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Fisiologia e Meccanica del ginocchio

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Academic year: 2021

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Fisiologia e Meccanica del ginocchio

Capitolo 2

Fisiologia e Meccanica del ginocchio

2.1 FISOLOGIA DEL GINOCCHIO

Il ginocchio è una articolazione complessa nella quale possiamo riscontrare principalmente i movimenti di flessione e di estensione, a questi due principali movimenti se ne può aggiungere un terzo, di rotazione, reso possibile dalla conformazione dei capi articolari e dalla motilità dei menischi. I movimenti di lateralità sono notevolmente limitati dalla presenza di muscoli e legamenti.

L’articolazione femoro-tibiale è un’articolazione a spirale nella quale la tibia, durante l’estensione o la flessione, scivola sui condili femorali solidale ai menischi. A questo movimento di traslazione si oppongono con azione frenante, soprattutto durante la flessione, i due legamenti collaterali che si inseriscono in questo asse rotazionale in posizione intermedia, passando a ponte sopra il piccolo raggio della spirale, che diviene asse maggiore durante la flessione (Nickel R. et al, 1984).

Il legamento crociato anteriore (LCA) ha come funzione principale la prevenzione di un anormale movimento in direzione cranio-caudale e provvede anche alla stabilizzazione rotazionale. Un’ulteriore funzione del LCA è quella di prevenire l’iperestensione del ginocchio stesso.

Tale legamento risulta formato da due porzioni principali classificate, in base al loro sito di attacco sulla tibia, in banda craniomediale e banda caudolaterale , la prima rimane tesa sia durante l’estensione che durante la flessione, la seconda solamente quando il ginocchio è esteso (Figura 1).

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Figura 1 - Disegno del LCA in flessione e in estensione (Arnoczky SP. & Marshall JT., 1977).

La stabilità cranio-caudale è mantenuta da questa struttura, in particolare

dalla banda craniomediale; la presenza di movimento cranio-caudale

dell’articolazione, detto movimento del cassetto anteriore o cranial drawer sign, risulta nulla se viene recisa la banda caudolaterale del LCA, mentre il movimento risulta aumentato, in flessione, se viene recisa la banda craniomediale. Se il LCA risulta danneggiato per intero abbiamo un netto incremento del movimento cranio-caudale.

La stabilità articolare è mantenuta anche dall’altro legamento crociato: il legamento crociato caudale (LCP), anch’esso diviso in due componenti, una craniale e una caudale. La prima risulta tesa quando il ginocchio è flesso e rilasciata

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Fisiologia e Meccanica del ginocchio

2.2 MECCANICA DEL GINOCCHIO

Le basi anatomiche e fisiologiche hanno portato, negli anni, a valutare il meccanismo che permette la funzionalità dell’articolazione femoro-tibio-rotulea, per cui sono stati proposti due modelli per descriverlo:

 il modello tradizionale;

 il modello attivo

Modello Tradizionale

Secondo il primo modello sono da ritenere importanti per il funzionamento dell’articolazione solamente le strutture intra e periarticolari e la conformazione del ginocchio come responsabili della sua stabilità durante il movimento. Il modello

tradizionale è, quindi, un modello passivo nel quale il ginocchio è rappresentato in

modo bidimensionale, con un singolo grado di libertà, privo di attrito e che si muove su un singolo piano nello spazio. Si presume, così, che i legamenti si portino dal femore alla tibia e che siano in grado di limitare i movimenti grazie alla loro lunghezza. Tramite questa interpretazione si ottiene un modello basato su quattro punti di riferimento che condizionano il movimento che sono (Slocum B. & Devine T.,1983) (Figura 2):

 il LCA

 il LCP

 la porzione di femore tra le inserzioni prossimali dei legamenti  la porzione della tibia tra le inserzioni distali dei legamenti

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Figura 2 - I quattro punti del modello tradizionale (Slocum & Devine 1983).

In questo modello il ginocchio risulta totalmente dipendente dai legamenti crociati per quanto riguarda la stabilità tra femore e tibia, poiché questi limitano passivamente i movimenti che superano la loro tensione; infatti in seguito a rottura del LCA si osserva una immediata sublussazione in senso craniale della tibia evidenziata dalla manovra del cassetto anteriore (Slocum B. & Devine T., 1983).

Osservando il cambiamento di posizione dei punti di inserzione dei legamenti crociati durante la flessione e l’estensione è possibile comprenderne la dinamica. Quando il ginocchio è in flessione l’orientamento verticale dell’inserzione sul femore del LCA diviene orizzontale; questo cambiamento porta l’inserzione delle fibre della banda caudolaterale più vicine alla loro inserzione tibiale, rendendole così più rilassate, mentre la porzione cranio-mediale resta tesa.

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tensione di questa parte durante la flessione. La porzione caudale, invece, si sposta ventralmente in posizione più vicina al suo sito di attacco e per questo le sue fibre sono rilassate in flessione (Arnoczky SP. & Marshall JT., 1977).

In caso di estensione, viceversa, entrambe le bande del LCA risultano tese in quanto si verifica un allontanamento delle inserzioni femorali dal plateau tibiale. I legamenti collaterali (LCM e LCL) durante la flessione risultano rilassati, in particolare quello laterale (LCL), e ciò consente lo scivolamento caudale del condilo laterale del femore sul plateau tibiale, provocando una leggera intra-rotazione della gamba limitata dalla presenza e dalla torsione dei crociati durante la flessione.

Al contrario, durante l’estensione, i legamenti collaterali, in particolare il LCL, sono tesi e il condilo femorale si sposta cranialmente sul plateau tibiale determinando extra rotazione della tibia rispetto al femore; sempre in estensione i due crociati si detorcono e non limitano la rotazione esterna, che può essere eccessiva in caso di rottura concomitante del collaterale mediale.

Il modello tradizionale basa la stabilità del ginocchio esclusivamente sui legamenti, e per questo motivo la rottura è considerata la principale causa di instabilità del ginocchio. Secondo questa teoria la flessione del ginocchio è limitata dal contatto tra coscia e tarso e non dai legamenti crociati, e l’estensione è limitata dal contatto tra il LCA e la porzione craniale dell’incisura intercondiloidea femorale. In iperestensione il LCA tende a rompersi dal momento che la distanza tra le inserzioni femorali e tibiali aumenta più della lunghezza del legamento. Questa ipotesi spiega la possibilità di stiramento e lesione del LCA che avviene in seguito a iperestensione fisiologica in soggetti ad arti dritti, ma non spiega la possibilità di una parziale o completa rottura del legamento in assenza di iperestensione, se non causata da un trauma diretto, o in seguito ad una degenerazione articolare. La stessa non motiva lo schiacciamento del menisco mediale in seguito alla rottura del LCA pur riconoscendone la presenza (Slocum B. & Devine T., 1993).

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Modello Attivo

Questo secondo modello è un ampliamento di quello tradizionale, incorporando nella sua teoria altre componenti e la biomeccanica del ginocchio, che include i concetti della forza peso e della forza muscolare. Tutto trae origine da studi condotti da Handerson e Miller che, nel 1978, teorizzarono il ruolo dell’inclinazione del plateau tibiale nella biomeccanica del ginocchio descrivendo il test di compressione tibiale. Tale test dimostra lo scivolamento della porzione prossimale della tibia rispetto al femore in seguito a flessione del garretto. Anche durante la fase di appoggio a livello articolare si genera una forza tra il piede ed il terreno che determina una compressione tibiale con conseguente spostamento craniale della tibia: la spinta tibiale craniale (Slocum B. & Devine T., 1983; Slocum B. & Devine T., 1993). Tale spinta è una forza attiva che origina dal carico ponderale e dalla compressione esercitata dai muscoli sul plateau tibiale contro i condili femorali, viene inoltre favorita dalla trazione esercitata dal tendine tibiorotuleo sulla cresta tibiale e dall’entità dell’inclinazione del plateau tibiale (Vezzoni A. et al, 2003).

Il carico ponderale scaricandosi sul plateau tibiale si scompone in due forze: una che agisce sulla tibia ed è diretta a terra (componente di compressione), e un’altra che spinge la tibia in avanti (componente di scivolamento), che risulta tanto maggiore quanto maggiore è l’inclinazione del plateau tibiale (Slocum B. & Devine T., 1983) (Figura 3).

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Figura 3 - Scomposizione delle linee di forza di carico ponderale trasmesse dal femore alla tibia (Slocum B. & Devine T., 1993).

In condizioni normali la spinta tibiale craniale viene neutralizzata dal legamento crociato anteriore e dal corno caudale del menisco mediale, che rappresentano la parte passiva; e dalle forze dirette caudalmente prodotte dai muscoli posteriori della coscia, prevalentemente dal bicipite femorale e dal gruppo dei muscoli del pes anserinus, che rappresentano la componente attiva (Vezzoni A., 2004 a).

Quando il ginocchio è in equilibrio può essere considerato un modello statico composto da forze attive, i muscoli, e da forze passive, date dai legamenti, dalla conformazione ossea e dalla capsula articolare. Durante il movimento le masse muscolari che sottendono alla flessione e all’estensione, unitamente ai legamenti, garantiscono la stabilità del ginocchio ed evitano che l’articolazione collassi (Vezzoni A., 2004 a).

Quando le forze muscolari sono insufficienti a prevenire lo spostamento anteriore della tibia, la spinta craniale viene contrastata solo dal LCA che è sottoposto, così, ad un continuo stress che può causarne la rottura (Vezzoni A.,

Figura

Figura 1 - Disegno del LCA in flessione e in estensione (Arnoczky SP. & Marshall  JT., 1977)
Figura 2 - I quattro punti del modello tradizionale (Slocum & Devine 1983).
Figura 3 - Scomposizione delle linee di forza di carico ponderale trasmesse dal femore alla tibia   (Slocum B

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