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ANALISI DI SUPERFICI SELETTIVE IN FREQUENZA

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ANALISI DI SUPERFICI SELETTIVE IN FREQUENZA

1.1 INTRODUZIONE

Le superfici selettive in frequenza (Frequency Selective Surface - FSS) per le onde elettromagnetiche sono strutture bidimensionali, periodiche e, nella maggior parte delle applicazioni, planari.

Esse sono costituite da elementi (a patch o ad apertura) disposti periodicamente lungo una griglia bidimensionale. La principale caratteristica di una FSS consiste nella capacità di lasciar passare inalterate le onde elettromagnetiche in un certo range di frequenze e di riflettere tutte le altre. Questa peculiarità consente di utilizzare le FSS in un’ampia gamma di applicazioni legate alle microonde, come ad esempio per realizzare filtri da utilizzare in antenne a riflettore o in guide d’onda, per ottenere radome o, ancora, per permettere la sintesi di conduttori magnetici artificiali.

(2)

1.1 - Introduzione _______________________________________________________________________

Queste strutture, allo stesso modo dei filtri dei circuiti a radiofrequenza, si comportano da filtro passa-basso o da filtro passa-alto a seconda che l’elemento sia a patch o ad apertura.

Generalmente schermi FSS del primo tipo vengono classificati come capacitivi (Fig. 1.1) e si realizzano periodicizzando nelle due direzioni spaziali una cella elementare conduttrice dalla forma più o meno complessa.

Fig. 1.1 - Esempio di schermo a patch

Nel secondo caso si parla di schermi induttivi (Fig. 1.2): essi manifestano una risposta in frequenza di tipo passa-alto e vengono realizzati forando in modo periodico una superficie conduttrice. Per schermi privi di substrato dielettrico (freestanding solution), la risposta in frequenza della struttura a patch è assolutamente complementare a quella ad apertura [1].

Fig. 1.2 - Esempio di schermo ad apertura

(3)

Il principio su cui si basa il funzionamento delle FSS è simile a quello degli array di antenne anche se per questi ultimi, pur avendo una geometria simil-periodica, è più semplice poter dare una spiegazione, sia teoricamente che da un punto di vista puramente applicativo, dell’esistenza di alcune direzioni dello spazio per le quali si ha massima irradiazione e di altre per cui essa è nulla.

Per dare un’interpretazione fisica di tale principio, si pensi ad un’onda elettromagnetica piana che incide su una FSS il cui elemento periodico è di tipo a patch:

tale onda genera sulle parti metalliche dello schermo delle correnti che, a loro volta, reirradiano nello spazio circostante un campo che definiamo scatterato. Se la direzione d’incidenza non è quella normale allo schermo, l’onda incontra ogni singolo elemento con fase differente, dovuta alla differenza di cammino percorso (Fig 1.3):

Fig. 1.3 – Differenza di cammino percorso dall’onda incidente

in tal caso, le correnti generate sono sfasate di una quantità dipendente dalla frequenza dell’onda che incide e dal periodo con il quale la cella elementare si ripete nella

(4)

1.1 - Introduzione _______________________________________________________________________

struttura. In questo modo anche i campi scatterati risultano sfasati delle stesse quantità, determinando così un campo totale reirradiato con modulo massimo in alcune direzioni dello spazio e nullo in altre. In particolare, se le correnti indotte sono tali da generare in zona di campo lontano un’onda con le stesse caratteristiche di quella incidente, si parlerà di risonanza dello schermo: ciò vuol dire che tutta l’energia elettromagnetica associata all’onda incidente viene riflessa nel semispazio sovrastante lo schermo (Fig 1.4). Quando gli elementi periodici che costituiscono lo schermo hanno proprietà risonanti, la corrispondente superficie selettiva in frequenza di tipo induttivo esibirà trasmissione totale per lunghezze d’onda prossime a quella di risonanza mentre una di tipo capacitivo sarà totalmente riflettente.

Fig. 1.4 – Condizione di risonanza

Mano a mano che ci si allontana dalle condizioni di risonanza, l’onda incidente si propaga anche nel semispazio sottostante, fino a quando la FSS non diviene totalmente trasparente ai campi elettromagnetici.

(5)

1.2 CLASSIFICAZIONE DELLE FSS

Uno schermo FSS può essere classificato in base allo spessore e al materiale usato per la realizzazione secondo le seguenti macro-categorie:

• Schermo metallico spesso;

• Schermo spesso con substrato dielettrico;

• Schermo sottile con substrato dielettrico;

Esistono numerose altre varianti che si aggiungono a queste tipologie ma che sono comunque riconducibili ad esse.

In base alla natura dei problemi trattati, per lo svolgimento di questo lavoro di tesi si è focalizzata l’attenzione unicamente sugli schermi sottili. Le FSS si diranno tali qualora il loro spessore fisico sia pari ad una frazione della più piccola lunghezza d’onda operativa. Per analizzare le loro proprietà, si sfrutta l’approssimazione di schermo infinitamente sottile.

In base a tale approssimazione si assume che le regioni di incidenza e di trasmissione vengano direttamente a contatto nel piano del filtro, con le condizioni al contorno imposte allo stesso. Poiché gli schermi possono essere realizzati anche con tecniche fotolitografiche, è possibile produrre delle strutture planari estremamente sottili. Il modello di schermo infinitamente sottile risulta quindi una buona approssimazione per un largo intervallo di lunghezze d’onda.

Altro parametro fondamentale nello studio delle FSS è la conducibilità elettrica del materiale utilizzato per la realizzazione dello schermo. La maggior parte dei metalli impiegati è caratterizzata da notevoli proprietà conduttive su ampi range

(6)

1.2 – Classificazione delle FSS _______________________________________________________________________

frequenziali e ciò, unitamente all’ipotesi di schermo sottile, può ridurre l’onere computazionale del problema.

Gli schermi sottili vengono spesso realizzati a partire da sottilissimi fogli metallici cresciuti o incollati su di un substrato dielettrico; è così possibile realizzare strutture simmetriche che prevedono la presenza dello schermo inserito tra due lastre di dielettrico (soluzione detta “embedded”), come mostrato in figura 1.5.

Fig. 1. 5 – Struttura “embedded”

La presenza del dielettrico non serve solo a conferire robustezza meccanica allo schermo o a proteggerlo dagli agenti atmosferici, ma può avere anche un notevole effetto sulle curve di riflessione e di trasmissione.

In generale, si può dire che l’inserzione del dielettrico comporta fondamentalmente due variazioni nella risposta in frequenza di una FSS; la prima si manifesta nello spostamento della frequenza di risonanza: se f è la frequenza di 0 risonanza dello schermo nel vuoto, lo stesso, posto fra due regioni di estensione infinita con costante dielettrica εr, risuonerà per 0

r

f f

= ε . Se lo spessore del dielettrico è finito (assunto pari a d), la frequenza di risonanza differirà leggermente da questo valore.

(7)

Come mostrato nella figura successiva (Fig. 1.6), all’aumentare dello spessore si ha una conseguente diminuzione della frequenza di risonanza.

Fig. 1. 6 – Effetto di carico del dielettrico per uno schermo ad apertura e per uno a patch

Si noti che anche per spessori di dielettrico estremamente piccoli (es. d=0.05

λ

ε) lo schermo risuona ancora a frequenze prossime a 0

r

f f

= ε . Se il dielettrico è presente su di un solo lato della struttura, la variazione della frequenza di risonanza sarà circa pari a 0

( r 1) / f f

= ε

+ 2 .

Nel caso di dielettrici sottili, si può notare che a prescindere dal tipo di schermo (induttivo o capacitivo) lo shift in frequenza rimane lo stesso. Se però lo spessore raggiunge o supera valori nell’ordine di

4 λε

, gli schermi si comporteranno differentemente: uno schermo a patch avrà una frequenza di risonanza indipendente dallo spessore, mentre uno ad apertura mostrerà una trasmissione unitaria per valori di

(8)

1.2 – Classificazione delle FSS _______________________________________________________________________

frequenze che, al mutare dello spessore, variano intorno a 0

r

f f

= ε , nel caso di disposizione simmetrica del dielettrico intorno allo schermo.

Questa diversità è dovuta al fatto che mentre i patch si comportano come cortocircuiti su di una linea di trasmissione, le aperture equivalgono a circuiti aperti, con proprietà fortemente dipendenti dal dielettrico.

Le altre rilevanti caratteristiche che uno schermo FSS acquisisce in presenza di dielettrico riguardano la larghezza di banda che tende a mantenersi costante al variare della polarizzazione dell’onda incidente e dell’angolo di incidenza, specie se si utilizzano soluzioni con schermi FSS inseriti in strutture dielettriche multistrato [2].

1.3 CAMPO REIRRADIATO DA UN SINGOLO PATCH

Tutte le tecniche di analisi sviluppate per lo studio delle FSS tentano di risolvere l’equazione integrale nota come EFIE (Electric Field Integral Equation) a partire dalle seguenti ipotesi iniziali:

• estensione infinita dello schermo così da poter trascurare gli effetti di bordo;

• onda incidente monocromatica o somma di onde monocromatiche;

• spessore infinitesimo, come assunto in precedenza.

(9)

La tecnica che illustreremo nel seguito consiste nel definire l’equazione integrale, modificarla per il caso periodico di nostro interesse mediante il cosiddetto Teorema di Floquet e nel trasformarla, applicando il noto Metodo dei Momenti (Method of Moments - MoM), in un sistema di equazioni lineari più semplicemente risolvibile.

Concentriamoci innanzitutto sul teorema di Floquet: esso afferma che tutte le grandezze relative al campo reirradiato presentano la stessa periodicità delle celle. In particolare, se la struttura è periodica nella direzione individuata dall’asse x e

0 j

F(x ,u,v)e ω t rappresenta la distribuzione di una componente del campo in corrispondenza della sezione x0, allora la distribuzione in x0+L è pari a

j L0

j te

F(x0+L,u,v)e ω β , dove con β0 si è indicata una costante dipendente dalla frequenza e dalle dimensioni della struttura e con L il periodo della struttura.

Dal momento che la relazione tra le distribuzioni delle componenti dei campi in due sezioni che distano tra loro di un periodo deve essere indipendente dall’ascissa

x0, ne consegue che F(x,u,v) deve potersi esprimere nel seguente modo:

, , j x0

F(x u,v)= f(x u,v)e β

, (1.1) dove f(x u,v) , periodica lungo x di periodo L, può essere riscritta come: ,

, ( , ) i

i

j ix f(x u,v) g u v a e L

π

=−∞

2

=

. (1.2)

In definitiva, la forma analitica del teorema di Floquet afferma che le componenti del campo possono essere espresse nel seguente modo:

, (1.3)

( , ) ( i

0 j t j t x

F(x ,u,v)eω =g u v

a ei ω β+ )

(10)

1.3 – Campo reirradiato da un singolo patch _______________________________________________________________________

con

β β

i= 0+2 /

π

i L.

Qualora si voglia analizzare il campo elettromagnetico reirradiato da una superficie selettiva in frequenza, il primo passo da compiere è quello di mettere in relazione le correnti superficiali indotte e il campo scatterato per la configurazione geometrica più semplice, ovvero quella composta da un singolo patch conduttore (Fig.

1.7).

Fig. 1. 7 – Singolo patch conduttore

Per quanto affermato in precedenza, le correnti indotte sulla superficie conduttrice reirradiano un campo che può essere espresso nel seguente modo:

( )

0

0

s j 1

ωµ j

= − + ωε ∇ ∇

E A A , (1.4)

dove è il potenziale vettore, dipendente dalla distribuzione di corrente superficiale indotta sulla superficie del conduttore secondo la seguente legge:

A J

( )

=

G , '

( ) ( )

' d ' G

A r r r J r r = ⊗ , (1.5) J

(11)

con

( )

0 '

G , '

4 '

e jk

π

= −

r r

r r r r (1.6)

detta funzione di Green nello spazio libero, mentre k0 =ω µ0ε0 è il numero d’onda.

La funzione G può essere vista come la risposta del potenziale vettore prodotta da una corrente di tipo impulsivo (funzione di trasferimento del problema). Se la distribuzione di corrente è più complicata, si può sempre rappresentare come combinazione lineare di correnti di tipo impulsivo e quindi anche il potenziale vettore sarà una combinazione lineare di G.

La condizione al contorno impone che sulla superficie del conduttore la somma delle componenti tangenziali del campo incidente e del campo diffratto si annulli, ovvero Et =Ets+Einct =0; di conseguenza l’equazione (1.4) diventa:

(

0

0

( ) ( ) 1 ( )

inc

t j t

ωµ j

ωε

)

= − ∇ ∇ 

E r A r A r . (1.7)

La (1.7) rappresenta la cosiddetta equazione integrale del campo elettrico (EFIE – Electric Field Integral Equation) per un patch perfettamente conduttore.

Nel caso di una superficie planare sottile esisteranno soltanto le componenti Jx e della corrente superficiale, e quindi solo e risulteranno non nulli. Si può quindi riscrivere l’equazione (1.7) nella forma matriciale seguente:

Jy Ax Ay

(12)

1.3 – Campo reirradiato da un singolo patch _______________________________________________________________________

2 2

2

0 2

0

2 2 2

0 2

0 2

i x

x

i y

y

k A

E j x x y

E k A

x y k y

ωµ

 ∂ ∂ 

 + 

   ∂ ∂ ∂  

−   = −  ∂ + ∂     

∂ ∂ ∂

 

 

, (1.8)

con Ax = ⊗G Jx , Ay = ⊗G Jy.

La presenza del prodotto di convoluzione e delle derivate parziali suggerisce l’uso della trasformata e antitrasformata di Fourier, da applicare alla precedente (1.8).

Operando allora le seguenti trasformazioni:

2

2

G G ,

, ,

, x j

y j

x y j α

β αβ

⊗ ↔

∂ ↔

∂ ↔

∂ ↔

∂ ∂

J J

A A

A A

A A

, (1.9)

esprimendo il secondo membro nel dominio delle frequenze spaziali e antitrasformando la (1.8) diventa:

2 2

0

2 2

0 0

( , ) 1 1 ( , )

( , )

( , ) 2 ( , )

i x

x j x j y

i

y y

E x y k J

G e e

E x y j k J

α β

α β

α αβ

α β d dα

π ωε αβ β α β

−∞ −∞

 

   − − 

− =

∫ ∫

 − −    β (1.10) dove

2 2 2 2 2 2

0 0

1

2 2

G j

k α β α β k

= − =

− − I + − I (1.11)

con matrice identica [2]. I

(13)

1.4 ARRAY DI PATCH MONODIMENSIONALE

Utilizzando l’EFIE ottenuta per un singolo elemento, possiamo estendere l’espressione trovata al caso periodico monodimensionale grazie al teorema di Floquet (Fig. 1.8):

Fig. 1. 8 – Array di patch monodimensionale

Con riferimento alla figura precedente, se dxè il periodo di ripetizione della cella elementare e è la corrente indotta sul singolo elemento, per il teorema enunciato in precedenza, la corrente sull’elemento distante

( ) J x

dx è pari a:

, (1.12) ( x) ( ) jk dincx x

J x d+ =J x e

dove kincx rappresenta il numero d’onda dell’onda incidente.

Definita allora la funzione:

, (1.13) '( ) ( ) jk xincx

J x =J x e

(14)

1.4 – Array di patch monodimensionale _______________________________________________________________________

dalle (1.12) e (1.13) segue che:

( )

'(

x

) (

x

)

jkxinc x dx

( )

jkincx x

'( )

J x + d = J x + d e

+

= J x e

= J x

. (1.14) Tale espressione evidenzia che J x'( ) è periodica di periodo dx ed è perciò esprimibile attraverso la sua trasformata serie di Fourier:

2

'( ) x

j nx n d n

J x J e

π

=−∞

=

, (1.15)

Dalle (1.13) e (1.15) si ottiene:

(2 )

( )

xinc

x n

j nx k x n d

n n

J x J e J

π

j x ne α

+

=−∞ =−∞

=

=

. (1.16)

Questo vuol dire che è stata effettuata una discretizzazione della frequenza spaziale α

ottenendo 2 inc

n x

d n kx

α = π + , che, sostituita nella espressione della EFIE per singolo

elemento conduttore (1.10), permette di ottenere l’equazione integrale per un array di patch monodimensionale:

2 2

0

2 2

0 0

( , ) 1 1 ( , )

( , )

( , ) ( , )

n

i

x n n x n j x j y

i n

x n n

y y n

E x y k J

G e

d j k

E x y J

α β

α α β α β

α β e dβ

ωε α β β α β

=−∞ −∞

 

   − − 

− =

∑ ∫

 − −    (1.17)

1.5 ARRAY BIDIMENSIONALE

A questo punto è evidente come sia possibile operare la periodicizzazione anche lungo l’asse y, sfruttando ancora il teorema di Floquet (Fig 1.9):

(15)

Fig. 1. 9 – Array di patch bidimensionale

Discretizzando anche β come fatto per α , si ottiene:

2 inc

m y

d m ky

β = π + . (1.18)

L’equazione integrale diventa quindi:

2 2

0

2 2

0 0

( , ) ( , )

( , )

2 1

( , )

( , )

n m

i x i y

x n m j x j y

n n m

n m

n m y

x y n m m n m

E x y E x y

k J

G e

d d j k J

α β

α α β α β

π α β

ωε α β β α β

=−∞ =−∞

 

− =

 

 

 

 − − 

=

∑ ∑

− −    e

(1.19)

a cui, d’ora in avanti, ci si riferirà con il termine Equazione all’operatore.

Nel caso in cui le file di celle risultino traslate di una certa quantità lungo l’asse x (Fig. 1.10), le variabili discrete αn e βm si modificano come segue:

2 inc

nm x

x

d n k

α = π ⋅ + , (1.20)

( ) ( )

2 2

sin cot

inc

nm y

y x

m n k

d d

π π

β = ⋅ − ⋅ Ω

Ω + . (1.21)

(16)

1.5 – Array bidimensionale _______________________________________________________________________

Fig. 1. 10 – Celle traslate

Quanto detto finora è valido per schermi a patch; per uno schermo di tipo ad apertura (induttivo), è possibile applicare il concetto di dualità all’equazione all’operatore, per mettere in relazione il campo magnetico diffratto con le correnti magnetiche superficiali. Imponendo inoltre la continuità del campo magnetico totale su entrambi i lati dell’apertura, si ottiene la nota equazione integrale per il campo magnetico (MFIE – Magnetic Field Integral Equation), la cui espressione viene riportata di seguito:

2 2

0

2 2

0 0

( , ) ( , )

( , )

2 1

( , )

( , )

n m

i x i y

x n m j x j y

n n m

n m

n m y

x y n m m n m

H x y H x y

k M

G e

d d j k M

α β

α α β α β

π α β

ωµ α β β α β

=−∞ =−∞

 

− =

 

 

 

 − − 

=

∑ ∑

− −    e

(1.22)

dove M rappresenta la corrente magnetica superficiale.

Per rendere più compatte le espressioni delle equazioni integrali relative ad una particolare configurazione e per facilitare l’implementazione sul calcolatore, le precedenti equazioni, valide in spazio libero, possono essere riscritte nel modo seguente:

(17)

( )

( )

2 2

0

0

2 2

0

0

0

G( , )

G ,

G( , ) G

G( , )

G G

n n m

XX

m n m

YY

n m n m

XY YX

k

j k

j

j

α α β

ωε

β α β

ωε

α β α β

ωε

− ⋅

=

− ⋅

=

− ⋅

= =

,

,

(1.23)

dove le funzioni che compaiono al primo membro prendono il nome di Funzioni diadiche spettrali di Green. Alla luce di questa riscrittura, l’equazione all’operatore diventa:

( , )

( , ) 2 G G

( , ) G G ( , ) ,

n m

i x n m

x XX XY j x j y

i

n m y

y x y YX YY n m

J E x y

e e

E x y d d J

α β

π α β

α β

=−∞ =−∞

 

   

−   =    

     

  ∑ ∑  

(1.24)

e, similmente, quella per il campo magnetico

( , )

( , ) 2 G G

( , ) G G ( , ) .

n

i x n m

x XX XY j x j y

i

n m y

y x y YX YY n m

M H x y

e e

H x y d d M

α β

π α β

α β

=−∞ =−∞

 

   

−   =    

     

  ∑ ∑  

m (1.25)

Le equazioni integrali per il campo elettrico e quello magnetico appena mostrate, sono valide anche considerando la superficie selettiva in frequenza immersa in strati di materiale dielettrico. In tal caso, la presenza di materiali con costante dielettrica

ε

r diversa da 1 viene tenuta in conto dalle funzioni di Green e le equazioni (1.24) e (1.25) si modificano come segue:

G G ( , )

( , ) 2

G G ,

( , ) ( , )

n m

i eXX eXY x n m

x j x j y

i

n m eYX eYY y

y x y n m

J E x y

e e

E x y d d J

α β

π α β

α β

=−∞ =−∞

 

   

−   =    

     

  ∑ ∑  

(1.26)

(18)

1.5 – Array bidimensionale _______________________________________________________________________

G G ( , )

( , ) 2

G G .

( , ) ( , )

n

i eXX eXY x n m

x j x j y

i

n m eYX eYY y

y x y n m

H x y M

e e

H x y d d M

α β

π α β

α β

=−∞ =−∞

 

   

−   =    

     

  ∑ ∑  

m (1.27)

Se invece il conduttore presenta una conducibilità finita, è necessario apportare una modifica alle condizioni al contorno. L’equazione

diventa:

s inc 0

t = t + t =

E E E

i s

x x x

i s s

y y y

E E J

Z J

E E

     

+ =

     

     

    , (1.28)

dove (1 )

s

Z j

σδ

= + rappresenta l’impedenza superficiale. E’ quindi evidente che

nell’equazione all’operatore (1.24) andrà aggiunto il prodotto figurante al secondo membro dell’ultima equazione riportata.

1.6 SOLUZIONE DELL’EQUAZIONE ALL’OPERATORE

Le equazioni all’operatore mostrate in precedenza possono essere riscritte nella seguente maniera simbolica:

∗ =

L u g, (1.29)

dove g è un vettore noto rappresentante il campo elettrico (o magnetico) incidente; u è un vettore incognito riferito alla corrente superficiale elettrica (J) o magnetica ( );

è un operatore che mette in relazione il vettore u con quello

M

L g. Concentrandoci in

(19)

particolare su ciò che accade al campo elettrico, la notazione (1.29) diventa:

. Un’equazione di questo genere si può risolvere con il Metodo dei Momenti (MoM), che verrà illustrato schematicamente di seguito [3], [4].

∗ = L J E

( ) f x

( , ') g x x

( )x α α=

n( ) f x

Consideriamo la seguente equazione integrale:

( ) ( ) ( ) (

, '

) ( )

'

s xx f x +

g x x f x dx' (1.30)

dove rappresenta la funzione incognita e le funzioni s x( ), α( )x e sono note. La funzione spesso dipende solo dalla differenza

( , ') g x x

') ( , ')

g x x (x x− , cioè

= e rappresenta il kernel dell’integrale. In base ai limiti di integrazione, l’equazione (1.30) prende il nome di equazione di Fredholm se i limiti sono costanti, o equazione di Volterra se i limiti dipendono da

( ') g x x

x. Si distingue inoltre l’equazione di prima specie se α =0, di seconda specie se α =cost e di terza specie se

.

Fissiamo la nostra attenzione sulle equazioni di Fredholm e supponiamo che le variabili x e x' siano limitate all’intervallo (a, b). Da un punto di vista analitico, la soluzione è difficile da ottenere nella generalità dei casi. E’ allora preferibile utilizzare un approccio più propriamente numerico. A tale scopo si espande la funzione incognita in termini di opportune funzioni note:

1 1 2 2

1

( ) ( ) ( ) ... ( ) ( )

N

N N n n

n

f x a f x a f x a f x a f x

=

≅ + + + =

(1.31)

Le sono dette funzioni di espansione o funzioni base. Si può quindi ricondurre il problema alla ricerca dei pesi a1,...,aN che permettono di esprimere la soluzione cercata come una combinazione lineare di funzioni base note. Sostituendo la (1.31) nella (1.30) si ottiene:

(20)

1.6 – Soluzione dell’equazione all’operatore _______________________________________________________________________

(1.32)

( ) ( ) ( ) ( )

1 1

N N

n n n n

n n

s x aα x f x a g x

= =

=

+

con

(1.33)

( )

b

(

, '

) ( )

' '

n n

a

g x =

g x x f x dx

Facendo una scelta oculata delle funzioni base, è possibile semplificare in maniera notevole la ricerca della soluzione. La scelta delle fndeve essere tale da permettere la ricostruzione della funzione incognita ( )f x che, in generale, può avere un andamento qualsiasi lungo x.

Per ottenere la forma numerica della (1.32), si può imporre la stessa su N punti in modo da avere un sistema formato da N equazioni in N incognite ed effettuare la risoluzione in forma matriciale. I risultati ottenuti con questa procedura risultano però poco accurati nella maggior parte delle applicazioni. In alternativa, si può utilizzare la cosiddetta operazione di weighting o testing. Questa consiste nell’introdurre un ulteriore insieme di funzioni w xn( )

w f

, definite nello stesso dominio della funzione f , e fissare il prodotto interno 〈 , , cioè un’operazione scalare che soddisfi le seguenti condizioni:

• 〈w f, 〉 = 〈 , 〉f w (Simmetria);

• 〈α fg w, 〉 = 〈α f w, 〉 + 〈β g w, 〉 (Linearità);

• 〈f f, *〉 >0 per f0 f f, *〉 =0 per f=0 .

Una possibile scelta è la seguente:

(21)

. (1.34)

( ) ( )

,

b

a

w f w x f x dx

< >=

x

E’ immediato verificare che la (1.34) soddisfa le condizioni precedentemente introdotte.

A questo punto è possibile effettuare l’operazione di testing su entrambi i membri della (1.32) ottenendo:

(1.35)

( )

1 1

( )

N N

m n mn n mn

n n

s a r x a g

= =

=

+

dove

( ) ( )

b

m m

a

s = ∫ w x s x dx

(1.36)

(1.37)

( ) ( ) ( )

b

mn m n

a

r = ∫ α x w x f x dx

(1.38)

( ) ( , ' ) ( ) ' '

b b

mn m n

a a

g = ∫ w x g x xf x dx dx

In definitiva, il problema di partenza definito nell’equazione (1.30), che genericamente può essere rappresentato nella forma:

L f = (1.39) s

dove L rappresenta un operatore lineare integro-differenziale, è stato discretizzato nella forma (1.34) che rappresenta un’equazione di tipo matriciale:

=

M a s (1.40)

dove è il vettore delle incognite contenente i pesi delle funzioni di base, è la matrice i cui elementi sono calcolati secondo la (1.37) e la (1.38), mentre rappresenta

a M

s

(22)

1.6 – Soluzione dell’equazione all’operatore _______________________________________________________________________

il vettore del termine noto i cui elementi sono dati dalla (1.36). La soluzione è quindi ottenibile per inversione della matrice risolvente cioè:

(1.41)

= -1 a M s

Per quanto riguarda le funzioni , anche queste sono delle funzioni di base ortonormali, con m=1,…,N; è importante sottolineare che la scelta di queste funzioni condiziona fortemente il risultato finale. La scelta

wm

w =m fn viene citata come procedura di Galerkin, dal nome del matematico russo che le ha utilizzate. Se si sceglie

n (

wx xn), cioè se le funzioni di test sono delle delta di Dirac centrate nel punto xn, si ottiene il cosiddetto metodo del Point Matching o ‘metodo della collocazione’. In quest’ultimo caso, l’equazione (1.40) corrisponde a forzare l’equazione (1.30) ad essere soddisfatta nei punti discreti xn.

La procedura ora illustrata si presta a differenti interpretazioni dalle quali discendono i vari nomi con la quale è conosciuta in letteratura.

Il nome ‘metodo dei momenti’ deriva dalla terminologia originale secondo la quale il termine rappresenta il momento di ordine n della funzione f. In senso estensivo, anche sostituendo il termine

xnf

( )

x dx

xn con la generica , l’integrale rappresenta un momento della funzione f.

wn

La stessa procedura prende anche il nome di ‘metodo dei residui pesati’, che deriva dalle seguenti considerazioni: l’equazione (1.32) sarebbe esatta solo nel caso in cui N fosse infinito. Nei casi pratici, la serie (1.31) con N finito rappresenta un’approssimazione della funzione f(x); se allora definiamo come residuo la differenza:

(1.42)

( ) ( ) ( ) ( )

1 1

N N

n n n n

n n

res s x aα x f x a g x s f

= =

= − + = −



∑ ∑

L

1 N n= n



(23)

i prodotti interni 〈w resm, 〉 vengono detti residui pesati, e l’equazione risolvente ottenuta corrisponde ad annullare i residui pesati.

Si potrebbe anche minimizzare la lunghezza o norma del residuo, utilizzando il solito prodotto interno. In questo caso si parla del ‘metodo dei minimi quadrati’, che corrisponde a minimizzare l’errore quadratico medio tra la funzione esatta e quella approssimata in ogni intervallo se si scelgono le funzioni di test del tipo wn= Lfn.

Cerchiamo allora di applicare quanto visto al nostro problema. Innanzitutto occorre esprimere il vettore incognito J in termini di un set di funzioni base conosciute f:

n n n

= ∑ C

J f

n

, (1.43)

dove con

C

si sono indicati i coefficienti incogniti e con

f

la generica funzione appartenente alla base scelta. In questo modo l’equazione all’operatore può essere riscritta nella forma:

n n

n n

= ∑ C

E L f

. (1.44)

Si definisce poi il seguente prodotto scalare:

, *

Superficie

=

ds

a b a b nel caso di patch (1.45)

, *

Apertura

=

× • ds

a b a b z nel caso di apertura, (1.46)

e si pesano i campi con delle funzioni di prova Wi per ottenere:

, ,

i i j

j

=

C

W E W L fj (1.47)

(24)

1.6 – Soluzione dell’equazione all’operatore _______________________________________________________________________

che, in termini matriciali diventa:

1 1 1 2 1 3 1

2 1 2 2 2 3 2

1 2

, , , ... , ...

, , , ... , ...

... ... ... ... ... ...

... ... ... ... ... ...

, ,

n n

n n n

W L f W L f W L f W L f

W L f W L f W L f W L f

W L f W L f W

1 1

2 2

3 3

3

, , ,

... ...

, ... , ... ,

... ... ... ... ... ... ... ...

n n n n

C C C

C

=

 

 

 

 

 

 

 

 

 

W E W E W E

L f W L f W E

   

   

   

   

   

   

   

   

   

(1.48)

Limitando la sommatoria e invertendo la matrice, è possibile ricavare il vettore dei coefficienti incogniti:

1 1 1 1 2 1 3 1

2 2 1 2 2 2 3 2

3

, , , ... , ...

, , , ... , ...

... ... ... ... ... ...

... ... ... ... ...

...

n

n

n C

C

C

C

=

   

   

   

   

 

W L f W L f W L f W L f

W L f W L f W L f W L f

1

2 3

1 2 3

, , ,

. ... ... ...

, , , ... , ... ,

... ... ... ... ... ... ...

1

n n n n n n

 

 

 

 

 

 

 

 

 

W E W E W E

W L f W L f W L f W L f W E

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(1.49)

Determinati i coefficienti , che rappresentano quindi le ampiezze incognite delle immagini delle funzioni f , alle quali viene applicato l’operatore L nello spazio vettoriale definito da , si risale al vettore .

Cj

W J

I prodotti scalari che figurano all’interno della matrice possono essere calcolati efficacemente ricorrendo ad una integrazione numerica di tipo gaussiano (Gaussian quadrature), mentre quelli che costituiscono il vettore a secondo membro sono, per la forma di E , le trasformate di Fourier delle funzioni di prova, calcolate in

i W

inc

kx

α

= e β =kinyc.

(25)

1.7 LE FUNZIONI DI BASE ROOF-TOP

Alla luce della disamina precedente, il problema che si pone è quello di scegliere in maniera opportuna le funzioni di base, visto che esse determinano la velocità e la convergenza dell’algoritmo. Esse devono essere scelte in modo che:

• la matrice risultante sia di ordine minimo;

• siano soddisfatte le condizioni al contorno;

• siano trasformabili secondo Fourier per non perdere il vantaggio di lavorare nel dominio frequenziale;

• le loro trasformate debbano decadere rapidamente affinché i prodotti scalari nei quali compaiono abbiano un numero di termini ridotto.

Le funzioni che soddisfano i requisiti elencati si suddividono in due categorie: esistono funzioni definite sull’intero dominio mentre ve ne sono altre definite solo sui sottodomini. Le seconde consentono di sfruttare una matrice risultante di ordine ridotto ovvero invertibile secondo il metodo dell’eliminazione gaussiana; le prime, invece, dovendo soddisfare condizioni al contorno sull’intero dominio, hanno andamenti differenti e quindi si prestano ad un utilizzo efficace solo per geometrie caratteristiche.

In particolare, per geometrie arbitrarie, la scelta delle funzioni di base ricade sulla classe di funzioni definite sui sottodomini. In tal caso, tutte le funzioni hanno lo stesso andamento, il numero necessario per rappresentare le correnti aumenta e per invertire la matrice, non potendo usare la tecnica di eliminazione di Gauss, si ricorre a metodi iterativi quali, ad esempio, quello del gradiente coniugato.

(26)

1.7 – Le funzioni di base roof-top _______________________________________________________________________

Nonostante questi svantaggi, che possono comunque esser compensati dall’uso di metodi di calcolo rapidi quali la FFT (Fast Fourier Trasformer), l’uso di funzioni definite su sottodomini è comunque preferibile rispetto a quello di funzioni definite sull’intero dominio in quanto, usando le prime, viene a cadere la dipendenza dalla geometria della cella elementare.

Le funzioni base comunemente utilizzate per questo tipo di problema sono le cosiddette funzioni roof-top (Fig. 1.11 b). Queste sono funzioni di tipo vettoriale che assumono valore unitario allo spigolo congiungente una coppia di rettangoli e valore nullo agli spigoli opposti [4].

Nel caso fosse sufficiente utilizzare delle funzioni di base definite su dei sottodomini rettangolari (come accade per le superfici selettive in frequenza), le funzioni roof-top sono definite su ogni coppia di elementi rettangolari attigui (Fig. 1.11 a). In questo caso il vettore che rappresenta la funzione di base è ortogonale allo spigolo in comune. Questo tipo di funzione è molto indicata per approssimare adeguatamente le componenti lungo le due direzioni principali delle correnti.

εr

y x

1

0 0

a) b)

Fig. 1. 11 – Funzioni di base roof-top su sottodomini rettangolari

(27)

Facendo riferimento al particolare problema in esame e alla figura 1.12, riscriviamo l’espressione analitica delle funzioni roof-top come prodotto delle seguenti funzioni:

( )

( )

1, 2 ,

0 ,

1 ,

. 0 ,

y

x

y m y y H m

altrove x n x

x n x x

n x

altrove

 − ∆ ≤ ∆ 

 

=  

 

 

 − ∆ 

− − ∆ ≤ ∆

 

Λ = ∆ 

 

 

(1.50)

Fig. 1. 12 – Funzioni di base roof-top per FSS

Al fine di rappresentare la corrente su di una superficie per mezzo di tali funzioni di base, è necessario discretizzare la cella elementare, di dimensioni ( ), in ( ) sottocelle elementari di dimensioni

a b× N N× ∆ =x a N/ e ∆ =y b N/ . In tal modo, per ogni subcella viene definito un vettore superficiale di corrente e, nell’equazione all’operatore, è possibile utilizzare la FFT al posto della trasformata continua di Fourier (TCF).

(28)

1.7 – Le funzioni di base roof-top _______________________________________________________________________

Le espressioni analitiche delle componenti della densità di corrente lungo le due direzioni spaziali sono le seguenti:

( ) ( ) ( ) ( )

2 1 2 1

2 2

2 1 2 1

2 2

, ,

, ,

N N

x x x

n N m N

N N

y y y

n N m N

J I m n B

J I m n B

=− =−

=− =−

=

=

∑ ∑

∑ ∑

,

. m n

m n

(1.51)

dove Ixe Iy sono le ampiezze delle correnti elementari, mentre Bxe By sono le funzioni della base la cui espressione è:

( ) ( )

( ) ( )

, 1 ,

2

, 1 .

2

x x x

y y y

B n m n H m

B n m H n m

 

= Λ   +  

 

= Λ  + 

 

(1.52)

Imponiamo inoltre le seguenti condizioni e notazioni semplificative:

( ) 0,0

xinc 12 incy

,

i

j k n x k m y x i

B d e

+ ∆ +

⋅ ⋅ = ⋅

E S W

(1.53)

(1.54)

( ) ( ) ( ) ( )

TCF , , ,

TCF , , ,

x x x x

n m

y y y y

n m

J J I m n B m

J J I m n B m

=−∞ =−∞

=−∞ =−∞

 

=  = 

 

=  = 

∑ ∑

∑ ∑

n

n

( ) ( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( )

TCF , , , , , , , , ,

TCF , , , , , , , , .

x x x x

y y y y

B m n x y I n m I m n B m n B m n x y I n m I m n B m n

α β α β

 ⋅  = ⋅

 

 ⋅  = ⋅

 

∑∑ ∑∑

∑∑ ∑∑

(1.55)

(29)

La (1.51) può essere riscritta nella seguente forma, utile per una rappresentazione in termini matriciali:

n n n

=

C

I f

. (1.56)

A questo punto, è possibile applicare i seguenti prodotti scalari

, ,

i i j

j

=

C

W E W L f

j (1.57)

all’equazione all’operatore per il campo elettrico

( , )

( , ) 2 G G

( , ) G G ( , ) .

n m

i XX XY x n m

x j x j y

i

n m y

y x y YX YY n m

J E x y

e e

E x y d d J

α β

π α β

α β

=−∞ =−∞

 

 

 

−   =    

     

  ∑ ∑    

(1.58)

Scegliamo di imporre la condizione di Galerkin, assumendo le funzioni di base uguali a quelle di prova:

= =

W f B

. (1.59)

Si indica poi conP n m( , )la fase j k n x k m y

(

xinc incy

)

e ∆ + , avendo sostituitox conp xe y con p y∆ , a causa della discretizzazione operata.

Agendo in tal modo, l’equazione all’operatore può esser riscritta come segue:

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