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Lavoro sociale spirituale : riflessioni in sette domande e cinque elementi

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Academic year: 2021

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(1)

– Riflessioni in sette domande e cinque elementi –

Studente

Aronne Luraschi

Corso di laurea Opzione

Lavoro Sociale

Educatore Sociale

Progetto

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

(2)

Per me è qualcosa che non esiste, perché la lego a qualche cosa, ad una credenza di qualcosa che c’è oltre al concreto nostro dell’essere umano, qualcosa di non terreno non tangibile, e di conseguenza, per me non credibile § Penso che sia legato a cosa pensiamo ci sia dopo la morte, o prima, tutto quello che è legato a questo tema; ciò che non possiamo toccare, ma solo fare ipotesi, avere credenze, avere delle fedi § È qualcosa che ha a che fare, anzi che non ha a che fare col materiale, con le cose materiali; è qualcosa che è legata al pensiero, spesso legata anche alle credenze § Ha a che vedere con la credenza, le credenze di una persona, non ha che fare tanto, per me, con la religione, trovo che sono due cose diverse; è qualcosa i molto individuale e fa parte di quel rapporto con quel “qualcosa” che non si conosce, che a noi è misterioso, a cui ci si rivolge, a quel “qualcosa”, “qualcuno” che non sia un altro essere umano, ma qualcosa che sia di per sé invisibile, che non esiste concretamente, ma che fa parte dei propri pensieri e della propria anima § È per me, una dimensione dell’essere umano fondamentale che completa il nostro essere qui, il nostro essere al mondo; è un ambito da alimentare, da approfondire, da definire, perché ognuno, secondo me, ne ha bisogno, ma per se stesso, poi per gli altri di riflesso per dare anche un senso alproprio percorso, è un po' il nostro fil rouge §

Direi il nutrimento dell’anima.

– Estratti dalla domanda: “Cos’è per voi la Spiritualità?” La fede non si può comprendere; il massimo a cui si arriva è poter comprendere che non si può comprendere.

– Søren Kierkegaard

Credo solo in quel che vedo e la realtà per me rimane

il solo metro che possiedo com'è vero... Che ora ho fame!

– Sancho Panza (dal Don Chichotte di Francesco Guccini)

L’autore è l’unico responsabile di quanto contenuto nel lavoro.

In copertina:

"Almost lover" by agnes-cecile, acquerello di Silvia Pelissero.

Immagine recuperata il 14 Agosto 2017 da:

(3)

SOMMARIO

ABSTRACT Pag. 05

INTRODUZIONE Pag. 06

Motivazioni; interrogativi, scopo del lavoro e suoi obbiettivi Pag. 06

1 CONTESTO LAVORATIVO Pag. 08

1.1 Il Laboratorio Protetto Fonte 2 ed i suoi operatori Pag. 08

2 PROBLEMATICA Pag. 09

2.1 Che cos’è la spiritualità? Pag. 09

2.2 La spiritualità come “vettore umano” Pag. 09

2.3 La spiritualità e la religione (e non “La spiritualità è la religione”) Pag. 10 2.4 Cinque elementi costitutivi della spiritualità Pag. 11 2.5 Percepire la spiritualità: breve digressione fenomenologica Pag. 14

2.6 Formulazione della domanda di tesi Pag. 16

3 METODOLOGIA Pag. 17

3.1 Scelta del medium: Intervista semi strutturata con parole chiave Pag. 17 3.2 Domanda #1

3.2 Definizione personale di spiritualità Pag. 19

3.3 Domanda #2

3.3 Elemento I : L'attribuzione di SENSO / SIGNIFICATO Pag. 19 3.4 Domanda #3

3.4 Elemento II : Le questioni sulla VITA e sulla MORTE Pag. 21 3.5 Domanda #4

3.5 Elemento III : La questione del MALE Pag. 22

3.6 Domanda #5

3.6 Elemento IV : Il rapporto vigente tra l'individuo e L’IMMANENTE Pag. 23 3.7 Domanda #6

3.7 Elemento V : Il rapporto vigente tra l'individuo e il NON-IMMANENTE

o IL TRASCENDENTE Pag. 24

3.8 Domanda #7

3.8 Ripresa della domanda iniziale Pag. 26

4 DISSERTAZIONE Pag. 27

4.1 Analisi e confronto delle risposte alle domande delle interviste Pag. 27 4.2 Domanda #1

4.2 Prima di iniziare, vorrei chiederle di dirmi, con parole sue, che cos’è,

4.2 per lei, la spiritualità? Pag. 27

4.3 Domanda #2

4.3 Riferendoci ora al suo contesto di lavoro, vorrei chiederle:

4.3 quali sonole occasioni in cui avverte il bisogno di interrogarsi e di

4.3 dare un senso a quanto le accade? Pag. 30 4.4 Domanda #3

4.4 Restando sempre nell’ambito di dare un senso, quali sono le

4.4 occasioni in cui si interroga in modo particolare sui temi relativi

(4)

4.5 Domanda #4

4.5 Continuiamo nel campo del dare un senso…

4.5 In quali occasioni riflette al riguardo del tema della sofferenza,

4.5 nel senso più ampio del termine? Pag. 40 4.6 Domanda #5

4.6 Abbiamo affrontato finora le tematiche dell’attribuzione di 4.6 significato. Ora le domando: per quanto concerne le dette

4.6 tematiche, in quali occasioni lei si confronta coi suoi colleghi

4.6 al loro riguardo? Pag. 44

4.7 Domanda #6

4.7 Prima abbiamo parlato del rapporto con ciò che, in estrema

4.7 sintesi, può essere percepito attraverso i cinque sensi.

4.7 Ora però le chiedo: secondo lei, tutto si riduce a quello che

4.7 possiamo percepire in questa realtà, oppure…? Pag. 48 4.8 Domanda #7

4.8 Abbiamo cominciato questa discussione con la domanda di 4.8 cosa fosse per lei la spiritualità. Se ora io le ponessi nuovamente

4.8 quella domanda, come mi risponderebbe? Pag. 51

5 CONCLUSIONI Pag. 54

5.1 Quanto fatto, non fatto e da fare Pag. 54

5.2 Risultati ottenuti ed interrogativi soddisfatti Pag. 54 5.3 Difficoltà, limiti e questioni irrisolte/aperte Pag. 55 5.4 Apporti ed implicazioni per l’Operatore Sociale Pag. 56

5.5 Personalmente… Pag. 56

5.6 … & Acknowledgement! Pag. 57

BIBLIOGRAFIA &SITOGRAFIA Pag. 58

(5)

A

BSTRACT

Sempre più studi ed autori sono concordi nell’affermare che le riflessioni circa la dimensione della spiritualità hanno un’importanza ed un peso via via maggiori nella prospettiva di una migliore e più accurata presa a carico della persona in una sua visione olistica. Riflessioni, all’attuale stato dell’arte, più estese e maggiormente discusse in un’ottica sanitaria che non in una più prettamente educativa, nella quale la spiritualità solitamente si ritaglia uno spazio quasi esclusivamente nei discorsi relativi all’etica ed alla deontologia.

Sulla base di queste considerazioni, si è ritenuto giustificato l’interessarsi alla questione spirituale con il taglio e lo sguardo propri dell’operatore sociale: lo scopo che questo lavoro si prefigge è dunque quello di ricercare, elaborare ed offrire alcuni elementi costituitivi della spiritualità – mutuati dalla letteratura – coi quali indagare empiricamente attraverso delle interviste per verificare ed analizzare quale sia la percezione della detta da parte dei sopraccitati operatori sociali, attraverso cui proporre delle riflessioni utili all’operato educativo.

In primo luogo si partirà, come appena detto, dalla ricerca di quanto la letteratura abbia da offrire circa l’argomento in esame. Verranno offerte definizioni e precisazioni circa le similitudini e le differenze con tematiche affini – una per tutte, la religione – e verrà chiarito cosa intendersi ai fini di questo lavoro per “percezione”.

In secondo luogo si proseguirà ad una elaborazione di cinque elementi costitutivi del vettore umano della spiritualità – l'attribuzione di SENSO/SIGNIFICATO; le questioni sulla VITA e sulla MORTE;la questione del MALE;il rapporto vigente tra l'individuo e L’IMMANENTE edil rapporto vigente tra l'individuo e ILNON-IMMANENTE o ILTRASCENDENTE – attraverso i quali si

costituiranno le sette domande che verranno sottoposte agli operatori sociali di un Laboratorio protetto della fondazione La Fonte.

Si procederà quindi con l’analisi delle summenzionate interviste, confrontando le risposte date alle varie questioni somministrate, illustrando quanto da esse emerso anche attraverso rappresentazioni grafiche ottenute partendo dalle parole chiave utilizzate nella creazione e nella realizzazione delle dette interviste.

In conclusione di questo lavoro si vorrà sottolineare – soprattutto in rapporto alla domanda di tesi formulata – come la percezione della spiritualità sia indubbiamente presente negli operatori intervistati e come in tutti i colloqui avuti sia trasparsa la presa di conoscenza dei vari elementi costitutivi supra identificati e proposti. Verrà illustrata la capitale importanza tributata alle dette riflessioni tanto nel rapporto con gli altri quanto con sé stessi, nonché una sorta “disagio” nell’esporre a livello gruppale le stesse, nonché la necessità di distaccare e considerare distinte/differenti le riflessioni spirituali dalla sola concezione religiosa e/o dalla sua espressione pratica, ed, infine, verranno illustrati gli interrogativi ai quali occorre ancora dare risposta e gli apporti che questa tesi ha da offrire al lavoro dell’operatore sociale.

(6)

I

NTRODUZIONE

Motivazioni; interrogativi, scopo del lavoro e suoi obbiettivi

Dicono che i primi amori non si scordino mai. Forse, allora non è una coincidenza che la scelta della tematica di questo mio lavoro di tesi sia ricaduta in un ambito a me familiare, per quanto a volte ritenuto dai più “particolare”, “bizzarro” o, quantomeno, inusuale: la

spiritualità. Un soggetto che avevo già incontrato nel corso dei miei studi precedenti

Scienza delle Religioni a Losanna – e che mi aveva affascinato: mi era sembrato quindi

interessante vedere come fosse possibile coniugare questo mio interesse personale con la professione che ho scelto d’intraprendere.

Nel corso dei tre anni passati in SUPSI nell’ambito del lavoro sociale, delle volte mi sono trovato a riflettere circa gli elementi e gli argomenti affrontati, sviluppati e dibattuti sia nel corso della formazione avvenuta fra le mura scolastiche sia direttamente sul campo in occasione dei vari stage effettuati nel percorso; fra questi la spiritualità era poco affrontata, spesso lasciata in disparte, poco o mai nominata e, se anche accennata, solitamente liquidata velocemente, riuscendo solitamente a ritagliarsi un suo “spazio solo nella

riflessione etica e deontologica” (Vecchiato, 2011, p. 35). Nell’approfondimento bibliografico

fatto per questo lavoro, ho riscontrato che tale trend non era relativo solo al contesto SUPSI; si rileva che

quelli della spiritualità, infatti, “sono problemi poco affrontati da quanti operano professionalmente

a servizio delle persone, anche perché non abbastanza legittimati a farlo, in termini di azione efficace per curare e prendersi cura, grazie a evidenze scientifiche messe a disposizione dalla ricerca sperimentale” (ivi).

Molti studi hanno portato in evidenza come

for many years, social work professionals have received very little and inconsistent preparation around either how to respond to the needs of those individuals and groups for whom religion or spirituality is of central importance or how to resolve dilemmas arising from their own beliefs. (Gilligan & Furness, 2006, p. 632)

Un dato interessante: queste riflessioni paiono essere più sviluppate – e tradotte poi nella pratica quotidiana – nell’ambito delle cure con declinazione più sanitaria. Infatti, nelle ricerche bibliografiche e sitografiche fatte per questo lavoro l’incidenza della letteratura trattante la spiritualità con taglio medico o infermieristico era notevolmente maggiore di quella più orientata verso il lavoro sociale1. Una possibile giustificazione per tale “divario”

potrebbe essere l’urgenza e la quotidianità del confronto con le questioni relative alla vita e alla morte e/o alla questione della sofferenza – che, anticipo, sono alcuni degli elementi costitutivi della spiritualità – abbiano spinto maggiormente i diretti interessati ad interrogarsi

1 Per chi ne volesse una prova empirica suggerisco di effettuare una ricerca con parole chiave quali “Spiritualità”, “Cura”, “Bisogni Spirituali”. Il rimando sarà con estrema probabilità primariamente a contesti medicali, assai spesso relativi al fine vita.

(7)

in tal senso sull’argomento in questione. Non va però dimenticato che a chinarsi sul detto è stata anche la legge, che riconosce alle questioni e riflessioni spirituali grande dignità ed importanza; nel contesto elvetico “sono quindi protette tutte le credenze con un certo

significato essenziale o filosofico e che esprimono una visione globale del mondo” (Trisconi

De Bernardi, 2007, p. 5). De minimis non curat prætor; se la legislazione stessa ha ritenuto utile e valido l’interrogarsi al riguardo, tanto basterebbe in sé per giustificare l’attenzione tributata al tema.

Se come abbiamo visto l’interesse per l’argomento è giustificato, resta da vedere cosa può apportare al lavoro sociale l’interrogarsi al riguardo della spiritualità (spiritualità che prima di ogni altra cosa andrà definita – o quantomeno verrà offerta una possibile definizione di spiritualità mutuata dagli spunti offerti dalla letteratura consultata –). Le domande che possono sorgere al riguardo sono, p.e.: come appena detto, “Cos’è la

spiritualità?”; “Come definirla?”; “Quale il suo rapporto con la tematica della religione?”

– con la quale, pur con somiglianze ed affinità non costituisce un sinonimo interscambiabile, come vedremo in seguito –; “Quale la percezione della spiritualità nell’operatore sociale?”; “Quali apporti possibili per l’agire educativo quotidiano?”; “Come includere efficacemente le

riflessioni relative nella formazione del lavoro?”. La vastità dell’argomento ed i limiti imposti

da questo lavoro di tesi rendono impossibile dare soddisfacente risposta a tutti questi legittimi interrogativi, s’impone quindi una selezione.

Lo scopo che questo lavoro si prefigge è dunque quello di ricercare, elaborare ed offrire alcuni elementi costituitivi della spiritualità – mutuati dalla letteratura – coi quali indagare empiricamente attraverso delle interviste per verificare ed analizzare quale sia la percezione della detta da parte degli operatori sociali, attraverso cui proporre delle riflessioni utili all’operato educativo.

Triplice obbiettivo è dunque:

 Ricerca ed elaborazione di elementi costitutivi del vettore umano della spiritualità;  Creazione attraverso i suddetti di domande da sottoporre agli operatori sociali;  Confronto ed analisi dei dati raccolti e restituzione di riflessioni utili per la pratica del

(8)

1

C

ONTESTO LAVORATIVO

1.1 Il Laboratorio Protetto Fonte 22 ed i suoi operatori

Sito in Agno, Fonte 2 è un laboratorio protetto sussidiato dal Cantone e rivolto a persone con disabilità sia fisica sia psichica, il cui obbiettivo è l'inserimento degli utenti in un ambiente lavorativo e produttivo cercando di responsabilizzarli proporzionalmente alle loro capacità e portandoli al maggior grado di autonomia possibile. Per pervenire a tale finalità il laboratorio ha scelto di occuparsi di attività prelevate dal tessuto aziendale per consentire agli utenti di confrontarsi con la metodologia e la cultura del mondo professionale e di poter svolgere concretamente un lavoro nel quale si devono rispettare regole, ma per il quale si viene anche regolarmente retribuiti. Il laboratorio promuove inoltre la collaborazione con aziende locali, a cui assicura un’alta qualità del manufatto, consegne in tempi prestabiliti, prezzi di esecuzione concorrenziali ed un servizio di trasporti (ritiro e consegna della merce).

Per quanto concerne la sua equipe di lavoro, essa consta di un Capo Struttura (Luca) e di cinque operatori (Nicholas, Giovanni3, Artemisia4, Roberta e Patty), di età compresa fra

i quaranta ed i sessant’anni, i quali saranno i miei interlocutori principali per quanto concerne la ricerca empirica di questo lavoro. La scelta di interrogarli quali campione di ricerca circa la loro percezione degli elementi di spiritualità estrapolati dalla letteratura è stata dettata dalla necessità di “ancorarsi” in maniera salda alle tematiche del Lavoro Sociale, considerando quale sia la trasversalità della spiritualità, i cui ambiti d’azione spaziano dalla quotidianità agli avvenimenti puntuali ed extra-ordinari, dal pubblico al privato, dal tempo libero a quello, appunto, lavorativo.

Mi è sembrato dunque che incarnare gli aspetti di cui tratterò nelle pagine attraverso le parole di chi quotidianamente vive il rapporto con l’altro nelle sue molteplici sfaccettature sia soluzione elegante e legittima per ovviare al pericolo di non riuscire a permanere nella concretezza quando è questione di tematiche già eteree per loro (sovra)natura5.

Ovviamente, ogni scelta ha un prezzo: in questo lavoro non comparirà il punto di vista, le impressioni, le percezioni sulla spiritualità dell’utenza; nulla tuttavia osta che qualcuno,

interessatosi, possa in futuro indagare in quella direzione, anzi, sarebbe un isperato – e graditissimo – successo.

2 La descrizione della struttura riprende e condensa quanto descritto nel Progetto Auto-Formativo redatto nel modulo “Laboratorio di pratica professionale - Educatore Sociale 2016/2017” prima di intraprendere lo stage; rimandiamo al suddetto lavoro (Allegato #01, pp. 4-7) per ogni ulteriore complemento ivi comprese bibliografia e sitografia correlate (ibidem, p. 31).

3 Su richiesta del diretto interessato è stato usato uno pseudonimo. 4 Su richiesta della diretta interessata è stato usato uno pseudonimo.

5 Colgo l’occasione per tranquillizzare il lettore preoccupato di avventurarsi in una lettura densa e permeata di terminologia specialistica oscillante tra il sociale ed il filosofico (sconfinante qua e là nel teologico) – se così purtroppo risultasse, spero che le note a piè di pagina lo aiutino comunque a districarsi e capire dove voglio condurlo –: pur mantenendo un registro serio e professionale, ho cercato sinceramente di alleggerire questo mio scritto sì da rendere la sua consultazione tanto interessante quanto piacevole, e difatti mi sono permesso ogni tanto un tono un po’ più spensierato, sperando di fare cosa gradita. Al lettore l’ardua sentenza.

(9)

2

PROBLEMATICA

2.1 Che cos’è la spiritualità?

Non è forse la spiritualità ogni azione e ogni riflessione, e ciò che non è né azione né riflessione, ma stupore e sorpresa che sempre scaturiscono nell'anima, anche quando le mani spaccano la pietra o tendono il telaio? Chi può separare la sua fede dalle sue azioni e il suo credo dal suo lavoro?

Da “Il Profeta” di Khalil Gibran Come è stato detto nell’introduzione, andrò ora a cercare di dare una possibile risposta ad una domanda che solitamente lascia perplessi o quantomeno spaesati: “Che cos’è la

spiritualità?”. Posso assicurare che la risposta non è tanto semplice quanto l’interrogativo…

Va detto innanzitutto che nella letteratura scientifica consultata non esiste una definizione definitiva e condivisa6. Ciononostante è possibile trovare trasversalmente alle

varie letture dei punti in comune, delle ricorrenze, degli “elementi costitutivi”, appunto.

2.2 La spiritualità come “vettore umano”

La dimensione spirituale è ritenuta essere onnipresente nell’essere umano nel tempo e nello spazio:

la antropología […] confirma que la espiritualidad es un fenómeno vivido por los seres humanos desde sus mismos orígenes evolutivos, manifestado de diversas maneras […] (Rodríguez et al., 2011, p. 28).

Vi è concordanza circa il fatto che “l’uomo scopre la trascendenza7 nel corso della preistoria

(Buccianti et al., 2014, p. 12) e studiosi come Ajala e Mojoyinola8 riportano che la spiritualità

è stata descritta come essenza basilare delle persone, nonché come il modo con cui esse danno significato e scopo, attraverso la relazione con loro stessi, i simili e una forza superiore; la parola “spiritualità” si riferisce alla relazione di una persona o di un gruppo con “la trascendenza”, definita da loro come la sensazione che l’essere umano è più che mera esistenza materiale.

6 Puramente a titolo d’esempio si vedano le dodici differenti interpretazioni citate come compendio da Rodríguez et al. (2011, pp. 31-32) o quelle (sempre dodici) riportate da Khalid (2006, pp. 83-85).

7 Il concetto di “trascendenza” (o “non-immanenza”) verrà affrontato assieme ad altri più in avanti nel capitolo della Metodologia.

8 Tradotta da me dall’originale spagnolo: La espiritualidad se ha descrito como la esencia básica de las personas y como

la manera en que estas encuentran sentido y propósito a través de su relación consigo mismas, con sus semejantes, y con una fuerza superior. La palabra “espiritualidad” se refiere a la relación de una persona o de un grupo de personas con lo trascendental [...] (es decir, la sensación de que ser humano es más que una simple existencia material) (Ajala &

(10)

Tale dimensione è detta essere legata

alla percezione delle persone di un sistema più ampio al quale appartengono e al quale partecipano [poiché] queste percezioni sono collegate al motivo per cui una persona dirige le proprie azioni, fornendo un significato e uno scopo per le loro azioni, capacità, convinzioni e identità di ruolo che vanno oltre i vantaggi per la propria identità (Dilts, 2001, p. 6).

Benché sempre presente, non è sempre facile delimitare i confini; infatti “la espiritualidad

no puede desvincularse de las otras condiciones materiales de existencia, ya que se sustenta en las condiciones políticas, sociales, económicas, culturales y biológicas; en que

vive y trasciende el ser humano” (Ortiz Rivera, 2007, pp. 2-3).

Come detto, in quanto vettore umano, la spiritualità esiste da quando esiste l’uomo, anche se alcuni autori sottolineano come “desde finales del siglo XIX hasta nuestros días,

se ha evidenciado un boom en la búsqueda de espiritualidad, entendiéndose ésta como una experiencia esencialmente personal y subjetiva” (Rodríguez et al., 2011, p. 29).

Esperienza personale e soggettiva in quanto tale dimensione si manifesta (o può quantomeno farlo) in maniera distinta per ogni persona, nonostante nulla vieti – ed anzi spesso è così – che riguardo certi aspetti gruppi più o meno numerosi di persone condividano visioni comuni come nel caso della religione.

2.3 La spiritualità e la religione9 (e non “La spiritualità è la religione”)

Nel corso delle mie ricerche per questo lavoro, molto spesso mi sono trovato a discutere con compagni, conoscenti, professionisti circa la tematica in questione; molto spesso mi veniva posta la domanda: “Quindi fai un lavoro sulla religione?”, solitamente seguita dalla dichiarazione – atta a portare le mani avanti… – circa il fatto che: “Non sono credente, quindi

magari non potrei esserti d’aiuto…”. La risposta alla domanda e la replica all’affermazione

sono state e sono nell’ordine “Non solo…” e “No, affatto!”.

Nonostante tradizionalmente vengano impiegati quasi alla stregua di sinonimi, “il est

maintenant reconnu et accepté par la majorité des penseurs que le terme “spiritualité” est

plus générique que celui de “religion”” (Simard, 2006, p. 110), e che il concetto di

“spiritualità” è “più ampio di quello di “religione” poiché, a differenza di quest’ultimo, contiene

anche la dimensione laica del rapporto con l’esperienza religiosa” (Cavagna, 2014, p. 41).

Potrebbe a questo punto essere utile proporre una metafora per meglio spiegare i legami fra spiritualità e religione. Si immaginino le figure geometriche dei rombi e dei quadrati: entrambe sono poligoni quadrilateri con lati paralleli a due a due (parallelogrammi) di lunghezza uguale. Paragonando la spiritualità alla figura del rombo e la religione a quella del quadrato, risulta visibile come la religione sia un caso particolare di spiritualità allo stesso

9 Per praticità di comprensione è qui stato usato il termine al singolare, anche se “data la nuova composizione multi

culturale e multi religiosa della nostra società odierna, va subito detto che è opportuno sostituire la parola “religione” con la parola “religioni” per farne un uso plurale, evidenziando così l’indubbia rilevanza di questo tema anche in chiave multi culturale” (Cavana, 2014, p. 40).

(11)

modo in cui il quadrato è un caso particolare di rombo – per farla breve, è un rombo con gli angoli retti –; se è vero che tutti i quadrati sono rombi, non tutti i rombi sono quadrati.

Per restare nel solco della metafora, oltre gli elementi costitutivi che vedremo in

seguito presenti in ogni spiritualità/rombo, gli “angoli retti” della religione/quadrato – ovvero le caratteristiche che sono presenti in qualunque costrutto culturale definibile come

religione – sono la presenza di dogmi, di riti e di miti come elementi basilari e, solitamente, anche la presenza di una/più Divinità e relative relazioni con l’umanità10.

Nel proseguo di questo lavoro si affronterà la dimensione spirituale come non richiedente “tanto e necessariamente l’adesione o l’appartenenza a un credo, a una fede, e

dunque a una comunità di riferimento, quanto l’attenzione verso un sentimento interiore da

accrescere e sviluppare secondo forme, intensità e rituali anche prettamente laici

(Cavagna, 2014, p. 41).

Si potrebbe concludere questa breve differenziazione sui due termini affermando che, “donc, “spiritualité” a un sens plus général qui engloberait “religion”” (Khalid, 2006, p. 83), pertanto gli elementi costituenti di cui parlerò a breve possono (e devono) senza dubbio alcuno “s’appliquer à l’athéisme et à l’agnosticisme ainsi qu’aux formes multiples de

spiritualité nouvelle” (Brunet, 2006, p. 182), riuscendo quindi a “écarter cette affirmation erronée qui stipule que, si une personne n’appartient pas à un groupe religieux particulier, elle n’est pas spirituelle” (Simard, 2006, p. 113): alcune persone, dunque ed infatti, si

considerano “spirituali ma non religiose; anche costoro presentano dei genuini bisogni

spirituali poiché tutti, atei e agnostici compresi, si pongono domande sul significato della vita” (Cipriani, 2010, p. 185).

2.4 Cinque elementi costitutivi della spiritualità

Arriviamo ora ai famosi elementi costitutivi evocati in queste pagine e in un certo qual modo in parte già anticipati o nominati di sfuggita. Per una scelta di stile, poiché è attraverso questi elementi che sono state costruite le domande poste durante le interviste effettuate sul campo, mi limiterò in questo paragrafo ad una semplice enumerazione dei suddetti – aiutata da due rappresentazioni grafiche –, rimandando la loro descrizione estesa alla seconda parte del capitolo riguardante la Metodologia (per il lettore impaziente e curioso riporto le pagine esatte in cui i detti vengono affrontati).

Vado quindi ora ad elencarli, raggruppandoli in due sottogruppi composti da tre rispettivamente due elementi ciascuno:

(12)

Sottogruppo della “Significazione”

 Elemento I : L'attribuzione di SENSO / SIGNIFICATO (p. 19)  Elemento II : Le questioni sulla VITA e sulla MORTE (p. 21)  Elemento III : La questione del MALE (p. 22)

Figura #1

Mia rappresentazione grafica dei tre elementi del sottogruppo della significazione.

Si noti come gli elementi (II) e (III) siano casi particolari del (I), in quanto riconducibili ai grandi Perché? dell’esistenza. Ciononostante, come verrà specificato in seguito, li consideriamo elementi a sé stanti dal (I) in quanto ricoprono un ruolo privilegiato nell’attribuzione di senso – per farla breve, fra i tanti Perché? sono quelli che hanno dato adito alle speculazioni di più largo impatto nel corso della storia –.

Sottogruppo del “Rapporto”

 Elemento IV : Il rapporto vigente tra l'individuo e

L’IMMANENTE (p. 23)

 Elemento V : Il rapporto vigente tra l'individuo e

IL NON-IMMANENTE o IL TRASCENDENTE (p. 24)

I

Senso / Significato

Vita &

Morte

Male

II

III

Sottogruppo

“S

IGNIFICAZIONE

(13)

Figura #2

Mia rappresentazione grafica dei due elementi del sottogruppo del rapporto.

In questo caso, gli elementi (IV) e (V) hanno fra loro un rapporto di specularità e di complementarietà. Di entrambi i termini (immanente e trascendente o non-immanente) verrà data debita spiegazione nel capitolo soprammenzionato.

Come si può vedere, tutti questi elementi possono essere impiegati per descrivere nella maniera più laica possibile tanto le convinzioni di un fedele affiliato ad un credo religioso (organizzato o meno) quanto le idee di chi si dichiara apertamente ateo, senza tralasciare gli altri casi di figura “intermedi”11 e/o correlati (agnosticismo, irreligiosità ecc.),

in quanto “may comprise aspects of formal religiosity and also unique and individual spiritual

views which go beyond institutional religiosity” (Büssing & Koenig, 2010, p. 20). In tal modo

è possibile indagare circa la spiritualità di una persona senza partire da concetti mutuati esclusivamente dal caso particolare della religione, permettendo comunque a coloro che si riconoscono in una visione legata strettamente a quest’ultima di “interpret their existential

and spiritual needs in religious terms, while non-religious individuals would interpret the

same needs as existential and humanistic” (ivi).

11 Immagine riferita al cosiddetto Spectrum of theistic probability (lett.: Spettro delle probabilità del teismo) nella formulazione proposta da Richard Dawkins (in italiano nota soprattutto come "La scala di Dawkins") nel suo saggio

Sottogruppo

“R

APPORTO

Rapporto con

Immanente

Non-Immanente

o

Trascendente

Rapporto con

(14)

2.5 Percepire la spiritualità: breve digressione fenomenologica

È dunque un errore di principio credere che la percezione [...] non raggiunga la cosa stessa.

Husserl, 1913 in Ghigi, 2013, p. 324

Identificati questi elementi, rimane da definire la modalità con cui impiegarli, ovvero decidere di usarli come indicatori di quale fenomeno. A partire dall’approfondimento della letteratura tematica e dai suggerimenti avuti dal mio docente di accompagnamento, ho deciso di prendere in considerazione la triade percezione, vissuto ed esperienza (o espressione), decidendo di concentrarmi sulla prima componente, in quanto, supposte come detto l’universalità spazio-temporale della spiritualità e la sua manifestazione potenzialmente – e pressoché certamente – differente per ogni individuo, voglio indagare come la dimensione spirituale sia intuita, presentita dagli operatori sociali, impiegando appunto come cartine di tornasole i cinque elementi di cui sopra. Naturalmente, nel corso delle interviste (si veda il capitolo Metodologia nelle pagine seguenti) emergeranno tanto il vissuto quanto l’esperienza (o l’espressione): presi in considerazione, non verranno analizzati in quanto tali, ma come segno manifesto dell’effettiva percezione di quel/i particolare/i elemento/i della spiritualità.

È quindi ora necessario dare una definizione utile e quanto più operativa di

percezione. Partendo da quanto propone il buon Vocabolario Treccani, è solitamente intesa

come “l’atto del prendere coscienza o conoscenza di una realtà, situazione, idea o nozione

attraverso stimoli intesi come impressioni, intuizioni, presentimenti e/o sensazioni”12;

andando più verso il campo delle scienze umane, il termine possiede “un’accezione

estremamente ampia e generale [… di] «tutto ciò che può essere presente nella mente»,

ricomprendendo quindi tanto le sensazioni, o idee semplici, quanto le immaginazioni e le idee complesse” (Ph.Dict. Treccani); un taglio più psicologico afferma che “la semplice attività sensoriale non spiega determinati caratteri della percezione [...], deve perciò esserci una attività specifica (sovrasensoriale) che produca le forme” [...] (Musatti, L., 1970, in

Cesa-Bianchi et al., 1979, pp. 16-17): infatti

Osgood (1953) propone una definizione operativa di percezione: «l’organizzazione degli eventi

sensibili quale risulta al vissuto soggettivo del soggetto percipiente»; tale organizzazione non si

esaurisce nell'ambito dei fenomeni fisiologici che la sottendono, ma si presenta con caratteristiche originali, cioè non riducibili alla biologia (ibidem, p. 31).

La percezione, quindi, “si riferisce a un gruppo di variabili che intervengono tra la

stimolazione sensoriale e la consapevolezza” (Osgood, 1953, in ivi).

(15)

Virando ora verso la filosofia – più precisamente, verso la fenomenologia –, si può affinare la definizione dicendo che “la percezione non è un evento oggettivo ma piuttosto l’atto

mentale mediante il quale la varietà delle qualità sensibili date dalla sensazione può essere

combinata e unificata” (Firenze, 2008, p. 17): “per Husserl, la percezione assolve funzioni

conoscitive essenziali [, infatti] essa è fonte epistemica13 privilegiata di accesso al mondo

naturale dell’esperienza quotidiana” (Calì, 2012, p. 226), mentre “per Gibson (1950) la

percezione è intesa come il processo mediante il quale una persona mantiene il contatto con il suo «mondo». (Cesa-Bianchi et al., 1979, p. 32). Mondo che per il fenomenologo

francese Maurice Merleau-Ponty14 esiste in quanto esistente, “è” – nel senso parmenideo

dell’essere – e può essere conosciuto da tutti, a livello però individuale e soggettivo, concludendo dunque che “la perception, comme connaissance des choses existantes, est

une conscience individuelle et non pas la conscience en général” (Marleau-Ponty, 1942, in

Owanjalola, 2004, p. 179). Infatti,

la perception désigne chez Merleau-Ponty un « contact naïf avec le monde » [... e] la perception est donc notre ouverture au monde, notre « insertion » dans un monde, naturel et historique, elle est pour ainsi dire notre initiation à l’être (Dupond, 2007, p. 3).

senza dimenticare che

la perception n'est pas le résultat de l'association des idées, mais c'est elle au contraire qui rend possible cette association. La perception précède l'association et celle-ci ne se réalise qu'après coup en vue de justifier ce qui est globalement saisi dans la perception. (Owanjalola, 2004, p. 171)

Per quanto riguarda questo lavoro si è deciso di cercare di unificare queste definizioni in una che contenesse gli elementi principali di tutte e che risultasse, come detto, utile e funzionale allo scopo prefissato. Sperando non dispiaccia troppo ai puristi, nelle pagine seguenti per percezione è dunque da intendersi come:

Atto di presa di coscienza (assolvente funzioni conoscitive essenziali ed epistemiche), non oggettivo e generale ma soggettivo ed invidiale, fondante l'organizzazione e l'associazione di idee atte a dare senso alla percezione ed a giustificarla.

13 epistèmico agg. [der. di episteme, sul modello dell’ingl. epistemic] (pl. m. -ci). – Nel linguaggio filosofico e degli storici della scienza, che si riferisce alla episteme, cioè ai programmi d’indagine scientifica, e alle relative teorie, perseguiti e attuati nelle successive epoche della storia, nonché da scuole e autori diversi; rispetto a epistemologico, accentua il momento positivo, conoscitivo, di contro a quello critico (Vocabolario Treccani).

14 Ritenuto il filosofo francese che più di tutti si sia chinato sul soggetto in esame, ha avuto il merito di “restituire alla

(16)

2.6 Formulazione della domanda di tesi

La domanda circa lo scopo della vita umana è stata posta innumerevoli volte; non ha ancora mai trovato una risposta soddisfacente.

Forse non la consente nemmeno.

Sigmund Freud

Il senso della mia vita è che la vita mi pone una domanda. O viceversa, sono io stesso una domanda per il mondo e devo fornire la mia risposta, altrimenti mi ridurrò alla risposta che mi darà il mondo.

Carl Gustav Jung

Arriviamo così alla formulazione della domanda fulcro di questo lavoro:

QUALE LA PERCEZIONE DELLA DIMENSIONE SPIRITUALE (*)

DELL'OPERATORE SOCIALE NEL SUO LUOGO DI LAVORO (**)

(*) Indagata attraverso gli elementi costituitivi definiti in questo capitolo. (**) Concretamente il Laboratorio Protetto Fonte 2 di Agno.

(17)

3

M

ETODOLOGIA

3.1 Scelta del medium: Intervista semi strutturata con parole chiave

Definita la domanda centrale di questo lavoro, andrò ora ad illustrare le modalità con cui è stata indagata.

Dopo la revisione della letteratura e la creazione a partire da essa dei cinque elementi costituenti – che verranno ripresi ed approfonditi nella seconda parte di questo capitolo – ho deciso di impiegare i suddetti per la realizzazione di sette domande inserite in un’intervista del tipo semi strutturato, consistente quindi “in una combinazione fra domande

prestabilite e parti non pianificate” (Carey, 2013, p. 137). Ho scelto di impiegare tale metodo

di raccolta dati in quanto risulta essere particolarmente versatile nell’ottica della ricerca di tipo qualitativo, il quale privilegia “i significati e le possibilità di comprensione piuttosto che

la ricerca della verità o la generalizzazione” (ibidem, p. 219).

Per quanto concerne il campionamento della popolazione, ho impiegato un campione prevalentemente di convenienza – e dunque “costruito attorno ai partecipanti che il

ricercatore conosce o che sono facilmente reperibili” (ibidem, p. 216) – ed in parte ragionato

– in quanto “i partecipanti vengono scelti in base alla loro rilevanza per la ricerca” (ivi) – sulla base dei motivi già enunciati a p. 6 di questo lavoro. Specifico che le interviste sono state tutte effettuate tra il 29 maggio ed il 12 giugno 2017 ad Agno, in conclusione di stage (l’ultima tre giorni dopo averlo terminato ufficialmente) in quanto, visti gli argomenti in esame, era necessario si fosse creato un rapporto di fiducia sufficiente per poterli affrontare con la necessaria serenità – difatti, “dal momento che l’intervistatore si interesserà di determinati

aspetti della loro vita, sarebbe bene che alle persone intervistate non dispiaccia parlare della propria esperienza” (ibidem, p. 136) –15.

La creazione ed il raffinamento delle domande/tracce dell’intervista mi ha richiesto non poco tempo, in quanto, oltre alla scelta della loro tipologia (domande aperte), era necessario che ottemperassero a tutta una serie di caratteristiche (ibidem, p. 139):

a) Assicurarsi che le domande siano strettamente connesse all'argomento di ricerche ed evitare di predisporne troppe.

b) Elaborare domande brevi (idealmente una sola frase), precise e non ambigue. c) Utilizzare un linguaggio semplice e non sofisticato, con termini di uso comune.

d) Evitare espressioni gergali, acronimi, abbreviazioni, eccetera.

e) Cercare di non porre domande che lascino intendere evidenti opinioni pregresse o che possano influenzare le risposte di chi viene intervistato.

f) Cercare di evitare domande poco chiare e a cui è difficile rispondere.

15 Non a caso, nello svolgimento dell’ultima intervista, questo aspetto è stato vivamente esplicitato: “Questo, ad esempio,

è un bel regalo che mi fai a fine stage! Parliamo di cose profonde, interessanti, mi stai facendo riflettere su cose importanti!

[…] è un momento di condivisione incredibile! Giusto per caso… Il caso! Che poi non è il caso! Cosa ti avevo detto? Voglio

essere l’ultimo e a fine stage, perché sentivo che questo momento era importante, ma avevo bisogno di poterti parlare liberamente! Perché se non parlo liberamente di questo, non posso nutrire liberamente la mia anima, e mi dispiace!

(18)

g) Evitare domande che con negazione perché possono confondere o provocare qualche incertezza nel fornire la risposta.

h) Non porre domande che danno per scontata una qualche caratteristica od opinione dei partecipanti.

Ho quindi incontrato difficoltà soprattutto nel cercare di applicare i punti (b); (c) ed (f), in quanto – soprattutto per (c) – la resa di alcuni concetti mutuati dalla letteratura nella quotidianità lavorativa e nel linguaggio di tutti i giorni è risultata arzigogolata. Era tuttavia necessario riuscire a tradurre gli elementi nel modo più abbordabile ed intuibile possibile: fatto salvo lo scoprire sul momento che l’intervistato in questione possedeva nozioni pregresse di filosofia e/o teologia/scienza delle religioni, il domandargli a bruciapelo “Qual

è il suo rapporto con il Non-Immanente?” avrebbe potuto dar adito a momenti tragicomici…

Fortunatamente ho però trovato un escamotage: mettere l’accento su delle occasioni in cui poteva prendere corpo la riflessione sui vari elementi della spiritualità ritrovati. Occasioni nel senso pratico del termine, ovvero momenti, situazioni, attività quotidiane o più puntuali, anche quelle all’apparenza più banali o poco rilevanti, nelle quali poteva aver luogo la percezione come è stata precedentemente definita. Ho dunque stilato una lista16 ragionata

(ma assolutamente non esaustiva) di queste occasioni basandomi tanto dell’osservazione della vita lavorativa quotidiana del laboratorio protetto quanto ipotizzando plausibili situazioni o momenti da cui far partire il ragionamento su un elemento (p.e.: l’occasione di un lutto per ragionare sul secondo elemento). Questa lista è presente in tutte le domande salvo tre (#1, #6 e #7, spiegherò come mai nello specifico di ognuna di queste).

In ogni traccia è anche presente una lista di parole chiave inerenti la tematica della domanda; queste sono ricavate tanto direttamente dalla letteratura quanto per vicinanza semantica con la domanda cui si riferiscono. Pensate quali possibili provocazioni o spunti di rilancio e stimolo (Carey, 2013, p. 141) saranno impiegate nel capitolo dissertativo come cartina al tornasole per illustrare anche graficamente la ricorrenza o meno di certi temi e/o soggetti nel discorso degli intervistati. A differenza delle occasioni, ogni traccia ha delle proprie parole chiave peculiari e personalizzate, ad eccezione della #7 che riprende quelle della #1. A tal proposito, un chiarimento circa i protocolli delle interviste (Allegati dal #03 al 08): accanto ad ogni parola chiave (sia per le occasioni sia per le tematiche) è stata predisposta una doppia colonna con la quale segnare se la suddetta chiave è stata

introdotta nella discussione dall’intervistato stesso senza l’intervento attivo dell’intervistatore – Spontaneamente – oppure se la summenzionata è stata introdotta nella discussione

dall’intervistatore stesso (come stimolo, rilancio, provocazione) – Suggerito –.

Vado ora, finalmente, ad illustrare le sette domande.

16 Per un esempio si veda l’Allegato #02, p. 3, Domanda #2, voce “Parole chiave OCCASIONE”. La suddetta lista è riportata in ugual modo nelle Domande #3, #4 e #5.

(19)

3.2 Domanda #1

3.2 Definizione personale di spiritualità

Prima di addentrarmi e sperimentare l’uso degli elementi trovati – ovvero applicare quanto teorizzato dalla letteratura al riguardo –, mi è sembrato doveroso e soprattutto utile interrogare i miei interlocutori riguardo la loro propria personale definizione di spiritualità – ovvero quello che si riscontra empiricamente sul campo –. Per fare questo, dunque, era fondamentale porre la domanda prima di iniziare la discussione per mezzo degli elementi, onde evitare qualsivoglia influenza sul pensiero dei diretti interessati ed avere quindi, nel limite del possibile, una risposta libera e non influenzata. Per ottenere ciò mi sono imposto, in questa prima domanda, di non suggerire nessuna parola chiave in quanto spunto, provocazione o altro, ma di limitarmi a repertoriare quelle che venivano evocate spontaneamente.

La prima (e secca) domanda dell’intervista risulta dunque essere la seguente:

Prima di iniziare, vorrei chiederle di dirmi, con parole sue, che

cos’è, per lei, la spiritualità?

Dal momento che si tratta essenzialmente di una domanda di definizione, non ho utilizzato la lista delle occasioni. Si noti poi che la formulazione delle domande è stata fatta impiegando la forma di cortesia, nulla vieta tuttavia l’uso del “tu” a seconda della relazione con la persona intervistata – e di fatti così è stato come si evincerà dalle trascrizioni delle varie interviste –.

Parole chiave tematiche: Bisogni esistenziali; Bisogni spirituali; Convinzioni; Domande &

Risposte; Individuale vs Collettivo; Laicità; Più vasta di Religione; Sempre presente; Sentimento umano; Terminologia; Trasversalità del soggetto; Vettore umano; Visione del mondo / universo / “creato”.

3.3 Domanda #2

3.3 Elemento I : L'attribuzione di SENSO / SIGNIFICATO

As personal, we experience our lives against the background of questions like, who am I, where have I

come from, why did I come to be, where am I going, why do I have to die?

O'Sullivan, 2016, p. 2 su 9

Come anticipato nel terzo capitolo, questo primo elemento si iscrive nel sottogruppo “Significazione” e contiene in sé sia il II sia il III. Succintamente può essere descritto e riassunto come il

(20)

deseo de identificar algún significado y propósito en nuestra vida que nos ayudará en la generación de motivación y objetivos, dando lugar a una sensación de satisfacción (McSherry, 2000, in Rodríguez et al., 2011, p. 31).

Non a caso autori come Dossey e Guzzetta (1995) parlano della spiritualità specificatamente come “de la signification et du but” (Simard, 2006, p. 108), così come per altri “la spiritualité consiste en la recherche d’un sens profond à la vie et aux événements

de la vie” (Pepin & Cara, 2001, in ibidem, p. 109). Per la ACCS [Association canadienne

catholique de la santé], la “vie spirituelle est faite d’efforts en vue de trouver un sens, une finalité [nonché] recherche du sens de la vie (ibidem, p. 111) così come altri affermano come

la spiritualità sia il porsi “questions about meaning in life, and religious struggles (“Why

me?”), etc.” (Büssing & Koenig, 2010, p. 19), ovvero “des questions fondamentales sur le

sens de la vie” (Khalid, 2006, p. 86).

La letteratura è concorde nell’affermare come i cosiddetti “bisogni spirituali” siano “the needs and expectations which humans have to find meaning, purpose and value in their

life” (Büssing & Koenig, 2010, p. 19), ricordando e specificando, come già detto nel capitolo

della problematica che “such needs can be specifically religious, but even people who have

no religious faith or are not members of an organized religion have belief systems that give their lives meaning and purpose” (ivi).

Questo primo elemento è da intendersi come la ricerca di senso in generale, senso degli avvenimenti, degli accadimenti, il fermarsi a domandarsi il Perché? qualcosa sia o non sia successo, quali le sue possibili cause, poco importa a quale livello o scala ci si riferisca – declinati quindi all’io, al noi, al mondo intero, a questo universo o magari, chissà, ad un altro ancora –, così come il senso delle azioni compiute o che si stanno per compiere, le decisioni prese o mancate, la logica dietro a fenomeni che paiono esserne privi o quantomeno che ne hanno una che ci sfugge.

Declinato nella seconda domanda dell’intervista, è stato reso nel modo seguente:

Riferendoci ora al suo contesto di lavoro, vorrei chiederle: quali

sono le occasioni in cui avverte il bisogno di interrogarsi e di

dare un senso a quanto le accade?

La difficoltà risiede nel cercare per quanto possibile di non introdurre attivamente gli elementi (II) e (III) (suoi casi particolari) salvo l’eventualità dove l’intervistato li abbordi in autonomia; in quel caso andranno poi ripresi ed affrontati in maniera più approfondita nelle domande #3 e #4.

Le parole chiave sono: Finalità; Motivazione; Obbiettivo; Resilienza; Ricerca [interiore o meno]; Risposta ai Perché?; Scopo; Senso; Significato; Soddisfacimento; Valore; Vissuto e

(21)

3.4 Domanda #3

3.4 Elemento II : Le questioni sulla VITA e sulla MORTE

D’ailleurs, c’est souvent devant la mort que la question de la foi peut se poser avec acuité.

Brunet, 2006, p. 182

Fra i grandi Perché? dell’esistenza, alcuni ricoprono una posizione privilegiata ed un ruolo prominente. Fra questi vi è senza dubbio gli interrogativi riguardanti tutto quello che concerne la vita ed i suoi percorsi, le sue vicissitudini e, soprattutto il suo atto conclusivo (o, almeno, per quanto concerne la realtà dei sensi): la morte.

Vi è convergenza fra i vari autori che, di fronte alla “necesidad de encontrar

respuestas satisfactorias acerca de la vida, la enfermedad y la muerte” (Brady; Peterman &

Fitchett, 1999 in Rodríguez et al., 2011, p. 31), la spiritualità si rivela un efficace strumento, in quanto “offre une façon d’interpréter le sens de la vie, le sens d’événements

apparemment absurdes, qui peut alléger bien des angoisses à propos de la vie et de la mort” (Lefebvre F., 2001, p. 90): le riflessioni attorno ai momenti di passaggio – tragici come

possono essere i lutti, specie quelli inaspettati, ma anche lieti come le nascite! – sono fondamentali, in quanto, “en obligeant à revoir des éléments fondamentaux de l’expérience

humaine comme la souffrance, la durée, la relation aux autres, conduisent la personne à relire sa propre histoire” (Doucet, 2001, p. 29). Non a caso nelle maggioranza delle

concezioni religiose largo spazio è dato alle speculazioni di tipo escatologiche17 (relative al

destino ultramondano).

La declinazione di questo secondo elemento nell’intervista è così reso:

Restando sempre nell’ambito di dare un senso, quali sono le

occasioni in cui si interroga in modo particolare sui temi relativi

alla vita e la morte?

Le parole chiave di questa domanda sono: Accettazione; Accompagnamento; Aldilà;

Avvenimenti; Consolazione; Destino; Fatalismo; Lutto; Morte; Perché della Morte; Rassegnazione; Senso della Vita; Vissuto; Vita.

17 escatologìa s. f. [comp. del gr. ἔσχατος «ultimo» e -logia]. – Dottrina degli ultimi fini, cioè quella parte delle credenze religiose (e, in qualche caso, di teorie filosofiche e teologiche) che riguarda i destini ultimi dell’umanità e del mondo. In un

(22)

3.5 Domanda #4

3.5 Elemento III : La questione del MALE

Altro grande interrogativo dibattuto in più campi (dalla teologia alla psicologia passando per la filosofia) è quello relativo al concetto di “Male”:

male In senso ampio, tutto ciò che arreca danno turbando comunque la moralità o il benessere

fisico ed è perciò temuto, evitato, oggetto di riprovazione, di condanna o di pietà, di compassione ecc. (Enciclopedia Treccani)

Nozione questa da intendersi in tutte le sue possibili sfaccettature e declinazioni, da quelle

connesse al termine con la “M” maiuscola di derivazione più speculativa o sapienziale – ovvero tutte le riflessioni relative alla teodicea18 ed alla questione dell’Unde Malum19, col

suo corollario circa la perpetrazione del detto e la derivante ingiustizia tanto umana quanto divina – a quelle con la “m” minuscola più pragmatiche e concrete che lo vedono associato al concetto di dolore nella sua accezione più lata, “totale e va inteso come dolore fisico,

emozionale, sociale, spirituale” (Cipriani, 2010, p. 185), relativo quindi a tutti quegli

“événements éprouvants de la vie, tels que la perte d’autonomie, le deuil, la maladie” (Khalid, 2006, p. 87). Non a caso autori come Sulmasy affermano

che tutti coloro che svolgono una professione sanitaria [e noi allarghiamo agli operatori sociali] hanno preso l’impegno di curare al meglio i loro pazienti nella loro totalità senza ignorare il significato che il malato attribuisce alla sofferenza, alla guarigione, [nonché come già visto] alla vita e alla morte. (Cipriani, 2010, p. 185, sottotitolato mio)

È appunto attraverso la tematica della sofferenza (fisica e non) che il terzo ed ultimo elemento del sottogruppo “Significazione” è stato declinato nella quarta domanda, così d’avere un appiglio concreto e pragmatico pur lasciando ampio margine di riflessione all’intervistato:

Continuiamo nel campo del dare un senso… In quali occasioni

riflette al riguardo del tema della sofferenza, nel senso più

ampio del termine?

Parole chiave: Disagio; Dolore; Fattualità del Male; Ingiustizia; Malattia; Senso; Sofferenza;

Spiegazione origine; Spiegazione perpetrazione; Teodicea; Unde Malum.

18 teodicèa s. f. [dal fr. théodicée (comp. del gr. ϑεός «dio» e δίκη «giustizia»). – Termine filosofico che, dopo il significato originario di «giustificazione di Dio» con il quale fu creato da Leibniz, si è svolto nel Settecento e nell’Ottocento in quello di «trattazione del problema di Dio nei suoi rapporti con il mondo e l’uomo» (Vocabolario Treccani), nonché “la difesa della

suprema saggezza dell’autore del mondo contro chi lo accusa in nome di quanto in esso appare di negativo” (Enciclopedia

Treccani).

19 Locuzione proveniente dal De consolatione philosophiæ di Severino Beozio (VI sec d.C.), letteralmente “Da dove [arriva]

il Male?”. Originalmente riferita al contesto monoteista cristiano – la locuzione competa è Si Deus est, unde Malum, “Se Dio è/esiste, da dove [arriva] il Male?” –, può essere usata per indicare tutte le riflessioni sull’origine del Male (per dargli un senso): da Eva ed il Frutto Proibito a Pandora col suo famigerato Vaso passando da Ahura Mazda ed il di lui unico e solo pensiero negativo Angra Mainyu nella cosmogonia zoroastriana/mazdeista.

(23)

3.6 Domanda #5

3.6 Elemento IV : Il rapporto vigente tra l'individuo e L’IMMANENTE

Passando ora agli elementi secondo sottogruppo, “Rapporto”, cominciando con l’immanente ed alla sua definizione – che, assieme a quella del suo opposto, il lettore sta aspettando oramai da p. 13 –.

immanènte agg. [dal lat. tardo immanens -entis, part. pres. di immanere «rimanere dentro»].

Che rimane o è insito in qualche cosa. In filosofia (in contrapp. a trascendente), di ogni realtà che non trascende la sfera di un’altra realtà, che non esiste cioè separata e indipendente da quella, bensì è con essa in rapporto di coessenzialità reciproca. (Vocabolario Treccani)

Immanente, legato ossia all’immanenza, è in sintesi estrema tutto ciò che può essere percepito e compreso attraverso l’uso dei cinque sensi, dunque vincolato alla realtà immediatamente percepibile: è l’alterità umana (gli altri) e naturale (Natura, Cosmos)20. La

letteratura definisce questo elemento di spiritualità declinandolo come “le sens profond

d’être relié à ce qui est : soimême, l’autre, l’environnement [nonché] l’ouverture de l’être à l’infini” (Pepin & Cara, 2001, in Simard, 2006, p. 109), vedendolo quindi sia come una

“relation avec les autres” (ibidem, p. 110) sia un “besoin de la personne [che] s’appuie sur

la réalité de la personne” (Breton, 1992, in ibidem, pp. 110-111). Per la ACCS (Association

canadienne catholique de la santé), la spiritualità interroga fra l’altro circa il “rester en rapport avec l’autre [...] comportant des aspects personnels, communautaires et publics” (ibidem,

p. 111), così come Johanne Jourdenais parla di “valeurs, appartenance à une communauté” (ibidem, p. 112); dal canto loro, Lomomba Emongo et Kalpana Das (2001) descrivono la spiritualità come la “quête d’harmonie avec soi-même, avec le reste de la société, la nature,

le cosmos [e la] résonnance avec l’ensemble de la réalité […] humaine, cosmique [...]”

(Khalid, 2006, p. 84) e Cossette (1999) parla degli effetti delle riflessioni spirituali “sur le plan

transpersonnel (sentiment d’être intimement lié à l’autre ou à la nature)” (ibidem, p. 87).

Infine, “per alcune persone la spiritualità [...] viene estrinsecata attraverso i contatti con la

famiglia, gli amici, la natura e l’ambiente” (Cipriani, 2010, p. 185).

La domanda finale è stata dunque resa così:

Abbiamo affrontato finora le tematiche dell’attribuzione di

significato. Ora le domando: per quanto concerne le dette

tematiche, in quali occasioni lei si confronta coi suoi colleghi al

loro riguardo?

Parole chiave tematiche: Alterità [naturale]; Altri; Comunità; Corpo; Cosmos; Etica; Natura;

Norme; Percezione; Pubblico; Realtà percepibile; Sensi; Società; Valori.

(24)

3.7 Domanda #6

3.7 Elemento V : Il rapporto vigente tra l'individuo e il NON-IMMANENTE o IL TRASCENDENTE

Mysterium non definisce concettualmente nient’altro che

ciò per cui si «hanno gli occhi chiusi», ciò che è nascosto, non manifesto, non concepito, né compreso, non quotidiano, né familiare.

Otto, 1917, in Bancalari 2009, p.195

Arrivo ora all’ultimo dei cinque elementi, dicotomicamente opposto e complementare al precedente.

trascendènte agg. [dal lat. transcendens -entis, part. pres. di transcendĕre «trascendere»]. – In

filosofia (in contrapp. a immanente), detto di termine che specifica il carattere di ciò che è al di là di un limite, soprattutto al di là delle facoltà conoscitive dell’uomo, o di una realtà data e definita, concetto che si precisa in Kant come ciò che sorpassa ogni possibile esperienza. Con uso sostantivato e valore neutro, il principio divino o l’essere che è al di là delle categorie (quindi anche dell’essere stesso). (Vocabolario Treccani)

Trascendente è quindi, specularmente a quanto detto sopra, tutto ciò che non può essere percepito e compreso attraverso l’uso dei cinque sensi, dunque svincolato alla realtà immediatamente percepibile: è l’alterità non umana sovrannaturale21, il numinoso22 ganz

Andere23 di Otto, “il «totalmente Altro», ciò che cade assolutamente fuori dalla sfera

dell’usuale, del comprensibile, del familiare” (Otto, 1917, in Bancalari 2009, p. 201). È

ritenuto dalla letteratura punto centrale di ogni manifestazione spirituale, descrivendolo come la “creencia de que un ser superior a nosotros tiene el control último, lo cual genera

esperanza” (Juby & Rycraft, 2004, in Rodríguez et al., 2011, p. 31) o come “le sens profond d’être relié à [...] Dieu [...] de même qu’en la recherche d’une énergie créatrice [...] à l’ouverture de l’être [...] à une transcendance” (Pepin & Cara, 2001, in Simard, 2006, p. 109).

Trascendenza legata anche ad un concetto di Divinità (sing./pl.), ma non in maniera esclusiva e non esclusivamente in senso religioso particolare:

comme Sulmasy (2002) le note avec pertinence, « même si tous ne se réclament pas d’une

religion, on peut dire que tous ceux et celles qui recherchent un sens ultime ou transcendant ont une spiritualité » (ibidem, pp. 110-111)

21 soprannaturale (meno com. sovrannaturale) agg. [comp. di sopra- (o sovra-) e naturale]. – Nel linguaggio com., che supera il corso ordinario della natura (sinon. in questo caso di preternaturale); o che trascende i limiti dell’esperienza e della conoscenza umana (equivalente quindi a trascendente). Sostantivato con valore neutro, il s., tutto ciò che sta al disopra della natura, manifestandosi come non soggetto alle sue forze e alle sue leggi. (Vocabolario Treccani)

22 numinóso agg. e s. m. [dal ted. numinos, der. del lat. numen -mĭnis «nume»]. – Termine coniato dal teologo ted. Rudolf Otto (nella sua opera Das Heilige «Il Sacro», 1917) e da lui introdotto nella filosofia e nella storia delle religioni per indicare l’esperienza peculiare, extra-razionale, di una presenza invisibile, maestosa, potente, che ispira terrore ed attira: tale esperienza costituirebbe l’elemento essenziale del «sacro» e la fonte di ogni atteggiamento religioso dell’umanità. (idem) 23 È il Mysterium tremendum et fascinans, il “Mistero tremendo ed affascinante”, che terrorizza ed attrae al tempo stesso, perché “ha le sue forme selvagge e demoniche [e può] degenerare in un orrore quasi spettrale, che dà i brividi [... ,] ma

conosce anche possibilità di sviluppo verso il raffinamento, la purificazione e la trasfigurazione [e] può diventare quieto ed umile tremore e ammutolimento della creatura di fronte a – già, di fronte a cosa ? Al mistero ineffabile che è al di sopra di ogni creatura” (Otto, 1917, in Bancalari 2009, p.195).

(25)

La già citata ACCS “définit la spiritualité comme la lutte que nous menons en vue d’atteindre

l’autotranscendance [...] ainsi qu’une connaissance du transcendant (croyance en une réalité qui est au-delà de nous-mêmes et de nos vies) [... e] le mystère de la création (lieu où l’on sent la présence de Dieu et la proximité avec le transcendant” (ibidem, p. 111) e

Johanne Jourdenais “conçoit, elle aussi, la vie spirituelle [fra altri elementi come una]

relation avec un absolu” (ibidem, p. 112), così come “Leininger (1997) discute

spécifiquement de la notion de spiritualité comme étant la connexion et la relation avec une force de la vie, un être suprême ou surnaturel” (Khalid, 2006, p. 85) e “Cossette (1999)

[parla degli effetti delle riflessioni spirituali] sur le plan transcendantal (sentiment d’une

communion avec le divin)” (ibidem, p. 87). Le riflessioni/speculazioni su tale hanno come

finalità il

cogliere e penetrare la totalità dell’uomo, che non è solo psicofisica, ma anche spirituale, e che si esprime essenzialmente nell’essere-nel-mondo come trascendenza: ne deriva che l’essenza dell’uomo richiama il problema sia dell’esistenza che della trascendenza (Fizzotti, 2012, p. 15).

Elemento fondamentale della spiritualità, questo è anche, guarda caso, il meno evidente da rendere come domanda accessibile e completa allo stesso tempo. Mi è stato però suggerito di ricorrere alla semplicità – l’esortazione “Falla semplice!” rende l’idea… –; quindi, rasoio

di Occam alla mano, la sesta traccia per l’intervista è stata resa nel modo seguente:

Prima abbiamo parlato del rapporto con ciò che, in estrema sintesi,

può essere percepito attraverso i cinque sensi. Ora però le chiedo:

secondo lei, tutto si riduce a quello che possiamo percepire in

questa realtà, oppure…?

Risulta certo essere la domanda più “rischiosa” di tutte, rischiando di sembrare tendenziosa o di non dare adito a ulteriori sviluppi oltre ad una risposta secca “Sì/No”; tuttavia in tutte le interviste svolte, come si vedrà, la discussione si è sempre sviluppata ed in alcuni casi è risultata essere ben articolata ed approfondita. Come si può notare, non è formulata attraverso l’interrogativo sulle occasioni: ho ritenuto lecito, in questo caso, osare portare la riflessione su un altro livello, concentrandomi maggiormente sulle parole chiave tematiche. Ritengo utile fare qui una precisazione: potrebbe sembrare che esista una contraddizione fra la volontà dichiarata di voler investigare la percezione degli operatori sociali e l’appena definita non percezione del trascendente. Così non è: se è vero che il trascendente è per definizione non percepibile, io sto indagando sulla percezione dell’elemento inerente il rapporto con il trascendente, che per contro è percepibile e quindi passibile di indagine. Parole chiave: Alterità [sovrannaturale]; Anima; Divino; Etica; Fede; Intimo; Mito; Norme;

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3.8 Domanda #7

3.8 Ripresa della domanda iniziale

Affrontati tutti e cinque gli elementi, con l’ultima domanda riprendo la prima, chiedendo all’intervistato se, dopo aver riflettuto assieme attraverso le tematiche evocate, la sua propria definizione di spiritualità è stata confermata (in parte o in toto), o se vuole rivederla, aggiungendo, togliendo e/o cambiando alcune precedenti affermazioni:

Abbiamo cominciato questa discussione con la domanda di cosa

fosse per lei la spiritualità. Se ora io le ponessi nuovamente quella

domanda, come mi risponderebbe?

A differenza del primo quesito posto ad inizio intervista, qua ho ritenuto lecito ed utile poter proporre spunti di riflessione o provocazione impiegando le parole chiave tematiche già impiegate nella prima domanda e, come nel caso della suddetta, essendo incentrata sulla definizione di un concetto, non ho impiegato la lista delle occasioni.

In conclusione di intervista ho lasciato la possibilità di lasciare un ultimo commento, una riflessione, una battuta con cui terminare la nostra discussione.

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