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REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO. Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. (Sezione Seconda Quater)

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(1)

N. 03963/2015 REG.PROV.COLL.

N. 02235/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2235 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da: ** rappresentato e difeso dall'avv. Luca Bauccio, con domicilio eletto presso Tar Lazio Segreteria Tar Lazio in Roma, Via Flaminia, 189;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall' avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del provvedimento del 25.5.2005 di rigetto domanda di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9 c. 1 lett. f) l. 91/92

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;

(2)

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2014 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente, impugna il provvedimento con cui il Ministero dell’interno ha respinto la sua richiesta di concessione della cittadinanza italiana, presentata ai sensi dell’art. 9 della l. 92 del 1991, per residenza ultradecennale in Italia.

Il provvedimento impugnato è motivato con riferimento alla pericolosità e non affidabilità del ricorrente per la sicurezza della Repubblica.

Con ordinanza del 4 dicembre 2013, poi reiterata in data 10 febbraio 2014, il collegio ha chiesto all’amministrazione la documentazione istruttoria sulla base della quale è stato adottato il provvedimento impugnato o una relazione sintetica esplicativa, autorizzandola ad apporre i necessari omissis e a non disvelare notizie riservata che possano pregiudicare le indagini.

L’amministrazione ha depositato una comunicazione in busta chiusa, della quale, all’udienza del 24.4.2014, le parti hanno preso visione senza possibilità di estrarne copia, come previsto dall’art. 42, comma 8, della l. 124/2007. La causa quindi è stata cancellata dal ruolo su richiesta del difensore per proporre eventuali motivi aggiunti o memorie.

Il ricorrente ha quindi depositato un ricorso per motivi aggiunti nel quale ha dedotto difetto di motivazione e di istruttoria e del diritto di difesa del ricorrente, nonché l’eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione e difetto di istruttoria.

All’odierna udienza la causa è stata trattenuta in decisione.

(3)

Il ricorso e i motivi aggiunti sono infondati e pertanto devono essere respinti.

Occorre premettere che, come ha ripetutamente affermato questo TAR, nel procedimento di rilascio della cittadinanza italiana, l'amministrazione dispone in genere di ampia discrezionalità .

Tale discrezionalità è tanto più ampia laddove entrano in gioco, come nel caso di specie, valutazioni attinenti alle esigenze di sicurezza nazionale. Ne deriva che il controllo demandato al giudice, avendo natura estrinseca e formale, non può spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un adeguato e sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole. (T.A.R. Roma Lazio sez. II, 19 giugno 2012, n. 5665)

Applicando tali principi al caso in esame, deve giungersi alla conclusione che effettivamente la motivazione sottesa al diniego di cittadinanza oggi impugnato sia adeguata.

Alla luce di quanto riferito nella nota riservata deve ritenersi che il diniego di rilascio di cittadinanza risulta essere motivato sulla scorta della esistenza di contatti da parte del ricorrente con elementi di una organizzazione terroristica islamica, identificata mediante la sua sigla.

Con il primo dei motivi aggiunti il ricorrente deduce la carenza di motivazione in quanto il ricorrente non avrebbe mai fatto parte di alcuna organizzazione recante tale nome né ha mai sentito nominare tale sigla.

Inoltre, nemmeno da una ricerca condotta sul motore di ricerca www.google.it sarebbe stato possibile comprendere a quale organizzazione si faccia riferimento, posto che i risultati correlati a tale ricerca riguardano tutti organismi o enti che, oltre a nona vere alcuna correlazione con la persona del ricorrente non sarebbero nemmeno in alcun modo rilevanti per la sicurezza della Repubblica.

(4)

Rileva il collegio che la sigla indicata nella nota riservata deve ritenersi essere riferita ad una nota organizzazione terroristica islamica di origine algerina. La sigla menzionata nella nota riservata è infatti usata dai mezzi di comunicazione ed è comunemente conosciuta.

Nella nota inoltre non si dice che il ricorrente faccia parte di detta organizzazione terroristica ma che sia in contatto con taluni elementi di essa.

La motivazione sottesa al diniego della cittadinanza appare dunque più che soddisfacente e giustifica la decisione della amministrazione, nel caso di specie.

Le considerazioni sopra svolte valgono anche per disattendere le doglianze di cui al primo motivo del ricorso originario, nelle quali il ricorrente, riferendosi alla prima comunicazione di rigetto della istanza di concessione della cittadinanza italiana, lamentava il difetto di motivazione. La doglianza, infatti, deve ritenersi superata alla luce della produzione della nota riservata con la quale la motivazione del diniego impugnato è stata – come si è detto – adeguatamente fornita.

Con il secondo dei motivi aggiunti il ricorrente deduce l’eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione e del difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, sostenendo di non aver mai fatto parte di alcuna organizzazione criminale o eversiva e di non aver mai avuto contatti con appartenenti ad essa. Sottolinea a questo proposito di non aver mai avuto alcuna pendenza penale.

La doglianza non può trovare accoglimento.

L’assenza di pregiudizi penali, infatti, non è un elemento dirimente nel caso in cui si debbano valutare profili di sicurezza nazionale poggiati su valutazioni indiziarie che, appunto per la loro natura, non sono state ritenute sufficienti per l’adozione di provvedimenti di espulsione o per l’instaurazione di procedimenti penali.

(5)

Né le mere contestazioni del ricorrente, a fronte di una informativa da parte dagli organismi preposti alla tutela della sicurezza nazionale, possono essere motivo per ritenere l’illegittimità dell’impugnato diniego.

Con il terzo dei motivi aggiunti, il ricorrente lamenta la contraddittorietà manifesta e l’illogicità della motivazione, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione in merito all’inserimento del ricorrente nella società italiana e ingiustizia manifesta, sostenendo che se quello che risulta nella nota in questione fosse vero, non si spiegherebbe come alla moglie e ai figli del ricorrente sia stata concessa la cittadinanza italiana.

La doglianza va esaminata congiuntamente al secondo motivo del ricorso originario, nel quale il ricorrente deduce il difetto di istruttoria e di motivazione in merito all’inserimento del ricorrente nella società italiana.

Anche questi motivi non possono trovare accoglimento.

La circostanza che sia stata concessa la cittadinanza italiana alla moglie e ai figli del ricorrente, infatti, non può costituire un motivo per indurre il Ministero a concederla anche al marito, qualora sussistano motivi ostativi legati alla sicurezza della Repubblica, che – potrebbe eventualmente ipotizzarsi - nell’istruttoria relativa alla moglie forse non erano compiutamente emersi.

Inoltre, la circostanza che la famiglia del ricorrente sia pienamente integrata nella società italiana non vale a sminuire la rilevanza delle notizie raccolte circa l’esistenza di contatti da parte del ricorrente con elementi facenti parte di organizzazioni terroristiche islamiche.

In conclusione, tanto il ricorso originario che quello per motivi aggiunti vanno respinti.

(6)

Le spese possono essere compensate, sussistendo giusti motivi tenuto conto della natura della controversia.

Il collegio ritiene che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, per procedere all'oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sul ricorso per motivi aggiunti li respinge entrambi.

Compensa le spese.

Dispone l'oscuramento delle generalità degli altri dati identificativi del ricorrente ai sensi dell’art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n.

196 e manda alla Segreteria di procedere all'annotazione di cui ai commi 1 e 2 della medesima disposizione, nei termini indicati.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:

Eduardo Pugliese, Presidente Stefano Toschei, Consigliere

Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA Il 10/03/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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