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3_ANALISI CONOSCITIVA
3.1_L Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina:
cenni storici
“
”.
La storia dell Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina prende avvio nel 1624 con “ ”. Il 24 agosto di quell anno infatti, a quaranta giorni dal ritrovamento delle reliquie della Santa presso la Grotta del Monte Pellegrino a Palermo, due muratori palermitani, che si trovavano a Santo Stefano per la costruzione del Convento di San Domenico26,
25. Relazione di Padre Giordano Cascini, Biblioteca Comunale di Palermo, ms 2Qq E 88, 246r.
26. È l attuale palazzo comunale di Santo Stefano Quisquina.
1
Foto 1_Ultimo frate vissuto da eremita all Eremo e morto nel 1985, con l ingresso dell Eremo sullo sfondo.
20 ritrovarono nel bosco della Quisquina un vecchio altare
di pietra27 e l ingresso di una cavita nella montagna su cui erano scolpite delle lettere. Ritornati sul posto accompagnati da alcuni Padri della Compagnia di Gesù di Bivona poterono leggere: “EGO ROSALIA SINIBALDI QUISQUINE ET ROSARUM DOMINI FILIA AMORE D.NI MEI JESU CRISTI INI HOC ANTRO HABITARI DECREVI28”.
Di tale evento furono testimoni 12 cittadini stefanesi le cui testimonianze giurate vennero raccolte nel 1642 dall Autorità religiosa; le trascrizioni di queste testimonianza sono ora conservate nella Biblioteca Comunale di Palermo29.
In seguito alla scoperta della grotta della Quisquina e nonostante le voci di dissenso e di dubbio diff usesi nell ambiente ecclesiastico del tempo sulla autenticità delle ossa rinvenute, gli stefanesi chiesero e ottennero, tramite l intercessione del principe di Belmonte30 Gaetano Ventimiglia, a quei tempi signore delle terre della Quisquina, le reliquie della Santa al Cardinale Doria, Arcivescovo di Palermo; collocate in un mezzobusto argenteo, con solenne accompagnamento il 25 settembre 1625 furono portate in processione a Santo Stefano.
Si pensò subito alla costruzione di una cappella accanto alla grotta e i giurati31 inoltrarono istanza alla Curia Vescovile di Girgenti, che con la bolla dell 11 novembre 162532, ne diede formale autorizzazione disponendo però:
• che la cappella fosse edifi cata nelle immediate vicinanze della Grotta, completata da un campanile e corredata di tutto il necessario all esercizio del culto;
• che fosse dotata di 4 onze33 all anno per la celebrazione della Messa;
• che si desse incarico ad un sagrestano, che avrebbe potuto chiedere l elemosina nel nome di Santa Rosalia, di custodirla, fi ssandovi stabilmente la propria dimora.
27. ”
”. Archivio di Stato di Palermo, Archivio Principi di Belmonte, volume 1331 bis, documento non numerato.
28. “Io Rosalia Sinibaldi, fi glia del Signore della Quisquina e del Monte delle Rose per amore di Gesù Cristo in questa grotta ho deciso di abitare”.
29. Biblioteca Comunale di Palermo, ms 2Qq E 88, 146r 167r.
30. Il titolo di Principe di Belmonte fu creato da Filippo III di Spagna il 5 marzo 1619, in favore dell allora Conte Orazio Giovan Battista Ravaschieri Fieschi, dei Conti di Lavagna, Barone di Belmonte e di Badolato.
31. Ai quattro giurati della Curia Giuratoria stefanese, scelti fra i cittadini più eminenti che avevano compiuto i venticinque anni e non erano affi ttuari di gabelle del patrimonio civico, era devoluto il compito di amministrare la comunità. I giurati si avvalevano della collaborazione del tesoriere che provvedeva alle spese, del detentore dei libri che compilava i registri e del maestro notaio che redigeva gli atti.
Nel 1785 ai quattro giurati si aggiunge il sindaco, carica voluta dal viceré Caracciolo per difendere gli interessi della popolazione e indebolire il potere dei feudatari.
32. ASDA, Archivio Storico Diocesano di Agrigento, Registro 1622-25, pag. 792.
33. L onza è stata una moneta che ebbe corso in Sicilia fi no alla sua annessione al Regno d Italia.
21 di sostentamento, il Principe di Belmonte fece dono di 14
salme34 di terra (sono iscritte nei suoi libri contabili fi n dal 1625), appartenenti all ex feudo Castagna. Ed i giurati, il 24 marzo 1630, ottemperando ad una delle condizioni poste dal Vescovo, concessero la rendita di 4 onze (elevate poi a 6), la cui delibera, il 27 maggio dello stesso anno fu ratifi cata da Francesco Fernandez de La Cueva Duca di Alburquerque, viceré del Regno35.
Cosi la Cappella, di cui ne fu il primo custode l eremita romano Santo dei Santi36, fu aperta al culto.
“
...37”.
35. Giovanni Stiltingo,
, Palermo 1743, pag.
269.
36. Giovanni Stiltingo,
, Palermo 1743, pag.
269.
37. Giordano Cascini,
, Palermo 1651, pag.
373.
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Foto 2_Foto dei primi anni del novecento nel martedi successivo alla prima domenica di giugno durante la processione che accompagna il busto argenteo di Santa Rosalia dal paese all Eremo. Sullo sfondo è visibile l antico, e non più esistente coropo della cappella originaria.
22 È del 1 giugno 1657 il conferimento dell incarico da parte del
Principe di Belmonte Lorenzo Ventimiglia ad un benefi ciale di celebrare ordinariamente la Messa38.
Le notizie riguardanti la nascita della prima Comunità Eremitica vengono fornite da Giovanni Stiltingo39: Francesco Scasso, ricco mercante genovese, oriundo di Albisola (Savona), residente a Palermo, concepì il proposito di ritirarsi in solitudine alla Quisquina per condurvi vita contemplativa. Chiesto ed ottenuto il consenso del Principe Gaetano Ventimiglia, diede l incarico al domenicano Padre Pietro Favè di Santo Stefano, benefi ciale della Cappella della Quisquina, di provvedere, addebitandogli le spese, alla costruzione di alcune cellette, ed ai cappuccini di Bivona di approntargli alcune tonache. E nel 1693 si segregò alla Quisquina con Vincenzo Bado e Giambattista Laijtone, genovesi, e Giacomo Cacciatore, stefanese.
Il rito della vestizione fu offi ciato da Padre Policarpo di Palermo e da Padre Michelangelo, guardiano dei Cappuccini di Bivona, secondo le norme allora vigenti negli altri romitori.
La cerimonia segnò la data di origine della Congregazione Eremitica: ne furono superiore e direttore spirituale lo stesso Francesco Scasso e Padre Ludovico Conti del Collegio dei Gesuiti di Bivona. La regola monastica fu quella dettata dai Domenicani e dai Gesuiti.
Lo Scasso, giovandosi anche delle generose elargizioni del Principe Gaetano Ventimiglia e di una sottoscrizione popolare, innalzò nel 1698 la nuova Chiesa corredandola di tutto il
necessario all esercizio del culto e trasforma le prime celle in un edifi cio che comincia ad assumere le fattezze di un monastero; la benefi ciò inoltre, con atto dell 8 gennaio 1723, redatto dal notaio Filippo Lionti di Palermo, di una rendita di 12 onze, mediante deposito di 400 onze al Banco Comunale di Palermo40; ampliò il Romitorio già esistente con la costruzione di altre cellette, della cucina, del refettorio, del magazzino e della stalla.
Una incisione marmorea all ingresso dell attuale Chiesa riferisce della originale costruzione dalle fondamenta della Chiesa e del romitorio da parte del Principe di Belmonte Gaetano Ventimiglia:
“D.O.M. HORRENTI - SPECUI - QUAM - VIRGO - ROSALIA - INCOLUIT - MERITAM - RELIGIONEM - CONCILIATURUS - CAJETANUS - VINTIMILLIUS - COMES - GOLISANI - GRATTERII - ET - S. STEPHANI - PRINCEPS - BELLIMONTIS DEVOTUS - N.M.Q.R. PROPTER - COMMUNEM EX - PRINCIPIBUS - NORMANNIS - ORIGINEM - TEMPLUM - ATQUE - ASCETERIUM - A - FUNDAMENTIS - EREXIT41”.
Alla fi ne di questa incisione viene indicata la data “A.D.
MDCLXXXIII” (1683).
Tale data però non viene confermata in nessuno dei libri scritti nei secoli scorsi sull argomento: Giovanni Stiltingo nel 1743, Padre Pietro Sanfi lippo nel 1840, Vito Amico nel 1855, Padre Giuseppe Guggino nel 1894, parlano della costruzione della Chiesa soltanto nel 1698. Lo Stiltingo scrive di tale evento con
38. Archivio di Stato di Palermo, Principi di Belmonte, vol. 1331 bis, documento non numerato.
39. Giovanni Stiltingo,
, Palermo 1743, pag.
269, 270, 271.
40. Giuseppe Reina, , 1987, pag. 12.
41. […] eresse dalle fondamenta la Chiesa e il romitorio.
23
nella sua “ ” scrive che nel 1698 “
”.
Considerando che l incisione che si trova nella Chiesa sembra essere stata prodotta in tempi successivi al periodo che indica, e che non avrebbe avuto senso la costruzione di un romitorio senza una comunità di eremiti, sembrerebbe più corretta la tesi dello Stiltingo nel dire che la Chiesa di cui si parla è stata costruita nel 1698 e non nel 1683.
In ogni caso, al giorno d oggi nulla resta più dell antico romitorio che ospitò Francesco Scasso e i primi eremiti. Anche l originaria cappella, esistita fi no ai primi anni del 900 (è infatti possibile vederla in alcune foto dei primi del 900), fu sciaguratamente demolita.
Una sommaria descrizione di come si presentava l Eremo agli inizi del XVIII secolo in seguito alla trasformazione delle antiche cellette in un vero e proprio monastero ai tempi di Francesco Scasso è possibile ricavarla da un antico documento risalente al 1714 in cui viene fatto il “
” e attualmente conservato nell archivio dell Eremo stesso.
A quel tempo la Chiesa, di dimensioni 62 palmi di lunghezza e 27 palmi43 di larghezza, era preceduta da una scalinata in pietra e aveva un portone di ingresso a due battenti. L altare maggiore era protetto da una cancellata di ferro battuto a due
Lungo le pareti interne della Chiesa correva un cornicione e un contro-cornicione con decorazioni fl oreali. Dietro l altare maggiore vi era una nicchia con la statua di Santa Rosalia che, dalla descrizione fatta nel repertorio sembra essere quella attualmente custodita nella cappella all ingresso della grotta.
Sul lato sinistro dell altare era posizionata una statua della Madonna mentre su quello destro vi era una nicchia con una statua di Santa Rosalia in posizione giacente, forse quella ora posizionata all interno della grotta. Su questo lato della Chiesa c era un altra cancellata di ferro che conduceva all ingresso della grotta. Di fronte questa cancellata si apriva anche la porta della sagrestia. La Chiesa era pavimentata con piastrelle di cotto di Valenza. La sagrestia aveva due fi nestre con portelli vetrati e grate di ferro a protezione. Dopo la sagrestia si accedeva ad un altra stanza anch essa con fi nestra vetrata e grata di ferro. Queste due stanze e la parte antecedente la sagrestia avevano i tetti morti tavolati.
Era già presente una biblioteca, anch essa con tetto morto tavolato, fi nestra con portelli vetrati e grata di ferro.
Si trovavano tre camere in successione appartenenti rispettivamente a Fratello Francesco (con molta probabilità vista la posizione doveva essere quella di Francesco Scasso), al Reverendo Sacerdote e a Fratello Onofrio. Queste stanze presentavano tutte e tre lo stesso tipo di arredamento e avevano fi nestre con portelli vetrati e grate di ferro. Dopo
Palermo, 1840, pag.44.
43. Un palmo siciliano corrisponde a poco più di 25 cm.
24 queste stanze si arrivava ad un disimpegno sulla cui destra
vi era una stanza grande per conservarvi il frumento, mentre dal lato sinistro si trovava il campanile con la campana fatta fondere a Palermo. Nel mezzo tra campanile e “granaio” vi era un piccolo terrazzo con una copertura non ancora ultimata.
Sempre nel disimpegno c era un altra porta che conduceva al corridoio dove si aprivano i locali della cucina, della “stanza del fuoco” e del refettorio. Nella cucina, oltre al forno e alle vasche per l acqua, vi era una botola munita di toppa che permetteva l accesso con una scala di legno con otto gradini al locale sottostante che fungeva da ripostiglio in cui erano conservati i recipienti per l olio, per il latte e altre derrate alimentari. Questo ripostiglio, di dimensioni pari a quelle della cucina, aveva due fi nestre con portelli vetrati e grate di ferro.
Nella stanza del fuoco erano conservati tutti gli strumenti per l utilizzo e la manutenzione del forno. Il refettorio, che conteneva cinque tavoli in legno di noce, era voltato e con due fi nestre. Direttamente da questo ambiente si accedeva alla stanza defi nita della “cannava” in cui si conservano, oltre ad alcune riserve di cibo, anche il necessario per servire i pasti.
Attraverso una botola nel refettorio si scendeva in un altra dispensa in cui erano conservati insieme a damigiane e recipienti vari anche materiale da costruzione come travi in legno, coppi e piastrelle. Tale ambiente era grande quanto il refettorio e la stanza del fuoco, con due fi nestre e una porta che si apriva direttamente sul corridoio a piano terra.
Alla fi ne del corridoio superiore, quello della cucina, si apriva un altra stanza dove si teneva il carbone e con delle sedute utilizzate da chi doveva andare a riempire l acqua. Da qui si accedeva alla sala della cisterna, o meglio della bocca della cisterna fatta da un unico blocco di pietra marmorea. Sopra il locale della cisterna c era un altra stanza, voltata e che serviva per come pollaio e come deposito della legna. Di seguito alla stanza della cisterna era in fase di costruzione un altra stanza in cui erano previste tre fi nestre e che avrebbe avuto una porta sul corridoio del piano terra e una nel baglio.
Dall altro lato del corridoio di mezzo, quello della cucina per intenderci, vi era la scala che portava al corridoio superiore ai cui lati si aprivano dodici celle, sei per lato. Dalla sesta cella a mano destra si accedeva ai tetti morti in cui vi erano due fi nestre, una che si apriva verso levante e l altra verso ponente, che guardava la croce posizionata sopra la Chiesa.
Nella sesta cella sul lato sinistro vi era un portello che dava sopra la volta della Chiesa.
Dal corridoio di mezzo, voltato, sci scendeva fi no al corridoio del piano più basso e da qui si arrivava fi no alla sagrestia.
In questo corridoio si trovavano altre tre celle di cui due abitate da monaci mentre l ultima era utilizzata per conservare frumento. Sempre da questo corridoio si arrivava al vecchio refettorio, utilizzato all epoca come deposito della paglia, e alla stanza della cannava che fungeva da deposito degli attrezzi da lavoro.
25 a tramontana un ultimo ambiente in cui si accatastava il
materiale da costruzione.
Con l atto notarile dell 8 gennaio 1723 redatto dal notaio Filippo Lionti di Palermo, lo Scasso benefi ciò la Chiesa della rendita di 12 onze mediante un deposito di 400 onze al Banco Comunale di Palermo.
Il 6 ottobre 1727, il Vescovo di Agrigento, con apposita bolla, dichiarò la Chiesa sacramentale e succursale della Parrocchia di Santo Stefano.
Nei decenni successivi fi gure importante per le vicende riguardanti l Eremo furono Padre Ignazio Traina, superiore dell Eremo a partire dal 1750, e il conte modenese Carlo Boccolari, che vestì l abito monacale sotto il nome di frate Antonino.
Al primo si deve la scelta di affi dare l incarico di erigere, nel 1750, il nuovo altare maggiore ai fratelli Lionardo e Giuseppe Musca, marmorari palermitani. La Comunità Eremitica si obbligava a corrispondere ai marmorari la somma di 30 onze, a fornirgli la manodopera comune e a dargli vettura franca per gli spostamenti. L opera, incompleta, fu consegnata il 5 maggio 1751. Il 10 ottobre dello stesso anno, gli stessi marmorari, per 25 onze, si impegnarono a completarla ed a consegnarla entro il 30 aprile 1752. Per l erezione di altri due
Michele Arcangelo, la scelta cadde nuovamente sui fratelli Musca. Per l altare dell Immacolata l impegno fu fi rmato il 29 agosto 1755; i Musca, che in quella occasione si giovarono dell aiuto del fratello Ignazio, ebbero 45 onze di compenso e la consegna fu eff ettuata il 10 maggio 1757; per l altare di San Michele Arcangelo l impegno fu fi rmato il 20 maggio 1757 e la consegna ebbe luogo nell anno successivo.
Nel 1772, come attesta l iscrizione marmorea all interno della Chiesa44, vennero ultimati i lavori di ricostruzione e ampliamento del monastero cosi come è possibile ammirarli oggi, grazie a donazioni e rendite assegnate da fedeli e soprattutto da Giuseppe Emanuele Ventimiglia, Principe di Belmonte e signore di S. Stefano, con il fondamentale contributo d ingegno dato anche in questo caso da padre Ignazio Traina al quale si deve l ideazione della dell intera fabbrica.
In realtà parte dei lavori dovettero essere già stati ultimati nel 1760 visto che tale data viene riportata nel portale di ingresso del convento.
Agli inizi del 1774, però, reperiti i mezzi fi nanziari, il canonico Don Gaetano Emanuele Conti, che aveva le mansioni di segretario e tesoriere, fu incaricato da Padre Ignazio Traina di recarsi a Palermo per mettersi in contatto con lo scultore Filippo Pennino incaricandolo di “fare una statua della gloriosa Vergine Santa Rosalia in atto di scolpire l iscrizione incisa nella veneranda Grotta della Quisquina…”. Gli accordi prevedevano
- S. JANUARII - EX - PRIMA - CLASSE - MAGNATUM - HISPANIARUM - AD - VENETOS - LEGATUS - AC - UNIVERSAE - REGIAE - DOMUI - SUPREMUS - PRAEFECTUS - VINDICATO - LOCI - JURE - ET - AUTHORITATE - NOVIS - AMPLIORIBUS - AEDIBUS - EXCITATIS - P - ANNO - SALUTIS MDCCLXXII”
26 la consegna della statua entro il mese di marzo del 1775, e di
sovraintendere ai lavori di collocazione. Il Convento si faceva carico di corrispondergli la somma di 100 onze, di dargli vitto e alloggio nei giorni di permanenza alla Quisquina. La consegna fu diff erita di qualche mese rispetto alla data convenuta ma comunque prima del 4 settembre, giorno della festa liturgica della Santa. Dopo 14 anni, nel 1789, i monaci decisero di dotare la Chiesa di aff reschi. Il superiore Giuseppe Reina affi dò l incarico al signor Don Vincenzo Manno di Palermo il 31 luglio 1789.
L incarico prevedeva le seguenti opere:
• “quadrone nel mezzo della volta, 35 onze”;
• “due medaglioni, 8 onze”;
• “quadrone del cappellone45, 10 onze”;
• “quadrone del coro, 14 onze”;
• “n. 4 quadroni del lato, 32 onze”;
• “quadrone sotto il coro, 12 onze”;
per un totale di 111 onze.
I lavori furono ultimati nel 1792.
Alla fi ne XVIII secolo risale invece la costruzione della stradina serpeggiante tra i boschi che porta all Eremo grazie alle donazioni fatte dal Conte modenese Carlo Boccolari che in quegli anni si era aggregato alla comunità della Quisquina.
Vari interventi di opere murarie che, all inizio della seconda metà dell Ottocento, si resero necessari nella Chiesa, sono
documentati nei conti di cassa redatti dai padri superiore nel periodo che va dal 1848 al 1874 e conservati nell Archivio di Stato di Palermo46. I lavori, in quell occasione, furono affi dati a Silvestre Tantillo, muratore e stuccatore di Palermo, che per 20 onze, rifece, nella metà destra della Chiesa, il tetto, che venne coperto di embrici, l intonaco a calce pozzolana, lo stucco, l imbiancatura con calce e la doratura; nell altra metà, l imbiancatura, il restauro degli stucchi e la pulitura dell oro;
successivamente per 3 onze, la sovrapporta. I lavori di restauro della Chiesa dovevano essere in pieno svolgimento quando il pittore stefanese Federico Panepinto47 ricevette da Padre G.
B. Gaetani, superiore dell Eremo, l incarico di dipingere un medaglione raffi gurante Santa Rosalia che contempla la morte, due quadri con tema la cena di Emmaus48 e il sacrifi cio di Melchisedech49: lavori che furono portati a termine nell agosto 1857 e nel gennaio 1858, date dei pagamenti che risultano nei registri di cassa. In base ad un obbligo contrattuale stipulato il 20 dicembre del 1859 Federico Panepinto si impegnava:
• a dipingere un quadrone dal titolo “La gloria di Santa Rosalia”, conforme al bozzetto di Vincenzo Manno, esistente all Eremo, da inserire nella cornice di stucco della volta, al posto di un aff resco completamente rovinato;
• a restaurare il medaglione, dirimpetto alla porta che immette nella sagrestia, raffi gurante due angeli con un grappolo d uva;
• a dipingere il quadro dal titolo “La fuga di Santa
45. Si riferisce al catino absidale.
46. Archivio di Stato di Palermo, Fondo Principi di Belmonte 1354 1931, vol.
1331bis-1332
47. Nato nel 1809 e morto nel 1872, fu fi losofo e pittore. Studiò all Università di Palermo dove ottenne la medaglia d oro per essersi classifi cato primo nel disegno della fi gura umana; perfezionò i suoi studi nel Regio Museo di Napoli.
48. Episodio del Vangelo di Luca (Lc 24,13-35).
49. Incontro tra i sacerdoti capeggiati da Melchisedech, uomo di pace, e l esercito di Abramo, uomo di Dio e simbolo della fede obbediente e incondizionata.
27
• a restaurare e pulire tutte le pitture ad olio della Chiesa.
Per questi lavori il padre superiore G. B. Gaetani si impegnava a corrispondere al pittore la somma di 60 onze, a provvedere alla costruzione dei ponteggi e al collocamento dei quadri a spese dell Eremo. In questo modo la Chiesa, nel primo semestre del 1861, fu rimessa a nuovo.
Nel 1864, grazie alla somma di 255050 scudi donati l anno precedente da Vittorio Emanuele II, furono avviati i lavori per la costruzione del corridoio che dalla Chiesa porta alla grotta.
Da una relazione redatta da un architetto inviato alla Quisquina da parte del Regio Commissario per gli Scavi e i Monumenti di Palermo51, si evince che tali lavori erano stati eseguiti solo sul tratto terminale del corridoio.
Il padre superiore dell epoca, Padre Andrea Capodici, cerca nuovi fi nanziamenti da parte del Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti e del Ministero dell Istruzione Pubblica. Nonostante la mancata concessione di tali aiuti fi nanziari nel 1893 viene stilato un progetto per “
”.
Tale intervento verrà ultimato nel 1908 come attualmente indica la data riportata sull architrave del portale di accesso al corridoio.
visite da parte di vescovi, cardinali e principi.
Alcuni pontefi ci mostrarono chiari segni della considerazione che ne avevano: Papa Clemente XI, con la bolla del 18 settembre 1719 ne rese possibile la fruizione della Chiesa anche nei giorni delle feste di Santa Rosalia e dei Santi Apostoli. Papa Innocenzo XIII, con la bolla del 12 maggio 1722 ne estese la validità temporale a tutti i giorni dell anno. Papa Pio VI, con la bolla del 19 luglio 1791 ne rinnovò l effi cacia mantenendone le condizioni.
Nel 1807 l Eremo fu visitato da Ferdinando III di Borbone, re di Sicilia, il quale come segno della particolare considerazione che ne aveva, ogni anno, si dava la pena di far recapitare agli eremiti un tonno.
L 8 novembre del 1928 il Prefetto di Agrigento per ragioni di disordine amministrativo, di pubblica sicurezza ed anche religiose, dispose lo scioglimento dell amministrazione dei frati, a cui subentrò una gestione straordinaria, affi data ad un commissario nominato dal Prefetto di Agrigento. I monaci furono formalmente allontanati dal Convento ma continuarono a gravitarvi e a farne il centro dei loro interessi tutt altro che spirituali.
L evento più clamoroso avvenne il 9 luglio del 1945: il Vescovo di Agrigento, Mons. Giovan Battista Peruzzo, che aveva a cuore le sorti dell Eremo ed avrebbe voluto, con soluzioni
scrive nella lettera che invia il 6 ottobre 1888 al Ministro di Grazie e Giustizia e dei Culti. Il ministro a sua volta però aff erma di non aver trovato riscontro di tale elargizione da parte del Re né negli archivi del Ministero né in quello della Prefettura di Agrigento.
51. Archivio Soprintendenza ai Monumenti della Sicilia Occidentale, Faldone 249, fascicolo 25.
52. Archivio dell Eremo della Quisquina, cartella 17, documento non numerato.
28 adatte al tempo, ripristinare l antico splendore, trovandosi alla
Quisquina per un breve periodo di riposo, fu ferito gravemente a colpi di arma da fuoco.
L Eremo è stato preso di mira anche dalla delinquenza comune, che vi ha perpetrato furti sacrileghi, depauperandolo materialmente, dopo il decadimento spirituale della sua comunità. I furti più gravi sono stati commessi la notte del 10 gennaio 1973 e la notte del 29 marzo 1982. Nelle due azioni criminose furono asportati rispettivamente: 32 oli su tela di varie dimensioni, tre crocifi ssi (due in legno, uno in bronzo), tre reliquiari in argento, cinque candelabri in bronzo, un tavolo del refettorio, due inginocchiatoi in legno ed un mobile della sagrestia.
Le cause che determinarono la decadenza e poi la fi ne della Congregazione Eremitica di Santa Rosalia è da attribuire alla caduta delle vocazioni religiose che ha indotto gli eremiti a mitigare il rigoroso costume di vita; conseguentemente individui di non proprio chiara disposizione avranno potuto far parte della Comunità e negli ultimi anni del 1800 perché, in tempi di grave povertà assicurava vitto e alloggio; poi nel secolo XX e fi no al secondo dopoguerra, a processo degenerativo inoltrato, e soprattutto, perché dell Eremo si poteva fare un buon posto logistico per condurre azioni delinquenziali.
Negli anni del benessere, la malavita ha assunto una nuova connotazione e i suoi interessi si sono spostati ed allargati;
l Eremo, per fortuna, ha potuto così liberarsene tentando un
arduo cammino di recupero dei valori spirituali.
Con l atto uffi ciale del 3 agosto 1964 l Amministrazione Comunale delibera che “nulla osta che sia riconosciuta la Comunità Eremitica presso l Eremitorio di Santa Rosalia alla Quisquina e che i frati laici costituiscano l amministrazione ordinaria con la nomina del Presidente nella persona del Superiore e dei frati componenti il Comitato dell Amministrazione, così come è solito sin dal remoto 1693”.
L ultimo frate ha vissuto all Eremo fi no al 1985, anno della sua morte.
Oggi l amministrazione dell Eremo è affi data ad un commissario nominato dall Assessorato Regionale agli Enti Locali, che lo ha a sua volta dato in gestione alla locale sezione della Pro Loco.
29
1630 1698
1772 1908
1630 In seguito alla scoperta della grotta, il Vescovo di Agrigento autorizza la costruzione di una cappella e di un campanile nelle immediate vicinanza.
1698 Il Principe di Belmonte Gaetano Ventimiglia acconsente alla nascita della Congregazione di eremitie fa costruire la nuova Chiesa e alcune cellette per i primi eremiti.
1772 Con le elargizioni del Principe Giuseppe Emanuele Ventimiglia e su progetto del Padre Superiore Ignazio Traina viene edifi cato il romitorio nelle forme attuali.
1908 Viene ultimato il corridoio, cominciato nel 1864 con una donazione del Re Vittorio Emanuele II, che dal sagrato della Chiesa conduce alla Grotta.
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L Eremo nel 1920
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3.2_Lo stato attuale
Il complesso architettonico dell Eremo di Santa Rosalia sorge a 986 m sul livello del mare e si trova a circa 5 km dal paese di Santo Stefano Quisquina, in provincia di Agrigento, sul fi anco settentrionale di un costone dominato da Monte Cammarata (1580 m) e Monte delle Rose (1456 m); è raggiungibile da una deviazione posto lungo la strada provinciale 24 che collega Santo Stefano a Cammarata.
A quattro chilometri dal paese di Santo Stefano, sulla strada provinciale che conduce ad Agrigento, ci si immette in una stradina carrabile nel fi tto delle conifere fi no ad una spianata dominata dalla statua bronzea di Santa Rosalia, opera dello scultore locale Lorenzo Reina, eretta su di un masso quasi a marcare un dominio simbolico su quei luoghi.
Da qui inizia la discesa all interno del bosco di querce che conduce alla prima visione prospettica dell Eremo: si presenta oggi come un vasto complesso a sviluppo longitudinale lungo l asse est-ovest adagiato a gradoni lungo la falda della montagna a 986 m sul livello del mare e risulta costituito da tre grandi blocchi principali, tra cui predomina al centro la costruzione della Chiesa, con il sagrato delimitato per tre lati
1
2
Fot 1_Vista dell Eremo dal feudo di Rehaltavilla
Foto 2_Eremo visto dal piazzale
32 dall Eremo, e che si apre sulla vallata con una suggestiva vista
panoramica.
La Chiesa, dedicata ovviamente a Santa Rosalia, rappresenta il punto centrale di tutto il sistema: è a pianta longitudinale a navata unica, disposta in direzione est-ovest. Ad essa vi si accade dal sagrato di forma pressappoco trapezoidale, pavimentato a ciottoli di fi ume raffi guranti fi gure geometriche, collegato a sua volta da una scala in pietra posta al centro di una balaustra delimitante il terrapieno all ampio piazzale realizzato in acciottolato a riquadri.
L impianto planimetrico della Chiesa è costituito dall atrio, sovrastato dal coro (Foto 3), dalla navata con due altari laterali e dall abside dove è collocato l altare maggiore. Il tema compositivo della navata, in alzato, è caratterizzato da una sequenza di paraste sormontate da capitelli in stile corinzio, che inquadrano ritmicamente gli aff reschi presenti (sostituiti a quelli rubati) e gli altri laterali; tali elementi verticali trovano conclusione in un cornicione che si interrompe in prossimità della cantoria, evidenziata da un parapetto ligneo traforato, colorato in verde e oro.
La cantoria è accessibile attraverso un sistema di scale e corridoi che si dipartano dal lato destro dell abside o attraverso le scale che scendono dal corridoio delle celle. La volta a botte lunettata, arricchita dalla presenza di un grande aff resco attribuito al pittore Federico Panepinto e intitolato “
” (Foto 4), si imposta al di sopra delle sei
fi nestrelle laterali, quattro delle quali (le tre poste sulla parete meridionale e una sulla parete opposta) risultano essere fi nte.
Accanto alla cantoria si trova un piccolo locale denominato salatore, utilizzato dai monaci per la salatura e conservazione del formaggio; in un angolo si trova un tombino di scarico da dove defl uivano i liquidi di salatura del formaggio.
L altare maggiore (Foto 5), di forma leggermente incurvata, reso armonioso e colorato dalle bellissime tarsie in marmo lavorato a disegni geometrici (opera degli scultori palermitani Leonardo e Giuseppe Musca), è sovrastato dalla scultura marmorea di Santa Rosalia dello scultore Filippo Pennino di Palermo, alloggiata all interno di una nicchia impreziosita da una pregevole cornice in marmo. La zona del presbiterio, ad una quota di calpestio leggermente superiore a quella della navata, è delimitata da una ricca balaustra realizzata con marmi policromi. Di pregevole fattura sono anche le tarsie in marmo che formano il paliotto nell altare maggiore (Foto 6), raffi gurante Santa Rosalia nell atto di scolpire l epigrafe, al centro di uno scenario di architettura fantasiosa e monumentale.
Lungo la navata, lateralmente, si trovano gli altri due altari, uguali tra loro e decorati con marmi di vario colore, dedicati uno all Immacolata Concezione del 1752 (Foto 7) e l altro a San Michele Arcangelo del 1758 (Foto 8), sempre dei fratelli Musca.
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Foto 3_Atrio della Chiesa sovrastato dal coro
Foto 4_” ”,
aff resco di Federico Panepinto
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Foto 5_Altare maggiore Foto 6_Paliotto marmoreo
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Foto 7_Altare laterale dedicato all Immacolata Concezione Foto 8_Altare laterlae dedicato a San Michele Arcangelo
36 L apparato decorativo della Chiesa è ulteriormente arricchito
da cornici in stucco, che riquadrano i vari aff reschi e tele presenti, e da elementi dorati a motivi fl oreali. Purtroppo la Chiesa è stata saccheggiata nel 1973 e nel 1982 di preziose tele, sculture in legno e candelabri, sostituite con opere in stile moderno prevalentemente di autori locali.
La zona di ingresso, sormontata dalla crociera della cantoria, è delimitata da un altra inferriata pesantemente decorata. Sul lato destro di tale ingresso vi la scalinata addossata (Foto 9) alla montagna che immette nell antico cunicolo che collega la Chiesa alla Grotta e alla Cappella di Santa Rosalia mentre sul lato sinistro è posta la lapide in marmo (Foto 10) su cui sono incise le date di fabbricazione dell Eremo. Il lato interno del cunicolo (Foto 11) è ricavato nella nuda roccia mentre il lato esterno coincide con il muro perimetrale che fa da prospetto al sagrato e su cui vi è la lapide che ricorda la donazione di 2500 scudi da parte del Re Vittorio Emanuele II per la riedifi cazione dell ingresso della Grotta. In origine il cunicolo proseguiva fi no all imboccatura della grotta costeggiando la montagna ma a causa di vari crolli era stato chiuso, murandolo in prossimità della grotta, e sostituito dall attuale corridoio. Questa parte di cunicolo è stata poi risistemata con la creazione del percorso esterno, durante gli interventi di recupero degli anni novanta e duemila, che dalla grotta sale lungo fi no all ultimo livello del complesso.
La facciata principale della Chiesa (Foto 12), posta sul lato est
del terrapieno che domina la vallata, è a sviluppo verticale e termina con il tetto a capanna.
Il portale di ingresso in pietra grigia locale, schermato da una inferriata di protezione, è formato da due piedritti su cui poggia l architrave recante l iscrizione “A.D. 1877” (Foto 13), anno in cui si suppone sia stato sostituito il vecchio portale di ingresso. Mettendo a confronto le foto dei primi anni del 900 con quelle precedenti ai lavori di restauro del 1988 e quelle dello stato attuale, è possibile notare che la fi nestra del coro, posta sopra il portale d ingresso della Chiesa, inizialmente di forma rettangolare sormontata da un arco era stata trasformata in una di forma circolare per poi essere riportata alla forma che aveva in origine. Questa piccola modifi ca però non è stata riportata nell elenco degli interventi eff ettuati a partire del 1988. L unico prospetto laterale esterno (Foto 14) visibile presenta in alto le sole aperture delle fi nestre, anche se si intravede nella tramatura della pietra a faccia vista della facciata la presenza di un arco e di altre due fi netrelle, più basse rispetto al livello di calpestio della Chiesa, murate.
Vista l estrema articolazione volumetrica dei blocchi dell Eremo e la complessità dei collegamenti tra i vari ambienti, per comodità di esposizione si può dividere in due grandi parti l intero monumento, distinguibile, l una nella zona ad est della Chiesa, l altra nella parte ad ovest, rappresentata dai locali della legnaia, della grotta e dalla Cappella di Santa Rosalia e dal corridoio di accesso.
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Foto 9_Ingresso al cunicolo di collegamento tra la Chiesa e la Grotta Foto 10_Lapide marmorea all ingresso della Chiesa
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Foto 11_Cunicolo di collegamento tra la Chiesa e la Grotta
Foto 12_Prospetto principale della Chiesa
Foto 13_Architrave del portale di ingresso della Chiesa
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Foto 14_Prospetto nord della Chiesa
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40 Per quanto riguarda la prima parte dell edifi cio, il collegamento
tra la Chiesa e il Convento è consentito dal passaggio posto nella zona absidale, dal quale si accede in sequenza alla sagrestia, alla biblioteca, all uffi cio del Parroco e al locale adibito a dispensa (Foto 15), per poi arrivare all antico frantoio (Foto 16), che conserva ancora l antica macina per il grano e la grande vasca per pestare l uva. Da quest ultimo ambiente si raggiunge il cortile interno (Foto 17) dove, oltre ad esservi collocato l ingresso principale del convento, segnato da un grande portone in legno, si trovano la stalla, le cui mura poggiano direttamente sulla roccia in parte affi orante, il vecchio deposito degli attrezzi agricoli e la scala in pietra con ringhiera in ferro, da dove si accede al piano che un tempo era riservato ai frati e ora è il punto di partenza per i visitatori dell Eremo.
Dopo aver attraversato un piccolo locale di ingresso si aprono due locali voltati adibiti a cantine (Foto 18); il primo ambiente è parzialmente ricavato nella roccia (Foto 19) che ne costituisce il muro perimetrale sul lato nord. Sui pavimenti di questi locali sono ricavati due bassi muretti in pietra, disposti parallelamente al muro, che oltre ad avere la funzione di sorreggere le botti, permettevano il defl usso delle acque di
pulitura delle botti stesse. 15
Foto 15_Corridoio su cui si aprono la sagrestia, la biblioteca e l uffi cio del parroco
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Foto 16_Antico frantoio
Foto 17_Cortile di accesso all Eremo Foto 18_Locale cantina
Foto 19_Particolare della parete rocciosa nel locale cantina
42 Parallelamente alle cantine si sviluppa il lungo corridoio su cui
si aprono le dieci celle, tutt ora arredate poveramente come lo erano al tempo dei frati; esse si sviluppano longitudinalmente secondo la direttrice est-ovest e hanno tutte aff accio nella sottostante vallata a nord.
L ultima cella, di dimensioni doppie rispetto alle altre e con aff accio a ovest, è quella voluta per sé dal Principe Ventimiglia durante i lavori di ampliamento dell Eremo da lui stesso fi nanziati tra il 1772.
Nella parete est di questa camera, che si diff erenzia dalle altre anche per il tipo di arredamento, si trova un aff resco ottocentesco rappresentante il porto di Palermo e Monte Pellegrino. Sotto il corridoio delle celle troviamo quello che una volta era il granaio, accessibile dall angusta porta posta sulla destra del vano di ingresso all Eremo; questo locale veniva riempito attraverso due piccole aperture che erano poste nel piano di calpestio del corridoio delle celle.
A ridosso del corridoio, a monte, sono disposti sempre secondo la stessa direttrice i locali della cucina (la cui struttura è quella originale rivestita da maioliche bianche e blu), della sala forno con legnaia e il refettorio arredato con i tavoli originali da poco restaurati e un altra cucina che risulta essere l ultimo locale ad essere costruito negli anni venti del XX secolo.
Nella stanza situata all estrema sinistra del blocco in esame, raggiungibile da un cunicolo voltato addossato alla montagna, troviamo il locale delle antiche latrine, le quali presentano un
ingegnoso sistema di smaltimento attraverso un cavedio a forma di imbuto ricavato nello spessore del muro della stalla sottostante: le acque convogliate all esterno venivano, tramite un sistema di tubi di terracotta, portate all interno del cavedio mantenendo puliti gli scarichi. In questo ambiente è collocata una vecchia scala in legno e muratura che permette l accesso dall interno all ultimo livello dell Eremo, la vecchia sala dei novizi, utilizzato ora come salone per le riunioni completato dalla presenza di servizi igienici e cucina, e realizzato in tempi recenti (ma di cui neanche in questo caso sono stati trovati documenti utili a datarne la realizzazione) mediante una sopraelevazioni dell originario sottotetto con una struttura portante in cemento armato, che costituisce indubbiamente un elemento in forte contrasto con lo spirito originario dell antico organismo architettonico; sul lato a monte della sala vi è una porta di accesso al campanile: quest ultimo non sembrerebbe presentare fondazioni ma poggia direttamente su uno sperone roccioso della montagna.
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Foto 20_Corridoio delle celle
Foto 21_Celle dell ultimo frate dell Eremo
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Foto 22_Stanza del Principe
Foto 23_Cucina originaria con maioliche blu
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Foto 24_Refettorio Foto 25_Antiche latrine
Foto 26_Locale con cucina che segue il refettorio
Foto 27_Salone, denominato del comitato
46 La seconda parte del complesso, ad ovest della Chiesa, è
raggiungibile da uno scalone in pietra (Foto 28) collegato al corridoio delle celle, attraverso una piccola terrazza che fa da copertura al salatore.
L ambiente principale che si apre alla fi ne della scala anzidetta costituiva la vecchia legnaia; ora ospita il museo etno- antropologico (Foto 29) allestito dalla sezione locale della Pro Loco dove sono conservati antichi strumenti da lavoro e di misura usate dai contadini siciliani. Dal museo si raggiunge il pollaio, comunicante con l esterno attraverso un piccolo cortile dove è situato un pozzo (Foto 30), e ad un altra saletta, anch essa occupata dal museo, da cui, tramite stretti e alti gradini in pietra ed angusti passaggi, si arriva al cunicolo che porta sia alla Chiesa che alla parte iniziale del lungo corridoio che introduce nella Grotta (Foto 31) e nella Cappella votiva (Foto 32) di Santa Rosalia.
A caratterizzare questa parte del Convento è il corpo basso voltato a botte ribassata, che costituisce il lungo corridoio di accesso alla Grotta e alla piccola edicola aff rescata con dipinti popolareschi che evocano il mito di Monte Pellegrino e della Santa nell atto di incidere l epigrafe e con l altare sopra il quale è collocata la statua della Santa. Affi ancati all edicola troviamo poi un piccolo passaggio coperto che consente l accesso alla Grotta direttamente dall esterno e i locali dei servizi igienici.
Di quest ultimo locale non si hanno notizie certe sulla data di costruzione ma possiamo quasi sicuramente aff ermare che
è del XX secolo; la tessitura muraria, costituita da blocchi di pietra squadrata, è diversa da quella del resto del complesso e, vista l assenza di questo locale nelle foto dei primi del 900 in cui era ancora presenta l originaria cappella, possiamo pensare che sia stato costruito con il materiale recuperato dalla demolizione proprio della cappella.
Infi ne, sia dall interno della Chiesa mediante una botola situata nella zona absidale, sia dall esterno attraverso un piccolo ingresso posto lungo il piazzale del convento, si accede alla Cripta: la caratteristica di tale locale, posto a una quota leggermente più bassa rispetto al piazzale, è la presenza lungo i due lati lunghi di loculi a base semicircolare (Foto 33) destinati ad alloggiare le salme dei frati conventuali, sottoposte al processo di mummifi cazione nella camera di essicazione (Foto 34) posta nella parete di fondo, alcune delle quali ancora oggi conservate. Al centro della pavimentazione è ubicata una piccola botola di apertura dell ossario, che risulta essere scavato interamente nella roccia. Accanto la cripta, sempre sul livello del piazzale, troviamo quella che prima era un altra stalla e che invece ora è utilizzata dall associazione Pro Loco come locale per la vendita di souvenir. Questo ambiente è a sua volta collegato da una piccola scala in pietra al frantoio e quindi al resto del convento. Anche per ciò che riguarda la cripta nulla è certo. Il rinvenimento di alcune sepolture funerarie nella Chiesa, accanto all altare dell Immacolata Concezione, potrebbe far pensare che le due
47 ci porta a pensare ciò è la presenza di un documento ritrovato
nell archivio dell Eremo datato 30 aprile 1896 in cui il perito urbano Filippo Mortellaro, su commissione del padre superiore Giovambattista Gaetani, rileva “alcuni fabbricati di pertinenza dell Eremo”. I locali rilevati corrispondono alla stalla del livello del piazzale, alla camera sopra la stalla, al frantoio (indicato come palmento), al corridoio su cui si aprono le tre camere che attualmente sono occupate dalla dispensa, dall uffi cio del parroco e dalla biblioteca. Prima della stalla però viene menzionata la “1a casa terrana nominata pagliera”. Al livello del piazzale gli unici locali attualmente presenti sono la vecchia stalla, oggi adibita a locale souvenir, e la cripta; considerando inoltre che nel rilievo le superfi ci indicate per i due locali (40 m2 la stalla e 29 m2 la “pagliera”) corrispondono a quelle rilevate allo stato attuale per i due locali si potrebbe trarre la conclusione che quella che nel rilievo viene menzionata come
“pagliera” sia la cripta e quindi sia stata adibita a tale scopo solo successivamente il 1896.
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Foto 28_Terrazzino che collega il corridoio delle celle con il museo etno-antropoligico
Foto 29_Museo etno-antropologico
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Foto 30_Pozzo
Foto 31_Corridoio della Grotta Foto 32_Cappella alla fi ne del corridoio
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Foto 33_Loculi nella cripta Foto 34_Essiccatore Foto 35_Corridoio che collega internamente la cripta alla Chiesa
51 LIVELLO PIAZZALE_Sezione 1-1' a quota 1,50 m
LIVELLO SAGRATO_Sezione 2-2' a quota 4,30 m
LIVELLO SAGRESTIA_Sezione 3-3' a quota 7,15 m
3_Cripta
4_Sagrato 5_Magazzino 6_Chiesa 7_Corridoio Grotta 8_Cappella 9_Ingresso Grotta 10_Servizi igienici
11_Vecchio frantoio 12_Dispensa 13_Uffi cio del Parroco 14_Biblioteca/Archivio 15_Sagrestia
16_Antico cunicolo di collegamento Chiesa/Grotta
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52 LIVELLO MAGAZZINI_Sezione 4-4' a quota 9,45 m
LIVELLO CONVENTO_Sezione 5-5' a quota 13,75 m
LIVELLO SALONE_Sezione 6-6' a quota 17,50 m
17_Stalla 18_Granaio 19_Deposito atrezzi 20_Salatore 21_Coro
22_Vecchia legnaia, ora museo etno-antropologico
23_Cortile pozzo e pollaio
24_Ingresso convento 25_Disimpegno 26_Cantina 27_Cantina
28_Locale forno a legna 29_Cucina vecchia 30_Refettorio 31_Cucina nuova 32_Terrazzino 33_Stanza del Principe 34_Celle
35_Latrine
36_Salone del comitato 37_Campanile 17
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3.3_Gli interventi di recupero e restauro
In diverse occasioni si è intervenuto per tentare di mantenere in uno stato decente le strutture del complesso. Non di tutti questi interventi però è rimasta testimonianza documentale:
tra le carte dell archivio conservato presso l Eremo sono state rinvenute delle lettere risalenti al 1963 che l allora Commissario prefettizio Ins. Giuseppe Reina inviava all Arch.
Franco Corallo di Palermo e ai Geom. Filippo Leto e Calogero Nicastro di Santo Stefano incaricandoli di redigere un progetto di recupero e restauro dell Eremo. Di tale progetto, che purtroppo non è stato portato a compimento a causa della mancanza di fondi, come riferito indirettamente dal Geom.
Nicastro, purtroppo non è stato possibile reperire nessun documento. Soltanto nei primi anni settanta è stato possibile eff ettuare alcuni interventi. Nel 1973 durante la rimozione della pavimentazione originale della Chiesa sono state rinvenute delle sepolture funerarie, poste accanto all altare sinistro, con resti di ossa umane e di sai monacali di cui però si sconosce l identità. Del 1974 è invece la sostituzione del manto di copertura della Chiesa e l aggiunta, dal lato nord, di un cornicione aggettante di calcestruzzo lungo la linea di
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Foto 36_Ingresso dell Eremo prima degli interventi di restauro del 1987 dal rilievo fotografi co del progetto di restauro e recupero dell Eremo di Santa Rosalia conservato nell archivio della Soprintendenza ai BB. CC. AA. di Agrigento
54 gronda.
Alla fi ne degli anni ottanta, la Regione Sicilia, tramite l Assessorato Regionale Beni Culturali, Ambientali e P.I., la Soprintendenza Beni Culturali e Ambientali di Agrigento Sezione per i Beni Paesaggistici Architettonici e Urbanistici, stanzia la cifra di 500˙000˙000 per fi nanziare il progetto di recupero e consolidamento conservativo dell Eremo di Santa Rosalia alla Quisquina. Di redigere tale progetto viene incaricato nel settembre del 1988 l architetto Davide La Mendola di Agrigento.
Oltre al progetto principale furono redatte due perizie di variante: la prima in data 09/10/1991, mentre la seconda riporta la data del 21/01/1992.
All epoca il complesso si presentava agli occhi del visitatore, notevolmente abbandonato e con numerosi problemi legati alla fatiscenza di alcuni corpi di fabbrica o materiali che il tempo e la mancanza assoluta di interventi di manutenzione avevano reso inesorabilmente obsolete.
Dalle relazioni compilate si evince che il monumento presentava, nella quasi totalità, coperture sconnesse con tegole rotte o mancanti, prospetti esterni con malte disgregate, volte pericolanti e superfetazioni e interventi di ristrutturazione eseguiti nel periodo della gestione commissariale, e che aveva stravolto per certi versi l aspetto originale dei luoghi.
Tali problematiche si manifestavano ad esempio nell uso non appropriato di tegole a imitazione di quelle esistenti in
copertura della Chiesa, nella realizzazione di un cordolo a pensilina in calcestruzzo in copertura, nella errata esecuzione della rincocciatura dei giunti in muratura esterna in pietra a vista con malta e inerte di piccola pezzatura, interamente a base di cemento di colore diverso rispetto a quella originaria realizzata invece con malta di calce e inerte locale ed infi ne alla pavimentazione della Chiesa con ceramica ad imitazione di una artigianale locale.
La copertura della Chiesa era realizzata da grossa e piccola orditura in legno con capriate e arcarecci, mancante però di tavolato continuo e del manto di copertura originario in coppi siciliani, sostituito nelle parti mancanti da tegole di tipo marsigliese; nell estradosso della copertura era presente materiale di risulta, costituito essenzialmente da frammenti di tegole, intonaci caduti e calcestruzzo, dovuto forse a lavori precedentemente eseguiti nella Chiesa.
Partendo dall ala sinistra del complesso si riscontravano guasti al solaio in comune tra la stalla e i servizi igienici, che risultava in più parti pericolante e non agibile; stessa situazione si presentava nella copertura del frantoio che era stata puntellata in più punti per l eccessiva fl essione delle travi portanti.
I locali con il forno, la dispensa, la cucina e la mensa, risultavano essere notevolmente fatiscenti: i muri presentavano evidenti segni di umidità, piccole lesioni, gli intonaci erano cadenti e in alcuni punti la copertura era pericolante; la causa era da
55 e quindi all umidità trasmessa da essa.
Stessi problemi venivano riscontrati anche nei locali della cripta e della foresteria posti sul livello del piazzale: in essi si evidenziavano chiari segni di umidità alle pareti, in parte con intonaci mancanti e con il solaio di copertura pericolante.
Nella parte destra del complesso, i vani deposito e la galleria della grotta risultavano bisognosi di urgenti lavori alle coperture che presentavano notevoli segni di avvallamenti e cedimenti. In quegli anni l eremo inoltre risultava sprovvisto totalmente di impianto elettrico interno, tranne nel vano della foresteria (dove si trovava un impianto provvisorio) essendo la zona non ancora servita di fornitura elettrica.
Dall analisi delle condizioni del complesso architettonico, le scelte progettuali mirarono essenzialmente all eliminazione totale dei guasti esistenti; mentre vennero tralasciati quelli che, pur avendo pregiudicato l aspetto originario, non presentavano oggetto di immediati interventi, essendo esclusivamente di valore estetico.
Gli interventi realizzati furono:
• demolizione e ripristino dei solai in legno in quei vani bisognevoli di tale intervento quali servizi igienici, terrazzo salatore, vano foresteria e locali deposito, con relativo svellimento della pavimentazione; i solai furono realizzati con l orditura principale e secondaria interamente in legno formata da travi di dimensione 15x20 cm, tavolato superiore
bituminosa di spessore non inferiore a 4 mm con giunti sovrapposti; nel caso del terrazzo sul locale salatore venne disposto anche un massetto di argilla espansa con funzione di massetto di pendenza; durante la fase di realizzazione venne demolita la muratura in corrispondenza degli appoggi delle travi per una profondità di 20 cm e per un altezza di 30 cm per la realizzazione di un cordolo in calcestruzzo con disposizione di armatura longitudinale consistente in 4 barre in acciaio Φ 12, staff e Φ 8 con passo 25 cm;
• smontaggio del tegolato, della grande e piccola orditura, delle coperture dichiarate pericolanti previa formazione del cordolo di colmo in c.a. con le stesse caratteristiche di prima; posa in opera delle nuove travi portanti di sezione 16x20 cm, da tavolato superiore e doppio strato di impermeabilizzazione con guaina da 4 mm; per tutti i vani interessati da tale intervento la collocazione di nuove tegole è stata ad integrazione di quella esistente nella misura massima del 60% e realizzata con coppi di tipo siciliano;
• collocazione di colonne pluviali e grondaie in cotto artigianale per la raccolta e lo smaltimento delle acque meteoriche e in alcuni tratti della sola linea di gronda, realizzata con doppia fi la di coppi;
• trattamento antiparassitario ed ignifugo dei legni nuovi e vecchi con sostanze protettive a base di pentaclorofenolo irrorato su tutte le facce per due mani;
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• scrostamento, fi no alla messa a nudo della muratura in pietra sottostante degli intonaci cadenti e con chiari segni di umidità, e successivo rifacimento dell intonaco; per le pareti esposte a monte soggette a forte umidità è stato utilizzato uno strato fi nissimo di intonaco ventilato a base di malta microcerata, applicato previo lavaggio della superfi cie con getti d acqua a pressione ed applicazione di malta ad azione osmotica ad eff etto cristallizante; infi ne tutti i muri sono stati tinteggiati mediante stesura di doppia mano di latte di calce previo trattamento di scartavetratura, stuccatura e stesura di colla sintetica resinosa;
• svellimento della pavimentazione e rifacimento della stessa con mattoni in cotto di tipo artigianale delle dimensioni 20x20 cm, collocato su letto di malta bastarda, nei locali dove è stato rifatto il solaio di calpestio, nella Chiesa, nelle celle e lungo il corridoio che conduce alla grotta, prima in battuto cementizio;
• sostituzione degli infi ssi, con altre realizzate in modo artigianale, uguali a quelle da sostituire, in legno di pino complete di vetri semidoppi;
• formazione di nuovi architravi di porte e fi nestre realizzate con idonee travi in legno recuperate dallo smontaggio delle travature primarie dei tetti, previo trattamento a più mani di prodotto antiparassitario, insetticida e fungicida;
• rimozione del materiale di scarto presente nell estradosso della volta della Chiesa;
• restauro del portone d ingresso e della relativa copertura esterna;
• realizzazione dell impianto elettrico in tutti i vani dell Eremo;
• ripristino dell antico passaggio di collegamento tra la Chiesa e la Cripta mediante taglio della pavimentazione e ricollocazione dello sportellone originario previa opera di restauro;
• ripristino dell antico passaggio di collegamento tra la Chiesa e il corridoio che conduce alla Grotta mediante taglio della muratura di tamponamento e collocazione di cancello in ferro;
• pavimentazione del locale deposito con basolato in pietra locale sbozzata a mano;
• taglio della pensilina in cemento armato nel prospetto Nord della Chiesa e rifacimento con doppia coppata.
La perizia presentava il seguente quadro economico fi nale:
- 425.607.305 lavori a base d asta;
- 34.474.192 ribasso d asta;
- 391.133.113 lavori a base d asta al netto del ribasso;
A disposizione dell Amministrazione:
- 7.822.662 per revisione ed incentivazione 2%;
- 15.958.231 per IVA 4%;
- 81.564.884 per diritti tecnici;
- 1.374.167 per collaudo amministrativo;
- 2.146.943 per missioni personale Soprintendenza