• Non ci sono risultati.

La mancata comparizione (incolpevole) del ricorrente all’udienza nel procedimento cautelare. Conseguenze e rimedi. - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "La mancata comparizione (incolpevole) del ricorrente all’udienza nel procedimento cautelare. Conseguenze e rimedi. - Judicium"

Copied!
49
0
0

Testo completo

(1)

Pietro Proto

La mancata comparizione (incolpevole) del ricorrente all’udienza nel procedimento cautelare. Conseguenze e rimedi.*

   

SOMMARIO:1.Premessa 1: inquadramento del fenomeno e posizioni della giurisprudenza e della dottrina.

1.2. Premessa 2: cenni sulla natura del procedimento cautelare e suo inquadramento nell’ambito del sistema ordinamentale e in rapporto al giusto processo ex art. 111 Cost.    2. Breve indagine sul significato giuridico del fenomeno (dell’assenza del ricorrente all’udienza cautelare) nell’ambito del sistema normativo. 3. Le ragioni che negano l’applicazione analogica degli artt. 181 e 309 c.p.c. e il valore significativo dell’assenza del ricorrente all’udienza (cautelare) rispetto ai suoi possibili effetti. 4. Le sorti del giudizio cautelare a seguito dell’assenza del ricorrente all’udienza in relazione alla tipologia dei provvedimenti cautelari. 5. Rimedi avverso i provvedimenti di chiusura della fase di prime cure: la rimessione in termini e rapporti con il reclamo e la riproposizione del ricorso. 6. I provvedimenti di chiusura del procedimento diversi dal rigetto. 7.

Considerazioni conclusive.

   

Ad  impossibilia  nemo  tenetur    

A Maria Rosaria Una toga prematuramente venuta a mancare

   

1. Premessa  1:  inquadramento  del  fenomeno  e  posizioni  della  giurisprudenza  e  della  dottrina.    

 

L’assenza  del  ricorrente  all’udienza  cautelare  –  attesa  la  inesistenza  di  una  apposita  disciplina  nell’ambito  del   complesso   normativo   sul   procedimento   cautelare   uniforme   di   cui   all’art.   669-­‐bis   e   ss.   c.p.c.   –   comporta,   a   seconda  delle  soluzioni  adottate,  una  serie  di  implicazioni  teoriche  e  pratiche  che  meritano  alcune  riflessioni   espresse  in  queste  poche  righe1.  

                                                                                                               

* La presente riflessione è stata ispirata dal fatto accaduto ad un avvocato difensore del ricorrente in un procedimento cautelare che, mentre si recava in tribunale per l’udienza, subiva un incidente mortale e quando il giudice del procedimento ne è venuto a conoscenza lo aveva già chiuso con un non luogo a provvedere.

Il fatto della mancata partecipazione all’udienza per causa non imputabile alla parte viene espressamente prevista da A. Proto Pisani nel suo progetto “Per un nuovo codice di procedura civile”, laddove nel Libro I, Capo V, intotolato “Termini e rimessione in termini”, testualmente all’art. 1.114.- “Rimessione in termini. La parte che sia incorsa in una decadenza (…) per mancata

(2)

Resta  escluso  dall’economia  del  presente  lavoro  il  procedimento  sommario  di  cognizione  ex  art.  702-­‐bis  c.p.c,   mentre   non   mancheranno   cenni   di   riferimento   ai   procedimenti   speciali   e   camerali,   nonché   a   quelli   di   separazione  e  divorzio  limitatamente  alla  fase  sommaria  camerale  dell’udienza  presidenziale  (artt.  708  c.p.c.)2.   Il   problema   che   qui   interessa   riguarda   quella   particolare   causa   di   estinzione   per   inattività   delle   parti   c.d.  

semplice  che  si  verifica  a  seguito  della  mancata  comparizione  all’udienza  cautelare  e  che  per  il  processo  di   cognizione  trova  disciplina  negli  artt.  181  e  309  c.p.c.,  e  per  quello  di  esecuzione  negli  artt.  630  e  631  c.p.c.3.   Tale  fenomeno  riguarda  le  c.d.  vicende  anomale  del  processo  disciplinate  nel  Capo  VII  del  Libro  II  del  codice  di   rito  negli  artt.  295  ss.  c.p.c.4  Sono  dette  anomale  perché  farebbero  terminare  il  processo  senza  l’emanazione                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                            

partecipazione ad un’udienza o per maturare di una preclusione dovuti a una causa ad essa non imputabile è rimessa in termini ove lo richieda (…)”., in Foro it. 2009, parte V, col. 1.

1 Le norme sul processo del lavoro ex artt. 409 ss. c.p.c. non contengono nessun rinvio alla normativa generale sulle vicende anomale del processo, come appunto l’estinzione, né disciplinano autonomamente il fenomeno. In un primo momento la giurisprudenza – ritenuto inapplicabile l’istituto generale disciplinato nel giudizio ordinario – faceva seguire, alla mancata comparizione all’udienza di discussione, la immediata estinzione del giudizio argomentando dal dato testuale dell’art. 420 c.p.c. secondo il quale non sono ammesse udienze di mero rinvio, successivamente si è fatta strada la tesi opposta. Per il primo orientamento: Cass. 21.6.1988, n.

4253; Cass. 12.3.1988, n. 4212; Cass. 8.5.1987, n. 4269. Per il secondo ed attuale orientamento: Cass. Sez. Un. 25.5.1993, n. 5839. In dottrina: G. Monteleone, Diritto Processuale civile, Cedam, Padova, 2012, 777. Il processo societario, invece, prevedeva un’autonoma disciplina di estinzione e di cancellazione della causa dal ruolo. A parte la cancellazione per mutamento del rito ex art.

1, ult. comma, Dlgs 17.1.2003, n. 5, l’art. 8, comma 4, prevedeva l’estinzione immediata nel caso di omessa notifica dell’istanza di fissazione dell’udienza nei termini stabiliti e l’art. 16, comma 1, prescriveva la cancellazione della causa dal ruolo se nessuno era comparso all’udienza e, infine, in tema di appello l’art. 22, la cui rubrica si intitolava “inattività delle parti” la Corte, se nessuno compariva all’udienza, disponeva la cancellazione della causa dal ruolo. Il processo societario è stato abrogato dall’art. 54 della legge 18.6.2009, n. 69, sicchè ogni riferimento allo stesso è meramente scientifico e comparatistico.

2 Sulla tutela sommaria in generale: A. Proto Pisani, Usi e abusi della procedura camerale ex art. 737 c.p.c., in Riv.dir.civ., 1990, 402-403 ss. Nonché mi permetto di rinviare a: P. Proto, La riforma del procedimento possessorio, in Giust. Civ., Milano, Fasc. 3- 2007, 84 n. 3, 85 n. 4 e 93 n. 32 e n. 36. In ordine alla fase presidenziale nel giudizio di separazione: P. Proto, Fase presidenziale nel giudizio di separazione giudiziale, in Giur. Merito, Milano, 06/2010, 1542 ss. n. 12 e n. 18.

3  L’estinzione  in  generale  è  un  fenomeno  che  risponde  all’esigenza  fondamentale  di  impedire  il  protrarsi  della   situazione   di   incertezza   per   la   quale   il   processo   era   stato   intentato.   Sull’estinzione   del   processo   v.:   G.  

Monteleone,  Diritto  Processuale  civile,  cit.  492  ss;  Luiso,  Diritto  processuale  civile,  II,  Milano,  Giuffrè,  2000,  243   ss.;  A.  Proto  Pisani,  Lezioni  di  diritto  processuale  civile,  Iovene,  Napoli,  1999,  211.  

4 Sotto la denominazione di c.d. vicende anomale (del processo) si annoverano gli istituti della sospensione, interruzione ed estinzione del processo disciplinati negli artt. 295 ss. c.p.c. nel Libro II nell’ambito del giudizio a cognizione piena. Di tali istituti deve ritenersi, senza dubbio, applicabile al giudizio cautelare, quello della interruzione perché a tutela della integrità del contraddittorio e della parità delle parti direttamente incidenti sul diritto di difesa. In termini: Trib. Roma, Sezione Specializzata del Tribunale delle Imprese, Terza Sezione Civile, Giudice F.R. Scerrato, Ord. 18-2-2015. Altrettanto non porrebbe problemi l’applicazione della sospensione, limitatamente a quella su istanza di tutte le parti, perché discendente dal principio dispositivo, applicazione – del resto - frequente nella prassi dell’esperienza del processo cautelare utilizzando la formula del rinvio ad altra udienza per trattative in corso di bonario componimento o altre simili o equipollenti. Ma forse senza scomodare l’istituto della sospensione convenzionale o su istanza di tutte le parti ex art. 296 c.p.c., la sospensione su istanza di tutte le parti – nella prima fase del giudizio cautelare – discenderebbe direttamente dal principio dispositivo del quale la tecnica dell’impulso di parte, rimessa alla potestas agendi delle stesse (parti) e del ricorrente in particolare, può ben essere esercitata mediante un’istanza di sospensione. Tanto più che il periodo di detta sospensione verrebbe stabilito prudenzialmente dal giudice e quand’anche si volesse ricorrere all’art. 295 c.p.c. non potrebbe superare i tre mesi.

Non sarebbe nemmeno ostativa la c.d. pericolosità intrinseca della tutela cautelare perché, questa, dovrebbe ritenersi operante dall’adozione del provvedimento cautelare in poi e non prima, come, del resto, si evince dalla concomitante concessione delle misure di controcautela, quali la cauzione. Inoltre, la richiesta di sospensione proveniente dalla parte ricorrente che invoca la cautela o anche da parte di questa, unitamente alla controparte o alle controparti, comunque determinerebbe una sospensione o neutralizzazione degli

(3)

di  una  sentenza  o  comunque  di  uno  dei  provvedimenti  decisori  tipici  di  cui  all’art.  131,  comma  1,  c.p.c.  che   stabilisce  in  quali  casi,  previsti  dalla  legge,  il  giudice  pronuncia  sentenza,  ordinanza  o  decreto.5  

La  funzione  dell’istituto  è  quella  di  evitare  il  protrarsi  di  una  situazione  di  incertezza  connessa  alla  controversia   sul   diritto   oggetto   della   contesa6.   Trattasi   di   una   conseguenza   precipua   del   principio   dispositivo   al   quale   si   informa   il   processo   civile   che   si   realizza   mediante   la   tecnica   dell’impulso   di   parte7   in   contrapposizione   all’impulso   d’ufficio;   quest’ultimo   in   relazione   ai   diritti   indisponibili.8   Sicchè,   la   inattività   di   tutte   le   parti,   essendo  venuta  meno  la  vis  propulsiva,  conduce  al  fenomeno  effettuale  della  estinzione  del  processo.    

In   particolare,   oggetto   dell’interesse   della   presente   riflessione   è   la   inattività   “incolpevole”,   ovvero   quella   mancata   attività   processuale   non   imputabile   a   volontà   o   a   negligenza   o   ad   imperizia   della   parte   o   del   suo   difensore   che,   in   molti   casi,   darebbe   luogo   all’interruzione   del   processo   ex   artt.   300   e   301   c.p.c.,   come   la   morte  o  la  perdita  di  capacità  della  parte  o  del  suo  difensore  nei  casi  in  cui  non  ci  sia  stato  il  tempo  materiale   per   portarlo   a   conoscenza   del   giudice9.   Tale   situazione   è   stata   oggetto   di   specifica   considerazione   dalla   migliore   dottrina   che   –   in   un   progetto   di   un   nuovo   codice   di   rito   –   ha   pensato   di   prevedere   un’apposita   disciplina   nell’ambito   della   rimessione   in   termini.10   Il   fenomeno   riguarda   la   prima   fase   del   procedimento   cautelare,  davanti  al  giudice  delegato  chiamato  ad  emettere  il  provvedimento  richiesto  perché  nella  eventuale   successiva  fase  di  reclamo  il  problema  si  attenua  vigendo  il  principio  dell’officiosità  del  procedimento  ex  art.  

738  c.p.c.  che  investe  il  profilo  dell’impulso  al  suo  svolgimento  e  in  certa  misura  l’acquisizione  di  materiale   probatorio.   Il   richiamo   operato   dall’art.   669terdecies   c.p.c.   agli   artt.   737   e   738   c.p.c.,   sui   procedimenti  

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

effetti di detta pericolosità. Inoltre, questa ultima, dopo la introduzione del procedimento cautelare uniforme, con la previsione di un’apposita disciplina per l’attuazione del provvedimento, ai sensi dell’art. 669-duedocies c.p.c., che, a seconda che trattasi di sequestri o di misure aventi ad oggetto somme di denaro o misure aventi ad oggetto obblighi di consegna, rilascio, fare o non fare, avviene nelle forme degli artt. 491 e ss. c.p.c., o sotto il diretto controllo del giudice che ha emanato il provvedimento cautelare, deve ritenersi molto attenuata. Sulla nozione di pericolosità della tutela cautelare: A. Proto Pisani, Lezioni di Diritto Processuale Civile, Jovene, Napoli, 2012, p. 607 ss.

5 Norelli, Cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo: riflessioni sugli artt. 181 e 309 c.p.c., in www.Judicium.it, 4; Mandrioli, Corso di Diritto Processuale Civile, II, Giappichelli, Torino, 2002, p. 217 ss. Reputa la distinzione riportata nel testo del tutto inutile ed infruttuosa sul piano teorico e pratico: G. Monteleone, Estinzione (processo di cognizione), in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile, Utet, Padova, 1996, p. 132-133.

6 L’incertezza si aggrava nei casi di trascrizione della domanda giudiziale, di iscrizione di ipoteca giudiziale o se vi sia stata concessione di provvedimenti cautelari o altri provvedimenti urgenti. G. Monteleone, Estinzione (processo di cognizione), in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile,cit., p. 132.

7 A. Proto Pisani, Per un nuovo codice di procedura civile, in Foro it. 2009, parte V, col. 1. Nel Titolo preliminare all’art. 0.24

“Impulso di parte. I processo procedono su impulso di parte, salvo che la legge disponga altrimenti.”. Dello stesso A.: Lezioni di Diritto Processuale Civile, cit., 193.

8 Mandrioli, Corso di Diritto Processuale Civile, cit., p. 76; A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, Iovene, Napoli, 2012, p. 193 ss.

9 Valitutti, I procedimenti cautelari e possessori, I, Cedam, Padova, 2004, 239.

10 A. Proto Pisani, Per un nuovo codice di procedura civile, in Foro it., cit., art. 1.114.-Termini e rimessione in termini.

(4)

camerali,   per   la   disciplina   del   relativo   procedimento   di   reclamo,   fa   sì   che,   l’assenza   delle   parti   all’udienza,   comporti   comunque   una   pronuncia   nel   merito   quanto   meno   sulla   base   degli   elementi   acquisiti.   Dell’ampia   casistica   giurisprudenziale   si   riporta   un   passo   di   Cass.   sez.   I,   14   maggio   2012,   n.   7437  11,   secondo   cui:  

l’officiosità  del  procedimento  camerale  (…)  caratterizzato,  allora  da  sbocco  decisorio  anche  in  caso  di  mancata   comparizione   delle   parti:   così   come   statuito   da   questa   Corte   con   riguardo   a   variegate   ipotesi   di   procedura   camerale.  

Nessun problema si pone per quanto riguarda la possibilità di una rinuncia espressa e nemmeno per le ipotesi di inattività “qualificata” nei casi di cui all’art. 307 c.p.c.12, come, altresì, per il procedimento cautelare instaurato nel corso del giudizio di merito.

La  giurisprudenza,  sia  pure  con  diverse  soluzioni,  esclude  l’applicazione  analogica  degli  artt.  181  e  309  c.p.c.13   ai  procedimenti  sommari,  sommari  cautelari  e  camerali.14  

La  dottrina  –  che  non  sembra  abbia  approfondito  direttamente  il  fenomeno  –  si  attesta  sulle  posizioni  della   giurisprudenza15.  

                                                                                                               

11 Secondo la giurisprudenza vige in tal caso l’impulso d’ufficio: Cass., Sez. I, 14.5.2012, n. 7437; Cass. 3.8.2010, n. 18043; Cass.

9.1.2009, n. 284; Cass. 7.12.2005, n. 27080.

12 L’assenza del convenuto o la sua mancata costituzione di per sé non impedisce il prosieguo del procedimento in presenza del ricorrente che dimostri di aver ritualmente notificato il ricorso con il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione. Nel procedimento cautelare distinguere tra assenza del ricorrente alla prima o alle successive udienze, ai fini della presente indagine, non è di particolare importanza, sia perché l’udienza o le udienze successive alla prima dovrebbero essere eventuali e comunque costitutive di un’unica fase processuale, sia per la massima concentrazione del procedimento in sé. D’altra parte – anticipando quanto si dirà – non ci sarebbero ragioni per applicare la disciplina ordinaria sull’estinzione per inattività semplice alle successive udienze di trattazione del procedimento dopo averla negata per la prima udienza. Tuttavia, volendo rifarsi all’art. 181 c.p.c. la distinzione potrebbe valere per stabilire il momento dell’estinzione che nel caso di assenza del ricorrente alla prima udienza sarà immediata ex artt. 181, comma II, e 307 c.p.c., senza il periodo di quiescenza. Ma il problema del procedimento cautelare, come si vedrà, va affrontato nel suo complesso in relazione ad un fenomeno o ad una vicenda processuale priva di un’apposita disciplina e nella affermata inapplicabilità dell’istituto di cui al complesso normativo degli artt. 181-309 e 307 c.p.c. Altresì non sembrano esserci problemi nelle ipotesi in cui non compaia il ricorrente ma il convenuto chieda la prosecuzione del procedimento avendo un eventuale interesse alla pronuncia magari perché ha proposto domanda riconvenzionale nei limiti in cui la si ritiene ammissibile o per le spese.

Sull’ammissibilità della riconvenzionale nel procedimento cautelare v.: Merlin, (Procedimenti cautelari e urgenti in generale), in Digesto, Sezione Civile, XIV, Utet, Torino, 1996, p. 411. Arieta, I provvedimenti, 271 ss.

13 Cass. 20.2.2004, n. 3388; Cass. 5.11.2003, n. 16615, in Giust. civ. 2004, I, 1525; Cass. 26.11.1993, n. 11730. Sia pure implicitamente si rinviene in Cass. Sez. I, 6.10.2005, n. 19514; Cass. 7.12.2005, n. 27080; Cass. 9.1.2009, n. 284; Cass. 3.8.2010, n.

18043. La giurisprudenza testè citata si è formata nel vigore del testo dell’art. 181 c.p.c. precedente la riforma avvenuta con il D.L.

112/2008, convertito nella legge 6.8.2008, n. 133. La riforma del primo comma dell’art. 181 c.p.c. ha aggiunto la dichiarazione di estinzione dopo la cancellazione della causa dal ruolo a seguito della mancata comparizione delle parti alla seconda udienza fissata.

14 Cass. 09/284. In dottrina si rinvia all’esaustivo saggio di Norelli, Cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo:

riflessioni sugli artt. 181 e 309 c.p.c., in www.Judicium.it, cit. 2 ss.

15 Valitutti, I procedimenti cautelari e possessori, I, cit.,. 238 e 393 ss. L’A. sostiene che il provvedimento di non luogo a provvedere o l’archiviazione per mancata comparizione del ricorrente all’udienza fissata ai sensi dell’art. 669-sexies c.p.c. si sottrae al reclamo perché assoggettato a revoca ai sensi dell’art. 177 c.p.c. per motivi sopravvenuti o preesistenti non conosciuti dal giudicante. Occorre osservare che l’istituto della revoca – nel procedimento cautelare – è quello di cui all’art. 669-decies c.p.c. al quale non è sovrapponibile la revoca ex art. 177 c.p.c., dettata per il giudizio ordinario di cognizione. Se così fosse, in tutte le circostanze in cui non è azionabile la revoca del provvedimento cautelare, si potrebbe ricorrere a quella ordinaria che non conosce forme preclusive o condizioni di operatività. Inoltre, la revoca ex art. 669-decies c.p.c. riguarda provvedimenti con carattere decisorio e dotati di una loro

(5)

Lo   scenario   giurisprudenziale   presenta   una   serie   di   alternative   che   vanno   dal   rigetto   del   ricorso,   alla   cancellazione  della  causa  dal  ruolo,  al  “non  luogo  a  provvedere”  e  alla  dichiarazione  di  estinzione16.  

La   ragione   di   fondo   che   presiede   tali   conclusioni   è   una   per   tutte:   la   mancata   comparizione   del   ricorrente   all’udienza   di   discussione   comporta   una   oggettiva   indicazione   del   venire   meno   dell’interesse   alla   tutela,   ovvero,  dell’urgenza  alla  sua  anticipazione  in  via  cautelare17.  

Gli  effetti  che  conseguono  a  seconda  dell’una  o  dell’altra  opzione  possono  essere  preclusivi  o  meno  rispetto   alla  riproposizione  del  ricorso  e  anche,  nei  termini  di  cui  si  dirà,  alla  sua  reclamabilità  e/o  alla  sua  riassunzione.  

In   questo   contesto   assume   fondamentale   rilievo   il   significato   reale   e   giuridico   che   deve   attribuirsi   al   comportamento  assente  del  ricorrente  all’udienza.  

Ma  ancor  prima  di  entrare  nel  vivo  delle  quaestiones  non  si  può  –  anche  sotto  un  profilo  metodologico  ancor   prima  che  epistemologico  –  non  mettere  in  rilievo  ed  operare  un  costante  confronto  con  istituti  o  categorie   squisitamente  processuali  di  rango  costituzionale  come  i  concetti  di  azione,  di  domanda  e  di  contraddittorio   ex  artt.  24  e  111  Cost.,  99  e  101  c.p.c.    ed  ex  artt.  669-­‐bis  e  669-­‐sexies  c.p.c.  

La   portata   effettuale   della   normativa   testè   citata   si   misura   con   la   funzione   precipua   della   tutela   cautelare   consistente   nel   paralizzare   o   arginare   i   pregiudizi   che   potrebbero   derivare   all’attore   che   ha   ragione   dalla   durata   del   processo   a   cognizione   piena,   ove   non   vi   siano   adeguati   strumenti   processuali   e   sostanziali   di   neutralizzazione  del  danno.18    

Un   istituto   che,   altresì,   assume   importanza   ai   fini   che   qui   interessano   e   nei   limiti   e   modi   che   si   dirà,   è   la   rimessione  in  termini  ex  art.  153  c.p.c.  

Nella relazione al progetto di legge per la riforma del processo civile, Chiovenda affermava che <<“se, nonostante le provvidenze della legge e la diligenza del giudice e dell'ufficiale giudiziario, accada di trattare come contumace chi non poté comparire e difendersi, soccorre un altro rimedio che corregge i possibili

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

stabilità. Per contro la revoca ex art. 177 c.p.c. riguarda i provvedimenti emanati dal giudice istruttore con carattere prettamente interlocutorio in relazione all’istruzione probatoria. Per A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit. p. 691, l’ordinanza ex art. 669-decies c.p.c. è sottoposta ad un regime tipicizzato che, a prescindere dal motivo del rigetto, si sottrae alla disciplina generale delle ordinanze dettata dall’art. 177 c.p.c. Per un’ampia rassegna sul combinato disposto degli artt. 181 e 309 c.p.c., v.: E. Norelli, Cancellazione della causa dal ruolo ed estinzione del processo: riflessioni sugli artt. 181 e 309 c.p.c , cit. p. 1 ss.

16 Cass. 6.2.2004, n. 3388; Cass. Sez. I, 6.11.2005, n. 19414. Trib. Messina, 12.7.2005, in Giur. merito, 2006, 2, 311 e in Juris data, ha optato per il rigetto del ricorso sulla base delle motivazioni nel testo.

17 Trib. Messina, 12.7.2005, in Giur. merito, 2006, 2, 311 e in Juris data.

18 A. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit. 495.

(6)

inconvenienti del giudizio contumaciale, ed è la restituzione in intero, antico istituto italiano, che la nostra legge non conosce in figura di rimedio generale, perché, al solito, non l’incontrò nel suo modello francese”>>. 19 A   distanza     di   un   secolo   la   “restituzione   in   intero”   grazie   al   novellato   art.   153   c.p.c.   –   inserito   dall’art.   45,   comma   19,   legge   18.6.2009,   n.   69,   nel   Libro   I   del   codice   di   rito,   tra   le   Disposizioni   generali,   essendo   stato   abrogato,   dal   successivo   art.   46,   comma   3,   stessa   legge,   l’art.   184-­‐bis   c.p.c.   che   disciplinava   la   medesima   rimessione  in  termini  per  le  parti  costituite,  ma  con  la  limitata  portata  applicativa  al  solo  processo  ordinario  di   cognizione  e,  nei  limiti  della    compatibilità,  al  giudizio  di  appello,  grazie  al  rinvio,  ex  art.  359  c.p.c.,  alle  norme   relative  al  procedimento  davanti  al  tribunale  –  è  diventato  un  rimedio  di  carattere  generale.  

La   rimessione   in   termini   è   un   rimedio   a   tutela   della   effettività   tanto   del   principio   dispositivo   (dell’azione-­‐

domanda   e   del   c.d.   diritto   costituzionale   di   difesa,   ex   artt.   24   Cost.,   6   CEDU   e   99   c.p.c.),   quanto   del   contraddittorio  in  condizioni  di  parità  (ex  artt.  111  Cost.  e  101  c.p.c.,  per  la  cognizione  piena  ed  ex  artt.  111   Cost.  e  669-­‐bis  e  669-­‐sexies  c.p.c.  per  il  procedimento  cautelare  in  particolare).  Può  ben  dirsi  che  tale  istituto   sia   espressione   del   principio   di   auto-­‐responsabilità   processuale   e   segnatamente   dell’autoresponsabilità   per   colpa   della   parte   a   garanzia   dell’impegno   costituzionale   dell’effettività   del   contraddittorio20.   Dopo   ed     in   conseguenza  della  sua  nuova  collocazione  nell’art.  153  c.p.c.,  nel  Libro  I  del  codice,  la  dottrina  ha  ritenuto  che   il  rimedio  –  oltre  ad  essere  di  carattere  generale,  applicabile  a  tutti  i  procedimenti  –  sia  estensibile  anche  ai   poteri  esterni  al  processo,  ovvero  ai  poteri  di  impugnazione  e  di  prosecuzione  o  di  riassunzione  del  processo.21   L’istituto  della  rimessione  in  termini,  dunque,  si  costituisce  come  una  forma  di  regolamentazione  giudiziale  del                                                                                                                  

19CHIOVENDA., Progetto di riforma del procedimento civile, in Saggi di diritto processuale civile, vol. II, Roma, 1931, 114 ss.; Cfr. La riforma del procedimento civile proposta dalla Commissione per il dopo guerra. Relazione e testo annotato a cura di CHIOVENDA G., Napoli, 1920. R. Caponi, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1996, 119; R. Caponi, Rimessione in termini:

estensione ai poteri di impugnazione (art. 153, 2° comma, c.p.c.),in Foro it., 2009, V, 283. A. Briguglio, Le novità sul processo ordinario di cognizione nell’ultima, ennesima riforma in materia di giustizia civile, in www.Judicium.it, § 6. Secondo una dottrina la rimessione ex art. 184bis c.p.c. era applicabile esclusivamente alla fase istruttoria del processo ordinario di primo grado e non anche alla proposizione delle impugnazioni: C. Asprella-R. Giordano, La riforma del processo civile, dal 2005 al 2009, in Giust. civ., 2009, suppl. al n. 6, 27. Contro tale impostazione riduttiva o restrittiva: G. Verde, Diritto processuale civile, Vol. 1: Parte generale, Bologna, 2010, p. 259. La rimessione in termini inserita nel secondo comma dell’art. 153 c.p.c. intitolato “Improrogabilità dei termini perentori” non può ritenersi una felice formulazione sistematica. Meglio sarebbe stato se il legislatore le avesse dedicato un apposito articolato comprensivo del procedimento senza rinviare all’art. 294, commi 2 e 3, c.p.c. Tuttavia, nessuno dubita della portata applicativa generale della attuale rimessione in termini, attesa la sua collocazione nel Libro I, tra le Disposizioni generali, dopo la contestuale abrogazione dell’art. 184bis c.p.c. che la prevedeva nell’ambito dell’istruzione probatoria del processo ordinario di cognizione. Inoltre, nel novellato art. 153 c.p.c. si parla indifferentemente del “giudice”, mentre nell’abrogato art. 184bis c.p.c. si menzionava il “giudice istruttore”. Tali considerazioni si rispecchiano nell’istituto della rimessione in termini del progetto “Per un nuovo codice di procedura civile” di A. Proto Pisani, cit., Libro I, Capo V, art. 1.114 ss.

20 Riconduce la rimessione in termini al principio di autoresponsabilità: R. Caponi, La rimessione in termini nel processo civile, Milano, 1996, 49 ss.

21 R. Caponi, Rimessione in termini: estensione ai poteri di impugnazione (art. 153, 2° comma, c.p.c.),cit. 283. A. Briguglio, Le novità sul processo ordinario di cognizione nell’ultima, ennesima riforma in materia di giustizia civile, in www.Judicium.it, § 6.

(7)

processo,  ispirato  all’equità  e  al  principio  di  conservazione  e  come  tale,  ove  ritenuto  praticabile,  potrebbe,  ai   fini  della  presente  riflessione  ricostruttiva,    rivelarsi  in  gran  parte  risolutivo  o  un  ulteriore  rimedio.  

A  tal  uopo,  occorre  verificare,  come  si  vedrà  in  seguito,  se  il  rigetto  del  ricorso  della  parte  incolpevolmente   assente   all’udienza,   attraverso   la   tecnica   della   rimessione   in   termini,   possa   essere   reintegrata   nei   poteri   processuali   che   avrebbe   potuto   esercitare   se   fosse   stata   presente.   In   altri   termini,   si   tratta   di   stabilire   se   attraverso  il  meccanismo  di  cui  agli  artt.  153  e  294,  comma  2,  c.p.c.,  si  possa  realizzare  la  riassunzione  del   procedimento  cautelare  o  la  riproposizione  della  domanda.  

   

1.2. Premessa  2:  cenni  sulla  natura  del  procedimento  cautelare  e  suo  inquadramento  nell’ambito     del  sistema  ordinamentale  e  in  rapporto  al  giusto  processo  ex  art.  111  Cost.      

   

Il   periculum   in   mora,   che   assurge   a   paradigma   estremo   della   irreparabilità   del   pregiudizio,   rende   la   tutela   cautelare   costituzionalmente   doverosa;22   tanto   più   ove   si   metta   in   relazione   il   pregiudizio   stesso   con   la   persona  che  lo  subisce.23  

Invero,  la  tutela  cautelare  (tipica  e  atipica),  sebbene  non  abbia  funzione  esclusiva,  in  quanto  concorre  con  altri   istituti  specifici  di  diritto  sostanziale  (pegno,  ipoteca,  trascrizione  della  domanda  giudiziale,  anatocismo,  diritto   di  ritenzione,  obbligo  di  restituzione  frutti  da  parte  del  possessore  di  buona  fede  ex  art.  1148  c.c.,  solo  per   citarne   alcuni)   e   rimedi   specifici   di   diritto   processuale   (quali   i   titoli   esecutivi   di   formazione   stragiudiziale,   i   procedimenti   sommari   non   cautelari,   i   provvedimenti   c.d.   ad   effetti   anticipati   nell’ambito   del   giudizio   ordinario  ex  artt.  186bis,  186ter  e  186quater  c.p.c.,  la  condanna  in  futuro),  risponde  all’esigenza  di  garantire  la                                                                                                                  

22 Corte Cost., 28.6.1985, n. 190, in Foro it., 1985, I, 1881; A. Proto Pisani, Lezioni di Diritto Processuale Civile, Napoli, 2012, 602.

23 Della necessità di recuperare il concetto di persona del titolare del diritto, parla: A. Proto Pisani, Lezioni di Diritto Processuale Civile, Jovene, Napoli, 2012, cit., p. 635 ss. Senza entrare in problematiche oggetto della filosofia del diritto, qui basta osservare che il rilievo centrale della persona, quale titolare di diritti viene massimamente in rilievo nella tutela cautelare atipica con riferimento ai diritti fondamentali e personalissimi di rango costituzionale a contenuto non patrimoniale (nome, immagine, reputazione, libertà in tutte le sue espressioni e manifestazioni). Ma il concetto di persona in sé è rilevante sul piano positivo a partire dall’art. 2 Cost. ed è confermato – per quanto qui rileva – dai successivi artt. 3, 24, 25 e 111 Cost. e dagli artt. 18 e 75-80 c.p.c., nochè per gli enti superindividuali dagli artt. 18, 20, 29, 33, 45, 49 Cost. e 19 e 75, commi 3 e 4 e ss c.p.c. Persona è concetto che sul piano giuridico è molto di più di individuo in quanto esso ricomprende, oltre la persona fisica, la persona giuridica e tutti quegli organismi, dotati o meno di personalità giuridica, che non si identificano con gli individui (persone fisiche), ma li considerano “entificati”. Quindi, persona,: come centro di imputazione di valori morali e giuridici e a sua volta portatore di valori morali e giuridici. La persona è portatrice e destinataria di responsabilità che a sua volta esige la singolarità insostituibile (dell’essere) in quanto risponde di ciò che si fa, si dice, si dà. J. Derrida, Donare la morte, Trad. di Luca Berta, Milano, 2008, 88. Sul rapporto tra persona, responsabilità e processo che rivaluta, sul piano teorico generale, la figura dell’ “essere”, come “esser-ci” (nel processo), in quanto persona, ente esistenziale: P. Proto, La Meta(Oltre)Fisica del processo. A proposito del caso Englaro., in Academia.edu, 2017, 6 ss, specialmente nota 23, 11 ss.

(8)

effettività  della  tutela  giurisdizionale  in  sé24.  Essa  garantisce  la  fruttuosità  e  l’utilità  sia  della  tutela  ordinaria  a   cognizione   piena,   sia   della   tutela   esecutiva.   Tale   garanzia   si   assicura   o   mediante   la   conservazione/preservazione   della   integrità   della   situazione   giuridica   messa   in   pericolo   o   anticipando   gli   effetti  della  decisione  sul  merito  nel  tempo  occorrente  per  lo  svolgimento  del  giudizio  ordinario.  

Il processo ordinario – a sua volta – è una sequenza di atti ed attività teleologicamente e cronologicamente orientati alla decisione finale che, attraverso l’accertamento della verità processuale, afferma la jurisdictio, il dire il diritto, quel diritto che deve “dare per quanto possibile praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello che egli ha diritto di conseguire”25. In sintesi, esso – a differenza, come si dirà, del processo cautelare – è caratterizzato dalla predefinizione normativa di termini, poteri e doveri delle parti e del giudice e dalla instaurazione anticipata del contraddittorio rispetto al provvedimento conclusivo. Garanzie, queste, ora codificate espressamente nell’art. 111 Cost., ma già ritenute presenti nel sistema dei valori costituzionali, che avvolgono il processo ordinario e che ad esso sono connaturate, ma al contempo fanno sì che l’accertamento della verità necessiti di un certo tempo che fisiologicamente, con tutta l’efficienza possibile, non consentirebbe di impedire la perdita definitiva del diritto soggettivo quando nessuna altra tecnica risarcitoria lo potrebbe mai ripristinare e/o soddisfare il titolare.

Di   qui   la   doverosità   costituzionale   della   tutela   cautelare.26   Essa   si   costituisce   laddove   a   causa   –   o     anche   a   causa  –  del  tempo  fisiologicamente  necessario  del  giudizio  ordinario  di  cognizione  ritorna  a  danno  dell’attore   che  probabilmente  ha  ragione  vedendosi  irrimediabilmente  perduto  o  grandemente  scemato  il  bene  oggetto   del  suo  diritto,  cosicchè  l’azione  ordinaria  o  esecutiva  diventa  tardiva  o  infruttuosa.  

Ovviamente  sarebbe  erroneo  il  solo  pensare  che  la  tutela  cautelare  sia  servente  all’esigenza  di  porre  rimedio   ai  tempi  lunghissimi  del  processo  ordinario,  perché  così  non  è,  sebbene  il  ricorso  allo  strumento  cautelare  sia   stato  usato  e  abusato  anche  a  causa  delle  lungaggini  di  quel  processo.  La  celerità  della  tutela  cautelare  non   attiene  alle  disfunzioni  del  processo  a  cognizione  piena,  bensì  al  rischio  di  perdere  in  tutto  o  in  parte  il  bene  su   cui  si  esercita  o  si  ha  un  diritto  e  nessun  processo  ordinario  per  quanto  efficientissimo  e  velocissimo  può  porvi   rimedio   a   meno   che   non   si   voglia   ridurre   il   processo   ordinario   medesimo   ad   una   sorta   di   giudizio   su   una   parvenza  del  diritto.  

                                                                                                               

24 Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, I, 2^ rist., Napoli, 1960, 40.

25 Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile ,I, 2^ rist., Napoli, 1960, 40.

26 Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, ed. 2012, cit., 602.

(9)

Né  si  può  ritenere  convincente  la  tesi  che  vuole  la  tutela  in  questione  –  conferendole  una  particolare  valenza   pubblicistica  –  servente  ad  assicurare  la  effettività  della  tutela  giurisdizionale  fino  a  ritenere  il  provvedimento   cautelare  un  diritto  dello  Stato  in  funzione  di  una  generale  tutela  del  diritto.27  

La   tutela   cautelare   è   uno   strumento   processuale   di   completamento   del   sistema;   servente   all’esigenza   dell’effettività   della   tutela   giurisdizionale   sia   ordinaria   che   esecutiva.   Sulla   sua   autonomia   si   riscontra   una   diversità  di  opinioni.  Il  discorso  è  legato  alla  strumentalità  e  provvisorietà  della  tutela  (cautelare)  in  ordine  alla   quale   parte   della   dottrina   non   riconosce   autonomia   di   azione.28   Secondo   altra   dottrina   occorre   fondare   il   concetto   di   cautela   utilizzando   criteri   definiti   su   basi   positive   ricavabili   da   elementi   strutturali   e   non   meramente   funzionali.29Questa   condivisibile   dottrina   partendo   dalla   giurisprudenza   costituzionale30,   che   ha   stabilito  “il  principio”  –  più  volte  menzionato  –  “per  il  quale  la  durata  del  processo  non  deve  andare  a  danno   dell’attore   che   ha   ragione”,   ritiene   la   tutela   cautelare   atipica   una   componente   essenziale   ed   ineliminabile   della  tutela  giurisdizionale  e  ritiene  l’azione  cautelare  atipica  astratta  come  è  atipica  e  astratta  anche  la  tutela   ordinaria31.  Autonomia  dell’azione  e  autonomia  della  tutela  (cautelare)  sono  strettamente  legati  e  collegati  al   discorso   sulla   strumentalità   e   provvisorietà   del   provvedimento   cautelare32;   strumentalità   e   provvisorietà                                                                                                                  

27 Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, IV ed. (ristampa), Napoli, 1980, 226; Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 140, nota 46.

28 Nega sia l’esistenza di una azione cautelare autonoma in relazione ad ogni singolo provvedimento cautelare, sia l’esistenza di una azione cautelare generale ed astratta, in quanto ritiene il potere di chiedere la tutela cautelare una proiezione o un riflesso dell’azione ordinaria: Monteleone, Diritto processuale civile, cit., 1149-1150; Mandrioli, Diritto processuale civile, Seconda edizione, Torino, 2002, 22. In una posizione intermedia sembra collocarsi: Valitutti, I procedimenti cautelari e possessori, I, cit. 73.

29 Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 596.

30 Corte Cost. 28-6-1985, n. 190, in Foro it., 1985, I, 1881; Corte Cost. 27-12-1974, n. 284, in Foro it., 1975, I, 263.

31 La locuzione “diritto di azione” come si potrà incontrare nel testo viene usata per comodità di sintesi espositiva senza volerle conferire alcun significato giuridico-processuale intorno al quale la dottrina dibatte da oltre un secolo. V.: S. Satta, Diritto processuale civile, Padova, 1981, 122 ss. G. Monteleone, Diritto processuale civile, cit., 171 ss. Id. Domenico Viti ed il concetto di azione, ovvero l’eredità scientifica di Giuseppe Chiovenda, in Giur. it. 1997, Disp. 3°, parte IV, 2 ss. Id. Scritti sul processo civile, Vol. I, cit, 185 ss.

Dà una precisa definizione al c.d. diritto di azione: A. Proto Pisani, Progetto per un codice di procedura civile, cit., all’art. 01. Diritto di azione e sua atipicità. – Tutti possono agire in giudizio per la tutela giurisdizionale dei propri diritti. Ed il successivo art. 02.

Principio della domanda. – Il giudice provvede alla tutela giurisdizionale di diritti su domanda di parte.” Più o meno nello stesso senso si esprime l’art. 30 del N.C.P.C. francese: “L’action est le droit, pour l’auteur d’une prètention, d’etre entendu sur le fond de celle-ci a fin que le juge la dis bien ou mal fondée. Pour l’adversaire, l’action est le droit de discuter le bien-fondée de cette prétention.”. Fazzalari, Azione civile (Teoria Generale del Diritto Processuale), in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile, II, Torino, 1990, 31 ss.: identifica l’azione con la “situazione legittimata” spettante a ciascuna parte del processo, situazione composta da una serie di posizioni soggettive, di vario tipo e contenuto. Una sequenza di posizioni, sia pure discontinua (la posizione di una parte intersecandosi con quella dell’altra) facente capo a ciascuno dei litiganti. Ci si astiene dal prendere parte in qualsiasi senso sulla opportunità più che necessità di inserire una definizione del fenomeno in un codice. Ci si limita col dire che l’azione è certamente autonoma dal diritto sostanziale oggetto della contesa e che semmai, la stessa costituisce il contenuto unico del diritto.

Così: Satta, op. loc. cit., 124 ss. Si potrebbe dire che l’azione è l’atto di esercizio o di eccitazione del sistema processuale per veicolare una pretesa giuridica (o di diritto, o per il diritto, o dal diritto) la quale solo attraverso il processo trova riconoscimento il diritto e si ricompone l’ordinamento violato. L’impulso di parte o l’impulso officioso si costituisce come movimento dell’azione.

32 Sulla strumentalità del provvedimento cautelale tra gli altri citati v.: Novarese, Tutela dei nuovi diritti e procedimento cautelare riformato, in Riv. giur. amb., 1993, 223 ss.

(10)

rispetto   e   con   riferimento   al   giudizio   di   merito   a   cognizione   piena,   anche   dopo   l’attenuazione   della   strumentalità   dei   provvedimenti   c.d.   anticipatori   (avvenuta   a   seguito   della   modifica   degli   artt.   669octies   e   669novies  c.p.c.  con  D.L.  14.3.2005,  convertito  nella  legge  14.5.2005,  n.  80).  Questi  ultimi  provvedimenti,  pur   mantenendo  la  loro  efficacia  indipendentemente  ed  a  prescindere  dall’inizio  o  meno  del  giudizio  di  merito,   sono  comunque  revocabili  o  modificabili  ex  art.  669decies  c.p.c.  se  mutano  le  circostanze  e  possono  sempre   venire  assorbiti  dalla  sentenza  di  merito  in  caso  di  eventuale  inizio  del  relativo  giudizio  e,  in  base  all’ultimo   comma  dell’art.  669octies  c.p.c.,  la  loro  autorità  non  può  essere  invocata  in  un  diverso  processo.  

Tuttavia,  non  si  può  negare  che  il  procedimento  cautelare  abbia  una  sua  propria  autonomia.  Strutturalmente   il  procedimento  ha  un  suo  statuto  normativo  di  disciplina  (artt.  669bis/669quaterdecies  c.p.c.)  integrato  dalle   disposizioni   generali   del   Libro   I   del   codice   applicabili   a   tutti   i   procedimenti,   nonché   non   ultimi   i   precetti   costituzionali.   Il   procedimento   cautelare   è   assoggettato   al   principio   del   giudice   naturale   precostituito   per   legge33;  al  principio  dispositivo  della  domanda  e  all’impulso  di  parte  ex  artt.  24  Cost.  e  99  c.p.c.;  si  introduce   con  ricorso  ai  sensi  dell’art.  125  c.p.c.,  si  svolge  nel  contraddittorio  –  ad  eccezione  della  parentesi  eventuale  e   remota   di   una   pronuncia   inaudita   altera   parte   che   comunque   deve   essere   immediatamente   confermata,   modificata  o  revocata  nel  contraddittorio  delle  parti.  

A   questo   proposito,   non   può   sottacersi   che   il   decreto   cautelare,   sebbene   sul   piano   procedimentale   abbia   molto   in   comune   con   il   procedimento   di   ingiunzione   ex   artt.   633   ss.   c.p.c.,   per   assenza   di   preventivo   contraddittorio,  se  ne  differenzia  poi  nettamente  perché,  mentre  il  decreto  ingiuntivo  per  essere  confermato   non   ha   bisogno   di   alcun   contraddittorio   che   è   solo   eventuale   e   differito,   il   decreto   cautelare   affinchè   mantenga   la   propria   efficacia   deve   necessariamente,   ai   sensi   del   secondo   comma   dell’art.   669sexies   c.p.c.,   instaurarsi  il  contraddittorio.  Il  decreto  ingiuntivo  se  non  viene  proposta  opposizione  acquista  definitività  alla   stregua  del  giudicato  ex  artt.  324  c.p.c.  e  2909  c.c.  e  spiega  gli  effetti  propri  di  questo  o,  secondo  una  dottrina,   della  preclusione  pro  iudicato34.  Di  contro,  il  decreto  cautelare  per  la  sua  conferma  (o  modifica  o  revoca)  e  per                                                                                                                  

33 Sulla nozione epistemologica di “giudice naturale” si rinvia a: Ubertis, Profili di epistemologia giudiziaria, Milano, 2015, 68 ss.

Sulla stessa linea e in relazione all’esperienza processuale: Proto, La Meta(Oltre)fisica del processo. A proposito del caso Englaro, in Academia Edu, 2017, 30-39; Proto, Fase presidenziale nel giudizio di separazione giudiziale, in Giur. Merito, Milano, 06/2010, 1542 ss. Sul piano positivo il principio si rinviene nel collegamento tra la norma costituzionale dell’art. 25 Cost. e le disposizioni ordinarie degli artt. 669ter e 669 septies c.p.c. rispettivamente il primo individua il giudice competente anteriore alla causa di merito ed il secondo la pronuncia sulla competenza. Per la domanda cautelare in corso di causa dispone l’art. 669quater c.p.c.

34 Gli effetti del giudicato tout court o di preclusione pro iudicato la cui trattazione esula dal presente contributo si evince sul piano strettamente normativo dagli artt. 647 e 656 c.p.c. Il primo dispone che dichiarata la definitività del decreto per mancanza di opposizione, tranne il caso della rimessione in termini con l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., l’opposizione medesima non può essere più proposta o proseguita; il secondo assoggetta il decreto ingiuntivo divenuto definitivo a revocazione ai sensi dell’art. 395, nn. 1, 2, 5 e 6, c.p.c. (casi di revocazione straordinaria) e ad opposizione di terzo ex art. 404, comma 2, c.p.c., rimedi questi esperibili

(11)

la   sua   efficacia   necessita   della   corretta   instaurazione   del   contraddittorio.   Di   tal   che,   si   può   ben   dire   che,   il   procedimento   cautelare,   è   un   procedimento   a   contraddittorio   necessario   perché   –   ad   eccezione   delle   remotissime  ipotesi  di  concessione  del  decreto  e  successivamente  a  questo  –  il  provvedimento  conclusivo  è   sempre   e   necessariamente   dato   nel   contraddittorio   anticipato35.   Insomma   si   realizza   l’actus   trium   personarum.    

A   differenza   del   giudizio   ordinario   di   cognizione   laddove   poteri,   facoltà   e   doveri,   delle   parti   e   del   giudice,   termini  e  modalità  di  svolgimento  del  procedimento  o  della  trattazione  sono  predefiniti  legislativamente  e  la   decisione  è  suscettiva  di  giudicato  formale  ex  art.  324  c.p.c.  e  sostanziale  ex  art.  2909  c.c.,  nel  procedimento   sommario   cautelare   sono   rimessi   alla   determinazione   del   giudice   ed   il   relativo   provvedimento   conclusivo   è   privo   di   attitudine   al   giudicato.   Ciò   secondo   una   scuola   di   pensiero   servirebbe   non   solo   a   differenziare   il   procedimento   ordinario   da   quelli   sommari,   ma   addirittura   toglierebbe   al   procedimento   sommario   e,   nella   specie,  a  quello  cautelare,  la  caratteristica  di  essere  un  procedimento  autonomo  e  di  non  costituire  un  vero   giudizio.36  

In  ordine  all’autonomia  si  è  avuto  modo  di  dire  che  essa  va  individuata  più  sul  piano  strutturale  che  su  quello   funzionale   per   quanto   anche   sotto,   tale   ultimo   aspetto,   a   differenza   di   altri   procedimenti   sommari   non   cautelari,   i   cautelari   hanno   una   funzione   che   sebbene   strumentale   e/o   ancillare   alla   tutela   ordinaria   comunque  è  funzionale  a  se  stessi  per  quello  che  devono  accertare  e  per  la  decisione  invocata  e  che  da  essi   scaturisce.  

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                         

avverso la sentenza passata in giudicato. Sulla preclusione pro iudicato: Redenti, Diritto processuale civile, I e III, Milano, 1957, 110 e 146 ss.; Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 80. Contra perché privo di utilità pratica: Monteleone, Diritto processuale civile, cit., 1101. Sul giudicato in relazione al decreto ingiuntivo definitivo, v.: Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, III, 15^ ed., Torito, 2003, 50; Storto, La revocazione e l’opposizione di terzo, in Il procedimento di ingiunzione, Zanichelli, Torino, 2005, 537 ss.; Menchini, Regiudicata civile, in Digesto delle Discipline privatistiche, Sezione civile, XVI, 417 ss.; Tota, Rapporti tra opposizione a decreto ingiuntivo ed opposizione all’esecuzione, in Il procedimento di ingiunzione, Zanichelli, Torino, 2005, 481 ss.

35 Di tal che deve convenirsi che il giudizio ordinario non è l’unica forma di procedimento che produce una decisione idonea al giudicato in quanto anche il procedimento monitorio, in assenza di contraddittorio, produce un provvedimento che spiega effetti uguali o simili al giudicato. Gli esempi potrebbero continuare ma esulerebbero dall’economia del presente contributo. Tuttavia quanto detto giova a rafforzare la tesi a favore della natura processuale della tutela cautelare e di processo cautelare in senso proprio, dotato di una sua autonomia strutturale e, anticipando quanto si dirà, entro certi limiti, anche funzionale.

36 Monteleone, Diritto processuale civile, cit., 1096, sebbene con riferimento ai procedimenti speciali e sommari, l’A. ritiene che i procedimenti sommari diventano incostituzionali se concepiti come azioni autonome dirette ad ottenere in modo surrettizio e mediato gli stessi risultati, pratici e giuridici, che solo il processo ordinario può e deve assicurare. Quindi, i procedimenti speciali e sommari trovano legittimazione anche costituzionale se vengono concepiti come strumenti di tutela connessi e coordinati alla tutela ordinaria a cognizione piena, ove ricorrano particolari esigenze. Di “normativa senza giudizio” parla: Satta, Commentario al codice di procedura civile, IV, 1,Milano, 1968, 4 ss. Di procedimenti giurisdizionali parla Valitutti, I procedimenti cautelari e possessori, I, cit. 73. Come si è detto in precedenza una posizione diversa assume: Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 596.

(12)

L’utilità   che   il   provvedimento   cautelare   dà   all’attore   è   la   finalità   di   accedere   ad   una   effettiva   tutela   giurisdizionale  piena  in  relazione  all’affermazione  definitiva  con  efficacia  di  giudicato  della  situazione  giuridica   di  cui  è  titolare.  Se  il  fine  –  per  dirla  con  la  filosofia  del  diritto  –  è  il  criterio  di  misura  dell’utilità37  ,  come  in   effetti  lo  è,  si  conferma  la  doverosità  costituzionale  della  tutela  cautelare.  

La  dottrina38  tra  l’altro  si  è,  altresì,  interrogata  sulla  compatibilità  del  procedimento  cautelare  con  il  principio   costituzionale   del   “giusto   processo   regolato   dalla   legge”   ai   sensi   dell’art.   111   Cost.39   Ovviamente   la   compatibilità   non   riguarda   la   tutela   cautelare   in   sé,   bensì,   la   compatibilità   della   sua   disciplina   normativa   vigente   con   le   garanzie   del   “giusto   processo”,   tant’è   che   la   predetta   tutela   è   prevista   anche   nel   processo   davanti  alla  Corte  Europea  dei  Diritti  dell’Uomo40  

Il  riferimento,  in  particolare,  per  la  parte  che  qui  maggiormente  rileva,  è  diretto  proprio  al  contraddittorio  tra   le   parti   in   condizioni   di   parità   che,   nel   procedimento   cautelare   è   solamente   previsto   come   essenziale   e   necessario  ma  non  ne  viene  disciplinato  lo  svolgimento,  ovvero  la  sua  dinamica  articolazione.  Questa  ultima  è   rimessa   al   potere   discrezionale   del   giudice   che   il   secondo   comma   dell’art.   111   Cost.   vorrebbe   terzo   ed   imparziale.   La   lontananza   del   procedimento   cautelare   dalle   garanzie   costituzionali   sembrerebbe   piuttosto   evidente.   Occorre   stabilire,   però,   se   detta   lontananza   sia   tale   da   rendere   il   sistema   del   procedimento   cautelare  in  conflitto  e/o  incompatibile  col  dettato  costituzionale,  ovvero  se  possa  convivere  con  questo.  La                                                                                                                  

37 Il concetto è preso da F. Viola, Il diritto tra arte ed etica, in Una filosofia del derecho en acciòn. Homenaje al profesor Andrés Ollero, estrapolato da Academia.edu, p. 5.

38 Bove, Art. 111 Cost. e “giusto processo civile”, in Riv.dir.proc., 2002, 479 ss.; Ferrajoli, L’etica della giurisdizione pernale, in Questione giustizia, 1999, 483-490; Civinini, Il nuovo art. 111 della Costituzione e il “giusto processo civile”. Le garanzie, in Convegno Elba, 278; Proto Pisani, Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile, in Foro it., 2000, V, 241-244; Monteleone, Diritto processuale civile, cit., 33, il quale reputa l’intero attuale sistema processuale incompatibile con l’art. 111 Cost..

39 Sulla prima parte dell’enunciato “giusto processo” – grazie ad una elaborazione del concetto già presente anche nella giusisprudenza costituzionale – si arriva sostanzialmente a dare un significato univoco in dottrina vuoi come formula di sintesi che sussume in se stessa le garanzie presenti nel sistema dei valori costituzionali basta leggere in modo integrato, con riferimento al processo civile, gli artt. 24, 3, 25, 101, 102, 104-111 Cost., sia come clausola aperta suscettibile di essere riempita ed adeguata con la nascita di nuove forme di garanzie processuali, sia come principio vivo di per sé oltre ad essere riassuntivo, anche grazie al confronto diretto con le normative internazionali da cui origina laddove si parla di “processo equo” (art. 6 CEDU, art. 10 Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo approvata dall’ONU il 10.12.1948, art. 14 Patto internazionale sui diritti civili e politici, approvato dall’ONU il 16.12.1966). Sul punto, v.: Andrioli, La convenzione dei diritti dell’uomo e il processo giusto, in Temi romana, 1964, 444 ss.; Cecchetti, voce, Giusto processo, in Enc. dir., Aggiornamento, V, Milano, 2001, 595 ss.; Trocker, Il nuovo art. 111 della Costituzione e il “giusto processo” in materia civile, in Capponi e Verde, 27 ss.; Vignera, Le garanzie costituzionali del processo civile alla luce del”nuovo” art. 111 Cost., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2003, 1185 e 1190; P. Pellegrinelli, Giusto processo (civile), in Digesto delle Discipline Privatistiche, Sezione Civile, Aggiornameno *** Torino, 2007, 648 ss. Corte Cost., 15-9-1995, n. 432, in Foro it., 1995, 3371; Corte Cost., 24-4-1996, n. 131, con nota di Margaritelli, in Giur. costit. 1996, 1139. Più problematica è, invece, la seconda parte “regolato dalla legge” che – come ha osservato un illustre Autore – rappresenta una novità anche rispetto alle fonti di natura pattizia appena citate: Proto Pisani, Il nuovo art. 111 Cost. e il giusto processo civile, cit., 241-247.

40 Specie dopo il Protocollo n. 11 del 1-11-1998 sono previste misure cautelari dirette ad evitare che, nelle more del procedimento, persone possano essere espulsi o estradati esponendole al rischio di essere messe a morte, o torturate, o sottoposte a trattamenti disumani nel Paese di destinazione. Corte Dir. dell’Uomo, 21-10-1996, in Riv. dir. int., 1996, 531.

Riferimenti

Documenti correlati

Ferme le premesse, la conclusione è destinata a venire meno, però, ove si convenga che quello delineato dagli articoli 702-bis e seguenti non è procedimento sommario (non

Questa prospettiva è dischiusa dalle conclusioni, affidate all’Avvocato Generale, Giuseppe Tesauro, che illustrano in modo esemplare il nesso tra effettività della tutela

21 legge TAR era prevista, non l’obbligatorietà, ma solo la possibilità di una pronuncia “provvisoria” sulle spese del procedimento cautelare e solo in caso di rigetto della

L’art. 8, 5° comma, ha in pratica l’effetto di anticipare, se così possiamo dire, la qualificabilità in termini di comportamento processuale delle parti ai sensi dell’art. a scelte

“- vista la nota in data 16 aprile 2009 con cui il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di … chiede di conoscere se il periodo di ferie di giorni

4 del 2019, come convertito, avviene all’interno di una fase consequenziale alla decisione sulla misura cautelare, mentre la diversa fase che fa capo all’ente erogatore attiene

E CCESSO DI POTERE E VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGITTIMO AFFIDAMENTO NELLA CERTEZZA DEL DIRITTO. V IOLAZIONE DEI PRINCIPI DEL GIUSTO PROCEDIMENTO E DELLA

Sulla scorta di tale documento, in esito al primo esame della domanda, la Regione aveva ritenuto che l'impianto di distribuzione non fosse proponibile a finanziamento