Titolo :
là dove tramonta il sole
La stagione estiva si è conclusa.
Ottobre e novembre ho girovagato un po’ nei paesi dell’est, Jugoslavia, Ungheria, Romania.
In Romania è prevalso il mio soggiorno.
Dicembre resto a casa per gli impegni contabili di fine anno e per le feste natalizie.
Ho deciso di andare in Sud America per dopo l’ Epifania, ho voglia di caldo, di sole, di mare e di stare in “allegra compagnia “…. con qualche bella ragazza Afrospagnola, o una Creola (meticcia), una, nata da colonizzatori europei con gli abitanti indigene, dell’America Meridionale. Una ibride.
Voglio cambiare, mangiare sempre carne bianca si può rischiare di avere quella sensazione di “rigetto” e, diventare “vegetariani”. “ scherzo naturalmente”.
Ho voglia di accarezzare la pelle liscia, soda, abbronzata o scura.
Assaporare la fresca carne, tenera, ben “rosolata”. Scusate se paragono la donna al cibo esprimendomi in termini “culinarie”.
Perdonatemi …. Sono un po’ burlesco….. mi sento maliziosamente sgarbato ed arguto con le donne.
Forse, è di cattivo gusto, a dire quello che ho scritto…….. ma, quando parlo di donne mi sento un po’ “ guascone”
Il nove gennaio alle 6 del mattino ero sul bus per Roma, trasferimento in aeroporto di Fiumicino, imbarco per Milano, via …. Lisbona, Caracas, Santo Domingo (Repubblica Domenicana).
Il biglietto lo pagai poco ma, mi ci volle 32 ore per arrivare a destinazione.
Arrivai in albergo, il NICE, dopo aver visto altri 4 hotel che a detta del tassinaro erano i migliori a prezzi vantaggiosi. Troppo cari per categoria/costo.
Strada facendo dissi all’autista di fermare, di non scendere e, di non parlare, avrei trattato personalmente la faccenda.
I tassinari quando ti accompagnano il qualche hotel, subito chiedono la “cagnotta” in reception, per aver portato un cliente. La direzione accetta di pagare, per poi rifarsi sul malcapitato cliente.
La tariffa era buona e la struttura ottima.
Alle ore 15 di lunedì 10 gennaio 1984; presi alloggio al Nice Casinò/Hotel.
Una rilassante doccia con annesso e connesso scarico della vescica e dell’ intestino.
Disfeci il bagaglio, sistemando ogni cosa al posto giusto.
Dalla finestra vidi il grande giardino con piscina, tanta gente ad oziare sotto le palme.
Mi misi il costume e con un asciugamano attorno andai a gustarmi lo scampolo pomeridiano, al sole.
Un bella nuotatina e rilassamento, disteso sul bordo piscina, le palme mi facevano ombra.
Il leggero venticello, il tipico vento “alisei” che spira costantemente giorno e notte in direzione est. Il sonno mi gabbò.
Il sole era quasi al tramonto quando mi svegliai, riposato, rilassato e mezzo stordito.
In camera guardandomi allo specchio notai che ero diventato rosso come un gambero.
Con tutta calma, feci una lunga e rilassante toilette, infine richiamato dallo stomaco, decisi di vestirmi per andare a cena.
Uscii che erano quasi le 8 pm.
Camminai un po’ per trovare un ristorante tradizionale, uno di quelli non per turisti, un ristorantino o osteria alla buona senza molte pretese.
Trovai quello che cercavo, una botola, nonostante fosse quasi le 9,30 pm, la saletta era molta affollata di gente locale.
Appena entrato mi viene incontro un uomo vestito normale, mi disse alcune parole in spagnolo, non capii, solo, intuii …… feci movimento con la mano portandola in bocca, dicendo “ Eat”, il mio interlocutore mi indicò un tavolo in un angolo vicino alla porta.
Rimasi seduto per una diecina di minuti, poi una ragazzina, 12/13 anni, apparecchiò il tavolo posando un piatto, un tozzo di pane nero, posate, bicchiere, una caraffa di liquido ambrato e, una grossa ruvida tovaglia di stoffa.
Non so se servisse per pulirmi la bocca, oppure per mettermelo addosso, come fanno i barbieri.
Cinque minuti dopo tornò con una padella di coccio, fumante, attenta a non rovesciare il contenuto.
Non so bene di cosa si trattasse, sembrava uno spezzatino con pomodori a pezzetti con patate, fagioli e altri ingredienti difficile da individuare, un ingrediente lo capii subito appena assaggiai il pasto, il peperoncino, man mano che mangiavo e bevevo quel liquido poco alcolico, mi venne il dubbio che non doveva essere il peperoncino ma, il “vetriolo” o il “napalm” . a parte il bruciore, mi considerai soddisfatto di quello che mangiavo,
quando si ha fame, tutto sembra squisito. forse era l’antica ricetta della “Paella” .
Mangiando, guardavo intorno a me, con discrezione, gli altri avventori.
Lo sguardo finì in cucina, più che cucina nell’ angolo cottura delimitata da un muretto poco più alto di un metro, un uomo di colore, con cappello bianco da cuoco, con la cuffia alle orecchie cucinava ascoltando la musica, ritmava con il corpo ciò che stava ascoltando,
“ballava” cucinando. O cucinava ballando.??? Uno spasso molto divertente vederlo in azione.
Verso le 11 pm., dopo aver pagato il conto, un numero scritto su un pezzo di carta di quaderno grande quando un “coriandolo” , misi il denaro, 10 pesos sul tavolo, giusto quando era scritto e aggiunsi 2 pesos a parte…….. da far intendere come mancia.
L’uomo arraffò tutto con una manata, mise in tasca e con un sorriso, senza profilar parola, andò via. Stessa cosa feci io.
Camminando lentamente su quella strada maestra, fui attratto da uno spiazzo dov’erano parcate molte macchine, quasi tutte da “rottamare” un fabbricato con incastrato sulla parete frontale, un aereo, un dc 4, infatti l’insegna diceva “DANCING DC 4” .
Entrai nella fusoliera dov’era la cassa. …….In fondo all’aereo si entrava in un grande padiglione, un migliaio di persone ballavano nella grande pista, la sala era piena di donne, in proporzione 1 a 3 ; questa abbondanza di donne era dovuta al fatto che l’ingresso alle “ femmine “ era gratuito.
L’orchestra suonava ritmi SudAmericani, il Merenghe faceva da padrone, la famosa danza tipica dei caraibi.
Verso le due della notte, cominciò un balletto di 6 ragazze; 2 bianche, 2 creole, 2 nere.
Una mezz’ora di danza per finire in uno Strip-tease-show, rimasero tutte con una foglia di fico nel basso ventre.
Finito lo spettacolo uscii per ritornare in albergo, a non più 1000 metri di distanza. vedevo l’insegna del mio albergo diritto davanti a me.
Le tre del mattino, non avevo sonno, il fuso orario aveva cambiato le mie abitudini.
Il portiere mi consegnò la chiave, per abitudine prima di andare a letto do sempre un’occhiatina a quello che può offrire l’ospitalità di un albergo.
Entrai nel salone casinò, tanta gente, tutta vestita a festa, una parete lunga una cinquantina di metri tutta di Slot-machine, tutti a giocare.
Altre persone, giocavano ai tavoli.
Campanelli di persone sparsi un po’ ovunque nella grande sala.
I crupiers uomini, pochi, ……. le crupiers donne, tante.
Gironzolai un po’ facendomi notare da una giovane crupiers che al momento non aveva giocatori, giocava per proprio conto “forse” per fare pratica, o per invogliare a giocare.
La salutai in italiano con un “ciao bella”, non disse niente, mi guardò diritto negli occhi, regalandomi un sorriso.
…… Con disinvoltura mi avvia verso il bar, alla cassa acquistai 3 fiches drink, …..,il barman attendeva la mia ordinazione, gli chiesi una bevuta per me, una per lui e, una da offrire alla bella crupiers n° 98.
Sono certo che non capì le parole in Italiano, ma capì i fiches che posai sul banco e lo gesticolare della mia mano che indicava lui a bere e indicavo la crupiers 98.
Chiesi per me una spremuta d’arance, che preparò in un baleno, lui intascò una fiches, ringraziando, chiamò il suo aiutante, parlottò un poco, prese l’ altra fiches, la mise su un piattino, mandò il collega a consegnarla alla ragazza 98. l’ inserviente consegnò il gettone, indicando me. La donna accennò con la testa, piegandola leggermente in basso, in segno di ringraziamento.
Salutai con la chiave ben in vista in mano, con il numero verso il barman in modo che potesse leggere la camera.
Andai via deciso a dormire.
Mostrare la chiave al personale è uno strattagemma utile, se si è interessati a farsi rintracciare.
Lasciare un’orma……, una traccia……, se la bella crupiers avesse chiesto di me al barman, avrebbe detto quello che aveva visto e, magari aggiungere qualcosa di suo per far si che LUI venisse coinvolto, se la cosa si fosse maturata.
Ai ruffiani, qualche mancia ci scappa sempre.
Bisogna sempre distinguersi, farsi notare, nel mio solitario pellegrinare, da vagabondo, ben vestito, apparentemente, trasandato lasciava il segno.
Il sudamericano mi somiglia un po’ nell’aspetto, solo che non sono appariscenti,
“positivamente”.
Questi sono proprio dei “balordi”.
Gli uomini, più che le donne, che erano a giocare, prendevano alla lettera il grosso cartello all’ingresso che diceva pressappoco :
“la cravatta è obbligatoria per entrare”.
Infatti tutti gli uomini portavano la cravatta, ma ai piedi scarpe aperte, oppure sandali, con camicia a maniche corte fuori dai pantaloni.
Pantaloni e camicia stropicciati.
Un sudamericano non rinuncia alla sua eleganza senza l’immancabile cappello bianco di tela o paglia.
Le donne sudamericane si ritengono elegante con i loro ampi vestiti a campana, colorati a fiorellini, ai piedi, scarpe di tela e cordame, con tacco basso.
Mi svegliai alle 9 am , bella giornata. Avevo dormito come un ghiro.
Con tutta calma, feci una buona e rilassante toilette, scesi a fare colazione, il cameriere mi chiese se doveva servire in sala o all’aperto, dissi di portarmi qualcosa al banco, avrei preso solo una spremuta d’arancia e caffè.
Mi accomodai su uno sgabello alto, vicino alla vetrata, vista piscina.
Buono il succo d’arancia, schifoso quell’acqua nera che chiamano caffè.
Le persone cominciavano a prendere posto attorno alla piscina, tutti si accaparrarono i lettini sotto gli ombrelloni, gli ospiti maschili, tutti di carnagione bianca, Canadesi e U s a, erano tutti accoppiati, chi,…con donne bianche, altri con donne creole. C’era pure qualche ragazza di colore, con l’ uomini bianchi.
Finito, così per dire l’abbondante colazione, andai in camera, mi misi il costume da bagno che, porto sempre con me, mettendolo per prima cosa nel borsone da viaggio. Scesi con avvolto sopra il costume, da un telo da bagno in spugna bianco.
Mi sistemai sopra il telo, arrotolandolo un po’ sotto la testa a mò di cuscino, sul bordo della piscina, nella parte bassa, dove non si fanno i tuffi.
Gli ospiti arrivavano in continuazione, erano finiti pure le sdraio.
I ritardatari si sistemarono sulle sedie.
Gran bella gente questi Canadesi, non “caciaroni” come gli U S A.
Ogni mezz’ora facevo il mio bagnetto, una nuotatina sempre più lunga della precedente..
Poi relax, attento a non prendere sole.
Alle 2 pm, andai via, passando vicino alla sala da pranzo presi un cestino di frutta che feci addebitare, mostrando il numero della chiave.
Il riposino durò fino a verso le ore 16, in mezz’ora sbrigai il necessario per sentirmi meglio.
Uscii dall’ albergo incamminandomi dalla parte opposta a dov’ero stato la sera precedente, in lontananza vedevo il porto.
Camminavo in un viale molto largo e ben tenuto, tante aiuole e tantissimi carretti che vendevano frutta, bibite e frullati fatti al momento, con attrezzature quasi primitive, blocchi di ghiaccio che venivano rotte su un panno steso per terra, al limite delle più elementari norme d’igiene.
Avevo sete, chiesi una spremuta di canna da zucchero, senza, ghiaccio. Il ghiaccio è fonte di malattie tropicali.
All’ incrocio, una grande manifestazione si immise nel viale dov’ero io, un corteo di più di cinquecento ragazzi e ragazze con bandiere, cartelloni, molti strillavano nei megafoni,
osservavo dal marciapiede con il bicchierone di carta in mano, lo sfilare di questi giovani.
Guardando tutti e nessuno, notai la bella ragazza che camminava vicino al marciapiede con un cartello in mano, i nostri sguardi si incrociarono
Istintivamente feci segno, con il bicchiere e la testa ad indicare un saluto e offrire da bere.
La fila camminava e io seguivo la fila, senza staccare gli occhi dalla ragazza, lei mi guardava e mi sorrideva, forse, ero un po’ buffo e goffo, inseguirla in mezzo alla folla con il braccio teso con il bicchiere, quasi, pieno in mano.
Sempre sorridente, la bella, fece cenno di si con la testa, mi allontanai di qualche metro trovai un carretto, pagai per il bicchierone di spremuta che stava facendo e via a rincorrere il corteo.
Raggiunsi la ragazza porgendogli il bicchiere.
Mentre lei beveva, io camminavo al suo fianco guardandola insistentemente, negli occhi.
In Italiano le chiesi cosa manifestavano, contro chi protestavano, sempre sorridendo srotolò un doppio cartone di circa cm. 50 x 100 con corda, un cartello sandwich, me lo mise al collo facendo spazio perché potessi camminare al suo fianco, come manifestante.
Sempre in Italiano dissi; ora che protesto insieme a te, dimmi il motivo per cui contesto.
Perennemente sorridendo, guardandomi sempre in faccia, mi chiese se capivo lo spagnolo, feci una smorfia per significare poco o niente, mi chiese parli inglese. Rifeci la stessa
mossa di prima, per risposta dissi parlo bene l’Italiano.
Scoppiò in una plateale, sonora, risata, con forte stretta di mano al mio polso.
Questo contatto mi diede la scossa. Glielo dissi che mi aveva elettrificato.
Con un po’ di italiano, un po’ di Inglese e molto Spagnolo mi fece capire che in seguito si sarebbe astenuta del toccarmi.
Mi ringraziò per la bevuta. Da parte mia gli disse che la ringraziavo per aver accettato la bevuta ma, molto di più per avermi stretto il polso dandomi la scarica elettrica lungo tutta la spina dorsale.
Cominciò a dirmi che protestavano per avere la mensa e, di averla a prezzo popolare sia nelle scuole che all’università.
Poi manifestavano per il caro vita, per la disoccupazione, per i bassi salari, per il prezzo esagerato del carburante che strangolava l’economia del paese.
Eravamo arrivati in una grande piazza, di fronte c’era un palazzone circondato dalla Polizia in assetto antisommossa, lì si doveva tenere il comizio.
La mia nuova amica mi prese per mano dicendo andiamo via, dopo il comizio sarà pericoloso stare qui.
Buttammo i nostri cartelloni, continuando a camminare nel viale, lei, ultimo anno di economia e commercio,…… spiattellava facendomi un resoconto di tutti i problemi di questo paese.
Mi disse che parlava l’inglese, lingua obbligatoria dalle scuole medie, parlava bene il Portoghese e poco l’ Italiano e bene, naturalmente, la madre lingua “lo spagnolo”.
Lo disse per rinfacciarmi d’aver io stesso detto che parlavo bene l’ Italiano.
Furba la ragazza.
Chiacchierando, chiacchierando mi ritrovai a poco meno di 500 metri dall’albergo, la scritta N I C E campeggiava sopra il palazzo. Con la mano indicai l’hotel dicendo siamo quasi arrivati nel mio albergo, ti va di rinfrescarti con una bella doccia e fare uno spuntino.
Con naturalezza disse “ certo che si “.
Contento come una Pasqua, mi dissi Hyaci hai fatto “Bingo”.
Euforico, mi mostrai da “quasi” padrone dell’albergo, chiesi la chiave al portiere con “ciao caro” , una confidenza che mai l’addetto alla Reception si sarebbe aspettato da un cliente appena arrivato.
Il sorriso del “furbone” portiere che con un sonoro rispettoso saluto, mi consegnò la chiave, chiedendo alla ragazza di lasciare un documento di riconoscimento per tutto il tempo della visita. Prassi usata per le visite brevi e non per i pernottamenti.
Appena in camera si scusò andando in bagno, lo scroscio dell’acqua della doccia durò a lungo, uscì dal bagno tutta nuda, sorridendo disse che proprio gli ci voleva una
rinfrescata.
Si infilò sotto le lenzuola con naturalezza, come se fossimo stati da sempre insieme.
Entrai in bagno ridendo sotto i baffi, per fortuna Anny questo era il suo nome (Ana, la pronuncia spagnola), ( si faceva chiamare anche “ Eni “ pronuncia Inglese), mi aveva detto di avere 26 anni, però non mi aveva detto di avere un corpo mozzafiato, carnagione
olivastra, capelli neri crespati, occhi verdi, seno normale con 2 capezzoli scuri e grandi, un cespuglietto di peli ricci al pube, fondo schiena tipiche delle Afroamericane, a mandolino.
Gambe diritte e ben tornite, una figura di circa 165 centimetri.
Tutto questo lo osservai nello tempo che impiegò dalla porta del bagno fino a scomparire sotto le lenzuola.
Con calma feci la mia toilette, nel momento di uscire dal bagno non sapevo come
comportarmi, uscire con gli slip, oppure solo con un asciugamano annodato al basso ventre, o nudo come aveva fatto lei.
Ardua decisione, io non ero lei, lei non aveva un “coso” in mezzo alle gambe, Il mio aspetto, non era un bel vedere, fortuna o sfortuna non era in erezione ma, “ a riposo”, e non era un gran che.
Non potevo rimanere in bagno in eterno, dovevo decidermi …., mi diedi una toccatina per svegliare il mio “ coso “ e uscii.
Per fortuna, Lei era in posizione fetale dall’altro lato del letto, con la faccia opposta al mio lato, scostai le lenzuola dalla mia parte e mi ci infilai sotto.
Forse, lei, per riservatezza, mi aspettava dandomi la schiena, si girò subito, appena entrato nel letto. Sorridendo mi prese la faccia con tutte e due le mani dandomi casti bacetti sulle labbra.
Le sue mani a dir la verità più che stringere il mio viso lisciava e stringeva la mia barba.
Sempre sorridente, mi passava “insistentemente” le dita sulle mie labbra. Mi adeguavo alle sue prestazioni, ricambiando i movimenti e le gesta con grande piacere, anche lei aveva una bella bocca con grossissime labbra carnose.
I nostri giochi di esplorazione corporale durarono una ventina di minuti, poi letteralmente, mi invitò a scoparla, cosa che feci con molto piacere…., con soddisfazione mia e sua.
Restammo a letto avvinghiati ancora per un po’, all’ improvviso disse devo andare a lavorare.
Gli chiesi che lavoro facesse per mantenersi agli studi. Con tutta la naturalezza di questo mondo disse che lavorava all’Hotel Ambassador, faceva la “escort” o meglio dire la prostituta.
In albergo trovo gli incontri che il portiere prende per me con gli ospiti alloggiati.
Quasi sempre canadesi.
Normalmente sono impegnata dalle ore 22 alle 08 del mattino.
Il mio nome di battaglia o “d’Arte” è Eny.
Ascoltai senza far notare il mio disappunto, lo stupore di sentir parlare di prostituzione come se fosse un lavoro di commessa.!!!!
Gli chiesi se l’indomani mattina voleva fare colazione con me, l’avrei aspettata. Accettò l’invito. Le chiesi quanto prendeva dai clienti per la sua compagnia,….. senza scomporsi disse 100 pesos.
Sempre con il suo parlar schietto e franco, aggiunse, in avvenire, a me, mi avrebbe fatto pagare 50 pesos.
Oggi è gratis perché sei stato carino e gentile con me, anche perche non sapevi della mia professione.
Ridendo gli dissi che avendo risparmiato 50 pesos, l’ indomani poteva trattenersi anche a pranzo. Sempre ridendo disse “forse”.
Si vestì in fretta, prima di uscire mi diede un bacino dicendo riposa bene, se abbiamo occasione di frequentarci e conoscerci meglio, scoprirai da solo come “chiamarmi”,……
alludeva al suo nome Anny con pronuncia spagnola o inglese.
Rimasto solo pensai……… meno male che avevo fatto Bingo.
Mi vestii per andare a cena nella sala ristornate dell’albergo, era quasi le 10 pm. chiesi al cameriere quello che aveva di pronto, da bere una birra.
Cinque minuti fui servito.
Pezzi di pesce a pezzetti cotto alla griglia con contorno di patate fritte, 5/6 tazzine con diverse tipi di salse per intingere i bocconi del pesce.
Buono, un po’ piccante, ma buono.
Alle 11 pm ero fuori a passeggiare, dalla parte della strada, opposta al mare, un viale tutti negozi, data l’ora erano tutti chiusi.
Avevo fatto poco più 700/800 metri, da una strada secondaria sbucarono una quindicina di ragazzini, mi circondarono chiedendo spiccioli,….. un tormento, mi toccavano, mi tiravano la camicia, un cerchio di marmocchi che poco alla volta mi stringevano, cercavo di aprirmi un varco, senza riuscirci, erano addestrati bene, me li trovavo sempre davanti, di dietro, di lato, non sapevo come fare per liberarmi dall’assedio.
A fatica camminavo rasente il muro.
La poca gente locale, passavano facendo finta di niente, le guardie giurate, armate, davanti ai negozi chiusi non intervennero in mio soccorso, facevano finta di non vedere. Se ne infischiavano del mio problema, forse, non volevano rischiare, o non potevano lasciare incustoditi la vetrina che dovevano sorvegliare.
Mi resi conto, guardando in giro, di quanti “ vigilantes” armati di pistole a canna lunga, c’erano in ogni negozio. Di notte, la città doveva essere, molto, pericolosa.
A pochi metri vidi un bar, un’idea geniale, presi dalla tasca dei pantaloni quattro e cinque monete di metallo e li buttai dietro di me, tutti corsero a raccattarli, in un lampo entrai nel bar, salvo.
Per un po’ riflettetti alla spiacevole avventura, mi dissi che dovevo stare attento a non andare in giro a piedi, a tarda notte, solo, in strade fuori dalle isole pedonali, meglio le strade di centro, oppure spostarsi in taxi.
Il locale del bar era una lunga sala, un lungo bancone con sgabelli alti, dietro al bancone i barman, … dietro ai barman un palco con tante ragazze che ballavano ognuno per proprio conto aggrappate a dei paletti di ferro lucido, al suono del merenghe.
Presi posto al bancone e subito un barista mi si parò davanti, chiesi rum e cola,
servito il barman mi chiese se volevo un tavolo e la compagnia di qualche ragazza che stava ballando dietro di lui.
Lo ringrazia dicendo che ero arrivato nel tardi pomeriggio, lo stress del viaggio mi aveva stancato, resto un po’ a vedere, domani sera vedremo cosa fare. Rimasto solo, senza scocciatori, mi gustai quella specie di ballo molto sensuale.
Ordinai un altro paio di consumazioni e, verso le 2 di notte chiese al barman se mi chiamava un taxi, cosa che fece immediatamente, anche perché i taxi stazionavano a non più di 20 metri dall’altra parte della strada.
Pagai con un extra per il buon uomo che non mi voleva far dormire solo.
Un paio di minuti il “tassinaro” rivolgendosi al barista chiese chi doveva trasportare, il barista indicò me.
In auto detti il nome dell’albergo “Nice Hotel”, mise in moto correndo alla parte opposta dell’albergo.
Dopo un paio di isolati, con una manata sulla sua spalla dissi…. l’albergo sta dietro,….
fece cenno di si, al primo incrocio girò proseguendo per la giusta via.
Se Ritornavo a piedi in albergo potevo impiegarci una ventina di minuti,…. per coprire la distanza di 2 chilometri.
Avendomi “ scarrozzato “ un pò, impiegammo Dieci minuti, tariffa dieci pesos, data l’ora e la percentuale che doveva al barman per essere stato chiamato.
Se non mi avesse fatto girare a vuoto, la somma poteva essere un po’ meno.
La mattina mi svegliai verso le otto. Con calma feci una lunga e accurata toilette.
In attesa che arrivasse LEI, mi misi seduto sul balcone a guardare le persone che cominciavano ad occupare il giardino e lo spazio vicino alla piscina.
Alle 9,15 am . suonò il citofono, la reception mi informava che la signora era arrivata, scesi subito, la vidi seduta nel salottino con una rivista in mano, lei vide me, alzò un braccio per farsi notare, si alzò quando le ero vicino, un caloroso buongiorno da parte mia, lei senza parlare mi stampo un casto bacio sulle labbra.
Ci incamminammo verso la sala colazioni, mano nella mano come due vecchi amici.
Ci sedemmo vicino alla vetrata che dava nel giardino/piscina. Un cameriere trotterellò verso di noi, per l’ ordinazione.
La mia nuova amica, parlò con il cameriere, poi rivolgendosi a me, sorridente, disse che aveva ordinato per me, ciò che aveva ordinato per lei.
Nell’attesa di essere serviti, con affettuosità tese le braccia sul tavolo per avere le mie mani. Me li teneva stretti, intrecciando le sue dita alle mie, sorridendo guardandomi negli occhi, con dolcezza e piacevole insistenza.
Senza parlare, guardandoci, di tanto in tanto, spazzolammo l’ abbondante colazione alla americana.
Ci spostammo nel giardino, parlammo tanto per dirci poche cose, lei mi parlava spagnolo, inglese e un tantino in italiano.
Ci capivamo………., bene.
Cominciavamo a conoscerci, meglio.
Meglio dire a farsi conoscere.
A ogni mia domanda, lei doveva parlare per un bel po’. Una tattica, la mia, sempre valida.
La prima cosa che mi chiese “ Hyaci quanto tempo ti trattieni a Santo Domingo.?
Sei in vacanza ? sei solo ? E’ la prima volta che vieni qui ?
Rispondevo nella mia lingua, accertandomi se avesse capito. Lei sorridendo mi stringeva la mano dicendo “ certo che sì “.
Lei,….ripetendo tu stai tre settimane, tu sei in vacanza, tu sei solo, tu sei prima volta in Repubblica Domenicana.
Bella cosa l’istruzione ….. di lei !!!!!!!!
Volevo che parlasse solo lei, volevo sapere.
“Parlami di te, Anny”. senza sorridere disse O. K. ….. ho ancora 2 esami da dare e poi la tesi, penso di laurearmi per luglio/agosto,
Ho un bambino, avuto con il mio ex marito.
Con la “professione” mi ci pago gli studi, cresco bene mio figlio.
Mio padre non l’ho mai conosciuto, mia madre vive a Miami da 10 anni, ci sentiamo una volta al mese. Vivo da mia nonna che mi tiene il bambino.
Dopo la laurea potrei lavorare in uno studio di commercialisti associati, ex compagni di studi, oppure andare a Miami dove mia madre mi vorrebbe con se.
Altra alternativa è continuare a fare la “professione” fin che il tempo me lo permette.
Alzandosi, dissi Hyaci devo andare all’università, sono impegnata, tutti i giorni feriali, dalle 11 alle 17.
Nel breve tragitto dal giardino all’uscita mi disse fissandomi negli occhi, Hyaci se vuoi posso tornare verso le ore 17,30. Le dissi “ ti aspetto con ansia”.
Un casto bacio e scappò via.
Salii in camera mi misi il costume da bagno e preso il telo da bagno andai ad oziare distendendomi sul bordo della piscina, attento a non espormi ai raggi del sole.
Verso le ore 14 ritornai in camera per la mia solita pennichella.
Mi ero svegliato da poco che il citofono suonò, era Lei che chiamava dalla Reception, ero pronto, scesi subito. Ci salutammo affettuosamente con un casto bacio sulle labbra, mi prese per mano incamminandoci fuori dall’ albergo, prendendo il viale del mare.
Ridendo, scherzando come due vecchi amici che non si vedono da tempo.
Passeggiando mi fece vedere molti posti belli, caratteristici, non turistici, poi mi condusse in piazza Cristoforo Colombo, la grande statua del grande navigatore era lì su un
piedistallo anch’esso grande che guardava il mare.
I fabbricati attorno alla piazza erano tutti pubblici, musei marini con tantissimi pesci negli acquari, saloni che ospitavano “pezzi” di barche antiche, vascelli di pirati che nei Caraibi erano di casa.
Ogni tanto sostavamo in qualche panchina a bere spremute che i tanti venditori facevano a richiesta.
Lei ordinava la stessa bevanda per due, mi limitavo a dire “ Please, no ice for me”.
Stavamo bene insieme, si era creato un certo “feeling”.
Seduti o camminando lei mi teneva sempre la mano nella mano, a volte stringendola, a volte intrecciando le nostre dita, non ci lasciavamo mai neanche quando la mia cominciava a sudare.
Era già buio quando ritornammo in albergo. A turno facemmo una breve toilette, mi cambiai d’abito e via di nuovo fuori.
Fuori dall’albergo c’era un cambia valuta un uomo che diceva sempre in continuazione le stesse parole “change…exchange… six for one”
Dissi ad Anny, devo cambiare dei dollari, all’aeroporto mi hanno dato 1 a 5, quello mi offre 6 a 1, sorridente disse …… dopo,….. andiamo.
Camminammo, meglio dire passeggiammo per quasi un chilometro, sempre mano nella mano, in un una piazzetta mi chiese quanto volevo cambiare, le diedi 200 dollari.
Mi disse di aspettare lì.
Fece una diecina di metri, avvicinò un giovane, parlarono per un paio di minuti, poi lui consegnò un mazzetto di pesos, Anny gli fece scivolare, due banconote da 100 dollari u s a.
Lo scambio avvenne con discrezione perché proibito per legge.
Riprendemmo la passeggiata, consegnandomi “il malloppo” , dicendo che era riuscita a farsi dare uno a otto. Un bacio sulle labbra e una sola parola “brava”…. Gli diedi 200 pesos, ridendo e stringendola a me, una “ anticipazione”.
Con naturalezza intascò la somma ringraziandomi con un bacio sulle labbra.
Era ora di cena, camminammo ancora per una diecina di minuti, infine arrivammo in un ristorante ricavato in una roccia, una grotta naturale, molto caratteristica, l’ ambiente, era arredato secondo gli usi e costumi dell’epoca dei pirati.
La pirateria aveva il covo in quell’isola.
Gli inservienti erano vestiti anch’essi da pirati.
Mangiammo con gusto tutto quello che ci portò, pesce arrosto da taglio.
Annaffiandolo con un vino locale sfuso bianco leggero, non doveva superare i 6/7 gradi alcolici, ad una temperatura superiore a 15°.
Le bottiglie erano messe a rinfrescare in cesti pieno di ghiaccio spezzettato. No tritato.
Finito di mangiare, prendemmo un taxi che ci scarrozzò per una quindicina di minuti.
Arrivammo in una sala da ballo grandissima, ci doveva stare più di cinquecento persone,
il cameriere ci prese in consegna per accompagnarci in un tavolo per due, chiedendoci cosa doveva servire. Anny ordinò rum e cola, mentre il cameriere spariva.
Anny mi prese per mano dicendomi andiamo a ballare.
Il frastuono della musica non faceva capire a Anny che le dicevo di non sapere ballare questa danza….., il merenghe.
Ridendo e tirando disse, Hyaci non ti preoccupare, stammi sempre vicino.
Appena in pista, come se avesse preso la scossa cominciò a muoversi, a sculettare come una forsennata, movimenti sensuali al ritmo della musica, mi si muoveva vicinissima, quasi attaccato, davanti di fianco di dietro, i suoi movimenti mimavano un atto sessuale, il suo petto, il suo ventre, il suo sedere era sempre a contatto con il mio basso ventre. Mi faceva tenere le mie mani ai suoi fianchi mentre si agitava per me con sguardo fisso, diritto negli occhi, …. si scostò di poco dando spettacolo della sua bravura.
Ero fermo, in mezzo alla pista, vicino a lei, guardandola attentamente, ballare.
Niente a paragonarla con la nostra danza dell’ Italia meridionale del “pizzica e taranta”
La musica non veniva mai interrotta, era continua.
Una mezz’oretta di questa massacrante ballata per ritornare al nostro tavolo, lei con il fiatone e io arrapato, ma non stanco, avevo fatto solo pochi passi di danza.
Eravamo seduti in un piccolo divanetto troppo stretto, spalla contro spalla, con le sue belle gambe sopra le mie. Con un cenno della mano attirò l’attenzione del cameriere ordinando due tequila e limone.
Questa ragazza mi stupiva, mi dava l’impressione che io ero l’unico uomo al mondo, mai uno sguardo verso altri, mai un gesto che potesse attirare l’attenzione di altri.
Doveva avere nel sangue molto D N A dei suoi antenati “pirati”, dimostrare rispetto al proprio accompagnatore, che pagava.
Le donne che fanno la sua “professione”, di solito sono sempre in cerca di possibili clienti da tenere in “riserva” , anche, quando sono accompagnati.
Lei si comportava come se noi fossimo “una coppia”.
Era quasi le tre del mattino, quando rientrammo in albergo.
Una bella doccia assieme, pulizia personale e via a letto.
Cominciò a “lavorami”, aveva professionalità, ci metteva passione nel “lavoro”, riusciva a tirare fuori dal mio corpo ogni stilla di voluttà.
Ogni parte del mio corpo, era per lei un ricamo da effettuare, fatto con la bocca e lingua,
“ forse” per mio esclusivo godimento.
Una “mantide”.
Non voleva essere distratta da una mia partecipazione, mi inchiodava sul letto dicendo che non dovevo muovermi.
Forse Lei godeva così, facendo i suoi comodi su di me.
Al momento giusto si sistemava come meglio desiderava dicendo “fammi godere, Hyaci fammi godere tanto”.
Veniva veramente, vibrava tutta, gli veniva il fiatone, il cuore le batteva forte, sollevandole le mammelle.
Rimanemmo abbracciati, senza, lavarci fin che sonno non ci prese.
La mattina verso le 9 ci svegliammo, lei per prima in bagno, una quindicina di minuti per sistemarsi e via pronta per uscire, non prima di avermi baciato sulle labbra e detto che sarebbe tornata verso le 17,30.
Rimasto solo scesi per la colazione, poi piscina e pennichella.
Alle 17,30 bussò alla mia porta, che era socchiusa, entrò posò una grossa borsa di stoffa su una sedia ed entrò in bagno.
Nel frattempo che Lei era in bagno, io mi cambiai, indossai un completo celeste a righe bianco sporco, in seta misto lino, una camicia avana sportiva in lino grezzo, cravatta a righe, scarpe chiuse di camoscio.
Anny uscì dal bagno, vedendomi vestito, emise un fischio di ammirazione, girandomi attorno per vedere tutto davanti e di dietro.
Un bacetto sulle labbra a significare l’approvazione.
Uscimmo per andare verso l’interno, mano nella mano, mi trascinava alla rincorsa di taxi collettivi, questi “ taxi collettivi “ caricano tutti quelli che fanno il percorso indicato in una tabella sulla macchina, per cambiare strada se ne prende un altro e così via facendo.
Noi ne prendemmo ben quattro con una spesa del tutto irrisoria.
Scendemmo nel centro storico di Santo Domingo, questo quartiere non è per turisti.
Le case sono tutte attaccate l’una all’altra, tutte ad un solo piano, brutte, vecchie,
decrepite, le stradine sporche, con rivoli d’acqua sporca che si riversa in strada, panni stesi ad asciugare, tanti bambini a schiamazzare, i vecchi seduti su sedie vicino all’uscio ad oziare.
Una desolazione.
Prima che facesse buio, riprendemmo la via maestra per trovare un taxi e riportarci in centro.
In centro, nella parte bassa della città, percorremmo a piedi un viale dove si mangia e si beve, i carretti erano illuminati da una fioca illuminazione pubblica ma, tutti avevano grosse lampade al neon attaccate a delle batterie.
Questi fast food cucinavano di tutto, pure la cotica di maiale fritto, “stomachevole”, pezzi di pesce grosso come bistecche, pezzi di pollo.
Come tovaglioli usavano rotoli di carta igienica.
La produzione di bevande era più igienica se non veniva adoperato l’acqua, il ghiaccio e bicchiere di vetro.
Bevande calde “quasi” sicure era il caffè e il the, sempreché l’acqua fosse stata fatta bollire.
Mangiammo e bevemmo, spendendo una miseria.
Tornammo in albergo che era quasi le 22,30.
Anny mi disse che ci dovevamo cambiare, saremmo andati al casinò centrale, il più bello e grande di tutta l’isola.
Indossai per l’occasione un completo lino colore canna di fucile, camicia beige a righe di colore paglia, cravatta la stessa che avevo prima, scarpe nere allacciate.
Ero un orso vestito a festa.
Anche se non portavo il cappello, manifestavo molto bene il mio “Status Simbol” come facevano i Domenicani.
Potevo essere considerato più che passabile, per entrare il quel tempio del gioco.
Anny si vestì con gli abiti che aveva nella borsa, un vestitino celeste molto ampio, scollato davanti e dietro.
Davanti nascondeva solo i capezzoli, dietro si vedeva l’inizio del solco delle natiche.
Non mise né reggiseno né mutandine.
Le scarpe con tacco grosso medio/alto come quelle delle gitane che ballano il “flamengo”.
Dal mio sguardo capì che era bella e sensuale.
A ringraziamento mi strinse a se prendendo con le sue mani il mio sedere, attirandolo a se, le mie parti basse, premendolo sul suo basso ventre.
Mi venne spontaneo emettere un ululato da lupo.
Rise a bocca aperta. Bocca piena di una dentatura bianchissima e perfetta. Labbra carnose, lingua rosea, vidi anche le tonsille.
Sebbene conoscessi quella bocca, mi fece lo stesso un certo effetto.
Pensai che era una “femmina” che sa come svegliare i sensi anche ad uno zombi.
D’istinto le presi la testa con le mani per avvicinare la sua bocca alla mia, cercando di dargli un casto bacio sulle labbra, con maestria accentuò il bacio cacciandomi in bocca la sua lunga lingua che annodò alla mia, aspirandola.
Con Anny non si scherza, in fatto di sesso.
Ogni innocente gioco, si trasforma in “perversione sessuale”.
Scendemmo in strada prendemmo un taxi, in meno di dieci minuti ci portò in una costruzione di una diecina di piani in stile spagnolo.
Entrammo passando in un porticato tutte colonne bianche, il piano terra, un unico salone pieno di colonne a sorreggere i piani superione, addossati alla parete tutte slot/machine,
Uomini e donne tutte intende a giocare, “a perdere con moderazione”.
Dalla parte sinistra vicino all’ingresso il guardaroba e i servizi igienici, il resto della grande sala tanti tavoli da gioco con tanta gente attorno.
Alla parete opposta alle slot/machine un lungo bancone bar con i suoi alti sgabelli, quasi, tutti occupati da bellissime ragazze.
Ai lati del bar, uffici.
Tanta gente.
Feci notare ad Anny quante belle ragazze erano ad oziare al bar, Lei ridendo ………..
quelle aspettano di essere “rimorchiate” sono le civette del casinò, fanno parte dell’ arredo e dell’intrattenimento.
Al primo piano la sala spettacolo con tanti tavolini e poltroncine, in fondo alla sala un palco molto rialzato dove si stavano esibendo in costume caraibico una diecina di ballerine.
Al secondo piano tutti tavoli da gioco per giocatori più incalliti, lungo le passerelle c’erano paletti con tabelle che avvisavano i clienti la puntata “minima - massima” .
Ai piani alti camere e suites.
Mano nella mano, ci recammo nella sala spettacolo, appena entrati fummo agganciati da un cameriere che ci condusse ad un tavolo per due vicino al palco, prese l’ordinazione che Anny le disse e sparì di torno. In un baleno, ci portò rum, cola, tequila e piccoli limoni tagliati a metà.
Spaziando la vista intorno a me, osservavo tutto, per lo più le donne.
Mi venne spontaneo fare dei paragoni. Con un punto di orgoglio IO ero accompagnato al numero UNO per bellezza ed eleganza.
Molti uomini avrebbero barattato le loro donne con la mia aggiungendo un “congruo”
risarcimento in denaro.
Il vestito che Anny indossava, valorizzava il suo corpo poco coperto.
Non ci voleva molta fantasia per intuire che sotto quel vestito non c’era nient’altro che carne muscolosa.
La sua mano era sempre stretta alla mia, sempre tenuta intrecciata alle mie dita, in una carezza continua, questo atteggiamento non lasciava intenti di avvicinamento a possibili male intenzionati.
Finì lo spettacolo, finimmo i beveraggi, girammo tra i tavoli da gioco, sempre tenendomi per mano.
Andammo alla cassa a cambiare i pesos in fiches, cambiammo 250 pesos ciascuno.
Giocammo in diversi tavoli, si vinceva e si perdeva, io giocavo sul rosso e nero , lei sul pari e dispari , un gioco quasi alla pari tra il giocatore e il casinò.
Poco prima delle quattro del mattino smettemmo di giocare, alla cassa “refund”
restituimmo le fiches dandoci i pesos.
Lei perse 40 pesos io 60; insistetti ad accollarmi la perdita restituendo i suoi 250.
Bella trovata la mia genialità perché mi guadagnai un casto, sonoro, bacio sulla bocca.
Sempre per mano salimmo la scalinata dicendomi che avremmo visto uno spettacolo di Strip-tease-show.
Al solito, un cameriere ci agganciò sistemandoci in un divanetto piccolo con tavolinetto basso, un altro cameriere raccolse l’ordinazione, per ritornare con tequila, rum, cola e i mezzi piccoli limoni.
Cinque, dieci minuti le luci si affievolirono, il palco si illuminò di luci colorati.
Cinque ragazze cominciarono a ballare e cantare al suono di una musica che doveva essere
“significativa” perché le fanciulle si cominciavano a scoprire.
Finita la musica, i corpi delle ragazze, erano tutti scoperti, …… rimasero solo i loro ridotti
“tanga” .
Furono tolti, anche quelli nel momento che si spense la luce.
Bella scena, noi maschietti rimanemmo a bocca asciutta.
La luce tornò e noi andammo via. Lo spettacolo era finito.
Ritornammo al piano terra, nella sala gioco, era quasi mezza vuota, passando vicino ad un tavolo da gioco il crupier, un neretto mingherlino, guardava noi un po’ troppo
insistentemente, specialmente verso Anny, parole di lui sussurrate a denti stretti, parole di Anny un po’ risentita, parole concitate da entrambi a bassissima voce, molte adirate .
Uscimmo dal casinò infilandoci in un taxi che sostava in attesa di clienti.
Appena salimmo in macchina Anny mi si strinse forte al braccio senza parlare, lei non mi disse niente del battibecco con il crupier , io non chiesi niente per sapere cosa era
successo.
Ero incuriosito,……. prevalse il mio buon senso di mascherare l’accaduto.
In albergo dopo una leggera doccia a due, quasi bagnati ci infilammo sotto le lenzuola.
Anny attaccata a me con le sue mani sulla mia faccia a pochi centimetri dalla mia bocca, mi guardava senza parlare, la sentivo tesa, nervosa, voleva parlare, voleva sfogarsi.
Infine sbottò ; il crupier è il mio ex marito, e ex compagno di studi.
La prima cosa che mi ha detto appena mi ha visto; ecco, la puttana – sgualdrina
(strumpet-Tart- Prostitute- Whore) ; adesso te la fai anche con i “barbutos” Castristi (da Fidel Castro che tutti odiavano e preso a riferimento di persona poco raccomandabile), sei diventata una baldracca.
Gli ho detto a quello stronzo che tu non sei un cliente, ma il mio compagno, una pausa, guardandomi negli occhi, come in attesa che dicessi qualcosa, …..
dissi che in vita mia avevo assistito a tanti litigi tra coppie o coppie scoppiate, ma era la prima volta se assistevo ad un litigio bisbigliando “parolacce” fra litiganti.
Un sorriso e una carezza mi assicurò che tutto era finito, dicendomi… Hyaci è vero che ti considero il mio compagno, io con i clienti ci scopo per mantenere me e mio figlio dignitosamente, io scopo solo con il preservativo, anche, quando faccio i pompini.
Con te è diverso ….. non scopiamo, facciamo l’ amore e, senza protezione.
Per te sono “Ana” , la mia personalità di ragazza semplice innamorata.
Adesso ti faccio conoscere “ Eny” la mia seconda personalità, la ragazza “ squillo”.
Eny, tirò fuori la sua seconda natura……, piano, piano cominciò a “lavorarmi”, cercavo di fare qualcosa per lei, mi voleva fermo, “lasciami fare Hyaci”…….. non muoverti Hyaci, più facile a dire che a fare, la sua bocca, la sua lingua poteva risuscitare un morto.
Dominava la sua furia, con rallentamenti ed accelerazioni, mi girava e mi rigirava a suo piacimento, ero il suo oggetto sessuale, ero inchiodato sotto di lei, una sua mano teneva sempre ferme le mie mani, non voleva essere toccata, mi teneva su di giri, senza farmi
“scoppiare”.
I ruoli si era capovolti, io ero il “prostituto” il “puttano”.
Sazia di quello che potetti darle, …… appagati ci addormentammo che albeggiava.
Mi svegliai ancora attaccato al suo corpo, il suo fondo schiena aderiva perfettamente al mio pube in posizione fetale.
Lei si mosse, si girò stringendoci petto contro petto.
Con scatto, disse,…. è tardi devo andare, corse in bagno, dieci minuti dopo, era pronta per uscire.
Ero disteso sul letto sopra le lenzuola tutto nudo, sorridendo mi si distese a fianco, la sua faccia nella mia ascella, il bacino stretto ad una mia coscia, una sua gamba accavallata piegata sul mio pube, senza parlare, soli con i nostri pensieri.
Uno scatto e via dicendo torno alle ore 17,30.
Avevo ancora sonno, decisi di scendere a fare colazione, a pancia piena il sonno mi passò, tornai in camera mi misi il costume da bagno e, con il telo da bagno diritto in piscina.
Adoro l’acqua, la piscina, il mare…., è il mio habitat naturale, quando sono in vacanza, una nuotatina al giorno non me la leva nessuno.
Quando posso, ogni giorno cerco di migliorare di mezza vasca, il percosso precedente, nuotando un po’ più svelto.
Altra mia abitudine è il riposino.
Nessuno potrà mai farmi rinunciare alla pennichella pomeridiana. Mi ricarica e come se vivessi due giorni in uno.
Mi ero appena svegliato, avevo finito di fare toilette che sentii bussare alla porta ed aprirsi.
Lei era arrivata, mi incuriosiva sapere sotto quale personalità si sarebbe presentata oggi.
Sorridente come sempre, chiusa la porta venne verso di me facendomi cadere sul letto di spalle, carezze a non finire e casti baci dappertutto.
Mi si tolse da sopra per andare in bagno, sentivo l’acqua della doccia scorrere.
Una diecina di minuti dopo uscì già vestita.
Uscimmo dall’albergo per recarci in un mercato all’aperto, un viale alberato, un isola pedonale, con aiuole a sinistra e a destra della strada, i venditori esponevano le loro mercanzie sulle aiuole.
Ogni sotto un’ albero, la mercanzia.
Se si trattava di abbigliamento, all’albero c’era appeso un alto specchio, non mancava mai l’illuminazione propria anche se era ancora giorno.
Camminavamo, come sempre, mano nella mano, a curiosare la merce in vendita.
Davanti ad una fila di cesti di vimini pieni di pantaloni con scritta la taglia, drop e il prezzo, Anny (Eny o Ana ) prese un paio di jeans li guardo bene li poggiò sul davanti guardandosi allo specchio, me li tese per reggerli. Con naturalezza si sbottonò i pantaloni, se li tolse, rimanendo in mutandine e camicia, mi prese i pantaloni li indossò, fece un paio di piegature perché troppi lunghe, si passò le mani sulle natiche e sul davanti, si guardò allo specchio davanti e di dietro, annui con la testa in segno di si.
Stava per pagare i tre pesos quando intervenni io con le banconote, dicendo che offrivo io.
Un bacetto e un grazie. Riprese i suoi pantaloni vecchi e li buttò in un cesto vicino, dove erano altri indumenti vecchi.
Seguitammo la passeggiata
Mi ripromisi che prima della partenza dovevo ritornarci, in questo posto, mi interessava alcuni oggetti di artigianato.
Si era fatto buio, stanchi ed assetati, ci fermammo in un chiosco a sederci e bere succo di cocco, canna da zucchero, un bicchiere di rum e uno di tequila con l’immancabile mezzi limoni.
Restammo a guardare la moltitudine di gente che indaffarata facevano i propri acquisti.
Non ci lesinavamo a commentare le belle figliole che ci passavano davanti, mai un apprezzamento sugli uomini, da parte sua.
Verso le 20,30 ritornati in albergo, subito sotto la doccia, vuotammo le nostre vesciche nel piatto doccia.
Poco prima delle 21,30 eravamo in taxi diretti a cena.
Mi condusse in un ristorantino, quasi una bettola, non più di una diecina di tavoli, era pieno, il proprietario che doveva conoscerla, si parlarono cordialmente per un po’, un cenno di saluto verso di me.
La personalità che stava con me, era quella di Ana; mi prese per mano andando vicino alla porta d’ingresso, un paio di minuti di attesa, tornò l’uomo di prima per accompagnarci in un angolo del locale dove aveva preparato un tavolinetto con due sedie. Un inserviente ci portò del pane e una brocca di liquido ambrato, il padrone scaricò sul tavolo un vassoio pieno di carne mista arrosto, una ciotola con acqua e pezzi di limoni, un piatto vuoto e due tovaglioli di cotone grezzo molto ruvido.
Niente coltello né posate. Si mangiava con le mani, prima di prendere il bicchiere per bere ci si bagnava le dita nella ciotola dell’acqua e limone ci si asciugava con il tovagliolo che raspava la pelle.
Efficace per pulire l’unto alle mani. La bocca non veniva pulita, era consuetudine del locale tenere la bocca impiastricciata.
Le carni di qualità diverse, tutte piccanti. Non era male, quel misto pesce, doveva essere uno squalo o balena.
Sazi e un po’ brilli per il troppo liquido ambrato bevuto, aspettammo che arrivasse il taxi che Anny aveva chiesto al proprietario/amico di chiamare.
Pochi minuti arrivò la macchina, Anny cominciò a parlare con l’autista, un lungo parlottare, poche parole del tassinaro. Sempre fermi dentro il taxi.
Cinque minuti ci vollero per concludere l’accordo.
Anny mi disse di dare 15 pesos all’autista. Incassata la somma mise in moto diretti verso la periferia.
Una quindicina di minuti dopo arrivammo in un fabbricato a due piani un largo spiazzo in terra battuta come parcheggio, una quindicina di auto, tutte scassate, vi erano parcate, non mancavano le motociclette e scooter.
Scendemmo dall’auto, facendo attenzione a dove mettere i piedi, l’ illuminazione era scarsa.
Dalla casa illuminata proveniva musica caraibica.
Entrammo direttamente nel salone, di fronte a noi il bancone bar, alle pareti laterali tanti tavolinetti e sedie in fondo alla parte opposta al bancone bar una scalinata per il piano superiore.
La sala era illuminata quel tanto che si poteva vedere tutto e tutti.
Una ventina di uomini e una trentina di donne ai tavolinetti e una ventina di coppie a ballare.
Ci sedemmo ad un tavolo in fondo alla sala vicino alla scalinata, un cameriere con un tovagliolo in mano fece finta di pulire il piano tavolo, ascoltò la mia accompagnatrice e sparì.
Anny avvicinandosi al mio orecchio, dato il fragore della musica, mi disse che mi
presentava Eny, la seconda sua personalità, nel frattempo il cameriere scaricò sul tavolo, una bottiglia di tequila, una di rum, una bottiglietta di cola e un piattino di mezzi limoni.
Eny, accostando la bocca al mio orecchio per farmi sentire quello che la musica cercava di coprire, e non per altro……, questo posto, questo locale si chiama “Hermandes” è un bordello molto conosciuto in città, il sabato e domenica ci vengono tanti uomini e donne, anche di buona famiglia, nei giorni feriali quello che vedi.
Gli uomini adocchiano la ragazza, la ragazza non può rifiutarsi di andare a ballare.
L’ uomo la invita a ballare, durante il ballo inizia la trattativa, se si mettono d’accordo salgono la scalinata dove ci sono le camere, in un “office” viene consegnata la chiave contro pagamento per il tempo che si vuole impegnarla. Scaduto il tempo di occupazione si restituisce la chiave e si torna in sala, liberi di stare insieme o lasciarsi per altri/e.
Sopra il personale cambia la biancheria, pulisce il bagno e pronta ad essere di nuovo occupata.
Come dicevo nei Week End le ventine di camere sono quasi sempre occupate. Un vero, grande Business.
Molte donne, di buona famiglia, che non sono prostitute, vengono a puttanare per “ trasgressione” vengono anche per fare scorpacciate di cazzi e di pesos.
Gli uomini, per lo più benestanti, ci vengono per trovare quei piaceri che gli viene negato dalle consorti, o fidanzate.
Restammo una oretta a guardare e bere, nel frattempo una diecina di coppie erano saliti di sopra.
Le ragazze vicino al nostro tavolo ci guardavano, chissà quali pensieri suscitavamo, nei loro cervelli.
Sorridendo, accostando la testa vicino alla mia, mi bisbiglio che avevo visto abbastanza.
Sei libero di scegliere una o due ragazze.
Non risposi, il mio silenzio fu molto eloquente. Rifiutai l’ invito.
La proposta fattami da Eny, era seria…..??? era sincera…..??? per questo mi aveva detto che mi avrebbe fatto conoscere Eny. Voleva dimostrarmi che avrebbe tollerato che io andassi a puttane. ??????
Forse Anny si era dimenticata dell’ altra personalità, la cara Ana.
Come avrebbe reagito la dolce Ana, se io fossi andato con altre donne. ??????
Era quasi le tre del mattino. Il tassinaro era lì che dormiva a portiere chiuse, il nostro battere le mani alla portiera per svegliarlo fu arduo.
Arrivammo in albergo poco prima delle 3 e mezza.
Anny, ni di disse di dare altre 30 pesos all’ autista.
In camera subito a fare pipì, pulizia personale e via sotto le lenzuola.
Anny, trasformatosi in Eny, volle strafare, volle darmi prova della personalità che si celava in se….,lavorandomi per bene.
Voleva togliermi dei dubbi, circa le capacità di questa sua personalità.
Steso sul letto supino, senza poter partecipare attivamente ai suoi maneggi.
Mi faceva di tutto, mi sembrava di essere l’oggetto dei suoi desideri.
Prestazioni sessuali che mai avrei immaginato di ricevere.
Non mi si offriva, mi si dava tutta.
La sua lingua saettava su tutto il mio corpo, faceva di me quello che voleva.
Ero alla sua mercè.
La Pausa di ristoro fu benedetta, il frigo/bar della camera, era ben fornito, non mancava nemmeno la frutta.
Mentre ci dissetavamo, ci guardavamo fissi negli occhi, quasi a studiarci, per il
proseguimento del “match” . non so, se la bevanda le fu da “calmiere”, sta di fatto che il
suo atteggiamento, cambiò radicalmente, i suoi movimenti su di me, divennero più amorevoli, più delicati.
Eny stava lasciando entrare Any.
Amorevolmente cominciò ad accarezzarmi, i suoi toccamenti erano meno passionali.
Il suo bisbigliare, in tre lingue, diceva che la facevo colare come una fontana, che non resisteva più, che lo voleva dentro.
La pace dei sensi arrivò appagandoci delle sofferenze subite.
La mattina arrivava sempre troppo presto.
L’ora tardi, pochi minuti per prepararsi e scappare via, non prima di avermi salutato a modo suo, passando la lingua insalivata sul mio viso, dove non c’era la barba.
Un ciao, aspettami alle ore 17,30.
Il mio tempo libero era sempre come al solito, colazione, piscina con tanto nuotare per stancarmi e pennichella che immancabilmente arrivava.
I pasti del mezzogiorno, i Lunch, erano a base di frutta.
Risparmiavo e mi tenevo in forma.
Alle 5,30 pm, un leggero bussare, la porta si aprì, entrò senza nemmeno salutarmi andando diritto in bagno.
Doveva proprio averne bisogno, uscendo disse…. mi sento meglio ora.
Si allungò sul letto al mio fianco facendo le fusa come una gatta in calore, poi disse che aveva parlato con la sua migliore amica Dolores, gli aveva parlato di me.
Tutte le mie amiche e compagne di studi sanno che ho te, Hyaci.
Ho detto che sei un uomo eccezionale, molto virile, che sei pazzo d’amore per me, che sei geloso fino a picchiarmi se ritardo un appuntamento.
Con finta irritazione dissi di non raccontare bugie.
Lei ridendo …. racconto che tu mi picchi perché pensi che io ti tradisca.
Dico che ti perdono perché quando mi possiedi mi fai dimenticare tutto, per il piacere che mi dai.
Ridendo sonoramente, dissi che io non ero quello che lei aveva descritto.
Sono certo che si tratta di qualcun altro. Uno scambio di persona.
Seria Lei mi prese a due mani la testa, ….. Baciandomi,…….. “certo che no” tu non sei un violento, mai nessuno lo è stato con me.
Le mie compagne sono delle viziose, a sentire quello che gli racconto sbavano per te.
Vorrebbero conoscerti.
Io voglio che tu le scopi, man mano che si presenta l’occasione.
Una pausa lunga da parte mia, poi sbottai……..,perché vuoi questo. ???
Carezzandomi …. Le labbra con le sue delicate dita,…… tu sopporti ….. la mia professione, e io perdono le tue scappatelle con le miei amiche, a condizione che sono IO a dirti quale scoparti.
Pensai subito che era Eny a parlare. Forse Ana non avrebbe accettato “il tradimento”.
Continuò a dire non sopporterei se tu mi tradissi a mia insaputa.
Ricordatelo Hyaci. Intesi.!!!!
Questa sera ci incontreremo con Dolores e il suo compagno allo Sheradon inn, mi prese per mano facendomi entrare insieme a lei in bagno, io lavai lei, lei lavava me.
Si finiva sempre con lo scherzare con il sapone e l’acqua, giochi non del tutto innocenti.
Senza andare oltre al limite del non ritorno.
Asciugarci era delizioso, usavamo i tovaglioli da bidet, con delicatezza, non più di 10 centimetri per volta con il panno, le dita a lisciare e plasmare la pelle, io facevo quello che mi faceva lei.
Lei ben sapendo quali fossero le mie parti sensibili, mi toccava e asciugava dove voleva che IO contracambiassi il punto del suo corpo per il massaggio.
Un gioco sensuale e sessuale.
Uscimmo dall’albergo che era notte circa le 8 pm, percorremmo il solito viale per circa 500/600 metri svoltammo in una stradina chiusa al traffico, tanti tavoli in mezzo alla strada.
Tutte le abitazione cucinavano in strada.
Ogni casa aveva una diecina di tavoli davanti.
Camminavamo sui marciapiedi per vedere dalle finestre basse, cosa preparavano da mangiare.
Ci si fermava dove gli odori erano più appetitosi e l’ ambiente più pulito. Non cercavamo la specialità della “casa”.
Il padrone di casa dove ci fermammo, venne subito con un strofinaccio a pulire piatti, bicchieri e posate, Anny, parlottò con l’omino che sparì subito per ricomparire con patate lesse e una brocca di vino locale rosato.
Una diecina di minuti d’attesa, una signorinella sui 12 – 13 anni, posò sul nostro tavolo un cilindro di carne a testa.
Buono, saporito e piccante.
La carne era tenera, ben cotta, aveva sapori diversi, un sugo rosso e denso, … che mangiata con la patata lessa……. era la morte sua.
Gli immancabili rum e tequila come beveraggio. Niente bevande analcoliche o acqua.
Pagai 20 pesos più 5 di mangia. Veramente poco.
Con Lei al mio fianco, spendevo meno di quello che spesi da solo nei primi giorni.
Il turista è considerato un pollo da spennare.
Ci incamminammo per la via principale. In un negozio alimentare mi chiese 150 pesos,
un bacino sulle labbra, dicendo, torno subito.
Entrò nel negozio, pochi minuti di attesa e uscì, la borsa che aveva a tracollo era gonfia e un po’ appesantita.
Non disse niente di quello che aveva comprato.
Prendemmo un taxi collettivo, in meno di dieci minuti eravamo allo Sheradon.
Ci eravamo appena seduti nel salotto della Hall, quando Anny mi disse “sono arrivati”.
Fatto le presentazioni, Dolores, una ragazza di statura uguale ad Anny, pure il colore della pelle, stessi capelli crespi e folti, sembrava che avesse un canestro in testa, bella, un tantino più appariscente per via del fondo schiena più provocante.
Ex compagna di studi, di anni 27 da sei mesi laureata.
Freddy, di nazionalità canadese, lavora nell’ambasciata canadese, alto 180/185, massiccio, biondiccio. Un bambinone.
Saputo della mia nazionalità, rise……. Dicendo in inglese ….., preferisci parlare inglese o spagnolo, ridendo dissi….., meglio l’italiano….. mi parlò spagnolo, per far capire bene alle nostre amiche e me.
Mi parlò del suo collega, un italo/canadese, Mr. Ferraioli che gli parlava spesso in italiano, aveva imparato tanti vocaboli, infatti attaccò a parlare un italiano dialettale molisano, un po’ campano, si faceva capire.
Simpatico, allegro e di buona compagnia.
Una bella coppia, loro due. Un bel quartetto noi, quattro.
L’ascensore ci fece salire all’ultimo piano, un inserviente alla porta doveva conoscere i miei amici, salutando le signore con un mezzo inchino, rivolgendosi al nostro amico disse “good evening Sir Freddy” aprì una spessa porta, entrammo in una grande sala poco illuminata, tutta in vetri, si vedeva tutta la città, la musica da discoteca non eccessivamente forte ci permetteva di parlare/ascoltare a un metro di distanza.
Un cameriere ci prese in consegna assegnandoci un tavolinetto basso con 2 divanetti anch’essi bassi.
Freddy seduto di traverso, essendo molto alto, aveva le gambe sotto quelle di Dolores, io stavo più comodo di Freddy.
La sala era affollata, non pienissima, gli uomini quasi tutti di razza bianca, le donne metà bianche, metà multicolore.
La mia amica trasmise al cameriere, sempre presente, l’ordinazione per i beveraggi.
Pochi minuti dopo 2 camerieri posarono sul tavolino 4 bicchieroni di cola con relative cannucce, 4 bicchieri di tequila, 4 bicchieri di rum, un piatto con i mezzi limoni, un secchiello di ghiaccio e una brocca vuota, forse, per miscelare a piacere le bevande.
Rimasti soli, senza, i camerieri vicino, Anny, cominciò a trafficare con la borsa, prese la brocca in mezzo alle gambe. Ridendo gli dissi che era più comodo andare in bagno che farla lì dentro. Il riso dei miei amici mi fece piacere, avevano capito la mia battuta.
Anny, finito di trafficare, rimise la brocca sul tavolo come niente fosse.