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Il giornalismo del futuro: tendenze, criticità e punti di forza. Tecnologie, ruoli e professione

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Academic year: 2021

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Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali

IL GIORNALISMO DEL

FUTURO: TENDENZE,

CRITICITA' E PUNTI DI FORZA.

TECNOLOGIE, RUOLI E

PROFESSIONE

Giuseppina Piccirilli, Patrizia Grifoni

Aprile 2015 

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IRPPS ‐CNR 

Il  giornalismo  del  futuro:  tendenze,  criticità  e  punti  di  forza.  Tecnologie,  ruoli  e 

professione. 

Giuseppina Piccirilli, Patrizia Grifoni

2015, p. 19 IRPPS Working paper 70/2015.

L’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e l’uso

pervasivo di nuovi dispositivi consente a un numero crescente di persone di accedere a

dati e informazioni, l’uso efficace di nuovi servizi, così come la loro produzione. Si sta

determinando un’autentica rivoluzione nei diversi settori della società con un

mutamento degli attori, le loro relazioni e ruoli. Questi mutamenti, a loro volta

stimolano nuova domanda in termini di sviluppo di tecnologie dell’informazione e della

comunicazione innovative. A questo processo non fa eccezione il giornalismo, che

sempre più è inglobato nella società con ruoli, compiti e sfide nuove. Questo working

paper propone una discussione sul tema.

Parole Chiave: Web 2.0, Social Network, Social Media, Internet, Giornalismo 

Journalism of the future: trends, weaknesses and strengths. Technologies, roles and 

profession. 

Giuseppina Piccirilli, Patrizia Grifoni

2015, p. 19 IRPPS Working paper 70/2015.

The evolution of Information and Communication Technologies (ICTs) and the

pervasive use of new devices enables a wide access of data and information by the

population, and an effective use of new services, and their production. A real a strong

revolution is therefore produced in the different sectors of society with a change of

actors, their relationships and roles. These changes, in turn stimulate new demand in

terms of innovation in information and communication technologies. Journalism does

not provide an exception, which is increasingly incorporated into the company with

roles, tasks and challenges, and it is increasingly embedded in the society with roles,

tasks and challenges. This working paper provides a discussion on these issues.

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Il Working paper è accessibile online dal sito dell’Istituto: www.irpps.cnr.it

Citare questo documento come segue:

Giuseppina Piccirilli, Patrizia Grifoni. Il giornalismo del futuro: tendenze, criticità e punti di forza. Tecnologie, ruoli e professione. Roma: Consiglio Nazionale delle Ricerche - Istituto di Ricerche sulla Popolazione e le Politiche Sociali, 2015 (IRPPS Working papers n. 70/2015).

Editing e composizione: Cristina Crescimbene, Laura Sperandio

Redazione:  Marco  Accorinti,  Sveva  Avveduto,  Corrado  Bonifazi,  Rosa  Di  Cesare,  Fabrizio  Pecoraro, 

Tiziana Tesauro 

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Indice 

  Introduzione ... 5  1 La metodologia ... 5  2 Domande e questioni aperte ... 6  Si sente parlare di rivoluzione che investe il mondo dell’informazione.        Cosa sta accadendo? ... 6  Quali sono gli elementi su cui il giornalismo di nuova generazione basa la definizione         delle proprie strategie? ... 6  Come le profonde trasformazioni hanno cambiato i ruoli nel giornalismo professionale? ... 6  Ma qual’è la percezione dell’informazione e quale la sua credibilità? ... 7  Quali i vantaggi dell’interazione fra giornalisti professionisti e citizen journalist? ... 9  Come si presenta la situazione in Italia? ... 9  Come cambia il giornalismo professionale? ... 10  Quale è la sostenibilità di un progetto editoriale? ... 11  Quale fra i diversi social hanno maggiore impatto sull’ecosistema dell’informazione? ... 12  Ma come evolve la notizia e la narrazione? ... 12  3 Le opinioni degli stakeholder ... 13  4 Conclusioni ... 16  Riferimenti bibliografici ... 19     

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Introduzione 

L’uso pervasivo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), di Internet e del Web stanno cambiando profondamente ogni settore della società, e il giornalismo non fa eccezione.

All’esordio della televisione si diceva che la radio sarebbe morta, ma così non è stato. Un tormentone che torna anche oggi con la proposizione che il web annienterà i giornali e annullerà la professione giornalistica. La realtà non ha dato ragione a chi profetizzava la fine della radio, che, tutt’altro, oggi vive una seconda giovinezza con un modo diverso e intenso di vivere le notizie e la musica. Sarà così anche per la carta stampata e per la professione giornalistica? Certamente sì, soprattutto relativamente all’essere giornalista.

I nuovi Media, Internet e le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, hanno cambiato il modo di ricevere e trovare le notizie, e stanno cambiando profondamente il modo di fare giornalismo. Metodologie, modelli di informazione e strumenti hanno subìto una vera rivoluzione. Nuovi scenari di lavoro si stanno affermando nelle redazioni. Tutti sono produttori di informazione, basta uno smartphone, un tablet, un iPhone e grazie a Istagram, Twitter o Facebook, siamo online. Chiunque può leggerci, citarci e rilanciare. Il web 2.0 ha stravolto l’operato e i lettori.

Per taluni un ‘far west frenetico’ di pensieri istantanei. L’analisi complessiva mostra un panorama di luci e ombre, di elementi positivi che si sovrappongono a quelli negativi in un continuo di ribaltamenti. È un mondo duale, veloce e affamato, nel quale i protagonisti si confondono e si incalzano reciprocamente. Un mondo che risulta talvolta ancora imbrigliato dalle regole del cartaceo, ma che cerca e sperimenta nuove strategie e nuove pratiche.

Intendiamo qui discutere come il giornalismo stia cambiando, gli obiettivi, le metodologie, i modelli, gli strumenti di comunicazione e i ruoli, e comprendere quando l’informazione diventa notizia. Tale discussione ha preso spunto a partire dall’attività del progetto Green Hero (un progetto sulla sostenibilità ambientale che coinvolgeva i bambini delle scuole primarie di Italia, Spagna, Germania, Gran Bretagna e Romania) è stata promossa una competizione fra i bambini delle scuole coinvolte nel progetto dal titolo “Green Hero Reporter Game”. I bambini hanno creato storie e le hanno raccontate. Una commissione si è poi riunita per valutare le diverse storie presentate. È in quell’occasione che si è sviluppata la discussione più generale di questo articolo.

L’articolo propone alcune fra le domande fondamentali alle quali il modo della comunicazione cerca di fornire una risposta per ridefinire equilibri e ruoli.

1. La metodologia 

Il lavoro è stato condotto attraverso la determinazione e la definizione dei quesiti intorno ai quali si dipana la discussione, sono state, inoltre, condotte alcune interviste qualitative ad alcuni stakeholder dalle quali sono state estratte le opinioni sullo stato e il futuro del giornalismo, le opportunità e le criticità indotte dalla rivoluzione digitale.

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2. Domande e questioni aperte 

In questa sezione viene presentata la discussione secondo la metodologia individuata.

Si sente parlare di rivoluzione che investe il mondo dell’informazione. Cosa sta accadendo? 

Si osserva che l’uso delle risorse web (blog, social network, ecc.) accelera il processo di scambio delle informazioni e amplifica la diffusione della notizia, che con un processo di broadcast può raggiungere istantaneamente e in un continuum temporale amplissime fasce di popolazione. Obiettivi, metodologie, modelli, strumenti così come i ruoli nell’editoria e nel giornalismo sono profondamente cambiati poiché con l’uso pervasivo di Internet i professionisti produttori di informazione, i giornalisti, si trovano a operare in scenari in continuo mutamento; peraltro il loro ruolo è ridefinito rispetto ai lettori, che dal canto loro non sono più unicamente fruitori. I lettori entrano a pieno titolo nel processo di produzione dell’informazione.

Quali sono gli elementi su cui il giornalismo di nuova generazione basa la definizione delle  proprie strategie? 

Pavlik nel 2013 (Pavlik, 2013) ha individuato i principali assiomi su cui il giornalismo di nuova generazione fonda le proprie strategie. Tali assiomi si fondano sul:

 creare, diffondere e presentare notizie con contenuti di qualità,  coinvolgere il pubblico in una discussione interattiva sulle notizie,

 usare nuovi metodi di reporting in linea con l’era del digitale e della rete, sviluppare nuove strategie di organizzazione e di gestione per un ambiente mobile, digitale e connesso.

Pavlik (2013) mette anche in luce che la trasformazione in atto sta producendo un crescente “generational divide” negli approcci al consumo di notizie. In particolare, nel suo scritto Pavlik riporta alcuni dati da uno studio del New York Times del 2012, dai quali emerge che negli USA il 53 per cento delle persone con più di 55 anni affermano di leggere i quotidiani cartacei, mentre questa percentuale scende al 32 per cento per la popolazione dai 35 ai 54 anni, e a meno del 22 per cento nel caso delle persone fra i 18 e i 34 anni. Dall’indagine, inoltre, emerge che il consumo di notizie on-line è significativo per tutte le fasce d’età, anche se fra i più giovani vi è un consumo di informazione via smartphone e soprattutto tablet.

Come le profonde trasformazioni hanno cambiato i ruoli nel giornalismo professionale? 

Negli ultimi venti anni le trasformazioni sono state repentine e profonde.

Facciamo un passo indietro all’inizio degli anni ‘90: avevamo, principalmente, un PC fisso che aveva aperto un orizzonte diverso dello scrivere, niente più veline, bozze ribattute, copie in carta carbone, ma un testo modificabile in qualsiasi momento, pronto per essere impaginato. Solo cinque anni dopo con Internet si poteva lavorare ovunque e mandare in redazione il pezzo. Altri cinque anni, ed eccoci alla volta dei social, prima la tecnologia degli SMS o MMS e poi piattaforme mobili native che ci fanno scambiare informazioni da tutti verso tutti, hanno avviato quella che viene definita The Age of Mobile Media.

La nuova situazione ha portato alla definizione di una rinnovata consapevolezza sociale, nella quale i ruoli dei diversi attori sono mutati, si confondono e cercano un nuovo equilibrio

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dinamico che usa piattaforme connesse in rete. Occorre focalizzare quale impatto potenziale abbia la tecnologia verso la creazione di un modello di giornalismo innovativo e ormai orientato verso l’audience.

L’effetto primario è certamente il rapido passaggio dal giornalismo al Mobile journalism fino al Citizen Journalism, cioè il giornalismo partecipativo. Una evoluzione continua che racchiude il senso del nuovo, dell’apertura, dell’assenza dei confini delle fonti di informazione. Effetti che si riscontrano nelle redazioni dei giornali, televisive e nelle attività di ufficio stampa. Con i dispositivi mobili, tutti si trasformano in nuovi digit journalists che comunicano, propagano e distribuiscono informazioni. Si è venuto a delineare uno scenario nel quale si muovono i diversi attori con programmi e obiettivi differenti. La rete genera viralità, che insieme alla velocità, produce un equilibrio dinamico che presenta il rischio di una precarietà connessa alla possibile carenza di accuratezza.

Le redazioni, a fatica, ma anche con grande velocità, stanno cambiando pelle. Lo stesso è richiesto ai singoli giornalisti, molti dei quali si sono scontrati con la nuova realtà e le nuove esigenze. Del resto se anche la Federazione Nazionale della Stampa Italiana a stento riesce a comprendere lo straordinario panorama che si è venuto a creare, restando ancorata, a tutto oggi, all’idea che il giornalista fondamentalmente sia ancora ‘il contrattualizzato’ presente in redazione a realizzare il suo servizio, si intuisce come il mondo della professione stenti ad aggiornarsi. Le nuove figure professionali sono la maggioranza, il ruolo dei freelance è sempre più cruciale e assume una crescente consistenza numerica. La professione del giornalista fondata su un forte spirito di ricerca e di investigazione, nell’era del web 2.0 ha bisogno di adeguarsi a nuovi modelli di business, a regole in continuo cambiamento, a nuovi obiettivi e a pratiche emergenti. Il giornalista deve cambiare il proprio modo di lavorare, realizzando uno shifting verso un’interazione crescente con i lettori e la società. Ma come, e quali figure guidano tutto il cambiamento, resta il dilemma principale.

Ma quale è la percezione dell’informazione e quale la sua credibilità? 

La distinzione tra notizie e informazione è elemento cruciale per distinguere il diverso punto di osservazione di ciò che è, o che dovrebbe essere, un dato di fatto di un avvenimento, il suo racconto e la definizione dei contorni e della situazione. Un giornalista ‘puro’ dovrebbe avere la competenza per riportare correttamente il ‘fatto’, raccogliere i dati, controllare ed elaborare il contesto. Un approccio intellettuale che attiene al pensiero, alla professionalità e all’etica, e che non cambia neanche quando il giornalismo diventa digitale.

Le principali agenzie di stampa e TV, Associated Press, CNN e altre testate, sono state le prime ad offrire “app” per telefoni cellulari che permettono a tutti di inventarsi giornalista, un citizen journalist (Mills et al.2012). In questi ultimi anni, e in Italia più che in ogni altro paese, un numero crescente di persone si è dotato di un apparecchio mobile con una fotocamera, un browser e con l’accesso diretto. Grazie alle “app”, ai Social, ai blog, a YouTube e altro, tutti possono diventare reporter, documentando in diretta e con immediatezza la vita di tutti i giorni, i maggiori eventi come catastrofi naturali, crisi politiche e militari e accadimenti diversi. Le notizie corrono, arrivano in tempo reale. Ma si tratta di informazione più che di notizie. Certamente questa apertura ai contributi dei cittadini rappresenta un passo importante verso la

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partecipazione e uno stimolo alla democratizzazione. Tuttavia, riemerge l’importanza della verifica e dell’elaborazione professionale. L’informazione richiede una diversa percezione, come si diceva, la mediazione intellettuale di un professionista: il giornalista.

Shayne Bowman e Chris Willis in We Media, pubblicato da J.D. Lasica nel 2003, hanno dato la descrizione del giornalismo partecipativo definendolo come ‘azione di un cittadino o un gruppo di cittadini che giocano un ruolo attivo nel processo di raccogliere, riportare, analizzare e diffondere notizie e informazioni’. Situazione questa che ha come punto di forza una più elevata dinamica dei processi di comunicazione e la possibilità di abbattere barriere, ma mette in serio pericolo quelli che sono i pilastri principali del ruolo giornalistico: competenze, pratica e etica, a cui un professionista deve attenersi. Se da un lato si è innescato un processo di democratizzazione, dall’altro sono ben evidenti i rischi di una manipolazione delle notizie e delle opinioni. Gruppi di manipolatori possono influenzare pesantemente opinioni e scelte, in modo meno evidente rispetto ad una situazione nella quale, come avveniva nel passato, i ruoli di erogatore e fruitore erano distinti. Si può quindi determinare un paradosso:

“poiché partecipo mi sento parte del processo di scambio dell’informazione e del processo di decisione. Tuttavia un gruppo di interesse, può decidere di intervenire in questo processo,

partecipando e influenzando le opinioni delle persone che sono portate a prendere la decisione in linea con le pressioni ricevute in modo non evidente”.

Resta aperto, comunque, il dilemma su un altro fronte:

Sarà corretta la tutela verso il ‘consumatore’ lettore di notizie o la velocità trasforma anche la volontà di sapere, che ci fa consumare le notizie senza sosta e senza tregua!

In questo senso il neologismo citizen journalist è fuorviante e non corretto. Postare una notizia su Facebook, un Tweet di 140 caratteri, un video su YouTube è cronaca tout court con cui si racconta una storia, storytelling. Il redattore, il reporter, l’inviato o il giornalista hanno il dovere aggiuntivo di portare avanti un lavoro di preparazione di indagine e di approfondimento che il semplice riferire dell’accadimento non ha necessariamente. Il giornalismo partecipativo ha come obiettivo cardine di documentare l’accadimento: io c’ero e diffondo. Il citizen journalist rappresenta un attore nuovo nel processo di produzione giornalistica, con il quale i giornali e i giornalisti si trovano ad interagire. L’interazione impone ai professionisti la verifica delle notizie. Un processo di produzione, spesso avido di notizie incontrollate, che generano un alto potenziale di contatti, ma che talvolta si rivelano storie senza verifiche, ‘bufale’ inconsistenti che trovano la loro ragion d’essere unicamente nell’essere in “circolazione”. Si torna così alla viralità della diffusione in rete che contrasta con l’accuratezza dell’informazione.

Contemporaneamente è da sottolineare che, le piattaforme social, hanno rotto il monopolio informativo, soprattutto in situazioni nelle quali i Media non sono ‘liberi’, ma controllati e sottoposti a censura. I social hanno permesso di bypassare l’informazione tradizionale, superare le barriere, pluralizzare l’informazione e aprire il processo di informazione velocizzandolo e liberandolo, seguendo un processo di democratizzazione

Una commistione positiva che sembra incontrollata. L’informazione è, oggi, sempre più fuori dai consueti canali dei giornali, Tg o Gr. Si diffonde ovunque. Stare sul pezzo in tutti i modi. La storica trasmissione radiofonica Caterpillar utilizza i suoi ascoltatori-inviati, che hanno risposto all’appello dei conduttori, ‘ovunque in Italia e nel mondo voi siate’, diventate nostri

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inviati speciali, e noi vi chiameremo all’occorrenza. Si è creato un nutrito elenco numerato dal quale recuperare la persona giusta al momento giusto, per diventare reporter su notizie legate al loro luogo di residenza.

Quali i vantaggi dell’interazione fra giornalisti professionisti e citizen journalist? 

La situazione che si è determinata, consente ai giornalisti professionali di attingere a un numero simbolicamente infinito di fonti, rappresentato dalle persone che da semplici fruitori di informazione, si sono manifestati soggetti attivi nel processo di produzione. Si tratta di attori sempre più attivi, sia nel caso in cui le redazioni e I giornalisti professionisti intendano adottare un approccio di crowdsourcing, sia nel caso di co-scrittura.

Nel crowdsourcing le persone forniscono immagini, notizie, opinioni ai giornalisti, che le collezionano e le elaborano. Il flusso è da molti a uno. Il giornalista professionista ha il ruolo e la responsabilità di selezionare il material dalle diverse fonti, elaborarlo e fornire l’informazione prodotta alle persone. Anche se il crowdsourcing prevede la partecipazione esterna all’editoria nel processo di creazione dell’informazione, la relazione fra I diversi attori in campo rimane fortemente asimmetrica.

Diverso è il caso della co-scrittura e della co-creazione. Infatti, in questo scenario il processo di generazione dell’informazione è condiviso in tutti i suoi passi fra cittadini e giornalisti (Prahalad and Ramaswamy 2000).

Come si presenta la situazione in Italia? 

Il 48° Rapporto CENSIS sulla situazione sociale dell’Italia, nel 2014, affronta il tema della comunicazione digitale e come ha cambiato domanda e offerta d’informazione.

Il ruolo dei quotidiani tradizionali è ormai da tempo ridimensionato dai siti web che fanno informazione. In venticinque anni in Italia la vendita delle copie dei giornali è drasticamente diminuita dai sette milioni di copie giornaliere del ‘90, a meno dei quattro milioni del 2013.

Nel 2013 quasi la metà della popolazione fa a meno del giornale. Circa il 21% degli italiani si affida ai quotidiani online, mentre il 34,3% predilige la lettura delle notizie dai siti web di informazione. I lettori di quotidiani online più forti rientrano nella fascia d’età tra i 30 e 44enni, una quota di circa il 32%. I siti web di informazione non legati direttamente ai quotidiani sono preferiti anche dai più giovani, il 43% tra 14 e 29 anni, dato che sale al 52,4% per la fascia tra 30 e 44 anni. I lettori internauti sono soprattutto coloro che hanno un grado di istruzione superiore. In generale si va sul Web per capire meglio e per approfondire. Un approfondimento che avviene molto spesso non scegliendo le pagine web giornalistiche pure.

Dati questi che impongono al mondo editoriale di virare completamente, con un cambio di attenzione all’interno delle redazioni, ognuna ha scelto una sua propria ricetta. In questi ultimi anni quasi tutte le testate giornalistiche hanno posto maggiore attenzione al loro sito Web, e attivato un profilo Twitter. Nella maggior parte dei casi si hanno ancora redazioni distinte, con una vita e attività propria.

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Come cambia il giornalismo professionale? 

L’arrivo dei mobile device ha cambiato completamente il modo di lavorare per i giornalisti, dentro e fuori delle redazioni e di tutto il mondo della comunicazione.

I giornalisti, i cittadini, le redazioni, i diversi media: tutto si muove, muta. Tutti si influenzano reciprocamente come elementi di un unico ecosistema. A guardare dentro la professione del giornalista è facile notare che la situazione è notevolmente mutata. Sotto la spinta della velocissima variazione del mercato dell’informazione gli editori premono sempre di più verso un giornalista multimediale, capace di realizzare un servizio completo, eliminare o attenuare la presenza delle tradizionali figure di back office redazionale. Il modello di business tradizionale delle società editrici è schiacciato dai nuovi competitori legati alle piattaforme social: Twitter, Facebook, Google+, YouTube e altri, che hanno dato una seria e sostanziale svolta verso il mercato delle news online, imponendo agli editori un rapido adeguamento. La distinzione tra canali radio, televisivi, online e giornali puri ha difficoltà a resistere. Il concentramento della produzione e delle redazioni sarà sempre più un dato di fatto.

A volte, anche le redazioni online più strutturate considerano il digitale più come uno strumento tecnico/tecnologico che come un nuovo modo di fare giornalismo. L’organizzazione e le gerarchie interne restano sostanzialmente quelle della carta. Come già accennato, ogni testata sembra sperimentare una propria ricetta di adeguamento.

E’ uno dei dati più rilevanti della ricerca sul giornalismo online in Italia contenuto nel Rapporto sul giornalismo digitale in Italia, realizzato da ‘‘Giornalismi’’, il Gruppo di lavoro del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, presentato al Digit2014, Prato settembre 2014. La ricerca evidenzia che in molte delle testate cosiddette native, la cultura della carta, insieme di valori, di rapporti gerarchici e di pratiche che hanno dominato il processo di produzione giornalistico dagli inizi del secolo scorso, domina in maniera incontrastata. La cultura della preservazione domina sulla quella della ‘contaminazione’. Anche l’approccio che prevede la contaminazione può seguire strade multiformi.

Molte redazioni hanno compreso che il lavoro di compenetrazione tra i due mondi, digitale e tradizionale, è necessario e fondamentale. Molto spesso si è trattato di un semplice spostamento di postazioni di lavoro in un unico spazio senza la necessaria fusione dei linguaggi, l’uso di piattaforme comuni, senza un vero obiettivo di agguantare un solo vasto pubblico di lettori. Ci sono importanti esempi ‘virtuosi’ come il Corriere della Sera e La Stampa.

Il quotidiano La Stampa, rappresenta uno dei più recenti e costruttivi esempi di integrazione. L’editore ha scelto e inaugurato una nuova sede, con un nuovo spazio lavorativo con redazioni integrate, un luogo aperto organizzato in cerchi concentrici, nel quale ognuno ha sotto gli occhi l’intera produzione, dalla carta al digitale, senza separazione tra i due mondi. È stato cambiato sistema editoriale, orari e turni sono stati sviluppati per favorire l’integrazione e lo scambio di contenuti, semplicemente nel modo più semplice possibile sulle varie piattaforme. Questo spazio rappresenta un esempio di un piccolo ecosistema dell’informazione. Si tratta di un tentativo, ha ricordato il direttore de La Stampa, Mario Calabresi nell’editoriale di presentazione, di rispondere alle sfide dell’informazione e di un mondo che cambia a una velocità sconosciuta. La necessità è quella di tenere insieme tutti i mezzi su cui divulgare il nuovo giornalismo per raggiungere ognuno dei diversi lettori. Calabresi ricorda che una notizia

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è tale, qualunque sia la piattaforma su cui è distribuita. Trovarla, verificarla e metterla in un contesto richiede lo stesso metodo di lavoro di giornalisti esperti, che nel tempo acquisiscono le capacità e competenze per farlo. “Occorre solamente imparare a usare nuovi strumenti digitali.

Le 5 W (Who = chi, What = che cosa, When = quando, Where = dove, Why = perché) restano punti irrinunciabili, Why, che deve ancor oggi avere più di ieri importanza, per spiegare e approfondire la notizia”.

Oltre al rinnovamento della parte strutturale, la testata torinese, ha anche provveduto ad elaborare un decalogo per l’uso dei social media da parte dei giornalisti e la messa in campo dell’ innovativa Web Car, un vero e proprio laboratorio multimediale a quattro ruote, evidentemente nata dalla necessità di essere sempre pronti “sul pezzo” dove occorre. La credibilità sembra passare solo se il giornalista corrisponde dal luogo dell’accaduto, quasi come testimone oculare.

Quale è la sostenibilità di un progetto editoriale? 

In questo nuovo scenario non va tralasciata l’influenza della componente pubblicitaria. Obiettivo fondamentale per gli editori è piacere a tutti, lettori e inserzionisti. Un elemento distintivo di questi anni, a livello globale, è il crollo della la pubblicità sulla carta stampata messa in luce da tutti gli osservatori in tutti i paesi occidentali. A beneficiare degli investimenti pubblicitari non sono stati però i nuovi media digitali ma, la parte del leone la fanno, con oltre due terzi della spesa i nuovi mostri sacri Google, Facebook, AOL, Microsoft e Yahoo. Nel 2013 in Italia si è registrato il sorpasso di internet sulla carta stampa dove Google fattura più di RCS. Secondo l’Osservatorio New Media e New Internet del Politecnico di Milano, in Italia nel 2013, i ricavi della pubblicità su Internet advertising sono stati pari a 1,8 miliardi di euro contro gli 1,4 della carta stampata, rispettivamente il 27% contro il 21% della carta stampata. Sempre secondo l’Osservatorio solamente l’anno prima le percentuali erano esattamente al contrario, a Fine 2014 il dato era previsto in ulteriore variazione con un valore di circa 2 miliardi di pubblicità on-line contro gli 1,2 della carta stampa. A farla da padrone la pubblicità si smartphone e tabel, (+180%) seguita da quella su social network (+75%) e video (+35%). Nel 2006 si era registrato di un altro passaggio determinate nella galoppante crescita degli investimenti pubblicitari sul web che avevano sopraffatto quello via radio.

Questi numeri sono considerati un dato di fatto già in altri paesi con gli Usa e la Gran Bretagna, che hanno offerto agli editori informazioni chiare come strutturare la loro presenza nel settore giornalistico spingendoli nel cercare nuove forme di ‘abbonamento’ o di marketing. Negli Stati Uniti alcuni puntano «vendere più cose» ai lettori, servizi e prodotti digitali che vadano oltre lo standard giornalistico tradizionale. La possibilità di aver delle piattaforme in streaming, musicali, cinematografiche o altro. Questo è il supercemento del sistema Paywall, vale a dire dell’attuale struttura che richiede la sottoscrizione dell’abbonamento per accedere alle notizie, erede dal vecchio abbonamento cartaceo!

I lettori che scelgono di pagare abbonamenti ‘digitali’ hanno scelto di pagare non un giornale la mattina, ma il modo di vedere le cose, di lavorare e di raccontarle su Twitter o su una piattaforma di news di una persona precisa o di una redazione che si è meritata la fiducia. Sono la prova che il mestiere di giornalista sta davvero cambiando in maniera radicale.

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Quale fra i diversi social hanno maggiore impatto sull’ecosistema dell’informazione? 

Tra i diversi social, tutto il mondo della comunicazione sembra girare essenzialmente intorno a Twitter; giornalisti e addetti stampa sono legati ai famosi 140 caratteri. Il successo di Twitter è l’esempio più eclatante che dimostra come la professione giornalistica sia cambiata. Da uno studio americano, l’Oriella Digital Journalism Study del 2013, (www.oriellaprnetwork.com/sites/default/files/research/Brands2Life_ODJS_v4.pdf) risulta che il 59% dei giornalisti intervistati in 15 Paesi del mondo, tra i quali l’Italia, gestisce un proprio profilo Twitter e lo usa per condividere i propri articoli. Un altro sondaggio internazionale realizzato tra i professionisti del settore da Ing (2014 Study impact of Social Media on News: more crowd-checking, less fact-checking) rivela che il 78% dei giornalisti usa i social media tutti i giorni e il 56% si dice incapace di lavorare senza di essi. Le piattaforme più utilizzate sono Twitter (90%) e Facebook (81%). Per il 68% è il giornalismo in sé che non può più fare a meno dei social media.

Il panorama è esattamente uguale anche per i giornalisti degli uffici stampa. Ed è l’uso pervasivo di Twitter ad aver il maggior impatto.

Più di uno studioso del settore ha posto l’accento sul successo di Twitter e dei blog. Sono luoghi dove amministratori delegati e presidenti, politici, eserciti di persone, twittano o bloggano di tutto. Non sempre questa massa di informazioni rappresenta un elemento positivo. Spesso sono informazioni, con interesse di parte, non filtrate, destinate a influenzare in un verso o in un altro l’opinione pubblica, o a evitare di prendere delle decisioni reali che potrebbero avere un impatto effettivo. Ma un uso integrato, bilanciato potrebbe dar vita a servizi giornalistici completi in grado di raccontare una storia a più voci.

Dalla trama dei tweet, con le loro immagini e filmati legati a un singolo argomento è possibile realizzare inchieste e racconti di fatti e vicende determinati. Un evento storico potrebbe così essere raccontato con sfaccettature diverse, con una impronta non solamente ‘istituzionale’ ma attraverso gli occhi e le sensazioni dei singoli. Per questo resta sempre importante la capacità professionale del giornalista. Tutto evolve, nuove notizie prendono vita, si trasformano con il concorso dei diversi organismi che formano l’ecosistema. E’ in questo ecosistema che la notizia e la narrazione sono gli elementi che originano e nutrono la vitalità dell’ecosistema stesso.

Ma come evolve la notizia e la narrazione? 

Le persone utilizzano le tecnologie mobili per attraversare ‘spazi diversi’ che diventano non luoghi, che permettono a tutti di raggiungere l’autonomia nel modo di connettersi con gli altri, con il resto del mondo, e di esprimere se stessi, sempre in movimento.

Le conversazioni ‘social’ possono prendere la forma di notizie. Nelle piattaforme come Twitter, o la grande varietà blog e microblog si crea una nuova narrazione collaborativa, co-creazione di contenuti e informazioni. Si generano così flussi di notizie che si fondono e si propagano. Nella pratica su Twitter cerchiamo e scaviamo alla ricerca di ciò che ci interessa e con il retweeting amplifichiamo e diamo ad altri le informazioni su ciò che ci interessa. Nello scambio monitoriamo e segnaliamo. Avviando una narrazione di notizie sempre in movimento.

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Una nuova forma di narrazione tecnologica senza confine e limite che non è altro che la prosecuzione della voglia delle persone di raccontare storie. Moderni cantastorie.

Nella specificità italiana, oltre all’attività sui social network, numerosissimi sono i blogger che gestiscono uno spazio all’interno di una testata online: solamente IlFattoQuotidiano.it ne conta 700, Fanpage ne ha 300.

Ma è una narrazione o una notizia? Informazioni, dati, elementi, spunti da cui partire. Si creano forme ibride di notizie. Una vasta offerta che genera molto rumore di fondo e confusione, e rende difficile l’orientamento dei lettori e dei giornalisti, in una continua alternanza nella quale si intervallano elementi positivi a quelli negativi.

I processi ‘produttivi’ delle notizie sono fortemente influenzati dalla mole di informazioni e dati che raggiungono i giornalisti, la blogosfera, in particolare, espande notevolmente le potenzialità di fonti e la conoscenza di un maggior numero di input. Allo stesso tempo il quantitativo degli elementi da rincorrere, può disperdere la capacità della selezione del giornalista. Ma allo stesso tempo il giornalista blogger del sito web della sua testata, è direttamente legato al suo lettore, con il quale ha una responsabilità immediata attraverso i forum pubblici nei quali il pubblico interagisce prontamente e senza filtri. Contemporaneamente questa immediatezza di coinvolgimento riduce il tempo a disposizione del giornalista nella raccolta e ricerca delle notizie.

Questo flusso continuo di notizie provenienti dal Citizen Journalist è sempre più prediletto dagli editori sotto forma di ‘ultime notizie’, come aiuto per aver segnalazioni dalle regioni remote. Simultaneamente il resto del pubblico ha la possibilità di aumentare la conoscenza degli eventi nel mondo. Una situazione dinamica di diffusione che attraverso lo scambio di informazioni sempre più articolato trasforma la notizia nell’informazione, in continua evoluzione.

Una situazione che può finire per influenzare l’agenda delle ‘news’ e trasformarsi in Fonti ufficiali di informazione.

Nonostante tutti questi sviluppi, le testate giornalistiche rimangono saldamente legate a strutture di potere tradizionali, con il controllo della proprietà e sotto l’influenza del potere politico.

3. Le opinioni degli stakeholder 

Come condividere le opinioni degli stakeholder se non con un approccio da storytelling? Qui vengono presentate le opinioni di Isabella Bufacchi, di Il Sole24 Ore, di Giuseppe Di Feo di Askanews e di Paolo Ricci Bitti,di Il Messagger.

Isabella Bufacchi, Il Sole24 Ore

“Della rivoluzione di internet e dell’era digitale nel mondo del giornalismo, l’impatto più forte e più preoccupante secondo me è quello legato alla perdita di valore cioè la perdita della valutazione del peso di una firma, dell’attendibilità di una fonte, della precisione di un articolo esaustivo. Il giornalista è il professionista dell’informazione. Come un idraulico sa come riparare un rubinetto, il meccanico un motore, il chirurgo opera a cuore aperto, il pilota di aerei sa fare un atterraggio. Il giornalista è un professionista dell’informazione: sa valutare

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una notizia e soprattutto la fonte, se è attendibile oppure no, se è vera o falsa, se è parzialmente vera o falsa, se è strumentalizzata; prima di scrivere il giornalista verifica l’attendibilità delle fonti e dell’informazione; sa quali dettagli possono essere omessi e quali sono essenziali; sa capire se la fonte usa l’informazione per un terzo fine … tutto questo valore appartiene di sicuro alla categoria degli articoli a pagamento: il giornalista ha studiato, è stato pagato per scrivere gli articolo o intervistare e ha dei capi all’interno dei giornali ai quali fare riferimento, non fa di testa sua. E’ la sua professione (lasciamo stare chi la fa bene o male, chi è onesto oppure no, come nel caso del meccanico o dell’idraulico ci sono giornalisti disonesti ma non è questo il punto…).

Nell’era digitale, il lettore è ora molto confuso. Gli articoli che dovrebbero avere un valore ed essere quindi a pagamento sono stati pubblicati sui siti gratis, al fianco di articoli ripresi da fonti poco attendibili o da non giornalisti del giornale. Inoltre facebook, twitter, blogs, selfies, i social networks consentono ai non professionisti di scrivere articoli e pubblicare commenti su foto senza l’intermediazione del professionista. Tutti dicono di tutto e di più.

Inoltre il lettore, che non è un professionista dell’informazione, non dà peso all’attendibilità, al controllo delle fonti autorevoli, all’inquinamento delle notizie, ai vested interests: lui è un amatore dell’informazione e tende ad essere guidato da altri obiettivi, per esempio quello di risparmiare e di leggere e informarsi con notizie gratis, di leggere il meno possibile con il maggior numero di dati…

Alla fine di questa rivoluzione, la professione del giornalista rischia di sparire del tutto e così anche i giornali o l’informazione a pagamento: di informazione digitale ci sarà sempre un eccesso e l’informazione sarà mischiata alla pubblicità e non si saprà più chi è attendibile e chi non lo è, chi è una firma che pesa e chi no. Per questo, in questa fase, la forza e il valore del marchio autorevole e attendibile deve essere protetta, difesa e anzi alimentata. Una garanzia per la sopravvivenza della democrazia…”

Giuseppe Di Feo, Askanews

“Non si fa il giornalista, lo si è. Riconoscere le notizie nei fatti e portarle all’attenzione del pubblico, più che una professione è una missione e a noi è dato il compito di assolverla al meglio, anche impadronendoci di quegli strumenti che il progresso tecnologico ci mette a disposizione e che possono dare un grande aiuto ma anche determinare derive pericolose, se usati male. È un fatto che i giornalisti 2.0 - quelli dell’era di Internet, per intenderci - siano una sorta di “factotum dell’informazione” e questo agli editori non pare vero, perché possono tagliare costi e risorse; laddove prima erano necessarie 3 figure professionali (giornalista, operatore Tv e montatore, per esempio), ora ne basta una sola.

In più, mentre le pubblicazioni si arricchiscono sempre più di elementi multimediali (sms, foto e video) si sono moltiplicati i media; internet e social network potenzialmente possono dar voce a tutti e chiunque, con una video-camera o uno smartphone può improvvisarsi “giornalista”. È il cosiddetto “giornalismo partecipativo”. È sufficiente uno di questi strumenti per integrare, o sostituire, l’intera cucina editoriale di un servizio, accorciando tempi e modalità di accesso all’informazione: si scrive, si fotografa, si girano immagini, le si editano e

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le si pubblicano. Contestualmente social media come Facebook o Twitter, si sono affiancati alle agenzia di stampa tradizionali (talvolta sostituendole, addirittura).

Qual è la conseguenza? Tutto è più rapido, non-mediato ma anche convulso e destrutturato. A pagare pegno, però, rischia di essere proprio l’accuratezza dell’informazione.

L’antidoto, a mio avviso, è proprio la professionalità del giornalista per il quale la tecnologia non può e non deve diventare un alibi che giustifichi superficialità; non dobbiamo mai spogliarci di quella seconda pelle - che ci è propria - di “cacciatori di notizie” capaci di incuriosirsi sempre di ciò che accade nel mondo, o anche intorno se si parla di Spazio.

Come ci hanno insegnato grandi reporter come Oriana Fallaci, Ryszard Kapuscinski o Robert Capa, indipendentemente dallo strumento che usiamo o dal medium di riferimento, dobbiamo vivere i fatti in prima persona, esserci in mezzo e raccontarli con obiettività e imparzialità a chi è lontano e ne affida la conoscenza alla nostra penna… o al nostro smartphone”.

Paolo Ricci Bitti, Il Messaggero

“Una metafora ridicola ci seppellirà” era quanto mi veniva in mente mentre dallo schermo

spuntavano, a raffica, citazioni su citazioni di qualcosa che non esisteva che era stato attaccato su qualcos’altro che non esiste. Un’immaterialità cosmica che senza il lavorìo incessante e frenetico dei social non si sarebbe mai diffuso nel mondo dell’informazione finendo per diventare un fatto assurdamente concreto.

8 luglio 2013, vigilia della prima passeggiata nello spazio di un astronauta italiano, Luca Parmitano. Un evento storico, senza dubbio. Ora, le prime cose che si imparano sulla vita della stazione spaziale sono essenzialmente tre: non ci sono prove di esperienze sessuali tra gli astronauti, ma solo molti sospetti; come funziona la toilette; non c’è il frigorifero per il cibo (e anche il forno è qualcosa che lascia tiepidi) e così ai nostri toccano bevande e pasti già non troppo incoraggianti e tristemente a temperatura ambiente.

A ogni modo quel giorno mi era venuta in mente la copertina di un libro di Fabio Volo: lo so che non c’entrava nulla, ma le associazioni di idee per fortuna seguono sinapsi tutte loro. Quindi sfondo bianco (un frigorifero) e un post-it giallo con il titolo: Esco a fare due passi. Uno scenario comune nelle nostre cucine. E l’attacco del pezzo di presentazione dell’Attività extra veicolare di Parmitano diventò: “Esco a fare due passi” è scritto sul “giallino” lasciato da Luca Parmitano sul frigorifero della stazione internazionale per salutare i colleghi prima della passeggiata spaziale… eccetera eccetera”.

Una metafora o una stupidaggine, fate voi, non mi offendo. Beh, pochi minuti dopo la messa on line del pezzo su www.ilmessaggero.it inizia il rimbalzo sui social: “Ecco il post-it di astroluca prima della passeggiata”. E ancora: “Passeggiata spaziale, Parmitano non ha paura e lascia un post-it sul frigo della stazione”. Via così, uno dopo l’altro. Poi tocca alle agenzie e parte pure l’immancabile arricchimento per distinguersi dagli altri: “La goliardia dell’astronauta Parmitano che poco prima di avventurarsi nello spazio lascia un post-it”.

E’ un crescendo inarrestabile: i testi, grazie all’enorme forza social di Parmitano (follower Twitter e amici Facebook), vengono indicizzati da Google e la moltiplicazione è impetuosa. E il

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giallino inesistente attaccato sul frigorifero inesistente trionfa ormai anche su molti, autorevoli, siti di quotidiani italiani. Basta fare una ricerca on line e ne trovate ancora a bizzeffe.

Arriva anche il “lancio” di un’agenzia sempre molto attendibile: “L’ironia di Parmitano prima della passeggiata: un post-it sul frigorifero”. Mi scompiscio, ma poi il fiume delle citazioni su quell’inesistenze giallino straripa davvero. Chiamo l’agenzia per segnalare che, insomma, non è il caso di insistere troppo su quella citazione. La redazione trasecola e mi mette in contatto che l’autore del lancio ed è qui che si completa la quadratura del cerchio dell’assurdo. Il collega, effettivamente un professionista della cui buona fede non ho mai dubitato, mi dice che la storia del giallino non l’ha letta sui social e tantomeno sul sito del Messaggero: insieme, al telefono, ripercorriamo a ritroso il flusso delle citazioni: e lui conviene che la prima, in base all’orario, è effettivamente quella del sito web del quotidiano romano. Ma lui, spiega, ha saputo del giallino da una fonte più che attendibile, da lui conosciuta personalmente. Quasi cado dalla sedia. E chi potrà mai essere questa fonte attendibile? “Katy, la moglie di Luca!”. Aiuto: ma lei, laggiù a Houston, dove avrà saputo del post-it che esiste solo nella mia fantasia? Chiaro, dai social, non tenuti a verificare quello che diffondono. Ora non voglio mica esagerare: questa storia del giallino “Esco a fare due passi” è ampiamente innocua, semmai un po’ ridicola nell’attribuire elettrodomestici alla cucina della stazione spaziale, ma - ripeto - del tutto inoffensiva Resta da considerare, sullo sfondo, in questa informazione in vetrina, che va sempre di corsa e con gli attori che si rincorrono freneticamente siano essi follower o professionisti, l’effetto omologazione. Tutti vogliono avere tutto, subito, senza verifiche e controlli, e pazienza se non è proprio tutto vero.

4. Conclusioni 

Il giornalismo partecipativo e i nuovi strumenti sono un arricchimento della professione giornalistica. Un giornalista è, e resta, un giornalista, non è cambiata la sua essenza, ma c’è una rivoluzione. e il giornalista 2.0 deve saper narrare la verità dei fatti sul suo giornale o in voce o in video, ma contemporaneamente, proprio contemporaneamente, saper anche scrivere per la versione online della sua testata, fare il fotoreporter e postare sui social. In sostanza deve scrivere, filmare, fotografare, registrare, editare, trovare le foto giuste a corredo del pezzo, mettere in streaming i suoi reportage in diretta, fare le ricerche online, rivedere le bozze dell’articolo, realizzare il titolo, ottimizzare il testo, taggare le persone di riferimento, interagire con i lettori etc. etc, un cross-media news writing, una persona interattiva e innovativa. Il giornalista professionista deve interagir sempre più con i citizen jurnalist, rispetto al quale ha il dovere della verifica e il dovere di trasformare la notizia in informazione. Una mutazione continua, una corsa contro il tempo. Un’invasione di nuovi strumenti in rapida successione che non modifica l’essenza della notizia ma solo della sua velocità di diffusione, per rispondere sempre più in fretta alla ‘voracità’ degli internauti.

L’innovazione è la chiave per la redditività delle notizie, per i media nell’era digitale gli elementi chiave restano sempre la ricerca, la liberta di informazione, la verità e la precisione. Tutti legati, in ogni caso, al coinvolgimento forte del pubblico, i cittadini reporter, e al dialogo online con i lettori.

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Diventa fondamentale il rapporto di interazione che si instaura fra giornalista professionista e il “reporter occasionale”.

Internet e i relativi tools hanno effetti positivi in termini di immediatezza, elevato numero di notizie e pluralismo. La rapidità di diffusione delle informazione nasconde, però. il rischio di un giornalismo del ‘copia e incolla’ di diverse informazioni ricevute, tralasciando il controllo delle fonti. Più storie, più quantità, a discapito della qualità. In figura si sintetizza quello che oggi è richiesto a un giornalista.

Figura: il nuovo giornalismo 

Occorre evitare, comunque, una deregulation senza limiti, pericolosa e nociva per i giornalisti e per gli utenti. Il flusso continuo di informazioni generate dagli utenti, rischia di travolgere e assuefare tutti, tralasciando l’obiettivo primario della verifica delle fonti e della propensione fondamentale per le inchieste. Il lavoro da fare è creare una cultura del digitale del giornalismo nella quale far entrare le regole fondamentali della deontologia professionale. Le persone sono le stesse e il modo di fruire delle notizie che è cambiato.

In Italia oltre il 60% degli iscritti all’ordine dei giornalisti è costituito da professionisti ‘non contrattualizzati’, freelance, falsi liberi professionisti (co.co.co, partite iva) e altri per i quali l’ufficio è un qualunque luogo dove, grazie a smartphone, iphone o tablet, poter realizzare il pezzo e metterlo in rete. Professionisti flessibili, sempre più flessibili anche nel contratto, e soprattutto capaci di lavorare per molti e per diverse piattaforme.

A cambiare profondamente è stato anche il modo di fruire l’informazione. Dall’edicola al tablet. Si stima che il 44% degli utenti predilige l’uso del tablet per informarsi, e la realizzazione delle notizie si adegua a questa esigenza. Gli editori adattano le redazioni. La crisi dell’editoria e le nuove abitudini di lettura hanno spinto molte testate giornalistiche a ridurre gli staff redazionali e a rivedere anche la veste grafica degli articoli per renderli più leggeri e facilmente fruibili.

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Ed accade che le grandi agenzie di stampa internazionali intraprendono la strada del taglio degli articoli. Le notizie troppo lunghe possono indurre i lettori ad abbandonare la lettura, soprattutto sui dispositivi mobili come tablet o smartphone.

Il percorso è stato inaugurato concretamente dall’Associated Press con un decalogo di regole e linee guida per i redattori dell’agenzia che prevedono articoli composti da un numero di parole che va da 300 a un massimo di 500. Per le storie più importanti provenienti dai singoli Stati degli Usa è possibile arrivare fino a 700 parole, mentre gli articoli “top” provenienti dal mondo o quelli di genere investigativo potranno superare il limite. Un taglio di parole adottato ora anche dall’agenzia Reuters.

Se I servizi e le risorse web hanno cambiato profondamente il giornalismo, anche l’Internet of Things, con l’uso pervasive dei sensori può produrre un ulteriore shifting, laddove la possibilità di collezionare, esaminare ed elaborare dati direttamente provenienti dall’ambiente che ci circonda, da una parte può produrre una ulteriore accelerazione alla disponibilità e quindi al consumo di dati. Il giornalista, in questo caso si trova tuttavia davanti a grandi moli di dati grezzi in tempo reale, spesso non elaborati; non vi è la mediazione di statistici ed esperti. Il dato secco e trasparente. Il giornalista potrà utilizzarli per verificare eventuali criticità? Sarà costretto ad accrescere la rete di interazione in tempo reale, coinvolgendo professionisti (come statistici o esperti di settori specifici, quali l’inquinamento, o i settori a cui i dati sono associati) per poter operare l’interpretazione dei dati, estrarre la notizia e quindi produrre l’informazione?

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ibliografia 

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