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Riv Med Lab - JLM, Vol. 2, N. 3, 2001 71

Verso un ruolo maggiormente clinico del medico di laboratorio?

Giovanni Bonadonna

Direttore del Laboratorio di Analisi – Ospedale di S. Bonifacio (Verona)

Da qualche tempo, tra gli specialisti in medicina di laboratorio è in atto una riflessione sulla necessità di una evoluzione della professione verso un ruolo maggiormente clinico.

Già nel 1994, D.M. Goldberg e E.P. Diamandis in un loro editoriale su European Journal of Laboratory Medicine intitolato “Clinical chemistry:

death or transfiguration” (1), analizzarono le cause della crisi della professione del medico di laborato- rio; fondamentalmente: mancanza di un preciso ruo- lo professionale e costo eccessivo per una attività che spesso è assimilabile a quella di un “supertecni- co di laboratorio ”.

L’ evoluzione della professione, secondo questi au- tori, dovrebbe portare ad uno specialista con una co- noscenza completa della medicina di laboratorio “li- bero dal lavoro al banco di laboratorio”, libero quindi dalle attività strettamente analitiche, ma de- dito prevalentemente all’interpretazione dei dati di laboratorio ed all’attività di consulenza. Tale attività di consulenza potrà risultare più efficace se lo spe- cialista avrà acquisito “ultraspecializzazione in qualche disciplina specifica” come ad esempio l’en- docrinologia o la gastroenterologia.

M.J. Queen nel suo articolo “Clinical chemistry:

twilight or dawn” (2), dice che il medico di labora- torio deve dimostrare con i fatti, piuttosto che di- chiarare a parole, la sua capacità di fornire valore aggiunto agli esami di laboratorio; a tal scopo il me- dico di laboratorio deve uscire dall’ isolamento e la- vorare in stretto contatto con i clinici, specialmente nelle aree dell’ ematologia e della microbiologia . J. Barth nel suo articolo “The chemical pathologist as a clinician” (3), asserisce che gli specialisti di la- boratorio che abbiano una qualificazione medica possono avere un ruolo di cura diretta dei pazienti, specialmente in aree quali diabetologia, endocrino- logia, alterazioni del metabolismo lipidico.

Altrettanto importante è l’attività clinica indiretta, cioè il ruolo di “collegamento clinico” sia con i me- dici dell’ospedale che con i medici di medicina ge-

nerale. Questa attività di consulenza deve essere ri- volta soprattutto a fornire informazioni circa l’uti- lizzo appropriato dei test e la corretta interpretazio- ne dei risultati.

A.O. Olukoga nel suo articolo “Toward an effective and successful clinical liaison service in chemical pathology” (4), descrive il ruolo di collegamento tra il laboratorio e la clinica ed aggiunge che “ non sempre i problemi clinici possono essere risolti me- diante una consulenza telefonica, spesso è necessa- ria una consulenza al letto del malato ”.

M.J. Pearson nel suo lavoro “The clinical role of cli- nical biochemists” (5), tra le attività squisitamente cliniche del biochimico clinico elenca le seguenti:

- attività di consulenza (sulle attività delle fasi preanalitica, analitica, postanalitica)

- attività clinica diretta (in team con altri medici, in ambulatori integrati come ad esempio in dia- betologia, endocrinologia, nutrizione clinica op- pure direttamente nei reparti di cura)

- partecipazione alla stesura di linee guida diagno- stico-terapeutiche

- partecipazione a progetti di ricerca clinica - partecipazione a programmi di audit clinico Illuminanti al fine di chiarire i futuri compiti del medico di laboratorio, possono risultare infine alcu- ni documenti consultabili nel sito web di “The Royal College of Pathologyst” (6), che ha una se- zione dedicata al reclutamento degli specialisti, in cui W. Marshall (chemical pathologist) dichiara:

“noi abbiamo un importante ruolo clinico, non solo di consulenza clinica, ma anche di gestione clinica diretta dei pazienti, sia negli ambulatori che nei re- parti.

Nello stesso sito, P. Wright (microbiologo clinico) dichiara: “la maggioranza dei microbiologi clinici ritiene che il proprio compito non sia solo stare in laboratorio, e sempre più spesso frequenta i reparti di cura e le corsie”.

Dai lavori citati risulta che nei paesi anglosassoni c’è una diffusa tendenza verso un ruolo maggior-

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mente clinico del medico di laboratorio; ritengo che questa esigenza sia oggi attuale anche in Italia, infat- ti cominciano ad esserci occasioni di dibattito su questo tema.

Nei nostri laboratori c’ è in questo momento un ul- teriore elemento di novità: è in corso un processo di evoluzione del ruolo del tecnico di laboratorio, che porterà in breve tempo ad una figura di tecnico mag- giormente responsabilizzato e con maggiore autono- mia professionale.

Tale processo di crescita professionale dei tecnici potrà favorire notevolmente l’evoluzione del ruolo degli altri professionisti che operano in laboratorio, in quanto molte attività oggi espletate da personale laureato saranno svolte in futuro autonomamente dai tecnici di laboratorio.

In conclusione, in un prossimo futuro tutti i profes- sionisti del laboratorio dovranno spostare la loro professionalità verso un livello più alto dell’ attuale.

E’ compito delle istituzioni preposte alla forma-

zione e delle società scientifiche stabilire i per- corsi formativi più adatti per favorire questi pro- cessi di crescita professionale, che sono oramai indispensabili ai fini di un servizio di maggiore qualità.

Bibliografia

1) Goldberg DM, Diamandis EP. Clinical chemistry:

death or transfiguration. E.J. Lab Med 1994; 3: 157-9 2) McQueen MJ. Clinical chemistry: twilight or dawn.

Ann Clin Biochem 1996;33: 271-2

3) Barth J. The chemical pathology as clinician.

Bulletin of the Royal College of Pathologists 1995;85:19-21

4) Olukoga AO. Toward an effective and successful cli- nical liaison service in chemical pathology. J Clin Pathol 1997;50:538-40

5) Pearson J. The clinical role of clinical biochemists.

Ann Clin Biochem 1999;36:691-99

6) The Royal College of Pathologists. www.rcpath.org.

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