• Non ci sono risultati.

Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura Che la diritta via era smarrita Che significa, per dirla in modo che mi possiate

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura Che la diritta via era smarrita Che significa, per dirla in modo che mi possiate"

Copied!
9
0
0

Testo completo

(1)

• Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura Che la diritta via era smarrita

• Che significa, per dirla in modo che mi possiate capire: Arrivato a metà della vita di un uomo normale, cioè 35 anni, mi sono ritrovato in un bosco scuro, e mi sono perso

• Eh sì, più di settecento anni fa, era un 25 Marzo, nell’anno del Signore 1300, proprio come oggi, ho cominciato un viaggio

• Non so come sia successo, bambini

• Io sono un poeta, ero un poeta, lo ero settecento anni fa

• Abitavo a Firenze, la mia città

• Una notte, fra il 24 e il 25 marzo mi sono ritrovato in un bosco, non luminoso come questo, buio, spaventoso, di quelli che fanno paura

• E da lì ho cominciato a viaggiare.

• Un viaggio che si è svolto tutto qui, mente e cuore, un viaggio meraviglioso, trasportato da due stupende compagne, la fantasia e la poesia

• Un viaggio in un mondo dove prima o poi andiamo tutti, ma che nessuno ha mai raccontato

• Un viaggio nel mondo di là, quello dove si va quando si muore. Lo chiamano l’aldilà

• Nell’aldilà non s’è tutti uguali, lo sapete?

• Chi è stato buono, nella vita di qua, chi è stato davvero tanto, ma tanto buono, chi è stato tanto buono da essere chiamato santo va in un posto dove può vedere Dio in faccia. Lo chiamano il Paradiso

• Chi ci ha provato, ma magari non c’è riuscito tanto, chi ha fatto del suo meglio ma proprio santo non era deve aspettare un po’, per andare a vedere Dio. Ci vuole del tempo, e fatica, quella che magari non ha fatto nel mondo di qua, ecco, quella fatica la deve fare nel mondo di là. Deve salire una montagna, e pian piano si avvicina. E quando è pronto entra in Paradiso, e riceve il suo premio, il suo posto in prima fila. Quella montagna si chiama Purgatorio

• E poi c’è il posto di chi nemmeno ci ha provato. Anzi, ce l’ha messa tutta per scegliere la parte sbagliata, quella che è il contrario del bene, il male. Chi ha voluto male a sé stesso, agli altri e a Dio.

• Da quel posto non si esce, e si passa l’eternità a pentirsi del male compiuto, nel dolore e nella pena. Quel posto, il più triste dell’universo, è l’Inferno

• Io ho attraversato quei mondi, sapete? Ma non ero morto, come tutti quelli che ci vanno, come ci andiamo tutti prima o poi. Ero vivo, e con me c’erano la fantasia e la poesia.

• E questo viaggio l’ho raccontato. In un libro, tutto in versi, un libro enorme e meraviglioso dove ho raccontato tutto quello che ho visto. L’ho intitolato Commedia, perché le commedie, lo sapete, sono quegli spettacoli teatrali dove si raccontano le storie degli uomini, un po’

allegre, un po’ tristi. Le storie degli uomini che ho incontrato sono storie tutte vere, sono storie

(2)

di uomini veri, che nella vita hanno fatto il bene, o ci hanno provato, o si sono impegnati a fare il male. Ho raccontato la loro Commedia.

• Qualcuno ha pensato che fosse davvero bella la mia commedia, così l’ha chiamata Divina.

• Io l’avevo chiamata soltanto Commedia, con la C maiuscola, ma chi l’ha letta ha pensato che ci voleva quell’aggettivo, Divina. Fosse stato soltanto perché pensavano fosse davvero bella,

“oh quanto l’è divina sta commedia”, come direbbero a Firenze, l’avrebbero scritto minuscolo.

Una Commedia bella bella, tanto bella che l’è divina. Minuscolo.

• Ma siccome è scritto maiuscolo, Divina, allora penso che sia perché parla sì della commedia degli uomini, ma una commedia dove c’è un regista molto molto più bravo di Steven Spielberg, uno che non basta nemmeno l’Oscar. Un regista tanto bravo da aver creato il mondo. Quello di qua, e quello di là. Ecco perché gli hanno aggiunto Divina, maiuscolo.

• Perché è la Commedia di Dio, e anche dell’uomo.

• Insomma. Avevo trentacinque anni, ero a metà della mia vita, nel mezzo del cammino, e mi sono ritrovato nel bosco scuro e buio.

• E ho cominciato il viaggio.

• Prima giù, fin nel fondo più nero, più scuro di quanto può essere scuro e buio il cuore di un uomo cattivo.

• Sono sceso giù, giù nell’Inferno, sempre più giù, e ho incontrato i più cattivi, i più malvagi, sempre più cattivi, sempre più malvagi. Fino ad arrivare dove vive il Diavolo, che se il male è una pianta con le foglie, i rami, il tronco ecco, lui, il diavolo, è la radice, quella che il male lo fa vivere e lo fa crescere nel cuore degli uomini.

• Sono arrivato fino in fondo, giù, sotto terra, inseguendo quelle radici. E poi, non so come, sono di nuovo tornato su, a rivedere le stelle, perché all’inferno nemmeno le stelle ci sono, ai piedi della montagna che bisogna salire con fatica e dolore per potersi ripulire e lasciare nell’anima solo il bene, cancellando il male.

• E l’ho risalita, insieme a quelli che andavano su.

• E sono arrivato in cielo, dove vivono gli angeli, e in mezzo agli angeli quelli che sono tutti puliti, senza nemmeno una macchia e stanno lì, in eterno, a guardare Dio.

• Io ci sono arrivato ad un passo dal vederlo, Dio, ma non l’ho visto, perché non era la mia ora e nell’aldilà ci stavo solo facendo un viaggio. Oddio, forse l’ho visto sì, ma non so.

• Sono un poeta, bambini. Con una grande fantasia, immensa, e ve lo dico senza peccare di superbia, perché mica è merito mio se ho questa fantasia. Me l’ha data Dio, il regista è lui.

Lui mi ha dato quel talento e io mica l’ho sotterrato, come fanno quelli che poi vanno giù dove ci stanno le radici del male.

• Il mio talento, la fantasia, l’ho adoperato per raccontare il viaggio.

• Nel mezzo del cammin di nostra vita /mi ritrovai per una selva oscura/che la diritta via era smarrita. Provate a ripetere con me

(3)

• Vedete cosa vuol dire scrivere in poesia? Significa far cantare le parole. Ritmo e colore.

• Il ritmo. E’ tutto un gioco di sillabe. Sapete cosa sono? Sì che lo sapete. Sono le lettere che si mettono insieme a formare le parole. Contiamole

• Sono undici, vedete. Io ci ho descritto il mio viaggio, con questi gruppetti di undici sillabe.

4755 righe di undici sillabe. Che noia, tutto uguale…

• Ma perché sempre undici? Perché così nasce il ritmo. Ascoltate le mie mani. Così a caso.

Invece ora le batto regolarmente. E questo si chiama ritmo. Ecco perché, sempre undici, sempre uguali, regolari, per dare il ritmo. E abbiamo il primo pezzo della musica

• Poi il colore. Ascoltate. Le rime

• Che sono il colore esempi

• E le parole. Parole bellissime. Parole bambine. Perché bambine? Perché l’italiano, anzi, il fiorentino era una lingua bambina. Quando sono andato a scuola i miei maestri parlavano in latino. A messa si pregava in latino. Le leggi erano scritte in latino. Per fare testamento al tempo mio non si diceva: Nel 1299, il primo settembre, io notaio Amanzio Nicolai, nella città di Firenze, per volontà di Buoso Donati scrivo questo testamento. Si diceva…

• In Dei nomini, anno D.N.J.C. ab eius salutifera incarnatione millesimo ducentesimo nonagesimo nono, die prima septembris, indictione undecima, ego notaro Amantio di Nicolao, civis Florentiae, per voluntatem Buosi Donati scribo hoc testamentum ...

• Il latino era la lingua ufficiale, delle cose sacre e delle cose che riguardavano lo stato e le leggi.

• I libri erano scritti in latino, se volevi un libro che parlasse di medicina era in latino, di musica era in latino, di agricoltura, in latino.

• Anche le poesie erano in latino. Perché i poeti andavano a scuola, imparavano il latino e quello usavano per mettere sulla carta la loro fantasia

• Ma la gente, al mercato, in piazza, in osteria, in guerra, in famiglia, i bambini che giocavano, la lavandaia che lavava i panni sul ciglio dell’Arno, tutti questi mica parlavano latino.

• Parlavano una lingua nuova, ecco perché, vi ricordate, ho detto che ho usato parole belle come un bambino

• Una lingua che aveva poco più di cent’anni

• Figlia del latino, ma che non era latino. I professori, gli scrittori, gli studiosi non pensavano fosse una cosa seria. Roba da popolo, roba da ignoranti. E in latino popolo ignorante si dice vulgus. E proprio dalla parola vulgus ecco il nome con cui i sapientoni che parlavano latino chiamavano questa lingua bambina, la lingua delle lavandaie, dei bambini che giocano in piazza, dei soldati e dei macellai. Il volgare, da vulgus

• Il volgare lo parlavano tutti, tutte le genti del bel paese là dove il sì suona. Questo è un verso della mia Commedia. L’Italia, il paese più bello del mondo, dove per dire: va bene, certo, si dice sì. Nel bel paese là dove il sì suona il volgare lo parlavano tutti

(4)

• ma non lo scriveva nessuno. Per la carta ci voleva il latino

• Poi venne San Francesco. L’ho incontrato nel mio viaggio, sapete. Era su, ad un passo da Dio. Poi venne san Francesco e scrisse, sulla carta, per la prima volta una meravigliosa preghiera, una delle più belle mai scritte. Ah, l’avessi scritta io… Inizia con Altissimu omnipotenti bon Signore… e poi continua con Laudato sì, mi Signore, cum tucte le tue creature…

• Questo non è mica latino. E’ la lingua della lavandaia. Il volgare. E lui ci ha scritto una preghiera, che non è solo una preghiera ma è anche la prima poesia scritta nella lingua della lavandaia.

• Dopo di lui ne sono venuti tanti di poeti che scrivevano in volgare. Tanti ce n’erano nella mia città. Quando sono nato io erano trentanove anni soltanto che San Francesco aveva scritto la sua poesia, e poi era morto. Lui non era di Firenze, era di lì vicino, di Assisi. Assisi e Firenze sono nel centro dell’Italia, e proprio lì s’è cominciato ad usare per le poesie la lingua della gente comune, il volgare

• Quando ero giovane dicevo, a Firenze, di poeti che scrivevano in volgare ce n’erano tanti, ma tanti. Lapo, Guido, Cino, Gianni, Dino. S’era tutti giovani. Che bello essere giovani…

Giovani e innamorati.

• Sì perché all’epoca le poesie non parlavano altro che d’amore

• Che bella cosa l’amore

• Voi siete piccoli, non l’avete ancora provato. Lo proverete.

• Vedere un ragazzo, o una ragazza, e perdersi nei suoi occhi. E non capire più nulla. Adesso, a sentirmi parlare così, vi scappa da ridere

• Ma aspettate, neanche tanti anni. Aspettate di avere quattordici anni

• Vedere un ragazzo, o una ragazza, e improvvisamente vi si ferma il cuore. Non riuscite più nemmeno a respirare, a mandare giù la saliva. Parlare neanche per sogno, occhi bassi, rossi in viso come le mele in autunno, e diventate tutti sudati anche se è dicembre. E vi viene la pelle d’oca. E poi non riuscite a pensare ad altro, e in ogni momento avete davanti quegli occhi, che vi sembrano la cosa più bella del mondo, e lo sono. E non mangiate, e non studiate, e non giocate più. Solo lui, solo lei. E volete rivedere lui o lei, ma poi li rincontrate ed è la stessa storia, occhi bassi, rossi in viso, non respirate, non parlate, fate la figura degli scemi.

• Che bello l’amore, che bello innamorarsi

• Ormai lo sa tutto il mondo intero. Io, Dante Alighieri, autore della Commedia che hanno chiamato Divina, io sono stato innamorato.

• Non è un segreto

• Sono stato follemente innamorato. Di una ragazza che si chiamava Bice. O Beatrice, se preferite. Aveva un anno meno di me. L’ho vista una volta, quando ero bambino. Non

(5)

andavano a scuola insieme, non vivevamo vicini, avevo nove anni. L’ho vista una sola volta.

E mi ha cambiato la vita. Non l’ho rivista più, poi, se non quando avevo diciotto anni. Ma il mio cuore si è riempito di lei, e dal mio cuore non se ne è più andata. Poi io finito per sposarmi con Gemma, e lei con uno ricco, un banchiere, Simone de’ Bardi. Doveva essere così, non ci conoscevamo nemmeno. Ma lei è stato il mio unico amore.

• E’ morta che aveva ventiquattro anni, lei, io venticinque. E sono impazzito di dolore. Non volevo fare più nulla, non volevo lavorare, non volevo mangiare, non volevo più vivere.

• Voi mi direte? Ma sei matto?

• Nemmeno la conoscevi, l’hai vista due volte, cosa ti importava di lei?

• Non capite, non potete capire. Vi capisco. Non potete capire e io vi capisco.

• Io ero innamorato, punto. Nel cuore non c’è posto che per un solo amore. E Beatrice era il mio amore. Quando è morta il mio cuore s’è svuotato

• Così ho cominciato a riempirlo di nuovo, per non dimenticarla. L’ho riempito con la poesia.

Ho cominciato a scrivere di lei, di come l’avessi amata. Poi ho scritto tante altre cose. Ma le cose più belle le ho scritte per lei. Per la mia Beatrice

• E se non vi siete domandati come mai io sia finito a fare un viaggio nell’aldilà, dove nessuno è mai stato da vivo potendo ritornare per raccontarlo, forse, ecco qui, la ragione è questa

• Sono andato a cercare la mia Beatrice, nell’aldilà. E l’ho trovata, sapete. Inutile che vi dica dove. In Paradiso era, anzi, è stata proprio lei che mi ci ha accompagnato, mi ha fatto da guida. E’ vero, non ho visto Dio. Non era la mia ora di vederlo. Ma ho visto Beatrice, la mia Beatrice, il mio unico amore. Ho viaggiato con lei. E anche se non ho visto Dio mi è bastato così

• Quando lei è morta, vi ho detto, io mio cuore s’è svuotato

• E sono riuscito a riempirlo soltanto con la poesia

• Così ho scritto un diario, dove ho raccontato di me, e della mia Beatrice

• Di come l’ho incontrata, di come vivevo nell’attesa di incontrarla di nuovo. Di come i miei amici, i mei parenti non capivano come potessi essere così tanto innamorato

• Ho scritto di ogni mio sospiro, di ogni mia emozione, di come lei riempisse i mei occhi, i miei pensieri

• L’ho descritta, com’era

• Era bella? Di colore aveva gli occhi? Com’erano i suoi capelli? La sua voce?

• No. Cosa importa. Si sa, dai. Agli altri non importano queste cose. E poi a uno piacciono i capelli biondi, agli altri neri, ad uno gli occhi azzurri, a un altro verdi, o marroni. Alta, bassa, magra, grassottella. Cosa importa.

• No. Com’è fatto un angelo? Voi l’avete mai visto un angelo? Io li ho visti, su, in Paradiso. Ma non li ho descritti, non si può. Ognuno li vede come può. Sono belli e basta. Sono della misura giusta per stare nel vostro cuore, e non lasciarlo mai vuoto.

(6)

• Ho provato però a descriverla, la mia Beatrice.

• Nel mio diario ci ho provato, in tanti modi diversi

• Sapete come si intitola il mio diario?

• Si intitola “La Vita Nova”, la vita nuova. Sì, perché vi ho detto che quando si incontra l’amore la vita non è più la stessa. Tutto cambia. E’ l’amore che lo cambia

• Nella Vita Nova ho scritto tante poesie che la descrivono

• Voglio leggervene una, e voglio spiegarvela. Non è proprio una descrizione di Beatrice.

Piuttosto è la descrizione dell’effetto che la mia Beatrice faceva a chi la vedeva. Chiunque la vedesse capiva chi era. La mia Beatrice era un angelo, sapete. Sono dovuto andare fino in Paradiso per dimostrarlo. L’ho trovata lì, e allora tutti hanno capito che avevo ragione. Era un angelo, venuto in terra, come per miracolo

• Ve la voglio leggere, questa poesia. Ecco, provate a chiudere gli occhi. E non vi preoccupate se non capite, poi ve la spiego. La lingua bambina che usavamo noi a quel tempo è difficile da capire oggi, che son passati settecent’anni. Ma poi ve la spiego. Ora ascoltate

Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella altrui saluta, ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare.

Ella si va, sentendosi laudare, benignamente d’umiltà vestuta;

e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare.

Mostrasi sì piacente a chi la mira, che dà per li occhi una dolcezza al core, che ‘ntender non la può chi no la prova;

e par che de la sua labbia si mova uno spirito soave pien d’amore,

che va dicendo a l’anima: Sospira.

• Ora faremo una di quelle diavolerie che se le avessimo fatte ai miei tempi le avrebbero chiamate magie e m’avrebbero messo in prigione per stregoneria. Vi faccio apparire davanti il testo della poesia, così lo spieghiamo insieme

• La mia donna (Domina=padrona) si mostra (pare) tanto nobile (gentile = nobile d’animo, nobile in senso spirituale) e degna d’onore, quando saluta la gente (altrui ha valore impersonale), tanto che tutti fanno silenzio (ogne lingua deven tremando muta) e gli occhi non osano (ardiscon) guardarla.

(7)

• Ella procede (si va), sentendosi lodare, rivestita di umiltà e pare sia una creatura (cosa qui ha il valore di creatura, indica l’intervento creatore di Dio) scesa dal cielo sulla terra per mostrare la potenza divina.

• Si mostra talmente bella (sì piacente) a chi la guarda (la mira), che infonde tramite gli occhi (per li occhi) una dolcezza al cuore che può capire solo chi la sperimenta direttamente (che

‘ntender non la può chi no la prova)

• e sembra che dalle sue labbra emani (si mova) un soave sentimento (spirito soave pien d’amore) che dice (va dicendo) all’anima: Sospira.

• Ora permettete che ve la rilegga ancora, come prima.

Si rilegge ancora

• Ah, la poesia. Vi ricordate cosa v’ho detto poco fa? La poesia fa cantare le parole. Il ritmo, il colore. E in questa lingua appena nata, una lingua bambina, è come sentir cantare, appunto, i bambini. Spontanei, sorridenti, freschi ed entusiasti

• Sentite il ritmo, Tanto gentile e tanto onesta pare. Undici sillabe, come quelle che poi ho usato nella mia Commedia. E ancora Che da per li occhi una dolcezza al core

• E poi il colore. Che da per li occhi una dolcezza al core… uno spirto soave pien d’amore.

Core, amore. Le rime, il colore.

• Eccola, la mia Beatrice. Non era una che amava farsi vedere, come direste voi oggi, non se la tirava. Ma tutti la guardavano, perché era talmente bella che si capiva che non era di questa terra, era venuta dal cielo. E tutti gli occhi si abbassavano, e tutti i cuori sospiravano.

• Anzi, non i cuori, ma quello che c’è dentro, cioè l’anima. Che è la cosa più divina che abbiamo, perché l’anima ce l’ha regalata Dio, e non l’ha data agli uccelli del cielo, ai diamanti o alle primule, ma solo a noi uomini. E Beatrice, questo dono meraviglioso lo faceva sospirare.

• Il sospiro è fatto così: si tira un respirone profondo, lo si trattiene per un po’ e poi, pian piano si fa uscire tutta l’aria. E’ come se si volesse far uscire tutto quel che abbiamo dentro. Senza fretta. Tutta la paura, l’ansia, tutto il brivido dell’emozione esce fuori, con un sospiro

• Beatrice parlava alle anime di chi aveva vicino, e le faceva sospirare, le ripuliva dalla paura.

• Di certo l’ha fatto con la mia anima.

• Perché ero innamorato e l’amore non è qualcosa che si possa allontanare. Mi è bastato vederla una volta. E la mia vita è stata subito nova, nuova. Ed è stata un lungo viaggio alla ricerca dei suoi occhi, lungo e salutare come un sospiro.

• L’amore non perdona sapete? Non si può dire di no

• Ho incontrato due innamorati, all’Inferno. Perché erano all’Inferno? L’amore non è una cosa bella e divina?

(8)

• Certo che lo è, ma loro hanno fatto qualcosa che non dovevano fare. Avevano dichiarato eterno amore ad altri, ma poi si sono incontrati, e si sono innamorati, E hanno tradito le loro promesse.

• Li ho visti all’Inferno. Erano due anime, strette l’una all’altra, trascinate qua e là da un vento fortissimo che le straziava, poverine. La mia guida, non era ancora Beatrice, all’Inferno e in Purgatorio mi ha accompagnato un mio collega, un antico romano di nome Virgilio, la mia guida le ha chiamate e loro sono volate vicino a noi, come fanno le colombe quando volano al nido, richiamate dal desiderio di vedere i loro pulcini… quali colombe dal disio chiamate, con l’ali alzate e ferme al dolce nido vengon per l’aere…

• Sono volate fino a noi e ci hanno spiegato la loro storia. Si chiamavano Paolo, e Francesca.

Erano parenti, lei era sua cognata, aveva sposato suo fratello. Un giorno stavano leggendo insieme un libro, la storia di Lancillotto e Ginevra, la moglie di Re Artù. Si sono guardati negli occhi ed è come se lei fosse diventata Ginevra, e lui Lancillotto e si sono innamorati.

• Loro mi hanno detto che l’amore fa in fretta a sbocciare nel cuore delle persone sincere e pure. E che non perdona, non si può non amare chi ti ama sinceramente. E mi hanno detto che il loro amore li ha uccisi. Ad ucciderli è stato il marito di lei, fratello di lui. E sono andati all’Inferno per questo. Anche il fratello, se è per questo, ben gli sta…. Ma erano così belli, così teneri

• Amor, c’al cor gentil ratto s’apprende. L’amore che entra veloce nel cuore buono e puro…

• Amor, c’a nullo amato amar perdona. L’amore che non permette di non amare a chunque sia amato

• Amor condusse noi ad una morte…

• Non tutte le storie d’amore sono gioiose. Anche la mia storia, la storia della mia Beatrice mi ha fatto versare tante lacrime

• Ma io avevo la poesia. E nella poesia la mia Beatrice mi ha dato tanta gioia. Il suo amore è arrivato veloce, all’improvviso, inaspettato, avevo solo nove anni. E non se ne è più andato.

Non ho potuto evitarlo, ed è rimasto con me.

• A differenza di Paolo e Francesca non mi ha portato alla morte. Ma a compiere un viaggio.

• Da questo viaggio è nata la mia poesia.

• Qualcuno ha detto che dalla mia Commedia è nata la lingua italiana. Mi chiamano il Padre della lingua italiana.

• Ovvia, direbbero a Firenze. Non esageriamo. Non l’ho mica detto io, l’han detto quelli che di me hanno scritto poi, che mi hanno studiato.

• Quanti libri han scritto su di me, sulla mia Beatrice, sulla mia Commedia

• Quanti m’hanno studiato, e siccome dovevano studiarmi poi m’hanno stramaledetto. Uffa, che noia sto Dante. Al massimo una risata quando nella Commedia ho descritto i diavoli che si mettevano in marcia al segnale del loro capo Barbariccia, che usava una tromba che solo

(9)

un diavolo poteva usarla… ed elli avea del cul fatto trombetta… E tu scrivi 4755 versi di commedia e qualche somaro d’uno studente si ricorda soltanto del cul di Barbariccia… Ma non fa nulla.

• Il mio viaggio è cominciato il 25 Marzo del 1300. Sono andato nel mondo di là, ho attraversato Inferno e il Purgatorio per ritrovare in Paradiso la mia Beatrice. Poi sono tornato, dopo che ero stato a tanto così da vedere Dio. Non l’ho visto, ve l’ho già detto. Ma ho scoperto una cosa.

• Dio non è altro che amore. Un amore così grande che muove tutto l’universo.

• Negli ultimi versi della mia Commedia ho scritto: a l’alta fantasia qui mancò possa. Cioè non riesco a dirvi quel che ho visto veramente. Forse Dio l’ho intravisto, ma non posso, nemmeno con tutta la mia fantasia, dirvi com’era. Non ci sono riuscito.

• Ma ho scoperto che Dio è amore. Che l’amore è divino. Che Beatrice è in Paradiso perché l’amore non può essere che un dono di Dio, perché Dio stesso è amore.

• Sono tornato, e ho scritto la Commedia. Poi, il 14 settembre del 1321, settecento anni fa, sono tornato nell’aldilà, per sempre. E ho lasciato la mia poesia, a raccontare di me e di Beatrice, della mia vita nova, del mio viaggio.

• Sapete come finisce la mia Commedia? Ho scritto che, alla fine del mio viaggio ho capito che c’era solo una cosa a muovere ogni mio desiderio, ogni mio volere. Il mio disio e il velle, nella lingua bambina di allora

• L’ho scritto nell’ultimo verso, l’ultima cosa che ho scritto, appena dopo aver cercato di intravedere Dio, e aver capito cos’era.

• La cosa che muove tutto l’universo e giù giù fino a quella piccola cosa che sono stata io, a muovere tutto è l’amore.

• L’amor, che move il sole e le altre stelle

Riferimenti

Documenti correlati

Ma scuola aperta è anche la messa a disposizione dei cittadini degli spazi scolastici, quasi un restituire la scuola al territorio perché possa diventare luogo di aggregazione e

Fondati da papa Giulio II nel XVI secolo, occupano gran parte del vasto cortile del Belvedere e sono una delle raccolte d'arte più grandi del mondo, dal momento che espongono

Dopo aver incontrato i lussuriosi, Dante e Virgilio scendono nel terzo cerchio infernale, dove espiano la loro pena i golosi: appesa scesi in questo cerchio, i due poeti

Dante scalava il monte del Purgatorio, uno spirito lo fermò e Dante lo riconobbe era il nipote dell’

Potrai riscoprire luoghi anche della tua stessa città o approfondire la conoscenza della storia dell’arte italiana dal salotto di casa tua.. MARTEDI’ 15 SETTEMBRE

8 CECCHI FRANCESCO TEAM GIOVANNELLI A.S.D.. Categoria M6 (da 55 a

H Sogno owero Mi ritrovai per una selva oscura 11 Capitolo primo. La scoperta

evenzione del bullismo ha promosso un progetto di teatr o autobiografico cui hanno partecipato studenti, insegnanti e genitori della scuola secondaria di prim. o grado