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Le intercettazioni informatiche e il trojan virus nel sistema del processo penale

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Academic year: 2021

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(1)

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

LE INTERCETTAZIONI INFORMATICHE E IL TROJAN VIRUS

NEL SISTEMA DEL PROCESSO PENALE

Il Candidato

Il Relatore

(2)

“You can’t connect the dots looking forward;

you can only connect them looking backwards.

So you have to trust that the dots will somehow

connect in your future. You have to trust in something

— your gut, destiny, life, karma, whatever. Because

believing that the dots will connect down the road, will

give you the confidence to follow your heart, even when

it leads you off the well-worn path, and that will make

all the difference.”

Steven Paul Jobs

(3)

INDICE

Introduzione

……….……….…

VI

Capitolo I

LE FONTI COSTITUZIONALI E

INTERNAZIONALI IN MATERIA DI

INTERCETTAZIONI

1. Inquadramento costituzionale della tutela riservata alle

Intercettazioni………..………..1

1.1. Introduzione ed evoluzione storica………..………1

1.2. Il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni: l’art. 15

Cost.………...…………6

1.3. Profili di legittimità costituzionale: la sentenza 34 del 1973 della

Corte costituzionale……….………13

(4)

Capitolo II

LA DISCIPLINA PROCESSUALE DELLE

INTERCETTAZIONI: EVOLUZIONE

STORICA ED ANALISI

1. La storia……….………29

1.1. L’origine delle intercettazioni………....………29

1.2. Le intercettazioni nei codici di procedura penale………..………33

2. La nozione di intercettazione……….………41

2.1. Le intercettazioni preventive e processuali: la diversa finalità…...……42

2.2. Le intercettazioni inter absentes e inter praesentes: diverse tipologie..51

3. Gli elementi costitutivi………...………53

3.1. La segretezza della comunicazione………53

3.2. La terzietà del soggetto captante e la clandestinità della captazione...55

3.2.1 La terzietà del soggetto captante………..………...56

3.2.2 La clandestinità della captazione………..………....60

3.3. L’utilizzo di particolari strumenti tecnologici………...………63

4. I presupposti delle intercettazioni………64

4.1. Premessa……….………64

4.2. I reati comuni: i limiti edittali di pena dei reati………65

4.3. I gravi indizi di reato e l’assoluta indispensabilità dell’intercettazione………....………68

(5)

Capitolo III

LE INVESTIGAZIONI INFORMATICHE: IL

CAPTATORE INFORMATICO

1. La disciplina delle intercettazioni informatiche e

telematiche………...………79

1.1. Il progresso tecnologico e l’impatto sul processo penale………..………79

1.2. La legge n. 547 del 1993………..………81

1.3. L’intercettazione del flusso di comunicazione relativo a sistemi

informatici e telematici ex art. 266-bis c.p.p.……….………90

1.4. L’oggetto dell’attività intercettiva: il sistema informatico e il sistema

telematico………...………...………95

2. L’informatica all’interno del processo penale…...……99

2.1. Le investigazioni informatiche nella legge di ratifica della

Convenzione di Budapest sul Cybercrime………99

2.2. Le indagini informatiche……….………103

3. Il captatore informatico……….………108

3.1. Il captatore informatico e le sue caratteristiche: un malware per

migliorare l’efficacia delle indagini informatiche………110

3.2. La captazione delle e-mail……….………114

3.3. Le intercettazioni di conversazioni tra presenti all’interno della

(6)

Capitolo IV

IL DECRETO LEGISLATIVO 29 DICEMBRE

2017, N. 216

1. La legge 23 giugno 2017, n. 103………..………147

2. La delega in materia di intercettazioni ………...……149

3. Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 29 dicembre

2017, n. 216………..………160

3.1. La cernita delle intercettazioni “rilevanti”, la loro trascrizione nei

brogliacci d’ascolto e il divieto di trascrizione di quelle irrilevanti…..…162

3.2. La disciplina in tema di deposito dei verbali e delle registrazioni: il

loro differimento, il ritardato deposito degli atti e l’istituzione

dell’archivio riservato delle intercettazioni………169

3.3. L’acquisizione in via ordinaria delle intercettazioni rilevanti al

fascicolo delle indagini ………175

3.4. La procedura derogatoria in ipotesi di misura cautelare. L’utilizzo

delle intercettazioni a fini cautelari e la loro acquisizione al fascicolo delle

indagini preliminari………...………186

3.5. Il diritto della difesa all’ascolto e alla copia delle intercettazioni..191

4. La disciplina del captatore informatico………..…………195

4.1. Le molteplici attività realizzabili con il captatore informatico: le

perquisizioni on-line………....………207

4.2. La necessaria tutela delle garanzie individuali………213

(7)

Riflessioni conclusive

………..……….…

225

Bibliografia

………..……….…

238

Giurisprudenza

………..……….…

252

(8)

Introduzione

L’ingresso della tecnologia all’interno delle nostre vite è ormai un dato di fatto, visto che questa viene utilizzata per compiere la maggior parte delle azioni quotidiane. Inoltre, il progresso tecnologico ha avuto un forte impatto anche sul nostro processo penale, il quale sfrutta le novità per facilitare lo svolgimento e la conclusione delle diverse fasi.

Negli ultimi decenni abbiamo sentito parlare sempre più spesso del termine intercettazione, in particolare, le intercettazioni di comunicazioni sono uno dei principali strumenti di ricerca della prova perché consentono di accedere alle comunicazioni dei cittadini al fine di accertare i fatti oggetto del processo.

Questo sviluppo ha portato, però, a diversi problemi sia per quanto riguarda l’aspetto pratico e tecnico delle intercettazioni, sia per quello giuridico, considerato che lo sfrenato utilizzo della tecnologia per comunicare permette di registrare moltissime conversazioni e porta qualcuno a dire che la riservatezza in alcuni casi dovrebbe venire meno, per tutelare l’interesse pubblico e la conoscenza di particolari fatti, con conseguenti e forti limitazioni per quanto riguarda la tutela della privacy dei singoli soggetti.

Negli ultimi anni, quindi, vi sono stati diversi contrasti aventi ad oggetto strumenti tecnologici utilizzati durante le indagini da parte degli inquirenti, con la conseguente volontà di regolamentare determinati aspetti delle intercettazioni e bilanciare due interessi fortemente contrapposti, la tutela della privacy e il diritto di informazione.

(9)

Il presente lavoro analizza l’evoluzione storica delle intercettazioni, sia tradizionali che telematiche, con particolare riguardo ai moderni strumenti investigativi, i cc.dd. captatori informatici. Questi sono diventati degli strumenti indispensabili all’interno del processo penale, visto che le moderne tecniche di crittografia hanno reso inutili i normali strumenti intercettativi.

Le peculiarità di questi strumenti sono, però, molteplici, visto che, a differenza di altri strumenti intrusivi, questi possono essere installati da remoto ed in modo occulto. Inoltre, le operazioni realizzabili con i captatori informatici sono molte di più rispetto ai tradizionali strumenti intercettativi, visto che con questi si può copiare tutti i dati salvati sul dispositivo, registrare qualsiasi operazione compiuta dallo strumento infettato e riprendere i luoghi in cui questo si trova. Queste particolarità hanno sempre di più dimostrato la necessità di introdurre un’adeguata regolamentazione, sempre con l’obiettivo di trovare un equilibrio tra le esigenze di accertamento del fatto e la tutela dei diritti fondamentali degli individui.

Ed era proprio questo l’intento della legge 23 giugno 2017, n. 103, la quale, per cercare di risolvere questi contrasti, ha conferito al Governo la delega ad intervenire in materia di intercettazioni ed è sfociata nel D.Lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, senza però raggiungere l’obiettivo sperato, come vedremo in questo elaborato.

(10)

Capitolo I

LE FONTI COSTITUZIONALI E

INTERNAZIONALI IN MATERIA DI

INTERCETTAZIONI

1. Inquadramento costituzionale della tutela riservata alle intercettazioni

1.1. Introduzione ed evoluzione storica

Le intercettazioni di comunicazioni rappresentano uno dei principali strumenti di ricerca della prova, particolarmente utili e idonei ad accertare i fatti oggetto del processo, perché, cercando di captare elementi pertinenti al reato, consentono di entrare, in via occulta e clandestina, nella vita privata dei cittadini, nel momento in cui comunicano con altri soggetti, avvalendosi di qualsiasi strumento comunicativo, tecnologico o informatico.

La materia delle intercettazioni di comunicazioni tra persone deve necessariamente essere introdotta facendo riferimento alla Costituzione, sia andando a vedere quindi, la tutela che essa riserva al privato cittadino nel momento in cui subisce eventuali ingerenze da parte dei pubblici poteri, sia evidenziando le possibili limitazioni ammissibili.

È chiaro che, in questo contesto, assumono rilevanza centrale quegli articoli che tutelano in generale la persona umana: l’art. 2 Cost., all’interno del quale si statuisce che “la Repubblica riconosce e garantisce i

(11)

diritti inviolabili dell’uomo”, l’art. 13 Cost., per la tutela della libertà

personale, l’art. 14, per la tutela del domicilio, e infine, l’art. 15, a garanzia del diritto alla libertà e alla segretezza di comunicazione, diritto qualificato come inviolabile che, secondo alcuni autori, può essere considerato come «ampliamento e precisazione del fondamentale principio di inviolabilità della persona umana sanzionato dall’art. 13 Cost. […] garantendo una delle forme più dirette ed immediate di collegamento della persona con il mondo esterno»1.

Particolarmente rilevante ai nostri fini è quindi la tutela sancita dall’art. 15 della Carta costituzionale, che dispone: «La libertà e la

segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge».

Cercando di capire però come siamo arrivati a questa disciplina particolarmente garantista, è opportuno fare un breve excursus storico, per individuare quando tale diritto abbia trovato un primo riconoscimento positivo.

Seppur in via elementare, la libertà di comunicazione ha trovato per la prima volta la propria tutela durante il XVII e XVIII secolo, con lo sviluppo dei servizi postali: si trattava di una tutela effimera e insufficiente, in quanto considerava soltanto i fatti illeciti commessi da privati, senza considerare gli eventuali illeciti commessi dai pubblici poteri2.

Un primo rilevante riconoscimento si è avuto solo in Francia nel 1790, a seguito della Rivoluzione francese, quando l'Assemblea Nazionale proclamò l'inviolabilità della libertà di corrispondenza,

1 P. Barile, E. Cheli, Corrispondenza (libertà di), in Enc. dir., 1962, p. 744. 2 Ibidem.

(12)

riconoscendo così ad essa una protezione, anche e soprattutto, verso le ingerenze da parte dei pubblici poteri3.

In Inghilterra, invece, nonostante che una prima tutela inerente alla segretezza degli individui esistesse già nel 1649, sarà solo nel 1657 che Cromwell definirà il controllo sulle poste il «mezzo migliore per

scoprire e prevenire gli attentati contro il Governo»4, e così la censura comincerà ad essere ordinariamente tollerata5.

Nell’Italia di fine ’800, lo Statuto Albertino non prevedeva alcuna tutela formale della libertà di comunicazione, sebbene si ritenesse che il diritto alla libertà della corrispondenza potesse essere desunto dalla garanzia della libertà individuale6. Inoltre, nell'ordinamento pre-repubblicano, i diritti e i rapporti inerenti alla corrispondenza trovarono una regolamentazione molto ampia e minuziosa, attuata in molteplici norme amministrative, penali e civili7. Lasciando da parte il periodo del Fascismo, durante il quale venne fortemente limitata la tutela di tale libertà o, addirittura, la si rese inesistente, in quanto c’era una particolare propensione a colpire le violazioni private e, per converso, ad interpretare in termini estensivi la sfera delle violazioni pubbliche8, ritenute legittime, arriviamo al momento in cui il nostro ordinamento sentì la necessità di conformarsi ad un sistema democratico e garantistico: siamo all’alba dell’emanazione della Costituzione.

In questo contesto, non possiamo non fare riferimento alle sedute del 24 gennaio e del 26 marzo 1947 dell’Assemblea

3V. Italia, Libertà e segretezza della corrispondenza e delle comunicazioni,1963, p. 9 ss. 4 P. Barile, E. Cheli, Corrispondenza (libertà di), cit., 1962, p. 745.

5 Non a caso, nel 1822 venne aperta arbitrariamente una lettera diretta ad un membro

della Camera dei Comuni, e quindi vi fu un reclamo da parte sua, non tanto per la violazione del segreto epistolare, ma perché considerava il fatto come una violazione dei privilegi inerenti alla sua carica (T. C. Giannini, Trattato di diritto postale, 1912, p. 405 ss).

6 G. Arangio Ruiz, Istituzioni di Diritto Costituzionale Italiano, 1913, p. 130 ss.; F. Racioppi, I.

Brunelli, Commento allo Statuto del Regno, 1909, p. 59 ss.

7 P. Barile, E. Cheli, Corrispondenza (libertà di), cit., 1962, p. 747. 8 P. Caretti, Corrispondenza (libertà di) in Dig. disc. pubbl., 1989, p. 201.

(13)

Costituente, in cui si affermò a chiare lettere la «piena libertà di

comunicare con altri e usando dei mezzi esistenti, sia postali che telegrafici e telefonici», garantendo così un’esclusione di «qualsiasi controllo o censura, e con garanzia di piena segretezza»9, ammettendo eccezionalmente un previo controllo dell’attività giudiziaria nel quadro delle doverosità delle esigenze investigative.

Infatti, specificamente nella seduta del 26 marzo 1947, si sottolineò che «da che mondo è mondo, ogni e qualsiasi Costituzione, dopo

l’affermazione dei diritti fondamentali di libertà, prevede i casi nei quali questa può essere limitata»10, dovendo così trovare un punto di equilibrio tra i diritti fondamentali di libertà, inviolabili del cittadino, e le esigenze della pubblica autorità per il buon funzionamento della società e dell’ordine pubblico.

Entrando nel merito dei lavori preparatori, nella seduta dell’11 aprile 1947, venne discusso e approvato l’art. 9 del progetto, formulato dalla Prima sottocommissione e antenato dell’attuale art. 15 Cost., che disponeva: «La libertà e la segretezza di comunicazione e di

corrispondenza in qualsiasi forma sono garantite. Può derogarsi a questa disposizione solo per motivata decisione dell'autorità giudiziaria. La legge può stabilire limitazioni e istituire censure per il tempo di guerra. La divulgazione di notizie per tal modo conosciute è vietata».

Successivamente, a seguito di un breve dibattito, il Comitato di redazione riunì la tutela in materia di libertà e segretezza delle comunicazioni (di cui all’art. 9 e attualmente nell’art. 15 Cost.) in un’unica norma, insieme alle altre libertà di cui oggi agli artt. 13 e 14 Cost.: i Padri Costituenti vedevano questi tre articoli come

9 Relazione all’Assemblea Costituente della Commissione per studi attinenti alla

riorganizzazione dello Stato, 1946, p. 104.

10 G. Bettiol, Atti dell’Assemblea Costituente, seduta del 26 marzo 1947, p. 2490; V. Tieri,

(14)

particolarmente connessi tra loro11 e ammettevano, provvedimenti provvisori dell'autorità di pubblica sicurezza «in casi eccezionali di

necessità ed urgenza»12.

Rispetto a questo assetto, però, non tutti erano d’accordo: l’Onorevole Perassi voleva tornare ad una disciplina divisa proprio come era stato deciso dalla prima Sottocommissione; l’Onorevole Ruini, invece, osservava che in tal modo si sarebbe rinunciato «al

vantaggio di considerare in via unitaria, per tutte e tre le inviolabilità, l'istituto fondamentale per cui la polizia non potrà prendere alcun provvedimento, ad esempio, di sequestro di corrispondenza senza darne notizia all'autorità giudiziaria che esercita un sindacato». Infatti la lettera dell’art. citato

sembrava non contemplare i provvedimenti provvisori dell’autorità di pubblica sicurezza, ammessi per le altre due libertà13.

Inoltre, l’Onorevole Condorelli propose di inserire, oltre alla garanzia della motivazione dell’atto giudiziario, l’ulteriore tutela della pendenza del procedimento penale, ritenendo pacifico che questa si esplicasse per tutte e tre le inviolabilità14: sebbene l’emendamento fosse stato approvato dall’Assemblea, alla fine, il requisito della “pendenza del procedimento penale” venne soppresso perché ritenuto eccessivamente limitativo.

Dai lavori preparatori sembra quindi potersi escludere che si sia voluto stabilire nella Costituzione un divieto per il legislatore alla parificazione delle tre classiche inviolabilità ai fini dei provvedimenti

11 Secondo una interpretazione teleologico-soggettiva dell'art. 15, il diritto alla libertà e alla

segretezza della comunicazione è considerato a fortiori come proiezione spirituale della persona, a completamento della tutela che la Costituzione offre alla sua proiezione spaziale (art. 14), alla libertà in senso fisico (art. 13), e, più in generale, alla dignità umana ex art. 2 Cost. (C. Caruso, La libertà e la segretezza delle comunicazioni nell’ordinamento costituzionale, 2013, p. 4).

12 La Costituzione della Repubblica italiana, a cura di V. Falzone, F. Palermo, F. Cosentino,

1976, p. 70.

13 Commissione per la Costituzione, seduta del 24 gennaio 1947, in A.C., p. 168. 14 Testo originario della Costituzione con prefazione di V. E. Orlando, p. 45 ss.

(15)

provvisori adottabili dalle autorità di pubblica sicurezza con le garanzie di cui al terzo comma dell'art. 13.

1.2. Il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni: l’art. 15 Cost. Durante l’Assemblea Costituente si prese quindi la decisione di separare la disciplina delle libertà fondamentali in tre norme differenti, riservandone peraltro una parzialmente diversa all’art. 15 Cost., rispetto agli altri due articoli, perché per l’appunto si precluse l’intervento limitativo preventivo della polizia giudiziaria15.

Come già detto, essendo l’art. 15 una delle norme più rilevanti tra quelle connesse alla materia delle intercettazioni, si tratta di capire in concreto, quale sia la specifica tutela di questo, considerando sia il profilo soggettivo, quindi chi è effettivamente destinatario della tutela, sia il profilo oggettivo, e cioè, quali sono gli interessi tutelati da questo articolo, collegati al diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di qualsiasi altra forma di comunicazione.

Cominciando dunque ad analizzare questo diritto dal punto di vista soggettivo, possiamo affermare che, essendo ormai pacificamente considerato l’art. 15 uno dei diritti inviolabili dell’uomo sanciti dall’art. 2 Cost., la titolarità della tutela del suddetto articolo spetti ad ogni individuo, cittadino, straniero o apolide che sia16, ma anche al c.d. «non cittadino», come possiamo vedere dal comma 1 dell’art. 10 Cost., con cui si è imposto il riconoscimento di alcuni diritti essenziali dell’uomo aventi base consuetudinaria, e dall'art. 117 Cost., comma 1, che richiede al legislatore statale e regionale di rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale

15 A. Camon, Le intercettazioni nel processo penale, 1996, p. 2.

16 In questo senso, P. Barile, cit., 1984, p. 31 e A. Barbera, F. Cocozza, G. Corso, Le

situazioni soggettive. Le libertà dei singoli e delle formazioni sociali. Il principio di eguaglianza, in Manuale di diritto pubblico, a cura di G. Amato e A. Barbera, 1997, p. 235.

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convenzionale17. Sono inoltre ritenute titolari di tale diritto le formazioni sociali18.

Analizzando invece il profilo oggettivo, abbiamo visto come il primo comma dell’art. 15 Cost. definisca «inviolabile» il diritto alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di qualsiasi altra forma di comunicazione. Pertanto, si tratta di capire cosa si intenda per corrispondenza e per forma di comunicazione.

Tra le due nozioni è rinvenibile prima di tutto un rapporto genus e species, in quanto la “corrispondenza” può essere considerata species all’interno del più ampio genus delle “forme di comunicazione”, le quali, possono essere definite come «quei rapporti psichici diretti, ancorché

mediati, consistenti nella trasmissione di idee o di notizie, che una persona fa ad una o più altre persone determinate, col mezzo di cose atte a fissare, trasmettere e ricevere l'espressione del pensiero»19. Si tratta, dunque, di un concetto particolarmente ampio ed esteso, rispetto al quale risulta irrilevante sia l’oggetto, quindi il contenuto della comunicazione, sia il mezzo con cui si trasmette tale comunicazione20, che potrà essere un nuncius piuttosto che i servizi postali, mantenendo quel sufficiente livello di elasticità tale da ricomprendere eventuali nuovi mezzi di comunicazione, per poter rispondere alle necessità del continuo progresso tecnologico che caratterizza i nostri tempi. Rientreranno pertanto nella tutela dell’art. 15 Cost. tutti i moderni strumenti di comunicazione che si avvalgono di strumenti tecnologici o

17 A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale, 2003, p. 11. 18 P. Barile, Il soggetto privato nella Costituzione italiana, 1953, p. 19.

A tale regime ordinario sono però ammesse alcune eccezioni, tassativamente fondate su interessi costituzionalmente protetti che, in presenza di uno specifico status, comportano tendenzialmente un ampliamento o una riduzione della tutela.

19 V. Manzini, Diritto penale italiano, 1947, p. 780.

20 P. Barile, E. Cheli, voce Corrispondenza, cit., p. 744. Non è d’accordo A. Pace, Art. 15, in

Commentario alla costituzione, a cura di G. Branca, Rapporti civili, 1975, p. 82 ss., secondo cui,

sarebbe opportuno tutelare le forme espressive, riconoscibili come tali esteriormente, escludendo dunque la tutela alle c.d. «comunicazioni di non pensieri», come ad esempio alla corrispondenza non epistolare.

(17)

informatici, come i messaggi di posta elettronica, le chat, i servizi

VoIP.

Possiamo dunque affermare che due sono gli elementi costitutivi delle fattispecie che rientrano nella tutela dell’art. 15 Cost.: l’intersubbiettività o la personalità della comunicazione e l’attualità della stessa21.

Rispetto al primo elemento, affinché si possa parlare di «comunicazione», è necessario che l’espressione di pensiero sia formulata dal soggetto mittente al fine specifico di farla pervenire nella sfera di conoscenza di uno o più soggetti destinatari, necessariamente determinati22: risulta quindi indispensabile la presenza di uno specifico animus, cioè di un atteggiamento psicologico, tale da portare il soggetto a formulare un pensiero proprio al fine di comunicarlo e di trasmetterlo ad alcuni, escludendolo ad altri, e questo dovrà essere fatto avvalendosi di particolari strumenti, poiché solo quando la comunicazione sarà affidata ad uno strumento idoneo, vi sarà assoluta certezza sulla volontà del soggetto di comunicare23.

È necessario però aggiungere che un certo pensiero potrà essere qualificato come «comunicazione» solamente finché questo rimarrà

21 Due caratteri indicati nell'art. 19 reg. post. 18 aprile 1940, n. 689. Secondo altri autori,

tra cui C. Caruso in La libertà di espressione in azione. Contributo a una teoria costituzionale del

discorso pubblico, 2013, p. 136, un ulteriore requisito è la determinatezza dei destinatari,

mentre secondo P. Barile, E. Cheli, cit., 1962, p. 740, questo sarebbe ricompreso nel primo requisito.

22 Sono dunque escluse tutte quelle fattispecie in cui le espressioni di pensiero sono

destinate a rimanere strettamente nella sfera personale del soggetto, che peraltro non trovano tutela costituzionale diretta, al limite riconducibili agli artt. 13 o 14 Cost., nonché (sono escluse) tutte quelle fattispecie in cui le manifestazioni del pensiero sono rivolte ad un gruppo non determinato di persone, cioè ad una collettività indefinita, che trovano tutela nell’art. 21 Cost. Rispetto a quest’ultime fattispecie, secondo P. Barile, Diritti

dell’uomo e libertà fondamentali, 1984, p. 163, sarebbero completamente diverse le finalità,

perché se l’art. 15 Cost. ha lo scopo di tutelare la riservatezza della comunicazione tra soggetti determinati, che rientra nei diritti fondamentali della persona umana, l’art. 21 invece garantisce la diffusione del pensiero senza confini né segreti, tutelando si un diritto individuale ma soprattutto ponendo le basi della comunità politica moderna.

(18)

attuale: il requisito dell’attualità determina dunque la durata nel tempo della qualifica di comunicazione, che dovrà essere accertata caso per caso e, quindi, l’espressione di pensiero inizia ad essere comunicazione nel momento dell’affidamento a mezzo idoneo a trasmetterlo e cessa di essere tale quando, «per decorso del tempo o per

altra causa perda il valore di comunicazione personale, non potendosi ad essa attribuire che un valore meramente retrospettivo, affettivo, collezionistico, storico, artistico, scientifico o probativo»24. Su quest’ultimo profilo però non vi è unanimità di pensiero, perché, secondo alcuni autori, l’attualità verrebbe meno nel momento in cui il destinatario prende conoscenza della comunicazione, dopodiché subentrerebbe la tutela di altre disposizioni costituzionali, come quelle a presidio della libertà personale, domiciliare e del diritto di proprietà25.

Inoltre, meritano un chiarimento alcune problematiche legate all’art. 15 Cost., sia per quanto riguarda i c.d. «dati esteriori» –dati che comprendono ad esempio il numero chiamato, la durata o l’ubicazione– sia per il diritto alla riservatezza.

Rispetto al primo profilo, ha fatto chiarezza la sentenza 11 marzo 1993, n. 81, in cui la Corte costituzionale, nel definire l’ampiezza della tutela conferita dall’art. 15, ha affermato che «è

sicuramente tale da ricomprendere fra i propri oggetti anche i dati esteriori di individuazione di una determinata conversazione telefonica»26, dal momento che si vuole tutelare non solo il profilo della segretezza ma anche la libertà della comunicazione, quindi i profili inerenti «all'identità dei soggetti e ai riferimenti di tempo e di luogo della comunicazione stessa»27.

24 V. Manzini, cit., 1947, p. 781.

25A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Lezioni, Parte Speciale II, 1985, p. 232. 26 C. cost., 11 marzo 1993, n. 81, in Cass. pen., 1993, p.2744. Conforme, C. cost., 17 luglio

1998, n. 281, in Giur. cost., 1998, p. 2721 ss.

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Rispetto al secondo profilo, invece, è necessario delimitare e distinguere l’oggetto di tutela dell’art. 15 dal diritto alla riservatezza, che non trova espressa tutela nella Costituzione e che consiste nell’interesse a non veder divulgati fatti e notizie inerenti alla propria vita privata, da parte di terze persone che ne abbiano avuto conoscenza, legittima e non28. Pertanto, il diritto alla riservatezza è diverso dal diritto alla segretezza della comunicazione, sia dal punto di vista del contenuto, perché la riservatezza potrebbe essere violata anche se la notizia divulgata sia stata appresa in modo legittimo, senza cioè violazione del diritto alla segretezza, per esempio quando è lo stesso destinatario della comunicazione a diffondere il contenuto di quanto comunicato, sia ai fini della determinazione del concetto stesso di intercettazione, perché vi rientreranno solo le eventuali violazioni della segretezza e non tutti quei comportamenti lesivi del diritto alla riservatezza. Quindi la segretezza potrà essere lesa anche senza ledere il diritto alla riservatezza, per esempio quando la notizia indebitamente percepita non sia poi divulgata, oppure venga divulgata ma non abbia carattere personale.

Si avrà invece una violazione di entrambi i diritti, quando la comunicazione venga indebitamente percepita e poi anche rivelata, però il contenuto dovrà riguardare la vita privata dell’autore.

Questa distinzione tra segretezza e riservatezza è fondamentale per il concetto di intercettazione: infatti, potrà rientrare nel novero delle intercettazioni solo un comportamento lesivo della segretezza, ma non quelle azioni compiute in violazione del solo diritto alla riservatezza.

28 V. Mantovani, Diritto alla riservatezza e libertà di manifestazione del pensiero con riguardo alla

pubblicità dei fatti criminosi, in Arch. giur., 1968, p. 40 ss.; F. Caprioli, Intercettazione e registrazione di colloqui tra persone presenti nel passaggio dal vecchio al nuovo codice di procedura penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1991, p. 148 ss.

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Se, quindi, chi effettua una determinata comunicazione, mostra di voler limitare tale conoscenza esclusivamente ad alcuni soggetti, questa sarà una comunicazione “segreta”. La volontà di mantenere segreta la comunicazione dovrà quindi risultare dal modo con cui la stessa viene eseguita. Perciò, se l’autore non adotterà tutte le precauzioni per evitare che ascoltino anche dei soggetti non voluti, e questi vengano a percepire la sua comunicazione in maniera casuale e non volontaria, non potrà invocare la violazione della comunicazione29. Anzi, secondo alcuni autori30 in questo caso non si tratterebbe neppure di una comunicazione, ma di una semplice manifestazione di pensiero che troverebbe quindi applicazione nell’art. 21 Cost. e non nell’art. 15.

Se dunque, questo è il contenuto del comma 1, possiamo vedere come il comma 2 sancisca le eventuali limitazioni che il privato può subire da parte dei pubblici poteri, per esigenze di ordine giuridico e di convivenza, e che potranno avvenire «soltanto per atto motivato

dell'autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge». Escludendo

qualsiasi intervento preventivo dell’autorità di pubblica sicurezza, siamo di fronte a diritti protetti da una doppia riserva: la riserva di legge e la riserva di giurisdizione che, nel caso in cui non venissero rispettate, porterebbero alla completa inutilizzabilità dell’intercettazione stessa.

29 In questo senso cfr. A. Pace, Commento all'art. 15 Cost., in Commentario della Costituzione, a

cura di G. Branca, Rapporti Civili, artt. 13-20., 1977, p. 89, secondo cui le comunicazioni ricevono tutela dall'art. 15 Cost. "sempre che l'espressione di pensiero sia rivolta ad un altro soggetto con modalità tali -luogo appartato, bassa voce- che rendano consapevoli sia l'ascoltatore che gli eventuali estranei della personalizzazione del messaggio stesso"; M. Scaparone, Intercettazione di conversazioni tra presenti, nota a Corte Ass. App. Firenze, ord. 3 maggio 1976, L. Baldisseri e altri, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1977, p. 804: ritiene l'Autore che "l'ascolto casuale, se si verifica perché gli interlocutori parlano a voce alta e comunque senza preoccuparsi di evitare le interferenze di terzi, è legittimo, ... perché gli stessi interlocutori, mostrando di non tenere alla segretezza dei loro discorsi, implicitamente rinunciano alla tutela garantita a tale segretezza dall'art. 15 Cost.".

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La riserva di legge opera ex ante ed è chiaramente di tipo assoluto31, nel senso che sarà esclusa qualsiasi regolamentazione proveniente da fonte secondaria, quindi la materia potrà essere dettagliatamente disciplinata solo ed esclusivamente dal legislatore. Quest’ultimo dovrà non solo stabilire tutti i casi e i modi in cui il diritto potrà essere limitato, come d’altronde è previsto anche per gli artt. 13 e 14 Cost., ma dovrà in più determinare le «ulteriori garanzie», cioè le «garanzie tecniche e giuridiche idonee a limitare il sacrificio della liberta

fondamentale»32.

A differenza dei suddetti articoli 13 e 14, i quali, in casi eccezionali di necessità e urgenza ammettono un intervento provvisorio dell’autorità di pubblica sicurezza33, l’art. 15 non ammette questa situazione, in quanto la libertà e la segretezza delle comunicazioni potranno essere limitate solo ed esclusivamente da un provvedimento motivato del giudice: ecco dunque la riserva di giurisdizione, che opera ex post e che si mostra come «rinforzata» sia da un obbligo di motivazione dell’atto limitativo34, sia dal fatto che tale atto può essere emanato solo ed esclusivamente dall’autorità giudiziaria, escludendo interventi da parte della pubblica amministrazione e garantendo una tutela più ampia e intensa rispetto agli altri due articoli sopra citati.

31 P. Barile, E. Cheli, cit., 1962, p. 749; V. Grevi, Appunti in tema di intercettazioni telefoniche

operate dalla polizia giudiziaria, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1976, p. 726.

32 C. cost., 6 aprile 1973, n. 34, in Giur. cost., 1973, p. 316, con nota di V. Grevi, Insegnamenti,

moniti e silenzi della Corte costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche.

33 Intervento che deve però necessariamente essere convalidato in un momento

successivo dall’autorità giudiziaria.

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1.3. Profili di legittimità costituzionale: la sentenza 34 del 1973 della Corte

costituzionale

Di fatto, la riserva di legge, per come era formulata all’interno dell’articolo 15 Cost., era vista in dottrina e in giurisprudenza come un rinvio aperto, dunque, a rischio di provocare un vero e proprio vuoto normativo: l’art. 15 infatti prevedeva l’obbligo del legislatore di stabilire le «garanzie» a tutela del diritto, ma non specificava quali esse fossero, e questo era visto come un grande difetto di questo articolo. Questa problematica era presente, per esempio, all’art. 226 del codice di procedura penale del 1930, in cui all’ultimo comma ammetteva l’accesso agli ufficiali della polizia giudiziaria agli uffici o impianti di pubblico servizio per trasmettere comunicazioni o assumere informazioni, in via preventiva all’emanazione dell’atto motivato del giudice, in casi di urgenza, peraltro senza specificare il limite di tempo entro cui doveva avvenire la convalida del provvedimento da parte dell'autorità giudiziaria35. Nel nuovo assetto costituzionale l’art 226, ultimo comma, c.p.p. era quindi diventato illegittimo36.

Il legislatore ritenne perciò necessario integrare la disciplina costituzionale per avere una materia più precisa e dettagliata. Il 18 giugno 1955 infatti, con la legge n. 517, si inserì un 4° comma all’art. 226 c.p.p., il quale, conformandosi al comma 2 dell’art. 15 della Costituzione, subordinava lo svolgimento delle operazioni di intercettazione da parte della polizia giudiziaria ad un preventivo decreto motivato di autorizzazione o delega, sia di propria iniziativa, sia su delega del giudice.

35 Elementi di somiglianza e allo stesso tempo di differenziazione con gli artt. 13 e 14

Cost.: infatti è anch’esso ammesso in casi di urgenza, ma non è al suo interno specificato l’elemento temporale.

36 L. Giogoli, Le recenti riforme processuali penali, in Riv. pen., 1956, p. 80; P. G. Grosso, voce

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Intervenne allora la Corte costituzionale con la sentenza 6 aprile 1973, n. 34, la quale, seppur respingendo l’eccezione di incostituzionalità sollevata proprio rispetto al comma del citato articolo, ricavò sia dall’art. 24 della Costituzione, sia dai principi generali del processo penale, alcune regole che rimanevano implicite nel codice37. Questo intervento della Corte permise quindi di risolvere il «difetto importante»38 dell’art. 15 Cost. e cioè l’imposizione al legislatore di fissare delle garanzie senza però specificare quali esse fossero.

La Corte, infatti, oltre a specificare meglio i parametri e i criteri che l’autorità giudiziaria doveva seguire nel decidere l’emanazione del provvedimento autorizzativo limitativo del diritto, cercò anche di individuare quali cautele fossero doverose per poter procedere alle intercettazioni, dando una nuova – e prima – ricostruzione sistematica all’istituto, cercando così di risolvere in via interpretativa questo difetto: secondo la Corte eravamo appunto in presenza di una sorta di rinvio in bianco alla potestà del legislatore e del giudice39.

Non a caso questa sentenza è stata definita come «una tappa di primaria importanza nella storia della nostra giurisprudenza costituzionale in materia processuale»40.

In primis, la Corte affermò l’esistenza all’interno della norma

costituzionale di due interessi fondamentali, quali il diritto alla «libertà ed alla segretezza delle comunicazioni, riconosciuto come

37 Secondo G. Riccio, A. De Caro, S. Marotta, Principi costituzionali e riforma della procedura

penale: una rilettura della giurisprudenza costituzionale 1956-1988, 1991, p. 214, la Corte era

convinta “Che una pronuncia diversa ugualmente non avrebbe frenato il patologico fenomeno delle

intercettazioni abusive, in quel periodo al centro dell’attenzione collettiva e reale obiettivo delle ordinanze di remissione”; di qui la scelta di una sentenza formalmente di rigetto, ma sostanzialmente

ricca di incisive e feconde enunciazioni di principio.

38 G. Treves, La difesa della libertà individuale nella nuova costituzione, in Riv. dir. pubbl., 1947, p.

134.

39 G. Illuminati, La disciplina processuale delle intercettazioni, 1983, p. 7.

40 V. Grevi, Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte costituzionale in tema di intercettazioni

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connaturale ai diritti della personalità definiti inviolabili dall'art. 2 Cost. e quello connesso all'esigenza di prevenire e reprimere i reati, vale a dire ad un bene anch'esso oggetto di protezione costituzionale»41: il primo interesse quindi, di natura privata, che trova tutela nel comma 1 dell’art. 15 Cost., potrà «essere compresso solo nei limiti effettivamente richiesti da concrete e gravi esigenze di giustizia», perciò da un interesse di natura pubblicistica, cercando di trovare un punto di equilibrio tra queste necessità.

Rispetto all’altro profilo, invece, si afferma che dovrà essere sancita una disciplina che costituisca un «nucleo minimo» di tutela, ricomprendendo tutta una serie di garanzie indispensabili per la legittimità costituzionale delle intercettazioni, quali la sindacabilità nel corso del procedimento del decreto di autorizzazione ed il conseguente divieto di utilizzare i risultati ottenuti qualora quel provvedimento risultasse carente; l'obbligo del segreto per chiunque partecipi alle operazioni d'ascolto; il dovere di acquisire agli atti solo il materiale probatorio rilevante per il giudizio; la predisposizione di servizi tecnici atti ad assicurare un controllo effettivo dell'autorità giudiziaria sulle intercettazioni42, e più in generale, il “nucleo minimo” dell’istituto e le garanzie necessarie per poter considerare le intercettazioni costituzionalmente legittime.

Queste “sollecitazioni” da parte della Corte per far intervenire le Camere, più le proteste dei mass-media, causate da uno scandalo di spionaggio politico attuato per mezzo di moltissime intercettazioni compiute in maniera illegale43, portarono all’emanazione della legge

41 Sentenza C. cost., 6 aprile 1973, n. 34, in cit., 1973, p. 327. 42 A. Camon, cit., 1996, p.5.

43 “All’improvviso la nazione si era accorta di esser coperta e spiata da una vastissima rete di ascolto

telefonico più o meno abusivo, ove servizi segreti in lotta fra di loro, polizie varie sia pubbliche che private, gruppi eversivi, concorrenti furbi ad aste pubbliche e financo mariti cornuti concorrevano nel voler sapere tutto di tutti, documentandolo in nastri magnetici utili sia a umiliata prova giudiziaria, sia ai ricatti pubblici che privati”; così lo descriveva App. Milano, 19 maggio 1980, M. Orlandi, in Giur. it., 1981, p. 388 ss.

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8 aprile 1974, n. 9844, la quale rinnovò l’istituto, modificando radicalmente la disciplina, in conformità con quanto disposto dalla Corte costituzionale l’anno precedente.

Il legislatore quindi, l’anno successivo, con la suddetta legge n. 98, per attuare il contenuto della sentenza n. 34 e contrastare il fenomeno delle intercettazioni abusive, andò ad apportare una vera e propria rivoluzione sulla materia, perché introdusse una disciplina più precisa inerente ai presupposti, ai termini e alle modalità di esecuzione delle intercettazioni come strumento di indagine. Vennero così inseriti all’interno del codice gli artt. 226-bis, 226-ter, 226-quater e 226-quinquies, che dettano una disciplina analitica in materia di acquisizione delle intercettazioni, autorizzazione, esecuzioni e divieti, rispettando quanto disposto dalla Consulta. Con gli artt. 226-bis e 226-ter si andò infatti ad individuare specificatamente i reati per i quali era possibile effettuare l’intercettazione, con l’art. 226-quater si introdusse l’obbligo di svolgimento e di registrazione delle operazioni di intercettazione presso gli impianti installati all’interno degli uffici della Procura della Repubblica e, dopo un silenzio assoluto, con l’art. 226-quinquies, il quale vietava l’utilizzazione delle intercettazioni illecite, c’è stato il primo cenno legislativo alla possibilità di ricercare la prova a mezzo di intercettazione ambientale, visto che si faceva riferimento all’art

615-bis del codice penale e questo, tutt’ora vigente, regola le interferenze

illecite sulla vita privata che si realizzano quando un determinato soggetto è sottoposto ad intercettazione di una certa conversazione privata, comprese quelle tra presenti a mezzo di indebita intrusione nel domicilio, anche se, come detto, questo sarà solo un cenno perché

44 Per un commento alla legge n. 98/1974 v. V. Di Ciolo, P. Di Muccio, L’intercettazione

telefonica e il diritto alla riservatezza: introduzione, legge 8 aprile 1974, n.98, commentata con i lavori preparatori, appendice, 1974, p. 208.

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soltanto con l’attuale codice di procedura penale il legislatore ha disciplinato in modo chiaro le intercettazioni ambientali.

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2. Fonti internazionali

Procedendo ad un inquadramento della disciplina sulle intercettazioni di comunicazioni a livello comunitario e sovranazionale, possiamo individuare come fonti rilevanti l’art. 12 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’art. 17 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (d’ora in avanti CEDU45), l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nonché la giurisprudenza ad esse correlata. Come possiamo vedere in queste norme, a livello sovranazionale, il diritto alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni è ricompreso all’interno del più ampio diritto alla riservatezza. Infatti, sia l’art. 12 della Dichiarazione universale di Parigi46, che l’art. 17 del Patto di New York47, dispongono che «Nessuno può essere sottoposto ad interferenze arbitrarie o illegittime nella sua

vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa o nella sua corrispondenza, né a illegittime offese al suo onore e alla sua reputazione. Ogni individuo ha diritto ad essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni».

È simile anche l’art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nell’affermare che «Ogni individuo ha diritto al

rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e delle sue comunicazioni».

Dunque, è chiaro che rientrano all’interno del diritto alla riservatezza, e di fatto lo compongono, il diritto alla vita privata e familiare, la tutela del domicilio, delle comunicazioni, dell’onore e della reputazione.

45 Convenzione adottata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva in Italia con la legge

4 agosto 1955, n. 848.

46 Dichiarazione formulata dall’ONU il 10 dicembre 1948.

47 Patto adottato dall’ONU il 16 dicembre 1966 e reso esecutivo in Italia con la legge 25

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Soffermandoci specificamente sulla disciplina dettata dalla CEDU, vediamo come all’art. 8 l’intento della Convenzione sia raggiungere un difficile equilibrio tra la garanzia di alcuni diritti fondamentali del singolo individuo e la necessità di tutelare le altre esigenze di interesse pubblico.

L’art. 8 della CEDU prevede infatti che «ogni persona ha diritto al

rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della propria corrispondenza. Non può esserci ingerenza di un’autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza non sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell’ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute e della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui»48. Analoga previsione è contenuta nel già citato art. 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea49.

Fino a qualche decina di anni fa, però, l’art. 8 era poco più di una mera petizione di principio, oggi invece la situazione è cambiata, perché, per un verso, la Corte Europea di Strasburgo ha iniziato a sostenere nelle sue sentenze che, quando all’interno di uno Stato membro, viene ad essere svolto un processo penale in difformità ai parametri della Convenzione, l’intero percorso procedimentale deve essere ritenuto invalido e non deve essere eseguita la pena comminata al condannato50. Per altro verso, la Corte di Cassazione si è orientata ad ammettere la tangibilità del giudicato penale formatosi all’esito di un processo in cui si sia verificata una violazione di una norma della

48 In tema v. E. Aprile, Diritto processuale penale europeo e internazionale, 2007, p. 202; F. Donati,

Art. 15, in La Costituzione Italiana. Principi fondamentali. Diritti e doveri dei cittadini, a cura di R.

Bifulco, A. Celotto, M. Olivetti, 2006, p. 362 ss.; S. Furfaro, Un problema irrisolto: le

intercettazioni telefoniche, in Procedura penale e garanzie europee, a cura di A. Gaito, 2006, p. 117.

49 Al riguardo v. AA. VV., L’europa dei diritti, a cura di R. Bifulco, M. Cartabia, A. Celotto,

2001, p. 88.

50 CEDU, 24 marzo 2005, Stoichkov c. Bulgaria, in F. Spitaleri, L’incidenza del diritto

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Convenzione, posto che i giudici devono rispettare queste disposizioni sovranazionali e che, l’esecuzione di una sentenza di condanna emessa al termine di un processo non equo determinerebbe, a sua volta, un’ulteriore violazione della Convenzione perché, secondo l’art 5, la libertà personale non può essere limitata al di fuori dei casi e delle modalità previste dalla legge51. Alla luce di questi nuovi indirizzi giurisprudenziali possiamo quindi capire che conoscere e rispettare le pronunce della Corte Europea non è più soltanto un “esercizio di stile”52, come confermato anche dai recenti sviluppi europei in ambito di tutela della privacy e di protezione dei dati personali che hanno introdotto un nuovo regolamento volto a tutelare in maniera più adeguata le informazioni degli individui53.

51 CEDU, 1° dicembre 2006, Dorigo c. Italia, in Cass. pen., 2007, p. 1441; CEDU, 18

maggio 2006, Somogyi c. Italia, in Dir. e giustizia, 2006, p. 51; CEDU, 22 settembre 2005, Cat Berro c. Italia, in Cass. Pen., 2006, p. 3171.

52 G. Spangher, Trattato di procedura penale, Vol. II, 2008, p. 480.

53 Regolamento europeo sulla privacy 2016/679, applicato all’interno dell’Unione

Europea il 25 maggio 2018, in www.eur-lex.europa.ue. Il fine del regolamento è la definitiva armonizzazione della regolamentazione in materia di protezione dei dati personali all'interno dell'Unione europea. Questo perché col Trattato di Lisbona la protezione dei dati personali è diventata un diritto fondamentale dei cittadini che va garantito alla stessa maniera in tutto il territorio dell'Unione. Quindi, aumentando la fiducia dei cittadini nella società digitale, grazie alla tutela più stringente, il regolamento è funzionale allo sviluppo digitale dell'Unione europea, oltre a tutelare anche la libertà di circolazione dei dati personali. Con questo regolamento si passa quindi da una visione proprietaria del dato, secondo cui questo non può essere trattato senza consenso, ad una visione di controllo del dato, che favorisce la libera circolazione dello stesso rafforzando nel contempo i diritti dell'interessato, il quale deve poter conoscere se e come le informazioni vengono utilizzate, per tutelare lui e l'intera collettività dai rischi insiti nel trattamento dei dati personali. Il regolamento sposta il fulcro della normativa dalla tutela dell'interessato alla responsabilità del titolare e dei responsabili del trattamento, che si deve concretizzare nell'adozione di comportamenti proattivi a dimostrazione della concreta (e non meramente formale) adozione del regolamento. Non è più accettabile un approccio formalistico, del tipo ho il consenso e tratto l’informazione, grazie al fatto che questo legittima qualsiasi trattamento dei dati, ma rimane sempre la responsabilità del titolare di tutelare l'interessato e l'intera società dei rischi impliciti nel trattamento. In particolare si evidenzia la necessità di attuare misure di tutela e garanzia dei dati trattati, con un approccio del tutto nuovo che demanda ai titolari il compito di decidere autonomamente le modalità e i limiti del trattamento dei dati alla luce dei criteri specifici indicati nel Regolamento secondo cui i prodotti e i servizi volti al trattamento dovranno essere progettati fin dall'inizio considerando le garanzie coinvolte, in modo da tutelare la privacy e i diritti degli utenti, oltre a dover tenere conto dell’impatto negativo sulle libertà e sui diritti degli interessati. L'approccio del GDPR, più centrato sulla protezione dei dati invece

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Già in passato, infatti, i Giudici di Strasburgo sono intervenuti per tutelare la libertà e la segretezza delle persone seguendo tre linee direttrici: il principio della c.d. tassatività e legittimità dei fini, il c.d.

principio della necessità dell’ingerenza e la questione sulla indispensabilità delle intercettazioni.

Rispetto al primo profilo, la Corte ha precisato che l’intercettazione telefonica rientra nel campo di applicazione dell’art. 8 sotto il profilo del diritto alla vita privata e alla corrispondenza. Ne deriva che, l’ascolto e le altre forme di intercettazione di conversazioni telefoniche, poiché rappresentano una violazione grave del diritto al rispetto della vita privata e della corrispondenza, devono fondarsi su una legge di particolare precisione, e quindi, ogni eventuale ingerenza, deve trovare la sua legittimazione all’interno di un testo legislativo che disciplini i casi e le modalità dell’azione pubblica (in accordance with the law). La Corte ha quindi introdotto una riserva di legge ed ha stabilito che le intercettazioni devono essere regolate da norme di legge che definiscano, in maniera chiara e precisa, i limiti per l’utilizzo dello strumento di indagine e per le iniziative dell’autorità pubblica54. È quindi necessario, sia che la

normativa interna disciplini dettagliatamente le modalità di introduzione e di utilizzo di dispositivi di ascolto in luoghi di privata dimora55, sia il riconoscimento al soggetto interessato della facoltà di

contestare ed interrompere l’esecuzione irregolare di operazioni

che sull'utente medesimo, è basato sulla valutazione del rischio con cui si determina la misura di responsabilità del titolare o del responsabile del trattamento, tenendo conto della natura, della portata, del contesto e delle finalità del trattamento, nonché della probabilità e della gravità dei rischi per i diritti e le libertà degli utenti, con il vantaggio di pretendere degli obblighi che possono andare oltre la mera conformità alla legge, sicuramente più flessibili e adattabili al mutare delle esigenze e degli strumenti tecnologici., in

www.protezionedatipersonali.it.

54 CEDU, 25 novembre 2003, Lewis c. Regno Unito, in Legislazione pen., 2004, p. 358. 55 CEDU, 20 dicembre 2005, Wisse c. Francia, in Cass. pen., 2006, p. 1605.

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d’intercettazione56. La Corte vuole quindi fornire adeguate garanzie contro gli eventuali abusi di potere da parte delle autorità pubbliche, dunque la determinatezza, l’accessibilità e l’analiticità della norma.

Essendo però prevista espressamente la sola riserva di legge, c.d. «riserva convenzionale di legge», potrebbe sembrare che a livello europeo venga conferita una tutela meno garantista rispetto all’art. 15 Cost., ma tale «vuoto» è stato colmato in sede giurisprudenziale, in quanto la Corte europea ha sancito la necessità che la legge preveda la possibilità del controllo sulla legittimità dell’intercettazione da parte di un giudice o di un organo indipendente. Infatti, la Corte europea ha condannato la Moldova per la violazione dell’art. 8 della Convenzione in quanto le locali autorità giudiziarie avevano abusato del sistema di intercettazione di comunicazioni, che si presentava privo di qualsiasi garanzia legale.57

Rispetto agli altri due profili invece, c’è da dire che, da un lato, risulta necessario che l’intervento sia limitato a quanto strettamente necessario per il raggiungimento degli scopi indicati (the necessity of

interference) mentre, dall’altro, la Corte europea non ha mai affermato

esplicitamente il principio di indispensabilità delle intercettazioni – codificato invece nell’art. 267, 1° comma, c.p.p., che appunto prevede come condizione di legittimità la “assoluta indispensabilità” dell’intercettazione per la prosecuzione o, per i reati di criminalità organizzata, per lo svolgimento delle indagini.

Vediamo quindi che la Corte europea è ripetutamente intervenuta in materia di limitazione alla segretezza delle comunicazioni, indicando anche alcuni requisiti essenziali per

56 CEDU, 24 agosto 1998, Lambert c. Francia, in R. M. Avola Faraci, Le intercettazioni

telefoniche e la Corte europea: il “caso Lambert”, in Legislazione pen., 1999, p. 205.

57 P. Ferrua, La prova penale, 2013, p.861; CEDU 10 febbraio 2009, Iodarchi e altri c.

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ritenere l’utilizzo delle intercettazioni compatibile con la tutela dei diritti fondamentali di una società democratica e per evitare abusi nei confronti del diritto alla riservatezza: la definizione delle categorie di persone assoggettabili a intercettazione; la natura dei reati che vi possono dar luogo; la sussistenza di concrete e gravi esigenze di giustizia, nonché di fondato motivo per prevedere l’acquisizione di dati utili per l’accertamento in corso; la fissazione di un termine massimo per la durata delle intercettazioni, comprensivo di eventuali proroghe; la previsione delle modalità di effettuazione delle intercettazioni e di redazione dei verbali relativi alle comunicazioni intercettate; il controllo da parte dell’autorità giudiziaria sul compimento delle intercettazioni nei limiti dell’autorizzazione; le precauzioni riguardanti la trasmissione, intatta e integrale, delle registrazioni effettuate; la limitazione della loro utilizzabilità al solo materiale rilevante rispetto all’addebito per cui si procede e la delineazione delle circostanze in cui si possa o si debba provvedere alla cancellazione o alla distruzione delle registrazioni. Quindi, la Corte europea indica le finalità che giustificano l’ingerenza, i casi e i modi dell’intromissione e, rispettate tali condizioni, consente l’utilizzazione dei risultati acquisiti. In una specifica vicenda giudiziaria italiana, la Corte ha proprio riconosciuto una violazione dell’art. 8 della Convenzione nel fatto che le trascrizioni delle intercettazioni telefoniche all’interno di un procedimento penale fossero state depositate nella segreteria del P.M. e, nonostante fossero conversazioni private, ne fosse stato divulgato il contenuto sulla stampa quotidiana prima che queste fossero divenute accessibili come un qualsiasi altro dato processuale. Inoltre, è stato censurato il disposto dell’art 268, 6° comma, c.p.p., nella parte in cui non prevede la possibilità di tenere l’udienza per decidere sullo stralcio delle intercettazioni irrilevanti, prima dell’inizio del processo

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dibattimentale, così da evitare un’ingiustificata compressione del diritto alla riservatezza connessa alla divulgazione pubblica di quel materiale58.

Nel caso precedentemente citato, invece59, la Corte Europea ha

censurato il comportamento dell’autorità giudiziaria francese perché questa aveva avviato un procedimento penale nei confronti di una persona le cui conversazioni erano state registrate a seguito di un’intercettazione delle comunicazioni relative a utenza di altro soggetto, affermando che la legge nazionale deve assicurare adeguate garanzie non solo nei confronti del titolare della linea telefonica intercettata ma anche del terzo che, trovandosi ad avere contatti con quell’utenza, veda registrata una sua conversazione. Quindi l’interessato – indipendentemente dalla circostanza che sia titolare o solo fruitore della linea telefonica sottoposta a sorveglianza – deve poter disporre di strumenti per ottenere un “controllo efficace” sull’esercizio del potere in questione da parte dell’autorità, godendo del “diritto ad un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale” (ex art. 13 CEDU) che gli possa concedere un’appropriata riparazione60.

Nel 2007 la Corte Europea ha invece escluso la violazione dell’art 8 della CEDU in un caso in cui l’imputato aveva fatto ricorso affermando che le intercettazioni telefoniche, disposte nel corso delle indagini, erano state eseguite in assenza di documenti idonei a provare l’esistenza dei gravi indizi di reato, e sulla base di un provvedimento autorizzativo che faceva esclusivo rinvio alle argomentazioni del P.M. e della polizia giudiziaria. La Corte ha osservato che, nel caso concreto, le intercettazioni erano state soltanto uno dei mezzi d’investigazione utili a dimostrare il

58 CEDU, 17 luglio 2003, Craxi c. Italia, in Cass. pen., 2004, p. 679. 59 CEDU, 24 agosto 1998, Lambert c. Francia, cit., p. 205.

60 CEDU, 25 giugno 1997, Halford c. Regno Unito, in Recueil des arrêts et décisions, 1997, p.

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coinvolgimento del ricorrente in un traffico di stupefacenti, e che lo stesso aveva comunque ottenuto un “controllo efficace” su quello strumento d’indagine, visto che più giudici avevano esaminato il ricorso relativo alla mancanza di motivazione dell’autorizzazione del G.I.P. e all’illegalità delle modalità d’esecuzione delle intercettazioni61.

La Corte ha poi ritenuto che costituisce violazione dell’art. 8 della Convenzione registrare il colloquio tra l’accusato e il suo difensore, anche se, nel caso specifico, la registrazione venne lasciata all’interno del fascicolo processuale, e quindi, nonostante la sua inutilizzabilità, questo rese inefficaci le garanzie procedurali necessaria al godimento del diritto garantito dall’art. 8, per cui l’ingerenza non era “prevista dalla legge”62. Le stesse garanzie

previste per le intercettazioni devono poi essere ritenute valide anche per l’acquisizione dei dati esterni delle comunicazioni63. In tema di

acquisizione di tabulati, infatti, la Corte stabilì che “i verbali delle registrazioni contengono informazioni che costituiscono un elemento integrante della comunicazione telefonica”, per esempio le informazioni sui dati, sui numeri composti, sulle chiamate ricevute e sulla durata delle conversazioni riguardano dati personali. Perciò, l’estratto della lista delle chiamate telefoniche utilizzato come mezzo di prova in un processo penale rivela un’ingerenza nel diritto dell’imputato al rispetto della sua vita privata e quindi, il suo utilizzo sarà giustificato solo se rispetta i requisiti delle intercettazioni all’art. 8; l’eventuale consegna di queste informazioni alla polizia giudiziaria,

61 CEDU, 10 aprile 2007, Panarisi c. Italia, in Dir. pen. e processo, 2007, p.831. 62 CEDU, 24 settembre 2009, Yordanov c. Bulgaria, in cit., 2013, p. 863.

63 CEDU, 2 agosto 1984, Malone c. Regno Unito, in M. De Salvia, V. Zagrebelsky, Diritti

dell’uomo e libertà fondamentali. La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia delle Comunità europee, 2006, p. 617.

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senza il consenso dell’abbonato, comporterà quindi una violazione del suddetto articolo.

Vi è quindi l’obbligo di evitare la divulgazione di dati di natura personale e di garantire al privato la possibilità di disporre di efficaci strumenti di controllo nei confronti dell’esercizio del potere dell’autorità pubblica64.

Le esigenze di rispetto di questi diritti sono state, fino a qualche mese fa65, adeguatamente garantite in Italia dalla disciplina dettata

dall’art. 132 d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196 (codice in materia di protezione dei dati personali)66, sia pure dopo le modifiche introdotte

dall’art. 6 del decreto legge 27 luglio 2005 n. 144, convertito nella legge 31 luglio 2005 n. 155, in materia di misure antiterrorismo67.

Nel 201568, inoltre, la Corte ha ribadito che gli Stati sono tenuti

ad adottare adeguate misure per garantire una sicura custodia delle intercettazioni telefoniche depositate in un fascicolo processuale. Nel caso in cui questa regola non venga rispettata vi sarà una violazione dell’art. 8 della Convenzione. In questa vicenda, infatti, la Corte europea ha rimproverato allo Stato rumeno sia la mancata predisposizione di una struttura giudiziaria idonea ad evitare la fuga di notizie, sia di non aver garantito al ricorrente una possibilità di riparazione del danno subito a causa della pubblicazione sulla stampa di conversazioni aventi natura strettamente privata e non riguardanti

64 C. Pannacciulli, Profili costituzionali delle intercettazioni di comunicazioni tra inadeguatezza del

legislatore e discrezionalità del giudice, in AIC, 2012, p. 27.

65 Oggi, invece, la tutela e la protezione dei dati personali sono garantite dal già citato

nuovo Regolamento europeo sulla privacy 2016/679, applicato all’interno dell’Unione Europea il 25 maggio 2018.

66 Sulla cui legittimità costituzionale v. Corte cost., 14 novembre 2006, n. 372, in Dir. pen.

e proc., 2006, p. 1466.

67 In tema v. S. Furfaro, Un problema irrisolto: le intercettazioni telefoniche, in Procedura penale e

garanzie europee, a cura di A. Gaito, 2006, p. 139

68 CEDU, 3 febbraio 2015, Apostu c. Romania, Monitoraggio Corte Edu febbraio 2015 in

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il reato contestato, costituendo quindi un’ingerenza nella vita privata dell’indagato e affermando la violazione del suddetto articolo.

Inoltre, la Corte nel dicembre del 2015 ha dimostrato che talvolta può essere utilizzato anche un modo di giudicare diverso rispetto al passato, e cioè un giudizio in astratto e non in concreto, essa ha infatti valutato alcune disposizioni russe in materia di intercettazioni come lesive della Convenzione e in violazione con l’art. 8, nonostante il ricorrente non fosse in grado di affermare di essere stato oggetto di una concreta misura di sorveglianza. Questo, infatti, aveva denunciato la violazione del suo diritto alla riservatezza delle comunicazioni telefoniche a causa di un decreto ministeriale che obbligava i fornitori di reti mobili ad installare apparecchiature che consentissero ai servizi di sicurezza di eseguire attività di ricerca, chiedendone anche la rimozione.

La Corte, quindi, nonostante non avesse accordato anche un risarcimento pecuniario, ha valutato in astratto le norme russe lesive della Convenzione, perché non contenenti adeguate ed effettive garanzie, stabilendo che, nel contesto delle intercettazioni delle comunicazioni, deve essere sempre rispettato un fondamento giuridico e un criterio di necessità. Questo perché le misure di sorveglianza segreta dovrebbero essere applicate soltanto quando necessario in una società democratica, in particolare offrendo adeguate garanzie ed effettive tutele contro l’abuso69.

La Corte non deve però andare ad individuare gli errori di fatto o di diritto che possono essere stati commessi dalla giurisdizione nazionale, salvo che questi siano lesivi dei diritti e delle libertà garantite dalla Convenzione. La Corte in principio non deve perciò

69 CEDU, 4 dicembre 2015, Zakharov c. Russia, in P. Pinto de Albuquerque, I diritti umani

in una prospettiva europea. Opinioni concorrenti e dissenzienti, 2016, p. 35. In questo caso si è così

riconosciuto una violazione della CEDU soltanto in presenza di un rischio astratto di lesione, senza una concreta ed effettiva infrazione.

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26 B ALDUCCI , Le garanzie nelle intercettazioni tra Costituzione e legge ordinaria , cit., 174; B ARGI , Inter- cettazioni di comunicazioni e conversazioni , in