viene presentato come qualcuno che ne fout pas un rame, il traîne, il rêve, il contemple les murs, griffonne des croquis sur les genoux, comme s’il avait la science infuse et la vie devant soi38 ma poi un giorno se ne arriva tranquillo, con nonchalace e risolve il caso.

Anche in Salut et liberté:

36 B. YVELINE, Le crime n’est jamais parfait, Flammarion, Paris 2002.

37 In Italia i romanzi di Fred Vargas sono tutti pubblicati da Einaudi.

38 Testo modificato da me per ragioni di contesto. F.VARGAS, L’Homme aux cercles bleus, Viviane Hamy, Paris 1996, p. 13.

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XXVII Danglard, vous croyez toujours que je ne fous rien sous prétexte que je ne fous rien. La réalité n’est jamais si simple et vous le savez mieux que quiconque39.

E ne La nuit des brutes:

Adamsberg était comme ça. Il savait des trucs avant tout le monde, on l’avait averti. Il suffisait de s’y faire, c’est tout, avait commenté Danglard en sifflant une bière40.

Grazie ai suoi successi, lo ritroviamo in Pars vite et reviens tard passato di grado alla Divisione Anticrimine, in Sous les vents de Neptune è il sospettato numero uno e colui che risolverà il caso e infine, in Dans les bois éternels addirittura padre. Una paternità che viene annunciata al commissario in modo criptico da una signora- hacker che lo sta aiutando a dimostrare la sua innocenza. Non siamo sicuri di aver capito il messaggio ma ritroveremo il piccolo Tom nel romanzo successivo.

Quest’ultima ‘aggiunta’ al personaggio, secondo la traduttrice del libro, Margherita Botto, è stata pensata per mettere in luce le sue fragilità. Le descrizioni dei momenti che passa con il figlio, oltre a mostrare tutta la bravura e l’abilità della scrittrice che non cade nel

39 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, p. 42.

40 Ibidem, pp.64-65.

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patetico e nel ridicolo ma crea alcune tra le pagine più divertenti del libro, stemperano un po’ l’immagine selvatica del commissario.

David Lodge dice che i nomi che uno scrittore sceglie per i suoi personaggi non sono mai neutri, hanno sempre un significato:

In a novel names are never neutral. They always signify, if it is only ordinariness41.

Nel caso di Fred Vargas per esempio, il commissario Adamsberg si chiama Jean-Baptiste, nome di battesimo di Racine. Non so quanto possa essere considerato valido questo ragionamento ma non mi stupirebbe se la scrittrice avesse chiamato il suo personaggio con lo stesso nome del più grande drammaturgo francese, abbondantemente citato, tra l’altro, anche nel libro Dans les bois éternels. Un clin d’œil alle scarse conoscenze del commissario. Una trovata ironica anche se probabilmente non colta da tutti i suoi concittadini, visto che Jean- Baptiste in Francia non ha lo stesso eco che in Italia potrebbe avere il nome Dante. E questo è tipico della scrittrice, che non si toglie il

41 D. LODGE, L’art de la fiction, Rivages, Paris 1995, p.37.

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piacere di un riferimento preciso o di una citazione colta anche se sa che potrebbe non avere presa sui lettori.

Adrien Danglard è l’altro personaggio chiave della serie: il fedele collaboratore. Ne L’hommes aux cercles bleus è già l’ispettore preferito di Adamsberg:

Son préféré des inspecteurs pour le moment, c’était Adrien Danglard, un homme pas si beau, très bien habillé, le ventre et les fesses basses, qui buvait pas mal, et qui ne paraisset plus très fiable après quatre heures de l’après-midi, parfois avant. Mais il était réel, très réel, Adamsberg n’avait pas encore trouvé d’autre terme pour le définir42

E in Salut et liberté viene descritto nel modo che riporto qui sotto, proprio per mettere la sua descrizione fisica in contrapposizione con quella di Adamsberg, fatta qualche riga sopra43.

Il guettait l’apparition d’un grand flic blond au corps mou qui, chaque matin, sortait vers neuf heures et demie et déposait une pièce sur le banc, l’air maussade44

Questa coppia, in quanto tale, ci rimanda a un altro famoso duetto del passato: Sherlock Holmes e il fedele dottor Watson. E come quest’ultimo serviva da intermediario tra la sfera dell’eroe-detective e

42 F. VARGAS, L’hommes aux cercles bleus, Viviane Hamy, Paris, 1996, p. 15.

43 Vedi nota 1.

44 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, p. 9.

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l’universo quotidiano del lettore45, così Danglard ci sembra un po’ il mediatore tra il mondo di Adamsberg e il nostro: concretizza i suoi ragionamenti proponendoceli come pista dalla quale partire. Le riproduzioni visive e le descrizioni di Sherlock Holmes e Watson mostrano la diversità di statura tra i due personaggi: il detective è più alto del suo aiutante, mentre le descrizioni dei nostri personaggi ci dicono il contrario, capovolgendo un po’ l’immagine capo-vice. Tutti gli indizi lasciano supporre che lo stereotipo della coppia è stato capovolto apposta, certamente, nulla è lasciato al caso e un significato dietro questa attenta descrizione fisica c’è sicuramente: questa potrebbe essere infatti una domanda interessante da rivolgere alla scrittrice. Non dobbiamo dimenticare la forte differenza culturale tra i due che in ogni romanzo viene messa in luce. Danglard colma le numerose lacune del commissario, che non viene però mai sottovalutato o giudicato.

Parlando del padre la scrittrice dirà:

Il savait tout sur tout, que ce soit dans le domaine des arts, y compris les arts primitifs, de la littérature, de l’histoire. Il savait tout des animaux, des insectes des arbres, des fleurs, des oiseaux46.

45 TDC, Paris mars 1991, n. 578, p. 21.

46 Télérama, Paris février 2008, n.3030, p. 16.

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XXXI Non possiamo negare la vicinanza di questo ritratto al personaggio del capitano che più di una volta ci ha dimostrato la sua ampia cultura in tutti i campi.

Il colto, razionale, preparato Danglard che, nonostante la risaputa passione pomeridiana per l’alcool, è stimato e apprezzato dai colleghi e dal commissario. Danglard e Adamsberg si danno del Lei, nonostante il rapporto non semplicemente professionale: conoscono l’uno i difetti dell’altro, si scontrano e, come due ottimi amici, si aiutano a vicenda.47

La vita con Danglard non è stata indulgente: lasciato dalla moglie per un altro uomo, si ritrova solo con cinque figli – di cui l’ultimo non suo – che accudisce e dai quali viene accudito. Con i figli parla di criminali e assassini, fa delle ipotesi sul caso in questione, ne esclude altre. Le loro conversazioni regalano sempre un piacevole momento al lettore che prova stima e tenerezza per questo ‘mammo’ che lavora a tempo pieno e che, da bravo vice, deve supplire alle mancanze di Adamsberg: tutta la parte burocratica del loro lavoro che il commissario ignora completamente, per esempio. Danglard è il punto

47 Per esempio ne La nuit des brutes, Adamsberg da del tu a Deniaut che ha lo stesso grado di Danglard. Questo mostra la particolarità del rapporto.

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di riferimento di Adamsberg, è lui che risponde a ogni suo dubbio e ritroviamo una dichiarazione di stima e fiducia, oltre che a una pagina molto comica del romanzo, verso il capitano ormai comandante, ne Dans les bois éternels quando spiega al figlio di nove mesi come comportarsi in caso di necessità:

Tom, écoute-moi bien, nous allons nous cultiver ensemble et nous n’avons pas le choix. […]. Je ne sais pas ce qu’est l’«opus spicatum», fils, et je m’en fous.[…]. Mais je vais t’apprendre comment résoudre un problème de ce type dans l’existence. Comment t’en sortir quand tu ne comprends rien.

Regarde-moi faire. […]Tu appelles Danglard, expliqua-t-il. Tout simplement. Souviens-toi bien de cela, aie toujours son numéro sur toi48.

Danglard è anche l’intermediario tra Adamsberg e Camille.

Quest’ultima è il terzo personaggio sempre presente, anche se solo in maniera astratta. La ritroviamo in ogni romanzo, ma solo raramente come personaggio attivo. Viene nominata spesso, la ritroviamo nei pensieri del commissario e in un solo romanzo, L’homme à l’envers, al centro di un caso. Nei due racconti di Salut et liberté non è presente, forse perché sarebbe stato troppo poco lo spazio da dedicarle.

Nonostante la militanza del suo personaggio, i lettori hanno l’impressione di conoscerla bene, di aver capito il suo rapporto con

48 F. VARGAS, Dans les bois éternels, Viviane Hamy, Paris 2006, pp. 65-66.

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XXXIII

Adamsberg. Assai più giovane di lui, si guadagna da vivere ora con la musica ora con lavori idraulici, questa ragazza innamorata, che sfugge, scappa lontano, per non essere ferita ancora una volta, diventerà la madre del suo bambino alla fine di Sous les vents de Neptune.

Nei racconti tradotti, Vargas ha preferito dedicare più spazio ai protagonisti delle due storie. Come in tutti gli altri romanzi, i personaggi sono la parte più curata: le descrizioni fisiche e psicologiche, i dialoghi, i comportamenti mai trascurati dalla loro creatrice, con un occhio sempre attento sul mondo circostante e con una gran voglia di osare e sfuggire agli schemi. Personaggi umili che hanno problemi comuni e desiderio di giustizia, sono degli emarginati ma non sono perdenti; dei veilleurs à l’affût49, dice Mary Bellat. Il barbone Vasco e Charles, il dandy riescono a far risolvere i due casi: li conosciamo ed entriamo nel loro mondo fatto non solo di vino e povertà.

49 J. TULARD, Dictionnaire du roman policier, Fayard, Paris 2005, p.727.

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I personaggi di Fred Vargas vivono in un’altra realtà e rappresentano esattamente il contario di quello che Yves Reuter scrive ne Le roman policier per il giallo a enigma:

On a souvent critiqué le roman à énigme pour ses personnages «creux», ses marionnettes. De fait, il s’agit plus d’un système de rôles, de pions au service d’une machinerie narrative et herméneutique. Leur intérêt n’est ni social ni psychologique mais fonctionnel50.

Già nel giugno del 1996 il Magazine Littéraire scriveva a proposito di Fred Vargas:

Les personnages qui peuplent ses livres sont aussi anarchistes et lunaires que savants. Qu’ils soient férus d’Antiquité ou océanographes, le regard qu’ils posent sur le monde combat le conformisme et l’ordre établi avec pour arme la fantaisie et l’humour51.

E nel 1996, Fred Vargas non aveva ancora scritto la maggior parte dei libri pubblicati oggi, a loro volta popolati da altrettanti personaggi anarchistes, lunaires e savants.

50 Y. REUTER, Le roman policier, Armand Colin, Paris 2007, p. 46.

51 Magazine littéraire, Paris juin 1996, n. 344, p. 31.

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XXXV

3.3 Parigi

Parigi è a tutti gli effetti uno tra i personaggi principali dei romanzi di Fred Vargas. Le strade, i bar, i lungo Senna sono sempre abbondantemente descritti come a voler far orientare il lettore. Un lettore ovviamente parigino che si ritrova nei riferimenti che la scrittrice dissemina nel testo. La preferenza della scrittrice per il pubblico della capitale è, secondo me, evidente. Non soltanto perché al francese della provincia non sono familiari i luoghi da lei indicati e quindi, di conseguenza, è un po’ ‘escluso’ ma ritroviamo anche questa inclinazione nelle scelte dei personaggi, dei loro caratteri, delle descrizioni. Anche nella discussione con la Professoressa Botto era stato preso in considerazione questo aspetto centralizzatore della scrittrice.

Ne L’homme à l’envers e Dans les bois éternels vengono raccontate due storie ambientate rispettivamente nel Mercantour e in Normandia ed è chiaro l’intento di Fred Vargas a voler mostrare un’altra realtà rispetto a quella parigina. Anche solo i soggetti dei due casi ci fanno riflettere. Nel primo romanzo si cerca il cacciatore di lupi, si passa attraverso credenze popolari, descrizioni di villaggi, luoghi e persone

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che hanno paure e problemi lontani da quelli dei connazionali parigini.

Nel secondo caso, il commissario seduto al tavolo di un bar normanno discute del maniaco dei cervi: dell’uomo che li uccide e gli toglie il cuore. Queste due storie riassumono in modo forse troppo banale la vita di due regioni francesi con un’identità così forte. Questo può anche essere il motivo della grande differenza della presenza dei romanzi della scrittrice in province rispetto alla capitale. Nelle altre regioni infatti le opere di Fred Vargas non si reperiscono facilmente come a Parigi, dove ritroviamo tutte le opere della scrittrice sia al marchand de journaux della Gare de Lyon che in una qualsiasi libreria della città.

Bisogna però ricordare che il suo personaggio principale non è un parigino, il commissario Adamsberg viene dai Pirenei ma si abitua fin da subito a una delle attitudes che la città offre. Appartiene infatti ai flâneurs che rappresentano una categoria fondamentale nella capitale:

è il passante che cammina senza meta per le strade, fermandosi ogni tanto a guardare, abita la città come se fosse casa propria, il suo percorso non coincide con quello del resto della moltitudine. Questa è l’immagine che Baudelaire dava del suo flâneur. Adamsberg gli

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assomiglia in certi aspetti ma il nostro commissario è più interessato alle riflessioni e alle conclusioni alle quali può arrivare nel tempo consacrato alle sue passeggiate solitarie.

Dal suo arrivo si è adattato a questo stile di vita e ne ha fatto la sua filosofia. Parigi è la città dalle mille sfaccettature e Fred Vargas non perde l’occasione di mostrarne i diversi aspetti. In ogni affaire che la scrittrice propone, ritroviamo i mille volti che solo la capitale francese può offrire:

Paris de l’ombre et Paris de la lumière, Paris du jour et Paris de la nuit, Paris de l’opulence et Paris de la misère, Paris capitale du Capital et Paris capitale de la Révolution, Paris du dessus et Paris du dessous, Paris masculin et Paris féminin, Paris des vivants et Paris des morts...52

Come Maigret anche Adamsberg è immerso in Parigi, non è in ufficio, è per la strada, cammina, ascolta, deve vedere, toccare.

Passeggia cercando soluzioni, si nutre dei marciapiedi della città, dei suoi ponti, dei suoi quartieri ma lo fa in modo alternativo. Per lui Parigi è la città dove riscoprire se stessi e la natura, dove cercare risposte; il ritmo di vita della maggior parte dei suoi abitanti non rispecchia quello del nostro protagonista. Nei due racconti, così come

52 J.A. BERNARD, Le goût de Paris, Le mythe, Mercure de France, Paris 2004, p. 11.

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nei romanzi, non si parla mai di metropolitana, mezzo di trasporto essenziale nella vita di un parigino, non si parla mai di traffico, di confusione, di folla, quella di Fred Vargas è una città quasi spopolata.

Sono messi in luce alcuni aspetti alternativi di Parigi ma viene mantenuta e sottolineata l’opposizione per eccellenza nell’esagono:

Parigi, provincia.

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4. LA TRADUZIONE

4.1 Tradurre Fred Vargas

Come detto sopra, il linguaggio è la caratteristica principale della scrittrice parigina, traducendo si perde la ‘francesità’ delle sue storie.

Quest’affermazione potrebbe sembrare una banalità ma non lo è: tutti i suoi libri sono creati e concepiti per un pubblico francese o meglio parigino53. Nonostante sia tradotta in ventidue paesi i suoi romanzi restano assolutamente legati alla tradizione francese e i personaggi proposti appartengono a quel mondo particolare; per funzionare fino in fondo hanno bisogno delle parole e delle caratteristiche che la lingua francese offre e che la scrittrice utilizza abilmente.

Afferma in un’intervista:

Quel intérêt peut avoir l’écriture si on bâtit ses histoires et traite la langue par-dessus la jambe? 54

Je fabrique tout en même temps, sauf le style, que je travaille après.55

53 Si veda paragrafo 3.3.

54 Télérama, Paris février 2008, n.3030, p. 15.

55 Ibidem, p. 18.

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É per questo che riportare tutta l’attenzione, la cura, la fantasia, la genialità della scrittrice in una traduzione è un compito molto difficile.

Inoltre, bisogna precisare che nella lingua francese la differenza fra oralità e lingua scritta è più marcata rispetto alla lingua italiana.

Infatti, quando per esempio la scrittrice decide di costruire un dialogo in linguaggio familier risulta molto difficile riprodurre il corretto registro in italiano perché si rischia di abbassare troppo il tono, quando invece per il francese sono espressioni tipiche della comunicazione orale, non necessariamente di stile basso, che nell’esagono vengono usate in conversazioni quotidiane. Discuterò di alcuni esempio del linguaggio familier nel paragrafo successivo.

La parte più impegnativa del lavoro è stata cercare di riprodurre il registro dei personaggi principali: nei due racconti questi utilizzano un tono proprio e un vocabolario particolare in un francese che da una riga all’altra può variare da quello dell’ Académie all’espressioni più basse dell’argot. La scrittrice inventa poi molte espressioni, giochi di parole o citazioni colte, avvincente sfida per il traduttore, stimolato a fare altrettanto nella lingua di arrivo. La tentazione sarebbe quella di spiegare le espressioni meno chiare al lettore italiano, ma poiché

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anche in francese queste non sono sempre facilmente comprensibili, il traduttore ‘si deve rassegnare’ a lasciare il testo come richiesto dall’originale. In misura maggiore rispetto ad altri scrittori, per Fred Vargas vale il concetto che la lingua è il cuore e lo specchio della cultura56.

Tradurre Fred Vargas è una sfida, niente è casuale e nessuna parola impiegata è fortuita. Il traduttore dovrà quindi orientarsi verso il testo di arrivo (text oriented) cioè verso la reazione del lettore.

Una traduzione è di buona qualità quando chi la legge vi reagisce in modo analogo a come ha reagito il lettore dell’originale57.

Quindi tutte le scelte devono essere prese in questa direzione.

56 Si veda. S. BASSNETT, La traduzione teorie e pratica, Strumenti Bompiani, Milano 1993.

57 www.logos.it/pls/dictionary/linguistic_resources.cap_4_25?lang=it

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4.2 Tradurre i due racconti

Nelle prime pagine del primo racconto troviamo un chiaro esempio sul problema del registro. Il dialogo fra Danglard e il barbone Vasco è uno scambio di battute che dimostra la grande differenza tra i due personaggi e, nonostante il Capitano si lasci andare rispetto al tipo di lessico impiegato di solito, non utilizza la stessa sintassi di Vasco, scorretta e poco chiara. Quest’ultimo, oltre ad utilizzare più volte parole ed espressioni figurate come, per esempio, il verbo chiffonner58 nel significato di contrarier, costruisce frasi tipo On t’a appris quoi, dans la police?59, oppure Commence pas à faire le flic60. In francese l’inversione del pronome interrogativo quoi alla fine della frase è tipico di una costruzione familiare. Così come per la seconda espressione l’omissione della prima parte della negazione ne è tipica dell’orale. Questi sono solo due tra i molteplici esempi di questo tipo.

Ho tradotto queste due frasi rispettivamente ma cosa ti hanno insegnato in polizia? e non cominciare a fare lo sbirro: entrambe perdono la sfumatura orale. Un altro esempio simile lo ritroviamo nel

58 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, p. 10.

59 Ibidem.

60 Ibidem, p. 11.

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XLIII

secondo racconto; il commissario risponde a Deniaut dicendo Connais pas61, ho tradotto Non ne conosco mantenendo così la corretta struttura grammaticale. O ancora la costruzione T’as même que lui comme famille62 che diventa Hai solo che lui come famiglia dove si è cercato di proporre una frase italiana anch’essa scorretta.

In casi come questi elencati sopra si dovrà cercare di compensare63 la perdita in altri parti del testo con l’aiuto di qualche espediente.

Qualche riga più sotto ho tradotto infatti, E invece me lo levi di qui questo tuo maggiordomo per Tu vas me virer ton valet. A colpo d’occhio si nota che la traduzione quasi raddoppia il numero delle parole rispetto all’originale, proponendo una sintassi tipica dell’italiano parlato. In questo caso infatti è la traduzione che ci guadagna sul piano dell’oralità.

Anche per il vocabolario ritroviamo dei problemi legati al registro:

la parola truc, quasi sempre tradotta con cosa o il verbo pisser tradotto con pisciare, rappresentano il problema in due sensi opposti. Se nel primo caso infatti cosa risulta piuttosto riduttivo – il termine truc in francese si utilizza nella lingua parlata per indicare qualsiasi tipo di

61 Ibidem, p. 65.

62 Ibidem, p. 50.

63 Si veda U. ECO, Dire quasi la stessa cosa, Studi Bompiani, Milano 2003.

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oggetto o situazione, termine unico che in italiano può avere più traduzioni come cosa, coso, affare, aggeggio ma in francese ha una forza e un utilizzo che nella nostra lingua non trova un adeguato equivalente – nel secondo caso, il verbo pisser tradotto con il verbo italiano pisciare, verbo utilizzato in lingua italiana in contesti volgari, risulta amplificativo. In Francia questo verbo è usato in contesti differenti e viene usato nella lingua popolare senza intenzione di volgarità. Nel secondo racconto la frase Je veux pisser64 è ripetuta tre volte in poche righe, il verbo pisciare rende la situazione più scurrile di quanto non sia ma è l’unica soluzione per non far scadere il dialogo nel ridicolo.

Ci sono nei due testi altri esempi di termini o espressioni popolari che con la traduzione hanno perso la loro forza originaria: per esempio pinard65 tradotto con vino o il verbo crécher66 che diventa semplicemente abitare, in francese questi sono vocaboli che

‘creano’un certo tipo di ambiente e situazione. Vino e abitare sono i

64 F. VARGAS, Salut et liberté, Librio, Paris 2003, p.73.

65 Ibidem, p. 58.

66 Ibidem, p. 42.

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