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Stima simultanea di parametri elastici e ondina sorgente tramite ottimizzazione con algoritmi genetici: applicazione a inversione AVA e FWI di onde superficiali.

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Magistrale in Geofisica di Esplorazione e

Applicata

Tesi di Laurea

Stima simultanea di parametri elastici e ondina sorgente tramite ottimizzazione

con algoritmi genetici: applicazione a inversione AVA e FWI di onde superficiali

Candidato:

Lorenzo Sedita

Relatore:

Controrelatore:

Prof. Mattia Aleardi Prof. Stefano Roddaro

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Indice

Abstract iii

1 Introduzione 1

2 Metodologia 5

2.1 Parametrizzazione della Wavelet . . . 5

2.2 Sviluppo della Funzione Oggetto . . . 12

3 Amplitude versus Angle 19 3.1 Inversioni del modello elastico . . . 23

3.2 Inversioni di modello e wavelet . . . 27

3.2.1 Ottimizzazione Multiobiettivo . . . 32

3.3 Influenza del rumore . . . 36

4 Full Waveform 43 4.1 Inversioni Modello Elastico . . . 46

4.2 Inversioni Wavelet e Modello Elastico . . . 51

4.2.1 Influenza del rumore . . . 58

5 Conclusioni 65

Appendices 71

A Appendice A - Algoritmi Genetici 73

B Appendice B - FWI 77

Bibliografia 83

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Abstract

Tipicamente l’ondina sorgente viene stimata dai dati sismici osservati e successivamente in-serita come parametro noto all’interno del processo di inversione. Purtroppo, tale processo è molto delicato e soggetto ad errori (ad esempio dovuti al noise che contamina le osser-vazioni sismiche). Tali errori nella stima dell’ondina si propagheranno ovviamente anche nelle proprietà elastiche stimate e quindi inficeranno sensibilmente la qualità e affidabilità del risultato finale. Negli ultimi anni diversi autori hanno proposto come possibile soluzione a questo problema quella di inserire l‘ondina sorgente come ulteriore incognita da stimarsi congiuntamente alle proprietà di sottosuolo all’interno del processo di inversione. Questa tesi ha come scopo la verifica della fattibilità di un’inversione volta a stimare simultaneamente sia i parametri elastici che l’ondina sorgente. Verranno considerate due tipologie di inversione geofisiche: L’inversione Amplitude Versus Angle (AVA) e l’inversione Full Waveform (FWI) elastica delle onde superficiali. La prima tipologia di inversione sfrutterà la variazione del coefficiente di riflessione delle one P per ricavare le velocità P, S (Vp, Vs) e densità sotto l’assunzione di modello localmente 1D. In questo caso l’operatore di forward che legherà in-cognite e dato sarà basato sul modello convoluzionale e sulle equazioni di Zoeppritz. La FWI delle onde superficiali, invece, ha come obiettivo primario la stima del campo di Vs a bassa risoluzione nella parte più superficiale di sottosuolo. In questo caso il metodo delle differenze finite sarà utilizzato per risolvere l’equazione d’onda elastica sotto l’assunzione di modello 2D. In questa tesi l’ondina sorgente sarà parametrizzata utilizzando un approccio già proposto in letteratura basato sui polinomi di Hermite in cui l’ondina sarà univocamente determinata da 4 proprietà: l’ampiezza, la simmetria regolata dalla skewness, la dilatazione temporale in rapporto alla frequenza di picco, l’ordine dei polinomi di Hermite. Tali proprietà costitui-ranno le incognite aggiuntive nel processo di inversione. Entrambe le inversioni considerate sono non lineari e a tal fine si è scelto di utilizzare come approccio un’ottimizzazione tramite algoritmi genetici, che seppur computazionalmente più onerosa dei metodi di linearizzazione locale, sarà meno soggetta a problemi di convergenza verso un minimo locale della funzione errore da minimizzare nel corso del processo di ottimizzazione. Sia l’inversione AVA che FWI sono problemi fortemente mal condizionati in cui più modelli di sottosuolo fitteranno in egual modo i dati sismici osservati. Nel nostro contesto tale mal condizionamento sarà ulte-riormente aggravato dall’aggiunta dell’ondina sorgente come incognita ulteriore. L’approccio tipico per affrontare problemi mal condizionati è quello di inserire opportune regolarizzazioni all’interno dell’inversione, in pratica si andranno ad utilizzare funzioni errore il cui valore non

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iv INDICE dipende solo la differenza tra dato predetto e osservato ma anche da una misura di quanto alcune caratteristiche del modello predetto si distanziano da quelle desiderate. In questo modo la soluzione costituirà un compromesso tra fitting col dato osservato e modello con caratteristiche desiderate. A tal proposito si testeranno diverse funzioni oggetto con diverse tipologie di regolarizzazione (es. distanza euclidea da un modello a priori; smoothness del modello predetto). Si testerà sia l’approccio tipico agli algoritmi genetici in cui la funzio-ne da minimizzare è costituita da un unico valore dato dalla combinaziofunzio-ne lifunzio-neare dei veri termini inseriti all’interno della funzione errore. Oltre a questo, si utilizzerà anche un’otti-mizzazione muti obiettivo in qui i vari termini della funzione oggetto verranno ottimizzati indipendentemente e in cui la soluzione ottimale sarà da ricercarsi lungo il cosiddetto fronte di Pareto. Per entrambe le inversioni AVA e FWI si ricorrerà ad esempi che faranno utilizzo di dati sintetici sia noise-free che contaminati da rumore. Nel caso dell’inversione AVA il modello vero, di riferimento, sarò ricavato da log di pozzo reali. Nel caso dell’inversione FWI, invece, il dato osservato sarà derivato da un modello schematico, stratificato, della sottosuperficie. In entrambi i casi (AVA e FWI) si analizzerà dapprima il problema del mal condizionamento per individuare la funzione oggetto più idonea a risolvere le due tipologie di inversione. In questa prima fase l’ondina sorgente sarà considerata nota. Dopodiché i 4 parametri dell’ondina saranno inseriti come incognite ulteriori e si verificherà la possibilità di una loro stima affidabile e contemporanea a quella dei parametri elastici. Per l’inversione AVA emerge come a causa del malcondizionamento la sola norma L2 della differenza tra dato osservato e predetto non permetta di ottenere una soluzione stabile e affidabile. La qualità della soluzione migliora quando vengono aggiunti termini di regolarizzazione alla funzione errore, ma in questo caso ancora più efficace sembra dimostrarsi l’approccio multiobiettivo che restituisce proprietà elastiche coerenti con quelle del modello vero e una stima dell’ondina abbastanza congruente con l’ondina sorgente utilizzata per creare il dato osservato. La FWI sembra meno soggetta al problema del malcondizionamento in quanto l’approccio seguito ha come scopo quello della stima (tramite ottimizzazione globale) di un modello elastico a bassa risoluzione che sarà eventualmente da utilizzarsi come punto d’innesco di una succes-siva inversione locale, volta ad incrementare la risoluzione spaziale della soluzione. In tale contesto, l’inversione con algoritmi genetici parametrizzerà la sottosuperficie utilizzando un basso numero di incognite; in tal modo si andrà quindi a ridurre lo spazio nullo del problema. In questo caso, pertanto, si osserverà come la norma L2 della differenza tra dato predetto e osservato permetta già di ricavare una predizione della Vs stabile e affidabile. Le inversioni effettuate sembrano dimostrare che una stima congiunta del campo di Vs e dell’ondina sarà possibile quando il rapporto/segnale rumore non sia troppo basso.

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Capitolo 1

Introduzione

La stima della forma d’onda della sorgente è uno dei punti cardine dell’analisi sismica, in-dispensabile in molti passaggi di processing che principalmente mirano alla rimozione degli effetti che essa ha sul dato sismico migliorandone quindi la risoluzione. L’approccio classi-co prevede la stima diretta dell’ondina sorgente dal dato sismiclassi-co osservato [CM14]; [YL13], attraverso metodi statistici direttamente applicati alle tracce del dato osservato o su por-zioni di esse accuratamente finestrate. Usando lo spettro d’ampiezza dell’ondina sorgente [Meh18] riprodotta o la funzione di autocorrelazione sulle tracce sismiche scelte si ricava un’approssimazione della forma d’onda, soggetta però ad errori considerevoli [Ylm08] dovuti in larga parte al noise che contamina le stesse tracce. Una forma d’onda di questo tipo può chiaramente inficiare il risultato finale [SS11].

L’uso di procedure di inversione per ricavare un modello che rappresenti il sottosuolo in molti casi richiede di definire un’ondina sorgente [VO09]; [OPB+13], spesso trattata co-me una grandezza nota (se non estratta coi precedenti co-metodi). Molti autori [Wan+09]; [Sun+14] hanno però proposto di includere il calcolo dell’ondina all’interno dell’inversione stessa, trattandola dunque come un’ulteriore incognita congiunta alla ricerca del modello predetto.

Poiché l’aggiunta di ulteriori incognite potrebbe causare un rallentamento nella conver-genza dell’inversione, questo lavoro si propone di esaminare la fattibilità di un’inversione che definisca una stima di un modello elastico congiunta alla stima dell’ondina sorgente. A que-sto scopo sono stati scelti due problemi di natura differente, un’inversione di tipo Amplitude versus Angle (AVA) [AR02]; [FB06]; [Xia+20] e un’inversione Full Waveform (FWI) [Tar88]; [PSW96] elastica. L’inversione AVA è un’inversione in dominio pre-stack [Xia+20] che tiene conto della variazione di ampiezza del dato in relazione agli angoli di incidenza (angle ga-thers). Essa definirà un modello elastico, assunto localmente 1-D, costituito dalle velocità delle onde P (VP), delle onde S (VS) e dalla densità del mezzo (ρ). L’operatore di forward che lega le incognite stimate dall’inversione con il dato di partenza sarà dunque basato sul-l’applicazione delle equazioni di Zoeppritz [Zoe19]; [Shu85] e di un modello convoluzionale, che richiede la stima di un’ondina sorgente.

La FWI elastica invertirà invece l’intero campo d’onda, focalizzato sulla ricostruzione 1

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2 CAPITOLO 1. INTRODUZIONE del campo d’onda delle VS definito nelle porzioni più superficiali del mezzo. In questo caso l’operatore di forward è costituito dall’intera equazione d’onda elastica assumendo un modello elastico 2-D, risolvendo l’equazione con il metodo alle differenze finite [Maz+16]; [SAS+16]. Per applicare l’equazione d’onda è necessaria la conoscenza del campo d’onda della sorgente. Per trattare l’ondina come incognita numerica in questo lavoro si utilizzerà una parame-trizzazione legata ai polinomi di Hermite [SET16]. L’ondina generata dipenderà da quattro parametri che ne definiscono ampiezza, simmetria, dilatazione temporale e ordine polinomia-le. Verrà dunque presentata al lettore la particolare influenza giocata dai singoli parametri sulla forma d’onda, ma anche sulle caratteristiche peculiari dell’ondina sorgente, quali spet-tro d’ampiezza e di fase. I quatspet-tro parametri costituiranno infine le incognite aggiuntive al processo di inversione.

Entrambe le applicazioni qui affrontate, l’inversione pre-stack AVA e la FWI, sono pro-blemi affetti da malcondizionamento [ABT05], più modelli del sottosuolo fitteranno il dato sismico osservato. In questo contesto quindi l’inversione congiunta di modelli ed incogni-te legaincogni-te all’ondina sorgenincogni-te incremenincogni-terà il malcondizionamento del problema. Le comuni procedure proposte in letteratura [Vig+18] prevedono l’applicazione di una funzione oggetto basata sulla sola differenza fra il dato predetto e il dato osservato; per affrontare un problema così mal posto verranno introdotti ulteriori operatori di regolarizzazione. I modelli predetti dovranno rispettare determinate condizioni richieste, quali la minor distanza euclidea da un modello a priori opportunamente scelto, nonché preferire un modello più smooth [DC90]; [Egb12] fra tutte le possibili soluzioni. La funzione oggetto sarà dunque principalmente ri-partita in tre operatori di regolarizzazione, quindi l’errore associato al modello e all’ondina sorgente risultanti sarà combinazione degli stessi. Nel caso proposto riguardante l’inversione AVA è stato possibile implementare un’ottimizzazione "multiobiettivo": a differenza della semplice funzione oggetto che determina un solo valore di errore, la funzione multiobiettivo permette di ottimizzare i tre operatori di regolarizzazione in maniera indipendente. La solu-zione ottimale al problema sarà da ricercarsi lungo il cosiddetto fronte di Pareto, ossia nello spazio per cui l’errore fra dato predetto e modello osservato, l’errore fra modello predetto e modello a priori, e l’operatore di smoothness, assumono i minimi valori.

La FWI e l’inversione AVA sono notoriamente problemi non lineari [Tar05], risolvibili con processi di ottimizzazione locale o globale. Benché le ottimizzazioni locali siano computazio-nalmente meno onerose, il rischio di incorrere verso un minimo locale della funzione errore è alto. Si è preferito quindi procedere con un’ottimizzazione globale attraverso l’applicazione degli Algoritmi Genetici [SS92]; [SS95]; [Par99] si tratta di algoritmi euristici ispirati dai concetti evoluzionistici darwiniani e genetici come la ricombinazione cellulare e la selezione naturale. Attraverso la scelta di alcuni parametri indispensabili all’algoritmo si esplora la funzione oggetto prescelta per definirne il minimo globale, nonché verso le soluzioni a minor errore per l’approccio multiobiettivo.

Si attenzioni il fatto che per entrambi i problemi affrontati sono stati generati dati sinteti-ci, verranno presentate soluzioni al problema sia con dato noise-free che con dato contaminato da rumore opportunamente scelto mediante rapporto segnale rumore (SNR). Nel caso delle

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3 inversioni AVA si stimerà un dato sintetico a partire da modelli reali di pozzo di VP, VS, ρ; per l’inversione FWI il dato osservato sarà derivato da un modello sintetico a due strati della sottosuperficie.

Per le prime inversioni di entrambi i problemi proposti al lettore si seguirà l’approccio classico, l’ondina sarà considerata nota. Ciò sarà fatto per valutare gli effetti dei singoli termini di regolarizzazione sulla stima del modello elastico e di conseguenza per valutare il malcondizionamento presente. É una fase essenziale che permetterà di applicare dei criteri di peso sui singoli termini di regolarizzazione. Infine i quattro parametri utili a definire un’ondina sorgente predetta verranno inseriti all’interno dell’inversione come incognite del problema.

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Capitolo 2

Metodologia

2.1

Parametrizzazione della Wavelet

Come preannunciato nell’Introduzione, risulta evidente che la stima della forma d’onda uti-lizzata in relazione al dato osservato e al problema affrontato costituisce un passaggio fonda-mentale delle fasi di processing e di inversione. In questa sezione verranno delineate le ipotesi che regolano le forme d’onda più note in ambito geofisico, nonché le motivazioni legate alla scelta di una forma d’onda di tipo parametrica.

La scelta della forma d’onda più adatta dipende sopratutto dai vari fattori che ne mi-gliorano le capacità di risoluzione, come la larghezza di banda per lo spettro d’ampiezza. Inoltre è indispensabile che l’ondina scelta non provochi distorsioni di fase all’interno del da-to. Ondine sorgente che rispondono a questi criteri vengono dette ondine a fase zero [Ylm08]; [SG95]; si tratta di segnali simmetrici e non causali per i quali il picco centrale della forma d’onda corrisponde al tempo zero. Forme d’onda quanto più simili dunque a sollecitazioni impulsive fornirebbero al modello la risoluzione maggiore. La funzione delta di Dirac (δ(t)) [LV09] notoriamente si identifica come impulso unitario; la proprietà campionatrice, che la contraddistingue nel dominio dei tempi, e lo spettro costante con ampiezza unitaria la rende-rebbero l’ondina sorgente perfetta per ottenere la massima risoluzione dal dato sismico. Ma è proprio la natura impulsiva di δ(t) che la rende anche fisicamente inapplicabile e che quindi richiede di optare verso altre forme d’onda. Si tratta di segnali non realizzabili in natura, ma comunque fortemente utilizzati nei processi di modelling del dato. Forme d’onda sor-gente reali possono essere segnali di tipo causale, dunque nulli prima dell’istante zero, e che possiedono fase minima: per questi segnali il massimo d’energia si concentra nella porzione iniziale.

In ambito industriale le forme d’onda maggiormente utilizzate possono essere ridotte a quattro [Rya94], la più nota è certamente l’ondina di Ricker. Nota già negli anni ’50, l’ondina di Ricker [Ric53] costituisce l’esempio di wavelet a fase zero e non causale più usato per il modelling sismico di dati sintetici. La somiglianza della forma d’onda con una gaussiana non è casuale; difatti, considerando la derivata seconda di una curva gaussiana, ricaveremo

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6 CAPITOLO 2. METODOLOGIA l’equazione relativa all’ondina come:

ωRicker(x; f) = (1 − 2π2fp2x2) exp(−π2fp2x2) (2.1) con fp frequenza di picco, pari al massimo dello spettro di ampiezza. Ondine così costruite sono dunque a fase nulla e non produrranno nel dato alcuna distorsione in relazione allo spettro di fase. L’ondina di Ricker è un caso particolare di wavelet continue, più note come wavelet Hermitiane [BS00], che si ricava facilmente tramite la conoscenza dei polinomi di Hermite, polinomi di ordine n-esimo che definiscono le derivate n-esime della distribuzione gaussiana: ψn(t) = exp(−1 2x 2)He n(x) (2.2) Hen(x) = (−1)nexp(1 2x2) δn δxnexp(− 1 2x2) (2.3)

dove la (2.2) definisce i polinomi smorzati dipendenti dai polinomi probabilistici di Hermite (2.3). Se l’ordine di entrambi i polinomi è pari a n = 2 si ricava la (2.1) per x =2fpx.

La struttura delle ondine analitiche, per definizione riferibili attraverso una funzione specifica, può essere in molti casi fin troppo complessa per l’utilizzo in alcuni campi pratici come le procedure di inversione; si tende quindi a ricercare ondine di tipo parametrico, definite cioè per mezzo di parametri di riferimento. La parametrizzazione qui sfruttata è quella di Skauvold [SET16] che riscrive l’ondina di Ricker ricavata dalla (2.1) in una forma w(t; β) dipendente dalla variabile temporale e da un set di parametri che tengano conto della variabilità della Ricker stessa. Essa è inoltre combinazione di una funzione pari (fs(x)) e di una dispari (fa(x)); la prima deve essere smooth e deve verificarsi che:

lim x→∞(1 + |x| a)f s(x) = 0 per a > 0 Z R fs(x)dx = 0

I parametri che compongono β definiscono la forma e la variabilità dell’ondina di Ricker: • a è il parametro legato all’ampiezza dell’ondina, l’ondina con ampiezza unitaria sarà

denotata dall’avere a = 2

• s la skewness che ne definisce la distorsione intorno all’asse principale

• ν la dilatazione temporale dell’ondina in secondi, che si relaziona alla frequenza di picco fp per mezzo di

ν= √ 1 2πfp

• N ordine del polinomio di Hermite usato per definire le riverberazioni precedenti e successive al picco centrale

La funzione in forma parametrica verrà riscritta come

w(t; a, s, ν, N) = aψ2N(t/v)erf(st/ν) + 1 2ψ2N(0)

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2.1. PARAMETRIZZAZIONE DELLA WAVELET 7 strettamente dipendente dai polinomi smorzati definiti dalla (2.2) e da erf(x) funzione degli errori di Gauss pari a

erf(x) = √2 π

Z x 0

exp(−ξ2)dξ

che chiarisce come all’aumentare del numero degli elementi considerati che compongono l’ondina, aumenterà anche la precisione della forma stessa.

(14)

8 CAPITOLO 2. METODOLOGIA

Influenza dei Parametri

Ogni elemento di β influirà sulla forma e sulle caratteristiche spettrali dell’ondina in ma-niera differente. Di seguito quindi analizzeremo il comportamento della forma nel dominio del tempo e delle frequenze al variare dei quattro parametri in β, definendo come nota la lunghezza temporale t. Si deve tener presente che β verrà in seguito inserito fra le incognite risolte da un algoritmo euristico che approssimerà i parametri in base ai limiti prescelti dei range di ricerca; range molto stretti limitano fortemente le forme d’onda ottenibili, d’altro canto range molto ampi possono portare a forme d’onda fortemente fuorvianti e non rappre-sentative del problema. Nei paragrafi che seguono si farà riferimento ai range generali dei singoli valori.

Ampiezza - Si tratta dell’elemento che maggiormente contraddistingue una forma d’onda dall’altra nel dominio del tempo. Ondine ad elevata ampiezza possiedono un picco assai ele-vato; in particolare dalla (2.4) nel caso ω(0; β) = a

2 per erf(0) = 0 definisce come l’ampiezza data al picco centrale sia dimezzata. L’ondina con ampiezza unitaria si avrà per a = 2.

-0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude a = 1 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude a = 2 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude a = 4 Spettro di ampiezza (a = 1) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude Spettro di ampiezza (a = 2) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude Spettro di ampiezza (a = 4) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (a = 1) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (a = 2) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (a = 4)

Figura 2.1: La figura in alto mostra la variazione temporale per l’ondina con parametri β = [a, 0, 0.0028, 1] in cui a = [1, 2, 4]. Al centro e in basso i rispettivi spettri di ampiezza e di fase; l’ondina considerata possiede frequenza di picco fp= 80 Hz.

Il valore di ampiezza per ondine con polarità positiva vale per a ∈ [0, +∞], viceversa per polarità negative a ∈ [−∞, 0]. In immagine viene mostrata un’ondina parametrizzata al

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2.1. PARAMETRIZZAZIONE DELLA WAVELET 9 variare del solo valore d’ampiezza per a = [1, 2, 4]; si vede chiaramente come all’aumentare del parametro a aumenterà sia il pico dell’ondina nel dominio dei tempi che il picco dello spettro d’ampiezza nel dominio delle frequenza. Lo spettro di fase non risente della variazione di ampiezza. La parametrizzazione conferma quindi le caratteristiche dell’ondina di Ricker a fase zero e non causale.

Skewness - Essa definisce il valore numerico associato alla distorsione della forma d’onda e ne quantifica la simmetria. La forma d’onda esattamente simmetrica si ha solo per s = 0. Come ci si aspetta, l’asimmetria dell’ondina si rifletterà marcatamente sullo spettro di fase: per valori negativi di s lo spettro dell’ondina prodotta sarà crescente nell’intervallo (+π

2, − π 2), viceversa per valori positivi di s lo spettro decresce nel medesimo intervallo.

-0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude s = -2 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude s = 0 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 2 Amplitude s = 2 Spettro di ampiezza (s = -2) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude Spettro di ampiezza (s = 0) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude Spettro di ampiezza (s = 2) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (s = -2) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (s = 0) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] Spettro di fase (s = 2)

Figura 2.2: I grafici mostrano la variazione della forma d’onda al variare del parametro s nell’inter-vallo s = [−2, 0, 2]. I parametri comuni alle forme d’onda sono β = [2, s, 0.0028, 1], che producono nuovamente un’ondina con frequenza di picco fp= 80 Hz.

Al variare del parametro s nell’intervallo s = [−2, 0, 2] varierà fortemente la forma d’onda nel dominio del tempo e cambierà il rispettivo spettro di fase. In generale la simmetria di una forma d’onda varia all’interno dell’intervallo [−1, +1], valori interi sono solo multipli dello stesso intervallo. Si evidenzia però il miglioramento di risoluzione spettrale nello spettro di

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10 CAPITOLO 2. METODOLOGIA ampiezza, ben più estesa nei casi asimmetrici rispetto al caso per s = 0; il cambiamento del parametro di simmetria non influenza in alcun modo la frequenza di picco del segnale. Dilatazione temporale - Il valore di dilatazione temporale ν è strettamente connesso con lo "spessore" dell’ondina, o per essere più precisi la sua durata temporale. Se la forma d’onda è simmetrica e ha ordine polinomiale n = 1 vale ω(t = ν; β) = 0, all’istante ν l’ondina assume valore nullo. Nei casi in cui l’ordine polinomiale è maggiore l’ondina presenta più zeri e quindi questa relazione non è valida.

-0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude = 0.0075 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude = 0.0028 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude = 0.0015 S. di ampiezza (f p=50 Hz) 0 50 100 150 Frequency [Hz] 0 5 10 15 Amplitude S. di ampiezza (f p=80 Hz) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude S. di ampiezza (f p=150 Hz) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude 0 50 100 150 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (f p=50 Hz) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (f p=80 Hz) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (f p=150 Hz)

Figura 2.3: In figura viene mostrata la variazione legata a differente dilatazione temporale dell’ondina con β = [2, 0, ν, 1] con ν = [0.0075, 0.0028, 0.0015]. Quando la dilatazione temporale diminuisce la banda dello spettro di ampiezza si allarga; si noti però le diverse frequenze di picco risultanti, pari a fp= [30, 80, 150] Hz. Lo spettro di fase non risente della variazione del parametro ν.

In figura (2.3) viene evidenziato come cambia l’ondina con β = [2, 0, ν, 1] al decrescere del parametro ν per i valori ν = [0.0075, 0.0028, 0.0015], che corrispondono rispettivamente alle frequenze di picco fp= [50, 80, 150] Hz. Questa variazione è confermata dagli spettri di ampiezza per le tre ondine, per i quali incrementa sia la frequenza di picco che l’ampiezza. I diversi valori di dilatazione temporale non incidono sullo spettro di fase.

Ordine Polinomiale - L’ordine polinomiale determina il grado di complessità della forma d’onda, poiché all’aumentare di N l’ondina presenta più lobi. Esso è presente nell’equazione (2.4) e richiama l’ordine dei polinomi di Hermite, considerando però solo le soluzioni pari: le soluzioni dispari per He(2n+1) = 0 producono risultati nulli. Allo stesso modo viene esclusa la soluzione N = 0 poiché non annulla la funzione pari (fs(x)) da cui dipende la

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2.1. PARAMETRIZZAZIONE DELLA WAVELET 11 parametrizzazione. All’aumentare di N la funzione relativa alla parametrizzazione aggiunge termini relativi ai polinomi di Hermite. Per questa ragione considerare ordini troppo elevati può risultare oneroso.

In figura (2.4) viene inoltre mostrato in alto che valori di N crescenti producono un numero crescenti di lobi nell’ondina di Ricker, qui rappresentata simmetrica e con dilatazione temporale ν = 0.0028. In mezzo invece gli spettri di ampiezza confermano comw ondine con maggiori lobi presentino uno spettro di ampiezza traslato rispetto alla Ricker con N = 1. La frequenza di picco fp, a seguito della traslazione, sarà differente. Ai fini della successiva stima dei parametri si dovrà tener conto che, a differenza dei precedenti parametri reali,N è un numero naturale (N ∈ N). Inoltre non sarà necessario tener conto di un vasto intervallo di valori poiché ordini superiori a N = 5 non sarebbero rappresentativi per la parametrizzazione dell’ondina di Ricker. Si terrà quindi conto dell’intervallo chiuso N ∈ [1 : 5].

-0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude N = 1 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude N = 3 -0.05 0 0.05 Time [s] -1 0 1 Amplitude N = 5 S. di ampiezza (N = 1) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude S. di ampiezza (N = 3) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude S. di ampiezza (N = 5) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 5 10 Amplitude 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (N = 1) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (N = 3) 0 100 200 300 Frequency [Hz] 0 0.5 1 Amplitude [ *rad] S. di fase (N = 5)

Figura 2.4: In figura forme d’onda con numero crescente di lobi legati a crescente ordine dei polinomi di Hermite. Per l’ondina qui rappresentata β = [2, 0, 0.0028, N ] con N = [1, 3, 5]. Lo spettro di fase non risente dell’incremento dei lobi; viceversa nel dominio delle frequenze l’aumento dei lobi causa una traslazione dell’intero spettro di ampiezza, nonché della frequenza di picco.

(18)

12 CAPITOLO 2. METODOLOGIA

2.2

Sviluppo della Funzione Oggetto

Malcondizionamento: Le varie branche che compongono la Geofisica quotidianamente affrontano e risolvono la stima di tutti quei parametri fisici che non possono essere diretta-mente misurati in situ, come l’andamento della velocità nel mezzo o la variazione di densità. Per questo motivo l’applicazione della Teoria dei Problemi Inversi [Men84] è una fase impor-tante dell’analisi sismica. Se i parametri fisici che costituiscono il modello fisico (m) sono noti è possibile risolvere il problema diretto, stimando il dato sismico (d) per mezzo della relazione:

d= Gm

dove l’operatore G prende il nome di operatore di forward. Risolvere un problema inverso si traduce invece nel ricavare le proprietà incognite del modello dal dato osservato e misurato, deducendo quindi la causa a partire dagli effetti. Purtroppo la soluzione del problema non sempre esiste e non sempre essa è l’unica soluzione.

Se esistono vari modelli capaci di rappresentare il dato in questione ci si trova dinnanzi ad un problema malcondizionato [Tik77]. in termini pratici ottenere la soluzione esattamente determinata dal problema non è possibile; inoltre il dato di partenza potrebbe essere per-turbato da noise che, sovrapponendosi al segnale utile, introduce instabilità nel problema. Per far fronte ad un problema malcondizionato e soggetto ad instabilità si deve ricorrere a procedure di regolarizzazione. Nei casi qui proposti il dato sismico stimato sarà ordinato in forma vettoriale, la lunghezza complessiva dipenderà dal numero di tracce sismiche presenti in esso. Anche il modello stimato viene ordinato come vettore colonna, posizionando come segue le incognite del modello al variare degli istanti temporali:

mP RE = VP 1, VP 2, · · · , VP n, VS1, VS2, · · · , VSn, ρ1, ρ2, · · · , ρn, βa, βs, βν, βN 

(2.5) Quando si parlerà di inversione congiunta con i parametri per la genesi dell’ondina, le inco-gnite utili alla rappresentazione sono aggiunte in fondo al vettore.

Elementi della funzione oggetto: Lo scopo di questa sezione è presentare al lettore le metodologie comuni utilizzate per risolvere i due problemi affrontati, l’inversione di tipo AVA 1-D e la FWI 2-D. Un approccio classico spesso adoperato in letteratura [Tar88]; [VO09]; [Vig+18] consiste nel ricercare la soluzione che minimizzi la norma 2 del dato, ossia la distanza euclidea fra il dato predetto (dP RE) calcolato dalla procedura di inversione ed il dato osservato (dOBS). Il processo di ottimizzazione con Algoritmi Genetici definirà il dato predetto. Si delinea quindi la funzione oggetto da minimizzare come

L(d) = ||dOBS− dP RE||2= q

(dOBS− dP RE)TCD−1(dOBS− dP RE) (2.6) dove CDè la matrice di covarianza del dato. La soluzione sarà data dal dato sismico predetto che maggiormente si avvicina al dato sismico osservato. Una funzione oggetto come quella qui proposta non risolve però il malcondizionamento del problema poiché non è in grado di porre

(19)

2.2. SVILUPPO DELLA FUNZIONE OGGETTO 13 2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vp 1000 1500 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vs 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

Figura 2.5: In figura viene presentato un esempio di modello predetto da una procedura di inversione di tipo AVA mediante una funzione oggetto come la (2.6). Il modello predetto (in blu), sovrapposto al modello di riferimento utilizzato per il forward convoluzionale (in rosso), presenta un forte scatter. La presenza di forte malcondizionamento nel problema fa sì che il modello stimato sia impreciso e evidenzia il forte trade − of f fra stabilità e precisione del problema.

alcun vincolo sul modello predetto in fase di inversione. In figura (2.5) si anticipano i risultati prodotti da una funzione oggetto che minimizzi la sola distanza tra dato predetto e dato osservato in un’inversione AVA 1-D; il modello predetto (in blu) non è preciso, sintomo del forte malcondizionamento presente nel problema, e si mostra fortemente scatterato. Bisogna tener presente che la soluzione classica proposta dalla eq. (2.6) non permette inoltre in questa forma di risolvere l’obiettivo preposto, ovvero la stima della forma d’onda sorgente.

L’aggiunta di altri operatori [SS92]; [Zha+16]; [Xia+20] permette di porre dei vincoli sul modello predetto, ricercando fra tutte le soluzioni possibili quella il cui modello soddisfi determinate caratteristiche. In particolare modificare la funzione oggetto è strettamente necessario per poter inserire le incognite dell’ondina sorgente [Wan+09]; [SET16] all’interno del problema. L’alternativa all’approccio classico qui proposta prevede la combinazione della eq. (2.6) con un operatore che minimizzi il model misfit, la distanza euclidea fra il modello predetto e un modello a priori scelto:

L(m) = ||mP RE− mP RIOR||2= q

(mP RE− mP RIOR)TCM−1(mP RE− mP RIOR). (2.7) in cui CM è la matrice di covarianza del modello.

La soluzione che minimizza l’eq. (2.7) sarà quella che maggiormente si avvicinerà a deter-minate caratteristiche del modello fisico ricercato, definite da un modello a priori (mP RIOR).

(20)

14 CAPITOLO 2. METODOLOGIA La presenza di un modello a priori può fare in modo che la stima del modello predetto si concentri intorno alle proprietà elastiche medie, ad esempio, o intorno alle proprietà acu-stiche medie o contenere un determinato gradiente di velocità e densità precedentemente misurato da misure di well-log. Nei casi qui affrontati il modello a priori (mP RIOR) contiene le proprietà medie del modello elastico (Vp, Vs, ρ) direttamente stimate dai rispettivi modelli di partenza. Nei casi che in seguito affrontano l’inversione congiunta di modello e parame-tri dell’ondina β il modello a priori definirà un valore medio anche per i singoli parameparame-tri. Sebbene la scelta di utilizzare un modello a priori all’interno delle procedure di inversione possa sembrare forte [ABT05] esso si rende assolutamente necessario affinché le procedure affrontate siano stabili.

Infine l’ultimo operatore di regolarizzazione provvede a selezionare la soluzione con mag-giore compromesso fra smoothness [DC90]; [Uch96] e data fitting scegliendo un opportuno parametro di trade-off (φ). Il modello smooth predetto contribuisce alla stabilità del proble-ma applicando il principio metodologico del Rasoio di Occam, indicando come soluzione al problema quella più semplice. Nei casi qui affrontati la soluzione più semplice è individuata approssimando la derivata prima del modello predetto. La matrice D è una matrice di pesi che approssima il calcolo della derivata prima, con struttura differente per l’inversione AVA 1-D e per la FWI 2-D.

L(msmooth) = q

φ(mT

P REDTDmP RE) (2.8)

In un problema malcondizionato il termine di regolarizzazione scelto evidenzia [NHA97] la necessità di un compromesso fra il grado di stabilità nella soluzione, ossia il modello predetto, e la regolarizzazione imposta sulla soluzione (fig.2.7). Il parametro φ [Tik77] presente nella (2.8) peserà il modello predetto preferendo una soluzione più semplice. Alti valori di φ peseranno maggiormente l’intero operatore, definendo una soluzione stabile ma non precisa; viceversa bassi valori di φ definiscono modelli predetti più precisi ma fortemente scatterati. In fig.(2.6) è presente la stima del di trade − off presente nell’inversione AVA; il valore di di φ utilizzato costituisce il compromesso stabile fra il dato predetto ed il modello stimato.

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6

Norma sul Dato (dTd)

3 3.5 4 4.5 5 5.5

Norma sul Modello (m

Tm)

108 Curva di Trade-Off

Figura 2.6: I punti della curva L di trade-off stimati attraverso la norma fra dato predetto e dato osservato e la norma fra modello predetto e modello a priori. Il parametro φ scelto è quello che minimizza entrambe.

(21)

2.2. SVILUPPO DELLA FUNZIONE OGGETTO 15 2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] V p 1000 1200 Velocity [m/s] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] Rho

(a) Modello predetto con basso φ.

2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] V p 1000 1100 1200 Velocity [m/s] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.001 1.002 1.003 1.004 1.005 1.006 Time [s] Rho

(b) Modello predetto con alto φ.

Figura 2.7: In figura viene mostrato l’effetto del parametro di trade-off (φ), presente all’interno della funzione oggetto, sul modello predetto: un basso φ rende il termine di regolarizzazione ininfluente, il modello predetto sarà fortemente scatterato. Viceversa un alto φ produce un modello predetto

smooth, ma errato. I valori medi di VP, VS, ρ, predetti non corrispondono ai valori medi del modello di partenza.

Come detto ad inizio paragrafo, la funzione oggetto risultante sarà una combinazione dei vari operatori di regressione. La funzione oggetto sviluppata in questo lavoro sarà:

L= L(d) + L(m) + L(msmooth) (2.9)

Durante le inversioni affrontate ai singoli termini della funzione oggetto viene dato un ul-teriore peso numerico, affinché l’inversione pesi maggiormente la convergenza o sul dato o sul modello. Scegliere un peso numerico adeguato, oltre a scegliere un corretto parametro φ di trade-off per l’operatore di smoothness, costituisce una difficoltà per il metodo qui pro-posto. I risultati che saranno presentati nei prossimi capitoli testeranno gradualmente la funzione oggetto: a partire dall’eq.(2.6) si aggiungeranno gli ulteriori parametri di regolariz-zazione, evidenziandone l’effetto su dato predetto e modello predetto, giungendo alla forma dell’eq.(2.9).

Le matrici di Covarianza e di Smoothness: I termini di regolarizzazione sul dato e sul modello dipendono da due matrici quadrate di covarianza; nei casi qui affrontati, relativi al calcolo della norma 2 fra dato predetto e osservato o fra modello predetto e osservato, le matrici di covarianza forniscono una stima sull’incertezza dei tre parametri VP, VS e ρ che compongono il modello elastico [Tar05]. In particolare la matrice diagonale CD contiene le informazioni relative alla varianza sul dato lungo la diagonale principale e zero nelle altre posizioni. Se il dato contiene rumore assunto come indipendente e con distribuzione normale, lungo la diagonale principale vi sono i valori associati alla varianza del rumore. La matrice di covarianza del modello CM, in accordo con l’assunzione di un modello a priori mP RIOR con-tenente le proprietà medie del modello elastico [ABT05], è una matrice a blocchi contenente i valori delle covarianze stimate a partire dal modello vero. Lungo la diagonale principale sono

(22)

16 CAPITOLO 2. METODOLOGIA collocati i valori relativi alla varianza di Vp, Vs, ρ; nelle diagonali secondarie sono posizionati i valori di covarianza rispetto ai parametri del modello elastico. In figura (2.8) viene mostrata

Matrice di Covarianza del dato (CD)

5 10 15 20 25 30 5 10 15 20 25 30

Matrice di Covarianza del modello (CM)

100 200 300 50 100 150 200 250 300 350

Figura 2.8: L’immagine mostra la disposizione delle due matrici di covarianza scelte; a sinistra un ingrandimento della matrice diagonale di covarianza del dato CD, a destra invece la matrice a blocchi di covarianza del modello CM, con le varianze dei parametri disposte lungo la diagonale principale.

la disposizione delle due matrici. Per l’inversione congiunta con i parametri β sono state assunte le varianze per i singoli valori. Dopo aver scelto i rispettivi range di ricerca [rimanda al capitolo precedente], diversi per ognuno dei quattro parametri, si considera il quadrato della deviazione standard della distribuzione gaussiana ad essi associata, pari alla varianza. La figura (2.9) mostra le differenti distribuzioni normalizzate assunte sia per le inversioni AVA che per le FWI affrontate. Infine la matrice utilizzata nell’operatore di smoothness approssima la stima della derivata prima del modello elastico predetto. I valori Dj,j = −1 e Dj,j+1= +1 nella matrice quadrata che segue approssimano il rapporto incrementale del vettore contenente i parametri fisici del modello. Viene mostrata, ad esempio, la struttura

0 1 2 3 4 Vals 0 0.5 1 Prob. Distr. Distribuzione Ampiezza 0 0.5 1 1.5 2 Vals 0 0.5 1 Prob. Distr. Distribuzione Skewness 0 0.05 0.1 0.15 0.2 Vals 0 0.5 1 Prob. Distr. Distribuzione 0 1 2 3 4 5 Vals 0 0.5 1 Prob. Distr. Distribuzione Ordine N

Figura 2.9: Le distribuzioni di probabilità normalizzate assunte in base ai differenti range di ricerca dei quattro parametri che costituiscono β, aggiunte in fondo alla matrice CM per il problema AVA.

(23)

2.2. SVILUPPO DELLA FUNZIONE OGGETTO 17 semplice della matrice D usata per l’inversione AVA.

Dj,j =         −1 1 0 0 · · · 0 0 −1 1 0 · · · 0 ... ... ... ... ... ... 0 · · · 0 0 −1 1        

Ne risulta una matrice a blocchi, ogni blocco ricava l’approssimazione della derivata prima per VP, VS, ρ. L’applicazione del termine di regolarizzazione smooth esclude totalmente i parametri dell’ondina contenuti in β, non sarebbe necessario per l’accuratezza del risultato finale. Sarebbe inoltre insensato calcolare il rapporto incrementale fra parametri di diversa natura e con diverso significato fisico.

(24)
(25)

Capitolo 3

Amplitude versus Angle

In questo capitolo verranno presentate le procedure di inversione Amplitude versus Angle su dati sintetici sismici per ottenere i parametri utili alla stima di una forma d’onda sorgente predetta, contestualmente alla stima di un modello elastico predetto. L’approccio Amplitude versus Angleè una tecnica nota nel mondo della geofisica [AR02]; [FB06] capace di relaziona-re le variazioni di ampiezza prelaziona-resenti nelle riflessioni con la variazione di angolo di incidenza. Un’inversione in dominio pre-stack di tipo AVA permette quindi di stimare i parametri che costituiscono, ad esempio, il modello elastico associato alle riflessioni definito da VP, VS, ρ. Il sistema di equazioni di Zoeppritz [Zoe19] costituisce il modello teorico di riferimento che permette la costruzione della serie di coefficienti di riflessione [Rus93] in relazione alla varia-zione dei parametri del modello elastico e agli angoli di incidenza: Il sistema di equazioni

        RP P RP S TP P TP S                

cos(θP 1) −sin(θS1) cos(θP 2) sin(θS2) sin(θP 1) cos(θS1) −sin(θP 2) cos(θS2) Z1cos(2θS1) −W1sin(2θS1) −Z2cos(2θS2) −W2sin(2θS2) VS1 VP 1W1sin(2θP 1) W1cos(2θS1) VS2 VP 2W2sin(2θP 2) −W2cos(2θS2)         =         cos(θP 1) −sin(θP 1) −Z1cos(2θS1) VS1 VP 1V1sin(2θP 1)         (3.1)

Sistema di equazioni di Zoeppritz: le quattro incognite RP P,RP S,TP P,TP S costituiscono, rispetti-vamente, i coefficienti di riflessione e di trasmissione sia per le onde P che per le onde S. Gli angoli

θ(P,S)1 sono gli angoli di incidenza delle componenti P ed S, pari all’angolo di riflessione; θ(P,S)2

sono angoli di trasmissione per entrambe le onde P ed S. Infine Zi costituiscono le ampiezze della componente riflessa, Wiampiezze per la componente trasmessa.

riportato (3.1) viene comunemente indicato con il nome di full-Zoeppritz [SG95]; le ampiezze, Zi= ρiVP ie Wi= ρiVSi, della componente riflessa e della componente trasmessa per le onde P ed S dipendono dai rispettivi angoli di incidenza θP,S.

Il punto di partenza di questa sezione è costituito dal calcolo della serie di coefficienti di riflessione a partire da un modello elastico di partenza assunto localmente come 1-D. Risolvere un sistema di equazioni complesso come il full-Zoeppritz può risultare particolarmente ostico

(26)

20 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE e oneroso; vari autori [AR02]; [Shu85] hanno affrontato il problema sviluppando omonime approssimazioni, che però si rivelano deboli in caso di forti contrasti verticali, o in presenza di notevoli angoli di incidenza. In questo lavoro si ricorrerà quindi al calcolo della sola componente RP P mediante full-Zoeppritz: di conseguenza il parametro del modello elastico maggiormente illuminato dalle successive procedure di inversione è la VP.

(a) Modello da log di pozzo con variazione della Vp, Vs, ρ misurate in funzione del tempo e delle rispettive

unità di misura -10 0 10 20 30 40 50 60 [DEG] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Sismogramma (dobs)

(b) Sismogramma sintetico generato attraverso convoluzione della serie di coefficienti di riflessione risultanti dal modello in figura 3.1a con l’ondina scelta in figura 3.2. Trattandosi di dato AV A, il sismogramma è rappresentato in dominio time − angle con θ che va da 0 a 50 con passo 5, producendo così un sismogramma con 11 tracce ad ampiezza crescente al variare dell’angolo di incidenza.

Figura 3.1

Il modello di partenza è rappresentato da un modello di well-log (fig.3.1a) comprendente la variazione di velocità delle onde P, delle onde S, della densità, al variare del tempo. Il

(27)

21 modello convoluzionale [Ylm08] ci fornisce, in prima approssimazione, il sismogramma (il dato osservato dOBS) associato alla serie di coefficienti di riflessione stimati attraverso l’ope-razione di convoluzione con una forma d’onda sorgente nota. In questo contesto l’inversione pre-stackAVA costituisce un valido esempio di problema fortemente malcondizionato, poiché stessi modelli elastici generano lo stesso dato. Le inversioni qui proposte seguiranno la linea teorica sviluppata nel precedente capitolo, cercando quindi di contenere il malcondiziona-mento attraverso una funzione oggetto che pesi più termini di regolarizzazione. Inizialmente si terrà conto solo della distanza di predizione fra dato predetto e dato osservato; in seguito verranno presi in considerazione vari termini di regolarizzazione e gli effetti causati su mo-dello predetto e dato predetto. In una prima fase preliminare la forma d’onda sorgente utile al modello convoluzionale viene considerata come nota: attraverso la parametrizzazione pre-sentata [SET16] viene definita un’ondina di Ricker [Ric53] (fig.3.2) a fase zero e non causale, con frequenza di picco pari a fp= 80 [Hz] e ampiezza unitaria.

-0.03 -0.02 -0.01 0 0.01 0.02 0.03 Time [s] -0.5 0 0.5 1 Amplitude Ondina di Ricker

(a) Ondina di ricker scelta per il modello convoluzionale

0 50 100 150 200 250 300 Frequency [Hz] 0 1 2 3 4 5 6 Amplitude

(b) Spettro dell’ondina scelta, con frequenza di picco fp= 80Hz

Figura 3.2: L’ondina scelta è stata costruita seguendo [SET16], con un numero di campioni noto, ampiezza unitaria e frequenza di picco nota. Come confermato in precedenza, la parametrizzazione permette una migliore gestione della topografia della wavelet.

L’inversione proposta, notoriamente appartenente ai problemi non lineari [Xia+20], viene affrontata attraverso un’ottimizzazione globale applicando gli Algoritmi Genetici,

(28)

opportu-22 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE namente adattati al problema posto mediante la scrittura di un programma. Durante la fase preliminare sono stati definiti i parametri richiesti dal programma, un consistente numero di iterazioni in relazione al numero di incognite, la dimensione della popolazione iniziale e i range di ricerca. Di seguito vengono riportati in tabella tutti i dati utili alle procedure qui affrontate.

Parametri Ottimizzazione

Ottimizzazione Algoritmi Genetici

Numero di iterazioni 3510

Popolazione 800

Numero di Incognite 351 ± 4

Tasso di selezione 0.8

Tempo di calcolo 70 ± 10 [min]

Parametri Dato Sismico

Passo di campionamento 0.001 [s]

Angoli di incidenza 0:5:50 [deg]

Numero di campioni 117

Numero di tracce 11

Parametri Modello Elastico

Proprietà Modello Medio Range

VP(m/s) ∼2350 1850 - 2850

VS(m/s) ∼1100 950 - 1250

ρ(kg/m3) 2230 1900 - 2500

Parametri Ondina (β)

Proprietà Ondina di partenza Range

Ampiezza (a) 2 0 - 4

Skewness (s) 0 -1 - +1

Dilatazione Temporale (ν) 0.0028 0.001 - 0.1

Ordine Polinomiale 1 1 - 5

Tabella 3.1: Tabella riassuntiva dei valori utilizzati durante le inversioni qui proposte; in una prima fase l’ondina sorgente sarà considerata nota e di conseguenza le incognite saranno 351 e non si farà uso dei limiti di ricerca dell’ondina. I parametri relativi all’ondina di partenza definiscono un’ondina con frequenza di picco fp= 80 [Hz].

(29)

3.1. INVERSIONI DEL MODELLO ELASTICO 23

3.1

Inversioni del modello elastico

Durante la fase preliminare sono stati scelti i parametri per l’ottimizzazione e i range di ricerca necessari al programma scritto, come riportati sulla tabella (3.1). Il numero di iterazioni necessarie è stato scelto moltiplicando di un fattore 10 il numero di incognite del problema (351 ∗ 10), una regola empirica che nei casi affrontati si è dimostrata abbastanza efficace; la dimensione relativa alla popolazione è stata scelta con approcci try and error al problema, e di conseguenza il tasso di selezione associato. La scelta dei range è stata ben più complessa: il modello di partenza (fig.3.1a), oltre a presentare delle forti variazioni laterali intorno al valor medio, mostra un trend crescente a tempi maggiori. In relazione a ciò i range, che ricordiamo essere scelti costanti all’aumentare della profondità, contengono interamente i parametri del modello elastico seppur discostandosi dal valor medio. La scelta di affidarsi a range costanti ([SS92]; [Saj+17]; [Par99]) è giustificata dalla volontà di non porre alcun vincolo alla procedura di ottimizzazione.

Un dato sicuramente importante riguarda il tempo di calcolo di ogni inversione che varia a seguito delle differenti procedure: esso è in particolar modo influenzato dai tempi utili per generare i forward, più che dalle procedure di ottimizzazione o dall’utilizzo di diversi termini di regolarizzazione. Per cercare di ridurre il tempo di calcolo, il cui aumento dipende inoltre dal numero di incognite coinvolte, la toolbox GA - Genetic Algorithms implementa una parallelizzazione che suddivide il tempo di calcolo sui core a disposizione dell’utente. Ogni inversione è quindi soggetta alle differenze di processore utilizzato dall’operatore. Vengono presentati i risultati ottenuti al variare della funzione oggetto scelta per l’ottimizzazione, partendo dalla semplice differenza fra dato predetto e dato osservato verranno aggiunti i termini di regolarizzazione presentati nel capitolo 2. Le inversioni qui presentate con ondina sorgente nota riproducono perfettamente il dato predetto che quindi, per questioni pratiche, verrà spesso omesso.

(30)

24 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE Data Misfit

L= L(d) = ||dOBS− dP RE||2

La prima funzione oggetto pesa esclusivamente il la norma sul dato, intesa come la distanza di predizione fra dato sismico predetto e dato osservato; il dato predetto dall’inversione mostra bassi valori di misfit rispetto al dato sintetico di partenza. Il modello predetto dall’inversione risulta invece essere poco accurato rispetto al modello di partenza come si vede in (fig. 3.3a), poiché l’inversione non pesa in alcun modo le informazioni sul modello elastico. Viene verificata in questo modo la presenza del forte malcondizionamento; come conseguenza diretta ogni inversione testata produce un modello elastico differente o con caratteristiche errate, quali ad esempio l’andamento medio. Di seguito viene riportato il grafico relativo alla curva di errore (fig.3.3b).

2000 2500 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V p 1000 1100 1200 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

(a) In figura in blu, sovrapposto al modello iniziale in rosso, il modello predetto dall’inversione. Il modello risultante è preciso, non mostra dispersioni, ma non è accurato; si noti il fatto che non centri l’andamento medio del modello elastico vero.

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 Generation 0 1 2 3 4 5 6 Fitness value Best: 0.0957862 Mean: 0.0960822 Best fitness Mean fitness Pause Stop

(b) Il misfit fra dato predetto e dato osservato plottato al crescere delle iterazioni

(31)

3.1. INVERSIONI DEL MODELLO ELASTICO 25 Data Misfit e Model Misfit

L= L(d) + L(m) = ||dOBS− dP RE||2+ ||mP RE− mP RIOR||2

Alla funzione oggetto che pesa il data misfit viene aggiunto un termine di regolarizzazione sui modelli che tenga conto anche del model misfit, inteso come la distanza fra modello predetto e un modello a priori. Il modello a priori scelto contiene le proprietà ¯VP, ¯VS,¯ρ, rispettivamente le medie del modello elastico di partenza come introdotte in tabella (3.1). Ci si aspetta quindi che l’inversione converga intorno ai valori medi imposti dal modello a priori.

2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V p 1000 1100 1200 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

(a) Il modello predetto in blu si mostra ben più accurato del precedente, ma non è preciso. Il modello predetto risulta dunque scatterato.

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 Numero iterazioni 1.2 1.25 1.3 1.35 1.4 1.45 1.5 1.55 10 5 Evoluzione Misfit

(b) Il misfit globale, si noti la differenza di ampiezza dell’errore a dispetto della sola norma del dato.

Figura 3.4

Il modello risultante (fig3.4a) dalla procedura di inversione, pur presentando un forte scatter, oscilla intorno alle proprietà medie del modello elastico come richiesto. Lo scatter mostrato dal modello è legato ancora una volta al malcondizionamento presente nel problema. Il termine di regolarizzazione sui modelli contiene le matrici di covarianza (fig.2.8) di dato

(32)

26 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE e modello [ABT05] per come vengono presentate nel Capitolo 2. All’interno della funzione oggetto esse peseranno le informazioni relative ai singoli parametri VP, VS, ρ.

Data Misfit, Model Misfit, Modello Smooth

L= L(d) + L(m) + L(msmooth) (3.2)

L’ultima funzione oggetto proposta aggiunge un termine di regolarizzazione di Tikhonov [Tik77] del primo ordine [Tar05] per ridurre l’effetto di scattering intorno al modello predetto, preferendo quindi un modello predetto più semplice. In questo modo il modello risultante apparirà smoothato rispetto al modello predetto col termine di regolarizzazione sui modelli precedentemente riportato. La matrice D approssima la derivata prima del modello predetto; durante l’inversione essa penalizzerà i modelli con variazioni significative nelle rispettive derivate prime. Il parametro di trade-off φ (eq. 2.8) presente nel termine prediligerà il modello più semplice; un basso valore di φ tenderà a premiare la risoluzione sul dato predetto a discapito del modello predetto e viceversa per alti valori di φ. Pertanto al crescere di φ il modello stimato sarà sempre più smooth. Il parametro φ ottimale viene scelto attraverso la curva di trade-off, in (fig. 2.6). Nei casi qui riportati φ corrisponde al valore equivalente al punto di massima curvatura, compromesso fra una buona risoluzione su dato e modello.

2000 2500 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vp 1000 1100 1200 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vs 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

Figura 3.5: Il modello predetto in blu è smoothato rispetto alla soluzione vista in (fig 3.4a), l’inver-sione centra perfettamente i punti in cui il modello ha forti variazioni laterali ma scattera laddove non vi sono forti variazioni.

Tutte le inversioni presentate premiano maggiormente la predicibilità del dato, il sismo-gramma predetto al termine di ogni inversione si sovrappone sempre perfettamente al dato osservato di partenza, mostrando al contempo la forte variabilità presente nel dominio dei

(33)

3.2. INVERSIONI DI MODELLO E WAVELET 27 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 Numero iterazioni 1 1.5 2 2.5 3 3.5 10 5 Evoluzione Misfit

Figura 3.6: Andamento della curva di errore per l’inversione con tutti e tre i parametri di regolarizzazione.

modelli. In tutti e tre i casi l’inversione riesce a stimare il dato predetto entro poche iterazioni (fig.3.6); le restanti iterazioni influiscono sulla stima modello predetto, che viene affinata dal processo di ottimizzazione. La procedure adottate confermano che il tempo impiegato per ottenere una rapida convergenza è attribuito al tempo di calcolo per il forward modelling, e quindi al calcolo del dato predetto; inoltre il tempo di calcolo è certamente influenzato dal numero di incognite. Non sembra invece dipendere dal numero di termini di regolarizzazione nella funzione oggetto. La fase preliminare ha permesso di confermare l’efficacia dei singoli termini in preparazione delle inversioni che considerano la forma d’onda come incognita del problema; ha però evidenziato la difficoltà di adottare un valore adeguato per il parametro di trade-off (φ) scelto dell’operatore.

3.2

Inversioni di modello e wavelet

Dopo aver quindi testato il programma scritto con wavelet nota, procediamo considerandola come un’incognita predicibile dal problema. Tenendo conto delle impostazioni relative al-l’ottimizzazione e dei limiti di ricerca scelti presentati nella tabella (3.1), i range di ricerca globale includeranno i limiti di ricerca relativi ai parametri β. Come detto per i range dei parametri del modello elastico, anche i limiti di ricerca per la forma d’onda sorgente sono stati scelti ampi per non vincolare eccessivamente l’inversione. Il parametro con i range più ampi è certamente la dilatazione temporale (ν), che include i valori compresi fra 0.001 (corri-spondente ad una frequenza di picco fp≈225 [Hz]) e 0.1 (corrispondente ad una frequenza di picco non realistica fp2.25 [Hz]) per coprire l’intera banda di frequenze ad essi associate. La wavelet parametrica ricercata per la genesi del dato predetto (dP RE) sarà equiparabile all’ondina di partenza (dOBS) mostrata in (fig. 3.2), anch’essa a fase zero e anti causale.

Le inversioni qui presentate seguiranno lo schema utilizzato nel precedente capitolo; per la ricerca dei parametri β è necessario effettuare delle modifiche al programma scritto e considerare le quattro nuove incognite poste in coda al vettore di ottimizzazione. All’interno della matrice di covarianza del modello CM sono inseriti i valori di varianza (fig.2.9) dei

(34)

28 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE quattro parametri presenti in β, stimati assumendo distribuzione normale. Il modello a priori presente nel termine di regolarizzazione dei modelli contiene i valori desiderati (tab.3.1) per la genesi dell’ondina di partenza, assunti appunto come noti a priori.

Alla fine della sezione verrà fatto un confronto con i risultati ottenuti attraverso un differente approccio. Precedentemente la funzione oggetto è stata univocamente minimizzata considerando la somma dei vari termini di regolarizzazione; è possibile invece minimizzare i singoli termini di regolarizzazione utilizzando l’approccio multiobiettivo. Le possibili soluzioni che minimizzano i termini della funzione di tipo multiobiettivo vengono poste lungo il fronte di Pareto, una superficie che raggruppa tutti i modelli predetti con il minor errore rispetto ai termini di regolarizzazione considerati. Ci si chiede quindi se le soluzioni trovate siano capaci di minimizzare sia l’errore sul dato che l’errore sul modello.

Di seguito si seguirà la struttura utilizzata nella precedente sezione 3.1. Data Misfit L= L(d) = ||dOBS− dP RE||2 2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V p 1000 1500 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

Figura 3.7: Modello predetto (in blu) confrontato col modello elastico di partenza.

La funzione oggetto nella sua forma più semplice non riesce a convergere verso il modello elastico atteso (fig. 3.7), il modello predetto non è affidabile e presenta un forte scattering. Nonostante il modello sia quindi visibilmente errato, la convoluzione fra la serie di coefficienti di riflessione prodotta e l’ondina predetta in maniera congiunta, errata anch’essa (fig. 3.8), produce un dato predetto valido ancora una volta sintomo del forte malcondizionamento. La funzione oggetto che stima la sola differenza tra dato predetto e dato osservato non vincola

(35)

3.2. INVERSIONI DI MODELLO E WAVELET 29 -10 0 10 20 30 40 50 60 70 [DEG] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s]

Confronto dato osservato(dobs) e dato predetto (dpre)

-0.03 -0.02 -0.01 0 0.01 0.02 0.03 Time [s] -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5 Amplitude

Confronto Wstart e Wpre

Figura 3.8: In figura a sinistra il confronto fra il sismogramma osservato e quello predetto, generato in seguito alla convolozione con l’ondina predetta. A destra l’ondina predetta (in rosso) sovrapposta all’ondina di partenza.

in alcun modo i parametri dell’ondina, di conseguenza i valori che compongono i parametri in β sono scelti all’interno dei range predefiniti (tab.3.1) senza alcuna condizione.

Data Misfit e Model Misfit

L= L(d) + L(m) = ||dOBS− dP RE||2+ ||mP RE− mP RIOR||2

In questa forma si aggiunge ulteriore complessità alla funzione oggetto, i termini di regola-rizzazione sui modelli e sul dato esercitano un peso diverso sull’intera funzione. Il modello a priori presente contiene i valori di β che producono l’ondina di partenza, oltre alle già citate proprietà note. Tale scelta si rende necessaria per cercare di ottenere una migliore

convergen-2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V p 1000 1200 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] V s 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

Figura 3.9: Il modello predetto (in blu) risulta essere più accurato, ma non preciso rispetto al modello di partenza (in rosso).

(36)

30 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE -10 0 10 20 30 40 50 60 70 [DEG] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s]

Confronto dato osservato(dobs) e dato predetto (dpre)

-0.1 -0.05 0 0.05 0.1

-0.5 0 0.5 1

Confronto Ondina di partenza con Ondina generata; dev = 1

Ondina di partenza Ondina Generata

Figura 3.10: La sovrapposizione del dato predetto sul dato osservato (a sinistra) è fortemente influenzata dall’ondina risultante (a destra), in questo caso definita da un ordine N troppo elevato.

za [ABT05] intorno al modello predetto e alla forma d’onda predetta. In una situazione reale parametri come l’ampiezza (a) o la frequenza di picco dell’ondina (legata a ν, dilatazione temporale) possono essere stimati a partire dal dato osservato e inserite in seguito all’interno del modello a priori.

Entrambi i termini legati al data misfit e al model misfit vengono pesati dalle rispettive matrici di covarianza, come presentato nel capitolo 2 (fig.2.8). Il modello elastico predet-to risulta più accurapredet-to rispetpredet-to al caso precedente, nonostante presenti comunque un forte scatter intorno all’andamento medio delle tre singole proprietà. La forma d’onda sorgente invece è errata: come si può vedere dalla (fig. 3.10) la mancata convergenza dei parametri β porta alla stima di un’ondina con lobi laterali, un’ampiezza maggiore e una frequenza di picco imprecisa. Inevitabilmente la stima di una forma d’onda sorgente errata si ripercuote sulla stima del dato predetto; in questo caso la convoluzione con un’ondina errata produce un dato del tutto irrealistico. Il termine di regolarizzazione sui modelli non basta quindi a mitigare il malcondizionamento. La scelta di utilizzare un modello a priori sulla forma d’onda sorgente non sembra incisiva come si pensava inizialmente.

Data Misfit, Model Misfit, Modello Smooth

L= L(d) + L(m) + L(msmooth) (3.3)

Si fa infine ricorso all’inclusione del parametro di smoothing per migliorare la stima del modello elastico predetto. É necessario precisare che L(msmooth) non esegue l’approssimazio-ne delle derivate sui parametri β, la matrice di derivaziol’approssimazio-ne D presente all’interno del termil’approssimazio-ne di regolarizzazione viene applicata esclusivamente ai valori del modello elastico predetto. I risultati evidenziano la convergenza verso un’ondina coerente con l’ondina di Ricker (fig.3.12) nonché verso un dato sismico predetto sovrapponibile al dato osservato; il modello predetto è smooth, come richiesto, nonostante mostri in modo maggiormente marcato nell’andamento della VP e della VP una sottostima in presenza di forti variazioni verticali di velocità. La cau-sa del mancato raggiungimento della soluzione ottimale per entrambe le incognite, modello

(37)

3.2. INVERSIONI DI MODELLO E WAVELET 31 2000 2500 3000 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vp 1000 1100 1200 Velocity [m/s] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Vs 2000 2500 Density [kg/m3] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s] Rho

Figura 3.11: Il modello predetto (in blu) risulta essere più accurato, ma non preciso rispetto al modello di partenza (in rosso).

-10 0 10 20 30 40 50 60 70 [DEG] 1 1.02 1.04 1.06 1.08 1.1 1.12 Time [s]

Confronto dato osservato(dobs) e dato predetto (dpre)

-0.1 -0.05 0 0.05 0.1 -1.5 -1 -0.5 0 0.5 1 1.5

Confronto Ondina di partenza con Ondina generata; dev = 1

Ondina di partenza Ondina Generata

Figura 3.12: L’ondina predetta (in rosso) è più in linea con l’ondina di partenza (in blu); la convoluzione con la serie di coefficienti di riflessione derivanti dal modello produce un buon dato predetto.

elastico predetto e forma d’onda sorgente predetta, potrebbe risiedere nell’utilizzo del peso φ. La scelta del parametro di trade-off φ è possibile concausa dell’andamento del modello predetto, poiché un valore maggiore produrrebbe un modello piatto e un valore minore non permetterebbe di stimare un modello sufficientemente smooth. Sebbene quindi vi siano dei miglioramenti complessivi, va posta una maggiore attenzione al peso dato alle tre sezioni della funzione oggetto.

In figura (3.13) viene riportato l’andamento della funzione errore con i tre termini di re-golarizzazione: si nota la necessità di un numero maggiore di iterazioni per il raggiungimento dei criteri di convergenza sul modello elastico predetto e sull’ondina sorgente predetta. Se il parametro φ fosse sovrabbondante la curva mostrerebbe una minore pendenza ed un ritardo

(38)

32 CAPITOLO 3. AMPLITUDE VERSUS ANGLE 0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 Numero Iterazioni 100 105 110 115 Curva di Misfit

Figura 3.13: Andamento della curva di errore per le inversioni con parametro di smoothing.

nella convergenza globale; in questi casi il modello predetto però non rispecchia in alcun modo il modello di partenza.

3.2.1

Ottimizzazione Multiobiettivo

Quando la funzione oggetto riportata è costituita da più termini di regolarizzazione, a volte non strettamente correlabili fra loro, l’ottimizzazione effettuata per mezzo di una funzione "mono-obiettivo" risulta ostica da bilanciare. Ciò diventa ancor più evidente nei casi in cui la forma d’onda dell’ondina sorgente costituisce un’incognita del problema.

La toolbox usata dispone però di una funzione di ottimizzazione per funzioni oggetto multiobiettivo. L’algoritmo provvederà all’ottimizzazione di entrambi i termini di regolariz-zazione necessari per fornire la stima del dato predetto, la stima il modello elastico e la stima dei parametri β. Di conseguenza verranno fornite tutte le soluzioni possibili che minimizzano i termini di regolarizzazione, andando a definire un fronte di Pareto: i punti mappati più vicini all’origine individuano le soluzioni che contemporaneamente possiedono errore minore sul dato predetto e sul modello predetto. Le funzioni multiobiettive analizzate sono due, in

Figura 3.14: Fronte di Pareto per inversione non smoothata; durante il procedere delle iterazioni i valori in ascissa e in ordinata tendono a sovrapporsi in corrispondenza dei punti a minor errore sia per il dominio dei dati che per il dominio dei modelli.

base all’utilizzo del termine di smoothing. Lo scopo primario di questa sezione è di valutare la fattibilità di un’ottimizzazione definita da due funzioni multiobiettivo.

• L =      L(d) = ||dOBS− dP RE||2 L(m) = ||mP RE− mP RIOR||2 • Lsmooth=            L(d) = ||dOBS− dP RE||2 L(m) = ||mP RE− mP RIOR||2 L(msmooth) = q φ(mT P REDTDmP RE)

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