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Biotecnologie Screening delle genoteche con le sonde geniche

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Academic year: 2021

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Biotecnologie

Screening delle genoteche con le sonde geniche

Giancarlo Dessì http://www.giand.it

Licenza Creative Commons BY-NC-SA

(BY: attribuzione, NC: uso non commerciale, SA: condividi allo stesso modo)

La tecnica si basa sui seguenti presupposti:

si conosce almeno in parte la sequenza nucleotidica di uno dei filamenti del frammento cercato (DNA bersaglio)

si dispone di una sequenza complementare costruita artificialmente impiegando nucleotidi marcati con isotopi radioattivi (sonda genica)

un frammento di DNA può essere linearizzato e separato nei suoi due filamenti singoli con tecniche di denaturazione

la sonda genica si “appaia” spontaneamente al filamento complementare del frammento ricercato (ibridazione).

Scopo di questa tecnica è l’estrazione o isolamento di un gene o di una specifica sequenza di DNA da una genoteca.

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Le genoteche

Esistono due tipi di genoteche rappresentative:

1) Genoteca genomica. Contiene l’intero genoma di un organismo, perciò comprende sia il DNA intronico sia quello esonico.

2) Genoteca di DNA complementare (cDNA). Contiene solo i geni di espressione del tessuto a cui si riferisce e, quindi, solo DNA esonico. Da tessuti diversi dello stesso organismo si ottengono genoteche di cDNA differenti.

Genoteca genomica

Si estrae il DNA da un campione di cellule dell’organismo e si frammenta con uno o più enzimi di restrizione.

Con gli stessi enzimi di restrizione, si incorporano i frammenti in vettori di clonazione (es. plasmidi ).

Questi vengono amplificati sfruttando la capacità delle cellule procariote di assumere materiale genetico dall’esterno (es. per trasformazione batterica) e di replicarli più volte al loro interno.

Dalla moltiplicazione di ciascuna cellula si ottiene un clone , ovvero un insieme di cellule che contengono lo stesso frammento di DNA clonato.

L’estrazione dei vettori di clonazione, dopo l’amplificazione, permette la raccolta in una sola provetta di tutti i frammenti di DNA, ciascuno contenuto all’interno di un vettore.

La provetta contenente l’intero DNA distribuito alla rinfusa nei plasmidi clonati rappresenta la genoteca genomica .

Figura 1

Genoteca di cDNA

Si estrae il RNA messaggero (mRNA ) da un campione di cellule di un tessuto dell’organismo.

Con l’impiego dell’enzima trascrittasi inversa si costruisce un filamento di DNA complementare al mRNA. Il filamento di RNA viene poi distrutto e sostituito da un filamento di DNA complementare a quello ottenuto con la trascrittasi inversa.

Il materiale ottenuto, detto cDNA , contiene solo il DNA dei geni codificanti funzionali per il tessuto specifico. Non contiene pertanto DNA intronico e i geni “disattivati”.

Usando gli enzimi di restrizione, i frammenti di cDNA vengono incorporati in vettori di clonazione (es. molecole di DNA fagico ).

Questi vengono introdotti nelle particelle virali e amplificati sfruttando la capacità dei batteriofagi di moltiplicarsi attraverso le cellule di Escherichia coli .

Dalla infezione fagica di ciascuna cellula si ottiene un clone, ovvero un insieme di particelle virali che contengono lo stesso frammento di DNA clonato.

La raccolta dei vettori di clonazione, dopo l’amplificazione, contenente l’intero cDNA distribuito alla rinfusa nei fagi clonati rappresenta la genoteca di cDNA di uno specifico tessuto.

Una genoteca è una raccolta di geni o frammenti di DNA contenuti alla rinfusa in un insieme di vettori di clonazione (plasmidi, cosmidi, fagi, ecc.).

Essa è rappresentativa quando contiene almeno una copia di tutte le possibili sequenze.

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Figura 1 . Costituzione di una biblioteca genomica.

1: prelievo di un campione di cellule. 2: estrazione del DNA. 3: trattamento con enzimi di restrizione e inclusione in plasmidi usati come vettori di clonazione. 4: inclusione dei plasmidi ricombinati in cellule batteriche. 5: amplificazione del DNA ricombinato per moltiplicazione delle cellule. 6: estrazione dei plasmidi e costituzione della genoteca.

La scelta del vettore di clonazione e del metodo di amplificazione dipende dalle dimensioni dei frammenti di DNA genomico o complementare.

I plasmidi sono infatti usati per frammenti di piccole dimensioni e sono perciò poco adatti per costituire genoteche di organismi superiori.

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Le sonde geniche

Figura 2 . Appaiamento spontaneo dei frammenti in corrispondenza di sequenze complementari.

Figura 3 . Ripiegamento del frammento per

appaiamento di sequenze complementari.

Le sonde geniche sono a filamento singolo .

Per evitare l’accoppiamento spontaneo dei filamenti o il loro ripiegamento, la sequenza di basi non deve perciò contenere tratti reciprocamente complementari.

Una sonda genica è un filamento singolo di DNA, costruito artificialmente sulla base di una sequenza predefinita di basi.

Per gli scopi che si propone l’utilizzo delle sonde geniche, il filamento è costruito con nucleotidi marcati con l’isotopo radioattivo 32P o con altri metodi di marcatura.

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AATCCTGGCCCATCAATCCGTGAGTTAAATTGATGGGCTTAAGGGGGTATTCC

Questo frammento, ad esempio, non può essere impiegato come sonda genica perché le due sequenze evidenziate in blu sono reciprocamente complementari.

Queste sequenze provocherebbero l’accoppiamento spontaneo di due frammenti distinti (Figura 2 ) oppure il ripiegamento del filamento per l’accoppiamento spontaneo dei due tratti complementari (Figura 3 ).

Le sonde geniche hanno lunghezze da poche decine a qualche migliaio di paia di basi (bp).

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Denaturazione e ibridazione

Figura 4 . Molecola eteroduplex ottenuta per ibridazione.

Fattori destabilizzanti . - alta temperatura (>90°C) - pH elevato (>pH 11)

Fattori stabilizzanti .

- lunghezza del doppio filamento

- frequenza degli accoppiamenti guanina-citosina - concentrazione salina

Denaturazione o melting

Consiste nella destabilizzazione della struttura: la doppia elica si svolge e i legami a idrogeno si rompono causando la separazione dei due singoli filamenti.

Il fenomeno è indotto artificialmente sottoponendo il DNA a riscaldamento, a temperature generalmente superiori a 90°C.

Ogni molecola di DNA ha una sua specifica temperatura di melting , in relazione agli altri fattori stabilizzanti e destabilizzanti.

La struttura del DNA a doppio filamento avvolta a spirale è resa possibile dai legami a idrogeno che si instaurano tra le basi azotate.

Sulla stabilità di questa struttura influiscono diversi fattori.

La denaturazione è una trasformazione reversibile . L’abbassamento di temperatura fino a valori di 45-65°C permette l’appaiamento spontaneo dei filamenti singoli e il riavvolgimento della doppia elica.

Ibridazione

Fenomeno per cui, in opportune condizioni di temperatura e concentrazione salina, un filamento singolo di DNA (DNA bersaglio ) è appaiato spontaneamente da un altro frammento di DNA a singolo filamento in un tratto di sequenza complementare ( Figura 4 ).

Le molecole di DNA a doppia elica ottenute dall’ibridazione sono dette eteroduplex . Il fenomeno è sfruttato per individuare una specifica sequenza di basi con l’uso delle sonde geniche.

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Screening di una genoteca (metodo del colony blot )

Dopo l’incubazione, da ogni cellula si sviluppa una colonia.

Tutte le cellule di una colonia contengono lo stesso frammento di DNA clonato .

Nella foto, colonie di Escherichia coli, incubate in una capsula Petri.

(Fonte: Wikimedia Commons, autore: Madeleine Price Ball, licenza Creative Commons BY-SA 3.0)

I batteri contenenti i geni clonati vengono inoculati in una capsula Petri su un apposito terreno di coltura. Ogni cellula contiene un frammento della genoteca, tuttavia non si conosce la posizione delle cellule contenenti il gene da isolare.

Si stende sulle colonie un filtro di nitrocellulosa o di nylon

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Le cellule assorbite dal filtro vengono distrutte (lisi) e il DNA liberato sottoposto a denaturazione.

Il filtro viene bagnato con una soluzione contenente la sonda genica specifica, marcata con 32P.

Dopo il lavaggio, sul filtro restano solo le sonde geniche che si sono appaiate al DNA bersaglio del frammento cercato (ibridazione ).

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Si sovrappone al filtro una pellicola sensibile ai raggi X.

La pellicola sarà impressionata in corrispondenza delle aree in cui si sono concentrate le sonde geniche marcate con l’isotopo radioattivo (autoradiografia ).

Il confronto tra le aree della pellicola impressionate e la piastra Petri di origine permette di localizzare le colonie contenenti il frammento di DNA bersaglio.

A questo punto si prelevano le cellule dalle colonie individuate e si procede alla loro moltiplicazione allo scopo di amplificare il frammento di DNA bersaglio.

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