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CAPITOLO 3 3. Vulcaniti plio-pleistoceniche

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CAPITOLO 3

3. Vulcaniti plio-pleistoceniche

3.1. Principali distretti vulcanici

Il vulcanismo plio-pleistocenico sardo è direttamente collegato alla dinamica estensionale che ha interessato la Sardegna e il Tirreno nel Pliocene e Pleistocene.

Tale vulcanismo, noto nella letteratura come “post-elveziano” (Vardabasso 1937) è stato oggetto di numerosi studi petrografici e petrochimici fin dai primi decenni del secolo (Washington 1915; Amstuz 1925).

Tra i numerosi lavori che, partire dagli anni ’70, hanno contribuito a caratterizzare queste vulcaniti sia sotto il profilo dell’affinità seriale, che della cronologia assoluta, si possono citare: Beccaluva, Macciotta

et alii. 1974; Coulon, Demant et alii. 1974; Di Paola, Puxeddu et alii.

1975; Savelli 1975; Beccaluva, Macciotta et alii. 1976; Beccaluva e Macciotta 1977; Savelli, Beccaluva et alii. 1979; Cioni, Clocchiatti et

alii. 1982; Macciotta e Savelli 1984.

I prodotti eruttivi sono costituiti essenzialmente da lave basaltiche, da alcaline ad alcaline-transizionali e subalcaline talvolta associati a differenziati più evoluti (Beccaluva, Civetta et alii. 1985).

Nella cartografia tematica in scala 1:50.000 del vulcanismo plio-pleistocenico della Sardegna (Assorgia, Maccioni et alii. 1983; Beccaluva, Campredon et alii. 1983), all’interno di queste formazioni sono state operate distinzioni su base composizionale e geocronologica.

Nell’ambito del lavoro di cartografia portato avanti nel Progetto C.A.R.G. questi prodotti basaltici sono stati raggruppati all’interno

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I prodotti eruttivi studiati appartengono alla Giara di Gesturi, M Guzzini, Giara di Serri, M. Pizzu Mannu, distretto di Nurri-Orroli, che rappresentano gli affioramenti di maggiore estensione. Sono inoltre presenti piccoli affioramenti isolati e di limitata estensione come per esempio presso Cuccuru de Corongiu.

3.2. Descrizione litologica

3.2.1. Basalti plio-pleistocenici (BAS)

Come detto in precedenza nel lavoro del Progetto C.A.R.G. questi prodotti basaltici sono stati raggruppati all’interno della formazione denominata “Basalti di Orroli” contraddistinta dalla sigla BAS.

Rappresentano l’unità più importante all’interno degli affioramenti vulcanici che caratterizzano il foglio Mandas. Sono state riunite in questa formazione le rocce basaltiche del ciclo magmatico anorogenico di età pliocenica, affioranti diffusamente nella Sardegna centro-meridionale e noti in letteratura come “basalti delle Giare”. Gli aspetti chimici e petrografici sono rappresentati nella Carta geopetrografica in scala 1:50000 del vulcanismo plio-pleistocenico della Sardegna centrale (Assorgia et alii, 1983) dove sono state operate distinzioni su base composizionale e geocronologica delle diverse manifestazione effusive femiche, mentre nell’ambito del progetto C.A.R.G. sono state mantenute sotto la stessa campitura (fig. 3.1), non essendo stato trovato un effettivo riscontro sugli affioramenti.

Nel foglio Mandas i basalti costituiscono in genere dei vasti espandimenti tabulari con estensioni areali variabili da oltre 20 km2

(giara di Orroli) a meno di 1 km2 (Pizzu Mannu). In genere le

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poco favorevoli all’osservazione a causa delle estese falde di detrito che orlano il bordo delle giare.

Il termine “Giara”, in Sardegna, indica un rilievo pianeggiante, prodotto da un esteso espandimento basaltico che, di norma, ricopre sedimenti miocenici. E’ limitato da ripide pareti e affiora come altopiano isolato (mesa), messo in evidenza dall’erosione selettiva con fenomeni di forte inversione di rilievo.

Fig. 3.1: Carta degli affioramenti delle vulcaniti plio-pleistoceniche del foglio Mandas (Assorgia et alii. 1983).

Nell’area rilevata i basalti affiorano con buona estensione costituendo i rilievi isolati di “Sa Giara” presso Serri, di M. “Pizzu Mannu” e “Pranu Ollas” presso Isili, mentre a NW è compresa in carta la parte orientale della “Giara di Gesturi” (“Pranu ‘e sa Giara”) che in

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Un affioramento isolato e di piccola estensione è rappresentato da un dicco basaltico situato presso Cuccuru de Corongiu, a S di Genoni, dove ha originato un debole termometamorfismo sulle successioni marnose in cui è intruso (fig. 3.2).

L’altezza del dicco è di circa 5-6m e il suo spessore minimo è nell’ordine di 3-4m.

Il contatto tra il dicco e le marne è osservabile nell’affioramento situato vicino al dicco (fig. 3.3), dove si può osservare come la colorazione bruna della marna dovuta ai fenomeni di termometamorfismo legati all’intrusione della lava; il contatto è evidenziato da una breccia eterometrica costituita da clasti marnosi e subordinatamente clasti lavici.

Il passaggio laterale da breccia a lava è netto come evidenziato dalla variazione di colore, si passa da una breccia con prevalenza di clasti sedimentari ad una lava a struttura massiva con andamento verticale senza una evidente variazione della percentuale di clasti.

Lo spessore massimo osservato dell’affioramento è di circa 2m.

I basalti costituiscono successioni dallo spessore variabile, mediamente compreso tra 5 e 30 m, formate da una serie di colate sovrapposte spesso separate da superfici tipo pahoehoe di lava vescicolata o scoriacea. Lo spessore delle colate varia da metrico a decametrico in funzione della paleomorfologia e della distanza dal centro di emissione.

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Fig. 3.2: Cuccuru de Corongiu: dicco basaltico.

Fig 3.3: Cuccuru de Corongiu: particolare del contatto tra breccia e marna.

Lungo le colate è si possono osservare sistemi di joint di raffreddamento che formano strutture colonnari.

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quali tra l’altro, si può osservare localmente la forma, i dicchi alimentatori e i prodotti piroclastici eruttati in prossimità della zona di alimentazione.

I prodotti piroclastici sono costituiti da accumuli di piroclastiti scoriacee (cinder cones) distinti in carta con la sigla BASa, composti da lapilli e bombe di dimensioni decimetriche. Tra le piroclastiti si possono ritrovare caratteristiche bombe a fuso di dimensioni intorno ai 30-40 cm (fig. 3.4).

Fig. 3.4: Bomba a fuso generata da attività esplosiva stromboliana. Lunghezza intorno a 40cm. (ritrovata presso “Funtana Corongiu” a N di Escolca).

Alla base delle colate affiorano livelli di scorie autoclastiche (clinkers) generatesi per scomposizione in blocchi della lava.

Localmente si notano fenomeni di alterazione termica sul substrato marnoso miocenico generati dal contatto col magma incandescente. Alla periferia NE di Serri, al contatto col basalto, le marne appaiono intensamente alterate e indurite (fig. 3.5).

L’effetto di “cottura” del substrato marnoso miocenico induce sul sedimento sottostante la formazione di una sorta di micro-jointing

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rappresentato prismi allungati in senso verticale di alcuni centimetri; il fenomeno è dovuto alla contrazione termica dei minerali argillosi per perdita d’acqua al contatto con la lava ad alta temperatura.

Fig. 3.5: Particolare fenomeno di alterazione termica e contrazione con la formazione di una intensa fratturazione colonnare nel suolo a tetto delle marne, dovuta al contatto con la sovrastante colata basaltica (quest’ultima mostra un livello basale di brecce autoclastiche).

L’assenza di suoli e superfici alterate all’interno della successione vulcanica suggerisce che ciascuna area vulcanica si sia formata nel corso di un singolo episodio eruttivo (eruzioni monogeniche).

Da numerosi lavori a carattere geochimico, isotopico e radiometrico, (Beccaluva, Macciotta et alii. 1974; Coulon, Demant et alii. 1974; Di Paola, Puxeddu et alii. 1975; Savelli 1975; Beccaluva, Macciotta et

alii. 1976; Beccaluva e Macciotta 1977; Savelli, Beccaluva et alii.

1979; Cioni, Clocchiatti et alii. 1982; Macciotta e Savelli 1984) è emerso che la messa in posto dei basalti sia avvenuta nel Pliocene, in

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3.2.1.1. Giara di Gesturi

La giara di Gesturi rappresenta la formazione con la maggiore estensione areale, circa 20km2 anche se all’interno del foglio Mandas

è rappresentata solamente la porzione orientale delle colate (fig. 3.6).

Fig. 3.6: Mappatura geologica della Giara di Gesturi (Assorgia et alii. 1983).

L’affioramento si estende in direzione circa E-W formando un rilevo pianeggiante limitato da ripide pareti. Le colate ricoprono sedimenti miocenici.

La descrizione litologica è limitata al margine orientale a S di Nuragus affiorante nel foglio Mandas.

All’analisi macroscopica le lave si presentano afanitiche di colore scuro, di aspetto microvescicolato; le bolle talvolta si presentano allungate e stirate con spaziatura centimetrica; localmente presenti inclusi centimetrici olocristallini costituiti da aggregati di minerali sialici.

Sono state osservate strutture di lave a corde (fig. 3.7).

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Fig. 3.7: particolare di lava a corde (Giara di Gesturi)

3.2.1.2. Giara di Serri

Questo affioramento, situato presso l’abitato di Serri e a sud di Isili, si estende in direzione circa NW-SE coprendo un areale di circa 5 km2

(fig. 3.8).

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Fig. 3.8: Mappatura geologica della Giara di Serri (Assorgia et alii. 1983).

Vicino al paese di Serri si può osservare il contatto tra queste lave e i sedimenti miocenici (fig. 3.5), evidenziato da una porzione di colore giallo o marroncino chiaro che rappresenta l’alterazione dovuta a fenomeni di forte riscaldamento dei sedimenti. Procedendo verso sud si ha il contatto tra sedimenti miocenici e piroclastiti (depositi di scorie) riferibili alle prime fasi dell’eruzione.

L’osservazione dei depositi e dei relativi rapporti stratigrafici suggerisce che le eruzioni siano iniziate con una importante fase esplosiva seguita da emissioni di lava. Camminando lungo il margine dell’affioramento si possono osservare grosse bancate di spessori massimi fino a 30m. In panorama si possono osservare anche dei dicchi.

3.2.1.3. M.Pizzu Mannu e Pranu Ollas

Pizzu Mannu è rappresentato da una giara, come si può osservare dalle foto in panoramica, il cui espeimento occupa un’area di circa 1km2 (fig. 3.9).

Fig. 3.9: Mappatura geologica di Pizzu Mannu (Assorgia et alii. 1983).

Rappresenta il distretto con minore estensione areale rispetto agli affioramenti che caratterizzano il foglio Mandas ed è situato a NE

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dell’abitato di Isili (fig. 3.10); la colata comprende anche “Pranu Ollas”, che rappresenta la porzione di maggiore estensione.

Fig. 3.10: Foto panoramica di Pranu Ollas (a sinistra) e M:Pizzu Mannu (a destra).

3.2.1.4. Settore di Nurri-Orroli

Il settore rappresenta l’unità di maggiore estensione ed è situato nella zona compresa tra gli abitati di Nurri e Orroli e delimitata a S dal Lago Mulargia, nella zona di Arcu S.Stefano (fig. 3.11).

Fig. 3.11: Mappatura geologica del settore di Nurri-Orroli(Assorgia et alii. 1983).

Pranu Ollas

M:Pizzu Mannu

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L’estensione areale degli affioramenti, rappresentati da grandi colate laviche e depositi piroclastici, è nell’ordine dei 20 km2.

Presso M.Corona Arrubia (fig. 3.12) è stato osservato un affioramento dove è collocato un possibile centro di emissione; localmente si possono notare le giaciture delle lave in direzione verticale, legate alla probabile presenza di dicchi di alimentazione.

Le lave si generalmente sono caratterizzate da una notevole vescicolarità (fig. 3.13) e dalla presenza di inclusi olocristallini chiari, a prevalente composizione feldspatica e scuri, di composizione simile a quella della lava stessa; gli inclusi magmatici scuri sono generalmente arrotondati con dimensioni massime di 30cm e presentano bordi di reazione evidenziati dalla disposizione concentrica delle vescicole attorno al clasto denotando che nel processo di interazione il clasto ha ceduto gas. Inoltre i clasti presentano un effetto di fusione interna.

Fig. 3.12: Panoramica del distretto vulcanico presso M.Corona Arrubia.

Sempre presso Corona Arrubia si possono osservare depositi piroclastici (cinder cones) con presenza di scorie e lapilli di lancio molto vescicolati che testimoniano la vicinanza del presunto condotto di alimentazione (fig. 3.14).

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Fig. 3.13: Corona Arrubia, particolare di lava vescicolata con inclusi chiari e scuri.

Fig. 3.14: Foto panoramica di Corona Arrubia.

Camminando lungo l’affioramento è stato osservato il contatto tra un dicco e la formazione miocenica (fig. 3.15) evidenziato da una breccia. Al contatto tra dicco e breccia si può osservare la disposizione delle vescicole allungate verso l’alto che evidenzia il senso di taglio dovuto allo scorrimento del dicco; nella parte superiore del contatto è visibile

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una porzione gialla probabilmente dovuta all’alterazione palagonitica sulla breccia (fig. 3.16).

Proseguendo lungo gli stessi affioramenti è stata osservata la sequenza tipica di questi depositi. La porzione basale della colata è rappresentata da una breccia mentre nella parte alta si hanno bancate anche decametriche di lava massiva (fig. 3.17). Il senso di scorrimento della colata è evidenziato dalla presenza di bolle allineate.

Fig. 3.15: Contatto tra dicco e breccia.

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Fig. 3.17: Affioramento di lava colonnari con breccia basale.

Presso il lago Mulargia e precisamente nelle parte alta in corrispondenza di vecchie cave di basalto sono stati osservati affioramenti con fronti di alcune decine di metri di altezza dove si possono riconoscere le sequenze di messa in posto di queste lave. Alla base affiora una ialoclastite con evidente alterazione palagonitica. In questa ialoclastite sono state osservate strutture di jointing radiali dovute al raffreddamento della lava (fig. 3.18).

Procedendo verso l’alto si ha una lava massiva con formazione di colonne verticali di lava.

Questa porzione raggiunge spessori massimi di circa 15m e si possono osservare vere e proprie colonne prismatiche dovute al raffreddamento della lava; le colonne presentano inoltre una fratturazione orizzontale dovuta al progressivo avanzamento di ogni singola colonna attraverso una serie di steps (fig. 3.19). La spaziatura del jointing verticale è di circa 30-40cm.

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Fig. 3.18: Ialoclastite alla base della colata situata sopra il lago Mulargia, con un jointing radiale nel riquadro circolare.

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Nella porzione superiore sono presenti strutture ialoclastitiche con prevalenza di lave a pillow che raggiungono anche dimensioni di 1m di diametro (fig. 3.20).

Il deposito che ha uno spessore variabile intorno a 3-4m ed è formato da prevalentemente da pillow in matrice ialoclastitica palagonitizzata. Le strutture a pillow sono caratterizzate da forma sferoidale, bordo di vetro da quenching e fratture radiali. La parte esterna è caratterizzata da alterazione palagonitica e da rigature ben visibili dovute ai processi di raffreddamento.

Procedendo verso l’interno la palagonite passa gradualmente a vetro meno alterato e successivamente a lava microcristallina(fig. 3.21). A tetto delle lave a pillow è presente un’altra colata di spessore più piccolo, circa 2-3m, costituita da colate di lava massiva microcristallina.

Tale colata appare in continuità con la colata sottostante poiché non si hanno evidenze di un paleosuolo tra le due colate.

La favorevole esposizione degli affioramenti ha permesso una buona ricostruzione degli episodi eruttivi, dei quali il primo è rappresentato dalla messa in posto di una prima colata che successivamente avrebbe sbarrato un corso d’acqua, probabilmente un lago o il vecchio alveo del Flumendosa; al di sopra di queste strutture si sarebbe sovrimposta una seconda colata.

Il distretto di Nurri.Orroli rappresenta un tipico esempio di vulcano a scudo nel quale i depositi osservati presso il Lago Mulagia rappresentano le porzioni distali delle colate i cui centri di emissione sono collocati più a nord.

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Fig. 3.20: Lava a pillow,affioramento sopra il lago Mulargia, visibili pillow della lunghezza di 1m di diametro.

Fig. 3.21: Particolare di pillow con bordo vetroso alterato in palagonite.

Accanto alla sequenze appena descritte si possono osservare anche strutture di lave a corde che evidenziano la tipologia pahoehoe di queste colate (fig. 3.22); strutture di lave a corda si possono osservare

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anche presso la zona di Arco Santo Stefano, dove sono state osservati anche tunnel di lava.

Le lave basaltiche si presentano spesso vacuolari con eventuale riempimento delle vescicole con minerali secondari (calcite).

Fig. 3.22: Particolare di lava a corde, cava sopra il lago Mulargia.

3.2.1.5. M.Guzzini

Il distretto di M.Guzzini è situato a NW dell’abitato di Orroli e a E rispetto all’abitato di Isili e si estende in direzione N-S; nella parte a S è rappresentato dall’espeimento di Tacquara.

M. Guzzini

Tacquara

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Gli affioramenti generalmente sono caratterizzati da colate sub-orizzontali (fig. 3.24).

Fig. 3.24: Colate sub-orizzontali a M.Guzzini

Nella zona situata a NW presso il margine del rilievo si ha la presenza di un dicco ad andamento sub-verticale e di dimensioni di circa 6-7m, rappresentato da un ammasso lavico olocristallino (fig. 3.25); in questa zona è stato collocato il presunto condotto di alimentazione.

Fig. 3.25: Dicco basaltico a M.Guzzini, ammasso lavico olocristallino

Presso questo affioramento è stato prelevato il campione BP159, che è stato successivamente scelto per una datazione radiometrica.

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3.3. Vulcaniti terziarie e paleozoiche affioranti nel

foglio Mandas

Nell’area oggetto di studio affiorano anche rocce del basamento paleozoico, formazioni sedimentarie e vulcaniche permo-mesozoiche e sedimento terziari con intercalazioni di vulcaniti calcoalcaline, come evidenziato nella cartografia di Assorgia (1984). Queste unità cartografate nel lavoro di rilevamento del Progetto CARG nel lavoro di questa tesi sono state analizzate solamente dal punto di vista petrografico.

Nell’ambito del lavoro di rilevamento svolto dalla Progemisa si è provveduto a ridefinire la stratigrafia di questi depositi ed in particolare le unità vulcaniche permiane e terziarie delle quali viene data una descrizione sommaria nei paragrafi seguenti.

3.3.1. Ciclo vulcano-sedimentario permiano

3.3.1.1. Vulcanoclastiti varicolori (LUDb)

Consistono di alternanze da decimetriche a metriche di cineriti ed epiclastiti prevalentemente fini, argillitico-siltitiche e più raramente arenacee di colore variabile dal grigio scuro al rossastro. Nei livelli basali si intercalano localmente calcari grigi in banchi massivi anche di 2-3m. Lo spessore è di circa 20-30m. La successione è interrotta dalle piroclastiti (πρ2) descritte nel paragrafo seguente, su cui poggia

un agglomerato cementato, da grossolano a fine, poligenico e fortemente eterometrico. I clasti, da molto arrotondati ad angolosi, sono rappresentati da frammenti di ignimbriti, quarziti e metamorfiti del basamento. Il colore varia da rosso a grigio verde. L’agglomerato sembra passare sia lateralmente che verticalmente ad una facies

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andesitico-dacitica e spesso stratificata. Lo spessore massimo visibile dei depositi è di 50m. La stessa successione, sebbene assai ridotta nello spessore, affiora nel settore orientale del Lago Mulargia (loc. Pitzu de Mataracui). Sporadiche porzioni invece affiorano al di sotto delle colate basaltiche terziarie nel versante meridionale di Taccu Majore (loc. Serra Is Craias). Queste ed altre osservazioni lasciano presumere una continuità dei due bacini, anche se ora si presentano parzialmente coperti sia da detriti recenti che da basalti pliocenici. L’unita è riferibile al Permiano inferiore.

3.3.1.2. Piroclastiti (πρ2a, πρ2b)

Sono principalmente rappresentate da ignimbriti a chimismo riolitico-riodacitico. E’ stata distinta una litofacies più massiva a struttura eutaxitica (πρ2a) con fenocristalli di quarzo, k-feldspato, plagioclasio,

biotite. Generalmente il colore è rosato e nella parte alta generalmente sono presenti dei livelli cineritici.

La potenza va da pochi metri a 12-15 metri fino ad oltre 25 metri nella zona di Argiola Onnari.

I rapporti laterali, gli spessori, le giaciture e le discordanze angolari con il substrato fanno pensare che essa sia canalizzata lungo paleovalli (paleodepressioni?) di direzione circa NO-SE.

Separate talvolta da un conglomerato di pochi decimetri di spessore esiste un’altra unità ignimbritica (πρ2b) più grossolana, ricca in

frammenti litici di dimensioni centimetriche e pomici. Il chimismo è variabile da andesitico a dacitico. Lo spessore massimo osservato è di 10m. L’unita è riferibile al Permiano inferiore.

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3.3.1.3. Lave andesitiche (α)

E’ l’unità che chiude la successione permiana. Si tratta di una o più colate di lava a composizione eesitica. Spesso si presenta ben radicata (loc. Pirona) ed affiora quasi esclusivamente nei settori meridionali.

Si tratta di lave in colata di colore scuro, omogenee con aggregati glomeroporfirici: prevalgono i plagioclasi, in fenocristalli in dimensioni di massimo 2cm. Il quarzo è raramente presente e mostra caratteristici bordi di corrosione. I femici sono prevalentemente orneblenda e pirosseno, spesso cloritizzati, e subordinata biotite. Lo spessore massimo osservato delle colate è di 50m. L’unita è riferibile al Permiano inferiore.

3.3.2. Vulcaniti acide oligo-mioceniche

3.3.2.1. Tufiti intercalate nella Formazione della Marmilla (MMLa)

Questa formazione è costituita da alternanze marnoso-arenacee giallognole talora torbiditiche, di ambiente pelagico e ricche di foraminiferi e di altri organismi planctonici, con locali intercalazioni di due o tre livelli di spessore circa 1m. di arenarie medio grossolane a forte componente vulcanoclastica spesso associate a livelli tufitici biancastri nei quali si rinvengono anche frammenti pomicei. Si tratta in prevalenza di rocce sedimentarie di ambiente marino a forte componente vulcanoclastica.

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A questa unità appartengono alcuni livelli di epiclastiti intercalati a tetto della successione marnoso arenacea delle Marne di Gesturi (Burdigaliano sup.-Langhiano) e, nell’area del foglio Mandas, affiorano nel rilievo di M.San Mauro. In letteratura questa unità litostratigrafia è conosciuta come “Tufi langhiani” (Pecorini).

3.3.2.3. Formazione di Aragixi (ARX)

Affiora in piccoli lembi isolati, con estensioni inferiori al km2,

poggiando in genere direttamente sul basamento paleozoico, nell’area a ovest di Nurri e Orroli e presso Taccu Corona.

Si tratta di piroclastiti: alla base si hanno tufi grossolani di colore biancastro, con biotite, ricchi in frammenti litici e con pomici fino a 5-6cm di diametro, poco cementati; verso l’alto si hanno dei tufi cineritici di colore rossastro con rari litici generalmente compatti con un buon grado di cementazione.

Sono affioramenti generalmente non noti in letteratura. Per affinità litologica e per quanto desumibile dai rapporti giaciturali evidenti in alcune aree è ipotizzabile una correlazione con la successione miocenica.

Possono essere riferiti ai depositi vulcanoclastici descritti da Sowerbutts & Underhill e attribuiti alla formazione di Aragixi. Lo spessore è in genere inferiore ai 10m. L’unita è riferibile al Miocene.

3.4. Descrizione petrografica

3.4.1. Vulcanoclastiti varicolori (LUDb)

Questa unità è rappresentata da una alternanza di cineriti ed epiclastiti a prevalente composizione vulcanica.

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Le rocce per lo più matrice sostenute, ad eccezione del campione PC197, e all’interno sono visibili clasti di origine vulcanica di dimensioni anche centimetriche e clasti costituiti da quarzo microcristallino (PC197), che probabilmente rappresentano il basamento paleozoico.

In sezione sottile le rocce consistono di tufi, con cristalli all’interno di una matrice generalmente criptocristallina; la paragenesi principale è rappresentata da plagioclasio, quarzo, biotite, magnetite, muscovite, clorite e calcite.

Il campione PC192 è una arenaria vulcanoclastica. Il plagioclasio è rappresentato da fenocristalli generalmente rotti e alterati in calcite e sericite; il quarzo è presente in fenocristalli anedrali e in fase microcristallina talvolta in associazione con una fase feldspatica. I fenocristalli di biotite sono generalmente ossidati e cloritizzati; la muscovite, talvolta in associazione con altri fillosilicati, generalmente incolore, presenta in alcuni casi un colore verde pallido per la possibile presenza di fengite; la clorite è presente spesso in plaghe nella massa fondamentale o come fase di alterazione di minerali preesistenti.

La calcite è concentrata soprattutto sul plagioclasio ma anche all’interno di vene o fratture; talvolta è in associazione con fillosilicati. La massa fondamentale è generalmente criptocristallina con evidenze di probabile ricristallizzazione quarzoso-feldspatica; è visibile inoltre vetro vulcanico interstiziale di colore marrone scuro, alterato in fillosilicati e ossidi; si possono osservare strutture sferulitiche (PC166) che evidenziano processi di ricristallizzazione.

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massa fondamentale cineritica che definiscono una struttura matrice sostenuta (fig. 3.26).

Fig. 3.26: Campione PC162.

La paragenesi è rappresentata da plagioclasio, quarzo, biotite, ossidi (magnetite) e da fasi secondarie rappresentate da muscovite, calcite, clorite.

Il plagioclasio è in cristalli spesso rotti ed alterati in sericite e altri fillosilicati che conferiscono al cristallo un aspetto torbido. Il quarzo è rappresentato da fenocristalli anedrali e da fasi microcristalline all’interno di clasti e della massa fondamentale. La biotite, non molto abbondante, e spesso ossidata e cloritizzata.

La massa fondamentale è generalmente criptocristallina e composta da una fase feldspatica in associazione con ossidi e idrossidi; l’alterazione principale è rappresentata dalla clorite talvolta in associazione con calcite ed altri fillosilicati; in alcune sezioni nella massa fondamentale è presente una fase quarzoso-feldspatica che evidenzia probabili processi di ricristallizzazione.

I minerali secondari presenti sono rappresentati soprattutto da clorite, che altera sia le fasi mineraliche che la massa fondamentale, muscovite, calcite e minerali argillosi; in alcune sezioni è stata riconosciuta la presenza epidoto (PC164).

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Le fasi femiche, probabilmente rappresentate da pirosseno o anfibolo, di solito appaiono completamente sostituite da clorite o ossidi di ferro.

All’interno della massa fondamentale si osserva la presenza di clasti di origine vulcanica e clasti con all’interno quarzo microcristallino oppure clasti di origine sedimenteria (arenaria, PC171) che probabilmente rappresentano il basamento paleozoico.

Le paragenesi che caratterizzano le due formazioni sono sostanzialmente analoghe, le differenze si possono notare nell’abbondanza dei fenocristalli e dei clasti che definiscono una grana più grossolana per la formazione πρ2b, più ricca in frammenti

litici rispetto alla πρ2a.

3.4.3. Lave andesitiche (α)

La paragenesi principale di queste rocce è rappresentata da plagioclasio come fase più abbondante sia tra i fenocristalli che nella pasta di fondo, pirosseno e anfibolo,spesso non distinguibili con precisione a causa dell’alterazione; biotite e quarzo sono presenti in modo subordinato.

Il plagioclasio è rappresentato da fenocristalli e microliti generalmente alterati da calcite e sericite , la clorite è presente soprattutto all’interno di fratture.

I fenocristalli di anfibolo, di composizione orneblendica, e pirosseno , spesso riconoscibili solamente dalla forma, generalmente sono alterati da clorite e in parte ossidati.

Il quarzo, raro tra i fenocristalli, di solito presenta forma anedrale ed evidenti bordi di reazione.

La massa fondamentale, da micro a criptocristallina, è composta per lo più da feldspato e ossidi; visibile l’alterazione rappresentata

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Tra le fasi secondarie che rappresentano l’alterazione si ha soprattutto la clorite, fase più abbondante e visibile sia sui fenocristalli che in pasta di fondo, la calcite, concentrata soprattutto sul plagioclasio e in pasta di fondo; a queste fasi si aggiungono fillosilicati e minerali argillosi, come la sericite.

Infine si possono osservare strutture glomerofiriche di pirosseno.

3.4.4. Tufiti intercalate nella Formazione della Marmilla

(MMLa)

L’unico campione analizzato di questa unità, BP142 , consiste in una arenaria vulcanoclastica; la roccia è caratterizzata da una tessitura arenitica e composta da abbondanti litici mineralici, bioclasti e clasti vulcanici immersi in una matrice criptocristallina composta principalmente da feldspato e minerali argillosi.

Le fasi minerali sono numerose. Il quarzo rappresenta la fase più abbondante, presenti sia cristalli singoli che fasi microcristalline; altre fasi abbondanti sono rappresentate da plagioclasio, calcite, k-feldspato; l’abbondanza della calcite in questo caso è dovuta in parte alla presenza di bioclasti; il plagioclasio si presenta generalmente torbido e alterato mentre il k-feldspato in alcuni casi presenta la geminazione a graticcio tipica del microclino.

Biotite, talvolta cloritizzata, muscovite, glauconite, clorite sono fasi subordinate mentre tra gli ossidi si distingue la magnetite.

Alcuni parti presentano tessitura tipica di roccia intrusiva a composizione granitica.

3.4.5. Tufiti a tetto della formazione delle Marne di Gesturi

(GSTc)

(29)

Queste rocce sono rappresentate da tufi e in parte da arenarie vulcanoclastiche, caratterizzate da cristalli e clasti immersi in una massa fondamentale generalmente criptocristallina.

Le fasi principali sono rappresentate dal quarzo e dal feldspato, quest’ultimo presente sia come plagioclasio che come sanidino; a queste fasi si accompagna la calcite presente sia nelle associazioni fossilifere che nella massa fondamentale, come per esempio nella sezione BP098, che ha una massa fondamentale formata in prevalenza da una fase carbonatica.

Sono presenti inoltre biotite, muscovite, glauconite e ossidi; visibili fasi femiche, probabilmente anfibolo o pirosseno, non distinguibili con precisione a causa dell’alterazione.

L'alterazione è dovuta principalmente alla presenza di calcite e clorite. Le sezioni analizzate presentano una notevole presenza di bioclasti con all’interno gusci di foraminiferi, ooidi, clasti vulcanogenici, clasti con all’interno quarzo microcristallino, clasti di probabile origine sedimentaria formati da minerali argillosi.

Talvolta sono visibili delle laminazioni piano-parallele (BP108), evidenziate dalla disposizione degli ossidi e degli idrossidi.

3.4.6. Formazione di Aragixi (ARX)

La formazione di Aragixi è formata da tufi caratterizzati da una struttura porfirica frammenti litici immersi in una massa fondamentale criptocristallina.

La paragenesi è formata da plagioclasio, quarzo, presenti sia come fenocristalli che in fase microcristallina, e biotite; gli altri femici, quando riconoscibili, sono rappresentati da pirosseno.

(30)

La biotite, spesso cloritizzata, presenta strutture tipo kink. La massa fondamentale è formata in parte da una fase feldspatica, incolore e talvolta alterata da sericite, ed in parte da vetro ricristallizzato di colore marrone; nella massa fondamentale vetrosa sono visibili strutture sferulitiche e giunture a Y. Muscovite, apatite e calcite rappresentano fasi subordinate.

La sezione UV291 presenta evidenti strutture di roccia magmatica a composizione andesitico-dacitica. Le alterazioni sono rappresentate da clorite, spesso sui femici, e dall’ossidazione.

3.4.7. Basalti plio-pleistocenici (BAS)

Le caratteristiche petrografiche e le associazioni mineralogiche delle varie formazioni sono abbastanza simili pertanto ulteriori distinzioni sono state possibili solamente sulla base delle analisi chimiche.

Le rocce presentano generalmente una grana da media a fine e una tessitura porfirica olocristallina formata da fenocristalli di plagioclasio, olivina e clinopirosseno in una pasta di fondo micro a criptocristallina formata da plagioclasio, olivina, clinopirosseno ossidi e idrossidi; raramente si hanno fenocristalli di quarzo, visibili soprattutto nelle sezioni appartenenti al settore di Nurri-Orroli.

In alcuni casi si ha la presenza di vetro interstiziale, soprattutto nelle sezioni relative alle colate più distali del settore di Nurri-Orroli (UV043, BP198,BP201), in gran parte alterato dall’ossidazione (fig.3.27).

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Fig. 3.27: Campione BP198 (nicol paralleli).

Le dimensioni dei fenocristalli spesso sono inferiori ad 1mm con sezioni olivina che talvolta rappresentano i soli cristalli aventi dimensioni superiori al mm.

Olivina e plagioclasio costituiscono le fasi dominanti; alcune sezioni possono essere classificate come basalti olivinici per via della notevole abbondanza di questa fase (campione BP001, M.Pizzu Mannu) (fig. 3.28).

Il plagioclasio presenta forma euedrale con dimensione seriata; visibili fenocristalli, microfenocristalli e microliti. I microliti della massa fondamentale sono caratterizzati da una tessitura che può essere definita a feltro anche se in alcuni casi si può notare una orientazione piano-parallela (camp.BP076, Giara di Serri, camp.BP070, Cuccuru de Corongiu); i fenocristalli presentano spesso zonatura continua, discontinua, concentrica, a chiazze.

(32)

Fig. 3.28: Campione BP001, M.Pizzu Mannu.

E’ stata effettuata la determinazione del plagioclasio in massa fondamentale mediante il metodo dell’albite statistica, il quale ha dato una composizione variabile tra An55 e An68, corrispondente ad una composizione labradoritica.

L’olivina presenta forme da euedrali ad anedrali, talvolta scheletriche; generalmente è alterata in iddingsite soprattutto lungo i bordi e all’interno di fratture, in alcune sezioni l’alterazione iddingsitica sostituisce completamente il cristallo; le forme meno alterate sono incolori o verde pallido, indicando una composizione prevalentemente forsteritica; in alcuni campioni visibili fenocristalli con dimensioni maggiori di 3mm (Giara di Gesturi).

Il clinopirosseno è presente in forme euedrali, di solito a composizione augitica anche se in alcune sezioni sono visibili cristalli con zonatura a clessidra tipica di un pirosseno augitico/Ti-augitico; l’alterazione, quando presente, è per lo più incipiente e rappresentata da ossidazione o da una fase cloritica concentrata lungo fratture o lungo i bordi; in alcune sezioni si hanno fenocristalli con dimensioni maggiori di 1mm(camp. BP065, Giara di Gesturi) mentre in altri si hanno soprattutto microliti in pasta di fondo (camp.BP060, Giara di Gesturi).

Il quarzo, generalmente scarso, quando presente (camp.BP157, Nurri-Orroli) ha una forma arrotondata ed evidenti bordi di reazione.

(33)

In generale l’alterazione delle rocce risulta molto scarsa e spesso concentrata solamente su singole fasi mineraliche, come ad esempio l’alterazione iddingsitica presente nell’olivina; in alcune sezioni l’alterazione più evidente è rappresentata dall’ossidazione (BP163; Nurri-Orroli), in altre è costituita da una associazione fillosilicatica, a composizione in parte cloritica, concentrata sulla massa di fondo (camp. BP064, Giara di Gesturi).

Il campione BP152, prelevato da un incluso biancastro presso un presunto condotto di alimentazione, presenta una notevole alterazione che non consente una buona classificazione della roccia, la quale appare formata da fasi mineraliche non distinguibili con precisione per via dell’alterazione (fig. 3.29); si individuano fasi mineraliche probabilmente rappresentate da plagioclasio, pirosseno e olivina con prevalenza di una fase feldspatica che altera quasi completamente la struttura originaria e che conferisce alla sezione sottile un colore biancastro; nelle parti meno alterate si distingue una struttura porifirica; visibili infine fasi mineraliche rappresentate probabilmente da quarzo microcristallino.

Il campione BP154 è invece stato prelevato presso Corona Arrubia nelle porzioni basali delle lave e in prossimità del contatto con il substrato miocenico; la struttura della roccia appare simile più ad una roccia sedimentaria che ad una lava; essa è formata principalmente da microcristalli di plagioclasio e quarzo immersi in una matrice per lo più criptocristallina; i femici generalmente non sono distinguibili con esattezza ma probabilmente sono rappresentati da pirosseno e olivina; la roccia è stata classificata come arenite vulcanoclastica.

Il campione BP070, prelevato presso il dicco basaltico di Cuccuru de Corongiu, presenta una evidente orientazione data dalla disposizione piano-parallela dei microliti di plagioclasio; si può notare anche la presenza di un litico di origine sedimentaria (fig. 3.30).

(34)

Fig. 3.29: Campione BP152.

Fig. 3.30: Campione BP070.

2mm

Figura

Fig.   3.1:   Carta   degli   affioramenti   delle   vulcaniti   plio-pleistoceniche   del   foglio Mandas (Assorgia et alii
Fig. 3.2: Cuccuru de Corongiu: dicco basaltico.
Fig.   3.4:   Bomba   a   fuso   generata   da   attività   esplosiva   stromboliana.   Lunghezza intorno a 40cm
Fig.   3.5:   Particolare   fenomeno   di   alterazione   termica   e   contrazione   con   la formazione di una intensa fratturazione colonnare nel suolo a tetto delle marne, dovuta   al   contatto   con   la   sovrastante   colata   basaltica   (quest’ul
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