Commemorazione Ufficiale
Treviglio, 4 novembre 2011
Alle autorità civili, militari, religiose, ai colleghi sindaci di Arzago d’Adda, Canonica d’Adda e al delegato della sindaco di Casirate d’Adda, ai rappresentanti delle associazioni combattentistiche e d’arma, ai rappresentanti di gruppi, enti ed associazioni che operano a Treviglio e per i trevigliesi, a tutti coloro che qui oggi partecipano alla commemorazione, innanzitutto un ringraziamento
sincero.
«Caro soldato,
la nostra signorina maestra ci ha detto, al principio dell’anno scolastico, che non dobbiamo soltanto sentire il dovere di studiare e di essere buone, ma che dobbiamo anche amare la Patria e fare qualche sacrificio per i bravi soldati che patiscono tanto freddo nelle trincee e che danno la loro vita per la gloria d’Italia. E noi abbiamo pensato, invece di comprare le ghiottonerie, di portare i nostri risparmi alla signora maestra, la quale, alla fine del mese, ha comprato della lana che poi noi lavorammo.
È piccolo, è vero, il nostro dono, ma sono così piccine anche le nostre borse!
Di grande non abbiamo che il cuore, e noi promettiamo di pregare tanto per lei e per tutti i soldati italiani perché possano ritornare vincitori alle loro case, dopo aver resa grande l’Italia».
Scrivono queste parole le alunne della terza elementare, sezione D, nell’anno scolastico 1915-‐
1916. Su iniziativa della loro maestra, Carlotta Della Torre, acquistarono la lana e confezionarono degli indumenti da destinare ai soldati al fronte. Ho recuperato questa testimonianza all’interno del volume di prossima pubblicazione che Carmen Taborelli Rovati ha dedicato a La solidarietà dei Trevigliesi durante la prima guerra mondiale.
In questa testimonianza si parla di un legame con il fronte, di una relazione con la vita quotidiana, della consapevolezza dei piccoli gesti e della volontà di credere in un ideale, la Patria, che può portare alla richiesta dell’estremo sacrificio.
L’ho trovata una testimonianza attuale, capace di suscitare in ciascuno di noi un ricordo non formale ma “caldo” –oserei dire-‐ di che cosa può significare la guerra nei suoi riflessi quotidiani; è anche, credo, una testimonianza immediata di un senso forte della comunità, costruito sulla consapevolezza della appartenenza a un ambiente comune all’interno della quale i grandi gesti (la campagna militare) e i piccoli gesti (i sacrifici e le rinunce di queste 51 alunne iscritte alla terza elementare) si fondono nella volontà di essere, insieme, artefici di un grande destino di gloria.
Il volume della signora Carmen Taborelli Rovati ci aiuta ad entrare in quella Treviglio che, tra il 1915 ed il 1918, visse il dramma della guerra provando a reagire con opere di misericordia, sostegno e solidarietà che seppero mettere in luce una comunità viva e vitale pur nelle nebbie della guerra; ci racconta le storie di uomini, come noi, alle prese con una grande situazione di crisi che comportò il cambio radicale e violento del vivere quotidiano per molte famiglie, alle prese con l’incontro-‐scontro con la guerra.
Il nostro ricordo, oggi, deve essere pertanto un incontro non solo con testimonianze storiche, lontane nel tempo se non nello spazio, di eventi che ci sembrano ininfluenti. Siamo, invece, figli delle scelte che allora si posero in atto, della solidarietà ricercata tra trevigliesi e attuata con il concorso unanime ed immediato dell’intera popolazione non impegnata al fronte. Siamo, in un
certo qual modo, figli di quel “piccolo dono” che le alunne di una maestra di scuola elementare seppero produrre, sacrificandosi per un bene più grande di quello proprio ed immediato.
Ci aiuti la giornata odierna a riscoprire, proprio grazie a questa testimonianza, al valore che s’è consolidato nel tempo, ai segni ed ai monumenti con cui chi ci ha preceduto ha voluto eternare quelle vicende, ci aiuti –dicevo– a riscoprire le ragioni della pace e della non-‐violenza, il calore della famiglia e degli affetti, la disponibilità al sacrificio per la Patria, la volontà di essere una comunità unita e coesa, capace di aiutare chi è in situazione di difficoltà, attenta ai bisogni dei meno fortunati e capace, sempre, di fare il bene.
Riprendiamo la citazione iniziale e pensiamo, cambiando prospettiva, alla gratitudine di quei trevigliesi che, impegnati al fronte, ebbero la fortuna di ricevere quei piccoli lavoretti in lana;
erano segni di affetto, vicinanza, sostegno e, soprattutto, erano accompagnati da quelle commoventi parole.
Tocca a noi oggi tenere vivo un gesto di affetto, vicinanza e gratitudine per quegli stessi militari che morirono nell’adempimento dei loro compiti. Il loro sacrificio, che oggi ricordiamo commossi, sia vivo in ciascuno di noi quale segno concreto della disponibilità a spendersi per gli altri.
Nel 150° anniversario dell’unità d’Italia, frutto di sacrifici e di sangue, in un contesto economico di crisi che torna a chiederci il coraggio delle grandi scelte e del superamento della mera
contingenza, ai caduti di allora, ai caduti di sempre, Treviglio con gratitudine e riconoscenza, ispirandosi a loro come esempi concreti di costruzione del bene per tutti, ha riconosciuto, riconosce e continui a riconoscere onore e gloria.
Giuseppe Pezzoni Sindaco di Treviglio