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RECENSIONI 243

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Academic year: 2021

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RECENSIONI

GIOVANNI BERNETTI (2005) – Atlante di selvicoltura.

Dizionario illustrato di alberi e foreste. Bologna, Edagricole. 504 pagine, 360 illustrazioni. ISBN 88-506- 4665-8. € 69,50.

Non appena ho avuto tra le mani il ponderoso tomo di Giovanni Bernetti ho immediatamente sublimato tante remi- niscenze, apprezzando peraltro tutto il loro fascino. Ho rivisi- tato mentalmente il grande planisfero «ad usum navigantium», realizzato da Gerard Kremer nel 1569, con la raffigurazione di Atlante, il gigante mitologico che reggeva il mondo sulle spalle. Mi sono allora domandato se questa opera non fosse la conclusione di un «progetto» pensato e realizzato dall’Autore per rendere accessibile a tutti una disci- plina che coinvolge interessi scientifici, tecnici, economici, sociali…, e che, appunto per questo, ha molteplici implica- zioni. Quando dico «progetto» mi riferisco alla realizzazione di un libro la cui centralità è la definizione e l’esemplifica- zione dell’insieme di pratiche colturali che formano una disci- plina, nell’intento di ottimizzarne le norme e le finalità. Sia ben chiaro: in un contesto del genere non è possibile approfondire in modo esaustivo tutte le pratiche selvicoltu- rali, che sono molte e di varia natura, valutandone nel con- tempo le implicazioni in modo unitario. E, tuttavia, questa opera costituisce un punto di riferimento a livello globale.

Un atlante, si sa, è una raccolta di materiale che rias- sume le conoscenze di una disciplina in schede sintetiche accompagnate dalle relative illustrazioni. L’autore, ripren- dendo l’idea di Diderot e D’Alembert che alla grande Enciclopedia avevano associato il sottotitolo Dizionario ragio- nato delle scienze, delle arti e dei mestieri, all’Atlante di selvi- coltura ha dato il sottotitolo «Dizionario illustrato di alberi e foreste» che molto opportunamente ne completa i contenuti.

In altre parole siamo di fronte a una trattazione, in ordine alfabetico, delle nozioni e della terminologia attinenti agli alberi e alle foreste. Il volume, pertanto, descrive anche gli arbusti, gli alberi, le foreste e, cosa molto utile, fornisce i dati statistici dei boschi a livello nazionale e regionale, indicando anche i tipi di bosco più rappresentativi.

Gli argomenti presi in considerazione sono tali e tanti che è difficile analizzarli come invece meriterebbero. Mi limiterò solo a esporre alcune note relative alla qualità del

«progetto», così come prima inteso, nella convinzione che possano interessare coloro che si occupano di aspetti selvi- colturali. Se come nel caso in questione il progetto presenta tratti di particolare complessità, chi si accinge a realizzarlo procede razionalmente, ovvero secondo regole puntuali ed efficaci. In questi casi c’è bisogno di economia e rapidità. Ciò significa che si opera sulla scorta di procedure e soluzioni sicure che non necessitano di ulteriori verifiche perché si conviene che siano accettate. Le motivazioni che spingono a realizzare un atlante o un dizionario si basano dunque sull’e- conomia e sulla rapidità o, se si vuole, sull’efficienza delle soluzioni date. Tutto questo può apparire come un fatto accertato e appunto perciò di scarso significato. Non è così.

Seguire procedure non significa operare secondo condizio- namenti banali, anzi. Nella fattispecie l’Autore ha illustrato le sue inclinazioni selvicolturali elevandole a conoscenza, pur mantenendosi nelle costrizioni del gergo accademico con-

venzionale. Epperò, una volta scelti il criterio e l’ordina- mento, non era possibile operare diversamente.

Per valutare convenientemente lo sforzo dell’Autore è necessario rifarsi al processo di acquisizione di conoscenza collettiva e individuale che è costituita dalla ben nota sequenza teoria prassi. Bisogna essere consapevoli che in primo luogo chi si propone di realizzare un «progetto» rela- tivo a una disciplina deve conoscere le norme e l’applicabi- lità che la caratterizzano. Se le norme sono considerate buone e applicabili allora vengono descritte in modo sinte- tico e ordinato. Viceversa, quelle norme che sulla base delle proprie esperienze appaiano inattuali o improprie non ven- gono riproposte. In secondo luogo, per non banalizzare l’o- pera, è indispensabile una tensione rivolta alla memoria, alle possibili e varie connessioni tra i vari problemi nell’intento di ottimizzarne le soluzioni. La curiosità finalizzata a ripor- tare e a riproporre la propria e l’altrui esperienza è decisiva per dare legittimità alla propria opera, nella convinzione della sua utilità non solo momentanea ma anche futura.

Economia, rapidità, efficienza e qualità. Sono questi gli elementi che caratterizzano il volume. Credo di poter dire che esso sarà ben accolto da tutti coloro che si occupano di alberi e di foreste. Un libro che, a mio avviso, in breve tempo farà bella mostra di sé sulle scrivanie di studenti, operatori forestali e tecnici, studiosi e ricercatori, amanti degli alberi e dei boschi. Gli studenti ne trarranno benefici perché potranno acquisire in modo semplice e diretto sia le nozioni selvicolturali sia il linguaggio tecnico convenzionale.

Gli operatori forestali e tecnici potranno usare il volume come manuale da consultare ogni qualvolta dovranno effet- tuare scelte operative o abbiano dubbi relativi alla nomen- clatura degli alberi. Gli studiosi e i ricercatori nella consultazione, oltre all’acquisizione di conoscenza, potranno apprezzare la vasta cultura dell’Autore che si manifesta anche e, soprattutto, nei particolari. Gli amanti degli alberi e dei boschi potranno trovare indicazioni, spesso cercate e non trovate altrove, che li arricchiranno culturalmente e che, pro- prio per questo, renderanno piacevoli i momenti di relax. Un libro «ad usum navigantium», dunque, che colma un vuoto nel panorama editoriale del «grande planisfero» forestale.

ORAZIOCIANCIO

FABIOCLAUSER, MARINACLAUSER(2004) – Piantare alberi.

Mille e mille piccoli boschi per rinverdire l’Italia.

Firenze, Libreria Editrice Fiorentina. 158 pagine + 40 foto. € 12,00.

Il libro di Fabio e Marina Clauser non vuole essere un manuale ma piuttosto un invito alla selvicoltura, un invito che gli Autori rivolgono a chi si volesse dedicare «per diletto» a questa attività. Il libro si rivolge infatti a coloro che hanno a disposizione una piccola superficie di terreno già boscato o anche nudo per invitarli a creare un «bel bosco», cioè creare o migliorare qualche cosa che soddisfi le proprie preferenze estetiche e naturalistiche e, allo stesso tempo, anche qualche piccola esigenza produttiva. Le dimensioni considerate vanno da poche migliaia di metri quadrati (i «boschetti» secondo la definizione della FAO) fino a qualche ettaro.

Il libro si suddivide in tre parti. La prima tratta del rim- boschimento di piccoli appezzamenti di terreno, la seconda

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RECENSIONI la coltivazione del bosco, la terza le specie forestali più fre-

quenti.

La constatazione che l’abbandono dell’agricoltura colli- nare e di montagna ha reso disponibile una gran quantità di terreno potenzialmente utile per il bosco ha spinto gli Autori a esporre in maniera molto chiara e accessibile la sequenza di operazioni che possono consentire anche al piccolo pro- prietario non esperto di realizzare un impianto di specie forestali con lo scopo di costituire un piccolo bosco. Molto opportunamente gli Autori distinguono tale attività dall’ar- boricoltura da legno per la quale rimandano i lettori ai numerosi testi specialistici.

Gli argomenti trattati riguardano la scelta delle specie, la provvista delle piantine, la preparazione del terreno, la messa a dimora, la semina diretta, le cure colturali, la difesa dagli animali selvatici, i diradamenti. I diversi paragrafi con- tengono tante indicazioni di buon senso che nascono dalla profonda conoscenza acquisita da Fabio Clauser nella sua lunga attività in campo. Un esempio fra i tanti: nell’affron- tare la complessa problematica dei possibili cambiamenti cli- matici si suggerisce di non piantare le specie tipiche di una zona al suo margine inferiore. Pur nell’incertezza gli Autori offrono comunque una consolazione al selvicoltore per diletto e cioè la consapevolezza che la creazione di un nuovo bosco, fissando carbonio negli alberi e nella sostanza orga- nica del terreno, potrà compensare almeno le emissioni di anidride carbonica che egli stesso provoca come consuma- tore di energia.

La seconda parte esamina le diverse forme di governo e di trattamento del bosco: cedui semplici, matricinati, a sterzo e composti, fustaie coetanee, disetanee e irregolari, indi- cando per ognuna le tecniche di coltivazione e di rinnova- zione. Un paragrafo riguarda il concetto di naturalità e la conservazione della biodiversità e un altro ancora il pericolo di incendi. Anche qui l’esperienza e la competenza degli Autori si somma a tanta saggezza producendo molti preziosi suggerimenti, come l’invito, rivolto a chi si dedica ad una

«selvicoltura minima», a interpretare il bosco come un ecosi- stema e non secondo gli schemi basati sul «bosco normale».

Oppure a considerare il bosco «non tanto un semplice insieme di alberi, ma piuttosto spazio vitale di un gran numero di esseri viventi che con gli alberi interagiscono».

Nella terza parte vengono esposte sotto forma di schede le esigenze ambientali delle specie impiegate di solito nei rimboschimenti e di quelle più frequenti nei nostri boschi.

Sono incluse anche tre specie esotiche ormai «naturalizzate»:

l’abete americano, il cedro dell’Atlante e il cipresso dell’Arizona. Una scheda è dedicata agli alberi da frutto sel- vatici, ritenuti una componente importante dei boschi per la preziosità del loro legno, per la bellezza delle fioriture, in qualche caso per la bontà dei frutti e sempre per l’arricchi- mento della diversità biologica e del paesaggio.

Il libro si chiude con una nota finale che invita il lettore ad approfondire le proprie conoscenze ma anche a frequen- tare quella letteratura che al bosco si è ispirata.

Questo chiaro, appassionato, piccolo libro – che peraltro si legge in breve tempo – può risvegliare anche negli addetti ai lavori, avvezzi a trattare le questioni tecniche e scientifiche della selvicoltura, la voglia di confrontarsi diret- tamente con il fascino della crescita, dello sviluppo e dell’e- voluzione del bosco, che, proprio per le piccole dimensioni qui considerate, diviene più familiare e amico.

Questo libro fa riconciliare i cultori della scienza con quelli della letteratura e, soprattutto, aiuta a superare un

grave fenomeno attuale: lo sbiadirsi della vocazione forma- tiva e dell’idea di trasmissione di saperi e di valori.

Pur nella sua semplicità di linguaggio e chiarezza di contenuti il testo non tralascia di affrontare questioni di grande attualità scientifica e strategica. Si può dire che questo libro rappresenta un esempio di come si può pensare globalmente e agire localmente.

Come sostengono gli Autori, i selvicoltori si occupano di esseri molto longevi che possono superare i secoli in piena vigoria. Anche il selvicoltore per diletto si dovrà conformare a queste dimensioni le quali d’altra parte lo avvicinano ai filosofi che si occupano dell’eternità.

ORAZIOCIANCIOe SUSANNANOCENTINI

ROBERTODELFAVERO(2004) – I boschi delle regioni alpine ita- liane. CLEUP editore. 599 pagine, un CD Rom di illu- strazioni. Libreria CLEUP, via Gradenigo 2, Padova - Tel. 049-8071998. € 45,00.

Il prof. Roberto del Favero è stato il primo ad intro- durre in Italia l’impiego sistematico della Tipologia Forestale: ha dato inizio ad una serie di monografie regio- nali; ha curato le monografie del Veneto, del Friuli-Venezia Giulia e della Lombardia. Fra le tipologie forestali delle altre regioni dell’area alpina, quella del Piemonte è stata compi- lata dall’IPLA. È disponibile anche la monografia del Trentino (Odasso M. 2002, I tipi forestali del Trentino, Centro Ecologia Alpina, Viote Monte Bondone, Sardagna TN.). Sono in corso di preparazione le tipologie della Valle d’Aosta e quella del Sudtirolo. Per la Liguria si dispone di una carta forestale.

Non mancava, dunque, il materiale per preparare una sin- tesi sui tipi forestali di tutte le regioni interessate dalle Alpi.

Visto che la descrizione dei tipi comprende anche notizie sulle prospettive dinamiche del popolamento, è stato possibile inquadrare i tipi forestali e le prospttive selvicolturali sulla base della dinamica e della funzionalità dell’ecosistema. Il funzio- namento dei sistemi naturali è visto in relazione al loro ciclo vitale che viene suddiviso in quattro fasi: (1) di rinnovazione, (2) di competizione, (3) di stabilizzazione e (4) di decadenza.

Tali fasi hanno modalità e durata diversa secondo il tempera- mento delle specie e secondo la frequenza e l’intensità dei disturbi (incendi, frane, ecc.) insite nella stazione.

Le fasi sono previste in base ai probabili sviluppi del popolamento potenziale in assenza di interventi umani. Per esempio. (1). Nei popolamenti dominati da specie conclusive sciafile (tipo «faggeta») che si trovino in posizioni non sog- gette a incendi, frane, valanghe e galaverne, si ipotizza prima di tutto che il crollo delle piante del bosco vecchio avvenga progressivamente per singoli o pochi soggetti. Ne deriva la rinnovazione a piccoli gruppi. Poi al crescere dell’età, avverrà la fusione fra i piccoli gruppi, le differenze di dimen- sione fra i gruppi si attenueranno e il popolamento si stabi- lizzerà su di una struttura monostratificata. Seguirà la decadenza progressiva su cui si inserirà la fase di rinnova- zione. (2) Nei popolamenti dominati da specie pioniere elio- file (tipo «pineta di pino silvestre») radicati in stazioni con suoli più superficiali e soggette a ricorrenti schiantate da neve pesante e ricorrenti annate di crisi di aridità, ecc., è più facile che la rinnovazione trovi occasioni per insediarsi su grandi superfici. Ne consegue una struttura orizzontale per g

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grandi gruppi o, meglio, per giustapposizione d’interi popo- lamenti. Il periodo di competizione fra piante appartenenti a specie esigenti di luce è lungo. Segue una più o meno pre- caria stabilizzazione su di un bosco poco coprente in cui sarà possibile l’insediamento del sottobosco. La decadenza può essere molto breve se non istantanea per catastrofe. Del Favero ipotizza in tutto 5 «tipi di sistema» possibili dando spazio anche ai boschi misti.

La trattazione riguarda i boschi delle Regioni ammini- strative interessate dalle Alpi considerando per intero le regioni: Friuli-Venezia Giulia, Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia, Piemonte, Val d’Aosta e Liguria. In questo ambito sono individuate 11 «regioni forestali» fra cui si com- prendono anche le coste occidentale e orientale, la Pianura Padana ed anche l’Appennino nel tratto che interessa la Liguria, il Piemonte e la porzione oltre Po della Provincia di Pavia. Questa estensione del territorio periferico alle Alpi, oltre a soddisfare esigenze amministrative, è quanto mai opportuna per la completezza. Anche l’Ozenda, nel suo fon- damentale lavoro sulla vegetazione della Catena Alpina, ha preso in esame il territorio confinante.

Nelle descrizioni delle 11 «regioni forestali» in cui del Del Favero ha diviso il territorio sono precisate le particola- rità climatologiche, geopedologiche e vegetazionali; è origi- nale ed efficace il sistema di illustrare gli aspetti distributivi ricorrendo a fotografie su cui sono sovrascritti i confini fra le categorie di popolamento ed altre annotazioni. Le singole

descrizioni sono completate da un occhiello sulla suddivi- sione per fasce altitudinali di vegetazione e per gruppi di substrato.

I rimanenti 17 capitoli sono dedicati ai tipi forestali aggruppati per «categoria». Si ricorda che il termine «cate- goria» indica un tipo di copertura quale è determinato da una specie dominante o, comunque, qualificante della fisio- nomia: faggete, peccete, ecc.

Come per tutte le tipologie di Del Favero, l’articola- zione d’ogni capitolo è integralmente discorsiva, evitando il sistema a schede per ciascun tipo. Ai tipi meno rappresentati è dedicato un occhiello separato. La parte dedicata alla sel- vicoltura è molto lunga ed esauriente. Del Favero vuole sta- bilire interventi selvicolturali che seguano il dinamismo del bosco e le probabili prospettive di longevità. Oseremmo dire che ci riesce bene grazie al fatto che: (1) riporta una pre- messa sull’autoecologia delle specie qualificanti e (2) riela- bora per ogni categoria le particolarità delle tendenze dinamiche e le richiama a suffragio dei moduli selvicolturali consigliati.

Lo stile è scorrevole; le illustrazioni e le tabelle (ese- guite in gran parte con criteri originali) hanno una grande efficacia didattica. La parte schematica è affidata al CDRom che ha tutte le schede secondo il tipo forestale ed è arric- chito da oltre 800 fotografie.

GIOVANNIBERNETTI

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