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Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia

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Academic year: 2021

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(1)

A. Maran

Dipartimento di Medicina, Malattie del Metabolismo, Univerisità di Padova, Padova

Corrispondenza: prof. Alberto Maran, Malattie del Metabolismo, Dipartimento di Medicina, via Giustiniani 2, 35128 Padova

e-mail: alberto.maran@unipd.it G It Diabetol Metab 2015;35:178-187 Pervenuto in Redazione il 06-07-2015 Accettato per la pubblicazione il 27-07-2015

Parole chiave: ipoglicemia, controregolazione glicemica, iperinsulinemia, insulinoma, diagnosi

Key words: hypoglycemia, glucose counter-regulation, hyperinsulinemia, insulinoma, diagnosis

Rassegna

Inquadramento e diagnosi differenziale dell’ipoglicemia

RIASSUNTO

L’ipoglicemia (glicemia plasmatica < 55 mg/dl) è un problema cli- nico raro nei soggetti non diabetici. La diagnosi si ottiene con un’appropriata misurazione della glicemia durante un evento ipo- glicemico spontaneo. In soggetti apparentemente sani, il riscon- tro della cosiddetta triade di Whipple (sintomi e/o segni clinici caratteristici dell’ipoglicemia, una ridotta concentrazione pla- smatica di glucosio e una risoluzione dei sintomi o dei segni cli- nici dopo il ripristino della normoglicemia) richiede una successiva valutazione per l’identificazione delle più comuni cause di ipogli- cemia.

Quando invece non è possibile documentare un episodio spon- taneo di ipoglicemia, la strategia diagnostica è quella di replicare l’evento ipoglicemico mediante test di provocazione. Il test del digiuno prolungato, che dura fino a 72 ore, rappresenta la pro- cedura più affidabile per gli episodi di ipoglicemie che si verifi- cano in condizioni di digiuno. Nei pazienti con ipoglicemia postprandiale, invece, il test del pasto misto rappresenta la pro- cedura diagnostica più appropriata.

SUMMARY

Identification and differential diagnosis of hypoglycemia

Hypoglycemia (plasma glucose < 55 mg/dl) is a rare clinical pro-

blem in non-diabetic patients. The diagnosis can be established

by appropriate blood tests when the hypoglycemia occurs spon-

taneously. In an apparently healthy patient, documentation of

Whipple’s triad (symptoms, signs, or both consistent with hypo-

glycemia, low plasma glucose, and resolution of those symptoms

or signs once the plasma glucose concentration is raised), re-

quires subsequent laboratory tests to determine the most com-

mon causes. When spontaneous hypoglycemia cannot be

observed, the diagnostic strategy is to replicate the conditions in

which it would be expected if a hypoglycemic disorder existed. A

prolonged supervised fast, which can last 72 hours, is usually the

most reliable test for evaluating hypoglycemia occurring in the

food-deprived state. For patients with postprandial hypoglyce-

mia, however, a mixed meal test is the preferred provocative pro-

cedure.

(2)

Introduzione

L’ipoglicemia può essere definita come una condizione me- tabolica caratterizzata da una ridotta concentrazione pla- smatica di glucosio in grado di causare sintomi o segni clinici che comprendono un’alterazione delle funzioni cognitive. In realtà spesso le manifestazioni cliniche dell’ipoglicemia sono aspecifiche e non è pertanto possibile definire con assoluta precisione un valore glicemico soglia per la diagnosi. Le rac- comandazioni cliniche suggeriscono per un soggetto adulto una concentrazione plasmatica di glucosio < 55 mg/dl

(1)

. Clinicamente l’ipoglicemia viene confermata sulla base della cosiddetta triade di Whipple

(2)

: sintomi e/o segni clinici ca- ratteristici dell’ipoglicemia, una ridotta concentrazione pla- smatica di glucosio e una risoluzione dei sintomi o dei segni clinici dopo il ripristino della normoglicemia. È pertanto ne- cessario che prima di proseguire nell’iter diagnostico in pre- senza di una sospetta ipoglicemia vengano soddisfatti i tre criteri principali della triade di Whipple per non sottoporre il paziente a una serie di accertamenti costosi e potenzial- mente rischiosi.

Fisiopatologia

Il glucosio è un substrato energetico essenziale per il meta- bolismo cerebrale poiché il cervello non è in grado di sintetiz- zare il glucosio né di immagazzinarlo

(3,4)

. Nel soggetto normale la glicemia pertanto è mantenuta in un ambito ristretto con valori compresi tra 70 e 110 mg/dl, nonostante periodi di di- giuno, attraverso l’attivazione di meccanismi fisiologici coin- volti nella produzione del glucosio e nella sua utilizzazione periferica. Il glucosio circolante deriva da 3 principali sorgenti:

1) assorbimento intestinale in seguito all’assorbimento di car- boidrati con la dieta; 2) glicogenolisi; 3) neoglucogenesi da precursori quali il lattato, gli aminoacidi (in particolare alanina e glutammina) e in maniera minore il glicerolo.

In condizioni di digiuno la produzione epatica di glucosio è in equilibrio con l’utilizzazione periferica dei vari tessuti e corrisponde, in un soggetto normale, a un valore pari a 2,2 mg/kg/min. In particolare, la glicogenolisi è in grado di provvedere un costante apporto di glucosio per un periodo di circa 8 ore, mentre successivamente risulta indispensabile la neoglucogenesi. In seguito all’assunzione di un pasto l’as- sorbimento intestinale di glucosio produce un aumento delle concentrazioni plasmatiche di glucosio e stimola la produzione pancreatica d’insulina con soppressione della secrezione pan- creatica di glucagone. Questo meccanismo determina un’ini- bizione della produzione epatica di glucosio e un aumento della sua utilizzazione periferica, in particolare da parte di fe- gato, muscolo e tessuto adiposo. In seguito la glicemia ritorna gradatamente a valori normali paragonabili a quelli che si riscontrano in condizioni di digiuno quando la produzione epa- tica di glucosio è sovrapponibile alla sua utilizzazione perife- rica.

Quando Ia glicemia diminuisce, avvengono nell’organismo una serie coordinata di eventi tesi a riportare e a mantenere

Ia glicemia entro i limiti fisiologici; l’inibizione della secrezione insulinica e l’attivazione degli ormoni controregolatori (gluca- gone, adrenalina, noradrenalina, GH e cortisolo)

(3)

. Il gluca- gone rappresenta il principale ormone controinsulare ed è essenziale per il ripristino di una condizione di normoglicemia.

L’inibizione della secrezione d’insulina dalla beta-cellula av- viene per valori di glicemia plasmatica inferiori ai 70 mg/dl; in seguito vengono secreti il glucagone e le catecolamine con conseguente attivazione della glicogenolisi e riduzione del- l’utilizzazione periferica del glucosio a valori di glicemia di circa 68-66 mg/dl. Il GH e il cortisolo vengono attivati a concen- trazioni di glicemia inferiori stimolando la lipolisi, la neogluco- genesi e la chetogenesi

(5)

. Questa complessa e ridondante risposta controregolatoria assicura che nel soggetto normale la glicemia rimanga costante e l’ipoglicemia si manifesti solo in condizioni di digiuno prolungato o attività fisica intensa

(6)

. L’ipoglicemia si associa alla comparsa di sintomi che sono suddivisi in sintomi neurogenici (adrenergici) o autonomici (legati principalmente all’attivazione del sistema nervoso au- tonomo) e sintomi neuroglicopenici (Tab. 1). I sintomi neuro- genici come per esempio le palpitazioni, i tremori e l’ansia sono legati all’attivazione adrenergica, mentre la sudorazione, la fame e le parestesie sono legati alla risposta colinergica al- l’ipoglicemia

(7,8)

. I sintomi neuroglicopenici quali la difficoltà di concentrazione, la confusione, la cefalea, l’astenia o debo- lezza, l’irritabilità, un’alterazione dello stato di coscienza fino al coma sono conseguenti alla deprivazione del glucosio a li- vello del sistema nervoso centrale. Segni clinici quali pallore e diaforesi sono spesso presenti in corso di un’ipoglicemia e associati ad altre alterazioni cliniche legate alla neuroglicope- nia. In soggetti non diabetici, durante un’ipoglicemia indotta sperimentalmente, i sintomi autonomici vengono avvertiti a una soglia plasmatica della glicemia pari a 60 mg/dl

(3)

, men- tre un’alterazione delle funzioni cerebrali associata a sintomi neuroglicopenici si evidenzia a glicemie pari a 54 mg/dl. Tut- tavia, in pazienti con episodi ricorrenti di ipoglicemia, le soglie glicemiche per la comparsa dei sintomi dell’ipoglicemia ven- gono attivate per valori di glicemia inferiori

(9-11)

. Va inoltre ri- cordato che grazie alla disponibilità di substrati alternativi al glucosio quali i chetoni e in particolare il lattato, durante un digiuno prolungato, nella donna e nel bambino si possono ri- scontrare valori glicemici inferiori alla norma in assenza di sin- tomi o segni clinici

(3)

.

Tabella 1 Sintomi dell’ipoglicemia.

Autonomici Neuroglicopenici

Adrenergici Difficoltà di concentrazione

Tachicardia Confusione

Tremori Diplopia

Pallore Visione offuscata

Agitazione Convulsioni

Colinergici Cefalea

Sudorazione Coma

Fame

Parestesie

(3)

Classificazione dell’ipoglicemia

Nel corso degli anni sono state proposte diverse classifica- zioni eziologiche dell’ipoglicemia. Una classificazione distin- gue le ipoglicemie da causa esogena (somministrazione d’insulina, sulfoniluree e altri farmaci) da quelle a causa en- dogena (da ipersecrezione di insulina o altre sostanze ad azione ipoglicemizzante) e infine dalle forme cosiddette fun- zionali. La tradizionale classificazione prevede di distingure le ipoglicemie nelle forme che si manifestano in condizioni di di- giuno da quelle che compaiono nella fase postprandiale

(12)

. Tuttavia, nei pazienti con insulinoma che tipicamente presen- tano episodi di ipoglicemia a digiuno possono essere presenti episodi di ipoglicemia anche nel periodo postprandiale, men- tre nei pazienti sottoposti a by-pass gastrico, che manifestano ipoglicemie nel periodo postprandiale, possono essere ri- scontrate anche ipoglicemie a digiuno. Inoltre alcune condi- zioni cliniche come l’ipoglicemia factitia sono difficilmente classificabili come ipoglicemie a digiuno o forme postprandiali.

È stata pertanto proposta una più recente classificazione che distingue l’ipoglicemia che si manifesta in un soggetto appa- rentemente sano rispetto a quella che insorge in un paziente affetto da patologia cronica o in trattamento farmacologico potenzialmente rilevante (Tab. 2).

Approccio clinico al paziente con ipoglicemia

Come suggerito dalle raccomandazioni cliniche

(1)

la diagnosi di ipoglicemia viene posta quando le 3 condizioni della triade di Whipple sono rispettate. Per tale motivo è importante esclu- dere una pseudoipoglicemia legata per esempio a un’errata raccolta del campione di sangue venoso in provette non con- tenenti l’inibitore della glicolisi. L’anamnesi e la raccolta det- tagliata delle informazioni relative all’evento ipoglicemico sono essenziali per interpretare l’ipoglicemia e definirne l’eziologia.

L’esame obiettivo consente di valutare il grado di alterazione cognitiva del soggetto e la presenza di sudorazione fredda con cute pallida e vasocostretta che si associa all’ipoglicemia a differenza degli stati di chetosi in cui la sudorazione è asso- ciata a vasodilatazione. È importante inoltre stabilire con ac- curatezza le caratteristiche d’insorgenza dei sintomi associati all’evento ipoglicemico e la loro risoluzione dopo l’assunzione di un pasto o di carboidrati. Inoltre, poiché i sintomi dell’ipo- glicemia possono essere aspecifici, è essenziale che in qual- siasi soggetto sintomatico sia misurata e documentata la glicemia plasmatica durante un episodio di sospetta ipogli- cemia. La relazione tra un evento ipoglicemico e la recente assunzione di un pasto è infatti di notevole importanza.

Un’ipoglicemia che insorga 2 o 3 ore in seguito all’assunzione di un pasto è suggestiva di una condizione di iperinsulinismo o di una malattia come la glicogenosi. Un episodio ipoglice- mico che si manifesta invece dopo un digiuno prolungato (12-14 ore) suggerisce un alterato meccanismo legato alla neoglucogenesi. Un’ipoglicemia postprandiale può essere in- dicativa di una galattosemia, un’intolleranza ereditaria al frut- tosio, un insulinoma, una dumping syndrome, una sindrome autoimmune all’insulina.

In seguito alla raccolta delle informazioni anamnestiche si sug- gerisce di proseguire nell’accertamento diagnostico solo nei soggetti in cui è stata confermata la triade di Whipple

(1)

.

Cause di ipoglicemia

L’ipoglicemia si manifesta più frequentemente in età infantile rispetto a quella adulta e può essere secondaria a molteplici cause, in particolare a difetti genetici, come elencato in ta- bella 3.

In individui apparentemente sani la diagnosi si riduce sostan- zialmente a due condizioni: ipoglicemia accidentale, volonta- ria o factitia e ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo endogeno

(13,14)

. L’ipoglicemia secondaria a somministrazione volontaria d’insulina o farmaci secretagoghi è maggiormente frequente in soggetti che hanno accesso con facilità a farmaci ipoglicemizzanti o insulina come il personale sanitario o fami- liari di pazienti diabetici in terapia

(15-17)

. Nell’adulto le principali cause di ipoglicemia sono in assoluto rappresentate da far- maci e in particolare l’insulina e i farmaci secretagoghi com- prese le glinidi

(3,18)

. Anche l’alcol rappresenta una causa esogena di ipoglicemia per un effetto diretto sull’inibizione della neoglucogenesi

(19)

. Un evento ipoglicemico si può mani- Tabella 2 Classificazione delle ipoglicemie

(1)

.

Cause di ipoglicemia in pazienti con malattie concomitanti

Farmaci

– Insulina o farmaci secretagoghi – Alcol

– Altri farmaci (vedi tabella 4) Malattie croniche

– Insufficienza epatica, renale, cardiaca – Sepsi (compresa la malaria)

– Inanizione Deficit ormonali – Cortisolo

– Glucagone e adrenalina (nel diabete di tipo 1) Tumori non insulari

Cause di ipoglicemia in soggetti in apparente benessere

Iperinsulinismo endogeno – Insulinoma

– Non-insulinoma pancreatogenous hypoglycemia syndrome (NIPHS-nesidioblastosi)

– Ipoglicemia dopo by-pass gastrico – Ipoglicemia autoimmune

– Farmaci secretagoghi – Altre

Ipoglicemia accidentale, factitia

(4)

festare inoltre in corso di sepsi o patologie croniche come l’in- sufficienza renale o l’insufficienza surrenalica

(20)

. L’ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo endogeno o tumori non insulino- secernenti risulta d’altro canto piuttosto rara. L’ipoglicemia infine può essere conseguente alla presenza di anticorpi anti- insulina

(21)

.

Farmaci

Sono stati descritti numerosi farmaci responsabili di ipogli- cemie con diversi gradi di evidenza (Tab. 4)

(22)

. I farmaci più frequentemente associati sono l’insulina, i farmaci secreta- goghi e l’alcol

(12,13,20)

. Nel paziente ospedalizzato il tratta- Tabella 3 Diagnosi differenziale dell’ipoglicemia.

Ipoglicemia iperinsulinemica (compresa la postprandiale)

– Transitoria: neonato di madre diabetica, asfissia neonatale, malattia di Rhesus, ritardo di crescita intraute- rino, sindrome di Beckwith-Wiedemann

– Congenita: ABCC8, KCNJ11, GCK, GDH, HADH, HNF4A, SLC16A1 – Dumping syndrome

– Mutazione del recettore per l’insulina, anticorpi anti-insulina – Insulinoma

– Non-insulinoma pancreatogenous hypoglycemia (NIPHS) – By-pass gastrico

– Tumori non insulari o IGF-2-oma – Ipoglicemia autoimmune

– Ipoglicemia factitia Deficit ormonali – ACTH, cortisolo, GH

Difetti della sintesi di glicogeno

– Glicogenosi, deficit di glucosio-6-fosfatasi, deficit di amilo-1,6-glucosidasi, deficit di fosforilasi epatica, gli- cogenosi tipo 0

Difetti della neoglucogenesi

– Deficit di fruttosio-1,6-bifosfatasi, fosfoenolpiruvato carbossilasi, piruvato carbossilasi Metabolismo della carnitina

– Deficit di carnitina (primitivo e secondario), deficit di carnitin-palmitoil-transferasi (CPT 1 e 2) – Deficit dei trasportatori della carnitina

Ossidazione degli acidi grassi

– Deficit di medium-chain acyl-CoA dehydrogenase (MCAD) – Deficit di very long-chain acyl-CoA dehydrogenase (VLCAD) – Deficit di short-chain acyl-CoA dehydrogenase (SCAD)

– Deficit di long/short-chain L-3-hydroxyacyl-CoA dehydrogenase (L/SCHAD) Difetti nella sintesi e utilizzazione dei chetoni

– Deficit di HMG-CoA sintasi, deficit di HMG-CoA liasi, deficit di succinil-CoA: 3-oxoacid-CoA transferasi (SCOT) Alterazioni metaboliche (più comuni)

– Acidemie organiche (acido propionico, metilmalonico) – Malattia a sciroppo d’acero

– Galattosemia – Fruttosemia

– Tirosinemia ereditaria – Intolleranza al fruttosio

– Deficit del complesso della catena respiratoria mitocondriale – Disturbi congeniti della glicosilazione (CGD)

Da farmaci

– Sulfoniluree, glinidi, insulina, beta-bloccanti, salicilati, alcol, chinino, aloperidolo, pentamidina, levofloxacina, disopiramide, indometacina, cibenzolina, gatifloxacina

Altre cause

– Ipoglicemia idiopatica chetotica, infezioni (sepsi, malaria), malattie cardiache congenite

(5)

mento farmacologico in corso di patologie croniche quali l’in- sufficienza renale rappresenta la principale causa di ipogli- cemia

(23)

. Risulta inoltre frequente l’incidenza di ipoglicemie nel paziente ospedalizzato quando l’insulina o farmaci se- cretogoghi vengono somministrati in pazienti in cui si so- spende la nutrizione parenterale o quando aumenta la sensibilità insulinica (come in occasione dell’interruzione della terapia steroidea)

(24)

.

Insulinoma

L’insulinoma rappresenta la principale causa di iperinsulini- smo endogeno nell’adulto. Si manifesta clinicamente con maggiore frequenza tra la 5

a

e 6

a

decade di vita. Istologica- mente si presenta come un tumore benigno nel 90% dei casi, come nodulo pancreatico solitario, di dimensioni < 2 cm.

Clinicamente l’insulinoma si manifesta con una sintomatolo- gia caratteristica che si manifesta prevalentemente a digiuno o in seguito a esercizio fisico

(25)

. La diagnosi si basa sul riscontro di elevati valori di insulina, c-peptide e proinsulina in condizioni di documentata ipoglicemia a digiuno. Nel 6%

dei casi l’insulinoma si osserva in pazienti affetti da MEN 1 (multiple endocrine neoplasia type 1)

(26)

.

Ipoglicemia iperinsulinemica postprandiale

L’ipoglicemia iperinsulinemica postprandiale è conseguente a un’inappropriata secrezione insulinica che si manifesta nelle ore successive all’assunzione di un pasto. Nel sospetto cli- nico di un’ipoglicemia postprandiale le indagini diagnostiche prevedono l’esecuzione di una curva da carico di glucosio o l’assunzione di un pasto misto come test provocativi. Un calo fisiologico della glicemia come si osserva generalmente in corso di ipoglicemia prolungata può spesso comportare una diagnosi errata. Tuttavia una corrispondenza biochimica tra un iperinsulinismo endogeno e la presenza di sintomi neuro- glicopenici durante un episodio di ipoglicemia consente di di- stinguere tra le forme patologiche di ipoglicemia secondarie a iperinsulinismo postprandiale e le forme di ipoglicemia reattiva.

Per esempio, un criterio diagnostico per la dumping syn- drome durante l’esecuzione di una curva da carico di gluco- sio è rappresentato da una riduzione superiore a 108 mg/dl tra il picco glicemico e il nadir durante l’esecuzione della curva

(27)

.

Ipoglicemia autoimmune

L’ipoglicemia autoimmune, anche conosciuta come sindrome di Hirata, è una rara condizione clinica caratterizzata dallo svi- luppo di un elevato titolo di anticorpi anti-insulina in assenza di anormalità della beta-cellula o previa esposizione all’insulina esogena. Risulta estremamente rara nella popolazione cau- casica mentre sono stati riportati diversi casi nella popola- zione giapponese e coreana

(28)

. I pazienti affetti dalla sindrome presentano una storia clinica di patologie autoimmuni o espo- sizione a farmaci contenenti gruppi sulfidrilici. La sintomato- logia si manifesta nel periodo postprandiale tardivo quando l’insulina prodotta dopo un pasto e legata agli anticorpi si dis- socia in maniera inappropriata con conseguente ipoglicemia.

Le concentrazioni d’insulina circolanti sono in genere estre- mamente elevate (> 100 mU/l)

(29)

.

La sindrome ipoglicemica di origine pancreatica non secondaria a insulinoma

La sindrome ipoglicemica di origine pancreatica non secon- daria a insulinoma (non-insulinoma pancreatogenous hypo- glycemia syndrome, NIPHS) clinicamente è caratterizzata da episodi di neuroglicopenia postprandiali secondari a iperin- sulinismo

(30,31)

. Istologicamente è caratterizzata da un diffuso interessamento delle cellule beta con nesidioblastosi (iper- trofia della beta-cellula, iperplasia dei nuclei della beta-cel- lula che risultano ipercromici e allargati)

(32)

. Il test del digiuno prolungato è spesso negativo così come le procedure dia- gnostiche radiologiche per l’identificazione di un insulinoma.

La base genetica sottostante la NIPHS risulta ancora sco- nosciuta

(33)

.

Tabella 4 Farmaci (a esclusione dei farmaci ipogli- cemizzanti orali e alcol) in grado di provocare ipogli- cemie

(1)

.

Prova di evidenza moderata – Cibenzolina

– Gatifloxacina – Pentamidina – Chinino – Indometacina

– Glucagone (durante endoscopia) Prova di evidenza bassa

– Sulfonamidi

– Artesunato/artemisina – IGF-I

– Litio

– Propossifene/destropropossifene Prova di evidenza molto bassa – Ace-inibitori

– Antagonisti del recettore dell’angiotensina – Beta-bloccanti

– Levofloxacina – Mifepristone – Disopiramide

– Trimetoprim-sulfametossazolo – Eparina

– 6-mercaptopurina

(6)

Ipoglicemia postprandiale dopo by-pass gastrico

La chirurgia bariatrica nel paziente con grave obesità può associarsi alla comparsa di episodi ipoglicemici postpran- diali che sembrano legati a un’aumentata secrezione d’in- sulina come conseguenza dell’aumento del GIP e in particolare del GLP1

(34)

. Già dopo 2 giorni dall’intervento di by-pass gastrico sono stati infatti rilevati livelli di GLP1 da 2 a 5 volte superiori alla norma. Al contrario, i livelli di GLP1 tendono a ridursi significativamente dopo calo ponderale e una normalizzazione della sensibilità insulinica

(35)

. Nei cam- pioni di pancreas dei pazienti sottoposti a intervento di by- pass gastrico è stata inoltre documentata un’aumentata espressione dei recettori alfa dell’IGF2 e IGF1 (IGF1Ralfa) ri- spetto ai soggetti normali suggerendo pertanto un ruolo dei fattori di crescita nell’iperfunzione delle beta-cellule che si osserva in questi pazienti

(36)

.

Ipoglicemia factitia

L’ipoglicemia può essere causata intenzionalmente, come per esempio durante l’esecuzione di un test clinico come l’insu- lin tolerance test, accidentalmente, oppure volontariamente come conseguenza di un atto autolesionistico con l’utilizzo di insulina o farmaci che stimolano la secrezione insulinica come le sulfoniluree

(15)

. Un’ipoglicemia factitia dovrebbe essere sem- pre sospettata nel caso in cui l’ipoglicemia si manifesti im- provvisamente in un soggetto precedentemente sano. In caso di somministrazione volontaria d’insulina il criterio diagnostico risolutivo è legato alla discrepanza tra il riscontro di elevate concentrazioni plasmatiche d’insulina e valori di c-peptide nella norma

(13)

.

Ipoglicemia secondaria a tumori non pancreatici

Neoplasie di origine mesenchimale o epiteliale mediante la produzione di IGF-2 o peptidi simili non maturi, possono pro- vocare episodi ipoglicemici simili a quelli legati alla presenza di un insulinoma

(37,38)

.

Ipoglicemia secondaria a deficit ormonali

I deficit di glucagone, catecolamine, GH e cortisolo possono essere responsabili di episodi di ipoglicemia. Nei pazienti con ipopituitarismo e morbo di Addison il deficit di GH e cortisolo si associa a una ridotta disponibilità di substrati per la neo- glucogenesi (ridotta mobilizzazione di lipidi e proteine) e a un aumento dell’utilizzazione periferica del glucosio (secondaria all’aumentata sensibilità insulinica conseguente all’assenza dei due ormoni).

Ipoglicemia dovuta a difetti congeniti del metabolismo

La glicogenosi di tipo 1 (malattia di Von Gierke) rappresenta la causa più frequente tra le varie glicogenosi di ipoglicemia ed è legata al deficit dell’enzima glucosio 6-fosfatasi

(39)

. I pazienti affetti da tale patologia presentano episodi ricorrenti di ipogli- cemia associata ad acidosi lattica, iperuricemia e iperlipide- mia.

I pazienti con difetti congeniti negli enzimi coinvolti nella neoglucogenesi (piruvato carbossilasi, fosfoenolpiruvato car- bossilasi, fruttosio 1,6-difosfatasi e glucosio 6-fosfatasi) ma- nifestano un quadro clinico caratterizzato da ipoglicemia e acidosi lattica. Nel deficit di piruvato carbossilasi il quadro si presenta più variegato e comprende, oltre all’acidosi lattica, anche un ritardo mentale e un’acidosi tubulare renale prossi- male. Infine, il deficit primitivo di carnitina è un disordine au- tosomico recessivo dell’ossidazione degli acidi grassi che può manifestarsi in diverse fasi dell’età evolutiva che si associa a episodi di ipoglicemia non chetosica, cardiomiopatia e mio- patia muscolare

(40)

.

Ipoglicemia dovuta a malattie metaboliche ereditarie

Le ipoglicemie in età infantile possono essere causate da al- terazioni ereditarie quali la galattosemia, la fruttosemia, la ti- rosinemia, le acidemie organiche, la malattia a sciroppo d’acero e i difetti della catena respiratoria mitocondriale. L’in- tolleranza ereditaria al fruttosio, conseguente a un deficit del- l’enzima aldolasi B (fruttosio 1,6-fosfato aldolasi), è una condizione ereditaria recessiva nella quale i soggetti omozigoti sviluppano ipoglicemia e importanti disturbi addominali dopo l’assunzione di cibi contenenti fruttosio

(40,41)

.

Diagnosi differenziale in corso di ipoglicemia

L’approccio nella diagnosi differenziale degli eventi ipogli-

cemici è rappresentato da un’accurata anamnesi che com-

prende una descrizione dettagliata degli eventi (con partico-

lare attenzione al momento della comparsa dei sintomi e alla

loro risoluzione), il rapporto con l’assunzione dei pasti, la pre-

senza di patologie concomitanti, la terapia farmacologica as-

sunta dal paziente e dai suoi familiari. In un paziente con

ipoglicemia documentata e patologia cronica associata la dia-

gnosi risulta verosimile in base alla storia clinica e all’esame

obiettivo. Nei soggetti invece apparentemente sani la causa

dell’ipoglicemia non è così evidente per cui risultano necessari

ulteriori approfondimenti clinici. Le raccomandazioni cliniche

suggeriscono che durante un episodio di ipoglicemia

dovrebbe essere sempre misurata la glicemia e contempora-

neamente l’insulina, il c-peptide, la proinsulina, il beta-idrossi-

(7)

butirrato ed eseguito uno screening tossicologico per gli ipo- glicemizzanti orali

(1,12)

. In un paziente che presenta un’anam- nesi positiva per ipoglicemia in cui non sia stato possibile documentare la triade di Whipple, si suggerisce inoltre di ri- produrre le condizioni responsabili dell’evento ipoglicemico

(1,13)

attraverso i test provocativi.

Test del digiuno

Il test del digiuno prolungato (72 ore) è raccomandato nel so- spetto di un’ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo endo- geno come nel sospetto di un insulinoma (Tab. 5). In un paziente nel quale è stata dimostrata la triade di Whipple il test del digiuno dovrebbe essere interrotto se la glicemia pla- smatica scende sotto i 55 mg/dl. La maggior parte dei pa- zienti con insulinoma presenta un episodio di ipoglicemia durante le prime 48 ore del test del digiuno

(42)

. L’interpreta- zione del test si basa sulla raccolta seriata di campioni di gli- cemia, insulina, c-peptide e proinsulina (ogni 4-6 ore). In presenza di un’ipoglicemia associata a iperinsulinismo orga- nico le concentrazioni plasmatiche di insulina risultano pari 3 µU/ml o superiore, il c-peptide di 200 pmol/l e la proinsu-

lina di 5 pmol/l o superiore

(43)

. Non è più raccomandato l’uti- lizzo dell’indice di Turner che misura il rapporto tra le con- centrazioni di insulina e la glicemia poiché si è dimostrato poco affidabile

(44)

. Nei pazienti con insulinomi le concentra- zioni plasmatiche d’insulina raramente superano i 100 µU/ml, mentre valori > 1000 µU/ml sono suggestive di somministra- zione volontaria d’insulina o della presenza di anticorpi anti-in- sulina. La determinazione del β-idrossibutirrato può essere utilizzata come marker surrogato dell’azione insulinica al ter- mine delle 72 ore del digiuno. Nel caso di un insulinoma le concentrazioni plasmatiche di β-idrossibutirrato risultano ridotte e tipicamente < 2,7 mmol/l come conseguenza dell’azione soppressiva dell’insulina sulla chetogenesi

(45)

. Al contrario, nei soggetti non affetti da tale patologia, il β-idrossibutirrato durante il test del digiuno aumenta pro- gressivamente

(46)

. Un altro marker dell’azione insulinica è rappresentato dall’aumento della glicemia in seguito a som- ministrazione ev o im di 1 mg di glucagone eseguito alla fine del test del digiuno. Nei pazienti con ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo (come nel caso dell’insulinoma) si rileva un aumento delle concentrazioni della glicemia di almeno 25 mg/dl rispetto alla glicemia finale del test conseguente a un’aumentata glicogenolisi. Infine, durante il test del digiuno sarebbe auspicabile raccogliere campioni plasmatici per la determinazione di sulfoniluree e metiglinidi che, stimolando la beta-cellula, producono un aumento delle concentrazioni di insulina e c-peptide simile a quelle riscontrate nei casi di in- sulinoma

(47)

.

Test del pasto misto

Il test del pasto misto è raccomandato nei soggetti che evi- denziano la comparsa di sintomi neuroglicopenici fino a 5 ore dopo l’assunzione di un pasto. Un test è considerato positivo quando la comparsa di una sintomatologia neuroglicopenica si associa al riscontro di una concentrazione plasmatica di glucosio < 50 mg/dl. Nell’ipoglicemia secondaria a iperinsuli- nismo i livelli plasmatici di insulina e c-peptide possono risul- tare inappropriatamente elevati. Sintomi neuroglicopenici si possono manifestare dopo un pasto misto anche in pazienti affetti da insulinoma, in pazienti con NIPHS e pazienti sotto- posti a chirurgia bariatrica. La combinazione di un test al pasto misto positivo e un test del digiuno negativo sono stati infatti riportati in pazienti affetti da insulinoma o NIPHS.

La curva da carico di glucosio prolungata alla 5

a

ora non dovrebbe essere utilizzata come un test diagnostico per l’ipo- glicemia in quanto una buona percentuale di soggetti sani può presentare durante il test valori di glicemia plasmatica

< 50 mg/dl

(48)

.

Monitoraggio glicemico in continuo della glicemia

Anche il monitoraggio in continuo della glicemia nel corso degli ultimi anni ha rivelato la sua utilità nell’identificare gli epi- sodi di ipoglicemia asintomatica notturna caratteristici delle condizioni di iperinsulinismo organico (come nell’insulinoma) o nelle patologie genetiche come la glicogenosi

(49,50)

. Tabella 5 Test al digiuno: procedura.

1. Considerare come inizio del digiuno il momento in cui è avvenuto l’ultimo pasto assunto dal pa- ziente

2. Sospendere temporaneamente tutti i farmaci non strettamente necessari

3. Consentire al paziente di assumere liquidi o be- vande prive di calorie (tè e caffè compresi) 4. Programmare dosaggio di glicemia, insulina,

c-peptide e proinsulina ogni 6 ore. Quando il va- lore della glicemia plasmatica scende al di sotto di 60 mg/dl intensificare i controlli a ogni 2 ore 5. Interrompere il test quando la glicemia plasma-

tica è inferiore a 45 mg/dl e il paziente è sinto- matico. Nei pazienti con documentata triade di Whipple all’anamnesi, il test può essere interrotto per valori di glicemia plasmatica < 55 mg/dl anche in assenza di sintomi o segni clinici 6. Al termine del test del digiuno raccogliere un

campione per la determinazione della glice- mia plasmatica, insulina, c-peptide, proinsulina, β-idrossibutirrato e per dosaggio di eventuali far- maci secretagoghi

7. Somministrare 1,0 mg di glucagone per via ev e misurare la glicemia plasmatica al tempo 10, 20 e 30 minuti successivi

8. Rialimentare il paziente

In considerazione dei tempi necessari per la determinazione di labo-

ratorio della glicemia è opportuno utilizzare un glucometro, ben ta-

rato, per un controllo preliminare della glicemia al letto del paziente.

(8)

Indagini radiologiche

La TAC e la RMN sono le procedure diagnostiche non invasive più comunemente utilizzate dopo la conferma diagnostica di un insulinoma al fine di localizzare la sede del tumore. Tuttavia tecniche più invasive come l’ecografia endoscopica e il sam- pling venoso dopo stimolazione arteriosa risultano più accurate nella localizzazione preoperatoria dell’insulinoma e superiori alle comuni tecniche di localizzazione non invasiva

(45)

. L’eco- grafia addominale ha una modesta sensibilità nell’identificare gli insulinomi ed è in media compresa tra il 9 e il 64%. La sen- sibilità della TAC varia tra il 33 e il 64% mentre la RMN rag- giunge mediamente valori compresi tra il 40 e il 90%

(51)

. La sensibilità e specificità della RMN risulta superiore a quella della TAC nella diagnosi di insulinomi pancreatici o localizza- zioni extrapancreatiche.

L’ecografia endoscopica è una tecnica che consente la loca- lizzazione degli insulinomi con un’accuratezza compresa tra l’86,6 e il 92,3%

(52)

.

Il sampling venoso dopo stimolazione arteriosa ha notevol- mente migliorato la diagnosi delle neoplasie pancreatiche con dimensioni del tumore < 2 cm. Il test richiede l’accesso me- diante cateterismo alla vena epatica destra, arteria splenica, gastroduodenale e mesenterica superiore. Un aumento delle concentrazioni d’insulina in vena epatica destra superiore di 2-3 volte rispetto al basale dopo stimolazione con iniezione di calcio gluconato in una o più arterie consente di individuare la regione pancreatica nella quale si localizza la lesione pancrea- tica sospetta

(53,54)

. L’iniezione di calcio stimola infatti una ra- pida risposta di insulina, c-peptide e proinsulina proporzionale al grado di differenziazione cellulare delle cellule tumorali. Il fatto che in alcuni pazienti con NIPHS il test di stimolazione selettiva arteriosa con calcio risulti positivo sembra confermare la ne- cessità di eseguire tale indagine nei casi di ipoglicemia secon- daria a iperinsulinismo di eziologia sconosciuta.

La PET (18F-DOPA) è una tecnica utilizzata con successo per la localizzazione degli insulinomi e, nei bambini con ipoglicemia da iperinsulinismo congenito, rappresenta il gold standard per la localizzazione delle lesioni prima dell’intervento chirurgico

(55)

.

Test di sensibilità alla leucina

L’assunzione di un pasto proteico o un carico di leucina pos- sono scatenare episodi di grave ipoglicemia in pazienti con iperinsulinismo congenito con mutazione dei geni ABCC8/KCNJ11, GDH e HADH.

Esercizio fisico

In alcuni pazienti l’esercizio fisico è in grado di stimolare un’anomala secrezione insulinica. Il quadro clinico, conosciuto anche come iperinsulinismo indotto da esercizio, è legato al- l’espressione del gene SLC16A1 nelle beta-cellule conse- guente a una mutazione del promotore attivatore. Questo difetto determina un aumento dell’uptake di piruvato e una stimolazione insulinica indotta dal piruvato nonostante la com- parsa di ipoglicemia.

Test genetici

Nei bambini affetti da ipoglicemia secondaria a iperinsulini- smo congenito la causa più frequente è rappresentata da una mutazione nei geni ABCC8/KCNJ11. Anche i pazienti con tu- more insulare delle beta-cellule (insulinoma e non insulinoma) dovrebbero essere testati per la mutazione del gene MEN1.

Trattamento

Il trattamento di un episodio di ipoglicemia è relativo alla causa scatenante e alle condizioni cliniche del paziente. Nel paziente cosciente l’assunzione di 20-30 grammi di carboidrati a ra- pido assorbimento rappresenta il trattamento di prima scelta.

Nel paziente incosciente è necessaria la somministrazione di glucosio per via endovenosa in bolo (in genere 30-60 ml di glucosio al 33%) seguito da infusione continua di glucosata al 10% con monitoraggio della glicemia nelle ore successive.

Può essere utilizzato il glucagone (1 mg per via im o ev) al quale va associato, dopo il riprisitino dello stato di coscienza, un corretto apporto di carboidrati per os (15-20 grammi di carboidrati a rapido assorbimento) con monitoraggio della glicemia ogni 20-30 minuti. Nell’ipoglicemia secondaria a iperinsulinismo il diazossido alla dose di 5-20 mg/kg/die sud- diviso in 3 somministrazioni giornaliere rappresenta il tratta- mento di scelta. Può essere associato a un diuretico per ridurre gli effetti collaterali legati alla ritenzione idrica. In se- conda linea vengono utilizzati l’octreotide al dosaggio di 5- 35 µg/kg/die come infusione o iniezione 3-4 volte al dì. Nei pazienti affetti da insulinoma il trattamento di scelta è ovvia- mente la terapia chirurgica. L’inibitore mTor everolimus si è dimostrato efficace nei pazienti con insulinoma maligno o in coloro che non possono essere sottoposti a intervento chi- rurgico. L’ipoglicemia autoimmune è trattata in genere con steroidi, plasmaferesi, anche se alcuni pazienti presentano una buona risposta al diazossido e all’octreotide.

Conflitto di interessi

Nessuno.

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