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Peptidi bioattivi nel Pecorino Toscano DOP a diversi gradi di stagionatura

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali

Corso di Laurea in Biosicurezza e Qualità degli Alimenti

Peptidi bioattivi nel Pecorino Toscano DOP

a diversi gradi di stagionatura

RELATORI: CORRELATORE

Prof.ssa Annamaria Ranieri Prof. Marcello Mele

Prof.ssa Antonella Castagna

CANDIDATO:

Antonio Portadigrottole

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Indice

1 Introduzione………..…….4

1.1 Il latte………...4

1.2 Le proteine del latte………...…5

1.3 Il latte ovino………7

1.4 Il Pecorino Toscano DOP………...8

1.5 Tecnologia di produzione del Pecorino Toscano DOP………...9

1.6 La proteolisi del formaggio………...10

1.7 Composizione chimica del Pecorino Toscano DOP………..…...12

1.8 Peptidi bioattivi………..……...13

1.8.1 Peptidi bioattivi: funzioni………..……..…15

1.8.2 Attività antimicrobica……….….16

1.8.3 Attività immunomodulatoria………...18

1.8.4 Attività ACE-inibitoria……….…...19

1.8.5 Attività antiossidante………..….22

1.8.6 Caseinofosfopeptidi……….…23

1.8.7 Il tratto gastrointestinale: stabilità e assorbimento dei peptidi……….24

2 Scopo della tesi………..………...26

3 Materiali e metodi………27

3.1 Il campione sperimentale………..27

3.2 Estrazione dei peptidi………...…………27

3.3 Determinazione della concentrazione proteica……….…28

3.4 Determinazione della concentrazione peptidica………...30

3.5 Dosaggio dell’attività antiossidante totale mediante ABTS………31

3.6 Determinazione dell’attività ACE-inibitoria………...…….34

3.7 Elettroforesi su gel (SDS PAGE) ………..……..36

3.8 Analisi statistica………39

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4 Risultati e discussione……….…..40

4.1 Quantificazione proteica e peptidica………..…...40

4.2 Elettroforesi su gel (SDS) ………...…42 4.3 Attività antiossidante……….….………..…….47 4.4 Attività ACE-inibitoria………...…………..…….49 5 Conclusioni………..….….….…50 Bibliografia………...…52

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1 Introduzione

1.1 Il latte

"Il latte alimentare è il prodotto ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e

completa, di animali in buono stato di salute e nutrizione" (R.D. 9/5/29 n. 994 e successive modifiche).

Il latte è un alimento completo, in cui sono presenti lipidi, proteine, zuccheri, vitamine, sali minerali, in quantità variabile in base al ciclo di lattazione, all’alimentazione, alla stagione in cui è prodotto, in base alla specie animale. È l’unico alimento per i neonati, ma è molto importante anche nell’alimentazione dell’adulto (Corradini, 1995).

Tabella 1: composizione media dei nutrienti del latte di capra, pecora, mucca e latte umano (Park et al., 2007).

Composizione Capra Pecora Mucca Umano

Lipidi (%) 3.8 7.9 3.6 4.0 Solidi non lipidici (%) 8.9 12.0 9.0 8.9 Lattosio (%) 4.1 4.9 4.7 6.9 Proteine (%) 3.4 6.2 3.2 1.2 Caseine (%) 2.4 4.2 2.6 0.4 Sieroproteine (%) 0.6 1.0 0.6 0.7 Proteine non azotate (%) 0.4 0.8 0.2 0.5 Ceneri (%) 0.8 0.9 0.7 0.3 Calorie/100 ml 70 105 69 68

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1.2 Le proteine del latte

Le proteine del latte svolgono diverse funzioni, sia dal punto di vista nutritivo che sensoriale (Korhonen & Pihlanto, 2006). E’ possibile distinguere due tipologie di proteine nel latte: le caseine e le sieroproteine. Le sieroproteine, costituiscono circa il 20% delle proteine totali e comprendono la β-lactoglobulina, l’α-lattoalbumina, l’albumina nel siero bovino, la lattoferrina e la transferrina (Zayas 1997). Tra queste, la lattoferrina si distingue come agente antimicrobico e come regolatore fisiologico della risposta immunitaria (Park & Sons, Ed. 2009).

Le caseine (Figura 1) sono delle fosfoproteine (αS1-, αS2-, β- e κ-caseina) organizzate

in una struttura micellare con fosfato di calcio e piccole quantità di altri minerali (Bouhallab et al., 2004).

Si trovano nel latte in sospensione colloidale, formando grandi aggregati di molecole (50-500 nm). La struttura delle caseine è di fondamentale importanza per le proprietà fisiche del latte, le caratteristiche nutrizionali e tecnologiche (Boutrou et al. 2013).

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In uno studio condotto da Pugliese e collaboratori (1998) su pecore di razza Massese, è stato osservato come le caseine varino in percentuale, durante il periodo di lattazione. In figura 2 è mostrato l’andamento della percentuale di proteine totali e caseine nel corso della lattazione (Pugliese et al. 1998).

Figura 2: grafico dell’andamento percentuale di proteine totali e caseine nel corso della lattazione, in pecore di razza Massese (Pugliese et al., 1998).

Le caseine costituiscono l’80% circa delle proteine del latte e su di loro agiscono gli enzimi coagulanti (Swaisgood, 2003). La coagulazione del latte, che porta alla produzione della cagliata, è ottenuta dall’idrolisi specifica delle proteine, che tengono unite le micelle caseiniche della κ-caseina. Il legame che si viene a formare è quello tra fenilalanina (105) –methionina (106) da parte delle proteinasi acide del caglio (Fox, 1989). Alcuni studi hanno evidenziato che il pH rappresenta uno dei principali fattori capace di determinare il tipo di coagulo, poiché le micelle caseiniche perdono la loro stabilità al suo diminuire, precipitando al raggiungimento del punto isoelettrico (4,6) (Ustonol et al.,1985; Chiofalo et al., 1989).

I tipi di latte con buona attitudine alla coagulazione presamica, presentano un range di pH compreso tra 6,45 e 6,8. Quando il pH diminuisce si hanno tempi di coagulazione inferiori, che aumentano la resa del prodotto finale (Pilla et al.,1995).

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1.3 Il latte ovino

La composizione del latte ovino varia con l’alimentazione, la razza, le condizioni ambientali e la stagione in cui viene prodotto (Haenlein, 2001; Pulina et al., 2006). Per quanto riguarda il contenuto lipidico, il latte ovino è costituito principalmente dall’acido palmitico e dall’acido oleico (rispettivamente il 25% ed il 20%), e da una serie di acidi grassi a catena medio-corta, tra cui spicca l’acido butirrico (C4:0), l’acido caprinico (C10:0) e l’acido caprilico (C8:0) (Chen e Breitman, 1994). Inoltre sono presenti gli isomeri coniugati cis e trans dell’acido linoleico (conjugated

linoleic acid o CLA), come ad esempio l’acido rumenico (isomero C18:2 cis-9, trans-11), che rappresenta l’80÷90% dei CLA presenti nel grasso del latte (Secchiari et al., 2002). I fosfolipidi sono presenti in quantità minime (1% circa), ma svolgono

funzioni importanti per l’organismo. Alcuni di questi, come la sfingomielina, svolgono ad esempio un’azione antiossidante e anticancerogena, altri intervengono nel controllo della colesterolemia, in quanto promuovono la formazione di lipoproteine ad alta densità (HDL) (Parodi, 1997).

Nel latte sono presenti inoltre vitamine liposolubili (A, D, E, K), nel grasso e idrosolubili (del gruppo B, PP, C), nel siero. Le quantità in cui si trovano dipendono dalla dieta degli animali (Park et al., 2007).

Per quanto riguarda la componente glucidica, lo zucchero presente in maggiore quantità è il lattosio, che tende a diminuire nei formaggi, in quanto substrato di fermentazione per i batteri lattici, sia durante la trasformazione da latte a formaggio, che durante la stagionatura stessa (Mele & Bulleri, 2015).

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1.4 Il Pecorino Toscano DOP

l Pecorino Toscano è un prodotto con una storia antica, fatta di tradizioni che risalgono alla civiltà degli Etruschi e dei Romani, fino ad arrivare, al giorno d’oggi, a rappresentare un alimento tipico della tradizione casearia della Toscana, e dell’Italia stessa, in tutto il mondo.

Nel 1985 nasce il Consorzio Tutela del Pecorino Toscano DOP, dalla volontà di diverse aziende locali.

Nel 1996 ottiene la Denominazione di Origine Protetta (DOP) dalla Commissione Europea, grazie alle sue caratteristiche qualitative che dipendono dal territorio e dalle tecniche di produzione. Il Disciplinare di produzione contiene tutte le indicazioni e/o prassi operative a cui il produttore deve attenersi: denominazione, caratteristiche del prodotto, zona di produzione, metodo di ottenimento, etichettatura.

Queste designazioni costituiscono un elemento per la protezione della biodiversità, del territorio, dei microrganismi, dei sistemi di produzione (Belletti et al., 2007; www.pecorinotoscanodop.it).

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1.5 Tecnologia di produzione del Pecorino Toscano DOP

Il latte viene raccolto ogni 1 o 2 giorni e conservato in refrigeratori a temperatura inferiore a 6° C. Dopodiché viene pastorizzato, ma può essere prodotto anche con latte crudo. L’innesto usato è prodotto da colture miste di streptococchi termofili o lattococchi, inoculati direttamente in caldaia. Questi starter sono ottenuti da ceppi autoctoni isolati dal latte e dai formaggi prodotti nel territorio della DOP.

La coagulazione del latte avviene entro 20- 25 minuti, ad una temperatura compresa tra i 33° e i 38°C. L’acidificazione della cagliata avviene a pH 5. Dopo avviene la rottura del coagulo, che sarà in grani se si tratta di formaggio fresco, invece per ottenere un pecorino stagionato la rottura è più fine, per ottenere uno spurgo maggiore del siero.

L’estrazione della cagliata avviene insieme al siero. Lo spurgo del siero avviene con una stufatura a vapore, che può durare fino a 10 ore, ed è fondamentale per il mantenimento delle condizioni necessarie per una buona fermentazione lattica. In questa fase i formaggi vengono rigirati negli stampi.

La salatura può essere effettuata a secco o in salamoia per immersione (17-19% di cloruro di sodio) a temperatura di 10-15°C per 10-36 ore. Infine la stagionatura varia in base al tipo di pecorino che si vuole produrre. Almeno 20 giorni per il prodotto fresco, minimo 4 mesi per quello stagionato. Le temperature sono comprese in un

range che va dai 5 ai 15 °C, con umidità relativa (UR) compresa tra 75 e 90%

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1.6 La proteolisi del formaggio

La proteolisi è uno dei fenomeni più importanti nella maturazione del formaggio, in quanto rende possibile l’evoluzione della struttura e del flavour dell’alimento. La degradazione delle caseine mediante proteasi, porta alla formazione di peptidi e amminoacidi che sono precursori o prodotti finali, di composti aromatici (Visser, 1993). La proteolisi nel formaggio può essere suddivisa in tre fasi: proteolisi nel latte, che avviene per prima, la coagulazione enzimatica del latte ed infine la proteolisi durante la stagionatura (Fox, 1989).

La maturazione delle proteine è influenzata da diversi fattori; uno dei più importanti è la produzione di peptidasi intracellulari, che vengono rilasciate nel formaggio con la lisi della cellula batterica (Valence & Lortal, 1995). Queste peptidasi vanno ad attaccare il legame peptidico tra il gruppo amminico di un amminoacido ed il gruppo carbossilico dell’altro, attraverso una reazione di idrolisi (Christensen et al., 1999). I batteri lattici, inoltre, producono anche degli enzimi extracellulari, che sono associati alla parete cellulare (proteinasi). Queste svolgono la funzione di attaccare le caseine liberando aminoacidi, dipeptidi, tripeptidi e polipeptidi (Kunji et al., 1996). La capacità dei batteri lattici di crescere ad alta densità nel latte, dipende proprio da questo sistema proteolitico, in grado di liberare gli amminoacidi essenziali dai peptidi derivati dalla caseina (Christensen et al., 1999). Uno dei batteri più usati come starter per la produzione di formaggio è il Lactococcus lactis subsp. lactis e subsp. cremoris. La sua rapida crescita nel latte è fondamentale per le fasi iniziali della maturazione del formaggio, poiché il suo sistema proteolitico rende disponibili gli amminoacidi della caseina, grazie a delle proteasi extracellulari che degradano la caseina in peptidi (Mierau et al., 1997). La cellula batterica, attraverso un oligopeptide (Opp) presente sulla membrana cellulare, trasporta al suo interno i peptidi idrolizzati, per poi scomporli in amminoacidi, attraverso peptidasi intracellulari, che sono quindi disponibili per la sintesi proteica ex novo e per altre attività metaboliche. Durante la maturazione del formaggio, le proteasi e le peptidasi determinano le caratteristiche tecnologiche del prodotto, come la tessitura ed il

flavour (Kok & De Vos, 1994; Mierau et al., 1997). In figura 3 è mostrato il sistema

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Figura 3: degradazione della β-caseina e dei peptidi derivati in Lactococcus lactis (Mierau et al., 1997).

Tra gli altri batteri capaci di degradare la caseina, ed i peptidi derivati, vanno citati il

Lb delbrueckii ed il Lb helveticus. Questi contengono alcuni enzimi che non sono

stati osservati nel Lb lactis, come ad esempio una serin peptidati (PepL) ed alcune proteinasi (Mierau et al., 1997).

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1.7 Composizione chimica del Pecorino Toscano DOP

La composizione chimica del pecorino è determinata da diversi fattori, come l’alimentazione, il sistema di allevamento, le razze di animali utilizzate, la tecnologia di produzione (Mele & Bulleri, 2015). La tabella 2 riporta le differenze di composizione del pecorino fresco rispetto a quello pecorino stagionato (Bizzarro et

al., 1999).

Tabella 2: Composizione chimica (%) del Pecorino Toscano DOP fresco e stagionato (Bizzarro et al., 1999).

La proteolisi è maggiore nel prodotto stagionato così come la quantità di amminoacidi liberi, che presenta un indice di maturazione, misurato in % di azoto libero su azoto totale (NCN/N), pari al 25.6%. Nel pecorino fresco, invece, il NCN/N rimane intorno al 16.8% (Bizzarro et al., 1999). Il lattosio è presente in quantità ridotta in quanto è stato utilizzato come substrato per la fermentazione dei batteri lattici. Il contenuto di sale è molto basso, la frazione minerale, invece, contiene un alto contenuto di calcio (930 mg/100 g) ed in forma altamente assimilabile (Mele & Bulleri, 2015). La frazione lipidica è composta da acidi grassi saturi e trans, che alterano negativamente il rapporto tra HDL (High density lipoprotein) e LDL (Low

density lipoprotein). In aggiunta a queste molecole, comuni in tutti i formaggi,

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nostra salute. Queste molecole sono l’acido linoleico coniugato (CLA Ω-6), gli acidi grassi polinsaturi (PUFA Ω-3) essenziali, come l’acido linolenico (C18:3) e l’acido vaccenico (C18:1) (Serra & Mele, 2009).

1.8 Peptidi bioattivi

I peptidi sono composti proteici di ridotte dimensioni: solitamente contengono dai 2 ai 20 residui amminoacidici (Sarmadi & Ismail, 2010). Quando si parla di peptidi bioattivi, in particolare, si fa riferimento a molecole di massa molecolare inferiore a 6 kDa, che esercitano un'attività regolatoria sull'organismo umano, indipendentemente dalle loro funzioni nutritive (Meisel, 2001; Sarmadi & Ismail, 2010). Sono naturalmente presenti negli alimenti, ma possono anche essere generati, una volta assorbiti nel tratto gastrointestinale (Meisel, 2001).

Le proteine del latte sono una fonte importante di peptidi biologicamente attivi, criptati all'interno della struttura primaria delle proteine e richiedono proteolisi per il loro rilascio (Korhonen & Pihlanto, 2006).

In generale tutti i prodotti lattiero-caseari che ne derivano, sono ricchi di proteine ad alto valore biologico che danno origine a peptidi bioattivi (Korhonen, 2009). Questi ultimi si originano infatti a seguito di fenomeni proteolitici che possono avvenire sia durante l'elaborazione del latte stesso che durante il transito gastrointestinale (Picariello et al., 2013).

In particolare, la produzione dei peptidi può avvenire secondo due diverse modalità:

- con la fermentazione, che avviene durante il processo di produzione del formaggio e dello yogurt, ad opera di microrganismi (Pessione & Cirrincione, 2016);

- con la digestione, che avviene nel tratto gastrointestinale, grazie all’idrolisi di enzimi proteolitici specifici (Boutrou et al. 2013; Boutrou et al. 2015; Kamau et al., 2010).

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La quantità e l'attività dei peptidi bioattivi prodotti dalla fermentazione variano in base alla materia prima, al tipo di colture starter utilizzate, al tempo di fermentazione ed alle condizioni di stoccaggio (Korhonen, 2009a). In riferimento all’influenza degli

starter utilizzati, diversi autori hanno soffermato la loro attenzione su come l’utilizzo

di diversi batteri lattici (L. helveticus, L.GG, L. delbrueckii subsp. bulgaricus, E.

faecalis e L. acidophilus), possa portare alla produzione di peptidi differenti durante

il processo di fermentazione del latte batteri lattici(Rokka et al., 1997, Gobbetti et

al., 2002, Seppo et al., 2003, Donkor et al., 2007, Quirós et al., 2007). In tabella 3

sono riportati i peptidi formati a seguito dell’utilizzo di batteri lattici differenti.

Tabella 3: Batteri probiotici proteolitici e bioattività (modificata da Quirós et al., 2007, Donkor et al., 2007, Seppo et al., 2003, LeBlanc et al., 2002, De LeBlanc et

al., 2005, Yamamoto et al., 1994, Gobbetti et al., 2002, Gobbetti et al., 2000, Rokka et al., 1997, Savijoki et al., 2006).

Batteri probiotici proteolitici Bioattività

E. faecalis CECT 5728, 5726, 5827 Antiipertensiva L. acidophilus LAFTI L10 B. longum BI 536 Antiipertensiva L. helveticus LBK-16H Antiipertensiva L. helveticus R389 Immunostimolante Antitumorale L. helveticus CP790 Antiipertensiva L. bulgaricus SS1, L. lactis supsp. Cremoris FT4

Antiipertensiva

L. GG con pepsina Immunostimolante Oppioide ACE inibitore

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Per quanto riguarda la formazione di peptidi durante la digestione, i fattori più importanti che influenzano la loro biodisponibilità sono la resistenza al degrado enzimatico e quella al trasporto attraverso le cellule intestinali (Regazzo et al., 2010). La formazione e la degradazione delle specifiche sequenze bioattive, è strettamente connessa ai percorsi proteolitici che avvengono all’interno del tratto gastrointestinale; tuttavia, per poter esercitare il loro effetto biologico, i peptidi devono raggiungere la loro destinazione non idrolizzati (Picariello et al., 2013).

1.8.1 Peptidi bioattivi: funzioni

I peptidi bioattivi possono svolgere diverse funzioni come antimicrobici, ipocolesterolemici, oppioidi e oppioidi antagonisti, inibitori dell'enzima di conversione dell’angiotensina, anti-trombotici, immunomodulatori, citomodulatori e antiossidanti (Pessione & Cirrincione, 2016). Nella tabella 4 sono indicati alcuni esempi di molecole bioattive del latte, con le rispettive attività biologiche (Bouhallab

et al., 2004).

Tabella 4: Diversità delle attività biologiche e fisiologiche di proteine e peptidi nel latte. (Bouhallab et al., 2004).

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1.8.2 Attività antimicrobica

Negli organismi pluricellulari i peptidi antimicrobici si trovano su superfici esterne così da poter essere rilasciati in caso di necessità di difesa contro batteri patogeni (Epand & Vogel, 1999). Come tali, questi peptidi costituiscono parte integrante della risposta immunitaria innata (Boman, 1995).

La grande maggioranza dei peptidi antimicrobici sono codificati dal genoma: essi vengono prodotti attraverso processi regolari di trascrizione di geni e di ribosomi, spesso seguiti da un'ulteriore elaborazione proteolitica del prodotto genetico (Nissen-Meyer & Nes, 1997).

I peptidi antimicrobici comprendono un'ampia varietà di motivi strutturali: molti peptidi hanno strutture ad α-elica, la maggior parte di questi sono cationici ed anfipatici, ma esistono anche peptidi α-elicoidali idrofobici (Epand & Vogel, 1999). L'attività antimicrobica può essere facilmente dimostrata attraverso alcune tecniche, le più usate sono:

- test di diffusione;

- tecnica di microdiluizione del brodo;

- crescita microbica nella matrice alimentare (Malkoski et al., 2001; Pellegrini et al., 2001; Recio & Visser, 1999; Schillinger & Lucke, 1989).

Dopo la scoperta della lattenina nel latte trattato con caglio (Jones & Simms, 1930), sono stati riportati in letteratura diversi peptidi che espletano funzioni antimicrobiche:

- casecidine, glicosilati e polipeptidi ad alto peso molecolare (~ 5 kDa) liberati dalla chimosina trattata con caseina (Lahov et al.,1996);

- isracidina, che corrisponde al frammento N-terminale dell’αs1-caseina;

- casocidina-I, isolata dal latte acidificato, e corrispondente al frammento f150-188 della sequenza dell’αs2-caseina (Zucht et al., 1995);

- kappacina, corrispondente al caseinomacropeptide bovino fosforilato κ-caseina f106-169 (Malkoski et al., 2001);

- lactoferricina, isolata da un idrolizzato peptico di lattoferrina bovina e umana f17-41ed f1-47 (Bellamy et al., 1992; Liepke et al., 2001).

In uno studio condotto da Minervini e collaboratori (2003), dall’idrolisi del caseinato di sodio di latte umano ad opera di una proteina parzialmente purificata da

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17 Lactobacillus helveticus PR4, è stato identificato un peptide antimicrobico,

corrispondente alla β-caseina f184-210. È stato osservato che questo peptide ha mostrato un ampio spettro di inibizione nei confronti dei batteri gram-positivi e negativi, comprese le specie di potenziale interesse clinico, come Enterococcus

faecium, Bacillus megaterium, Escherichia coli, Listeria innocua, Salmonella spp., Yersinia enterocolitica e Staphylococcus aureus (Minervini et al., 2003).

Rispetto agli antibiotici, i peptidi antimicrobici si caratterizzano per la rapidità con cui agiscono sulle cellule bersaglio così da avere un ampio spettro di azione, persino verso alcuni patogeni antibiotico-resistenti (Hancock & Chapple, 1999). Inoltre il tasso di mortalità è superiore al tasso di moltiplicazione batterica: questo potrebbe essere un valido argomento di studio riguardo il problema della resistenza ai farmaci da parte dei patogeni (Bechinger, 1997).

In uno studio è stato osservato che alcuni formaggi (Pecorino Romano, Canestrato Pugliese, Crescenza e Caprino del Piemonte), contengono un insieme di peptidi molto simili ai peptidi antimicrobici (N-terminali o C-terminali):

- αS1-casocinina (αS1-caseina f22-30 nel Pecorino Romano; αS1-caseina f24-33 nel

Canestrato Pugliese);

- isracidina (αS1-caseina f10-21 nel Pecorino Romano);

- kappacina (κ-caseina f106-115 nel Canestrato Pugliese e nella Crescenza);

- β-casomorfina-11 (β-caseina f60-68 nel Caprino Piemontese) (Rizzello et al., 2005).

Per mezzo della tecnica di microdiluizione del brodo, è stato osservato che la maggior parte delle frazioni solubili ha avuto un ampio spettro di inibizione (minima concentrazione inibitoria da 20 a 200 μg/mL) verso specie batteriche gram-positive e gram-negative (Rizzello et al., 2005).

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1.8.3 Attività immunomodulatoria

Durante la fermentazione, i batteri lattici possono rilasciare dei peptidi con attività immunomodulatoria, attraverso la degradazione della β-caseina (Nagpal et al., 2011). Questi peptidi potenziano la risposta immunitaria cellulo-mediata, aumentando in vitro la risposta proliferativa dei linfociti attraverso la concanavalina A (Conc A), un mitogeno selettivo per linfociti T, con conseguente produzione di citochine e stimolazione della fagocitosi (Laffineur et al., 1996).

La Conc A induce la proliferazione dei linfociti T attraverso una reazione a cascata che include l’attivazione del recettore di membrana e la produzione di linfocina (Laffineur et al., 1996). Questa attività è stata studiata in diversi surnatanti colturali, provenienti da batteri acido-lattici coltivati in un mezzo colturale composto da permeato di latte bovino ultra filtrato; è stata usata come unica fonte proteica β-caseina (Laffineur et al., 1996).

Nel surnatante di Lattobacillus helveticus, si è riscontrata attività immunomodulatoria (soppressione e aumento) della risposta dei linfociti in vitro sui linfociti periferici umani (Laffineur et al., 1996). L’aggiunta, di colture surnatanti, alle cellule umane mononucleate, stimolate dal mitogeno concavalina A, ha significativamente aumentato la produzione dell’interferone gamma e la diminuzione del recettore dell’interleuchina-2: queste attività sembrano essere correlate con la diminuzione della proliferazione linfocitaria (Laffineur et al., 1996).

Un altro gruppo di peptidi che possono essere implicati nella stimolazione dell'immunosistema sono gli ACE-inibitori: l'inibizione dell'ACE favorisce la formazione di bradicina, che agisce come immunomodulatore (Nagpal et al., 2011).

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1.8.4 Attività ACE-inibitoria

Sono stati effettuati diversi studi sui peptidi antiipertensivi derivanti dalle proteine del latte (Cicero et al., 2017; FitzGerald et al., 2004; Nagpal et al., 2011; Norris & FitzGerald, 2013).

L’alta pressione sanguigna è una delle cause principali delle malattie cardiovascolari (Fekete et al., 2013). Si tratta di un fattore di rischio modificabile grazie all’azione di alcuni peptidi bioattivi che espilcano un’inibizione competitiva e/o non competitiva dell'ACE (Cicero et al., 2017).

L'ACE è una metallopeptidasi cloruro-dipendente che, per esplicare la sua attività, necessita di zinco come co-fattore (Pina e Roque 2009). Questo enzima, si trova in due forme omologhe (N- e C-terminale) ed è uno dei principali regolatori della pressione sanguigna. Esso è coinvolto in due sistemi principali, il sistema renina-angiotensina (RAS) e il sistema dell’ossido di chinino-nitrico (KNOS) (Nagpal et al., 2011).

L'inibizione dell'ACE in questi sistemi porta alla dilatazione delle pareti dell'arteria o alla vasodilatazione e successiva riduzione della pressione sanguigna (Norris & FitzGerald, 2013).

Tuttavia, non è ancora noto se sia questo il meccanismo principale che avviene in

vivo, o se esistano altri meccanismi di controllo della pressione sanguigna (Cicero et al., 2017). Il RAS è un sistema di controllo di pressione. In esso l’N-terminale

dell’angiotensinogeno pro-ormone, derivato dal fegato, è ceduto dalla renina renale per produrre il decapeptide angiotensina I (Norris & FitzGerald, 2013).

L’ACE rimuove il dipeptide His-Leu (HL) del C-terminale convertendolo in angiotensina II, che è un potente peptide vasocostrittorio (Norris & FitzGerald, 2013). L’angiotensina II induce una reazione ipertensiva; questo porta alla variazione dei livelli pressori del sistema cardiocircolatorio (Cicero et al., 2017).

Nel KNOS, l’ACE inattiva i peptidi vasodilatatori bradichinina (neurotrasmettitore) e callidina (chinina): quest’ultima è sintetizzata dal sistema chinina-callicreina, e porta alla formazione di bradichinina in altri peptidi vasoattivi (FitzGerald et al., 2004). La bradichinina si lega ai recettori β, che portano ad un aumento del livello di Ca2+

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L-20

arginina in ossido nitrico (NO), un potente vasodilatatore (Norris & FitzGerald, 2013). L’ACE, quindi, può inibire indirettamente la produzione di NO, con l’idrolisi della bradichinina (FitzGerald et al., 2004). In figura 4 è rappresentata la regolazione della pressione sanguigna, mediante il sistema angiotensina e bradicina.

Figura 4: Regolazione della pressione sanguigna attraverso il sistema angiotensina e bradicina (Nagpal et al., 2011).

Alcuni studi hanno osservato un’attività ACE-inibitoria da parte di peptidi prodotti durante la fermentazione del latte per la produzione di formaggio (Pessione & Cirrincione, 2016). È stato dimostrato che i ceppi di Lactobacillus e Lactococcus

lactis sono in grado di produrre peptidi ACE-inibitori (Norris & FitzGerald, 2013).

In uno studio effettuato da Yamamoto, Maeno e Takano (1999), su un prodotto simile allo yogurt, è stato identificato un dipeptide ACE-inibitore (Tyr-Pro) da un ceppo di Lb. helveticus CPN4. Questa sequenza peptidica è presente in tutte le principali frazioni di caseina ed è stato osservato che la sua concentrazione è aumentata durante la fermentazione, raggiungendo una concentrazione massima di 8,1 mg mL-1. I peptidi generati da questi processi tendono a produrre effetti ipotensivi di lunga durata in vivo (Fujita M. et al., 1999).

(21)

21

I peptidi bioattivi possono agire per ridurre l'attività del sistema simpatico, inducendo la vasodilatazione (Cicero et al., 2017).

Un lavoro di ricerca ha permesso di isolare due tri-peptidi con potenziale attività ACE-inibitoria ed effetto antiipertensivo in vivo, a partire da latte fermentato con

Lactobacillus helveticus e Saccharomyces cerevisiae (Yamamoto & Takano, 1999).

Esistono altri pathways che regolano la pressione sanguigna, indipendenti dall'ACE, che potenzialmente potrebbero anch’essi essere regolati dai peptidi in questione (Cicero et al., 2017).

Nella figura 5 sono illustrati i peptidi e le molecole che regolano la pressione sanguigna (Norris & FitzGerald, 2013).

(22)

22

1.8.5 Attività antiossidante

Lo stress ossidativo è una condizione patologica, caratterizzata da una serie di reazioni che determinano l’aumento della formazione di radicali (Reactive oxygen

species o ROS), la diminuzione della produzione di antiossidanti ed un disturbo

dell'equilibrio cellulare redox. Queste trasformazioni causano danni ossidativi alle cellule (Powers & Jackson, 2008).

Tra gli antiossidanti biologici si annoverano diversi enzimi (superossido dismutasi (SOD), catalasi (CAT) e glutatione perossidasi (GPX) che possono ritardare o inibire l'ossidazione di un substrato, ma sono presenti nella cellula in concentrazioni relativamente basse (Frankel e Meyer, 2000). Altre molecole che fungono da antiossidanti comprendono proteine, peptidi ed amminoacidi. Le proteine presenti nel sangue possono neutralizzare mediamente il 20% dei radicali perossilici (Wayner et

al., 1987). Tuttavia, i composti biologici non sono sufficienti ad evitare tutti i danni

cellulari causati dai ROS, per cui è opportuno introdurre antiossidanti con la dieta (Powers & Jackson, 2008).

A tal proposito, recentemente sono stati effettuati studi sui peptidi derivati dal latte che svolgono questa funzione (Power et al., 2013). Questi peptidi sono inattivi all'interno della sequenza delle proteine, ma possono essere rilasciati ed attivati grazie all'idrolisi di alcuni enzimi specifici (Kamau et al., 2010; Korhonen & Pihlanto, 2006). L’efficacia dell’idrolisi dipende da parametri come il pH, la temperatura, la presenza di attivatori e inibitori. È stato osservato che, il potenziale antiossidante delle sieroproteine del latte idrolizzato, può essere migliorato tramite trattamento termico prima dell'idrolisi (Pena-Ramos & Xiong, 2001). È opportuno ottimizzare i parametri che determinano l’idrolisi per poter massimizzare il rilascio di peptidi antiossidanti (Powers & Jackson, 2008).

Una volta rilasciati, è stato osservato che i peptidi manifestano diverse proprietà, come la chelazione di ioni metallici e la capacità di inibire la perossidazione dei lipidi (Pihlanto, 2006; Power et al., 2013).

(23)

23

1.8.6 Caseinofosfopeptidi

Tra le molecole biologicamente attive, i peptidi fosforilati (caseinofosfopeptidi, CPP), che derivano dalla digestione della caseina, esercitano un effetto sul metabolismo del calcio e su altri minerali, rendendoli solubili in acqua, così da aumentare il loro assorbimento a livello intestinale (Bouhallab et al., 2004). La loro formazione avviene durante la maturazione del formaggio, ad opera della plasmina e delle proteasi batteriche (Addeo et al., 1992, Roudot‐Algaron et al., 1994).

I CPP delle caseine αS1-, αS2-, β- possiedono una sequenza acida comune, composta

da tre serine fosforilate, seguite da due acidi glutammici (Bouhallab et al., 2004). I CPP hanno una forte capacità di fissare i cationi bidimensionali come il calcio, il ferro e lo zinco, formando così dei sali solidi organo fosfati, stabili e solubili in diverse condizioni chimico-fisiche a determinati pH. Questa capacità di legame minerale è conferita dal dominio acido del CPP (Meisel, 1997).

Uno studio condotto da Bouhallab e collaboratori (2004), effettuato su cellule umane in coltura, ha mostrato come la regione fosforilata e la parte N-terminale siano necessarie per un effetto positivo dei fosfopeptidi sull’uptake di calcio.

(24)

24

1.8.7 Il tratto gastrointestinale: stabilità e assorbimento dei peptidi

La maggior parte dei peptidi bioattivi conosciuti vengono assorbiti direttamente nel lume intestinale, oppure attraverso dei recettori che si trovano sulla parete cellulare intestinale (Korhonen & Pihlanto, 2006).

Quindi, oltre alla formazione di peptidi durante il processo di maturazione, è stato osservato che se ne formano altri, direttamente nel tratto gastrointestinale. Uno studio del 2003 ha scoperto che il caseinmacropeptide bovino, caprino e ovino, se non veniva digerito mostrava una moderata attività inibitoria dell'ACE, mentre questa aumentava considerevolmente dopo la digestione gastrointestinale, effettuata in vitro (Manso & López Fandiño, 2003).

Prima di arrivare all’assorbimento dei biopeptidi ed alla conseguente immissione nel flusso sanguigno, le proteine devono superare diverse barriere extracellulari ed intracellulari (Banga 2015). Gli organi in cui avviene la digestione delle proteine, grazie ad enzimi chiamati endopeptidasi (proteasi) ed esopeptidasi, sono lo stomaco e l’intestino tenue (Hur et al., 2011).

La mucosa dello stomaco secerne una proteina, la pepsina, ed alcune proteasi specifiche per la digestione della caseina, ovvero la chimosina o la rennina. Questi enzimi agiscono a pH acido e scindono le proteine in polipeptidi a peso molecolare più basso.

I polipeptidi così prodotti, passano dallo stomaco al duodeno, dove incontrano altre endopeptidasi prodotte dal pancreas (tripsina, chimotripsina, elastasi) che li frammentano ulteriormente. In questo tratto avviene un rapido cambiamento di pH (6-8), che può causare la precipitazione delle proteine (Jackson & McLaughlin, 2009).

I peptidi prodotti vengono idrolizzati a singoli amminoacidi, ad opera delle esopeptidasi, endopeptidasi e carbossipeptidasi A, che si trovano anche nei villi intestinali (Hinsberger & Sandhu, 2004).

I peptidi e le proteine si muovono sull’epitelio del duodeno attraverso due vie: trasferimento carrier-mediato e diffusione paracellulare. Il primo avviene attraverso sequenze specifiche che permettono alla cellula epiteliale di riconoscere il peptide e di farlo passare (Banga 2015, Phelan et al., 2009). Invece, il percorso paracellulare

(25)

25

prevede il trasferimento tra cellule adiacenti: se ciò accade, il peptide non verrà degradato dalle proteasi intracellulari.

Tutto il tratto gastrointestinale (GIT) è rivestito da muco, che contiene diverse molecole come glicoproteine e ioni bicarbonato (Jackson & McLaughlin, 2009). La particolare conformazione delle cellule assorbenti, note anche come enterociti, ha lo scopo di aumentare al massimo le capacità digestive e di assorbimento dell'organismo (Hinsberger & Sandhu, 2004).

I peptidi dopo essere stati assorbiti dalle cellule epiteliali, vengono immessi nei capillari dove entrano in circolo nei vasi sanguigni attraverso due vie: la circolazione sistemica attraverso il fegato, che conduce alla rottura metabolica della sostanza prima di entrare in circolo nel flusso sanguigno; oppure la lymphatic

lacteal, che il fegato e porta ad un lento assorbimento della molecola (Jackson &

McLaughlin, 2009).

Le interazioni chimiche comprendono le reazioni di idrolisi, di ossidazione, di deaminazione, lo scambio di disolfuro, l’eliminazione e la racemizzazione (Banga 2015).

L’ossidazione è una delle principali cause della degradazione del peptide. Gli amminoacidi che subiscono l’ossidazione sono metionina, cisteina, istidina, triptofano e tirosina. L’idrolisi, invece, solitamente coinvolge i residui di aspartato e prolina. L’asparagina e la glutammina sono deaminizzati ad aspartato e glutammato (Hinsberger & Sandhu, 2004).

Gli amminoacidi nella forma D sono più resistenti e contribuiscono ad aumentare la stabilità dei peptidi. Un altro metodo per migliorare la stabilità è quello dell’incapsulamento. Sono state utilizzate diverse tecniche per incapsulare i peptidi, principalmente per usi farmaceutici (Martins et al., 2007).

La nanocapsulazione viene usata per proteggere i principi attivi dei farmaci. È stato osservato che in vivo i peptidi si degradano facilmente nel flusso sanguigno, ma grazie alla nanoincapsulazione aumentano la loro resistenza (Rutherfurd & Moughan 2005).

Altri studi dimostrano che la nanoincapsulazione potrebbe assicurare la stabilità ed il rilascio controllato dei peptidi bioattivi nel tratto gastrointestinale (Champagne & Fustier 2007).

(26)

26

Altre tecniche, utilizzate per studiare la capacità di assorbimento dei peptidi, sono quella sito-specifica, alcune modificazioni chimiche e l’uso di polimeri bioadesivi (Banga 2015).

2 Scopo della tesi

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di evidenziare, per la prima volta, la presenza e l’attività biologica dei peptidi bioattivi del Pecorino Toscano DOP, proveniente dal caseificio di Manciano (Grosseto), in funzione della stagionatura di uno, sei e nove mesi. La quantificazione dei peptidi è stata realizzata tramite il saggio OPA e gli estratti idrofilici sono stati testati per l’attività di inibizione dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE, angiotensin converting enzyme) e l’attività antiossidante (test ABTS). Al fine di avere una visione completa del profilo proteico dei campioni, sono state inoltre effettuate prove di elettroforesi su gel di poliacrilammide, a diverse concentrazioni.

(27)

27

3

Materiali e metodi

3.1 Il campione sperimentale

Le forme di Pecorino Toscano DOP, oggetto dello studio, sono state fornite dal Caseificio sociale di Manciano (GR) in tre diverse caseificazioni (A, di marzo, B, di aprile e C, maggio) e a tre stagionature (1 mese, 6 mesi e 9 mesi), per un totale di 9 campioni. Ogni forma è stata conservata a -18°C e, una volta scongelata, è stata grattugiata in modo da facilitare la successiva fase di estrazione. Ogni campione così ottenuto è stato collezionato in 3 repliche da 5 grammi ciascuna, conservate a -18°C.

3.2 Estrazione dei peptidi

Inizialmente sono state effettuate due prove di estrazione differenti: una in acqua secondo il metodo proposto da Protchard et al., 2010, ed una in tampone fosfato secondo il metodo di Meira et al. (2012). Quest’ultima ha dato dei risultati migliori, ed è stata usata per tutte le estrazioni.

Al momento dell’estrazione, i campioni (5 grammi in peso fresco) sono stati tenuti in bagno di ghiaccio ed omogeneizzati in 15 ml di tampone fosfato di potassio 50 mM (pH 7) con un omogeneizzatore (Ultraturrax) per 10 minuti, alla velocità di 9500 rpm. In seguito, sono stati posizionati in un bagno d’acqua alla temperatura di 40°C, e mantenuti in agitazione per un’ora a 120 rpm. Nella fase successiva i campioni sono stati posti in centrifuga refrigerata a 4°C per 10 minuti, ad una velocità di 10000 giri al secondo. Questa fase ha permesso una prima separazione della frazione solubile.

Dopo aver rimosso lo strato superficiale di grasso, il surnatante recuperato è stato filtrato con filtri di carta assorbente e portato a pH 4,6 con HCl 0,5 M per favorire la precipitazione delle caseine. I campioni così ottenuti, sono stati ricentrifugati secondo le stesse modalità della prima centrifugazione ed il surnatante recuperato, è stato aliquotato e conservato a –18°C.

(28)

28

Prima di ogni saggio, i campioni scongelati sono stati centrifugati a 6000 rpm per 10 minuti, recuperando il surnatante.

3.3 Determinazione della concentrazione proteica

Per determinare la concentrazione proteica degli estratti, è stato utilizzato il kit

protein assay II Bio-Rad basato sul metodo di Bradford (1976). Si tratta di un test

che determina la concentrazione di proteina solubilizzata. Esso consiste nel somministrare alla soluzione proteica il colorante acido Coomassie® Brilliant Blue G-250, che si lega principalmente ai residui amminoacidici basici ed a quelli aromatici, in particolare arginina (Fazakes de St. Groth et al., 1963; Reisner et al., 1975; Sedmack & Grossberg, 1977). La misurazione dell’assorbanza della soluzione allo spettrofotometro, alla lunghezza d’onda di 595 nm ed il confronto dei dati ottenuti con uno standard, permette di ottenere una misura relativa della concentrazione proteica dei campioni estratti. Come standard è stato usato l’albumina serica bovina (Sigma-Aldrich), una proteina globulare (~ 6600 kDa) usata in numerose applicazioni biochimiche, grazie alla sua stabilità ed alla non interferenza nelle reazioni biologiche.

Il saggio prevede la preparazione, in cuvette, di un bianco (contenente 800 µl di H2O

MilliQ® e 200 µl di reattivo di Coomassie), dello standard (contenente 790 µl di H2O MilliQ®, 10 µl di BSA e 200 µl di reattivo di Coomassie) e del campione

(contenente 790 µl di H2O MilliQ®, 10 µl di campione e 200 µl di reattivo di

Coomassie). La lettura dell’assorbanza a 595 nm è stata effettuata dopo 10 minuti di incubazione. In tabella sono riportati schematicamente le quantità di H2O MilliQ®,

(29)

29 Tabella 5: quantità di H2O MilliQ®, standard, campione e reagente, utilizzati per il saggio

Bio-Rad (kit protein assay II).

H

2

O

BSA

Campione

Coomassie

Bianco

800

-

-

200

Standard

790

10

-

200

Campione

790

-

10

200

Per calcolare la concentrazione proteica del campione occorre usare la seguente equazione:

AS : CS = AC : CC

da cui:

CC = CS * AC / AS

Dove:

AS = assorbanza dello standard;

AC = assorbanza del campione;

CS = concentrazione dello standard;

CC = concentrazione del campione.

(30)

30

3.4 Determinazione della concentrazione peptidica

Per la quantificazione dei peptidi totali di ciascun estratto, è stato usato il test dell’o-phthaldialdehyde (OPA), seguendo il metodo modificato da Goodno, Swaisgood e Catignani (1981). Il principio chimico prevede che i gruppi α-amminici del campione, rilasciati dall’idrolisi, reagiscano con l’o-phthaldialdehyde ed il β-mercaptoetanolo, formando un composto che assorbe fortemente ad una lunghezza d’onda di 340 nm (Church et al., 1983).

La soluzione OPA è stata preparata sciogliendo 25 ml di tetraborato di sodio, alla concentrazione 0,1 M (pH 9.5), 2,5 ml di SDS 20% (wt / wt), 40 mg di OPA (disciolto in 1 ml di etanolo 95%) e 100 μl di β-mercaptoetanolo. La soluzione è stata portata a 50 ml di volume totale, con acqua Milli-Q, facendo attenzione a proteggerla dalla luce per tutta la durata del test.

In tabella 6 sono riportate le quantità di campione e di reagente utilizzate per l’esecuzione del saggio:

Tabella 6 : in tabella sono riportati schematicamente le quantità di H2O, campione e

reagente, utilizzati per il saggio OPA.

H

2

O

Campione

Reagente

Bianco

20 μl

-

750 μl

Campione

-

20 μl

750 μl

(31)

31

3.5 Dosaggio attività antiossidante totale mediante ABTS

Per la determinazione dell’attività antiossidante degli estratti proteici è stato utilizzato il saggio dell’ABTS (2,2'-azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonato) secondo il metodo messo a punto per la prima volta da Miller et al. (1993) e modificato da Re et al., (1999).

L’ABTS, è una sostanza incolore che, se trattata con un agente ossidante, il persolfato di potassio, viene convertita nella sua forma radicalica (ABTS•+) assumendo una colorazione verde-blu. Il principio secondo cui agisce questo saggio è quello della riduzione, da parte delle molecole antiossidanti del campione in esame, del radicale ABTS•+ nella forma incolore (ABTS) con conseguente decolorazione della miscela di reazione. L’entità della decolorazione è dunque direttamente proporzionale alla capacità antiossidante del campione.

L’ABTS (7 mM) è stato preparato aggiungendo K persolfato, che determina la formazione dei radicali. Il K persolfato è stato portato alla concentrazione finale di 2.45 mM. La soluzione è stata preparata 12-16 ore prima del saggio e mantenuta al buio a temperatura ambiente. È stata misurata l’assorbanza della soluzione ABTS insieme al campione mediante uno spettrofotometro UV-Vis trascorso un determinato periodo di tempo (4 minuti) ad una lunghezza d’onda (734 nm). Infine l’entità della decolorazione è stata quantificata confrontandola con la retta di taratura ottenuta utilizzando concentrazioni note di un antiossidante standard (Trolox 2.5 mM in etanolo).

La soluzione madre di ABTS•+ è stata diluita con H2O Milli-Q, per registrare il

valore di assorbanza a 30°C pari a 0.700 (con un range compreso di + o – 0.020). Per l’analisi spettrofotometrica è stato aggiunto a 1 ml di ABTS+ a 100 µl di campione,

in modo da inibire tra il 20 e l’80% dell’assorbanza della soluzione di ABTS+;

l’assorbanza è stata registrata esattamente dopo 4 minuti contro un bianco con acqua al posto del campione.

Laddove è stata trovata una concentrazione maggiore di molecole antiossidanti, l’assorbanza della soluzione è proporzionalmente diminuita. E’ stata calcolata la percentuale di inibizione degli estratti secondo la formula:

(32)

32

% inibizione = 1- (AC / AB) * 100

Dove:

AC = assorbanza campione;

AB = assorbanza bianco.

Infine è stata confrontata l’attività antiossidante dei campioni in esame con la retta di taratura del Trolox, in base alla quale è stata calcolata la percentuale di inibizione del campione.

Sono state preparate delle soluzioni a concentrazione nota, per poter in seguito calcolare la concentrazione degli estratti proteici.

La soluzione madre di Trolox (Sigma-Aldrich) 2.5 mM è stata diluita con etanolo per arrivare a 176 µM. Successivamente sono state effettuate delle diluizioni progressive della soluzione: 88 µM, 44 µM, 22 µM, 11 µM, riportate in Tabella 7. È stata misurata l'assorbanza. Da qui è stato costruito un grafico cartesiano in cui è stata messa in ascissa la concentrazione nota ed in ordinata l'assorbanza. Unendo i punti è stata disegnata la retta di taratura. Infine sono stati confrontati i valori di assorbanza degli estratti proteici, con le concentrazioni note del Trolox, così da determinare la loro concentrazione: la retta è stata costruita riportando in ascissa la molarità del Trolox ed in ordinata la percentuale di inibizione degli estratti proteici.

Tabella 7: percentuale di inibizione del Trolox, in base alle diverse concentrazioni.

Concentrazione (µM) Inibizione (%) 176 43,71 176 45,86 176 43,56 88 21,47 88 21,16 88 21,62 44 13,65 44 13,96 44 13,96 22 4,45 22 4,91 22 4,75 11 0,77 11 1,07 11 1,07

(33)

33

Nella figura 6, la retta riporta in ascissa la molarità del Trolox (molarità della soluzione madre) ed in ordinata la sua assorbanza.

Figura 6: grafico della percentuale di inibizione del Trolox: in ascissa la molarità del trolox µmoli/g; in ordinata l’assorbanza.

La percentuale di inibizione degli estratti idrofilici è stata confrontata con le concentrazioni note del Trolox, così da determinare la loro concentrazione, espressa come Trolox equivalenti (µmoli/g).

y = 0.2525x R² = 0.9887 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 0 50 100 150 200 % inib

(34)

34

3.6 Determinazione dell’attività ACE-inibitoria

Il test dell’attività ACE-inibitoria è stato effettuato seguendo il metodo modificato da Cushman & Cheung (1971). Questo metodo utilizza l'enzima di conversione dell'angiotensina-I (ACE) e il substrato Hippuryl-Histidyl-Leucina, che produce acido ippurico. La quantità di acido ippurico prodotto viene utilizzata per determinare l'attività antiipertensiva. Sono stati addizionati 20 μl di campione a 100 μl di soluzione tampone (Hepes-HCl 50mM, contenente NaCl 300 mM, Hippuryl-histidil-leucine 5 mM), alla temperatura di 37°C.

L’ACE (0,1 U/ml dal polmone di coniglio) è stato sciolto in acqua Milli-Q. La reazione inizia quando si aggiungono 40 μl di ACE, dopodiché i campioni si mettono in incubazione nel bagnetto d’acqua (per 30 minuti alla temperatura di 37°C). Poi sono stati aggiunti 150 μl di HCl 1 M, per fermare la reazione. Dopo è stato aggiunto 1 ml di acetato di etile ed è stata recuperata la fase di etil acetato, trasferita in delle provette di vetro.

Le provette sono state trasferite in una vaschetta di vetro piena d’acqua, sopra una piastra riscaldante, fino a completa evaporazione della soluzione. Infine, la quantità di acido ippurico liberata è stata misurata allo spettrofotometro, alla lunghezza d’onda di 228 nm. I campioni sono stati replicati in triplo; sono state effettuate tre prove, denominate A, B, C. Nella prima prova (A) è stato omesso il campione, nella seconda prova (B), l’ACE, nella terza prova erano presenti sia il campione che l’ACE. Nella tabella 8 sono riportati schematicamente le quantità di campione, tampone, enzima e acqua utilizzati per il saggio dell’ACE.

Tabella 8

:

quantità di campione, tampone, enzima e acqua utilizzati per il saggio dell’ACE.

Prova

Campione (μl)

Tampone

(μl)

ACE (μl)

H

2

O MilliQ (μl)

A

-

100

40

20

B

20

100

-

40

C

20

100

40

-

(35)

35

Inibizione (%) = (A - C) / (A - B) x 100

dove:

A = assorbanza in presenza dell’ACE; B = assorbanza in presenza del campione;

(36)

36

3.7 Elettroforesi su gel (SDS Page)

Al fine di osservare il profilo proteico dei pecorini sia in funzione della stagionatura che della caseificazione, sono state effettuate prove di elettroforesi su gel di poliacrilammide al 12%, 15% ed al 20%, secondo la tecnica di Laemmli (1970). È stato usato un gel costituito da acrilamide mescolato con bisacrilamide per formare un cross-linking che polimerizza quando viene aggiunto persolfato di ammonio (APS). L’aggiunta di N'-tetrametilendiammina (TEMED) accelera la polimerizzazione ed il cross-linking del gel.

La concentrazione di acrilammide determina la dimensione dei pori: la dimensione della maglia è inversamente proporzionale alla concentrazione di acrilammide. È stato applicato un campo elettrico per far migrare le proteine ed i peptidi più grandi, che si separano per massa molecolare.

Le proteine sono state trattate con sodio dodecil solfato (SDS), così da assumere carica negativa e facilitare la migrazione (Rosenberg 1996). Sono stati preparati il

running gel (al 12%, 15% e 20%) e lo stacking gel, come mostrato nelle tabelle 9 e

10.

Tabella 9: quantità usate per preparare il Running gel a diverse percentuali.

Soluzioni 12% 15% 20% Tris 1,5 M pH 8,8 2.5 ml 2.5 ml 2.5 ml Acrilammide 4 ml 5 ml 6.67 ml Acqua Milli-Q 3.5 ml 2.5 ml 0.83 ml Temed 7.5 μl 7.5 μl 7.5 μl APS 75 μl 75 μl 75 μl

(37)

37 Tabella 10: Stacking gel (4%) usato per l’elettroforesi in gel al 12%, 15%, 20%.

Soluzioni Quantità Tris 0.5 M pH 6.8 1.25 ml Acrilammide 0.65 ml H2O Milli-Q 3.1 ml APS 66 μl TEMED 6.6 μl

I campioni sono stati preparati in delle eppendorf, in modo da ottenere quantità di proteine pari a 5 μg, 10 μg, 20 μg e 40 μg e addizionati al tampone di caricamento (acqua Milli-Q; Tris HCl 0,5 M, pH 6,8; Glicerolo; SDS 10%; β-mercaptoetanolo; blu di bromofenolo0,05% w/v). Dopo averli bollito i campioni per 5 minuti, sono stati tenuti in frigo per altrettanti minuti e successivamente sottoposti a una rapida centrifugazione. In seguito è stata riempita la cella elettroforetica con il tampone della camera superiore (Trizma; Glicina; SDS) ed i campioni sono stati caricati nei pozzetti. È stata trasferita la cella nella camera fredda, e per ultimo è stata riempita la camera inferiore con il relativo tampone (Trizma; Glicina).

L’elettroforesi è stata fatta correre per circa 90 minuti a 220 V per gel. Terminata la corsa, i gel sono stati colorati utilizzando il colorante Coomassie blue R-250. Infine il gel è stato lavato in una soluzione decolorante o destaining solution (50% H2O,

10% Acido acetico, 40% Metanolo).

In seguito sono state effettuate prove di elettroforesi in gradiente di poliacrilammide all’8-16%, e al 12-20%. Sono stati preparati il running gel e lo stacking gel, come mostrato nelle tabelle 11, 12 e 13.

(38)

38 Tabella 11: quantità usate per preparare il Running gel dell’elettroforesi in gradiente 8-16% per 15 ml. Soluzioni (ml) 8% 16% Tris 1,5 M pH 8,8 3.75 ml 3.75 ml Acrilammide 3.96 ml 7.92 ml Acqua Milli-Q 7.29 ml 3.33 ml APS 26 μl 26 μl TEMED 5 μl 5 μl

Tabella 12: quantità usate per preparare il Running gel dell’elettroforesi in gradiente 12-20% per 16 ml. Soluzioni (ml) 12% 20% Tris 1,5 M pH 8,8 4 ml 4 ml Acrilammide 6.4 ml 10.66 ml Acqua Milli-Q 5.6 ml 1.34 ml APS 32 μl 32 μl TEMED 6 μl 6 μl

Tabella 13: Stacking gel (4%) dell’elettroforesi in gradiente 8-16% e 12-20%.

Reagenti Quantità Tris 0.5 M pH 6.8 3.75 ml Acrilammide 1.95 ml H2O Milli-Q 9.3 ml APS 75 μl TEMED 7.5 μl

(39)

39

Dopo aver aggiunto il tampone alla camera, aver caricato i campioni come descritto precedentemente, la corsa è stata impostata a corrente costante (25 mA per gel) e voltaggio non limitante, per un’ora e successivamente (per le successive 5 ore) a 36 mA costanti per gel e voltaggio non limitante. Terminata la corsa, i gel sono stati colorati con Coomassie blue R-250 e successivamente lavati con destaining solution come descritto precedentemente.

3.8 Analisi statistica

L’elaborazione statistica dei dati è stata effettuata mediante l’uso del software ANOVA. E’ stata effettuata così un’analisi della varianza a due vie, seguita dal

Tukey-Kramer Multiple-Comparison Test, per determinare le differenze significative

tra i campioni, in base alle variabili della stagionatura e della caseificazione. Si tratta di un metodo di comparazione multipla che analizza i campioni a coppie, sviluppando dei confronti tra le medie.

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4. Risultati e discussione

4.1 Quantificazione proteica e peptidica

Per quanto riguarda la concentrazione proteica, dall’analisi statistica dei dati ottenuti è risultato che le differenze osservate nei diversi estratti non sono significative. La figura 7 mostra l’andamento della concentrazione proteica dei tre campioni, in funzione della maturazione.

Figura 7: Le colonne del grafico rappresentano la concentrazione proteica (mg/g di peso fresco) degli estratti dei campioni analizzati. CAS. A si riferisce alla caseificazione A; CAS. B alla caseificazione B e CAS. C alla caseificazione C. I dati sono la media ± SE di tre repliche biologiche. La mancanza di lettere denota l’assenza di differenze statisticamente significative in base all'ANOVA a due vie seguita dal test Tukey-Kramer (* = P < 0,05; ** = P < 0,005; *** = P< 0,0005; **** = P < 0,00005).

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Come riportato in figura 8, è stato invece riscontrato un progressivo aumento della concentrazione dei peptidi, in funzione della stagionatura, con un picco massimo a 9 mesi, in tutte e tre le caseificazioni analizzate. Probabilmente questo avviene poiché nei formaggi la concentrazione di peptidi aumenta con la maturazione, in quanto la proteolisi giunge ad una fase più avanzata (Meisel, 1997).

Figura 8: Le colonne del grafico rappresentano la concentrazione peptidica (in mg/ g di peso fresco) degli estratti dei campioni analizzati. CAS. A si riferisce alla caseificazione A; CAS. B alla caseificazione B e CAS. C alla caseificazione C. I dati sono la media ± SE di tre repliche biologiche. La mancanza di lettere denota l’assenza di differenze statisticamente significative in base all'ANOVA a due vie seguita dal test Tukey-Kramer (* = P < 0,05; ** = P < 0,005; *** = P< 0,0005; **** = P < 0,00005).

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4.2 Elettroforesi su gel (SDS-PAGE)

Nelle seguenti figure (9 e 10) sono riportate le elettroforesi, rispettivamente su gel di poliacrilammide al 12% (Figura 9) ed al 20% (Figura 10), colorate con Coomassie blue R-250.

Figura 9: SDS-PAGE su gel di poliacrilammide al 12%, colorato con Coomassie blue R-250. I campioni sono stati caricati in quantità di proteine pari a 5 µg (lanes 1, 4 e 7), 10 µg (lanes 2, 5 e 8) e 20 µg (lanes 3, 6 e 9). In lane 1, 2 e 3 è stato caricato il campione A1, in lane 4, 5 e 6 il campione A 6, in lane 7, 8 e 9 il campione A9. La lane St rappresenta lo standard.

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43 Figura 10: SDS-PAGE su gel di poliacrilammide al 20 %, colorato con Coomassie blue R-250. I campioni sono stati caricati in quantità di proteine pari a 5 µg (lanes 1, 4 e 7), 10 µg (lanes 2, 5 e 8) e 20 µg (lanes 3, 6 e 9). In lane 1, 2 e 3 è stato caricato il campione A1, in lane 4, 5 e 6 il campione A 6, in lane 7, 8 e 9 il campione A9. La lane St rappresenta lo standard.

Attraverso l'analisi elettroforetica in condizioni denaturanti è stato possibile osservare come i campioni abbiano un profilo proteico molto simile tra loro (Figura 9 e Figura 10). L’elettroforesi al 12% di poliacrilammide (Figura 9) ha permesso di ottenere una migliore risoluzione dei gel. Le bande individuate intorno a 25 kDa potrebbero corrispondere alle frazioni caseiniche e probabilmente sono riconducibili alla proteolisi primaria della β-caseina ed a quella secondaria sulle proteine derivate (Park, Ed. 2009). La proteolisi primaria della β-caseina, potrebbe essere avvenuta ad opera della plasmina, la principale proteasi indigena del latte (Dupont et al., 2003). Sono state effettuate separazioni utilizzando gradienti di poliacrilammide all’8-16% ed al 12-20% (figure 11, 12 e 13), che ci hanno permesso di separare ulteriormente le proteine. Tra le prove effettuate, quella con gradiente al 12-20 % (Figure 12 e 13) ha mostrato una migliore risoluzione delle proteine, permettendo così di individuare alcune bande con massa molecolare inferiore a 14 kDa che potrebbero essere riconducibili a peptidi.

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44 Figura 11: Elettroforesi in gradiente di poliacrilammide (8-16%) colorato con Coomassie blue R-250. I campioni sono stati caricati in quantità di proteine pari a 20 µg (Lanes 1, 3, 5, 7, 9) e 40 µg (lanes 2, 4, 6, 8, 10). Nelle lanes 1e 2 è stato caricato il campione A1; lanes 3 e 4 il campione A6; lanes 5 e 6 il campione A9; lanes 7 e 8 il campione B9; lanes 9 e 10 il campione A9. In lane St è visibile lo standard.

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45 Figura 12: Elettroforesi in gradiente di poliacrilammide (12-20%) colorato con Coomassie blue R-250. I campioni sono stati caricati in quantità di proteine pari a 20 µg (Lanes 1, 3, 5, 7, 9) e 40 µg (lanes 2, 4, 6, 8, 10). Nelle lanes 1e 2 è stato caricato il campione A1; lanes 3 e 4 il campione A6; lanes 5 e 6 il campione A9; lanes 7 e 8 il campione B9; lanes 9 e 10 il campione C9. In lane St è visibile lo standard.

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46 Figura 13: Elettroforesi in gradiente di poliacrilammide (12-20%) colorato con Coomassie blue R-250. I campioni sono stati caricati in quantità di proteine pari a 20 µg (Lanes 1, 3, 5, 7, 9) e 40 µg (lanes 2, 4, 6, 8, 10). Nelle lanes 1e 2 è stato caricato il campione A1; lanes 3 e 4 il campione A6; lanes 5 e 6 il campione A9; lanes 7 e 8 il campione B9; lanes 9 e 10 il campione C9. In lane St è visibile lo standard.

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4.3 Attività antiossidante

In figura 14 sono riportati in grafico i valori ottenuti dall’analisi dell’attività antiossidante dei campioni in esame.

Figura 14

:

Le colonne del grafico rappresentano l’attività antiossidante (in mg / g di peso fresco) degli estratti dei campioni analizzati. . CAS A si riferisce alla caseificazione A; CAS. B alla caseificazione B e CAS. C alla caseificazione C. I dati sono la media ± SE di tre repliche biologiche. A diverse lettere corrispondono differenze statisticamente significative in base all'ANOVA a due vie seguita dal test Tukey-Kramer (* = P < 0,05; ** = P < 0,005; *** = P< 0,0005; **** = P < 0,00005).

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Dall’analisi statistica dei dati è emerso che ci sono delle differenze significative sia nel confronto tra la stagionatura e la caseificazione, che nella comparazione delle diverse stagionature. Dai risultati ottenuti è possibile osservare come nelle caseificazioni A e B i campioni stagionati 6 mesi mostrino la massima attività antiossidante, rispetto alle stagionature di 1 e 9 mesi (Figura 14). Nella caseificazione C, l’attività antiossidante è cresciuta nettamente dopo i primi sei mesi, per poi mantenersi costante al nono mese.

Questo andamento potrebbe essere spiegato in relazione al fatto che durante i primi sei mesi di stagionatura si verificano determinate reazioni di proteolisi primaria e secondaria, ad opera di peptidasi che attaccano le caseine, liberando amminoacidi, di-, tripeptidi e polipeptidi (Poolman, 1990; Kunji et al., 1996), favorendo così la formazione di peptidi con maggiore attività antiossidante (Christensen et al., 1999). Inoltre, da quanto riscontrato in letteratura, il 95% dei peptidi con azione antiossidante derivano da particolari frazioni di caseine come la β-caseina (45%) e l’αS1-caseina (40%) (Hernandez-Ledesma et al., 2007). Si potrebbe dunque supporre

che le differenze dell’attività antiossidante siano legate ad un cambiamento della frazione delle caseine stesse.

In uno studio è stato riscontrato che la frazione dei peptidi antiossidanti può cambiare in base a dei polimorfismi genetici, che riguardano le caseine, che cambiano struttura in base al periodo in cui il latte viene prodotto (Ng-Kwai-Hang & Grosclaude, 2003). Più in generale, è stato osservato che la composizione del latte è molto complessa, nonché variabile in base all’alimentazione, al sistema di allevamento ed alle razze animali (Mele & Bulleri 2015), per cui è opportuno ipotizzare che questi parametri variabili possano incidere sulla diversità delle frazioni proteiche che si hanno a diversi tipi di caseificazione ed a diversi gradi di maturazione.

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4.4 Attività ACE-inibitoria

In figura 15 sono riportati in grafico i valori ottenuti dall’analisi dell’attività ACE-inibitoria dei campioni in esame.

Figura 15: Le colonne del grafico rappresentano l’attività ACE-inibitoria (%) degli estratti dei campioni analizzati. . CAS A si riferisce alla caseificazione A; CAS. B alla caseificazione B e CAS C. alla caseificazione C. I dati sono la media ± SE di tre repliche biologiche. La mancanza di lettere corrisponde all’assenza di differenze statisticamente significative in base all'ANOVA a due vie seguita dal test post-hoc Tukey-Kramer (* = P < 0,05; ** = P < 0,005; *** = P< 0,0005; **** = P < 0,00005).

L’analisi statistica dei dati ha mostrato che non vi sono differenze significative tra i campioni riguardo l’attività ACE-inibitoria, che comunque è risultata molto alta per tutti i campioni (intorno all’80%). I risultati osservati sono in linea con quanto riportato in letteratura. In uno studio condotto da Meira e collaboratori (2012), realizzato su pecorini identificati come “Toscano-type” e “Sardo-type”, ad esempio, non hanno osservato variazioni significative nell’attività ACE-inibitoria in funzione della stagionatura.

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