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. Se abbiamo ritenuto opportuno riportare questa lunga citazione è perché a parer nostro, nella sua brevità, descrive

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Conclusioni

Jean Paul Sartre e Hannah Arendt non instaurarono mai tra loro un rapporto di concreto e reciproco scambio intellettuale né tantomeno di solida amicizia, sebbene ebbero modo d’incontrarsi nel tempo (sia in Francia che negli Stati uniti) e fossero stati accomunati dall’interesse per il pensiero di Heidegger, Jaspers e Kojeve1. Nel 1946 la Arendt scrisse un articolo che possiamo ritenere come una fondamentale testimonianza circa la ricezione del pensiero esistenzialista in Francia:

Una conferenza di filosofia che provoca un assembramento con centinaia di persone che si accalcano all’interno e migliaia costrette a rimanere fuori; libri che trattano problemi filosofici e non spacciano dottrine a buon mercato e nemmeno facili ricette am che, al contrario, richiedono un notevole sforzo di pensiero, che si vendono come libri gialli; opere teatrali in cui l’azione è ridotta a scambi verbali, opere prive di trama che propongono un dialogo serrato di idee e riflessioni, che restano in cartello per settimane e vengono accolte da folle entusiaste; analisi della situazione dell’uomo nel mondo, dei fondamenti delle relazioni umane, dell’essere e del vuoto che non solo danno vita a un nuovo movimento letterario, ma fungono anche da potenziale guida per un rinnovamento dell’orientamento politico. I filosofi diventano giornalisti, drammaturgi e romanzieri. Non sono più docenti universitari , ma “bohémien” che dormono negli hotel e vivono nei caffé e che conducono una vita pubblica fino al punto di rinunciare a quella privata, e che nemmeno il successo, a quanto pare, riesce a trasformare in signori noiosi e rispettabili. 2

Continuando nell’articolo la Arendt attesta che le figure chiave del movimento attorno a cui si è sviluppato tanto clamore sono Jean-Paul Sartre e Albert Camus: qualche anno più tardi la filosofa affermerà di preferire di gran lunga il secondo al primo3. Se abbiamo ritenuto opportuno riportare questa lunga citazione è perché a parer nostro, nella sua brevità, descrive

155 1 Grazie all’interessamento di Raymond Aron Günther Stern e Hannah Arendt poterono prendere parte ai

seminari che Alexandre Kojève tenne presso L’École des hautes études nei primi anni ’30.«Ai seminari di Kojève prendeva parte anche Jean-Paul Sartre, col quale gli Stern non strinsero mai grande amicizia, e Alexandre Koyré, che invece sarebbe poi diventato un intimo». Elisabeth Young-Bruehl, p. 149.

2 Hannah Arendt, L’esistenzialismo francese in Archivio Arendt 1, op.cit, p. 222.

3 La seguente testimonianza si riferisce ad un viaggio in Francia compiutto dalla Arendt nei primi anni

’50.«Stasera mi vedrò per la seconda volta con Koyré, col quale le cose vanno un po’ meglio. È invecchiato molto. Sartre et al. non li vedrò: non avrebbe senso. Si sono così ben sistemati fra le nuvole hegeliane. (...) Ieri sono stata da Camus: è senza dubbio l’uomo migliore che c’è in Francia attualmente. Sovrasta di parecchio tutti gli altri intellettuali. Questo, entre nous, vale anche per Raymond Aron, che mi ha accolto con tanto calore e amicizia che non potrei dirlo forte». Ibidem, p.324.

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in maniera calzante l’atteggiamento di vita di Sartre per il quale, appunto, non esisteva distinzione tra ambito pubblico e privato, tanto da non ritenere necessario possedere concretamente qualcosa o intrattenere una relazione monogama con una donna. Ma non è tanto sulla considerazione reciproca tra i due filosofi che vorremmo soffermarci, quanto piuttosto sulla maniera in cui i due pur avendo toccato le stesse corde della condizione umana siano poi giunti a concepire musiche diverse:

Se l’uomo diventa consapevole della sua stessa coscienza e delle sue straordinarie potenzialità creative, e rinuncia all’aspirazione a essere identico a se stesso (come le cose), comprende che non dipende da nulla e da nessuno all’infuori di se stesso e che può essere libero, padrone del proprio destino. 4

Crediamo che Jean Paul Sartre e Hannah Arendt possano essere considerati, metaforicamente parlando, come due rette parallele destinate a non incontrarsi mai. In relazione a ciò che abbiamo avuto modo di argomentare possiamo infatti affermare che entrambi abbiano focalizzato nell’imprevedibilità dell’agire umano la base della libertà umana. L’uomo potrebbe potenzialmente agire in qualsiasi modo voglia se le condizioni sociali e “politiche” lo permettessero: nel caso di Sartre la consapevolezza della propria libertà ad autodeterminarsi a dispetto dell’ignoto induce l’individuo a cercare riparo in ruoli e principi, spesso dettati dall’esterno, che lo giustifichino, mentre in quello della Arendt la possibilità di mettere a frutto la propria imprevedibilità è condizionata dalla presenza di uno spazio pubblico entro il quale questa azione possa trovare un senso. La prima conclusione a cui giungiamo riguarda la valenza che i due hanno dato alla libertà umana intesa, nel primo caso come personale e autentica autodeterminazione dinanzi alla mancanza di senso del mondo, nel secondo come possibilità di agire “sul” mondo “fra” un mondo di uomini. Se infatti per Sartre, come dice bene la Arendt, l’uomo «non dipende da nulla e da nessuno» per poter essere libero di agire, considerando anzi l’altrui presenza come un limite alla capacità individuale di poter mettere in pratica la propria volontà, per la filosofa tedesca invece è proprio la “partecipazione” ad uno spazio collettivo con altri che riconoscano la mia azione e la mia presenza al mondo a rendere veridico e libero l’agire umano. Inoltre, se per Sartre l’altrui presenza funge da specchio limitante dell’essere umano che non può mai coincidere con se stesso, tranne quando viene reso “oggetto” dalla visione dell’altro, per la Arendt

156 44 Hannah Arendt, L’esistenzialismo francese in Archivio Arendt 1, op.cit, p. 226.

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l’identità individuale si esplica proprio nella libera interazione soggettiva. Possiamo quindi ribadire e concludere che sebbene i due filosofi s’interessino degli stessi problemi, arrivando talvolta alle stesse conclusioni5, circa la possibilità per l’uomo di potersi dire autentico, è il campo d’azione in cui le loro soluzioni si risolvono a renderli nettamente differenti: se per Sartre “l’inferno sono gli altri” per la Arendt il vero inferno inizia quando la totale mancanza di interazione e senso comune arriva a rendere l’individuo sradicato dalla realtà. In ultima battuta vorremmo sottolineare due aspetti del pensiero di ciascuno dei due che riteniamo particolarmente significativi: quello di “sincerità impossibile” per Sartre e quello di “memoria collettiva” per la Arendt. Per quanto una vita senza malafede non potrebbe a conti fatti essere né gestibile né tantomeno possibile, poiché il giocare con la propria dualità6 risulta essere talvolta necessario nella vita di tutti giorni, come giusta difesa personale contro l’ignoto che altrimenti ci paralizzerebbe, crediamo tuttavia, così come intende Sartre, che la sincerità sia fondamentalmente problematica poiché troppe ragioni “imprevedibili” concorrono a minarla, soprattutto in vista di un futuro al quale la si potrebbe assicurare soltanto con una “promessa” (come direbbe la Arendt). A proposito invece dell’argomentazione arendtiana circa all’importanza che una collettività politicamente sana riveste come custode della memoria fattuale, crediamo che molto si potrebbe dire in merito, soprattutto in relazione alla nostra contemporaneità. In un mondo dove la politica è detenuta da governanti ai quali si permette di distruggere (e non solamente cambiare) le proprie dichiarazioni dall’oggi al domani e dove, come fa presente la Arendt ne La menzogna in politica, l’immagine è tutto al punto di perpetuare guerre inutili, ci sentiamo di sottolineare quanto possano rivelarsi importanti azioni semplici quali quelle di istituire siti web (come Memoro7) che raccolgano la

testimonianza filmata, e perciò viva, di chi potrebbe testimoniare di aver visto in passato l’ “inferno” materializzarsi sulla terra.

157 5 Per esempio a proposito della vita militare che vorrebbe l’uomo come macchina incapace di pensare.

6 Il nostro pensiero non si riferisce alla necessità di doversi a tutti i costi riconoscere in un’idea o peggio in una

ideologia quanto piuttosto alle motivazioni dell’esempio della donna al primo appuntamento confronta supra p. 72.

7 «Memoro - la Banca della Memoria è un progetto no profit nato a Torino, in Italia, nell'Agosto 2007. Il primo

sito web www.bancadellamemoria.it è stato lanciato il 15/06/08. Dal settembre 2009 il progetto è gestito in Italia dalla Associazione Banca della Memoria ONLUS.» http://www.memoro.org/it/progetto.php, ultima visualizzazione 1 novembre 2013

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