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CAPITOLO 2 I SERVIZI SOCIALI E L’AFFIDO FAMILIARE

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CAPITOLO 2

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2.1. La segnalazione e la presa in carico dei servizi

sociali territoriali

L’esistenza di una problematica di diversa natura all’interno di una famiglia, la quale comporta un disagio e una difficoltà legata al benessere dei minori inseriti nel medesimo ambiente, conduce la famiglia ai servizi sociali.

Si arriva alla conoscenza di tale situazione o perché il nucleo familiare multiproblematico è già noto ai servizi sociali territoriali, oppure perché giunge attraverso altre fonti.

Queste possono essere orali e scritte, inviate dalla scuola, da un vicino di casa, dal territorio, dalla rete sociale formatasi intorno al nucleo, da un parente prossimo, dai servizi sanitari di base, da associazioni di volontariato, dall’autorità giudiziaria minorile o anche da una persona anonima.

“L’essere attenti ad eventuali segnali, è un compito di tutti i membri della società civile e in modo particolare di chi ha un ruolo educativo, di istruzione, di assistenza sociale, di prevenzione e cura”.38

I servizi sociali territoriali, e nello specifico l’assistente sociale, ovvero il tramite tra il servizio e la persona che si presenta a denunciare la situazione per se stessi o per terzi, dovrà cercare di

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effettuare una attenta analisi e raccolta dei dati utili alla definizione della situazione.39

Questa fase dovrà comprendere contemporaneamente un esame volto all’individuazione della richiesta d’aiuto e allo stesso tempo, creare una situazione di accoglienza e di ascolto per la persona o persone con cui l’assistente sociale si relaziona.

Nella migliore delle ipotesi sarà il nucleo stesso che al momento della percezione del disagio e della difficoltà, nello specifico relativa alla gestione familiare, si recherà ai servizi con una richiesta di aiuto esprimendo così la volontà di migliorare se stessi, la loro situazione ed in modo particolare quella relativa al minore.

Quando è la famiglia stessa a chiedere aiuto, si parte quanto meno da una consapevolezza della medesima delle proprie difficoltà che, seppur minima, può aiutare a creare una relazione di aiuto con il servizio sociale.

Sarà importante per la famiglia stessa comprendere che insieme si sta lavorando per un unico obiettivo e sarà anche più semplice il lavoro per i servizi i quali partiranno da una situazione “più favorevole”. Sarà un valore aggiunto per una buona presa in carico, un buon punto di partenza per poter lavorare con l’utente e non per l’utente, in questo caso la famiglia.

Nella maggior parte dei casi tuttavia, l’assistente sociale potrà trovarsi davanti ad altre situazioni ben più complicate, che necessitano di un lavoro ben più complesso, spesso caratterizzato da resistenze e contrasti.

Importante sarà “saper decodificare le richieste d’aiuto mascherate”.40

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F. Ferrario, Le dimensioni dell’intervento sociale, Carocci Editore, 2004.

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Dovrà partire da un lavoro basato sulla costruzione della relazione, della fiducia, della collaborazione con la famiglia in oggetto, partendo però da una posizione poco vantaggiosa e caratterizzata da una situazione di ostilità.

Non è detto che la famiglia sia pronta a collaborare e ancora di più a riconoscere, individuare ed ammettere il proprio problema.

Saranno i servizi a doversi adoperare affinché la famiglia riesca a prendere consapevolezza dei propri limiti, focalizzare il proprio disagio, tenendo conto che per essere efficace, un intervento deve essere continuativo e profondo, deve avere ben chiari i bisogni psicologici, educativi e sociali di tutti i membri della famiglia e rispondere alle esigenze quotidiane di essa.41

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AA.VV., Il quaderno di P.I.P.P.I.. Teorie, metodie strumenti per l’implementazione del programma

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2.2 Il processo di valutazione e i diversi

tipi di intervento

Dopo che i servizi sono venuti a conoscenza della segnalazione e dopo che essi hanno fatto un’analisi del caso, riveste un ruolo centrale il momento della valutazione.

In questa fase non si dovranno utilizzare situazioni-progetto standardizzate, ogni caso, ogni situazione è a se, nell’agire e progettare si ha la necessità di utilizzare flessibilità e dinamicità.42 L’equipe minima territoriale dovrà avere un quadro il più chiaro possibile per riuscire a capire che cosa sarà in grado di offrire come servizio, cosa potrebbe essere più opportuno, tenendo in considerazione tutte le possibilità d’intervento.

Un’accurata valutazione per un’accurata proposta d’intervento.

Prima di pensare ad un reale allontanamento del minore dalla propria famiglia, gli operatori valuteranno le reali risorse che si possono reperire nella stessa, in modo da poter attivare subito gli interventi preventivi all’affido familiare.

Si tratta di servizi volti al sostegno, al supporto della famiglia, come l’attivazione dell’affido educativo, creare una rete territoriale, un sostegno economico ecc... si valuterà quale sarà l’intervento più

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idoneo e mirato per quella situazione, mantenendo un costante monitoraggio attraverso indicatori pensati e verificati nel tempo.43 Una volta identificato l’intervento più opportuno si lavora per obiettivi a breve e medio termine, da confrontare in seguito con i reali risultati ottenuti.

Viene a crearsi una collaborazione tra i diversi professionisti che, secondo l’intervento progettato, ruoteranno intorno alla famiglia e al minore.

Funzionale è che tali professionisti lavorino in equipe, uno strumento di ascolto e confronto di tutte le diverse competenze volto alla redazione e alla valutazione del progetto complessivo di tempi e modi d’intervento, essendo la stessa equipe considerata fondamentale strumento di monitoraggio e verifica dei servizi sociali in essere.

Nel caso in cui non si è riusciti ad ottenere quanto sperato dai primi interventi attivati, per mancanza di collaborazione da parte della famiglia, o per limiti della stessa, o per altro ancora, si deve procedere ad una segnalazione da parte dei servizi sociali all’autorità competente: la Procura presso il Tribunale per i Minorenni.

Ai fini della progettazione dell’intervento si dovranno considerare i diversi fattori di rischio e i fattori di protezione: l’intervento di affido familiare ha senso qualora assieme agli uni ci siano anche gli altri mentre, se emergeranno maggiormente i fattori di protezione si potrà intervenire con un intervento volto al sostegno e al monitoraggio del nucleo, ma se saranno i fattori di rischio ad evidenziarsi maggiormente si tenderà ad andare verso un intervento di allontanamento definitivo.

Da tenere presenti per la decisione di segnalazione sono il livello di trascuratezza, “la gravità del maltrattamento subito dal bambino o del

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rischio che corre e la negazione da parte del genitore del danno che infligge al figlio”.44

Spesso attorno alle famiglie vige un problema di negazione.

Come viene sottolineato nel testo “Cattivi Genitori”, esistono differenti modalità relative alla negazione che può essere più legata ai fatti; la negazione della consapevolezza, dove il genitore sostiene di non rendersi conto di quello che stava facendo per diversi motivi; una negazione che va a toccare quelle che sono le responsabilità e quindi il genitore imputa alla vittima la colpa; ed infine abbiamo una negazione dell’impatto ovvero la minimizzazione delle conseguenze dovute al comportamento del genitore stesso.45

È un momento difficile quello relativo alla decisione di denunciare la situazione all’autorità competente, perché nascono diverse paure relative all’interruzione del rapporto con la famiglia-utente, il doversi talvolta trovare a subire delle ritorsioni da parte dei genitori.

I servizi sociali territoriali dovranno porre attenzione ad avvisare la famiglia o anche solo terzi, della loro decisione di segnalare la situazione all’autorità competente.

La famiglia, anche in questa situazione non deve essere vista come un soggetto che subisce, ma va sempre coinvolta agendo nei loro confronti sempre con chiarezza, in modo da limitare possibili rivalse negative, attacchi, chiusure e fraintendimenti.

Come abbiamo detto, la segnalazione deve essere fatta presso il Tribunale per i Minorenni, il quale raccoglierà gli elementi di cui ha bisogno al fine di disporre il proprio giudizio limitativo della potestà genitoriale, prescrittivo verso i genitori circa determinate regole, assegnando ai servizi sociali compiti di sostegno e vigilanza della famiglia.

44

S. Cirillo, Cattivi Genitori, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2005, p. 25.

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Il Tribunale può decidere inoltre di attuare una misura di protezione volta ad interrompere immediatamente la situazione di disagio o esposizione al rischio del minore, quando invece ritiene di non avere sufficienti elementi per procedere in tal senso, chiede ai servizi sociali un approfondimento in merito.

È quindi questa una fase di “indagine” e di “accertamento del danno”, si tratta di valutazione di traumi, carenze, incompetenze di ordine sanitario, sociale, psicologico, mettendo in evidenza quanto siano di pregiudizio per il minore e quanto compromettano la sua crescita. Al momento della decisione relativa l’allontanamento da casa del o dei minori, è importante comprendere come salvaguardare il percorso evolutivo del bambino, a questo proposito ci si interroga su alcuni aspetti apparentemente ovvi, ma in realtà di pregnante significato: Meglio se rimane sul territorio perché ha comunque dei buoni legami, scuola… una buone rete amicale...?

Oppure meglio decidere di spostarlo dal territorio dì origine recidendo tutti i legami sani e non?

Come reagirà la famiglia?

C’è pericolo per il minore e l’eventuale famiglia affidataria nel caso si scelga la soluzione di un affido?

In questa fase decisionale appare strategico non agire con fretta e superficialità, considerare e valutare tutte le situazioni e alternative possibili, poiché qualsiasi decisione presa potrebbe segnare ulteriormente il minore, il quale sta già affrontando una particolare situazione di disagio.

Qualora si valuterà la possibilità di allontanare il minore dalla famiglia di origine, non bisogna dimenticare che questa, in quanto tale per il minore sarà sempre un punto di riferimento.

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A tale proposito il minore dovrà essere preparato utilizzando strumenti e tecniche adeguati alla sua età.

Si lavorerà comunque e sempre, come vedremo più avanti, con la famiglia attraverso un percorso per sostenere, intervenire e valutare la recuperabilità del nucleo stesso.

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2.3 Perché scegliere l’affido familiare come

strumento di aiuto e sostegno

Per il minore individuato come inserito in un ambiente familiare non idoneo alla sua crescita, si decide l’inserimento temporaneo in una nuova realtà, che potrebbe essere una struttura dedicata ma che la legge auspica sia una famiglia in grado di assicurare al minore il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive adeguate di cui ha bisogno.

La scelta da parte dei professionisti circa la volontà di intervenire attraverso lo strumento in questione, è sottolineata dall’importanza di offrire:

al minore l’opportunità di avere un sostegno da parte di un’altra famiglia o di un singolo soggetto; alla famiglia naturale la possibilità di affrontare e cercare di risolvere, con l’aiuto dei servizi e professionisti attraverso attività dedicate, i problemi che hanno portato verso questo tipo di provvedimento; incentivare e sostenere la relazione tra i due.

L’affido familiare non basta “da solo” e quindi i professionisti prima di scegliere di attivare questo strumento dovranno:

-avere tempo di valutare se la famiglia d’origine con cui si andrà a lavorare avrà delle risorse e potrà mostrarsi una famiglia che, se supportata adeguatamente, diventerà o tornerà ad essere in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore.

-avere a disposizione una famiglia affidataria in possesso delle qualità e delle caratteristiche adeguate per essere coinvolta nel percorso.

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Per l’individuazione e per il monitoraggio di un intervento così mirato, sarà fondamentale un lavoro di equipe tra professionisti i quali non si fermeranno al mero compito di allontanare il minore dalla famiglia naturale ma continueranno costantemente a progettare, valutare, verificare, modificare fino alla conclusione dell’affido familiare, qualunque direzione venga presa.

Il progetto di affido familiare viene quindi principalmente individuato per la doppia valenza di sostenere e salvaguardare i diritti dei bambini, collocandoli in una famiglia affidataria la quale darà loro tutte le cure necessarie e nello stesso tempo avere la presa in carico della famiglia naturale del minore.

L’affido familiare assicura quindi il: “…diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una famiglia…”46 ed inoltre limita il processo dell’istituzionalizzazione, dando la possibilità al minore di crescere in modo più armonico ed equilibrato.47

“Ove non sia possibile l’affidamento ….. è consentito l’inserimento del minore in una comunità….”.48

Questi stralci di legge fanno emergere l’importanza di dare priorità all’inserimento del minore in una famiglia affidataria rispetto ad una sistemazione in comunità.

Vediamo, infatti, che: “Il ricovero in istituto deve essere superato…… ove ciò non sia possibile, mediante l’inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazioni e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia”.49

Il progetto di affido familiare si utilizzerà perché si vuole evidenziare la grande importanza e il forte valore che si associa all’ambiente

46

Art. 1 comma 5 legge n. 149 del 2001 “diritto del minore ad una famiglia”.

47

L. Turco, “prefazione” in Un bambino per mano, l’affido familiare una realtà complessa, Franco Angeli, Milano, 2007, p. 7.

48

Art. 2 legge n. 149 del 2001, “diritto del minore ad una famiglia”.

49

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familiare50, riconoscendolo come più idoneo e “protettivo” per lo sviluppo del minore, in modo particolare se di piccola età.

Inserire un minore non in una comunità ma in “una famiglia, significa indurlo in rapporti normali di vita, offrirgli modelli di relazione ordinaria, metterlo al centro di dinamiche affettive”.51

La famiglia ha una dimensione a valenza sociale, psicologica, affettiva, capace di accogliere e contenere, risultando condizione essenziale per la crescita del bambino, diviene il suo diritto primario, “… un diritto che per farlo valere deve essere assunto dalla comunità in cui il minore cresce.”52

L’affido quindi assume, come scelta, anche valore d’investimento sociale e di solidarietà condivisa.

50

F. Garelli, L’affidamento, l’esperienze delle famiglie e dei servizi, Carocci editore, Roma 2004.

51

Ibidem.

52

G. Cappellaro, L. Crollo, “L’affidamento familiare dei bambini piccoli”, dalla rivista Prospettive

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2.4 Le diverse tipologie di affido

Nelle “Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare”53 si evidenzia che: “L’articolazione e complessità delle condizioni e dei bisogni dei bambini e delle loro famiglie in situazioni di grave difficoltà e rischio comporta la necessità di considerare l’affidamento familiare e le sue potenzialità secondo una pluralità di forme”54, sempre nel rispetto della normativa.

Una prima distinzione va fatta circa l’affido intrafamiliare ed eterofamiliare.

- L’affidamento intrafamiliare consiste nell’affidare il minore a parenti entro il quarto grado, purché adeguati e capaci di creare un rapporto significativo e positivo con lui.

I parenti disposti all’affido intrafamiliare dovranno essere valutati come idonei dai servizi sociali e coinvolti in percorsi dedicati al sostegno.

Attraverso questa modalità di intervento si risponde alla legge n. 184 del 1983 la quale sancisce il diritto del minore a crescere nell’ambito della propria famiglia.

La possibilità di inserire il minore all’interno di questa è da considerarsi preventivamente all’affidamento eterofamiliare ovvero alla possibilità di procedere inserendo il minore in un’altra famiglia.

53

Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, conferenza unificata 25 ottobre 2012.

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- L’affidamento eterofamiliare si distingue in consensuale o giudiziale: l’affidamento consensuale è un intervento disposto dal servizio sociale locale e reso esecutivo da un decreto del giudice tutelare. Ciò richiede il consenso dei genitori o del genitore che ha la responsabilità genitoriale.

In questa situazione si potrà ascoltare anche il minore che avrà compiuto 12 anni e se si reputa in grado di discernimento, anche di età inferiore.

Nel caso non esista il consenso dei genitori, si dovrà procedere con un affidamento familiare giudiziale: sarà il giudice del Tribunale per i Minorenni ad intervenire.

- Affidamento familiare diurno a tempo parziale: si tratta di un intervento che permette al minore di trascorrere parte della giornata in una struttura con personale qualificato oppure all’interno di una famiglia, in base al tipo di problematica ed ai bisogni del minore in questione.

In questo intervento emerge l’esigenza di un sostegno educativo come attività scolastiche ed interventi di tipo socializzante.

Tale strumento è volto alla prevenzione del rischio a ricorrere all’accoglienza residenziale, volto al sostegno delle famiglie in difficoltà.

- Affidamento familiare di bambini piccoli (0-24 mesi): affidamento di breve durata, giusto il tempo necessario per valutare le capacità genitoriali e decidere così quale sarà il futuro del bambino.

Sono situazioni prioritarie in cui si devono immediatamente attivare progetti per la recuperabilità dei genitori, non deve durare più di 6-8 mesi perché si ha il rischio di rafforzare i legami con la famiglia accogliente.

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- Affidamento familiare in situazioni di emergenza: è un tipo d’intervento che viene attivato in gravi situazioni improvvise, in particolare se l’età del minore è compresa tra i 0 e i 10 anni.

- esiste inoltre l’affidamento familiare di adolescenti, dove si ha la

possibilità di prosecuzione oltre i 18 anni.

- L’affidamento familiare in situazioni di particolare complessità: il minore presenta particolari bisogni come disabilità, disturbi psichici e problemi sanitari, i quali richiedono una particolare disponibilità dalla famiglia affidataria.

- L’affidamento minori stranieri non accompagnati: coinvolge ragazzi nella maggior parte dei casi di età compresa tra i 14 e i 17 anni, che giungono in Italia attraverso l’immigrazione clandestina, privi di adulti di riferimento.

In questo caso si cercherà di coinvolgere una famiglia affidataria possibilmente che parli la stessa lingua e della stessa religione, in caso non sia possibile i servizi dispongono a sostegno della famiglia che lo accoglie un mediatore culturale.

- L’affidamento a rischio giuridico: riguarda situazioni dove si contattano famiglie che abbiano i requisiti per l’adozione, in genere sono scelte e convocate dal Tribunale per i Minorenni in accordo con i servizi sociali del territorio.

- Abbiamo detto che l’affido familiare ha delle tempistiche, ma nella realtà troviamo anche affido a tempo indeterminato denominato in genere affido sine die.

Questa tipologia di affidamento va a “snaturare la finalità intrinseca dell’affido, che è la sua temporaneità e il suo essere una famiglia in più”55.

55

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Come appare in un documento elaborato nel 2002 dal CNSA56, l’affido sine die, appare come uno strumento utile perché, come nella regola dell’affidamento, permette al minore di conoscere e mantenere i contatti con la famiglia naturale.

Anche se consapevoli che essa non sarà mai in grado di occuparsi in toto del minore, viene rilevata la presenza di minime capacità genitoriali, di risorse familiari e di capacità affettive, che vale la pena mantenere per il benessere del minore.

Si utilizza al momento in cui si ritiene non opportuno definire l’adottabilità del minore, evitando l’istituzionalizzazione ed è particolarmente utile per la fascia adolescenziale.

Serve sempre un continuo monitoraggio da parte dei servizi ed è bene che questo tipo d’intervento viene deciso molto accuratamente.

Deve essere pensato e consapevole, non dovrebbe essere una conseguenza del fallimento d’interventi di supporto alla genitorialità della famiglia d’origine o difficoltà dei professionisti a prendere una decisione riguardante la conclusione dell’affido familiare.

- Sempre nelle Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare57, si parla di “vicinato solidale” per le famiglie in difficoltà: interessa famiglie del territorio che coinvolte dai servizi territoriali, possono sostenere ed aiutare la famiglia in difficoltà.

56

Documento del Coordinamento Nazionale Servizi Affidi del 2002.

57

Linee di indirizzo per l’Affidamento Familiare, Presidenza del Consiglio dei Ministri, conferenza unificata 25 ottobre 2012.

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