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Sardegna – Pag. 6 23 aprile 2008

Respirare il piombo non fa crescere i bimbi

PULA. Non ci sono solo gli effetti sub-clinici, ma non per questo meno significativi, dell’impatto dell’inquinamento da piombo sul quoziente di intelligenza dei bambini di Portoscuso, come è stato analizzato in una ricerca dell’Università illustrata ieri nel convegno “Ambiente e Salute” nella sede di Sardegna Ricerche. Ci sono anche effetti sulla crescita, cioè sulla statura di quei bambini. In questo caso la conferma di quanto in letteratura è accertato, ma verificarlo poi sul campo, quel campo che è fatto di bambini in carne e ossa e non numeri o voci statistiche, arriva dal dipartimento di biologia sperimentale, sezione di scienze antropologiche dell’Università. Tocca a Elisabetta Vallascas, ricercatrice del dipartimento, spiegare come si è arrivati a questo dato che vede i bimbi di Portoscuso messi a confronto con i loro coetanei di Sant’Antioco e di Sestu, paese lontano dall’area ad alto rischio. Nessun esame del sangue per testare la piomboemia, ma un metodo innovativo: l’analisi tricologica, l’esame di mezzo grammo di capelli prelevati il più possibile vicini al cuoio capelluto nella zona occipitale. «Il nostro studio - ha detto Vallascas - aveva due obiettivi: verificare la validità del capello come biomarker di esposizione all’inquinamento da piombo e verificare se questo metallo influisce negativamente sull’accrescimento. Abbiamo scelto l’analisi dei capelli, contrariamente a quella standard delle urine o del sangue, perché questa indica l’esposizione a un dato elemento non per periodi brevi (giorni o settimane), ma ben più lunghi, necessari al nostro caso. Abbiamo effettuato tre campionature nell’arco di un decennio, su più di 800 bimbi sardi: nel 1998 abbiamo scelto l’area di Portoscuso, Sant’Antioco e Sestu; nel 2002 l’area di Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sinnai, e nel 2007 l’area di Perdasdefogu, Escalaplano e Jerzu». Nelle conclusioni dello studio, la ricercatrice ha preso in considerazione cinque variabili: la statura, la statura da seduto, la lunghezza convenzionale dell’arto inferiore, e poi lo stato socio-economico e l’area muscolare del braccio. Si sono poi analizzati i dati della presenza del piombo, che nei bambini di Portoscuso nel 1998 erano il doppio di quelli di Sant’Antioco e quattro volte quelli di Sestu, e utilizzando complessi metodi statistici si è arrivati alla conclusione temuta: c’è dipendenza diretta tra statura, statura da seduto e lunghezza dell’arto inferiore con la presenza del piombo con valori medi di 10 µg/dl. L’unico aspetto positivo, se così si può dire, dello studio che ha preso in considerazione anche realtà lontane dal Sulcis-iglesiente, è che l’esame dei capelli dei bimbi di Portoscuso, analizzati con

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moderne apparecchiature e con procedure di prelievo standardizzate, è avvenuto dieci anni fa. Adesso quei valori sono più bassi, se non altro perché diversi interventi sono stati compiuti, ma il dato è emblematico dell’impatto che un esteso insediamento industriale ha su vicini centri abitati. È il caso di Portoscuso e della frazione di Paringianu. Nel corso del convegno c’è stato anche l’intervento del professor Plinio Carta che ha illustrato in dettaglio lo studio sugli “effetti subclinici del sistema nervoso centrale associate a basse dosi di esposizione ambientale a metalli pesanti in adolescenti residenti nei pressi del polo industriale di Portovesme”.

Giuseppe Centore

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