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i casi delle Collezioni Buonvisi, Mansi e Conti Uno sguardo mirato: Sezione 2

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Sezione 2

Uno sguardo mirato:

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Cap. 3 - La quadreria di palazzo Buonvisi

Nella città di Lucca la quadreria della famiglia Buonvisi 1 si distingue per la qualità delle opere, tanto da essere celebrata nelle fonti manoscritte, dai diari di viaggiatori ed inventari o elenchi di eruditi, oltre che dalla letteratura guidistica e dalle biografie degli artisti.

Allo stato attuale delle ricerche, questi documenti rimangono le uniche testimonianze attraverso le quali possiamo farci un’idea della collezione, che è andata dispersa durante l’Ottocento (?). Laura Lucarini ha pubblicato uno studio mirato ad approfondire la conoscenza della collezione. Confrontando tra loro alcuni inventari, datati in periodi diversi, ha potuto fare chiarezza su alcune vicende relative alla formazione della raccolta e alle committenze. Tuttavia la mancanza dei libri dei conti della famiglia, ha reso difficile ricostruire puntualmente le fasi di costituzione della raccolta. D’altro canto, la mancanza di notizie sulle dispersioni alle quali la raccolta andò incontro, ad opera degli eredi indiretti, non ha permesso di conoscere la destinazione finale delle opere che soltanto in parte o dubitativamente sono state identificate.2

1 I Buonvisi iniziarono la loro ascesa economica e sociale grazie alla produzione e alla vendita dei

preziosi tessuti in seta che venivano fabbricati dalle manifatture lucchesi. In seguito le loro attività si diversificarono tra banche, traffici commerciali e assicurazioni marittime. Nel XVI secolo queste attività permisero ai Buonvisi di raggiungere l’apice del potere politico ed economico, ed in questo periodo la loro presenza sulle principali piazze finanziarie italiane e europee fu costante. A Lione, dove si stabilirono dal 1575 al 1629, diventarono la famiglia più ricca e celebre della città. Stefano (1556-1646) e Antonio (1560-1614), responsabili del banco lionese, furono anche dei collezionisti e mecenati. La famiglia finanziò Enrico IV di Francia, e successivamente Filippo II di Spagna. Nel Seicento la loro attività di mercatura subì un arresto a causa di un clamoroso fallimento avvenuto nel 1629 dal quale la famiglia si risollevò grazie ad oculati investimenti fondiari. In questo secolo tre Buonvisi salirono al soglio cardinalizio, andando a ricoprire importanti incarichi diplomatici per lo Stato Pontificio. L’estinzione dei Buonvisi avvenne nell’Ottocento con la morte di Francesco di Girolamo. Il nome e le proprietà furono ereditate dalla famiglia Montecatini che, in tempi diversi, fu l’artefice della dispersione del patrimonio tra alienazioni e divisioni ereditarie. Cfr. L. Lucarini, “La Quadreria Buonvisi. Fonti e documenti per

lo studio del collezionismo lucchese tra XVII e XIX secolo, in “Polittico”, 1, 2000, p. 119.

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Tra i documenti risulta particolarmente interessante l’elenco dettagliato, datato 1776, realizzato da Tommaso Francesco Bernardi, erudito e cultore d’antiquaria, che riporta una descrizione topografica dei quadri sistemati nei diversi ambienti “dell’Appartamento di Casa Buonvisi”. La maggior parte dei quadri risulta attribuita, salvo alcune eccezioni in cui non viene indicata paternità alcuna.3

Laura Lucarini ha rintracciato altri tre inventari, per noi indispensabili perché ci forniscono il catalogo complessivo di tutte le opere presenti nella collezione. I primi due sono conservati in Francia, nel Musée des Beaux Arts di Tours. Il primo, datato 18 novembre 1784, elenca complessivamente 294 quadri nel Palazzo d’Inverno, 67 nel Palazzo d’Estate e 14 nella villa al Giardino, per un totale di 375 opere, ben 159 in più rispetto a quello del Bernardi. I dipinti sono inoltre disposti in maniera differente. Secondo Lucarini il nuovo assetto dovrebbe aver avuto carattere provvisorio dal momento che alcune opere risultano temporaneamente depositate in una stanza del Palazzo d’Inverno in attesa di una collocazione più consona.4

Il secondo inventario, incompleto, proveniente sempre da Tours, verosimilmente anteriore al 1746, poiché in esso non compaiono tre opere di Pompeo Batoni, acquistate in quell’anno. Esso presenta alcune differenze rispetto a quello del 1784, sia nel numero di inventario che nei valori di stima.

Le voci sono numerate progressivamente e partono dal numero 15 per finire al numero 127. In aggiunta, non manca la descrizione topografica dei quadri, che del resto sono menzionati secondo un ordine che non rispecchia quello degli altri inventari.5

3

BSLu, Ms 3299, fasc. 4, Nota dei Quadri dell’Appartam[en]to di Casa Buonvisi, cc. 5-12. Cfr. Ibidem, p. 120. L’inventario è stato meritoriamente citato da Lucarini senza offrire nessuna trascrizione. Vedi Appendice Documentaria, n. 1.

4 Con le espressioni di Palazzo d’Estate e Palazzo d’Inverno, conformemente a quanto si legge nei

documenti di famiglia, si indicheranno i due palazzi del ramo principale, situati in via Fillungo, uno di fronte all’altro. Palazzo d’Estate veniva chiamato quello di costruzione più recente (con la facciata principale rivolta ad est), sede attuale del Liceo Artistico di Lucca (fig. 2), Palazzo d’Inverno, quello più antico (con la facciata rivolta ad ovest) (fig. 3). Cfr. Lucarini 2000, p. 120.

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Il terzo inventario è stato redatto nel 1790 a seguito della morte di Girolamo Buonvisi (1749-1790), ed è conservato presso l’Archivio di Stato di Lucca.6

Esso appare identico a quello dell’84, sebbene con qualche modifica variante relativa alla collocazione di alcuni pezzi che sembrano ora aver trovato una sistemazione definitiva.

I dipinti si concentrano al primo piano del Palazzo d’Inverno. Costituito da un insieme di sale, salotti e camere ospita indistintamente quadri di carattere storico, religioso, mitologico, ritratti, quadri di paesaggi, nature morte e bambocciate. Un’analoga situazione si riscontra al secondo piano del palazzo anche se le stanze dotate di quadri sono in numero minore. È possibile riconoscere le camere da letto unicamente per la presenza di voci relative ai “capoletti”, nei quali vengono raffigurati santi, oppure scene della vita di Cristo.

In alcune stanze i dipinti sembrano concentrati in gran quantità. Allineati su più file fino ad arrivare ai soffitti fanno pensare alla disposizione definita “ad incrostazione”, un metodo espositivo che si diffuse ai primi del Seicento e che caratterizzò le grandi gallerie e quadrerie nobiliari fino al Settecento inoltrato.7 Agli inventari appena citati bisogna aggiungere gli atti ufficiali, redatti da pubblici banditori e stimatori, stilati solitamente in occasione di divisioni o eredità in un periodo successivo alla morte del titolare dei beni. Questi inventari legali, redatti prevalentemente tra Sei e Settecento, presentano alcune differenze rispetto agli elenchi dei quali si è detto in quanto riportano solamente il soggetto del quadro e non l’autore, anche se contengono il valore di stima.8

6 ASLu, Archivio dei Notari, II, ser Bernardino Gabrielli, reg. 6688, Inventario degli arredi dei

palazzi Buonvisi “d’inverno” e “d’estate” e della villa “al giardino”, 1790, c. 301 e sgg..

L’inventario è stato citato e trascritto per intero da Lucarini (2000).

7 De Benedictis, 1991, p. 101. Cfr. Lucarini 2000, p. 121.

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Rispettando l’ordine cronologico, nell’inventario post-mortem di Ludovico di Alessandro Buonvisi (1533-1608), datato 1609,9 sono menzionati 36 quadri tra i quali è possibile riconoscere alcune opere attribuite nei documenti settecenteschi, le sette arti liberali di Bartolomeo Neroni detto il Riccio, ancora presenti nel 1790, così come la Natività e il San Carlo Borromeo di Ventura Salimbeni.10 Nello stesso inventario sono citate altre opere di artisti non lucchesi come un “crocifisso

di ebano di Gio[vanni] Bologna”, e tre dipinti di Federico Zuccari,

rispettivamente un Presepe, una Natività e una Crocifissione.11

L’inventario successivo riguarda i beni mobili di Vincenzo, figlio primogenito di Ludovico, e risale al 1653. Esso mostra come la raccolta abbia subito un ulteriore incremento.12 Vincenzo, morto senza eredi diretti nel 1673, lasciò al fratello, il cardinale Francesco, i beni ricevuti in fedecommesso dallo zio paterno. La Lucarini sottolinea che nel 1673 la maggior parte dei dipinti non era concentrata nel palazzo di città ma nelle ville di campagna, in particolare quelle di Forci e di Vicopelago, quest’ultima la residenza preferita dal cardinale Francesco.

Bisogna credere che dopo la morte del cardinale alcuni dei quadri più importanti venissero trasferiti nel palazzo di città.13

9 ASLu, Archivio dei Notari, II, ser Benedino Benedini, reg. 116, Inventario delli Mobili attenenti

all’Eredità del q[uonda]m Nob[il]e Sig[no]re Lodovico del q[uonda]m Nob[il]e Sig[no]re Alessandro Buonvisi anno 1609, cc. 20 r.-57 v. Cfr. Lucarini 2000, p. 123.

10 BSLu, Ms 3299, fasc. 4, Nota dei Quadri dell’Appartam[en]to di Casa Buonvisi, c. 5 r.; ASLu,

Archivio Guinigi, 295, Nota dei quadri esistenti nelle chiese e nelle case di Lucca, elencate

alfabeticamente, 1768 (?), cc. 10, 26. Cfr. Ibidem, p. 123.

11 Ibidem, p. 124.

12 ASLu, Archivio dei Notari, II, ser Jacopo Motroni, reg. 2415, Inventario di Mobili della B[eata]

M[emoria] dello Sp[ettabile] Vincenzo Buonvisi stimati da me Andrea Sorbi Pub[b]lico Banditore et stimatore, e Prima, 1653, cc. 1650 v. e 1651 r., Cfr. Ibidem, p. 124. L’inventario è stato

meritoriamente citato da Lucarini (2000) senza fornire nessuna trascrizione. Vedi Appendice documentaria, n. 2.

13 ASLu, Archivio dei Notari, II, ser Baldassarre Motroni, reg. 3259, Inventario e stima degli

arredi del palazzo in Lucca, della Villa di Forci, di Vicopelago e del palazzo di Bagni di Lucca,

anno 1673, cc. 1172 e sgg. Sono raccolti gli inventari del palazzo di città, della villa di Forci, di Vicopelago e del palazzo di Bagni di Lucca. Tutti i dipinti sono provvisti di stima e per alcuni di

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Arriviamo così ai primi anni del Settecento quando nelle mani dell’erede Buonviso si concentrarono tre ingenti eredità: quella del cardinale Francesco, quella del cardinale Girolamo e quella del padre di Buonviso, Alessandro. Un numero così considerevole di quadri non limitò la vena collezionistica di Buonviso il quale provvide a fare ulteriori acquisti per ampliare la raccolta, rivolgendo il suo interesse nei confronti del pittore locale Pietro Paolini se, come riporta il Cianelli, “giornalme[n]te ne va in traccia p[er] averne e non guarda a spese, tanto apprezza questo virtuoso”.14

Le ultime acquisizioni sono da attribuire a Francesco Buonvisi che si orientò verso artisti contemporanei, tra cui il Batoni, e forse, ma non è documentato, Girolamo, la cui morte precoce, seguita di poco da quella del figlio quindicenne, darà luogo all’estinzione della famiglia e alla conseguente divisione dell’ingente patrimonio fra gli eredi della sorella Caterina, andata in sposa a Nicolao Montecatini. Il già citato inventario del 1790, ci fornisce l’esatta entità della collezione Buonvisi alla fine del Settecento.

Nelle mani di Girolamo si concentrarono tutti i beni dei vari rami della famiglia, tra cui quello dei Buonvisi “al giardino” (fig. 4), che erano i proprietari della villa oggi conosciuta come Bottini, con tutti i dipinti al suo interno.15

Grazie alle descrizioni comprese negli inventari, Laura Lucarini ha potuto constatare quali fossero gli orientamenti della committenza che, a dire dalla qualità delle opere contenute nella collezione, pare si indirizzasse verso scelte di alto livello.

Prendendo in considerazione l’inventario del 1790, è facile riconoscere come sia ben rappresentata la pittura rinascimentale di ambito veneto ed emiliano.

I quadri veneti sono di piccole dimensioni e su tavola, attribuiti alla scuola del Bellini, come “un Presepe, ed il P[adre] Eterno in Cielo tra gli Angeli, e le Nubi” di Jacopo Palma il Vecchio, e quattro quadri di “Paesaggi” attribuiti a Jacopo Montagna.

14 BSLu, Ms 1918, c. 84. Cfr. Lucarini 2000, p. 125.

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La scuola emiliana è invece presente con il Francia e il Correggio, rispettivamente il primo con una “Santa figura al naturale”, e il secondo con due quadretti: un “S[an] Giovanni Battista” e “un Uomo ed un Mulo”, creduto una copia. La scuola toscana e umbra rinascimentale è rappresentata da Leonardo, Raffaello e Pinturicchio, ciascuno con un quadro che ha come soggetto la Sacra Famiglia. Tra le opere di ambito manierista, le due scuole che predominano sono sempre quella veneta e toscana. Tra i veneti troviamo i nomi del Bassano, autore di due opere, una “Natività”, ed una “S[anta] Anna che ha dato alla Luce la B[eata]

Vergine”, del Parmigianino abbiamo “un quadro piccolo in tavola colla Vergine, e Gesù Bambino”, mentre allo Schiavone si attribuisce un “Presepe”. Troviamo

anche i nomi di Tiziano presente nella collezione con “un Ritratto” raffigurato in un “Quadretto in pietra” ed il Tintoretto, autore di un “Quadro grande con varie

figure”.

Tra i toscani sono nominati i senesi Bartolomeo Neroni detto il Riccio e Salimbeni (già ricordati). Al primo si attribuiscono ben sei “Quadri soprapporti,

che rappresentano le Arti”, collocati nella “Sala Grande”, mentre al secondo va il

merito di aver realizzato una “Natività di Nostro Signore” ed un quadro con S[an]

Carlo, che soccorre dei Moribondi in tempo di Peste”.16 Il Vasari viene riconosciuto come autore di un “Ercole”. Al pittore lucchese Lorenzo Zacchia si attribuisce “un quadro con un Precettore, due Giovanetti, ed un Cagnolino”. Riguardo alla pittura seicentesca troviamo un “Noli me tangere” di Federico Barocci (collezione del Visconte di Allendale a Bywel Hall), un quadro riprodotto in incisione nel 1609 da Luca Ciamberlano (fig. 5) 17 e nel 1816 da Raffaello Morghen, ed inoltre tre opere di Annibale Carracci, la “Deposizione di Cristo

dalla croce” (Tours, Musée des Beaux Arts) (fig. 6), del quale esiste una replica

in rame di piccole dimensioni conservata a Roma nella Galleria Nazionale d’Arte Antica, e due quadretti piccoli rispettivamente un “San Francesco nel Deserto” ed un “Cristo alla colonna”.

16

Lucarini 2000, pp. 125-126, 128.

17 Una copia del dipinto è conservata a Lucca nella collezione privata dei marchesi Mazzarosa, ed

un’altra del pittore Giuseppe Marcucci (1807-1876) si trova nel Museo Nazionale di Palazzo Mansi di Lucca. Cfr. Ibidem, p. 128.

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Nella collezione è presente anche un “quadretto piccolo in pietra col casto

Giuseppe” attribuito al fratello di Annibale, Agostino Carracci.18

Particolarmente gradito ai gusti dei Buonvisi pare che fosse Guercino, di cui sono presenti tre dipinti con soggetti religiosi, e una storia mitologica (“Apollo che

scortica Marzia”), e tre disegni. Tuttavia, non è possibile ritenere queste opere

originali in quanto nel Libro dei conti dell’artista non risulta nessun pagamento effettuato dai Buonvisi.19

Un notevole incremento della collezione avvenne per opera del cardinale Girolamo attraverso le acquisizioni e i doni dei pittori lucchesi di cui fu mecenate sia in patria, sia a Roma. Ricordiamo per primo Pietro Testa, che nel prelato lucchese trovò un patrono attento e generoso. Del Lucchesino sono presenti ben nove quadri di genere diverso: tre di soggetto religioso (un “S[an] Girolamo nel

Deserto”, un “Sacrifizio al Dio Pane”, e una “Natività di N[ostro] S[ignore]”); di

soggetto mitologico, (“Venere e Tritone”, che è da identificarsi probabilmente con il Trionfo di Galatea, custodito attualmente nel Museo Nazionale di Palazzo Mansi di Lucca (fig. 7), e un “soprapporto con Bacco ed altre figure”); tre accademie (di cui due con “Busto e testa” e l’altro con “Testa di Mattematico”); per ultimo, due quadri con vedute di “Architetture e figure”.

Il cardinale Girolamo e poi il nipote Francesco ebbero sotto la loro protezione anche i lucchesi Giovanni Coli e Filippo Gherardi. Dei due artisti abbiamo nella collezione un numero di dieci quadri, tutti di argomento sacro.

Degli altri lucchesi seicenteschi ricordiamo la presenza in collezione di Paolo Guidotti, autore di un quadro “colla Vergine e S[an] Gio[vanni] Batt[ist]a”, e di Giovanni Marracci che è presente con sei quadri di soggetto religioso tra i quali si distinguono due scene dedicate alla vita di san Paolino, il santo patrono di Lucca (“la Predicazione di san Paolino al Popolo Lucchese” e “il Martirio di san

Paolino sul Monte di S[an] Giuliano”). A lui si attribuiscono anche cinque ritratti,

e un quadro con “due busti e teste di vecchi”.

18 Lucarini 2000, p. 128.

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Di Pietro Paolini si ricordano “un Pittore, che disegna” ed una “Natività di

N[ostro] S[ignore] rappresentata in tempo di notte”; ad Antonio Franchi

appartengono due quadri con soggetti religiosi, (“un Vescovo che resuscita un

Bambino”, e un altro che raffigura un “S[an] Gio[vanni] Batt[ist]a nel Deserto”),

mentre ai due fratelli Francesco e Simone del Tintore si attribuiscono al primo due pezzi (“un Pittore”, e l’altro “un Maestro di Musica”), al secondo una natura morta con “Pesci al naturale”.

Sembra che si debba al cardinale Girolamo l’arricchimento della collezione con molti dipinti di ambito romano, in particolare opere di Nicolas Poussin e di Gaspard Dughet. Inoltre, Girolamo soggiornò a lungo a Roma e soprattutto fu legato da profonda amicizia con Fabio Chigi e Papa Alessandro VII. Se consideriamo i nomi presenti nell’inventario molti rimandano appunto ai pittori che prestarono la loro attività per abbellire le dimore dei Chigi: Caroselli, Giacinto Gimignani, Jacques Courtois, il Tempestino, Michelangelo da Campidoglio, Mario dei Fiori, Salvator Rosa, Maratta, Brandi, Morandi, Lauri, Trevisani. Tra gli inventari settecenteschi è presente anche un disegno a matita nera, opera del Bernini, raffigurante il ritratto di Alessandro VII.20

Per quanto riguarda i dipinti settecenteschi, la loro presenza è piuttosto ridotta e si limita, tranne due o tre casi, alla produzione locale che viene rappresentata da quattro artisti, Domenico Lombardi, Francesco Gibertoni, Lorenzo Castellotti, e Gaetano Vetturali.

Ad incrementare la collezione nel Settecento provvidero Alessandro Buonvisi, consigliato da Christoph Martini,21 e Francesco, che si rivolse a Pompeo Batoni chiedendo: un “Achille” (fig. 8), un “Apollo e il Centauro” (fig. 9), entrambi conservati nella Galleria degli Uffizi a Firenze, ed un “S[an] Luigi Gonzaga”.

20

Lucarini 2000, p. 130.

21

Il pittore tedesco Georg Christoph Martini ricorda nel suo diario di viaggio di aver goduto della protezione di Alessandro di Buonviso Buonvisi durante la sua permanenza a Lucca avvenuta tra il 1727 e il 1745. A conferma di questo stretto rapporto di amicizia è la presenza nella quadreria allestita nel Palazzo d’Inverno di “1 quadro con Cornice dorata col Ritratto di Alessandro di

Buonviso Buonvisi di Cristoforo Sassone”. Cfr. ASLu, Archivio dei Notari, II, ser Bernardino

Gabrielli, reg. 6688, Inventario degli arredi dei palazzi Buonvisi “d’inverno” e “d’estate” e della

villa “al giardino”, 1790, c. 301 e sgg.. Vedi anche Lucarini 2000, pp. 132, 138; e Betti 2013, p.

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Nell’Ottocento ha inizio la dispersione della collezione ad opera di Francesco, figlio di Maria Caterina, ultima superstite dei Buonvisi. Aveva ereditato dalla madre i palazzi Buonvisi di città e le ville di Forci, San Pancrazio nonché tutti i suoi mobili, suppellettili e preziosi. La vendita della collezione si verificò tra il 1820 e il 1830, ma purtroppo ha lasciato pochissime tracce.22

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