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L uomo che insegnava da abbracciare gli alberi: l eredità di Sunderlal Bahuguna tocca anche noi

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L’uomo che insegnava da abbracciare gli

alberi: l’eredità di Sunderlal Bahuguna tocca anche noi

di Luca Zanini 20 agosto 2021

Il dramma del Covid che ha devastato l’India in questi mesi sembra aver messo la sordina alle legittime pulsioni ambientaliste di tante popolazioni del sub-continente.

Eppure, un messaggio continua a farsi sentire, propagato dai seguaci di Sunderlal Bahuguna, l’uomo che ha insegnato all’India moderna ad abbracciare gli alberi.

«Siamo diventati i macellai della natura», diceva senza mezzi termini Bahuguna — stroncato dal Covid, a 94 anni, nel maggio scorso — che per oltre mezzo secolo ha

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guidato uno dei movimenti ambientalisti più singolari del Pianeta: il Chipko, dal termine hindu per «abbracciare». E’ grazie a lui se, fin dagli Anni 70, sono iniziate in India le prime proteste in difesa degli ambienti naturali minacciati dalle speculazioni come da tante attività antropiche: con lui e il suo seguace attivista Chandi Prasad Bhatt, le donne nell’Himalaya indiano abbracciarono gli alberi

incatenandosi ai loro fusti per impedire ai taglialegna di abbatterli. «Dovrete passare sui nostri corpi prima di uccidere i nostri alberi» era la loro sfida.

L’avventura dell’attivista indiano morto a 94 anni per Covid. Fece rivivere l’antico gesto d’amore per la natura. Negli Anni 70 aveva creato un movimento che riuscì a impedire l’abbattimento di intere foreste. Prima di lui, nel XV secolo un guru aveva insegnato i 29 comandamenti per proteggere flora e fauna. Oggi la pratica del «tree hugging» è diventata, al tempo della pandemia, un mantra planetario

Oggi, abbracciare gli alberi è diventato un mantra planetario, soprattutto dopo la pandemia che per lungo tempo ci ha impedito di abbracciare altri esseri umani. Ma l’idea di stringersi ai giganti del mondo verde viene da più lontano e, fin

dall’antichità, era alimentata dalla convinzione che cingendo le braccia intorno ai grandi testimoni di boschi e foreste l’uomo potesse in qualche modo proteggerli: in primo luogo dalle minacce che la stessa antropizzazione del Pianeta alimenta e che spesso distruggono il patrimonio silvicolo, i polmoni verdi della Terra. Ci sono due date nella storia del Tree-hugging Movement nel mondo. E due luoghi: entrambi in India. Perché se l’ecologismo moderno ricorda le donne che nel villaggio di Mandal, nella regione himalayana, abbracciarono gli alberi della vicina foresta per impedire che venissero abbattuti — era il 1973 — i libri di religione testimoniano la forza di una antica setta indiana, fondata ai margini del Thar Desert, in Rajasthan, da Guru Jambeshwar nel XV secolo: la setta dei Bishnoi. Tra i suoi 29 comandamenti (sei dei quali potrebbero essere stati scritti oggi da Greta Thunberg), il più importante prescrive di abbracciare gli alberi, il secondo di proteggere la fauna selvatica.

Quattro donne durante una protesta del 1973, in un doodle di Google illustrato da Svabhu Kohli e Viplov Singhnel 45 anni dopo. Sotto la foto originale della protesta

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La battaglia del 1730 contro il maharaja

Furono i Bishnoi i precursori degli ambientalisti moderni. Ed a loro si ispirò il carismatico e combattivo Sunderlal Bahuguna, il cui libro «The road to survival» è ancora tra i best seller della letteratura ambientalista indiana. Furono i seguaci del guru Jambeshwar, i Bishnoi, a battersi nel 173o contro il maharaja di Jodhpur, Abhay Singh, che voleva abbattere una foresta per costruire un palazzo: la prima ad

opporsi, abbracciando un albero, fu una donna – Amrita Devi —, non lascò la presa neppure quando arrivarono gli sgherri del re, che la uccisero. Altri 363 Bishnoi perirono per difendere i giganti verdi in quello che è divenuto famoso come

«il massacro di Khejarli»: la prima grande battaglia in difesa degli alberi.

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La vittoria sugli speculatori con Indira Ghandi

Altre e importanti lotte, due secoli e mezzo dopo, le avrebbero portate avanti i seguaci del Chipko Movement: è grazie a loro se l’India non ha distrutto negli Anni

‘70 e ‘80 del secolo scorso gran parte del proprio patrimonio forestale. Sunderlal Bahuguna era nato il 9 gennaio 1927 a Maroda, nello stato dell’Uttarakhand. Fin da ragazzo fu un gandhiano convinto. Nel 1980, il suo movimento ottenne dall’allora primo ministro indiano Indira Gandhi la firma di una legge che vietò per 15 anni il taglio degli alberi nelle aree himalayane. Tra il 1981 e il 1983, Bahuguna percorse a piedi circa 5 mila chilometri in un pellegrinaggio transhimalayano, per portare il suo messaggio in difesa dela natura alle donne delle montagne. Quattro anni più tardi, Bahuguna partecipava alla Conferenza sullo sviluppo globale e la crisi

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dell’ambiente, a Kuala Lumpur, insieme a Vandana Shiva, che lo scorso 6 giugno ne ha commemorato la figura ricordando, in un’intervista, «come conobbi Sundarlal e scoprii il Chipko»: Vandana era figlia di un ufficiale forestale indiano quando lo incontrò la prima volta negli Anni ‘70, nel Silyara ashram che Bahuguna e la moglie Bimla avevano fondato. «Ha insegnato a me e alla mia generazione — ricorda — come l’economia della natura sia l’economia reale che sostiene tutte le economie, compresa l’economia di mercato». Di più: «Attraverso Chipko, ho imparato a

praticare il satyagraha — spiega Vandana Shiva — ovvero come imparare a rifiutarsi di obbedire a una legge ingiusta o di seguire una politica ingiusta basate sulla

violenza contro la natura e le persone».

Il «Nobel» indiano per l’ambiente

Nel 2009 Bahuguna ricevette il Padma Vibushan, tra le più alte onorificenze

dell’India, una sorta di premio Nobel per la tutela dell’ambiente. Oggi i Chipko sono una realtà consolidata nel Nord dell’India, grazie alle donne: sono loro le prime paladine del movimento, perché a differenza degli uomini negli anni non si sono lasciate corrompere dagli speculatori che offrivano alcool e soldi per poter

distruggere foreste; e nel tempo hanno fondato una rete di cooperative per difendere il patrimonio silvicolo e organizzare attività agricole alternative come la produzione di foraggio in cicli rispettosi del riposo dei campi, o la creazione di vivai per la

riforestazione. Anche i Bishnoi — forti di quasi tre secoli di storia — restano una comunità molto numerosa, circa 960 mila persone, la cui principale aspirazione è sacrificarsi per difendere la flora e la fauna. Ogni giorno i bambini bishnoi imparano in famiglia i principi fondamentali dell’ecologismo militante.

La milizia Bishnoi Tiger Force

Il loro credo è la conservazione dell’ambiente e in questo sono degli oltranzisti: tra il 1998 e il 2018, hanno portato avanti la causa durata vent’anni contro il famoso attore di Bollywood Salman Khan, che nei pressi di Jodhpur, mentre girava un film, aveva ucciso due rare antilopi cervicapra. Khan venne infine condannato. Dopo

quell’episodio nacque la milizia Bishnoi Tiger Force (BTF) — con uomini in ogni villaggio pronti a usare le maniere forti per difendere alberi e animali — che in anni recenti ha moderato il proprio attivismo riorganizzandosi come una Ong.

Ma è rimasta un gruppo di lotta: pochi mesi fa ha vinto una battaglia contro il governo locale che voleva tagliare centinaia di alberi lungo la strada tra un loro villaggio e Jodhpur. Molto più spesso, la BTF collabora con le autorità indiane del dipartimento forestale nella lotta al bracconaggio e nel recupero di animali feriti che porta ai centri di riabilitazione.

Gli hippies, combattenti per gli alberi

Dai Bishnoi al Chipko Movement, la storia del popolo che abbraccia gli alberi ha fatto proseliti nel mondo. Se sul finire degli Anni ‘70 il termine «tree hugger» veniva

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usato per ridicolizzare gli hippies, tra il 1997 e il 1999, in California, fece scalpore il record della scrittrice ambientalista Julia “Butterfly” Hill, che per salvare una sequoia di 1500 anni visse su un ramo del grande albero (alto 55 metri) per 738 giorni, resistendo a intimidazioni, pioggia e vento: un gruppo di otto attivisti e amici la riforniva di viveri ed acqua con un sistema di funi. Alla fine, la Pacific Lumber Company accettò di risparmiare la sequoia. Nel 2009, in Giappone, durante le proteste contro la costruzione di un tunnel vicino al Monte Takao, gli abitanti abbracciarono decine di alberi che rischiavano di essere abbattuti o soggetti ad un difficile trapianto. Una catena umana formata prevalentemente da studenti per

impedire la distruzione di circa 4 mila grandi alberi, nel 2017, intorno al cantiere di ampliamento della superstrada NH 112 nel Wst Bengala: si trattava di piante tra i 70 e i 100 anni.

La religione degli alberi in Avatar

Tornando all’odierna cultura occidentale e al nostro immaginario «verde», gli uomini che abbracciano gli alberi ispirano anche il cinema moderno: la religione dei Na’vi, i pacifici abitanti del pianeta Pandora minacciati dagli uomini nel film «Avatar», sarebbe in qualche modo ispirata alla storia dei Bishnoi, rivisitata attraverso

l’ecologismo della New Age. I Na‘vi venerano Eywa, la Madre, sorte di mente collettiva che ha sede in un albero ma è connessa con tutti gli esseri viventi. E durante la prima fase del lockdown dovuto alla pandemia da Covid, in Islanda era ripartita con forza l’usanza di uscire per andare a camminare nei boschi e abbracciare le foreste, con una nutrita letteratura sul potere curativo del rapporto con i grandi abitanti verdi del Pianeta, tanto che gli psicologi e il servizio forestale nazionale raccomandavano alla popolazione: «Non potete abbracciare persone a causa

dell’emergenza Covid ? Abbracciate un albero, almeno 5 minuti al giorno». In Italia, Fai della Paganella, in Trentino, ha inaugurato nel 2020 il primo percorso-parco d’Italia dedicato alla pratica della Forest Therapy, con quattro itinerari. Si pratica il tree-hugging anche nel Parco Nazionale dello Stelvio, a Rabbi Terme. Sull’Alpe Cimbra la chiamano «silvoterapia». Invece a Morgex, in Val d’Aosta, si cammina a piedi nudi nei boschi con vista sul Monte Bianco.

Lasciare la prima scelta agli animali

Dall’altra parte del mondo, in India, a quasi sei secoli dagli insegnamenti di guru Jambeshwar, i Bishnoi sono ancora una comunità molto forte e attiva, tanto da essere riusciti a creare nel loro territorio una riserva naturale integrale che non ha neppure bisogno della protezione dello Stato: il progetto di conservazione è interamente affidato alla gente del posto. Secoli di armonia tra uomo e animali ne fanno il luogo ideale per osservare specie altrove a rischio estinzione. L’albero più sacro a Bishnoi cresce ancora in tutto il Rajasthan: è il khejri tree, o Prosopis cineraria, una varietà di acacia capace di resistere verdeggiando anche a 45 gradi, facendo ombra alle messi. I falegnami di questa comunità utilizzano soltanto il legno di alberi morti

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e mai abbattuti dall’uomo. Quanto alla fauna, i Bishnoi sono tenuti a condividere almeno il 10% delle proprie derrate alimentari con gli ungulati selvatici. Ma nei principi originari del guru fondatore questo rapporto funzionava al contrario: «Il primo diritto di raccolta sui frutti della natura va ad antilopi e gazzelle — recita una delle 29 regole —. Tutto ciò loro lasciano appartiene a noi». Per questo la comunità consente agli animali selvatici di pascolare nei propri campi coltivati.

«Fa bene alla vostra salute»

«Abbracciare gli alberi fa bene alla vostra salute», prometteva l’American University di Parigi nel 2017, citando una ricerca di Matthew Silverstone (moderno profeta della silvoterapia) secondo la quale «quando abbracci un albero si impennano i valori di serotonina e dopamina e aumentano anche i livelli di ossitocina, l’ormone responsabile della sensazione di calma e dei legami emotivi». Negli ultimi anni è divenuta popolare anche in Occidente la pratica giapponese dello Shinrin-yoku, meglio nota come forest bathing: passeggiare nelle foreste, respirando gli olii essenziali rilasciati dagli alberi nell’aria rafforza i nostri sensi e aumenta la potenza dei nostri anticorpi. E dopo il lungo lockdown per l’emergenza pandemia, il bisogno di lasciarci andare a questa unione con la natura è più forte per molti. Dunque, se finalmente quest’estate siete riusciti a raggiungere un bosco, provateci: abbracciate anche voi un albero. Male non potrà farvi.

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