3. LE MINIERE DELLE ALPI APUANE
3.1 Giacimenti apuani
I giacimenti minerari apuani sono sia di tipo stratiforme che filoniano e sono localizzati in un intervallo stratigrafico piuttosto ristretto collocato alla base del Norico. In particolare i giacimenti di Valdicatello-Pollone , di Buca della Vena e del Monte Arsiccio sono ospitati nelle formazioni silicoclastiche Pre-Noriche e al passaggio di queste con i sovrastanti Grezzoni. Secondo Carmignani et al. (1975,1976), la mineralizzazione è epigenica, essendosi formata da fluidi epitermali legati alla presenza di un ipotetico plutone apuano.
In tutti questi giacimenti, alla barite sono associate quantità rilevanti di pirite, magnetite ed ematite (ad esclusione del Pollone, dove non si trovano ossidi di Fe). Questa associazione è una peculiarità dei giacimenti apuani perché di solito la barite viene associata a solfuri di Pb-Zn-Cu (Costigliola, 1992). La barite si trova associata a ossidi di Fe in alcuni giacimenti stratiformi come Rammelsberg ed Meggen, in Germania, in questi casi pero’ sono presenti in quantità accessorie, contrariamente a quanto si osserva nei giacimenti apuani, dove ematite e magnetite possono localmente superare, in quantità, la barite(Costigliola, 1992).
3.1.1 Metallogenesi apuana
Nelle Alpi Apuane, la distribuzione delle mineralizzazioni segue un andamento perimetrale rispetto all’edificio apuano, con un particolare addensamento nella zona che borda il margine meridionale (Figura 3.1). In base all’associazione mineralogica principale, i giacimenti possono essere suddivisi come segue (Cortecci et al., 1985):
Ad ossidi di Fe (+- pirite) e quarzo (tipo Casone e Macchione);
Ad ossidi di Fe, siderite, quarzo e poca barite (tipo Strettoia);
A barite, ossidi di Fe e pirite (tipo Monte Arsiccio, Buca della Vena e Fornovolasco);
A barite e pirite (+-solfosali e solfuri di Pb, Zn; tipo Pollone);
A carbonati, ossidi e silicati di Mn, pirite, ematite e quarzo (tipo Scortico);
A solfuri di Cu (Fe, Pb, Zn), quarzo, calcite (tipo Vagli e Colle Panestra);
A solfuri di Cu (Fe, Pb, Zn) e solfosali, siderite e quarzo (tipo Frigido);
A barite, solfosali di Cu, fluorite e quarzo (tipo Buca dell’Angina).
Figura 3.1: Localizzazione delle principali miniere delle Alpi Apuane (Cortecci et al., 1985).
3.2 Principali giacimenti di minerali metallici delle Alpi Apuane
MINIERA DEL BOTTINO( Pb-Zn-Cu)
La zona mineraria del Bottino fa parte del sistema filoniano che contorna il Monte Ornato ed è incassata negli Scisti Paleozoici e Triassici del basamento. Il corpo minerario principale è costituito da un filone diretto NW-SE con immersione a SW e giacitura in gran parte concordante con la scistosità.
La paragenesi metallica fondamentale del Bottino è costituita principalmente da galena granulare argentifera, mescolata con solfoantimoniti di Pb, e, in ordine decrescente di abbondanza, blenda ferrifera, pirrotina, calcopirite, pirite e arsenopirite. La paragenesi completa della mineralizzazione del Bottino è abbastanza complessa dato che ai solfuri e ai solfosali si associano vari ossidi e carbonati (siderite), nonché rare fluoriti e oro nativo (Ciarapica et al., 1982). Carmignani et al. (1972) hanno riscontrato nelle galene del Bottino un tenore di stagno molto alto ed anche valori elevati di Ag e Sb. Talvolta la blenda a grana grossa risulta prevalente e a questa si associano abbondante pirrotina, arsenopirite e pirite. La ganga è costituita principalmente da quarzo e siderite.
La miniera del Bottino (Figura 3.2) ha avuto ampie fasi di attività anche precedentemente al 1959, data di registro delle concessioni del Distretto Minerario di Carrara. Sono cinque i periodi importanti che contraddistinguono la sua storia (Piano strutturale All.4G- cave e miniere, Ciampa et al., 2006).
1) Periodo Medievale: da documenti del XII-XIII sec. risulta che i filoni argentiferi del Bottino (Argentiera di Gallena) e S. Anna (Argentiera di Farnocchia) venivano sfruttati dai feudatari locali (da Vallecchia e da Corvaia), cui seguì un periodo di sfruttamento ad opera di Castruccio Castracani e della Repubblica di Lucca, seguendo poi le altalenanti vicende storiche della Versilia (tra Pisa, Lucca, Genova, Firenze) per circa 250 anni. 2) Periodo Mediceo: dal 1513 al 1582, affermatosi il dominio dei Medici di Firenze sul territorio versiliese e con la creazione del Capitanato di Pietrasanta, le miniere del Bottino furono sfruttate maggiormente per estrazione di piombo argentifero, sotto i diretti auspici soprattutto di Cosimo I. Vi furono impiegate anche maestranze provenienti dall’Austria, Sassonia, Tirolo, esperte nelle arti minerarie. A testimonianza di quel periodo e del precedente restano numerose tracce nei cunicoli scavati a mano. 3) Periodo 1833-1885: avvenne una ripresa dell’attività delle miniere ad opera di società private francesi e italiane e divenne una delle più importanti d’Italia per produzione e tecnologia dal 1845 al 1885.
4) Periodo 1918-1930: iniziò il definitivo sfruttamento del filone a galena argentifera anche nelle parti inferiori più moderne, da parte della società privata SAMA di La Spezia e Torino ma con la crisi economica del 1929 le miniere vennero abbandonate.
5) Periodo 1955-1970: ci fu una breve e non importante ripresa di lavori di sfruttamento e di ricerca ad opera della società SCEL soprattutto nei cantieri alti e nella zona de La Rocca.
Allo stato attuale la miniera è abbandonata. I manufatti recuperabili consistono principalmente nei fabbricati adibiti a magazzino, opifici di lavorazione dei minerali e nei piani inclinati di carreggio della ferrovia a scartamento ridotto che collegava gli ingressi delle gallerie al fondo valle. Le gallerie principali (gallerie Due Canali, Paoli, Redola) (Figura 3.3) sono in buona parte inaccessibili per franamenti diffusi e allagamenti. Le gallerie più antiche e strette, realizzate in epoca medioevale medicea, sono sostanzialmente ancora visitabili. Gli affioramenti del filone del Bottino (i Senicioni) costituiscono un grande vuoto di coltivazione a cielo aperto, ancora ben visibile.
Figura 3.3: Veduta della galleria Due Canali e ponte finale del piano inclinato omonimo (1922) (Ciampa et al. 2006).
MINIERA DI GALLENA (Pb-Zn-Cu)
La mineralizzazione di Gallena rappresenta un sistema filoniano incassato nel basamento metamorfico Paleozoico rappresentato da Filladi e Scisti Porfirici. L’andamento dei filoni è vario. I minerali principali di questo giacimento sono galena, blenda, calcopirite, siderite, solfuri e solfosali di Pb, Zn, mentre quelli estratti erano soprattutto galena argentifera, blenda, calcopirite, siderite (Ciampa et al. 2006).
Queste miniere venivano sfruttate da tempi antichi (almeno dal Medioevo, sebbene alcuni autori attribuiscano le prime ricerche ad epoca etrusca) per i filoni di minerali di Pb e Zn paralleli al più grande e importante filone del Bottino. La dimensione dei filoni è decisamente più piccola e quindi queste gallerie hanno avuto minore importanza e fasi di lavoro meno documentate nei vari periodi. In vicinanza del paese di Gallena e nei pressi delle gallerie, dei documenti del ‘700 riportano di ritrovamenti di monete e tessere romane (Ciampa et al., 2006).
LA ROCCA (Pb-Zn-Cu)
Il giacimento della Rocca è costituito da un sistema filoniano, incassato nel basamento metamorfico Paleozoico, rappresentato da Filladi, Porfiroidi e Scisti Porfirici. I minerali principali che si trovano in questo giacimento sono galena, blenda, solfuri di Fe, Pb, Zn, magnetite, barite, ossidi di Fe, galena, blenda, calcopirite, siderite, solfuri e solfosali di Pb, Zn. I minerali estratti erano la galena argentifera, la magnetite e la limonite (Ciampa et al., 2006).
Anche queste miniere hanno seguito le vicissitudini dei lavori delle Miniere del Bottino. Si distinguono solo storicamente per un periodo recente che va dal 1955 al 1970, in cui hanno costituito l’ultimo giacimento piombo-zincifero in attività nel Comune di Stazzema. In questo periodo la società SCEL proseguì nello sfruttamento non intensivo di filoni e corpi mineralizzati a galena, blenda, pirrotina, approfondendo lo scavo delle gallerie principali della Rocca e ribasso Breviglieri. Alla Rocca esistono alcuni manufatti conservati e ristrutturabili (la stazione della teleferica per l’Argentiera di Ruosina, binario Decauville e vagoncini).
MINERALIZZAZIONE DELLA TANA E DI PRUNO (Pb-Zn)
Si tratta di due piccoli affioramenti incassati negli Scisti Triassici, che si presentano in posizione parautoctona sopra i Flysch Terziari. Secondo Carmignani et al. (1972), gli affioramenti mostrano caratteri molto simili alle mineralizzazione del Bottino, escluso il contenuto in stagno delle blende e delle galene, che in questo caso è assente. Sono ancora visibili oggi delle piccole gallerie e scavi a cielo aperto per ricerche di galena argentifera negli Scisti Triassici. Queste gallerie furono probabilmente scavate nel periodo mediceo in queste località di Pruno e nei pressi de La Tana , alle pendici meridionali della Pania della Croce. Un breve periodo di ricerche e sondaggi fu operato da ditte private nel 1918-1920, con risultati scarsi e i lavori furono abbandonati fin da subito (Ciampa et al. 2006).
MINERALIZZAZIONI DEL MT. TAMBURA E ALTO DI SELLA (Pb-Zn)
Anche queste manifestazioni sono da ricollegare a quelle tipo della Miniera del Bottino. La mineralizzazione è costituita da una piccola vena di galena argentifera di 5/6 cm di spessore. In questi affioramenti sono stati rinvenuti galena, blende e pirite (Carmignani et al. 1972).
MINIERA DEL POLLONE ( Pb-Zn;Py-Ba)
Questa miniera si trova a monte di Valdicastello (Figura 3.4), nella fascia altimetrica tra 330 s.l.m e 150 s.l.m (Ciampa et al. 2006). Il giacimento di Valdicastello è ubicato nella
finestra tettonica di S. Anna dove affiorano i terreni dell’autoctono metamorfico, i Grezzoni, che si trovano in fondo alla valle, e lo Pseudomacigno, sormontati dal sovrascorrimento delle unità Stazzemesi. Al di sopra di queste unità si trova il Calcare Cavernoso. Le mineralizzazioni interessano lo spessore delle Filladi fino al contatto tettonico con le sovrastanti Brecce e Calcari Cavernosi (Costigliola 1992).
Il campo filoniano consta di sei filoni, quattro dei quali (Carmignani et al., 1975) hanno immersione verso W e direzione N-S e gli ultimi due con immersione verso S e direzione E-W (Figura 3.5). Sempre secondo Carmignani et al. (1975), le mineralizzazioni presenti sono di due tipi:
FILONI A Zn-Pb (Py-Ba)
Questi filoni a solfuri e solfosali sono due di cui uno diretto EW e l’altro NS. Il primo è stato sfruttato dalla galleria Preziosa per la galena antimonifera e solfosali di Pb e il secondo per la pirite massiva con galena, blenda e solfosali (Carmignani et al. 1975). I minerali più rappresentati sono blenda, galena e pirite in ganga di quarzo e più raramente di barite. La blenda non raggiunge mai i termini ferriferi come al Bottino. Sempre dai soliti autori è segnalata anche la presenza di cinabro.
FILONI A Ba-Py (Zn-Pb)
Sono cinque filoni di cui quattro hanno direzione NS, mentre l’ultimo é il più importante e ha direzione ortogonale ai primi (Carmignani et al., 1975). Secondo questi autori si tratta di un tipico filone di spaccatura a barite, microcristallina, mista a pirite con piccoli grani di solfosali e di galena. Mentre nei filoni di Valdicastello la pirite è sempre presente con la barite, negli altri affioramenti ciò si verifica solo verso il contatto con le Filladi mentre vicino a quello con i Calcari si trovano ematite e magnetite (Costigliola 1992). Dal punto di vista storico questa miniera ha avuto diversi momenti di attività legata dapprima allo sfruttamento di galena argentifera, poi dal 1932 all’estrazione di misti barite-pirite per l’industria petrolifera, siderurgica e dell’acido solforico. L’attività nel periodo EDEM dal 1935 al 1943 e dal 1948 al 1988 si è presentata regolare con lo scavo di numerose gallerie che hanno interessato la zona del Pollone, dove si hanno anche scavi a cielo aperto piuttosto grandi. La caduta della domanda è dovuta a incoltivabilità per ragioni economiche di mercato internazionale.
Figura 3.4: Ingresso delle Miniera del Pollone, Valdicastello (Ciampa et al. 2006).
Figura 3.5: Schema della Miniera del Pollone (www.geotecnologie.unisi.it).
MINIERA DI BUCA DELL’ANGINA (Cu)
Si tratta di una miniera di minerali cupriferi situata a poca distanza dalla mineralizzazione del Monte Arsiccio. La zona interessa un fascio di filoni paralleli con direzione N-S e giacitura quasi verticale che affiorano, in discordanza, nei Grezzoni in fondo al Canale dell’Angina. Il filone principale è affiancato da vene centimetriche di barite con poca fluorite (Costigliola 1992). La paragenesi riconoscibile è rappresentata
da barite mista a fluorite, impregnata di ossidi di rame, a cui si associano quarzo, tetraedrite, calcopirite, azzurrite e malachite (Carmignani et al., 1972). La pirite è presente in granuli sparsi nella ganga e nei solfuri; la blenda e la galena sono presenti ma molto raramente. Ciarapica et al. (1982) hanno confermato la presenza di oro nativo tra i minerali accessori.
La Buca dell’Angina costituisce un interessante punto di congiunzione tra grotte e miniere (Figura 3.6). Il suo ingresso unico è infatti costituito da un pozzo carsico di 25-26 metri di profondità, poi approfondito con livelli di gallerie e altri pozzi carsici per una profondità complessiva di circa 70 metri. Dal 1843 si iniziano ad avere i primi dati su analisi e lavori svolti e nel 1846 vi riprendono attività minerarie quasi subito interrotte e proseguite poi in maniera discontinua in vari periodi (1880-1885, 1921-1922, 1950-1965) senza apprezzabili risultati. In altre località vicine (Zulfello, Cascatoia) furono invece compiute ricerche e scavi con brevi gallerie a scalpello già in epoca medievale-medicea, alla ricerca di piccoli filoni di galena argentifera come nelle vicine miniere dell’Argentiera. Allo stato attuale, non esistono più manufatti di alcun tipo (Ciampa et al., 2006).
Figura 3.6: Schema della Miniera Buca dell’Angina (www.geotecnologie.unisi.it). MINIERA SI S. BARBARA (Argentiera) (Py-Ba; Pb-Zn)
Questa miniera di trova sul versante meridionale del Monte Rocca. La zona è costituita da Scaglie embricate di Porfiroidi e Scisti Porfirici sormontate a SW dall’Unità di Massa e accavallate a NW sui Grezzoni e sui Marmi dell’Autoctono metamorfico (Carmignani et al., 1976) (Figura 3.7).
Sono presenti due tipi di mineralizzazioni:
filoni a galena, blenda e solfosali, interamente incassati nei porfiroidi;
piccole masse di pirite, ematite e magnetite, lungo il contatto tettonico tra il complesso scagliato e l’autoctono carbonatico sottostante.
La galena è il solfuro dominante di questa miniera, a cui si associano solfo-antimoniti di Pb, blenda e tetraedrite, poi subordinata calcopirite e pirite in granuli sparsi.
Alle quote più alte (Galleria di Fontana, quota 730 s.l.m) la mineralizzazione si trova compresa tra i porfiroidi e i marmi liassici ed è costituita da ossidi di Fe con pochissima barite; alle quote più basse (ribasso Santa Barbara, quota 546 s.l.m) la mineralizzazione è posta tra i Porfiroidi e i Grezzoni ed è costituita prevalentemente da pirite (Carmignani et al., 1976).
Figura 3.7: Sezione geologica attraverso il giacimento Santa Barbara; FALDA TOSCANA, Cv: calcare cavernoso e brecce tettoniche (Norico). UNITA DI MASSA, Vr: filladi e quarziti (Trias Medio). AUTOCTONO,
Pt: porfiroidi e scisti porfirici(Permio-Trias), Gr: grezzoni (Norico-Retico), m: marmo(Hettengiano), (Carmignani et al., 1976).
Per quanto riguarda la storia del giacimento precedente al 1935-36, queste antiche miniere dove si ritrovano i migliori esempi di arte mineraria medievale-medicea, seguono da vicino le vicende storiche delle Miniere del Bottino. Una diversità storica negli ultimi anni si deve allo sfruttamento di modesti corpi a minerali di pirite, barite e ossidi di Ferro, al contatto tra Grezzoni e Scisti Porfirici. Tra il 1948 e il 1960 la società EDEM prosegue nello sfruttamento di filoni e corpi mineralizzati a pirite, barite, ossidi di
ferro nella parte più bassa della zona mineraria, con le gallerie Santa Barbara e Ribasso (Figura 3.8).
Figura 3.8: Schema della Miniera di Santa Barbara (www.geotecnologie.unisi.it).
Nella zona dell’Argentiera di S. Anna i soli manufatti rimasti sono antiche gallerie medioevali scavate a scalpello (Figura 3.9). Nella zona della miniera di S. Barbara, c’è rimasta una cabina elettrica di trasformazione, un manufatto di ricovero e un piccolo piano inclinato per la discesa del minerale verso il fondo valle (Valdicastello). Singolare in questa zona è la coincidenza tra insediamenti minerari e fortificazioni medioevali (torri di avvistamento e rocche) (Ciampa et al., 2006) .
Figura 3.9: Ingresso galleria antica della miniera (Ciampa et al, 2006). MINIERA DI MONTE ARSICCIO (Py-Ba- Fe)
La più importante miniera della zona è ubicata sul versante NW del Monte Gabberi, circa 1 km a NE del giacimento minerario del Pollone. Secondo Carmignani et al. (1976) la
mineralizzazione interessa principalmente il contatto tra Filladi e Grezzoni, secondariamente il contatto tra Filladi e l’Autoctono sottostante (Figura 3.10).
Il corpo minerario si estende in direzione NE-SW per diverse centinaia di metri con immersione verso SE. La mineralizzazione in genere è caratterizzata da una costante successione che da tetto a letto può essere schematizzata così (Carmignani et al., 1976):
1. Ematite e magnetite compatta che si insinuano nella massa del calcare dolomitico con apofisi e tasche a prevalente ossidi di Fe;
2. Ossidi di Fe misti a barite finemente cristallina; 3. Barite massiva;
4. Barite e pirite; 5. Pirite.
Nelle salbande a tetto e nella mineralizzazione del letto, è presente granato magnesifero, molto probabilmente spessartina (Leoni e Orlandi, 1975).
In questo giacimento sono presenti anche solfuri (blenda, arsenopirite con tracce di antimonite) e tracce di solfosali. Secondo Carmignani et al. (1972) un filoncello di galena con pirite e solfosali è presente presso l’imbocco della galleria S. Anna (Figura 3.11 e 3.13) (Costigliola, 1992).
Figura 3.10: Sezione geologica attraverso il giacimento del Monte Arsiccio. FALDA TOSCANA, Cv: calcare cavernoso e brecce tettoniche (Norico). AUTOCTONO e PARAUTOCTONO, P: filladi(Paleozoico), Pt: porfiroidi e scisti porfirici (Permio-Trias), gr: calcari dolomitici e dolomie (Norico-Retico), m: marmo
(Hettengiano), Cp: scisti sericitici (Cretaceo-Oligocene) Pmg: pseudomacigno (Oligocene-Miocene), (Carmignani et al. 1976).
Figura 3.11: Entrata della galleria Sant’Anna (www.gmcecinafoto.altervista.org).
Figura 3.12: interno della galleria Sant’Anna (www.skizz-files.blogspot.com).
Questo giacimento fu la più importante miniera moderna nel Comune di Stazzema per produzione, tecnologie e attività lavorative svolte (Figura 3.13).
Esso fu scoperto relativamente tardi (probabilmente già sfruttato in varie epoche) e, a partire dal 1875, venne sfruttato da società private, per estrazione dapprima di ossidi e idrossidi di ferro poi anche manganesiferi per usi siderurgici e bellici. Un periodo di forte attività si ebbe nel 1913-1922 con lavori svolti dapprima da una società tedesca poi sotto il controllo diretto della ILVA e della SAMA. A partire dal 1935 la società EDEM iniziò un regolare sfruttamento del giacimento per estrarvi misti di barite e pirite per l’industria petrolifera, siderurgica e dell’acido solforico. Dopo una produzione abbastanza proficua, dal 1987 la domanda di barite cadde dopo il referendum sul nucleare determinando l’antieconomicità della produzione e la liquidazione della società nel 1990-91. La presenza di una gran quantità di manufatti sono visibili tutto’oggi nella miniera e nelle sue vicinanze, come ad esempio un binario Decoville, vagoni, locomotive
elettriche e locomotori, argani e ruspe meccaniche, sistemi di ventilazione, alloggi delle maestranze ed inoltre un antico sistema di teleferica del 1912 che serviva a trasportare i minerali agli stabilimenti EDEM di Valdicastello (Ciampa et al., 2006).
Figura 3.13: Schema della miniera del Monte Arsiccio (www.geotecnologie.unisi.it).
MINERALIZZAZIONI DELLA ZONA DI STAZZEMA (Miniere del Canale della Radice) (Py-Fe-Ba)
Queste mineralizzazioni sono dislocate lungo il Canale della Radice, sul versante meridionale della conca di Stazzema. Questo giacimento minerario lentiforme di pirite, barite e ossidi di ferro si trova al contatto tra i Grezzoni (Norico), i Porfiroidi e gli Scisti Porfirici (Paleozoico).
La paragenesi fondamentale è data da pirite prevalente o esclusiva, talvolta alterata in limonite, mista a siderite, ematite e magnetite. Nella paragenesi a pirite si osserva che questa si associa a pirrotina e a relitti di carbonato ferrifero. Frequente è l’associazione fra magnetite e pirrotina, inclusa negli individui maggiori di ossidi di Fe (Ciarapica et al.,
1982). Le rocce carbonatiche sono attraversate da filoncelli costituiti da quarzo con pirite o barite con tracce di ematite.
I dati storici sulle miniere di Calcaferro (Canale della Radice) iniziano con una certa sicurezza a partire dal 1880 circa, ma sicuramente già in tempi più antichi, questi affioramenti, furono sfruttati almeno nel XVI-XVII sec. come “vene selvatiche “ di Stazzema. A partire dal 1922 tutta la zona venne riscoperta dalla SAMA con l‘apertura di numerose gallerie di piccola estensione. Dal 1924 si ebbe nella zona una coabitazione di tre concessioni distinte (Pocai, SAMA, Scia) per alcuni anni, con l’escavazione di quasi 40 gallerie sui lati del Canale della Radice fino a poco sotto il paese di Farnocchia, con una produzione annua di misti pirite-magnetite con limonite molto abbondante. Questa attività proseguì in modo discontinuo con altre società private (Galtarossa, ALEM, Anon. Miniere Alta Versilia, EDEM) fino al 1969. La EDEM acquisì poi i diritti per ricerche in zone limitrofe per saggiare la potenzialità dei filoni anche per la barite (Vecciullo; La Fossa; Campiglia o Canale delle Rove, con brevi gallerie) per poi abbandonare del tutto la zona dal 1970. Nella stessa area delle miniere sono presenti interessanti opifici (mulini ad acqua, vibrovagli, macinatori ecc.) per la produzione delle polveri da sparo e per esplosivi da cava, attivi fino al 1930 (Ciampa et al., 2006).
MINIERA DI BUCA DELLA VENA (Ba-Fe)
Il giacimento affiora sulle pendici settentrionali del monte di Stazzema; la mineralizzazione si è impostata tra le Filladi, tormalinizzate, e la Copertura Carbonatica (Carmignani et al., 1976). La miniera è costituita da barite, pirite, ematite e magnetite. Si nota come la composizione cambi in base allo spessore dolomitico:
Nella a zona Nord Orientale la mineralizzazione è costituita prevalentemente da ossidi di Fe accompagnati da barite (Carmignani et al., 1976).
Nella zona Sud Occidentale, via via che il livello carbonatico si assottiglia dentro le Filladi, la pirite diventa sempre più abbondante insieme alla barite.
Dal punto di vista storico almeno fino al 1942 la lavorazione fu eseguita per materiali utili per la siderurgia (Figura 3.14). Dal 1957 la SIMA (controllata dalla EDEM) fece proseguire lavori regolari in galleria per misti barite-pirite che proseguirono fino al 1990 (Figura 3.15).
Questa miniera risentì del referendum sul nucleare; le ultime vendite di questa barite ematitica (classificata dal CNR tra le migliori d’Italia) fu venduta per la realizzazione dell’accelleratore atomico di Trieste.
Figura 3.14: Carreggio dei vagoncini su decauville, ingesso principale Bassoli (Ciampa et al., 2006).
MINIERA DI FORNOVOLASCO (Py-Fe)
La mineralizzazione di Fornovolasco è ubicata sul versante sinistro della Turrite di Gallicano, compresa tra le Filladi, i Calcari Dolomitici e i Marmi Liassici. La mineralizzazione è costituita prevalentemente da ammassi lentiformi di magnetite con pirite; generalmente la magnetite prevale vicino ai Calcari mentre la pirite domina vicino alle Filladi. Sono rare le zone con misti di pirite e ossidi (Costigliola, 1992).
L’orizzonte mineralizzato affiora per circa 200 m e mostra uno spessore variabile che in alcuni punti può arrivare a 2-3 m. La ganga varia da luogo a luogo, risultando talora quarzosa-micacea e altre volte micaceo-cloritica. In questo giacimento si possono trovare anche calcopirite, arsenopirite e rutilo (Figura 3.16)(Costigliola, 1992).