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Caratterizzazione delle Acque di Vegetazione Olearia (AVO) mediante tecniche spettroscopiche e cromatografiche e sviluppo di metodi per l?estrazione dei composti fenolici

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Academic year: 2021

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Indice

1 Introduzione e scopo della tesi ... 3

1.1 Scenario internazionale ... 3

1.2 La produzione di olio d’oliva ... 4

1.3 Valorizzazione e applicazioni delle AVO ... 6

1.4 Scopo della tesi ... 7

2 Stato dell’arte ... 9

2.1 Composizione dell’oliva ... 9

2.2 Le Acque di Vegetazione Olearie (AVO) ... 10

2.3 I polifenoli ... 12

2.4 Metodi per l’estrazione dei composti fenolici dalle AVO ... 14

2.4.1 Estrazione con solvente ... 15

2.4.2 Idrolisi ... 15

2.4.3 Estrazione assistita da ultrasuoni (UEA) ... 16

2.4.4 Estrazione con fluido supercritico (SFE) ... 16

2.4.5 Estrazione pressurizzata con solvente (PSE) ... 16

2.4.6 Estrazione in fase solida (SPE) ... 17

2.5 Metodi per l’identificazione e la quantificazione dei composti fenolici delle AVO ... 18

2.6 Impostazione dell’attività sperimentale ... 19

3 Parte sperimentale ... 22

3.1 Materiali ... 22

3.1.1 Solventi e reattivi ... 22

3.1.2 Standard ... 22

3.1.3 Campioni di AVO e condizioni di stoccaggio ... 24

3.2 Strumentazioni e metodi ... 25

3.2.1 Analisi mediante spettroscopia UV-Vis ... 25

3.2.2 Analisi cromatografica HPLC-DAD con colonna C-18 per l’analisi quantitativa dell’idrossitirosolo e dell’acido gallico ... 26

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3.2.3 Analisi cromatografica HPLC-DAD con colonna in RP-Amide ... 27

3.2.4 Analisi HPLC-MS/MS con colonna in RP-Amide ... 30

3.2.5 Misura dei solidi sospesi totali. Metodo... 31

3.2.6 Residuo secco. Metodo ... 32

3.2.7 Concentrazione dei polifenoli totali. Metodo di Folin-Ciocalteau ... 32

3.2.8 Misura dell’attività antiossidante mediante l’utilizzo del radicale stabile 2,2difenil-1-picrilidrazile (DPPH) ... 33

4 Caratterizzazione AVO: risultati e discussione ... 36

4.1 Valutazione dell’eterogeneità della matrice ... 36

4.1.1 Interferenza ottica e ottimizzazione metodi ottici ... 40

Concentrazione ottimale dei campioni per il test del DPPH ... 41

Confronto HTy, PF e DPPH ... 41

4.1.2 Monitoraggio polifenoli e attività antiossidante ... 42

4.1.3 Analisi cromatografiche ... 45

Analisi quantitativa dell’idrossitirosolo mediante C18 e RP-amide ... 45

4.1.4 Analisi dei campioni di AVO mediante HPLC-DAD-RP-Amide ... 46

4.1.5 Studio dei campioni di AVO HPLC-MS/MS pag 65 ... 48

Segnali e frammentazione degli standard ... 48

Analisi dei campioni di miele e caratterizzazione dei composti incogniti ... 49

5 Estrazione dei polifenoli dalle AVO ... 52

Estrazione con solvente ... 52

5.1 Estrazione in fase solida: prove in beuta ... 53

5.2 Estrazione in fase solida: prove in colonna ... 57

6 Conclusioni ... 62

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1 Introduzione e scopo della tesi

1.1 Scenario internazionale

Nello scenario internazionale dell’industria olearia, l’Italia gioca da sempre un ruolo di grande rilievo. Superata soltanto dalla Spagna, che da sola costituisce il 50% della produzione oleica europea detenendo il primato di paese maggior produttore di olio d’oliva, l’Italia si trova al secondo posto mondiale (Fig. 1-1) [1].

Stando alle stime effettuate dal Consiglio Oleicolo Internazionale per la campagna 2014/15, si ha una produzione oleica mondiale pari a circa 2,3 milioni di tonnellate annue. Si osserva che il 64% della produzione mondiale si concentra nell’Unione europea che registra un livello produttivo pari a circa 1,5 milioni di tonnellate annue [2].

Fig. 1-1 FAOSTAT 2015. Andamento della prodizione di olive dei cinque paesi principali produttori di olio di dal 1993 al 2013. [1]

A livello europeo, nonostante il calo della produzione rispetto agli anni precedenti, sia la Spagna che l’Italia continuano a trovarsi in cima alle vette della produzione oleica a livello internazionale per produzione di olio d’oliva seguite dalla Grecia e dal Portogallo (Error! Reference source not found.) [2]. Gli altri paesi del mediterraneo quali Tunisia, Turchia, Siria, Marocco e Algeria rivestono un ruolo primario a livello internazionale.

Fig. 1-2 Composizione % produzione olio UE, statistica del Consiglio Oleico Internazionale 2014/15 COI, [2] 0 500 000 1 000 000 1 500 000 2 000 000 1993 1995 1997 1999 2001 2003 2005 2007 2009 2011 2013 p ro d u zio n e d i o liv e (t)

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Recentemente diversi paesi “extra-mediterranei” (Argentina, Australia, Sud Africa) si stanno affacciando sul mercato internazionale come nuovi produttori emergenti, anche per effetto dello sviluppo di tecniche di coltivazioni intensive di olivi [3]

Per quanto riguarda la situazione italiana, sono circa 2 milioni gli ettari destinati alla coltivazione degli olivi, che forniscono all’industria estrattiva circa 3 milioni di tonnellate/anno di olive [4]. Dal 2006 ad oggi la produzione di olive in Italia si aggira intorno a una media di 500.000 t (Fig. 1-1). La maggiore regione produttrice di olio a livello italiano è la Puglia, con le sue 166.000 t/anno, seguita dalla Calabria (160.000 t/anno) e da Sicilia, Lazio, Abruzzo e Toscana, quest’utima con 11.000 t/anno [4]. Le ultime stime ISTAT di Novembre 2014 sono riportate in Fig. 1-3. [5]

Fig. 1-3 ISTAT Tavola C27 - Superficie (ettari) e produzione (quintali): olivo, olive da tavola, olive da olio, olio di pressione. Dettaglio

per regione - Anno 2015 [5]

1.2 La produzione di olio d’oliva

Sono molte le tecnologie oggi adottate nel campo della produzione di olio d’oliva e ciò si riflette in una vasta gamma di impianti e sistemi disponibili, che a loro volta determinano differenze in termini di qualità e composizione dell’olio stesso.

Le operazioni coinvolte nel processo di produzione dell’olio d’oliva sono le seguenti [6]:

- operazioni preliminari: tutte quelle operazioni alle quali sono sottoposte le olive una volta arrivate in frantoio nell’attesa della molitura (pesatura, stoccaggio, lavaggio);

- molitura: operazione in base alla quale le olive vengono frantumate e ridotte ad una pasta omogenea. L’operazione può avvenire tramite molitura classica (“molazza”); o frangitura (frantumatore a martelli); 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 Pie mo n te V al le d 'A o st a Lo m b ar d ia Li gu ri a Tre n ti n o -A lto A d ig e V en e to Fr iu li-V e n ez ia Gi u lia Emil ia-R o magn a To sc an a Umb ri a M ar ch e La zi o A b ru zz o Mo lis e Campan ia Pu gl ia Ba si lic ata Calab ri a Si ci lia Sar d eg n a p ro d u zio n e o lio e o liv e (t/a n n o )

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- gramolatura: rimescolamento lento e a temperatura controllata, della pasta di olive. In tal modo si riduce il volume della pasta stessa e si rompono le emulsioni d'acqua e olio che si sono formate durante la molinatura, favorendo la successiva estrazione dell'olio;

- estrazione: operazione in base alla quale l’olio viene separato separa dalla sansa.

- separazione dell’olio dall’acqua: operazione mediante la quale si elimina la piccola quantità di acqua residua nell’olio.

L’operazione di estrazione può avvenire secondo due diverse strategie di processo: la presso-estrazione tradizionale (processo in discontinuo) oppure la più recente centrifugazione (processo in continuo), che, a sua volta, si articola nelle tecnologie “a tre” e quella più moderna “a due fasi”. La scelta dell’una o dell’altra tecnologia estrattiva si riflette, inevitabilmente, sulle caratteristiche dell’olio e dei reflui oleari generati. La differenza sostanziale tra i processi a centrifuga risiede nella strumentazione utilizzata: il decanter [6], esso è composto da un tamburo conico ad asse orizzontale all'interno del quale ruota, a velocità leggermente inferiore a quella del tamburo, un cilindro a vite senza fine che, funzionando come coclea, allontana la parte solida.

La tecnologia di estrazione “a tre fasi” genera tre frazioni: una solida, la sansa e due liquide, l’olio e le Acque di Vegetazione Olearia (AVO). Rispetto alla presso-estrazione, presenta il vantaggio di una completa automazione, di un miglioramento della qualità dell’olio ottenuto e di una significativa diminuzione dell’area fisicamente necessaria per la sua messa in atto. Tuttavia non è esente da alcuni inconvenienti, come le grandi quantità di acqua ed energia necessarie, l’elevata produzione di AVO e i costi di installazione maggiori [7].Infatti Il procedimento prevede una diluizione delle paste per ridurre la loro viscosità e quindi per facilitare la separazione olio-acqua di vegetazione. L’evoluzione di questa macchina ha portato alla produzione di centrifughe a due fasi, a basso consumo di acqua [6].

Il sistema “a due fasi” è comparso verso la fine del 1991, per lanciare sul mercato una tecnologia più “ecologica”, allo scopo di ridurre la quantità di acque di vegetazione prodotta e di eliminare i problemi correlati al loro smaltimento. Questa tecnologia offre il vantaggio della pressoché totale assenza di AVO, comportando un notevole miglioramento della qualità dell’olio ottenuto, che, non trovandosi diluito nelle acque di vegetazione, preserva tutte le sue sostanze idrosolubili [7].

In Spagna la tecnologia “a due fasi” ha velocemente rimpiazzato quella “a tre fasi”, con la conseguente produzione di grandi quantità di un nuovo tipo di rifiuto da smaltire, costituito dalle “sanse umide”. Il cambio verso la nuova tecnologia a due fasi non è stato adottato altrettanto

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rapidamente dagli altri paesi europei, Italia compresa, infatti in Italia il processo di estrazione più diffuso è rimasto quello a tre fasi [8]

1.3 Valorizzazione e applicazioni delle AVO

Il sistema di estrazione dell’olio a tre fasi comporta l’utilizzo di grosse quantità d’acqua (oltre 50 L/100 kg di olive), dando luogo a una produzione mondiale di oltre 30 milioni di m3 annui di AVO. Ciò costituisce un grosso problema ambientale, in quanto questo sotto-prodotto è caratterizzato da un elevato contenuto di composti organici. In particolare, le sostanze presenti nelle AVO includono come monosaccaridi, tannini, composti fenolici, polialcoli, pectine e lipidi [9]. La tossicità, l’attività antimicrobica e la conseguente refrattarietà alla degradazione biologica delle AVO è dovuta principalmente alla frazione fenolica [10].

I coefficienti di ripartizione olio/acqua della maggior parte dei polifenoli, compresi in un range da 6·10-4 a 1.5, sono a favore della fase acquosa: la drupa è molto ricca di composti fenolici, ma solo il 2% del contenuto totale di fenoli dell’oliva passa nell’olio, mentre la quota restante viene persa nelle AVO (approssimativamente il 53%) e nella sansa (il 45% circa) [11].

La composizione dei polifenoli nelle AVO è stata studiata sin dalla fine degli anni novanta: mentre le olive sono molto ricche di secoiridoidi glucoside, le AVO mostrano un’alta concentrazione in derivati dei secoiridoidi, come l’idrossitirosolo e la forma dialdeidica della dicarbossimetil oleuropeina aglicone [12] [13] [14].

Le acque di vegetazione olearie necessitano sistemi complessi di gestione e smaltimento [7]. Il problema dello smaltimento dei reflui oleari è, infatti, molto sentito nei paesi mediterranei, basti pensare che circa il 50% delle spese di produzione dell’olio d’oliva dipende dallo smaltimento dei reflui [15]. Il principale utilizzo delle AVO è, lo spandimento sui terreni come fertilizzanti organici. Infatti, i composti fenolici nelle AVO possono agire contro specifici agenti patogeni delle piante, mostrandosi come potenziali pesticidi naturali [7]. Inoltre il valore agronomico delle AVO deriva principalmente dalla loro composizione e cioè dagli elementi nutritivi in esse presenti, in particolar modo da potassio, azoto, fosforo e magnesio e dal carico organico presente, che risulta un ottimo substrato per lo sviluppo della microflora [16]. Tuttavia, lo spandimento incontrollato dei reflui può essere causa di fenomeni di citotossicità, che potrebbero alterare in modo significativo la qualità del terreno stesso. [7]

In alternativa all’utilizzo nel settore agricolo, ultimamente, le AVO iniziano ad essere testate come additivi naturali nel mangime dei ruminanti da allevamento e nel pesce [17]. Tuttavia, la presenza

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di polifenoli complessi potrebbe comportare un effetto negativo sulla digeribilità dei nutrienti e sulla flora intestinale [18].

Nonostante l’effetto controverso sulla crescita delle piante e sulla digeribilità, i fenoli contenuti nelle AVO sono considerati composti a valore aggiunto in altri settori. Ad esempio, la loro introduzione nelle derrate alimentari potrebbe ridurre l’uso degli antiossidanti sintetici, come ad esempio il butil-idrossianisolo (noto anche come BHA o E320), il butil-idrossitoluene (BHT) e il terz-butil-idrochinone (TBHQ o E319) [19]. A causa dei loro potenziali effetti negativi sulla salute, questi antiossidanti sintetici devono rientrare entro una concentrazione limite negli alimenti. Negli oli e nei grassi, per esempio, la concentrazione di BHA e di TBH non deve superare i 200 mg/kg (per singola molecola o in combinazione con altri antiossidanti), mentre la concentrazione soglia di BHT è 100 mg/kg [20]. Queste restrizioni imposte dalla legislatura costituiscono una limitazione critica per l’industria alimentare che necessita di trovare antiossidanti alternativi ed economici più sicuri per la salute. Per esempio, i composti fenolici recuperati dalle AVO sono adatti ad essere utilizzati come additivi nelle matrici alimentari, aumentandone la durabilità e le proprietà antiossidanti [19].

Provenendo da fonti rinnovabili e da materiali di scarto di processi produttivi, i polifenoli nelle AVO possono essere considerati a tutti gli effetti come dei Bio-Based Products. L’estrazione di composti biologicamente attivi (i biofenoli) dalle AVO potrebbe trasformare questo prodotto di scarto inquinante in una fonte di composti antiossidanti naturali. Questa potenzialità è oggetto di interesse crescente nell’industria farmaceutica e alimentare per il fatto che le specie reattive con l’ossigeno sono coinvolte nell’insorgenza di numerose malattie umane e nella degradazione ossidativa del cibo [21]. Il lavoro svolto nel corso di questa tesi prende spunto da due elaborati di tesi [rif][rif] e un progetto con la Cassa di Risparmio di Lucca [rif] avvenuti in precedenza in collaborazione tra il Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa e Laboratori ARCHA s.r.l., e si colloca all’interno di un progetto più ampio di ARCHA s.r.l. volto all’utilizzo delle AVO a scopi industriali e al recupero dei composti fenolici valorizzando i reflui oleari come fonte di Bio-Chemicals ad elevato valore aggiunto.

1.4 Scopo della tesi

Il lavoro di tirocinio su cui è basata la presente tesi magistrale, è stato svolto prevalentemente presso l’area Ricerca di Laboratori ARCHA s.r.l. e fa parte di un progetto più ampio volto a valorizzare le AVO e trovarne applicazioni industriali. L’obiettivo è quello di caratterizzare dal punto di vita

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analitico la matrice AVO in modo dettagliato e studiare il contenuto di composti fenolici. A tale scopo sono stati studiati e ottimizzati metodi di analisi da poter essere applicati direttamente alle AVO, metodi che solitamente vengono applicati a matrici differenti, come ad esempio soluzioni di estratti fenolici. Poiché le AVO costituiscono un matrice altamente complessa [rif al capitolo dell’eterogeneità], la prima sfida per un approccio analitico è proprio quella di capire quali tecniche usare e in che modo possano essere applicate correttamente evitando pretrattamenti incisivi.

In particolare il lavoro di tirocinio si può suddividere in due sezioni principali:

- Caratterizzazione delle AVO e monitoraggio del contenuto di polifenoli totali e dell’attività antiossidante dei campioni. Questa fase ha lo scopo di studiare le metodiche di analisi che in letteratura si applicano ad altri campioni e ottimizzarle per l’applicazione alla matrice AVO tal quale, nell’ottica di caratterizzare il refluo e valutarne i possibili utilizzi. Caratterizzazione dei polifenoli al livello molecolare mediante tecniche di cromatografia liquida ad alte prestazioni diverse per fase stazionaria e per rivelatore. In particolare per chiarire la struttura chimica di alcuni composti incogniti non riconosciuti tramite rivelatore a serie di diodi (DAD), ulteriori studi sono stati condotti utilizzando un sistema di rivelazione a spettrometria di massa.

- Estrazione dei polifenoli a basso peso molecolare, mediante tecniche di estrazione in fase liquida e in fase solida. È stato messo a punto un metodo di estrazione con solvente utilizzando tre composti green. Metodo di estrazione in fase solida utilizzando diverse resine polimeriche a scambio ionico e resine sintetiche non ioniche.

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2 Stato dell’arte

2.1 Composizione dell’oliva

Il frutto dell’ulivo (nome scientifico Olea Europea) comunemente noto come oliva è la drupa. Esso è caratterizzato da un peso oscillante tra 1,5 e 4,5 grammi e, nel corso della sua vita, subisce numerose trasformazioni, alla fine delle quali è possibile distinguere le varie parti che lo compongono [1]:

- Epicarpo o buccia 1,5-3% del peso: è una membrana esterna sottile ed elastica (epidermide) di colore variabile in base allo stato di maturazione (dal verde della clorofilla al rosso o nero degli antociani), ricoperta da una sostanza cerosa, la pruina, avente funzione protettiva contro i parassiti e i microorganismi;

- Mesocarpo o Polpa 70-80% del peso: è di consistenza carnosa e dal colore variabile; contiene soprattutto acqua e glicerolipidi (olio);

- Endocarpo o nocciolo 15-25% del peso: si tratta di un "guscio" legnoso che racchiude il seme anche detto mandorla. Il nocciolo è a sua volta divisibile in endosperma, episperma ed embrione.

Fig. 2.1-1 Struttura della drupa [2]

I componenti della drupa sono principalmente acqua (50%) e olio (30%), quest’ultimo costituito da trigliceridi e piccole quantità di digliceridi e monogliceridi. L’85% degli acidi grassi presenti nei gliceridi dell’oliva sono insaturi (acido oleico 70 – 80% ed acido linoceico 10% ca.). Sono presenti inoltre una serie di componenti minoritari, tra cui:

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- polifenoli: in particolare idrossitirosolo, tirosolo, oleuropeina ed acido caffeico;

- proteine: costituite principalmente da arginina, alanina, glicina, leucina, prolina, acidi aspartico e glutammico;

- carboidrati: principalmente cellulosa ed emicellulosa (3-6% in peso della polpa), pectine (1,5% in peso) e zuccheri (glucosio, fruttosio, mannosio e galattosio).

La composizione, oltre che dalla varietà del frutto (cultivar), è influenzata in gran parte dal livello di maturazione. In particolare, la quantità dei trigliceridi racchiusi nella polpa sembra subire un notevole incremento (quasi proporzionale) con la maturazione e il relativo ingrandimento del frutto. [2]

2.2 Le Acque di Vegetazione Olearie (AVO)

Come già detto nel capitolo precedente il principale prodotto di scarto generato dalla lavorazione delle olive è costituito da Acque di Vegetazione Olearie (AVO). Tale refluo è costituito da:

- acqua presente all’interno della drupa stessa, contenente ancora un modesto quantitativo di olio;

- acqua usata nell’impianto di estrazione per la diluizione della pasta; - acqua usata per il lavaggio dei macchinari.

Le caratteristiche chimico-fisiche delle AVO variano sostanzialmente in relazione al metodo di estrazione adottato. Nel metodo di estrazione tradizionale per pressatura, le AVO sono composte unicamente da acqua e da altre sostanze solubili presenti nella drupa. Nel caso invece dell'estrazione per centrifugazione, al refluo finale si aggiunge anche l'acqua utilizzata per diluire la pasta di olive. È evidente come nel primo caso venga prodotto un refluo più concentrato.

L’ampio range di variabilità della composizione delle AVO è inoltre dovuto alla stagionalità, quindi al clima e ai fattori ambientali ad esso associati, ed è influenzata anche dal processo di maturazione della drupa [3] [4] [5]. Negli oleifici, le AVO vengono stoccate in serbatoi nei quali rimangono per un periodo di tempo variabile in funzione delle disponibilità volumetriche e del trattamento a cui sono destinate. Qui subiscono processi di fermentazione dovuti ai microrganismi aerobi ed anaerobi presenti nell’ambiente di stoccaggio e ciò si ripercuote in un cambiamento della concentrazione di alcune delle specie organiche presenti [6].

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Oltre all’80% - 95% di acqua, le AVO contengono sostanza organica (3,5 ÷ 15%) e sostanza inorganica (0,5 ÷ 2%). La frazione organica è costituita principalmente da monosaccaridi, dei quali il glucosio è il componente principale, e poi, a seguire, fenoli, polialcoli e pectine, da composti azotati, acidi organici e lipidi [7]. Per quanto riguarda la parte inorganica, la frazione preponderante è solubile ed è formata prevalentemente da fosfati, solfati e cloruri. La parte insolubile è costituita da carbonati e silicati. Tra i cationi inorganici, l’elemento più abbondante è il potassio, seguito da sodio, calcio e magnesio [8].

In Tabella 2.1-1 sono elencate le specie presenti nelle AVO e le principali differenze di composizione in funzione del tipo di processo estrattivo da cui derivano [9].

Tabella 2.1-1 Caratteristiche e composizione delle AV in funzione del processo estrattivo [9]

PARAMETRO

PROCESSO CONTINUO (CENTRIFUGAZIONE)

PROCESSO DISCONTINUO (PRESSATURA)

RANGE MEDIA RANGE MEDIA

pH 5,1-5,8 5,4 4,7-5,5 5,4 Acqua (%) 80-90 85 90-96 93 Composti organici (%) 7-18 12 3-8 5 Sostanze grasse (%) 0,02-1 0,5 0,5-2,3 1,3 Sostanze azotate (%) 1,2-2,4 1,8 0,2-0,4 0,3 Monosaccaridi (%) 2-8 4,5 0,5-2,6 1,5

Acidi organici (%) 0,5-1,5 0,9 - Tracce

Polialcoli (%) 1-1,5 1,1 0,9-1,4 1,1

Pectine, mucillaggini, tannini

(%) 1,3-1,7 1,5 0,2-0,5 0,4

Glucosidi - tracce - tracce

Polifenoli (%) 1,2-2,4 1,7 0,3-0,8 0,6

P2O5 (%)* 0,1-0,25 0,2 0,03-0,7 0,06

CaO (%)* 0,06-0,11 0,09 0,01-0,03 0,03

K2O* 0,5-0,8 0,7 0,1-0,25 0,2

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Sost. Secche (105°C) 8-20 14 4-10 7

COD (g\L) 54-320 210 30-80 55

BOD5 (g\L) 20-135 90 17-40 30

Le AVO sono caratterizzate da un tipico colore scuro, che varia dalle tonalità del verde a quelle del marrone, in funzione del grado di ossidazione dei composti fenolici presenti [10]. Il colore è dovuto alla polimerizzazione di composti polifenolici a basso PM e alla presenza di derivati tanninici e ligninici [11]. L’odore è simile a quello dell’olio di oliva, anche se una volta innescati i processi di irrancidimento, può diventare acre e pungente. Inoltre, hanno un pH acido, compreso tra 4,2 e 5,3, determinato dal contenuto di acidi organici presenti, quali l’acido malico, citrico, tartarico, succinico e ossalico. Il pH può diminuire per effetto delle fermentazioni che avvengono naturalmente all’interno delle acque stesse durante lo stoccaggio [12].

2.3 I polifenoli

I composti polifenolici, costituiscono uno dei più numerosi gruppi di sostanze distribuiti nel regno vegetale, con le oltre 8.000 diverse strutture attualmente conosciute. I polifenoli naturali vengono prodotti dal metabolismo secondario delle piante e comprendono un ampio spettro di specie chimiche che spazia dalle semplici molecole aromatiche, come gli acidi fenolici, a composti polimerici più complessi, come i tannini [13].

Possono essere suddivisi in tre categorie ben distinte:

- fenoli semplici (o polifenoli), come ad esempio, fenilalcoli (tra cui l’idrossitirosolo, e il tirosolo), acidi fenolici (tra cui acidi caffeico, ferulico, veratrico, vanillico, idrossibenzoico, idrossifenilacetico, etc…), cumarine, acidi benzoici, etc..

- tannini: vengono distinti in due categorie: i tannini condensati ed gli idrolizzabili. I primi sono detti anche proantocianidine, poiché per idrolisi con acidi forti danno antocianidine; i secondi sono polimeri eterogenei contenenti acidi fenolici legati a zuccheri semplici;

- flavonoidi: è questo il gruppo più numeroso dei fenoli naturali ed hanno tutti come struttura di riferimento il 2 fenil-benzopirone o flavonone. Variazioni strutturali negli anelli permettono di suddividere i flavonoidi in diverse famiglie: flavonoli, flavoni, isoflavoni, antocianine, etc…

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I polifenoli svolgono un’azione comune, rivestono un ruolo decisamente importante sia in natura che per quanto riguarda la salute umana. Sono infatti coinvolti nella crescita, nella riproduzione e nella protezione delle piante, in quanto fattori di difesa verso patogeni e predatori. Trovano inoltre svariate applicazioni in campo farmaceutico come agenti antibiotici, antiulcerali e antinfiammatori, ma anche in alcuni trattamenti per l’ipertensione, la fragilità vascolare e l’ipercolesterolemia [13]. In particolare è stato dimostrato che tirosolo, idrossitirosolo, oleuropeina e acido caffeico hanno spiccate proprietà antitumorali soprattutto per quanto riguarda il tumori del seno, del colon e della prostata [12]. I polifenoli svolgono anche un’importante attività antiaterogena (prevenzione all’arteriosclerosi) ed antinfiammatoria e godono inoltre di una serie di applicazioni industriali, in campo agrario, cartario e cosmetico e come additivi nell’industria alimentare [15].

Come già accennato, il profilo dei polifenoli nelle AVO dipende da diversi fattori, varietà, origine, maturazione della drupa, condizioni climatiche e il processo di estrazione [16]. Nelle AVO l’idrossitirosolo è il componente maggioritario tra i composti polifenolici, costituisce circa il 70% [17]. L’oleuropeina, derivati oleuropeinici (3,4-DPHEA-EDA) e l’acido protocatecuico sono i componenti presenti in concentrazione maggiore dopo l’idrossitirosolo [18] [19] [20]. Sono stati identificati altri polifenoli in concentrazioni più basse, come tirosolo, verbascoside, acido caffeico, vanillina, acido vanillico, apigenina, luteolina e rutina [21].

Fig. 2.3-1 struttura dell’idrossitirosolo

L’idrossitirosolo (Fig. 2.3-1), conosciuto anche come 3,4-diidrossifeniletanolo (3,4-DHPEA), fa parte del gruppo dei fenilalcoli. Le sue notevoli proprietà antiossidanti derivano dalla struttura orto-difenolica, che stabilizza i radicali mediante la formazione di legami idrogeno intramolecolari [22]. Tramite questo meccanismo, l’idrossitirosolo mostra effetto antiproliferante su molte linee cellulari tumorali, come ad esempio la linea cellulare del melanoma umano [25], del cancro al seno [26] e del carcinoma al colon [27]. In più, l’idrossitirosolo mostra attività antimicrobica contro lo Stafilococco aureo, lo Pseudomonas areuginosa, Listeria monocitogenes [28] e l’Elicobacter pilori [29].

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Fig. 2.3-2 struttura dell’oleuropeina

L’oleuropeina (Fig. 2.3-2) fa parte dei secoiridoidi e consiste nell’estere dell’idrossitirosolo legato all’acido elenolico con una porzione glucosidica. Come l’idrossitirosolo, l’oleuropeina presenta anche la funzione o-difenolica, che le permette di agire da antiossidante nei meccanismi di difesa cellulare dell’uomo [30].

Sebbene presenti in concentrazioni più basse, anche gli altri composti fenolici presenti nelle AVO sono considerati composti a valore aggiunto. Secoiridoidi e derivati dell’oleuropeina come l’oleuropeina aglicone monoaldeide EA) e l’oleuropeina aglicone dialdeide (3,4-DHPEA-EDA) sono considerati bioattivi dato che essi possono essere metabolizzati in idrossitirosolo prima di raggiungere il plasma umano [32]. Inoltre le frazioni ricche di verbascoside e isoverbascoside, che sono strutture ad alto peso molecolare derivate dalla polimerizzazione di idrossitirosolo, acido caffeico e un monogliceride, presentano un’azione antiradicalica nei confronti del radicali idrossili maggiore dell’idrossitirosolo [33].

2.4 Metodi per l’estrazione dei composti fenolici dalle AVO

Recentemente diversi autori hanno ottimizzato protocolli di estrazione e quantificazione dei polifenoli derivanti dalla lavorazione delle olive [36]. I lavori presenti in letteratura si diversificano a seconda della natura della matrice. Ovvero se essa sia AVO, sansa, frazioni della sansa o foglie di ulivo. Nell’interesse del nostro studio menzioneremo principalmente i lavori eseguiti sulle AVO e quelli che si applicano indifferentemente ai diversi tipi di matrice, indicando le matrici come reflui oleari in genere.

La preparazione del campione è uno step critico nell’analisi dei polifenoli nei reflui oleari. Per evitare la modica dalla struttura chimica dei polifenoli, i campioni sono generalmente conservati sotto azoto

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liquido o liofilizzati. È utilizzata anche l’acidificazione a pH 2 o 3, poiché in mezzi alcalini sono favorite reazioni di ossidazione e polimerizzazione[37] [17].

2.4.1 Estrazione con solvente

L’estrazione solido-liquido di solito richiede la macerazione o l’omogeneizzazione del campione (usando omogenizzatori meccanici Ultra-Turrax® o l’agitazione magnetica), seguita da centrifugazione e sedimentazione. La scelta del solvente da usare per estrarre i polifenoli non deve essere fatta solo in base all’efficienza di estrazione, ma anche in funzione dell’applicazione dei composti estratti. Nonostante l’evaporazione, il solvente può rimanere in tracce nel prodotto finale. Per l’estrazione dei fenoli vengono utilizzati solitamente soluzioni idro-alcoliche e in particolare il solvente più utilizzato è il metanolo [38] [39] [40]. Per via della sua minor tossicità, l’etanolo può costituire una alternativa più sicura al metanolo e ad altri solventi. È stato osservato che le estrazioni effettuate con metanolo e etanolo mostrano le migliori rese di estrazione in termini di contenuto totale di polifenoli e gli estratti risultanti mostrano l’attività antiossidante più elevata [41]. Essendo meno polare del metanolo, l’etanolo estrae preferenzialmente i composti fenolici più lipofilici e strutturalmente più complessi. Al fine di raggiungere recuperi più alti alcuni autori hanno preferito usare l’etanolo in sistemi di estrazione ad alte temperature e pressioni [42] [20] [43].

È stato utilizzato anche l’etilacetato per l’estrazione dei polifenoli dalle AVO [37] [17] dato che è altamente selettivo verso i polifenoli sia a basso che a medio peso molecolare rispetto ai composti fenolici ad alto peso molecolare. L’uso dell’etilacetato è considerato sicuro per la salute dato che ha una bassa tossicità [44]; questo solvente, tuttavia, lascia un tipico odore di nei campioni che può risultare sgradevole se usato a scopi alimentari.

2.4.2 Idrolisi

Le tecniche di estrazione citate non permettono il recupero completo dei composti polifenolici che sono legati da legami esterei o glicosidici ai componenti della matrice, come strutture lipofiliche o polisaccaridiche delle pareti cellulari. Per scindere questi legami e ottenere recuperi più alti sono applicate solitamente idrolisi basiche, acide o enzimatiche [45]. L’idrolisi basica prevede l’aggiunta al campione di una soluzione di NaOH o KOH per idrolizzare i legami esterei. Per effettuare l’idrolisi acida viene utilizzata una soluzione acquosa HCl per dar luogo all’idrolisi, non solo dei legami esterei,

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ma anche dei legami glicosidici. A sua volta, l’idrolisi enzimatica richiede l’uso di specifici glicosidasi e/o esterasi. in base a quanto trovato in letteratura le procedure di idrolisi sono utilizzate principalmente su matrici diverse dalle AVO, ovvero sanse e delle foglie di ulivo [38] [46].

2.4.3 Estrazione assistita da ultrasuoni (UEA)

Gli ultrasuoni consistono in onde ad alta frequenza (≥2 MHz) che influenzano le proprietà chimico-fisiche del mezzo e danno luogo alla formazione di bolle di cavitazione [47]. Questo fenomeno promuove il contatto tra il solvente e la matrice. Inoltre essendo una tecnica semplice e veloce, permette di lavorare temperatura ambiente, quindi risulta un metodo adeguato per l’estrazione dei composti fenolici [39]. Negli ultimi anni, alcuni autori hanno usato i dispositivi a ultrasuoni per recuperare i composti polifenolici dalle AVO [40] [48] [21].

2.4.4 Estrazione con fluido supercritico (SFE)

L’estrazione con fluido supercritico è un metodo che incrementa le proprietà solvatanti di un fluido, poiché opera a temperature e pressioni maggiori dei valor critici. Allo stato supercritico, la diffusione del fluido nella matrice del campione è maggiore e ciò consente di ottenere rese di estrazione migliori. Per la sua bassa tossicità, reattività e temperatura critica (31 °C) la CO2 è il composto più ampiamente utilizzato come fluido supercritico, rimpiazzando l’utilizzo di solventi organici [49]. In letteratura non mancano esempi di utilizzo di questa tecnica per l’estrazione dei polifenoli dai reflui oleari. Nella maggior parte dei lavori, le matrici su cui viene applicata l’estrazione con fluido supercritico sono le sanse e dalle foglie di ulivo. Essendo i polifenoli dei composti polari, alla CO2 si aggiungono piccole percentuali di co-solventi e modificatori di polarità, come ad esempio il metanolo. Rispetto alle estrazioni con solvente, gli estratti ottenuti mediante SFE mostrano contenuti più bassi di fenoli a baso peso molecolare e rese più alte per i composti non polari come i flavoni apigenina e luteolina[41] [50].

2.4.5 Estrazione pressurizzata con solvente (PSE)

L’estrazione pressurizzata (dall’inglese Pressurized Solvent Extraction, PSE) è una tecnica che ultimamente è stata applicata nel recupero dei polifenoli dai reflui oleari [51] [52] [43] [53] [20]. Questa tecnica di estrazione consiste nell’utilizzo di un solvente organico ad alte temperature e

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pressioni. Il sistema PSE è generalmente costituito da una camera in acciaio inossidabile (dove è posto il campione), un forno, una pompa per il solvente e un sistema di valvole (per mantenere la pressione e la temperatura selezionate per il sistema) [54]. Per l’estrazione dei composti idrofilici da matrici alimentari vengono utilizzati come solventi acetonitrile, etanolo, metanolo, etilacetato e/o acqua [54]. Riguardo la scelta del solvente in PSE per l’estrazione dei composti fenolici dai reflui oleari, in letteratura è riportato l’utilizzo di miscele Metanolo/acqua [53] e etanolo/acqua [55] [52] [20]. Le temperature a cui si opera di solito superano i 100°C, poiché all’aumentare della temperatura l’acqua mostra una costante dielettrica minore, diventando meno polare [56]. In questo modo l’acqua diventa un solvente più efficiente per l’estrazione dei composti fenolici. Per di più promuove la dissociazione dei legami dell’analita con la matrice, aumentando il recupero dei composti di interesse. La pressione dà un contributo minore all’efficienza di estrazione il suo ruolo principale è quello di mantenere il solvente in fase liquida al di sopra del suo punto di ebollizione e aumentare il flusso di solvente attraverso il sistema di estrazione. L’estrazione dei polifenoli dai reflui oleari di solito è condotta a 100 bar [52] [50]. La tecnica PSE presenta diversi vantaggi comparata, con le comuni estrazioni con solvente, dato che richiede quantità minori di solvente e minor tempo, in combinazione con una procedura altamente automatizzata. Questa tecnica può essere eseguita con solventi GRAS (Generally Recognisd As Safe) come acqua ed etanolo. Inoltre la PSE con etanolo mostra recuperi dei composti polifenolici dai reflui oleari più alti rispetto ad altri metodi, tra i quali estrazione comune con miscela metanolo/acqua, estrazione assistita da microonde, e estrazione con liquido supercritico [50].

2.4.6 Estrazione in fase solida (SPE)

L’estrazione in fase solida è un’operazione molto diffusa e valida in termini quantitativi. La procedura operativa si articola in due stadi: una ritenzione selettiva dei composti di interesse su una fase stazionaria solida opportunamente scelta, seguita dall’eluizione dei composti mediante un solvente (o una miscela di solventi) idoneo. Gli studi presenti in letteratura riguardo l’applicazione di questa tecnica per l’estrazione dei composti fenolici presenti nelle AVO si distinguono principalmente per il tipo di fase stazionaria utilizzata. Le principali fasi stazionarie sono le resine sintetiche, costituite da polimeri reticolati acrilici e copolimeri stirene-divinilbenzene semplici, idrossilati o funzionalizzati con poliammide [57], e i carboni attivi, materiali di origine naturale costituiti da carbonio amorfo aggregato in particelle dall’elevata area superficiale [58]. Il solvente

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da utilizzare per il desorbimento degli analiti varia in funzione della natura della fase stazionaria scelta. Per i materiali sintetici viene comunemente utilizzato etanolo, mentre per i carboni attivi si utilizzano soluzioni acquose acidificate a pH = 3 con HCl. Considerando il processo integrato di ritenzione-eluizione, entrambe le matrici, sintetiche e naturali, si rivelano idonee allo scopo.

2.5 Metodi per l’identificazione e la quantificazione dei composti fenolici

delle AVO

Per stimare il contenuto totale di polifenoli contenuti nei reflui oleari viene utilizzato di solito il metodo di Folin-Ciocalteau [18], un saggio spettrofotomerico basato sulla formazione di un prodotto colorato generato dalla riduzione di un complesso fosfotungstenico e fosfomolibdenico [59]. Oltre all’impossibilità di identificare i composti polifenolici individualmente, le principali limitazioni di questo metodo sono costituite da interferenze dovute ad altri composti riducenti (carotenoidi, vitamina E, vitamina C, zuccheri riducenti e alcuni amminoacidi) [35]. Il metodo di Folin-Ciocalteau verrà approfondito nel paragrafo [ref al paragrafo].

Un’analisi molecolare più dettagliata dei composti fenolici contenuti nelle AVO può essere ottenuta mediante tecniche cromatografiche. Tra le tecniche cromatografiche la più ampiamente utilizzata per l’identificazione e la quantificazione dei composti fenolici estratti dei reflui oleari è la Cromatografia Liquida ad Alte Prestazioni (HPLC) a fase inversa. Il metodo di rivelazione più usato è basato sull’assorbimento dei composti fenolici nell’UV-visibile. Disponendo di un rivelatore a serie di diodi (Diode Array Detector, DAD) è possibile l’identificazione di alcuni di questi composti [38] [17]. L’accoppiamento con un rivelatore a fluorescenza è utile per identificare i composti polifenolici fluorescenti. Per esempio l’acido vanillico, l’idrossitirosolo, il tirosolo, l’apigenina-7-o-glucoside presentano fluorescenza ad una lunghezza d’onda di eccitazione di 280 nm e una lunghezza d’onda di emissione di 330nm [60]. Il limite del DAD e del rivelatore a fluorescenza risiede nell’impossibilità di determinare la struttura chimica dei composti, ne consegue che in mancanza di standard non è possibile identificare i composti fenolici incogniti. In più i composti, simili per struttura chimica, che co-eluiscono e che presentano spettri di assorbimento UV simili possono difficilmente essere identificati e quantificati [20]. In questi casi, l’utilizzo di uno spettrometro di massa come rivelatore della tecnica cromatografica è un valido metodo per un’analisi più sensibile e specifica, che permette di identificare i composti incogniti o di struttura incerta grazie alle informazioni relative allo ione molecolare e ai percorsi di frammentazione. In letteratura troviamo esempi in cui l’accoppiamento HPLC e spettrometria di massa è utilizzata per rivelare e confermare i composti

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fenolici presenti nei reflui oleari [37]. Mediante le informazioni sui tempi di ritenzione e gli spettri di massa è stato possibile identificare idrossitirosolo, idrossitrosolo glucoside e la forma dialdeidica della decarbossimetil oleuropeina aglicone all’interno di campioni di AVO [37] [35]. Non mancano gli esempi in cui la spettrometria di massa è stata utilizzata per identificare sette nuovi isomeri dell’oleuropeina e del ligtroside da estratti metanolici delle AVO[61]. Altri autori, mediante un sistema HPLC accoppiato sia al rivelatore DAD che a uno spettrometro di massa con analizzatore a tempo di volo (MS-TOF), hanno identificati diversi composti fenolici e i loro derivati: prodotti di ossidazione dell’idrossitirosolo, luteolina, oleuropeina aglicone, decarbossimetili oleurepeina aglicone e decarbossimeti ligtroside aglicone [52]. Altri autori hanno anche utilizzato sistemi cromatografici a più alte risoluzioni, come ad esempio, Rapid Liquid Cromatography (RRLC) e Ultra-Performance-Liquid Cromatography (UPLC). Le minori dimensioni del diametro delle particelle della fase stazionaria (<2 µm) comparate ai sistemi HPLC (≥3 µm) consentono analisi più rapide e sensibili. Mediante sistemi RRLC-DAD-ESI-TOF sono stati identificati dieci composti fenolici presenti in reflui oleari [48] con analisi della durata di 27 minui. Tempi di analisi inferiori sono stati ottenuti mediante UPLC (24 min) [20] e UPLC-MS/MS (8 minuti) [55].

2.6 Impostazione dell’attività sperimentale

Prendendo spunto dai risultati trovati in letteratura, da tesi di laurea passate [rif.][rif.], un progetto del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale con la Cassa di Risparmio di Lucca [rif] e da lavori precedentemente svolti dalla sezione Ricerca dei Laboratori ARCHA s.r.l. è stata impostata un’attività di ricerca che ha riguardato gli aspetti di seguito descritti.

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Fig. 2.6-1 impostazione dell’attività di ricerca

Una prima fase del lavoro di tirocinio ha avuto come scopo la caratterizzazione delle AVO e dei composti fenolici contenuti. Durante questa fase sono stati messi a punto e ottimizzati i metodi spettroscopici volti alla misura dei polifenoli totali e dell’attività antiossidante, sono state valutate le possibili correlazioni fra queste grandezze e le interferenze ottiche che una matrice complessa come le AVO può comportare.

È stato messo a punto un metodo cromatografico per la determinazione quantitativa dell’idrossitirosolo e dell’acido gallico mediante HPLC-DAD con colonna a fase inversa in C18. Un secondo metodo cromatografico che sfrutta un sistema HPLC-DAD con colonna funzionalizza in RP-Amide è stato messo a punto e utilizzato per la determinazione di 11 composti fenolici presenti nelle AVO. Sono state confrontate le prestazioni dei due metodi cromatografici nell’analisi quantitativa dell’idrossitirosolo. Si è approfondito, inoltre, lo studio qualitativo dei composti fenolici mediante l’accoppiamento della tecnica HPLC-RP-Amide con un sistema di spettrometria di massa ad alta risoluzione con doppio analizzatore costituito da un quadrupolo e un analizzatore a tempo di volo (ESI-Q-TOF.).

Sono state effettuate prove di monitoraggio delle AVO per studiare l’influenza che diverse condizioni di stoccaggio hanno sul contenuto di polifenoli totali, sulla concentrazione di solidi

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sospesi totali, sulla percentuale di residuo secco, sul pH, sulla concentrazione di idrossitirosolo e sull’attività antiossidante.

L’attività di ricerca è proseguita nella direzione del recupero dei polifenoli al fine di valorizzare e trasformare le AVO da prodotti di scarto a fonte di composti dall’elevato valore aggiunto. A tale scopo sono stati messi a confronto tre solventi GRAS (Generally Recognised As Safe) per mettere a punto un metodo di estrazione con solvente.

In secondo luogo è stato sperimentato un metodo di estrazione in fase solida mediante l’utilizzo di resine sintetiche a scambio ionico e resine sintetiche non ioniche. Sono state confrontate le prestazioni delle resine utilizzate, al fine di scegliere la resina più adatta all’estrazione dei polifenoli dalle AVO. Le frazioni di estratti ottenute mediante le due procedure di estrazione sono state caratterizzate in termini di contenuto di polifenoli totali e concentrazione di idrossitirosolo.

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3 Parte sperimentale 3.1 Materiali

3.1.1 Solventi e reattivi

Per l’analisi dei polifenoli totali sono stati utilizzati il reattivo di Folin-Ciocalteau (Titolchimica) e carbonato di sodio (Sigma-Aldrich, ≥99%). Per la misura dell’attività antiossidante sono stati utilizzati il radicale stabile 2,2-difenile-1-picridazile o DPPH (Sigma-Aldrich) e metanolo (Sigma-Aldrich, ≥99.9%). Per i suddetti metodi e per le analisi HPLC-DAD con colonna con fase stazionaria in C18, per la preparazione delle soluzioni standard e per la diluizione dei campioni è stata utilizzata acqua deionizzata prodotta nei Laboratori ARCHA (Millipore). È stato utilizzato acido acetico glaciale (Carlo Erba) come acidificante per gli eluenti del sistema HPLC-DAD sopra menzionato.

I solventi utilizzati nelle estrazioni con solvente e in fase solida i sono stati etanolo anidro (Sigma-Aldrich), etilacetato (Sigma-(Sigma-Aldrich), etilesilacetato (Sigma-(Sigma-Aldrich), butillattato (Sigma-Aldrich). Gli eluenti per l’analisi HPLC-DAD ed HPLC-MS/MS con colonna impaccata con RP-Amide sono stati una soluzione di acido formico allo 0.14% in acqua, ed una di pari concentrazione in acetonitrile. Per l’analisi HPLC-DAD, sono stati usati acqua bidistillata (Carlo Erba) ed acetonitrile di grado HPLC (≥99%, Sigma-Aldrich). Per l’analisi HPMS/MS, sono stati usati acqua ed acetonitrile di grado LC-MS (CHROMASOLV®, Fluka Analyti-cal). L’agente acidificante è stato acido formico al 98% (J.T. Baker).

Per modificare il pH dei campioni di AVO sono stati utilizzati acido cloridrico (37% RPE, Carlo Erba), carbonato di sodio (Sigma-Aldrich, ≥99%).

3.1.2 Standard

I polifenoli presi in esame sono stati selezionati sulla base dei dati presenti in letteratura e sulla base degli studi precedenti svoltisi in collaborazione tra il DCCI e ARCHA srl. Tutti gli standard utilizzati avevano un grado di purezza superiore al 97%, si presentano come solidi a temperatura ambiente e la loro conservazione non prevede particolari condizioni. In Tabella 3-1 sono riportati nome, sigla, struttura ed alcune caratteristiche dei i polifenoli presi in considerazione in questo lavoro di tesi. Nei capitoli successivi utilizzeremo le sigle indicate in tabella per indicare gli analiti di interesse: Ga (acido gallico), HTy (idrossitirosolo), Cat (acido protocatecuico), Ty (tirosolo), pHB (acido p-idrossibenzoico), pHP (acido p-idrossifenilacetico), Va (acido vanillico), Caf (acido caffeico), pCou (acido p-cumarico), F (acido ferulico) e Ve (acido veratrico).

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Tabella 3-1 Caratteristiche dei composti fenolici utilizzati come standard

Polifenoli Sigla Formula di struttura Caratteristiche

Acido gallico Ga

Nome IUPAC acido 3,4,5-triidrossibenzoico CAS 149-91-7 Formula C7H6O5 pKa* 3,94 (9,04) Massa Molecolare 170,12 g/mol (Sigma-Aldrich) Idrossitirosolo HTy

Nome IUPAC

1-(2-idrossietil)-3,4-diidrossibenzene CAS 10597-60-1 Formula C8H10O3 pKa* --- (9,45) Massa Molecolare 154.16 g/mol (AppliChem) Acido protocatecuico Cat

Nome IUPAC Ac. 3,4-diidrossibenzoico

CAS 99-50-3 Formula C7H6O4 pKa* 4,16 (9,40) Massa Molecolare 154,12 g/mol (Sigma-Aldrich) Tirosolo Ty

Nome IUPAC 4-(2-idrossietil)fenolo CAS 501-94-0 Formula C8H10O2 pKa* --- (10,20) Massa Molecolare 138,164 g/mol (Sigma-Aldrich) Acido p-idrossi-benzoico pHB

Nome IUPAC Ac 4-idrossibenzoico CAS 99-96-7 Formula C7H603 pKa* 4,38 (9,67) Massa Molecolare 138,12 g/mol (Sigma-Aldrich) Acido p-idrossi-fenilacetico pHP

Nome IUPAC Ac. 2-(4-idrossifeinl)acetico CAS 156-38-7 Formula C8H8O3 pKa* 4,00 (9,51) Massa Molecolare 152,15 g/mol (Sigma-Aldrich)

Acido vanillico Va Nome IUPAC Ac. 4-idrossi-3-metossibenzoico CAS 121-34-6

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Formula C8H8O4

pKa* 4,16 (10,14) Massa

Molecolare 168,14 g/mol

(Sigma-Aldrich)

Acido caffeico Caf

Nome IUPAC Ac.

3-(3,4-diidrossifenil)-2-propenoico CAS 331-39-5 Formula C9H8O4 pKa* 3,64 (9,28) Massa Molecolare 180,16 g/mol (Sigma-Aldrich)

Acido p-cumarico pCou

Nome IUPAC Ac.(E)-3-(4-idrossifenil)-2-

propenoico CAS 7400-08-0 Formula C9H8O3 pKa* 4,20 (9,51) Massa Molecolare 164,16 g/mol (Sigma-Aldrich) Acido ferulico F

Nome IUPAC Ac.

(E)-3-(4-idrossi-3-metossi-fenil)-2-propenoico CAS 1135-24-6 Formula C10H10O4 pKa* 3,77 (9,98) Massa Molecolare 194,18 g/mol (Sigma-Aldrich) Acido veratrico Ve

Nome IUPAC Ac. 3,4-dimetossibenzoico CAS 93-07-2 Formula C9H10O4 pKa* 4,14 (---) Massa Molecolare 182,18 g/mol (Sigma-Aldrich)

*pKa1 della funzionalità carbossilica (pKa2 della funzionalità fenolica)

3.1.3 Campioni di AVO e condizioni di stoccaggio

Sono stati raccolti 8 campioni di AVO provenienti da diversi frantoi della Toscana durante la frangitura delle olive avvenuta tra ottobre 2015 e gennaio 2016, derivanti da processi di estrazione a tre fasi. A ciascun campione è stata assegnata una sigla in costituita identificativa. In Tabella 3-2 sono riportate le sigle e una breve descrizione dei campioni.

Tabella 3-2 Campioni di AVO oggetto del nostro studio

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VP Vicopisano 100 kg 22/12/2015

V1 Vinci DX 1000 kg prelevati dal fondo del serbatoio di stoccaggio dell’oleificio 12/01/2016

V2 Vinci SX 1000 kg prelevati dopo rimescolamento del serbatoio di stoccaggio 12/01/2016

M3 Mix Buti, Fauglia, Peccioli, Vicopisano

Ottenute da AVO campionate il 20/11/2015 e miscelate il 18/12/2015 tenuti a pH 3.5

M5 Mix Buti, Fauglia, Peccioli, Vicopisano

Ottenute da AVO campionate il 20/11/2015 e miscelate il 18/12/2015 tenuti a pH 5

VM Vinci 100 kg costituiti da V1e V2 50:50 miscelati il 04/02/2016

PS Puglia 4 kg spremitura sanse del 09/10/2016

I campioni V1 e V2 provengono dal medesimo serbatoio di stoccaggio. V1 è stato prelevato dal fondo del serbatoio, ottenendo così un campione ricco di sedimenti. Mentre V2 è costituito dalla seconda aliquota da 1 m3 e contiene meno residuo solido. Il campionamento di entrambi i campioni è avvenuto mediante pompa peristaltica, la cui bocca di aspirazione era fissata sul fondo del serbatoio. Entrambi i suddetti campioni sono stati conservati in vasche di PVC da 1 m3.

Al fine di simulare le condizioni di un eventuale processo industriale che raccoglie e riutilizza AVO come materia prima, i campioni M3 ed M5 sono costituiti da una miscela di AVO provenienti da oleifici differenti (Tabella 3-2). Di norma per preservare i campioni e rallentare i meccanismi di degradazione ad opera dei microrganismi presenti all’interno delle matrici, i campioni vengono conservati in frigorifero a 4°C o refrigerati a una temperatura di -20°C (ATANASSOVA et al., 2005; ALLOUCHE et al., 2004; FEKI et al., 2006) (OBIED et al., 2005 Taddei). Essendo, però, nostra intenzione studiare le AVO in condizioni di stoccaggio simili a quelle di impianto, i campioni sono stati conservati, invece, in contenitori di polietilene a temperatura ambiente e al buio.

3.2 Strumentazioni e metodi

3.2.1 Analisi mediante spettroscopia UV-Vis

Le indagini spettrofotometriche sono state condotte mediante l’utilizzo di uno spettrofotometro UV-vis a singolo raggio modello DR-5000 (HACH). Lo strumento è stato utilizzato per determinare il contenuto di polifenoli totali, mediante metodo di Folin-Ciocalteau (3.2.7), e per la misura

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dell’attività antiossidante, mediante il test del DPPH (3.2.8). Le analisi sono state condotte in cuvette di quarzo con cammino ottico di 1 cm.

3.2.2 Analisi cromatografica HPLC-DAD con colonna C-18 per l’analisi quantitativa dell’idrossitirosolo e dell’acido gallico

Le analisi HPLC mediante cromatografia a fase inversa con fase stazionaria C18 sono state effettuate mediante un sistema cromatografico dotato di una pompa LC-20AT Dual Reciprocating Plunger Design (Shimadzu Corp.), munita di sistema di degasamento, termostato CTO-10AS VP (Shimadzu Corp.) e di un auto campionatore SIL-20A HT (Shimadzu Corp.). È stato impiegato un rivelatore spettrofotometrico a serie di diodi SPD-M20A (Shimadzu Corp.), che acquisisce uno spettro nel range 190 to 800 nm con frequenza di 3.125 Hz (0.32 s). Sulla base dei risultati ottenuti precedentemente nello stesso laboratorio [rif taddei], la separazione dei composti di interesse è stata ottenuta con una corsa della durata di 50 minuti. In

Tabella 3-3 sono riportate le condizioni operative del metodo.

Tabella 3-3 condizioni operative HPLC-DAD utilizzate per le analisi dell’idrossitirosolo

Colonna

C-18 a fase inversa Dimens. 150x4.6 mm

Modello Phenomenex Synergi 4u fusion – RP 80 A Temperatura 35°C Flusso 1 ml/min Volume di iniezione 20 µm Solventi A: H2O:AcOH 98:2 v/v B: MeOH:AcOH 98:2 v/v Gradiente di eluizione Tempo (min) 0 0.1 30 39 44 45 % A 90 90 60 65 55 90 % B 10 10 40 45 45 10

Canale rivelatore DAD 280 nm (assorbimento massimo dell’HTy) 275 nm (ac gallico)

Tale strumentazione è stata utilizzata per l’analisi quantitativa dell’idrossitirosolo e dell’acido gallico. A tale scopo è stata costruita una retta di taratura analizzando soluzioni standard a concentrazione crescente dei composti di interesse e integrando le aree sotto i picchi cromatografici acquisiti alla lunghezza d’onda a cui corrisponde il massimo di assorbimento di ciascun composto. In Tabella 3-4 sono riportati i valori del range di concentrazione, la lunghezza d’onda a cui

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corrisponde il massimo di assorbimento dei composti utilizzati come standard, pendenza, intercetta e di R2 della retta di calibrazione osservati nella costruzione delle rette di taratura dell’idrossitirosolo e dell’acido gallico. Tutti i campioni di AVO analizzati sono stati filtrati su filtro in nitrocellulosa con diametro nominale dei pori di 0.2 µm.

Tabella 3-4 Rette di calibrazione dell'analisi quantitativa di HTy e Ga

Analita tR (min) Cmin-Cmax (mg/L) λ (nm) Pendenza Intercetta R2

Acido gallico 3.5 1-100 275 5.75·104 -8.50·104 0.9999878

Idrossitirosolo 4.9 100-1072 280 1.50·10-4 -1.26·105 0.9998708

3.2.3 Analisi cromatografica HPLC-DAD con colonna in RP-Amide

Il sistema HPLC-DAD con colonna funzionalizzata in RP-Amide utilizzato per l’analisi dei polifenoli era dotato di una pompa quaternaria PU-2089 (Jasco International Co.), munita di un sistema di degasamento, di una camera di premiscelazione e di un autocampionatore AS-950 (Jasco International Co.). È stato impiegato un rivelatore spettrofotometrico ad array di diodi MD-2010 (Jasco International Co.). Il rivelatore acquisiva uno spettro nel range 200-650 nm ogni 0.8 secondi, con risoluzione di 1 nm. Il metodo è stato impostato sulla base di lavori eseguiti precedentemente [11, 90+mattonai]. In Tabella 3-1 sono riportate le condizioni operative. La separazione dei composti di interesse è stata ottenuta con una corsa della durata di 64 minuti. Tutte le corse cromatografiche sono state condotte regolando la temperatura della colonna con un termostato GECKO 2000 (Amchro GmbH), che lavora nel range 30-80 °C.

Tabella 3-5 condizioni operative HPLC DAD RP Amide

Colonna

Fase stazionaria: RP-Amide

Dimens. 100 mm x 2.1 mm x 2.7 µm Modello Ascentis® Express RP-Amide

Temperatura 40°C Flusso 0.4 ml/min Volume di iniezione 20 µm Solventi A: HCOOH 0.3% in H2O B: HCOOH 0.3% in CH3CN

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Gradiente di eluizione

Tempo

(min) 3.75 20 45 50 51 53 55 64

% A 100 95 70 40 0 0 100 100

Per la costruzione delle rette di taratura sono state preparate due soluzioni standard degli analiti. La prima soluzione è stata preparata direttamente in acqua e contiene tutti gli analiti idrosolubili (Ga, HTy, Cat, Ty, pHB, pHP e Va). La seconda soluzione contiene invece gli analiti che presentano scarsa solubilità in acqua (Caf, Ve, pCou e F), per cui sono stati prima disciolti in metanolo, portati a secco sotto flusso di azoto e poi ridisciolti in acqua. A partire da ciascuna soluzione madre a concentrazione di 100 mg/L sono state preparate sei soluzioni da circa 0.1, 0.5, 1, 5, 10 e 50 mg/L. Le rette di calibrazione di ciascun analita sono state costruite integrando le aree sotto i picchi cromatografici acquisiti alla lunghezza d’onda a cui corrisponde il massimo di assorbimento di ciascun composto. In Tabella 3-6 sono riportati i tempi di ritenzione degli analiti e in Tabella 3-7 sono riportate le informazioni riguardanti le rette di calibrazione le lunghezze d’onda a cui corrisponde il massimo di assorbimento.

Tabella 3-6 tempi di ritenzione degli analiti

Analita tR(min) Analita tR

Ga 2.2 pHB 7.3-7.5 HTy 2.6 Va 10.7 protocat 3.9 Caf 14.2-14.9 Ty 5.3 Ve 18.5-19 pHP 5.7 p-Cou 19.2-19.9 F 21.1-21.8

Tabella 3-7 parametri relativi alle rette di calibrazione degli standard

Analita Cmin-Cmax (mg/L) λ (nm) Pendenza Intercetta R2

Ga 0.10 – 49.57 271 1.47·105 -3.57·103 0.99983 HTy 0.13 – 62.50 280 5.01·104 4.50·103 0.99983 Cat 0.15 – 78.88 260 1.54·105 3.01·104 0.99990 Ty 0.10 – 51.19 275 2.07·104 2.17·103 0.99996 pHP 0.20 – 97.77 275 2.35·104 5.34·103 0.99997 pHB 0.13 – 58.82 255 2.78·105 2.34·104 0.99992 Va 0.14 – 67.46 260 1.66·105 1.90·104 0.99987 Caf 0.14 – 71.10 323 1.59·105 1.31·105 0.99858 Ve 0.09 – 47.15 260 1.10·105 2.27·104 0.99978

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p-Cou 0.10 – 47.75 307 2.28·105 2.58·104 0.99984

F 0.10 – 49.70 323 1.62·105 8.96·103 0.99982

In Fig. 3-1 è riportato il profilo cromatografico ottenuto dall’analisi delle soluzioni standard a concentrazione di circa 10 mg/L. Il cromatogramma è stato ottenuto misurando la radiazione assorbita a 275 nm, lunghezza d’onda alla quale la maggior parte degli analiti presenta un assorbimento significativo. In appendice x sono riportati gli spettri di assorbimento caratteristici degli analiti. Come è possibile osservare, i valori di R2 indicano una buona linearità della risposta, risultando maggiori di 0.999 nella maggior parte dei casi (fa eccezione l’acido caffeico). I range di linearità sono di circa due ordini di grandezza.

Fig. 3-1 cromatogramma delle soluzioni standard da 10 mg/L ottenuto mediante HPLC-DAD con colonna funzionalizzata con RP-Amide

I campioni di bianco (acqua deionizzata) eluiti tra un’analisi di un campione e l’altra, al fine di evitare effetto memoria degli analiti, sono stati poi utilizzati per stimare i limiti di rivelabilità (LOD) e di quantificazione (LOQ). Per questa operazione, il segnale del bianco è stato integrato nei punti del cromatogramma in cui verrebbero eluiti i vari composti. Per definizione, il LOD è la concentrazione di analita che è in grado di produrre un segnale di intensità pari a tre volte la deviazione standard del segnale del bianco, e pertanto i LOD sono stati calcolati secondo l’equazione (3-1), in cui SLOi e INTi indicano rispettivamente la pendenza e l’intercetta della retta di calibrazione dell’analita i. Ripetendo dunque l’integrazione per tutti i replicati del bianco, è stata ottenuta una deviazione standard media del segnale del bianco per ciascun analita (𝑠bi). In modo del tutto analogo, il LOQ è

(30)

definito come la concentrazione che produce un segnale pari a 10 volte la deviazione standard del bianco, ed è quindi stato calcolato secondo l’equazione (3-2).

𝑳𝑶𝑫 =𝟑𝒔𝒃𝒊−𝑰𝑵𝑻𝒊

𝑺𝑳𝑶𝒊 3-1

𝑳𝑶𝑸 =𝟏𝟎𝒔𝒃𝒊−𝑰𝑵𝑻𝒊

𝑺𝑳𝑶𝒊 3-2

In alcuni casi, il calcolo del LOD con queste formule ha generato dei limiti di rivelabilità negativi, poiché l’intercetta della retta di calibrazione è risultata maggiore di sb. In tali casi, è stata calcolata di nuovo la retta di calibrazione, imponendo però che la sua intercetta fosse nulla, e la nuova equazione è stata impiegata per stimare il LOD.

Tabella 3-8 Limiti di rivelabilità e di quantificazione

Analita LOD (mg/L) LOQ (mg/L)

Ga 0.04 0.06 HTy 0.05 0.08 Cat 0.007 0.06 Ty 0.06 0.05 pHP 0.03 0.06 pHB 0.01 0.1 Va 0.007 0.06 Caf 0.6 0.1 Ve 0.03 0.1 p-Cou 0.02 0.1 F 0.09 0.1

Come si può notare, la maggior parte dei LOD si trova al di sotto della parte per milione (mg/L), arrivando per alcuni analiti alla parte per miliardo (µg/L); è il caso degli acidi catecuico, e vanillico.

3.2.4 Analisi HPLC-MS/MS con colonna in RP-Amide

Il sistema HPLC-MS/MS è costituito da un apparato cromatografico 1200 Infinity (Agilent Technologies) accoppiato ad un rivelatore a spettrometria di massa 6530 Infinity Q-ToF (Agilent Technologies), dotato di un quadrupolo e di un analizzatore a tempo di volo. L’interfaccia è costituita da una sorgente di ionizzazione elettrospray Jet Stream ESI (Agilent Technologies). Nella Tabella 3.6 sono riportati i parametri strumentali relativi alla sorgente di ionizzazione. Tutti gli spettri di massa sono stati registrati nel range 100-1000 m/z. L’eluizione dei campioni è stata eseguita con la stessa colonna RP-Amide usata per le analisi HPLC-DAD, mantenendo anche lo stesso flusso e lo stesso

(31)

gradiente di concentrazione della fase mobile descritti nel paragrafo 3.2.3. Il volume di iniezione è stato di 5 µL per tutti i campioni. L’analisi degli spettri di massa è stata eseguita con il software Mass Hunter Qualitative Analysis.

Tabella 3-9 parametri strumentali della sorgente ESI nelle analisi HPLC-MS/MS

Parametro (unità di misura) Valore

Pressione (psig) 35

Voltaggio (kv) 4.5

Flusso del gas essiccante, N2 >98% (L/min) 10

Temperatura del gas essiccante (°C) 350 Flusso del gas di sheath, N2 >98% (L/min) 11

Temperatura del gas di sheath (°C) 375

Una selezione dei campioni di AVO e dei loro estratti sono stati analizzati mediante questa tecnica. Il fine di questa prova è quello di individuare in tali campioni analiti la cui presenza o assenza risultavano incerte dai cromatogrammi ottenuti con il rivelatore a serie di diodi. Queste analisi si sono rivelate utili anche per ottenere maggiori informazioni riguardo ad alcuni composti presenti nei cromatogrammi dei campioni, ma i cui tempi di ritenzione e spettri di assorbimento non coincidono con nessuna delle molecole di riferimento.

3.2.5 Misura dei solidi sospesi totali. Metodo

I solidi sospesi totali (SST) in un campione di AVO rappresentano la totalità del materiale sedimentabile e colloidale, sia di natura organica che inorganica presente. La misura dei solidi sospesi totali si esegue per via gravimetrica. Si prelevano 10 ml di campione (Vcampione espresso in ml) e si filtrano a pressione ridotta mediante pompa da vuoto su filtro in nitro cellulosa dal diametro nominale dei pori di 0.45 μm. I filtri vengono prima stabilizzati e portati a peso costante per trattamento termico a 105°C in stufa per un’ora e poi 20 minuti in essiccatore. Viene pesato il filtro stabilizzato (peso tara in grammi, T). Il filtro contenente il solido viene seccato in stufa a 105°C per un’ora portato a peso costante nell’essiccatore per 20 minuti e poi pesato (peso lordo in grammi, L). I solidi sospesi totali vengono espressi in mg/l mediante la seguente formula:

𝐿 − 𝑇 𝑉𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒· 10

(32)

3.2.6 Residuo secco. Metodo

Il residuo secco è costituito dalla parte di campione rimanente dopo allontanamento dell’acqua. La misura del residuo secco si effettua per via gravimetrica. Si pesa un’aliquota di campione (grcampione), circa 10 g nel caso delle AVO, in un contenitore tarato (peso tara in grammi, T) e si secca in stufa a 105°C. Dopo aver portato a peso costante in essiccatore si pesa il contenitore contenente il residuo secco (peso lordo in grammi, L). Il residuo secco viene espresso in percentuale in peso mediante la seguente equazione:

𝐿 − 𝑇

𝑔𝑟𝑐𝑎𝑚𝑝𝑖𝑜𝑛𝑒· 100 = 𝑟𝑒𝑠.𝑠𝑒𝑐𝑐𝑜 (% 𝑖𝑛 𝑝𝑒𝑠𝑜)

3.2.7 Concentrazione dei polifenoli totali. Metodo di Folin-Ciocalteau

Prendendo il nome dai ricercatori che per primi lo proposero [14-16 Terreni], il metodo di Folin-Ciocalteau (F-C) è un metodo spettrofotometrico che prevede la valutazione del contenuto totale di dei polifenoli (PF) di soluzioni acquose, espresso come mg/L equivalenti di acido gallico, effettuata mediante l’impiego di un reattivo specifico e la misura spettrofotometrica ad una predefinita lunghezza d’onda. Tale metodo prevede l’utilizzo del reattivo di Folin-Ciocalteau, disponibile commercialmente, che è costituito da una miscela di acido fosfotungstico (H3PW12O40) e di acido fosfomolibdico (H3PMo12O40). Questi acidi, ossidando i fenoli, si riducono a una miscela di ossidi di tungstno (W8O23) e di molibdeno (Mo8O23) dalla tipica colorazione blu. Tale soluzione ha un assorbimento massimo intorno a 750 nm. L’assorbanza a questa lunghezza d’onda è proporzionale alla concentrazione dei composti polifenolici presenti in soluzione e dipende anche dal pH dell’ambiente di reazione. È importante adattare le condizioni operative di volta in volta a seconda del campo di applicazione e della matrice utilizzata. I parametri da ottimizzare comprendono il rapporto tra reagenti e campione, la quantità di reattivo aggiunto, l’alcalinità della soluzione e i tempi di reazione. [3]

Le condizioni operative del metodo, ottimizzate nel presente lavoro di tesi, sono state le seguenti: 1 ml di campione di AVO filtrato a 0.45 μm, veniva diluito 1:10 con acqua deionizzata. 0.5 ml di questa soluzione sono stati aggiunti in un matraccio da 50 ml contenente 30 ml di acqua deionizzata. Si aggiungevano 2.5 ml di reattivo di F-C e si agitava. In un tempo compreso fra 1 e 8 minuti venivano agiunti 7.5 ml di una soluzione al 20% di carbonato di sodio e si porta a volume il matraccio. L’assorbanza della soluzione veniva misurata a 750 nm dopo un tempo di incubazione di 2 ore al buio a temperatura ambiente. È stata utilizzata acqua deionizzata per azzerare lo spettrofotometro.

(33)

Per l’analisi quantitativa dei PF totali, è prevista la costruzione di una retta di taratura con uno standard di acido gallico. In questo modo la concentrazione dei PF viene espressa in mg/L equivalenti di acido gallico.

Tabella 3-10 Retta di taratura per misura dei polifenoli totali

Cmin-Cmax (mg/L) λ (nm) Pendenza Intercetta R2

50.02 – 1002.89 750 1.20·103 3.10·103 0.9994

3.2.8 Misura dell’attività antiossidante mediante l’utilizzo del radicale stabile 2,2difenil-1-picrilidrazile (DPPH)

Per la complessità del processo di ossidazione e per la natura diversa dei composti antiossidanti non esiste un metodo universale per quantificare l’attività antiossidante in maniera specifica. L’attività antiossidante è definita come la capacità di sequestrare radicali liberi in soluzione[rif Leouifoudi]. Il test del DPPH costituisce un metodo facile e veloce per la determinazione dell’attività antiossidante. Questa tecnica è ampiamente utilizzata per la determinazione dell’attività antiossidante di campioni alimentari, come l’olio extravergine di oliva e gli estratti del cacao, del rosmarino, del te, del caffè, delle foglie dell’ulivo e delle AVO. [1] [mat e met] Il radicale stabile DPPH·, disponibile commercialmente, reagisce con i composti donatori di idrogeno (antiossidanti) o elettron-donatori (radicali liberi) presenti in soluzione. La reazione di riduzione del DPPH radicalico, indicata di seguito, viene seguita monitorando l’assorbanza alla sua lunghezza d’onda caratteristica (517 nm), che va diminuendo in seguito alla scomparsa del radicale DPPH· per reazione con una molecola antiossidante (AH) o con una specie radicalica (R·) [4]

𝐷𝑃𝑃𝐻·+ 𝐴𝐻 → 𝐷𝑃𝑃𝐻 − 𝐻 + 𝐴· 𝐷𝑃𝑃𝐻·+ 𝑅·→ 𝐷𝑃𝑃𝐻 − 𝑅

La soluzione passa dalla tipica colorazione viola del DPPH· radicalico a giallo chiaro quando tutto il DPPH radicalico si è esaurito.

L’attività antiossidante può essere espressa come percentuale di radicale sequestrato mediante la seguente formula

𝑨𝒕𝒕 𝒂𝒏𝒕𝒊𝒐𝒙 % =𝑨𝒄−𝑨𝒔

𝑨𝒄 · 𝟏𝟎𝟎 3-3

Dove 𝐴𝑐 è l’assorbanza della soluzione di controllo costituita dal DPPH più metanolo al posto del campione e 𝐴𝑠 è l’assorbanza della soluzione di DPPH più il campione, entrambe misurate dopo 30 minuti. L’attività antiossidante ha un andamento inversamente proporzionale al valore di

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