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UTILIZZAZIONE E RECUPERO DEGLI SCHIANTIDA VENTO NELLE PINETE LITORANEE

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– I.F.M. n. 5 anno 2002

(*) Ricercatore presso il CNR – IVALSA, via Barazzuoli 23, 50136 Firenze.

(**) Dottore in Scienze Forestali – Dip. Colture Arboree – Università degli Studi di Palermo, Palermo.

(***) Specialista Tecnico presso il CNR – IVALSA, via Barazzuoli 23, 50136 Firenze.

PIERGIORGIO FABBRI (***)

UTILIZZAZIONE E RECUPERO DEGLI SCHIANTI DA VENTO NELLE PINETE LITORANEE

FDC 305 : 355 : 363.7 : 174.7 Pinus pinea

Nel recupero degli schianti da vento, la meccanizzazione costituisce un’esigenza irri- nunciabile, che è dettata innanzitutto da motivi di sicurezza. Le caratteristiche di alcune specie mediterranee possono limitare la convenienza di una meccanizzazione standard di pura concezione Scandinava. Solo un «processore» di eccezionale potenza può trattare il pino domestico, e la sua economicità deve essere ancora valutata.

L’impiego di una pinza-sega rappresenta l’alternativa più interessante, caratterizzata da un investimento relativamente contenuto e da una flessibilità senz’altro maggiore. Un’esca- vatore munito di pinza-sega costa un terzo rispetto al «processore» completo e può essere impiegata tanto per l’abbattimento che per la sezionatura, la movimentazione e il carico.

Nel complesso, il sistema di lavorazione è snello ed efficace: il cantiere arriva a produrre 1000-1200 q di legname al giorno, per un costo di raccolta intorno alle 3000 Lit/q.

La compatibilità ecologica dei mezzi di esbosco potrebbe essere migliorata, ma è ancora entro i limiti. I veicoli impiegati non disturbano una superficie complessiva supe- riore a quanto riscontrato normalmente negli altri cantieri Italiani, e l’entità degli impatti non sembra essere tale da poter compromettere lo sviluppo dei soprassuoli.

I

NTRODUZIONE

Le formazioni litoranee costituiscono una porzione significativa del

patrimonio forestale italiano, non foss’altro per l’enorme sviluppo della

fascia costiera che caratterizza il nostro Paese. In molti casi, la vegetazione

spontanea di sclerofille è stata integrata con piantagioni di conifere

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– soprattutto pino domestico, pino marittimo e pino d’Aleppo. I motivi di tali interventi sono numerosi e difficili da elencare in modo completo, tanto più che questi si sono succeduti in epoche diverse, ciascuna caratterizzata da esigenze particolari.

Spesso, il pino era piantato in zone paludose, che erano bonificate apposta. Questo è soprattutto il caso del pino domestico, la cui coltivazione aveva un importante ruolo economico. In tal modo però si creava un siste- ma particolarmente delicato, la cui stabilità dipendeva dalla continua manutenzione delle opere idrauliche. Infatti, un’eventuale risalita della falda avrebbe compromesso gli apparati radicali, rendendo le piante estre- mamente vulnerabili alle libecciate, che sono endemiche nelle aree costiere.

In tempi recenti, il ruolo economico delle pinete litoranee è passato in secondo piano, mentre è cresciuto il valore attribuito alle zone umide. La manutenzione delle opere idrauliche ha iniziato a rarefarsi, spesso perché il costo non era più giustificabile in termini economici o strategici (C

ANTIANI

e S

COTTI

, 1988). In genere, il risultato non si è fatto attendere molto.

Attualmente, molte delle nostre pinete litoranee sono regolarmente falcidia- te dai danni da vento, che atterrano migliaia di piante.

La rimozione di questo materiale è problematica. Innanzitutto, il lavoro è molto pericoloso – probabilmente il più pericoloso tra quelli affrontati dai nostri boscaioli. La lavorazione delle piante cadute o pericolanti richiede un addestramento particolare e in genere procede lentamente. Questo determi- na un costo di utilizzazione particolarmente elevato, ed un costo umano gene- ralmente inaccettabile. In secondo luogo, il valore del legname recuperato è molto limitato. Già in partenza, i pini mediterranei offrono un legno di qua- lità mediocre, che qui è ulteriormente deprezzato dal danno subito.

Il ricorso alla meccanizzazione potrebbe contribuire a risolvere entrambi i problemi, aumentando la produttività e proteggendo gli opera- tori – ma le caratteristiche di alcune specie sono spesso inadatte all’impiego di una meccanizzazione avanzata di tipo classico. Alcune prove preliminari effettuate sul pino domestico adulto hanno evidenziato l’estrema difficoltà incontrata dal «processore» standard nel lavorare questa specie. Benché esistano sul mercato «processori» eccezionalmente potenti (es. AFM 80, Waratah HTH etc.) e quindi non si possa escludere apriori la possibilità di un allestimento meccanico, è certo che l’impiego del «processore» richiede- rebbe un investimento molto elevato.

L’alternativa consiste in un sistema intermedio, notevolmente più mec-

canizzato rispetto a quelli tradizionali ma ancora contraddistinto da un

certo livello di «manualità». Qui la macchina effettua buona parte del lavo-

ro – soprattutto quello più pericoloso – ma un operatore è distaccato ad

assisterla e a rifinire l’opera. Il sistema è caratterizzato da una buona flessi-

(3)

bilità operativa e da un investimento in attrezzature meno elevato di quanto richiesto dal «processore» completo, ma riesce ugualmente ad aumentare la produttività del lavoro e a garantirne la sicurezza. Un sistema di questo tipo è impiegato nella Tenuta di S.Rossore da circa due anni, ed è stato l’oggetto del presente studio.

L

E PROVE

Le prove sono state eseguite all’interno della Tenuta di S.Rossore (PI), nel periodo compreso tra il 6 Marzo e il 23 Maggio 2001. I rilievi sono stati effettuati in due campagne successive, distanziate di circa due mesi. Tale strategia serviva a verificare le prestazioni del cantiere in due operazioni distinte, che si differenziavano per il tipo di popolamento utilizzato, l’entità del danno da vento e le condizioni di accessibilità.

Tutti gli interventi consistevano in un taglio fitosanitario, effettuato nelle zone più colpite dalle recenti libecciate. Con il taglio si asportavano solo le piante sradicate, schiantate o pericolanti – eliminando al contempo quelle comunque morte o moribonde. L’obiettivo era innanzitutto quello di eliminare un grave pericolo per i numerosi fruitori del Parco, creando inol- tre delle aperture che permettessero lo sviluppo del piano dominato di latifoglie spontanee. In un’ottica generale di rinaturalizzazione, queste sono destinate a sostituire le piantagioni artificiali di conifere, che comunque hanno perso buona parte della loro funzione economica. Le caratteristiche stazionali delle due aree di prova sono illustrate in tabella 1. La densità del popolamento e le caratteristiche del soprassuolo residuo sono state ricavate attraverso un campionamento effettuato su 6 aree di saggio di 600 m

2

cia- scuna. Il diametro della pianta media utilizzata, la sua massa e la massa totale asportata sono state ottenute con il cavallettamento totale di tutte le piante utilizzate e la registrazione del peso di tutta la massa ricavata.

L’entità del danno era molto maggiore nell’area 1, dominata dal pino domestico e posta su un terreno affetto da ristagno idrico nelle zone più basse. Il pino domestico, vecchio e indebolito dalla risalita di falda, era stato decimato dalla libecciata. Il terreno era cosparso di piante sradicate, con un accumulo di biomassa superiore ai 3500 q/ha. L’area 2 era molto più asciutta, perché posta su terreno più elevato. Qui il pino domestico svettava su un popolamento di pino marittimo numericamente dominante.

Il danno aveva interessato entrambe le specie, ma il pino marittimo aveva

resistito meglio grazie alla conformazione più compatta e all’apparato radi-

cale relativamente profondo. In questa area si è arrivati ad un prelievo di

circa 2500 q/ha, cioè circa il 30 % meno che nell’area 1.

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L

ITALIA FORESTALE E MONTANA

Lo sgombero delle piante cadute o pericolanti era eseguito dalla Ditta F.lli Balducci, che effettuava tutte le operazioni necessarie alla raccolta – dall’abbattimento al trasporto. In particolare, abbattimento ed allestimento erano eseguiti da una squadra di due operatori, il primo su un escavatore JCB da 18 t munito di pinza-sega Hultdins (Tab. 2) ed il secondo a terra, con una motosega pesante. Le piante cadute erano afferrate con la pinza e recise alla base dalla motosega idraulica incorporata. Con lo stesso sistema si recidevano la cima e le branche principali, che sarebbero state comunque troppo sviluppate per l’utilizzo di un processore. Effettuato questo lavoro, l’escavatore metteva il fusto pulito in un’apposita catasta, dove il motose- ghista provvedeva ad allestirlo in toppi da sega lunghi 1,95 o 2,2 metri, a seconda della specie e del cliente. Le branche, i cimali e le porzioni di fusto inadatte a produrre tondame erano sezionate in lunghezze di 2-5 m e riuni- te in grossi mucchi, in attesa dell’esbosco.

Nell’area 2 si produceva anche un terzo assortimento, il tondello da triturazione, che era ricavato dalle porzioni di fusto troppo deteriorate per fornire tondame da sega, ma ancora abbastanza grosse da rendere conve- niente il trasporto in forma di tronchetto. La lunghezza del tondello era estremamente variabile, oscillando tra i 70 e i 200 cm. Il tondello era carica- to sfuso tanto nei rimorchi che negli autocarri.

L’esbosco era effettuato con due unità trattore-rimorchio, su una distanza compresa tra 1500 e 2500 m. I trattori erano del tipo agricolo a quattro ruote motrici, con potenza di 95 e 150 kW. Ciascun trattore era munito di un rimorchio a due assi, non trazionato. Entrambi i rimorchi erano equipaggiati con un robusto cassone metallico da 40 m

3

, aperto posteriormente e capace di contenere tanto i toppi da sega che gli spezzoni

Tabella 1 – Caratteristiche stazionali.

Area n. 1 2

Prelievo Residuo Prelievo Residuo

Età specie dominante anni 152 - 50-70 -

Pino domestico % numero 52 43 23 7

Pino marittimo % numero 0 0 70 54

Latifoglie igrofile % numero 48 67 7 39

Densità piante/ha 192 106 136 308

Ø 1,30 cm 35,6 18,1 36,8 26,5

Pianta media q 18,5 - 18,6 -

Provvigione q/ha 3560 - 2521 -

Tondame sega % 16,1 - 20,1 -

Tondello % - - 19,2 -

Cippato % 83,9 - 60,7 -

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di pianta, i rami e i cimali. Una volta che il trattore arrivava sulla tagliata, l’escavatore provvedeva a caricare il rimorchio, prelevando il legname dai mucchi creati in precedenza.

Le piante pericolanti e morte in piedi erano abbattute dall’escavatori- sta o dal motoseghista, a seconda dei casi.

Tutto il legname confluiva ad un imposto centrale ricavato nella pine- ta, lungo uno dei viali di servizio che agevolano la gestione del Parco. I toppi da sega erano scaricati in una zona distinta, servita da un caricatore idraulico semovente. Il materiale di scarto invece era portato presso una grossa cippatrice autocarrata – una Pezzolato PTH 1200, dotata di un moto- re da 440 kW, di un nuovo tamburo a doppio coltello sfalsato e di una gru incorporata. Il cippato era scaricato in un grosso mucchio, per essere ricari- cato sui camion con un trattore munito di gru idraulica. Lo scarico a terra evitava che autocarri e cippatrice si intralciassero a vicenda. Infatti, il carico con la gru può essere più veloce di uno scarico diretto nel cassone e riduce il tempo di attesa dell’autocarro. Allo stesso tempo, questa modalità opera- tiva consente di continuare a cippare anche quando non sia disponibile alcun autocarro.

Lo studio ha coperto tutto il cantiere, determinandone la produttività e ottenendo una stima del costo di produzione per ipotesi economiche standardizzate.

Tabella 2 – Caratteristiche tecniche dell’unità JCB - Hultdins *.

Motrice modello JCB JS 180 NL

Tipo Escavatore

Peso kg 17.800

Motore tipo Isuzu

Potenza kW (SAE) 72 @ 2300 rpm

Larghezza cm 290

Lunghezza carro cm 394

Altezza cm 284

Luce libera cm 47

Sbraccio massimo cm 850

Pinza-sega modello Hultdins SG520/SS550

Ø max. di taglio cm 70

Apertura massima cm 232

Area di presa m2 0,52

Passo catena pollici .404

Peso (incl. Rotatore) kg 500 ca.

Portata idraulica l/min 80-120

Pressione idraulica kPa 160

Note: *dati forniti dai costruttori

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M

ATERIALI E METODI

La tabella 3 presenta una sintesi del lavoro effettuato.

Tabella 3 – Caratteristiche dello studio.

Area n. 1 2

Superficie ha 1,06 1,95

Durata dello studio giornate 4 4

Tempo totale osserv.* ore 29,1 33,5

Tempo produttivo ore 25,0 31,1

Coeff. utilizzazione % 85,9 92,8

Massa totale q 3777 4922

* Nota: esclusi i pasti

L’analisi della produttività è stata effettuata misurando la massa di tutto il materiale prodotto e il tempo necessario a produrlo. Il cantiere lavo- rava in sequenza continua, per cui la produttività di tutte le macchine era uniformata a quella dell’unità più lenta – in questo caso l’escavatore con pinza-sega.

Questa macchina è stata seguita in modo continuo per tutta la durata dello studio, registrando separatamente il tempo di lavoro netto ed i tempi morti. Inoltre, il tempo di lavoro netto è stato suddiviso in differenti atti- vità, il cui rapporto percentuale è stato ricavato tramite un classico studio di frequenza (P

OLLINI

1983). Le sessioni di campionamento erano distan- ziate tra loro di mezz’ora, e duravano pure mezz’ora. I campioni erano rac- colti ad intervalli di un minuto, in modo che ogni sessione comportasse la registrazione di 30 campioni.

Per i trattori e la cippatrice si è invece effettuato un rilievo continuo del tempo di lavoro, effettuato per elementi temporali. In tal caso, lo studio è durato solo due giornate complessive, dal momento che il suo scopo era di verificare solamente il tempo netto di lavoro, necessario per determinare la percentuale di attesa relativa ai vari livelli di produttività raggiunti dall’e- scavatore.

Il rapporto tra tempo produttivo e tempo totale riportato in tabella 3 riguarda direttamente l’escavatore, che costituiva l’unità meno produttiva e raramente era mantenuto in attesa. Le altre macchine invece erano costrette a tempi di attesa variabili tra il 30 ed il 60 % del tempo totale di lavoro.

Il costo operativo è stato calcolato con la formula di Miyata (M

IYATA

1980), utilizzando i dati forniti dalla Ditta utilizzatrice. Modalità e risultati

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del calcolo sono riportati integralmente nella tabella 4. Si noti il valore par- ticolarmente elevato del monte annuo di ore lavorative, che però corrispon- de a quanto riportato sul contaore della macchina. Il monte ore della cippa- trice, invece, è stato dimezzato per tener conto di un impiego piuttosto discontinuo: la macchina aveva una capacità esuberante e lavorava circa la metà del tempo. Durante l’altra metà, l’operatore caricava i camion con la gru idraulica, effettuava la manutenzione della cippatrice o eseguiva altri lavori ausiliari presso l’officina da campo situata all’imposto.

R

ISULTATI E DISCUSSIONE

I principali risultati dello studio sono illustrati in tabella 5.

Nel complesso, il cantiere ha una produttività estremamente elevata (1000-1200 q/giorno), che è impensabile per il lavoro manuale. La differen- za tra le due aree di prova deriva in gran parte dalle diverse quantità di cip- pato che ne sono state ottenute. Ovviamente, una percentuale più elevata di cippato comporta una maggiore incidenza dell’operazione di cippatura che implica un costo aggiuntivo. Oltretutto, il terreno dell’area 1 era relativa- mente cedevole ed imponeva maggiore attenzione nel concentramento del legname e nella localizzazione delle vie di esbosco.

Il costo di lavorazione è molto limitato, grazie ad un impiego efficace dei mezzi meccanici. L’uso dell’escavatore e della pinza-sega è risolutivo, perché sostituisce il lavoro manuale proprio dove questo risulterebbe più lento e più pericoloso.

La figura 1 mostra i risultati del campionamento di attività effettuato sull’escavatore. In entrambe le aree, la maggior parte del tempo lavorativo (60 %) è impiegata nel sezionare e concentrare le piante cadute o perico- lanti. Il carico dei rimorchi occupa un altro 20%. Assistenza all’abbatti- mento e attesa invece incidono molto poco sul ciclo di lavoro.

Per l’esbosco si è costruito un modello meccanicistico capace di simula- re la produttività delle unità trattore-rimorchio su diverse distanze di esbo- sco, tanto per il trasporto di tondame che per quello di frasca e sezioni di pianta. I tempi terminali (carico e scarico) e la velocità di spostamento sono essenzialmente uguali in entrambi i casi. Cambia invece il carico medio tra- sportato: 57 q per il tondame e 35 q per la frasca e le sezioni di pianta. Al tempo netto così calcolato è stata aggiunta una quota di tempi morti pari al 15%, nell’ipotesi che le unità di esbosco non subiscano arresti superiori al massimo di quelli registrati per l’escavatore. Il risultato è mostrato in figura 2.

Il modello è stato impiegato per calcolare la produttività complessiva

delle due unità trattore-rimorchio su diverse distanze di esbosco, per le

(8)

Tabella 4 – Calcolo del costo orario delle squadre. EscavatoreTrattore e rimorchioCippatrice 1. Ipotesi di costo Prezzo di acquisto (P) =270.000.000170.000.000550.000.000 Potenza motore (hp) =96130600 Periodo d’ammortamento (anni) =558 Valore di recupero, % del prezzo d’acquisto (sv%)30%30%30% Riparazioni e manutenzione, % dell’ammortamento (rm%) =100%90%100% Interesse passivo, % dell’investimento medio annuo (in%) =6%6%6% Consumo di combustibile (fc, litri/ora) =6,5287,73540,8 Costo del combustibile (fcg, Lit/litro) =160016001600 Lubrificante, come % del costo del combustibile (lo%) =37%37%37% Costo della manodopera (WB, Lit/ora) =25000 x 22500025000 Monte annuo ore (ore) =18001800850 2. Calcoli Valore di recupero= (S, Lit) = (P*sv%) =81.000.00051.000.000165.000.000 Ammortamento annuo = (AD, Lit/anno) = [(P-S)/n] =37.800.00023.800.00048.125.000 Invest. medio annuo = (AYI, Lit/anno) = [(((P-S)*(n+1))/2n)+S] 194.400.000122.400.000381.562.500 3. Costi fissi: Interessi passivi (IN, Lit/anno) = (in%*AYI) =11.664.0007.344.00022.893.750 Assicurazioni e tasse (IT, Lit/anno) =6.000.0005.000.0006.000.000 Costi fissi annuali (F, Lit/anno) = (AD+IN+IT) =55.464.00036.144.00077.018.750 Costi fissi per ora (Lit/ora) = (F/ore) =30.81320.08090.610 4. Costi variabili Combustibile (C, Lit/ora) = (fc*fcg) =10.44512.37665.280 Lubrificante (L, Lit/ora) = (F*lo%) =3.8654.57924.154 Riparazioni e manutenzione (RM, Lit/ora) = (AD*rm%/ore) =21.00011.90056.618 Manodopera (WB, Lit/ora) =500002500025000 Costi variabili per ora netta (Lit/ora) = (V/ore) =85.30953.855171.051 5. Costo totale Costo totale per ora (Lit/ora) = (F/ore +V/ore) =116.12373.935261.662

(9)

Tabella 5 – Produttività e costo di lavorazione.

Area n. 1 2

Attrezzatura Escavatore con Pinza-sega

Produttività q/ora 130 147

Costo Lit/ora 116.120 116.120

Costo Lit/q 890 790

Attrezzatura Trattore e rimorchio (2 unità)

Produttività q/ora 130 147

Costo Lit/ora 147.870 147.870

Costo Lit/q 1.150 1.000

Attrezzatura Cippatrice pesante

Produttività q/ora 200 200

Costo Lit/ora 261.662 261.662

Costo Lit/q 1.308 1.308

Da applicarsi su % 84 61

Costo cippatura Lit/q 1095 800

Costo totale Lit/q 3.135 2.590

Area # 2

Concentra 61%

Muove 11%

Altro 4%

Attesa Assist.Abb. 2%

2%

Carica 20%

Area # 1

Concentra 63%

Muove 8%

Altro 2%

Attesa Assist.Abb. 2%

1%

Carica 24%

Figura 1 – Distribuzione degli elementi temporali all’interno del ciclo operativo.

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490

L

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condizioni operative registrate nelle due aree di prova. Scopo dell’esercizio era verificare la distanza massima di esbosco entro cui due unità riescono a tener testa all’escavatore. Questa è risultata pari a 2500 m per entrambe le aree. Durante lo studio, i trattori hanno lavorato su una distanza media di 1500 m, raggiungendo una sovra-capacità produttiva di circa il 30%: que- sto era il motivo degli elevati tempi di attesa registrati durante il rilievo.

La sovra-capacità della cippatrice era ancora maggiore. Non solo que- sta raggiungeva una produttività netta di 200 q/ora, ma doveva anche lavo- rare solo una parte del legname raccolto dall’escavatore, dato che almeno il 20% era trasformato in tondame ed evitava la cippatura.

In sostanza, lo sbilanciamento generale del cantiere dipende dalla scel- ta della cippatrice che ha una capacità esuberante. È naturale chiedersi per- ché non si sia utilizzata una macchina meno potente, che tra l’altro avrebbe avuto un costo di esercizio minore. La ragione è semplice: il pino domestico ha una conformazione talmente difficile che una cippatrice più leggera non avrebbe potuto lavorarlo se non con grande difficoltà. In tal caso, sarebbe stato necessario ridurre con la motosega tutte le branche oltre un certo dia- metro – ad un costo aggiuntivo probabilmente superiore di quello richiesto da una maggiorazione della cippatrice. Questo senza contare la carenza generale di manodopera ed i rischi connessi all’uso della motosega.

0 50 100 150 200 250 300 350 400

300 500 700 900 1100 1300 1500 1700 1900 2100 2300 2500 2700 2900 3100 3300 3500 Distanza (m)

q/ora

Area # 1 Area # 2

Figura 2 – Produttività dell’esbosco in funzione della distanza.

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Ad ogni modo, le funzioni ricavate nello studio permettono di bilan- ciare il cantiere a partire dalla cippatrice. Per una distanza di esbosco intor- no ai 1500 m, il cantiere ideale è costituito da due escavatori con pinza- sega, tre trattori con rimorchio e una cippatrice pesante. Avendo un cliente disposto a ricevere 8 autotreni di legname al giorno, il discorso potrebbe farsi interessante.

L’

IMPATTO AMBIENTALE

Il recupero delle piante schiantate ha una finalità economica seconda- ria: esso costituisce soprattutto un’opera di restauro ambientale, il cui valo- re è aumentato dalle caratteristiche delle aree di intervento, costituite da zone umide ad elevato interesse naturalistico.

In tali condizioni è ovvio che si faccia estrema attenzione all’impatto ambientale, che deve essere ridotto a valori minimi.

Nelle condizioni operative dello studio, il rischio ambientale più grave era costituito dall’integrità del suolo forestale, sottoposto ad un intenso traffico di mezzi pesanti. Oltretutto, il terreno dell’area 1 era particolar- mente vulnerabile al compattamento a causa della forte umidità registrata al momento del transito.

Tale rischio va messo in relazione alla elevata pressione specifica dei rimorchi impiegati, che erano molto pesanti e montavano pneumatici di tipo agricolo – relativamente rigidi e stretti. Un rimorchio a pieno carico poteva raggiungere il peso di 90 q, che erano ripartiti su quattro pneumatici tipo 38.5 R 22.5. La pressione specifica trasmessa al suolo è stata calcolata con la formula riportata di seguito, estratta dal set di equazioni sviluppate dal WES (K

NIGHT

e R

ULA

, 1961):

dove:

PS = Pressione specifica in kPa

P = peso gravante sulla singola ruota in kg Hc = Diametro del cerchio in cm

Ls = Larghezza della sezione del pneumatico in cm

Nel caso specifico, si ottiene un risultato intorno ai 100 kPa. Certa- mente, la formula impiegata è molto semplicistica e serve solo a dare un’i- dea degli ordini di grandezza in gioco. Anzi, è da circa 40 anni che gli esperti dibattono sull’accuratezza del metodo di calcolo sviluppato dal

Ls Hc PS P

* 98 ,

= 0

(12)

492

L

ITALIA FORESTALE E MONTANA

WES (S

AARILAHTI

e A

NTTILA

, 1999). D’altra parte, la formula è semplice da utilizzare e soprattutto è quella impiegata come riferimento in un interes- santissimo studio effettuato in Germania – che al momento è l’unico a for- nire valori-soglia della pressione specifica oltre i quali è prevedibile il com- pattamento (M

ATTHIES

et al., 1995). Secondo tale studio, pressioni specifi- che comprese tra gli 80 e i 100 kPa possono determinare gravi alterazioni della struttura del suolo, che però non hanno ancora conseguenze negative sulla salute delle piante. Oltre i 100 kPa invece è possibile che il compatta- mento sia talmente grave da influire sulla salute delle piante immediata- mente circostanti – come registrato occasionalmente in alcuni studi.

Il caso specifico di questo studio rivestiva dunque un particolare inte- resse, dal momento che la pressione specifica delle attrezzature impiegate si poneva a ridosso della soglia di pericolo.

Per verificare l’eventuale disturbo del suolo si sono impiegati due tipi distinti di rilievo. Il primo consisteva in un’analisi visiva effettuata secondo la metodologia scientifica definita dalla LIRO (M

C

M

AHON

1995). Al momento, la metodologia LIRO è la più strutturata tra quelle disponibili per questo lavoro ed è stata già adottata da diversi gruppi di ricerca euro- pei, afferenti a progetti comunitari (AIR3-CT94-2097, QLK5-CT-1999- 991). L’analisi visiva è effettuata lungo transect distribuiti a distanze regola- ri su tutta l’area utilizzata ed il suo scopo è definire quale percentuale della superficie totale risulti interessata da ciascun tipo di impatto. Nel caso spe- cifico di questo studio, l’analisi visiva serviva a determinare la percentuale di superficie interessata da sentieramenti più o meno evidenti, che avrebbe- ro potuto implicare un eventuale compattamento. L’analisi ha interessato 2500 punti-campione, in modo da contenere l’errore statistico entro il 2 % (M

C

M

AHON

1995).

Successivamente, si è cercato di determinare l’effettiva presenza del compattamento all’interno dei sentieri di esbosco. A tale scopo si è misura- ta la densità apparente degli strati superficiali tanto all’interno delle «ruota- te» che su zone non transitate. La densità apparente è stata valutata con il metodo del «campione indisturbato», impiegando cilindretti da 250 cm

3

. Sebbene laborioso, il metodo del «campione indisturbato» è tuttora il più affidabile e risulta ideale per le analisi di precisione. Per ogni area si sono prelevati 40 campioni entro le «ruotate» dei trattori e 20 nelle zone non transitate. I campioni sono stati prelevati ad una profondità media di 7 cm, dopo aver rimosso l’eventuale lettiera presente sul terreno.

La tabella 6 contiene i risultati di entrambi i tipi di rilievo.

La percentuale di superficie disturbata è più o meno la stessa in

entrambe le parcelle, e questo conferma che i veicoli seguivano una stessa

modalità di circolazione indipendentemente dalla zona interessata. In

(13)

sostanza, l’intensità del traffico era identica nelle due aree. Quello che cam- bia però sono le proporzioni dei diversi tipi di impatto. Nell’area 2 – sab- biosa e relativamente asciutta – il passaggio dei mezzi di esbosco ha causato solo un certo rimescolamento della lettiera e degli orizzonti superficiali, che raramente si è tramutato in un sentieramento evidente. È improbabile che un’alterazione talmente lieve possa causare alcuna conseguenza – e al limite si potrebbe sostenere che essa favorisce la rinnovazione perché facilita il contatto tra il suolo minerale e le radici appena germinate. Nell’area 1 il sentieramento invece è molto più marcato. Qui, il suolo sostiene meno bene il peso dei mezzi di esbosco e nelle zone più umide finisce per cedere.

Quanto è grave questo fenomeno? In termini assoluti certamente non molto, dato che siamo entro le medie di quanto registrato su altri cantieri Italiani (S

PINELLI

et al., 1997). Anzi, in questo caso non sussiste il rischio di erosione, dal momento che il terreno è totalmente pianeggiante. Esistono però due potenziali problemi, entrambi collegati al compattamento. Innan- zitutto il fatto che un compattamento eccessivo possa impedire l’instaurarsi della rinnovazione nelle zone interessate, tramutandole in una tara impro- duttiva. In secondo luogo, la possibilità che delle strisce continue di terreno fortemente compattato possano costituire una sorta di «dighe sotterranee»

capaci di ostacolare il movimento della falda superficiale – e quindi di aumentare i problemi di ristagno idrico. Questo però richiederebbe un compattamento forte e profondo, che non sembra il nostro caso.

Tabella 6 – Disturbo del suolo e compattamento.

Area n. 1 2 Differ.*

Tipo di terreno

Tessitura Franco-sabbiosa Sabbia debol. limosa

Umidità al transito % 22,0 12,3

Stato della superficie

Intatta % 46,9 42,6 - 4,3 ns

Leggermente interessata % 16,9 23,5 + 6,6 s

Lettiera asportata o rimescolata % 9,9 19,2 + 9,3 s

Sentieramento (ruotate) % 12,8 4,8 - 8,0 s

Accumulo di residui % 13,5 9,8 - 3,7 ns

Densità degli orizzonti superficiali

Nella zona intatta g/cm3 0,972 1,066

Nelle ruotate g/cm3 1,223 1,181

Differenza* % 25,8 s 10,8 s

* «s» indica le differenze statisticamente significative, «ns» quelle non significative

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L

ITALIA FORESTALE E MONTANA

L’escavatore mentre concentra i tronchi di pino. La pinza-sega permette di recidere con sicurezza i fusti caduti ed in tensione.

Scarico di cime e ramaglie presso la cippatrice.

(15)

La cippatrice al lavoro.

L’aspetto di una pista di esbosco principale:

il compattamento del terreno è stato misurato all’interno delle «ruotate» .

(16)

496

L

ITALIA FORESTALE E MONTANA

In effetti, il terreno all’interno delle «ruotate» appare compattato, ma non in modo così drammatico. Un valore di 1,2 g/cm

3

è ancora entro limiti accettabili, che non dovrebbero aver effetti importanti sullo sviluppo del popolamento (M

ATTHIES

, 2001). Studi effettuati all’estero dimostrano che il transito dei mezzi di esbosco può elevare la densità apparente del terreno oltre gli 1,6 g/cm

3

, senza effetti misurabili sull’accrescimento delle piante circostanti (E

KLKOFER

, 1995). Anche ragionando in termini di aumento percentuale, indagini recenti eseguite su terreni sabbiosi evidenziano che un aumento della densità apparente intorno al 25 % – quello massimo riscontrato nel nostro studio – non sembra influenzare la produttività dei popolamenti forestali (M

C

N

EEL

e B

ALLARD

, 1992).

In sostanza, l’analisi mostra che sulle zone sabbiose e asciutte si può procedere senza troppi problemi anche con i mezzi pesanti impiegati nel corso della prova. Nelle zone più basse e più umide invece bisogna fare maggior attenzione, ma si può ancora operare una volta che sia stata appli- cata tutta la necessaria cautela. Questa impone di sospendere il lavoro quando il terreno è troppo umido e di evitare almeno un sentieramento continuo, scegliendo percorsi che passino nelle zone più elevate.

Una misura aggiuntiva consisterebbe nel dotare i rimorchi forestali di pneumatici a sezione larga, o almeno nel diminuirne la pressione di gon- fiaggio quando si opera nei tratti più cedevoli. Questo semplice accorgi- mento consentirebbe di limitare la pressione specifica trasmessa al suolo forestale, riducendone l’eventuale compattamento.

C

ONCLUSIONI

Nel recupero degli schianti da vento, la meccanizzazione costituisce un’esigenza irrinunciabile, che è dettata innanzitutto da motivi di sicurezza.

Le piante cadute, pericolanti o accavallate costituiscono un pericolo morta- le per i boscaioli, e la possibilità di maneggiarle con un mezzo meccanico deve essere vista come un beneficio di primaria importanza.

Le caratteristiche di alcune specie mediterranee possono limitare la convenienza di una meccanizzazione avanzata di pura concezione Scandi- nava. Solo un «processore» di eccezionale potenza può trattare il pino domestico, e la sua economicità deve essere ancora valutata.

L’impiego di una pinza-sega rappresenta l’alternativa più interessante,

caratterizzata da un investimento relativamente contenuto e da una flessibi-

lità senz’altro maggiore. La macchina costa un terzo rispetto al «processo-

re» completo e può essere impiegata tanto per l’abbattimento che per la

sezionatura, la movimentazione e il carico. La manutenzione è semplice e in

(17)

genere può essere effettuata dai meccanici locali o addirittura in un’officina da campo.

Sono sempre le caratteristiche particolari del pino domestico che impongono il ricorso ad una cippatrice di eccezionale potenza, capace di una notevole sovra-produzione e quindi ferma per una buona parte della giornata. Nel complesso, però, il sistema di lavorazione è snello ed efficace:

il cantiere arriva a produrre 1000-1200 q di legname al giorno, per un costo di raccolta decisamente contenuto.

La compatibilità ecologica dei mezzi di esbosco potrebbe essere migliorata, ma è ancora entro i limiti. I veicoli impiegati non disturbano una superficie complessiva superiore a quanto riscontrato normalmente negli altri cantieri Italiani, e l’entità degli impatti non sembra essere tale da poter compromettere lo sviluppo dei soprassuoli.

R

INGRAZIAMENTI

Gli Autori desiderano ringraziare la Ditta F.lli Balducci per la cortese e qualificata assistenza fornita nel corso delle prove. Un ringraziamento spe- ciale va al Sig. Marco Balducci – conduttore dell’escavatore – per le spiega- zioni forniteci circa il funzionamento della macchina e per l’accoglienza sempre cordiale. Gli Autori desiderano anche ringraziare il personale del Parco Regionale Migliarino-S.Rossore, ed in particolare la D.ssa Masetti e il Comandante Micheletti, per il supporto fornito nel corso dello studio.

SUMMARY

Salvaging wind-blown timber from littoral pine stands

Work safety concerns make mechanization a fundamental need when salvaging windblown timber. However, the peculiar characteristics of some mediterranean tree species may limit the application of a standard Scandinavian-style forestry mechanization. Only an exceptionally powerful harvester can handle umbrella pine, and its profitability under these conditions is still to be proven.

A grapple-saw represents the most interesting alternative, which benefits from a lower investment cost and a higher operational flexibility. An excavator fitted with a grapple-saw costs one third as much as a purpose-built harvester and it can be used for felling, crosscutting, bunching and loading. Overall, the operation studied proved to be trim and effective: its productivity reached 100-120 tons/day, for a cost around 15 €/ton.

The ecological performance of the extraction vehicles could be improved, but it is

still within safe limits. Extraction does not affect a larger surface than normally affected

under Italian conditions and its impact does not seem so heavy as to impact forest

stability.

(18)

498

L

ITALIA FORESTALE E MONTANA

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Riferimenti

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