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Cnrifogrot/i Ti«i'm,,p<, ^

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(1)
(2)
(3)

Cnrifogrot/i Ti« i'm,,p<,

^

(4)
(5)

ELEMENTI

DI NUOVA MODIFICAZIONE DELL’ORDINE DORICO

AGOSTINO GERLI

MILANESE.

MILANO j8ao.

DjILLA tipografia

di

commercio

al Bocchetto.

(6)

« Sono i Ire Ordini greci suscetlibili di miglioramento?

E

chi ardisce di mettereil nonplus

uhm

alle arti ed allescienze

?...

Per r

uomo

di geniola libertàè un tesoro: egli saprà scegliere

,

confrontare, applicare,e tradueestremi sapràprendere ilmezzo

Ma

perla moltitudineci vuole qualcheregola fissa. ... La plebe degliArchitetti si attacchidunque alle regole o di Palladio,o di Scamozzi, o diVignola. »

MiliziaPnncipjd'Architei. Civile, T.

L

p.98,c 101.

(7)

ALL’ AMICO

GIUSEPPE LEVATI

PITTORE, ARCHITETTO, E PROFESSORE DI PROSPETTIVA

NELL’

I. R.

ACCADEMIA DELIRE BELLE ARTI

IN BRERA.

V OLENDO lasciare una pubblica testi-

monianza della antica nostra amicizia^ intitolo a Voi cpiesta mia operetta intorno all’Ordine

Dorico.

Aggraditela

s

se non come eosa degna di

Voij come ciò, che ora poteva offrirvi di

meglio

il

vostro amico

AGOSTINO GERLE

(8)

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(9)

INTRODUZIONE.

f

iarmonica combinazione di tiUte le parli dell*ordine dorico presentò

sempre

ai più ingegnosi architetti antichi e

moderni

insormontabili difficoltà.

Le

caratteristiche parti di que- st^ordine,trìglifi,

metope

emutoli,

formano

lo scoglio incui

vanno

arompere tuttigli archi- tetti per la difficoltà estrema di combinare ogni cosa in

modo,

che itriglifisiano nello stesso

tempo

a

piombo

delle colonne, e le

metope

riescano quadrate; ed a queste ed a quelle corrispondano con regolare giusta distribuzione i mutoli: e tutto ciò ne’diversi casi in cui

può

trovarsi farchitetto di adattare la larghezza degl’intercolonnj agli usi e bisogni dell’e-

dificio.

Il Palladio

non

ci lasciò vermi disegnodìcornice doricaconimutoli, e perfino siastiene dal farne cenno (i). Lasciò scritto lo Scamozzi, che Vitruvio asserisce, avere molti autori incontrate gravi dilficoltà nell’ordine dorico a cagione della distribuzione delle

metope

, tri- glille mutoli, la quale deve farsi con

somma

precisione

, lo che forma la sua principale bellezza:

ma

intanto

non

cl offre alcun disegno di questo interessantecornicione, esi riduce soltantoa parlare della cornice coi dentelli (2). Il Serbo diede veramente il disegno in pro- spettiva del cornicione dorico,

ma non

giàlenecessarie misuredi ogni sua parte

,ristringendosi a darci la troppo

comune

notizia,che la cornice, fregio ed architrave di quest’ ordine, si

vedono

nel foro Bovario di

Roma

(3). Per ultimo lo stessoVitruvio(

4

)^lice,che alcunidegli antichiarchitetti

hanno

negatoesserecosa

comoda

fabbricareitempjallaDorica,allegando che inquella siano icompartimentidiscoìwenienii e

mcndosi

, eperò Tartesio,Piteo

ed Emorgene

similmente lo negarono,perchè

aoendo Ermogenc

apparecchiatalamateria per fare V opera di

maniera

dorica,

mutò

quella

, e dell'islessafece

un

tempioallaSonicaal

Padre

Bacco.

E

questo fece

non

perchelaspettodorico

mancasse

digrazia

,nèperr.hèla.

maniera

cla dignità della

forma non

cifosse,

ma

perchèil compartimento è impedito ed

incomodo

nell'operadeitriglifienella distribuzione delle traciiture, essendo necessario porre itriglifi contro itetranti delle colonne, e che lemetope tra itriglifi siano tanto larghe quan'o alte.

E

poco prima (5) ci aveva dato

un

cenno dell’origine, di tlove è nata la necessità della cornice dorica coi mutoli,

ma non

ne dà le dovute proporzioni e le necessarie misure.

Al solo Vignola (6) siamo debitori deldisegnodi questointeressante cornicionecoimutoli, sua soffitta, proporzioni, e parti descritte

minutamente, come

si vede alla Tav. IX..

Ma

lo stesso Vignola

non

scioglie tutto le difficoltà, le quali

vengono ampiamente

rilevatedal dotto Milizia, che tutti cifi sentire gliostacoliche si attraversano all’architetto nellecombinazioni e modificazioni delle parti dell’ordine dorico; e io sanno per provacoloroche

hanno

dovuto adoperarsi in quest’ ordine (7).

Io pure osai praticamente tentaredi sormontare taliostacoli,e

mi

lusingo, se il

mio amor

proprio

non

m’illude, di averli in gran parte superati, rendendo armoniche le diverse sue parti principali nell'indicate spinosissime combinazioni.

E

la mia lusinga

mi sembrò

ragio- nevolmente appoggiata,

quando

per meglio assicurarmene e conoscere più sensibilmente gli effetti prodotti dalle modificazioni da

me

introdotte,

mi

accinsi a fare studj e disegni in grandedel capitello, della base, delcornicione, ec; giacche dal grande più che dal piccolo

(i)Possonovedersi,permodod’esempio,idisegnidelPalazzoChiericati,cdellapìccolacasaValinaraaa.

(a)Inpiù'luoghi àvW' Edit. diParigi deli685.

(3)Dell'ArchiietturaLibril'.L'en. t566L.ly,p.171.

(4)TraduzionediMoni. Daniele Barbaro. Veneziai566.L.Il',cap.Ili

,p.171.

(5)Ivip.170.

(G)Ordinidell'architettura diGiacomoBarozzidatignola,TavolaIXdell edizione diRo-na del 1780, per curu di Gin. Ha'nstn SpampanieCarlodntoitini,eh' ioreputolamigliore per l’istruzionede’giovani archilcUi.

(7)PrincipJd’architetturacivile,TomoI,cap.VII,pag. g3,ediz.diFinale del 1781.

(10)

6

balzano subito agli occhi i difetti.

Ed

oltrei disegni eseguiipurel'ordine

medesimo

in rilievo alto circa quattro palmi, col suo cornicione in

modo

chesivedono i trediversi intercolonnj.

Il risultamento delle mie modificazioni è di ouenerc con intercolonnj più robusti e più

stretti di quelli del Vignola e di altri,

un

eguale

numero

ditriglifiemetope sempre quadrate, unitamente alla regolare distribuzione di tutte lealtre partidell’Ordine;loche èsempre più conforme al suo proprio carattere dì robustezza,

venendo

ad acquistare una reale maggiore solidità. Colle consuete proporzioni fino ad ora praticale, e stabilite specialmente dalVigno-

la (i), nell’intercolonnio largo da

un

centro all’altro delle colonne moduli 5, si

hanno

tre triglifi e

due metope

; in quello largomoduli 7 i/ùquattrotriglifieire metope;edin quello largo IO moduli cinque iriglìfi e quattro metope: il quale ultimoriesceperaltrodebolissimo;

sebbene talvolta la necessità costrìnga,

come

dice Vitruvio (i), a farlocosì largo nei tempj,

ne’cortili, ed in altri luoglfi dove passardeve il popolo affollato, carri,macchine,eoe. Per lo contrario nelle modificazioni introdotte nel

mio

sistema, in

un

intercolonnio largoda

un

centro all’altro delle colonne soltanto

moduH 4

si ottengono egualmente tre triglifi e

due me-

topc, ilche fa la differenza di tre quarti di

modulo meno

di quello delVignola; in

uno

largo moduli 6 i/3 quattro trìglifi e tre

metope

, che importala differenza di

moduli

i i/5 di

meno

; e finalmente in

uno

largo

moduli

8 1/2. cinque triglifi e quattro

metope

, che fii la differenza in

meno

di moduli i r/à.

Oltre della minore larghezza degl’intercolonnj, con ripartimenti eguali ditriglifie metope,

si viene altresì atl ottenere

un

minore aggetto del cornicione con mutoli, perciocché, mentre Paggetto di quello del Vignola è di

mod.

a, quello del

mio

è solo di

mod.

i i/b; dal che risulta

una

spesa minore ed

un

minor peso.

La

maggiorsolidità negl'intercolonnj conarco, che risulta dalle

mie

modificazioni si rende manifesta alla prima occhiala

, per essere questi solamente dì

un

quadro e tre quarti di altezza, mentre quelli delVignola sono di

due

qua- dri: edin generale con il

mio metodo

si ottiene maggiore solidità, semplicità c graiuliosità

,

polendosi fare anche i più vasti intercolonnj, dov’entrano cinquetrìglifie quattro metope, più robusti assai che

non

sono quelli del Vignola

, per essere più stretti.

Quest’insigne autore prescrive poi (3) l’altezza di

mod.

16 alla colonna con sua base e capitello, e di

moduli 4

al cornicione, invece che con il

mìo

sistema la colonna con sua base e capitello vieneadaveresolamentel’altezza di

mod

14

^3,

ed ilcornicione

mod.

3 i^3,

conservando la

medesima

proporzione colla colonna della parte della medesima.

Tutte queste vantaggiose varietà di dimensioni scaturiscono da questo, che gli antichi prescrìssero, che la metà della colonna, presa al suo piede, servire dovesse dì misura per Ì triglifie per la distrlinizione delle metope, ediregola generale tanto pergl'intercolonnj,

come

per sistemare lutto l'ordine; ed io invece stabilisco il semidiametro della colonna preso alla

sommità

della

medesima

per misuratore generale di ogni dimensione e riparto, per dar testo a

metope

e triglifi a

piombo

delle colonne, e relativi mutoli e soffitta

; la quale varia lar- ghezza d’intercolonnj,aseconda dei bisogni,

non

è statafinoad ora compatìbilecolla regolare distribuzione delle suddette parti caratteristiche della cornice dorica e specialmente colle

metope

quadrate.

I triglifi,

come

lutti sanno , rappresentano le teste delle travi della soflitta. ora essendo cjnesti dell’altezza che sono, in cosi breve distanza l’uno dall’altro, e destinati a

non

portare altro che il tetto rappresentato dalla cornice, quale ragione vi sarà, o chi potrà giustamente dire, che

debbano

farsipiuttosto larghi

come

il semidiametro inferiore della colonna , che

come

il superiore delle

medesima

?Anzi facendoli di questa ultima larghezza

vengono

ad essere anche superiori albisognodella

massima

solidità, che debbesi avereper eseuziale scopo.

E

se così è,

come

lo èincontrastabilmente,vernnaltromotivo

non

vi

può

essere, a

mio

credere, che obblighi a doversi servire del semidiametro inferiore della colonna a preferenza del su- periore

,

quando

valendosi dell’ultimo si ottengono tante utili e favorevoli combinazioni, e si scansano tante difficoltà ed insormontahili ostacoli allorché si viene all’atto pratico di adattare l’ordine dorico ai diversi bisogni della fabbrica che si vuoleinnalzare.

(i)Eglislahilìsctilyregio di ugualealtezzadelcornicione

,etjuestol'uolechesialaquarta partedell’ altezzadeliacolonna,tcosi non sianoalteratipuntoitriglifiedimutoli.

(a)Tali intercolonoj sonodettidiastitos.

(3)Operacitala p.

(11)

Se io abbia conseguilolo scopo che

mi

era proposto, di vincerele tantedifficoltà fin'ora, per così cbre, inerenti alla modificazione dell’ordine dorico, lodimostrerà l’esamede'disegni che sottopongo al giudizio deglintelligenti, i quali, spero, se

non

altro, che troveranno in (juesta mia fatica

una non

capricciosa novità, e che vorranno di

buon

grado avermi per iscusato, in grazia di tanti utilirisullamenti, dellessermi allontanato dai precettie dalla pra- tica fin qui tenuta intorno a quest'ordine. I deboli e servili artefici sono sempre condannati a riprodurre le altrui opere ed invenzioni,

ma

1artefice pensatore saprà vantaggiosamente valersi di quella moderata libertà che è necessaria al miglioramento delle

beUe

arti. Soleva dire il

sommo

Lionardo daVinci, che chi segue altrui

non

barriva mai.

Se gl intelligenti dellaplìx utile di tutte le belle arti

,

1’architettura, approverannoquesti miei studj, lo che eil solo

premio

eh ioambisco,

mi

riputeròbastantemente compensatodelle

mie

vigilie, e

mi

chiamerò fortunato, se avrò potuto agglugnere stimolo, e segnare la via a coloro, che,

ammali

danobile sentimentodi gloria,si sforzeranno di passareiconfini a torto creduli insormontabili.

Per lemisure di quesl'ordine

mi

attengo alla pratica diPalladio di dividere il

modulo

in trenta parti^

onde

resti più facile il compartimento del medesimo.

SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE.

Dopo

di avere giustificato

, il meglio che per

me

si poteva, il

nuovo metodo

da

me

adottatoper la misuradeitriglifi,

metope

, ec., e perlalarghezza degl’intercolonnj

,procederò a dimostrarne praticamente con diverse tavole 1’utilità e la convenienza; avvertendo che il

modulo

di ogni tavola è il semidiametro inferiore della colonna divisa in trenta parti.

TAVOLA

I.

Le

dimensioni delle figure contenute nella presente tavola,sirilevano dai

numeri

apposti alle

medesime

indicanti le misuredelle diverse loro mondiuature.

Ho

inteso di darenovità e nuggiore solidità alla base della colonna, facendola,

come

si vede, alquanto diversa dalle conosciute. Venti scannellature ha 11 fusto della colonna

F

, per fere le quali

sembrami

pre- feribile il

modo

indicato dal Vignola del triangolo equilatero, perchè lascia alla colonna

mag-

giore rolmstezza: la larghezza della scannellatura sarà

un

Iato di questo triangolo. Fissaiufo

una puma

del compasso al vertice del

medesimo,

si toccheranno con l’altra le

due

estremità del suddetto lato

, e si descriverà una porzione di circolo,

come

si vedo inA.

Le due

fi>nire fi

C

sono

due

imposte diverse, avendo variata quella segnata

C

perchè si

può

dare il raso di servirsene vatuaggiosameme.

La

figura

G

è il capitello disegnato informa grande accioccliè meglio si

comprendano

le sue pani. Questo venne da

me

fatto dietro ciò che vidi in

una

eruditissima opera intorno alle amicliità ateniesi (i). L'altezza del

medesimo

è di %Ji di

mo-

dulo, e di 3/5 è il suo aggetto

D D D D

D. Trovausi cinque scannellature orizzontali nell'iiovolo, che sarà in libertà dell’architetto il farle più o

meno

profonde, a

norma

della distanza da cui si

devono

vedere,

come

pure se siano in piena luce, o in luogo di

lume

ristretto

; mentre nelprimocaso si potranno approfondare fino alla metà della sua lar<>hezza e nel secondo diminuire la profondità a piacimento. Siccome Io scannellare l’uovolodel capi- tello dorico è una novità, sembrerà forse ad alcuni tanto licenziosa da doversi bruscamente riprovare. Nella preallegata opera (n) si vede così scannellalo il toro di ima base jonica, la quale somministrò a

me

l'idea di scannellare l’uovolodel capitello dorico.Se iufatto di belle arti l'autorità delle opere greche basta a giustificare il più delle volte

qualunque

cosaciriesca

nuova

, sebbene

non

regga in faccia alrigido raziocinio

, l'allegato esempio dellabase jonica potrà per avventura giustificare in alcun

modo

l'invenzione

mia

dello scannellare il capitello dorico, essendola scanuellalura

meno

licenziosa nel capitello che nella base

, siccome

meno

esposto alle ingiurie ed allo sfregamento di altri corpi. Ciò basti a

mia

giustificazione per

conto dell’autorità. *

(i)AnltchiiàAtenepubblit

(3JIvicap.HI,lav.(i.

eda GiacomoStuart,eJVicolaRevet archiutlie pittori,Londra,

(12)

8

Ma

se, prescindendo da cjuesta,si volesse direcon ^Muiigs (i), che lelinee piane

dinouno

nobiltà, le convesse robustezza e leconcave gracilità, e che

dovendo

1’uovolo del capitello indicare forza e robustezza, siccome quello che viene destinatoa portare le sovrapposte par- ti, diventa

un

contrassenso lasua scannellatura a lìnee concave; si potrebbero invece fare altrettante divisioni orizzontali di linee convesse, che dinotano robustezza

come

si vede nella tavola

V

,fig. F. O. L'

uno

o 1'altro di questi

due

partiti chesi voglia prendere per1'uovolodiquesto capitello, sarà sempre

una

cosa

non

praticata, lo cheserve adare va- rietàa questa interessante parte dell'ordine dorico.

Ad

ogni

modo

i rigidi avversari delle novità, potranno a voglia loro fare questo

membro

secondo l'usala maniera, mentreciò

non

porta alterazione al

mio

assunto principale della generale modificazione dell’ ordine dorico.

TAVOLA

II.

Del

capitello posto in questa tavola si vede la pianta F. Y. nella tavolaVili,ed è eguale a quello che più ingrande si trova nella tavola I. colle esatte misuse d' ogni sua parte, ad eccezione delle cinque scannellature,per esserne troppo facile a chiche siala distribuzione.

Airmcliè riesca piu robusto

ho

dato all’architrave

un modulo

ed una parte e mezza di più d'altezza alla

melope

, perchè cosi alsuo luogo apparirà quadrata. Sopra l'architrave vi è

una

fascia alta

4

parti con 3 j/a d'aggetto, e sotto alla

medesima

trovasi

un

listello dal quale

pendono

alcune goccie.

Le

misure delle altre parti vedonsi indicate coi numeri.

Io pure con Vitrnvio e con altri autori

amo

che la fronte dell’architrave sia inclinata al basso, airiuchè qualora si voglialevigarne e lustrarne ilpiano,

come

le fasciedellacornice ,

faccia l’effetto di mostrare ilIncido, mentre se tali fascie

non

sono inclinate alla nostra vi- suale, il lustro

non

si vede; perciò gli

ho

data la vigesiina quinta parte della sua altezza d’inclinazione verso la nostra visuale,

come

si vede in questa tavola. Il fregio è alto

moduli

I e parli g, e le sue

metope

sono fregiate di

emblemi

di chiesa perchè io consacro alla chiesa questa mia

qualunque

siasi fatica. Per poco che

un

architetto sia versato nelle cose dell’ arte sa che le

metope

si devono ornare con

emblemi

analoghi all’uso dell' edificio,(a)

ma

coll’avvertenza che rappresentino oggetti grandiosi e distinti, per

non

dare nel trito e meschino, il che sarebbe sconveniente affatto al caratteresodo e grandiosodel dorico. 1 tri- glifisono larghi

come

il semidiametro superiore della colonna, e questo

,

come

si disse nel discorso preliminare,

mi

la combinazionedi poter variaretutte ledimensioni, edottenere le

metope

quadrale anche in quei casi che

non

è possibile di ottenerle stando alle prescri- zioni e regole fino ad ora adottate. 11 diametro superiore della colonna ha moduli i e 3/4 che

danno

parli Sa i/à, cosiccfiè la colonna in alto hadi diminuzione

un

quartodi

modulo

;

quindi essendoil triglifo la metà del diametro superiore della colonna, sarà largoparti

a6

1/4.

Questo,

come

si vede è formato di sei divisioni, tre piane,

due

intiere scannellate e due

metà

scannellate, una per ogni angolodello stesso triglifo.

Le

parti scannellate sono ad an- golo retto perchè

producono un

migliore effetto dellescannellature semicircolari, a motivo che

non

possono essere molto profonde per il poco rilievo del triglifo, siccome

me

lo

mo-

strarono ad evidenza i pratici esperimenti da

me

fatti. Il rilievo del triglifo è di a parli di

(1)Op„adi dntonio SaffatlU, Tom.I.TrMUUdelU Piuma.

(2) Misia qui permessodifareuna breve ossservawone intornoallaservilei.-j, . .

con .echidih.c, pU.rc,.ripodi. .co. I. n..,op.dell,comicid.; ..n,pii ..ccom.

™,

Sifacevano-maqualrelazionepossono averecolle pratiche dellanostrareligione?Nonintendoconcod.condannare que vaeros,maestridellaitc che pubblicaronotrattatidiarchitettura, perciocché avendoessivolutodarcisenzalamenomaalteraz.one.prospetti

potevanofarealtrimenti.Maquegliarchitettichefecerodisegniperedificisacri,ad usodella cattolicareligione,dovevano

^

paganesimoaltriemblemiallusiviallecosedellanostrareligione.Maogni volgarearteficepnu servilmente imitare, mentrenone datodinpro durrelebcllez’iedeli' anticaarchitetturasenzaoffendere leco.stumanzcpresenticheagliuominid ingegno.

_ i

Intendo checiòsiadettosenz’ offesa d’alcuno,esoloper amoredell'artejeperchéigiovaniallievisipersuadano,diesivuole 1

1discernimentoecongiudizio.Pochi piùdimeapprezzano con maggiore entusiasmoleeccellenticosedegl,anl.ch.,come

.mieosservazioniintornoallascoperta damefatta nel1783didiversibellissimicapitellianticlndel tempio di S, Pietro di 1

Nel1-85nefecipartealpubblicoinalcune mie Memorie, ossiano Opuscoli, slampaUinParmadalBodom.Credevadiavereeccitalalado

U

curiositidegliarteficiromaniafrfrenuoveepiù«teseindagini intornoallemiescoperte,maebbilamortificazionedivedere to.ruailanele mie speranze.nonessendosi fino a!i8i5 da veruno presalacuradiesaminarlida vicino,edipubblicarneidisegni;diniodochedoictlisu)- pUrcallameglioallealtruimancanze con un'appositaIllustrazionediqueirurissiruicapitellipubblicatainMilano-nellostessoanno.

Maio”avreidovuto prevedere quanto accadde.sapendo che dauHunisivuole avere1'esclusivodirittodellescoperte;onde monfre.si

portanoallestellecerteanticagliedi pochis.siniomerito perchèposteinlucedaloro,sivorrebbero lasciarenell’oblioquelle,sebbenediino

U

importanza,chesifanno conosceredaglialtri. Ebbiperaltroil confortoditrovai-c,nella classe dei dotti, chiapprovola mia scoperta, e ru’jncoraggiò a molliplicure l'erudite mieproduzioni,comefeceilchiarissimoprevosto Morcelli consualetteradelaSluglioi8i0 cdaltii.

ragionevole imitazione dell' antico. GliarebiteUi

(13)

modulo,

una delle quali per la profondità delle scannellature, l'altra per il rilievo della

melope

del fondo. Invece dellegocce triangolari,

comunemente

usate,

mi sembrano

più ra- gionevoli quelle di linea curva, ossiauo tonde

, mentre

non

saprei a qual cosa assomigliare leprime,

quando

le altre per lo contrario

hanno

la forma corrispondente al loro nome”

La comico

di

moduli

i ifì è adorna di due fasce formanti capitello ai trigUli: i

modi-

glioni, ossiano rantoli a

piombo

de’triglifi,

hauno una

gola rovesciata e la corona, ovvero gocciolatojo

, indi

un

listello,poi

una

quarta parte di circolo, con superiormente

un

altro listello assolutamente necessario a cagione che, rendendosi indispensabiliallefabbricheifron- tispizi

, questo, girando orizzontalmente, prende i

due

lati inclinali dello stesso fronti- spizio; in ultimovi è

una

scozia con pialletto.

E

per tal

modo

tutta la cornice unitamente al fregio ed all'architrave ha

moduli

3 a/3, che viene ad essere precisamente la quarta

pane

dellacolonna colla base e col capitello, che

abbiamo

detto essere

moduli

14

o/

3.

L'aggetto della cornice ha

moduli

i a/3,

come

lo dimostra la tavola. 11 Vignola ha dato di aggetto alla cornice

moduli

a, quindi avendo la

mia

cornice

un

terzo

meno

di

modulo

di aggetto, potrà convenire meglio, specialmente ne’luoghi stretti ed angusti

dove manca

lo spazioper vederelacornice sotto

un

convenevole punto di vista.

La

pianta della soffitta

E E

il profilo

E

mostranolamisura e la profondità delle rose,e la misura della cornice che gira intorno agli sfondati della soffitta, rilevandosi pure la dimensione delgocciolatore. Gli ornati potranno essere variati ed adattati dal giudizioso architetto a seconda ilei casi.

TAVOLA

III.

Cornicione Dorico.

Ilcapitellodiquesta tavolaha

Usuo

diametro maggioredeU’antecedeiitedi

due

parti e

mezza

essendo

moduli

i5/5; e ciòperchè dovendosifarecolonnegrandi,l’altezzalorofasiche sembrino' Vjiùsottili in alto di quello che realmente sono, quindi si dovrà accrescere il diametro su- periore di parti a ifa,

come

si vede-in G.

Del

resto questo capitello è eguale in tutte le sue parti all’altro della precedente Tav. II. Eguale pure a quello ilella precedente tavola c r architrave tanto nellamisura quanto negli ornati.

La

cornice di questa Tav. è ptire in gran parte simile alla precedente

, tranne qualche

membro

ed alcune misure

, lo che làcil- rnento rilevasi dai

numeri

e dal confronto che si

può

istituire coll'altra cor’nice, sia dello mondiuature

, che degli ornati. Il suo aggetto è maggiore di quello dell’ altra di 5 parti ; e

quando

si volesse che fosse anche più, si adotterà quella del Vignola, che

ha

60 parti All

una

ed all altra cornice feci in alto la scozia, o quarto di circolo, o gola rovescia o dritta

,

come

meglio piace;

sembrandomi

che faccia

un

miglioreeffetto dichiaro scuro. Molti

ili questo luogo preferiscono lagola dritta, perchè dicono che fa l'ufficiodicanale;

ma

aciò si risponde, che

un

avveduto architetto

,

dovendo

fare cornici confinanti al tetto, cercherà

sempre

di

non

tirare molt'acqua verso 1opera sua, e farà piuttosto in

modo

chesiraccolga in

un

canale

m

alto

, che la trasporti altrove,

come vediamo

lodevolmenteessersieseguito in parecchi edifici.

La

pianta della soffitta di questa Tav.

F F

mostra

come

si possano varia™

gli ornati della

medesima

in conformità delle circostanze.

La

figura A"è il gocciolatoio unitamente al guscio

, al listello e pianetto che circonda gli sfondati

dove

sono gli

ornati, ' °

TAVOLA IV.

IntercolonioDorico.

Quest

ordine senza piedestallo si dividerà nella seguente maniera. Tutta 1’altezza che

vorrà dareall’ordine stpartirà in cinquantacinque parti

, tre dellequali formeranno il

mo-

dulo corrispondente,

come Indetto

altrove, al semidiametro iuferiore della colonna.

La

base senza 1 imoscapo avrà i

modulo

di altezza, e sarà composta di

un

piano, di unasco- zta, di

un

listello

, di

un

toro e del plinto. 11 fusto della colonna,

compreso

l'imoscapo ed

il listello, ossia «stragalo, avrà

moduli

i3, ed il capitello a/3 di

modulo,

ossiano parti ao.

(14)

L’ornamenlo,

poi,cioè arcliilrave, fregio c cornice, sarà intulio moiluli 3 a/3 , che è la quarta parte della colonna , compresa labase ed il capitello. L’ intercolonnio avrà

moduli 4

1/3, di

modo

che

due

intercolonnj, ossiano vani Ira1'

una

el’altracolonna, formeranno

mo-

duli”8 %i3, aiquali aggiungendosi 6 modulidei diametri delletrecolonne, fannoraod.

14^3- Con

tali'^^m’isure si partiscono conprecisione i triglifi e lemetopequadrate,

come

vedesi nella

TAVOLA

V.

Due

intercolonnii dorici di diversa larghezza.

Lo

stesso

metodo

di divisione della precedente.tavola serve anche per questa.

Onde,

dare un'adequata idea del vantaggio che

producono

queste

mie

proporzioni, cioè di avere i triglifi a

piombo

delle colonneelemetope quadrate, lauto ne'più ampli intercolonnj,quanto ne'più angusti, invece di fare

due

tavole, combinai in questa sola due intercolonnj di lar- ghezza affatto diversa, essendo il più largo moduli 8 ifa da

un

centro all’altro delle co- lonne ed il più stretto moduli 4 i/4-

H

primo

poùà

per avventuri giudicarsi licenzioso;

ma

se si vorrà riflettere, che spesse volte lanecessità costringeatenere l'intercolonniodi

mezzo

più largo degli altri,

come

insegna Vitriivio (i), il quale porta l’intercolonnio fino alla lar- ghezza di

mod

IO facendo entrare in questo spazio quattro

metope, come

quattro ne fac- cio entrare io nel

mio,

sebbene minore di

un modulo

e

mezzo

dell’intercolonnio vitniviano, ed in conseguenza più robusto,

non

solo ciò formerà la piena ima giusuncazione

,

ma

sarà inoltre una

non

dubbia prova de’vantaggi che si ottengonocollemie modihcazioni,ecc.

L’ altropiù angusto intercolonnio è fatto per dimostrare

come

nella

minima

larghezza si

può

egualmente combinare la regolare distribuzione dei triglifi e delle

metope

quadrate, ecc.

E

lo stesso accader deverispetto alle intermedie larghezze, onde si viene a viemeglio dinio-

strare 1’utilità delle mie

nuove

proporzioni.

TAVOLA

VI.

Intercolonnio dorico con arco.

Per far lo"»e o portici di ordine dorico si dividerà,

come

si è detto sopra, tutta 1’al- tezza dell’ordhie in 55 parti, 3 delle quali formerannoil

modulo

, sempre diviso in trenta parti minori; quindi si distribuirà la larghezzaed altezza dell'arco in

modo,

che ilsuo vano o luce sia ditequadri,

come

si vede in questa tavola. Dal centro di una colonna al centro dell’altra si daranno

mod.

io a/3: e cosi facendo si otterrà lagiusta distribuzione dei tri- glifi e

metope

quadrate,

come

risulta dall’ispezione di questa tavola. Si avverte che la co- lonna sarà aggettata

non

soloper la metà,

ma

bensì per

due

terzi del suo diametro j e ciò affinchè la cornice tVimposta con il suo sporto

non

esca fuori del

mezzo

dellacolonnastessa.

Avrei

dopo

la presente dovuto sogglugnere un’altra tavola di

un

intercolonnio dorico con arco e piedestallo alle colonne,

ma

perchè

non

presenta che la variazione del piedestallo ,

mi

limiterò a darne le misure.

La

larghezza dei pilastri si farà di moduli 3 11/12, o siano

moduli

3 e parti 37 i/o.,e da

un

asse all'altro delle colonne vi saranno nioil. 13 3/j, e la totale altezza dell'arco sarà di due quadrati,secondo le regole del Vignola. Invece poi del- Varco propongo nella

TAVOLA VII.

Nuovo

Capitello.

Un

capitello di

nuova

costruzione della stessa misura di quello descritto nella Tav. I

,

onde sialiberala scelta dell'ornato dell'uovolo del capitello; questo è diviso in venti spicchj

(t)t.Il’,p.tj5dellaTradui. del Barbaro.

(15)

che

comspoiidono

a

piombo

delle velili seaiiiiellature dellacolonna

, questi spicclij

come

si

vede nella pianta in

A

saranno 1 ornato più semplice

, in

B

l'ornato sarà con lenguette

,

ciò che porterà più elletto di scuro, in

G

si vede maggior ricchezza essendoci maggior ef- fetto di chiaro scuro. Il tutto resta all'arbitrio dell'Architetto, ed a seconda della maggior ricchezza che si vuol dare al capitello,

come

pure al maggior effetto di scuro che richiedesi a seconda delle distanze, e situazioni ecc.

; perciò, in questa tavola, si vede da

un

lato più ricco e con più scuri, in

un

altro con semplice lenguelta e per ultimo

im

terzo ancora più liscio,

come

meglio vedesi nel disegno.

TAVOLA Vili.

Iniercolonjuo con arco di

mmorc

lucghczzci.

L’arco di questa tavola è eguale in tutte le sue parti a quello della tavola

VI

,salvoche nella proporzione della luce, mentre in quello 1’altezza della luce è di

due

quadri ed in questo dt

uno

e trequarti. Si partirà1’altezza che si vuol dare all’ordine in 55 parti tre dellequali saranno il

modulo

, diviso alsolito inpar. 3o. Si determini la larghezza da

uno

allaltro pilastro

m mod.

7 i/3, ed i pilastri siano larghi raod. 3 i/3, che ne risulterà lo scomparto delle misure di larghezza ed altezza della luce dell’arco di

un

quadro otre quar-

ti,

come

SI vede nella tavola;

come

pure la giusta distribuzione de’triglifi e delle

metope

(jiiadratc.

La

fascia dell' arco, ossia archivolto ha di larghezza a/5 di modulo.

La

forma della mensola jiuò variarsi ad arbitrio, purché sia di

buon

gusto e faccia

buon

effetto.

TAVOLA IX.

intercolonniocon arco e

dado

a guisa dìpiedestallo,

L’arco di questa tavola è uguale a quello della Tav.

VI, ma

variato nella proporzione de a suaaltezza,

non

essendo la luce del

medesimo

che

un

quadro etrequarti,

come

quello dellatav. \TI,in vece che quello della

VI

è di

due

quadri. L’altezza che gli si vorràdaresi dividerà

m

parti 64, e di quattro di queste se ne faranno tre

moduli;

ossia il

modulo

sarà la dodicesima parte dell'altezza prefissa, lo che torna lo stesso; ed il

modulo

sarà diviso al solito in parti 3o. Si distrili iiiràpoi la lunghezza da

un

pilastro all'altro in

modo

che venga ad essere

moduli

9 i/3. I pilastri saranno larghi mod. 3 lyi, e dalla

metà

di

una

colonna alla

metà

dell’altra vi saranno

mod.

la 5/6. Così facendo saranno compartite le mi- sure di altezza e larghezza in maniera che il vano dell’arco avrà un quadro e tre quarti

come

SI è detto. Questa proporzione èindubitatamenteplìianalogaalla caratteristica robustezza di quest’ordine,

come

lo dimostra la presente tavola, e con tale proporzione si ottienealtresì la giusta distribuzione dei tiiglifi e delle

metope

quadrate.

La

fascia dell’arco ha parti 20.

La pane

quadrata della mensola in

mezzo

all’arco va orizzontalmente a filo del capitello,so- prala qual parte vi si potrà fare

qualunque

ornato che sia analogo al rimanente dell’ edifi- cio.

La

forma di questa mensola èarbitraria

come

fu detto altrove.

Lo

zoccolosottoal

dado

ossia piedestallo, avrà parti la i/ì,

ma

si avverte che tale altezza dello zoccolo avrà luo"J soltanto nel caso delleattuali proporzioni

, mentre negli altri archi di diversa proporzione avrà

due

terzi di

modulo

, ossiaiio parti ù.o di altezza.

Nella tavola

VI mi

sono uniformato al Vignola e ad

un

di pressoaglialtriautori,

dando

agli archi

due

quadri di altezza,secondoilprescrittodaVitruvio.

Ma

inqueste

due

ultimetóvole allineilefosse più conforme alpropriocaratteredirobustezza,

ho

credutodidareall’altezzadella luce degli archi

un

quadro e tre quarti. Anzi sarei disentimento che all’ordine toscano si

dovesse dare

un

quadro e

mezzo

alla luce dell'arco , al dorico

uno

e tre quarti, all’ionico

mio

e sette ottavi

, e finalmete al corintio

duo

quadri,

come

viene rispetto a quest’ ultimo saggiamente prescritto.

Le

quali rispettive varietà sarebbero più couforini alle diverse

dimen-

sioni e carattere rispettivo.

L

egregio architetto Vincenzo Scamozzi invitava nel sedicesimo secolo

1 professori dei- arte a sciogliere il

problema

:

come

senza alterare la rigorose misure

ddt

ordine dorico si

(16)

possa eseguire la legge difare lemelopc

ed

i modiglioniifuadrntisfacendo cadere i triglifi

a

piombo

all- asce delle colonne.

Dopo

avere in (jnesta

mia

operettasciolto il difficile pro-

blema

,

debbo

ancor io invitare gli arcliitellifdosolla trovare l’esattoragguaglio dellemisure degli archi descritti in questa e nella precedente tavola, rispetto alle quali rimangono tutta- via alcuni rotti che

non mi

è riuscito di poter ridurre a quel punto d’estremaprecisioneri- chiesto dall’importanza e dalla qualità dell’oggetto. So bene che la plebe degli architetti,

per servirmi dell’espressione del Milizia, si rideràdi questi miei scrupolie sottigliezze

,

ma

non

cosi la penseranno gli architetti d’elevato ingegno, dai quali soltanto imploro lumi c direzione in così dilicalo argomento.

TAVOLA

X.

Confronto del Dorico riformato coll'antico.

Perchè riesca più sensibile la differenza che passa tra le parti dell'ordine doricoda

me

ri-

formato, e quello degli antichi,

quale venne prodotto dal Barrozzi da Vignola, che ci lascio le più circostanziate regole di quest’ordine,offro lapresente tavola,la spiegazione della quale trovasi a’piè della medesima.

TAVOLA XI.

Ninna

connessione ha questa tavola con ciò che

mi

sono proposto (li tlu» intornoallor- dine dorico;

ma

avendo relazione ad

una

inleressaiuissima parte degli edificj qual e il tetto

ho

creduto difare cosa utile e grata agli artisti,

comunicando

loro

una

ficile maniera di determinare con

un metodo

invariabile qualunque inclinazione (

montó

) si voglia dare ai

tetti a seconda dei climi di ogni paese. Nel determinare la

monta

del tetto che

a

vuol

fare’ si dovrà avere in considerazione i geli, le nevi, ec. Milano

mia

patria benché posta nella’parte settentrionale dell’Italia, gode di

un

clima temperato, essendo al grado 4-5 di latitudine ; pure di

quando

in

quando

vi cade tanta neve, che a cagione della cattiva co- struzione dei tetti e per la poca loro inclinazione, i magistrati furono piu volle consigli i

ad ordinare di sgombrarli dal soverchio peso delle nevi.

Ad

ogni

modo

^

santeparte d'

un

edificio viene d’ordinario assaitrascurata, abbandonandosiallaibiliio din- doni capi-mastri, ed anche di semplici muratori, i quali operano a caso ed a capriccio ;

onde

nello stesso luogo vedonsi fatti più e

meno

inclinati, appunto perche sinimica di

una

redola generale basata sopra una teoria stabile, chiara, facile, sicura.

A

stabilire

una

t,ie

norma

servirà la figura

J B C

della presente tavola, la quale è

un

quarto di sfera diviso in no gradi. I tetti nell’ alta Italia potranno avere dai venti altrenta gradi di elevazione, a seconda della diversità del paesi più o

meno

meridionali, epiù o

meno

lontani dai monti

Meno

inclinatipossono farsi a

Roma,

Napoli,

Palermo

ec., vale a dire dai

no

gradi lino al terrazzo che si costuma in Napoli, di tre o quattro soli gradi d’inclinazione.

Ma

nelle seUentnonali regioni (V

Europa,

sara bene, anzi necessario, i ari con

una

inclinazione dai 3o ai

4

S gradi; e trattandosi di tetti coperti di tegole, di legno, di pagla

,

divirculti e simili materie,

come

costumasi nelle regioni piu settentrionali o

nwmuose

, gi si dovrà dare un’inclinazione

non

minoredi4.5, e fino di 55gradi,ed nnclie piu,a seconda de’ casi

Non

si oltrepasserà però

mai

il 6o.”“ grado, perchè riuscirebbero troppo deboli a motivo che 1’altezza loro sarebbe maggiore della base,

non convenendo

oltrepassare .1

triangolo equilatere

J BD

della figura. Attenendoci a queste proporzioni 1inclinazione 1e.

tetti riuscirà appropriata al rispettivo clima,

onde

avere il pronto scolo delle acque piovane

come

di quelle provenienti dallo scioglimento delle nevi

Ed

ecco

come

adottaresidevealcaso praticolaregolada

me

proposta.

La

lunghezza ocopertura chesivuolfaresia labase

d’un

triangolo equilatere,che si formerà colla dimeni.ione dellastessabase;e questasidivida intantipalmi,obraccia,o piedi,oec.

.

quanto e larga la

brica che si vuole ciioprire. Dal punto B, una delle estremità della base, s’innalzi una pei- pendicolare, ed un’altra perpendicolare paralella a questa del punto

6

che e la '

tessabase: poi si ponga

una

punta del compasso in

B

ed aprendo questo fino che 1 allia

(17)

i3 punta arriva in

C,

si descriva

un

quarto di circolo

À C

, 'A quale si dividerà in qo gradi.

Allora avendo determinato il grado di

monta

che si vuol dare al letto, ossia copertura del- redificio, per

modo

d’esempio di

4^

gradi , si faccia partire

una

linea dal punto , e si faccia passare per il determinato grado 4^, prolungandolafinoalcontatto della perpendicolare

À

C.

Da

questo puntodi contatto si faccia discendere un’altra linea inclinata

come

1’ante- cedente in

D

, altra estremità della base, e si avrà la forma ed inclinazione del tetto o copertura dell edificio.Fatto ciò^ si prenda sopra la linea perpendicolare

A C

chedivide il

triangolo 1altezza che vi è dallabase alvertice del detto triangolo, emisurandoquest’altezza sopra la base , che è la larghezza del tetto o copertura divisa in palmi, o braccia, o piedi, o altra misura qualunque, si avrà la precisa quantità di palmi, o ec., die ha di

monta

il tetto o qualsiasi altra copertura. Determinata con questo

metodo

la forma ela

monta

diogni copertura delle fabbriche, avranno i muratori e falegnami

un

dato certo ed

un

facile

modo

per operare con precisione e con sicurezza.

TAVOLA XII.

Progetto dellafacciata della Basilica di S. Lorenzo di

Milano,

coll'adattamento delle sedici antiche colonne ora esistentisullacorsia del Carobbio.

O

si risg'nardi la presente interna costruzione

, o 1’antica sua magnificenza ai tempi del

Romani

,

la chiesa di S.

Lorenzo

deve annoverarsi tra i più cospicui edifici di questa città.

È comune

opinione ohe fosse tla principio eretta dall’imperatore Massimiliano Erculeo In onore di Ercole, e che pociiì secoli dopo, sbandite quasi adatto da Milano le superstizioni del Gentilesimo, si dedicasse invece al martire S.

Lorenzo

: e pare che fino all’

XI

secolo conservasse la primitivamagnificenza, vedendosi in

un

antico ritmo, conservatoci neltoni.II P. II. Script. Rer. Ital., annoverata per la più insigne basilica di Milano.

lix cjiiibus

alma

est Laurentii inlus ahaniis.

Lapidibìis aurofjuc

teda

, edita in Turribus.

Ma

nel 1071 fu questa chiesa vittima di vasto incendio, che distrusse molte dellevicine case: c rilàbhricata nella migliore forma, secondo

comportavano

le infelici condizioni ed il

gusto di que’tempi, venne un’altra volta ruinata dal fuoco nel 1119. Perchè di

nuovo

ri- fabbricata , si

mantenne

fino al io digiugno del 1578, in cui cadde la cupola, per essersi scompaginate le

mura

laterali.

Allora si pensòa ritornarla al suo antico splendore, e ne fu dato l'incarico,

non

a Pellegrino Pellegrini,

come

scrive il Latuada, bensì a Martino Bassi nostro egregio architet- to

, che

dopo

molle conti-adizioni

, potè farla innalzare nella magnifica ed ardita forma pre- sente ;

ma

ila quell’epoca in poi più

non

si pensò ad agg-iugneile la facciata.

È

probabile, sebbene

non

sia cosa del tutto avverata , che le sedici colonne corintie,

che si propone di far servire all’abbellimento dellafacciata, formassero anche ai tempi ro-

mani

parte del peristilio o portico del tempio d’Èrcole:

onde

al presente

non

si tratterebbe, per così dive, ciie di restituire alla basilica di S.

Lorenzo

ciò che in a dietroleapparteneva.

In questa tavola che soggiungo alle precedenti risguardanti l’ordine dorico,

come

appen- dice dell opera, e perchè

non mi

si oflrirebbe forse altraopportuna occasionedipubblicarla,

ho

cercato di mostrare, dietroi sagaci suggerimenti dì

un

illustre principe che allepiùestese cognizioni unisce la squisitezza del gusto, 1’ottimo elfelto che farebbero le sediciantiche co- lonne che ora

ingombrano

una dellepiù frequentate strade di Milano, facendole servire di

ornamento

alla facciata della basilica di S. Lorenzo.

Ma

perchè potrebbe da taluno riputarsi quest impresa di

non

facile esecuzione

, e troppo dispendiosa, ofiVo altresì il prospetto della verosimile spesa, ed il

metodo

da tenersi nell’esecuzione.

I.

Fondamento

da farsi sotto alle sedici colonne, lungo braccia 6a, largo brac- cia a 1/4, profondo braccia 3; in tutto quadretti46S, che a milanesi lir.

4

perqua- dretto importa

al quale aggiugiiendosi circa quadretti 5o per la maggiore larghezza delfrontispizio

,

si aggiungono altre

3. Trasporto dellecolonne in ragioae di lir. 5oo per colonna, in tutto . . «

lir.

1,860.

300

8,000.

io,(J6o.

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