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Gestione della segnalazione di un cluster di mortalità per neoplasie emolinfopoietiche Pagina 113 e sorveglianza epidemiologica nel territorio della Asl 11 di Empoli

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Academic year: 2021

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Gestione della segnalazione di un cluster di mortalità per neoplasie emolinfopoietiche Pagina 113 e sorveglianza epidemiologica nel territorio della Asl 11 di Empoli

5. Conclusioni

L’ampia diffusione delle patologie oncologiche nella popolazione è almeno in parte spiegabile dalla natura delle stesse, le quali interessano prevalentemente l’età adulta- avanzata, ragione per cui le caratteristiche demografiche di una popolazione influenzano sia l’incidenza che la prevalenza della patologia. Su quest’ultima influisce anche la progressiva riduzione della mortalità, correlata anche alla maggiore disponibilità di terapie efficaci. [16,48] Dunque, per permettere un corretta valutazione della frequenza della patologia oncologica nel corso del tempo in una popolazione, e allo scopo di eseguire eventuali raffronti, i tassi di incidenza e di mortalità devono essere standardizzati con metodo diretto, anche al fine di escludere che le differenze rilevate in una popolazione in tempi diversi o in popolazioni diverse siano dovute a una diversa composizione per età.

È pur vero, tuttavia, che alcuni segnali del fenomeno non sembrano interamente ascrivibili alla transizione demografica che stiamo osservando nei paesi industrializzati.

Sono stati infatti descritti trend di incidenza di neoplasie in crescita anche al di fuori della fascia di età anziana; ad esempio, come si evince da dati dei registri tumori italiani, è stato rilevato un aumento di incidenza dei tumori pediatrici fino alla fine degli anni Novanta, superiore in Italia rispetto alla media europea, seguito da una piccola ma significativa diminuzione nel primo decennio di questo secolo. [39,126] Negli adolescenti, invece, nel periodo 1988 – 2008 in Italia l’incidenza di tutti i tumori maligni è aumentata in media del 2,0% l’anno (IC95% 1,2-2,9). [126]

Riguardo alle neoplasie oggetto del presente approfondimento, anche in una pubblicazione del Centro di riferimento per l’epidemiologia e la prevenzione oncologica in Piemonte inerente la frequenza e prognosi dei tumori in età pediatrica si legge che negli ultimi tre decenni “l’incremento dei tassi di incidenza delle LLA, specialmente nella classe di età 1-4 anni e per le forme pre-B, anche se non segnalato in modo omogeneo in tutti gli ambiti territoriali, sembra essere un fatto reale, che potrebbe essere legato a mutamenti ambientali”. [39]

Fornire ipotesi interpretative di questi andamenti esula dalla presente trattazione.

Alcune riflessioni però ne possono scaturire: questi dati sono difficilmente spiegabili con

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esposizioni legate allo stile di vita, né sembrano interamente ascrivibili al miglioramento diagnostico, il quale comunque può aver avuto, soprattutto in passato, un ruolo nell’apparente aumento dell’incidenza di alcune neoplasie ad esempio del SNC (così come per altre fasce d’età può aver influito l’anticipazione diagnostica legata all’introduzione di screening di massa).

Per alcuni specifici tumori pediatrici la precoce insorgenza richiama a un ruolo fondamentale delle cause genetiche, tuttavia alla luce delle conoscenze che negli ultimi anni sono andate via via accumulandosi appare opportuna una generale riflessione sulle possibili esposizioni ambientali a sostanze xenobiotiche che esercitano le loro azioni nocive (tossiche, mutagene, epigenetiche) principalmente su soggetti di particolare vulnerabilità come i bambini (e in generale gli organismi in crescita). In effetti sia in utero che dopo la nascita, fino anche all’adolescenza, i bambini sono estremamente vulnerabili a noxa di natura fisica, chimica o biologica anche a causa dell’elevato tasso di riproduzione cellulare. [127] Si pensi che inizia prima della nascita l’esposizione ad una moltitudine di sostanze esogene, alcune delle quali non biodegradabili con un’emivita lunghissima (il tempo di dimezzamento per il DDT e i suoi principali metaboliti è stimato, ad esempio, in 10-15 anni). Molte di queste sostanze si bio-accumulano negli organismi ed entrano nelle catene alimentari, grazie alla caratteristica lipofilia che ne permette l’accumulo nel tessuto adiposo e il lentissimo rilascio. [128]

In due recenti pubblicazioni l’OMS ha sottolineato la maggiore vulnerabilità dei bambini agli inquinanti ambientali rispetto agli adulti, dichiarando che “l’esposizione a cancerogeni nel periodo pre-concepimento, durante la vita intrauterina, o nella prima infanzia, possono causare lo sviluppo di tumori durante l’infanzia o durante la vita adulta”, e che “c’è una evidenza diretta che i bambini sono più suscettibili degli adulti ad almeno alcuni cancerogeni, incluse alcune sostanze chimiche e varie forme di radiazioni”.

[129-131]

Queste considerazioni avvalorano l’importanza per gli operatori di salute pubblica di

mantenere un’attenta sorveglianza su ambiente e salute sulla popolazione generale, di

indagare eventuali segnalazioni di aggregazioni di NCDs e di perseguire obiettivi di

prevenzione primaria (rimozione dei fattori di rischio pericolosi per la salute) nonché di

prevenzione primordiale, ovvero impedire che si vengano a creare condizioni nocive per la

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salute pubblica, tutelando in particolar modo i recettori più sensibili: implementare cioè azioni che minimizzino le future esposizioni a pericoli per la salute, lavorando su ambiti diversificati a livello di popolazione (ambientale, economico, sociale, comportamentale, culturale) noti per avere delle influenze sullo stato di salute della popolazione. Si tratta quindi di un’attività di prevenzione rivolta ai determinanti di salute ed esercitata ad un livello più ampio rispetto alla protezione dei singoli, obiettivo della prevenzione primaria, indagando le cosiddette “cause delle cause”. [132] Un’altra definizione di questo concetto, che distingue la prevenzione primordiale dai tre livelli “classici” di prevenzione, è “un quarto livello aggiunto più di recente, chiamato prevenzione primordiale, [che] in termini epidemiologici aspira a stabilire e mantenere condizioni che minimizzino i pericoli per la salute, mentre l’obiettivo della prevenzione primaria è di ridurre l’incidenza di malattia, della prevenzione secondaria di ridurre la prevalenza di malattia mediante una sua abbreviazione di durata, della prevenzione terziaria i ridurre il numero e/o l’impatto delle complicanze. La prevenzione primordiale consiste di azioni e misure che inibiscono l’emergere e il costituirsi di condizioni ambientali, economiche, sociali, culturali e comportamentali per le quali sia riconosciuto un rischio per la salute. Questo è il compito della Sanità Pubblica e della Promozione della salute”. [133]

Decisioni intraprese entro dominî apparentemente lontani dalla salute possono avere il potenziale di modificare in senso positivo o negativo la salute collettiva, anche in relazione all’elevato numero di reciproche connessioni e relazioni tra di essi nella vita moderna. La salute, infatti, riconosce tra i suoi principali determinanti l’ambiente sociale, l’ambiente fisico, l’economia, l’occupazione. La salute è dunque funzione di un sistema ad elevata complessità che può essere danneggiato anche non intenzionalmente in modi poco prevedibili che però possono avere conseguenze serie ed irreversibili. [134]

Riguardo alla difficoltà dello studio di aree compromesse dal punto di vista ambientale

risulta cruciale il prestare la dovuta attenzione alle legittime preoccupazioni delle persone

ivi residenti. Come recentemente espresso, a prescindere dalla complessità della specifica

situazione, a queste domande di attenzione devono corrispondere risposte adeguate,

autorevoli, trasparenti, indipendenti e sopratutto “imparziali e non-neutrali”, ovvero

risolvendo l’incertezza residua a favore della salute pubblica. [135,136]

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A questo scopo poter disporre di dati epidemiologici aggiornati, accurati e completi entro determinati bacini geografici si configura come una necessità in sanità pubblica.

Non si possono gestire con efficacia fenomeni che non si possono quantificare con sufficiente precisione; in quest’ottica la disponibilità di un RT di popolazione, che applica metodiche di identificazione della casistica evidence-based, costituisce in un territorio una “fonte vitale di dati” (come definito dal CDC) ed il gold standard per poter dare risposte affidabili alla popolazione.

Il sistema di reperimento della casistica delle NE messo a punto nella Asl 11 non si propone come un metodo con cui vicariare l’attività di un RT bensì come un metodo per identificare la casistica relativa a specifiche nosologie al fine di analizzarne l’incidenza in un territorio in cui non vi sia la copertura da parte di un RT, per poter così valutare se il dato epidemiologico territoriale evidenzi profili di rischio elevato per la popolazione e rispondere alle preoccupazioni della comunità.

Alla luce del basso valore predittivo positivo dell’archivio Asl è stato necessario, soprattutto nella fase di aggiornamento, che tutti i casi identificati – in particolare quelli per i quali era disponibili una sola fonte informativa – fossero confermati da revisione di altri flussi e/o dal confronto con MMG e specialisti ematologi.

I MMG e gli specialisti hanno apportato un contributo specifico e diversificato:

- i dati messi a disposizione dall’ambulatorio oncoematologico della Asl hanno consentito in particolare di confermare la diagnosi per un notevole pool di pazienti e di identificarne una quota ad esclusiva gestione ambulatoriale, non intercettabile da altri flussi (non risultavano esenti per patologia né in trattamento farmacologico); questo contributo ha consentito un arricchimento del dataset che ha inciso in modo significativo sul totale dei casi individuati (9% del totale dei casi in 13 anni che sale al 29,5% sul totale dei casi di più recente diagnosi - ultimi 3 anni).

- i MMG hanno permesso la conferma di casi seguiti ambulatorialmente al di fuori della Asl, in particolare nelle tre AOU limitrofe.

Ipotizzare dunque una collaborazione strutturata con tutti gli attori del processo di presa

in carico e cura dei pazienti, oltreché del personale aziendale che si occupa di analisi dei

flussi correnti, potrebbe essere in un territorio un elemento aggiuntivo per aumentare la

tempestività della risposta alla cittadinanza, qualora non vi fossero dati disponibili del RT

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locale. In questa direzione è andata la formalizzazione del gruppo di lavoro interistituzionale, che anche a livello aziendale ha coinvolto diverse professionalità.

Nella pianificazione del lavoro la comunicazione dei risultati e la trasparenza delle attività svolte sono state obiettivi prioritari: l’attività di reporting periodico e il confronto diretto con la cittadinanza (nonché la presenza di due Sindaci del territorio nel gruppo di lavoro) hanno positivamente influito sulla percezione di presa in carico del problema da parte delle istituzioni, anche se non sono mancati alcuni spunti polemici riferibili, comprensibilmente, ad un desiderio di maggiore tempestività legato alla forte preoccupazione della comunità.

L’investigazione sui cluster è ritenuta molto rilevante in sanità pubblica a prescindere dalla possibilità di individuare con precisione una eventuale causa ambientale. Questo perché tale attività consente di:

- effettuare azioni di educazione sanitaria e promozione della salute con riferimento al tema specifico delle relazioni tra neoplasie ed esposizioni ambientali;

- sensibilizzare i portatori di interesse su temi di tutela ambientale;

- valorizzare azioni di prevenzione primaria, come la rimozione di pericoli ambientali, senza dover attendere il completamento dello studio epidemiologico anche in situazioni (contaminazioni, inquinamenti etc.) che non hanno un legame specifico con le patologie studiate, se si stima che possano avere positive ricadute sulla salute pubblica;

- sottolineare l’importanza dell’adesione agli screening oncologici.

Un’ulteriore, preziosa implicazione di questo tipo di attività è rappresentata dal rinforzo della relazione tra i professionisti di Salute Pubblica e la cittadinanza, in un processo di costruzione e rinforzo continuo di fiducia nelle istituzioni e di trasparenza nella comunicazione.

In conclusione, l’esperienza descritta ha rappresentato un virtuoso modello di

collaborazione tra istituzioni e professionalità che ha portato alla presa in carico

compartecipata della segnalazione e della preoccupazione espressa dalla popolazione,

con la quale è stata mantenuta una comunicazione efficace e proattiva.

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