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Domanda #2 Riferendoci ora al suo contesto di lavoro, vorrei chiederle: quali sono le occasioni in cui avverte il bisogno di interrogarsi e di dare un senso a

domanda, come mi risponderebbe?

4.3 Domanda #2 Riferendoci ora al suo contesto di lavoro, vorrei chiederle: quali sono le occasioni in cui avverte il bisogno di interrogarsi e di dare un senso a

quanto le accade?

Affrontando l’elemento della significazione a largo spettro, mi sono reso conto che, così formulata, la domanda risultava giustamente aperta, ma forse non del tutto esaustiva su quale fosse l’accezione da me intesa per “senso”; difatti, sulle prime, alcuni intervistati l’hanno declinato più come l’intenzionalità di qualcosa, di un’azione, di un agito, identificandolo, ad esempio con la (non) congruenza tra quello che una persona fa e dice o si mostra:

Artemisia: Nei contesti in cui ad esempio non vi è il verbale, nella comunicazione non verbale, diciamo, o nella comunicazione… [In sospeso] Mi chiedo sempre se ci sia altro…

oppure interpretandolo come – scusate il gioco di parole – il “senso nel senso di sensato”, ovvero se risponde alla domanda “Ma è sensato?” inteso nell’accezione di efficacia, quindi “Ma è efficace per…”:

Nicolas: Mah, più che interrogarmi su qual è il senso di ciò che accade, m’interrogo su se quello

che faccio ha senso per raggiungere un obbiettivo… […] Il senso di quello che accade è qualcosa ancora legato a delle cose troppo… Spirituali, mettila così…

Altra interpretazione data alla domanda era quella che personalmente identifico come “attenzione alla pratica osservativa e riflessiva”, relativa all’interrogarsi su quanto sta accadendo e, per questo, interrogati sulle occasioni, alcuni intervistati hanno messo l’accento sulla quotidianità delle considerazioni sulla significazione:

Roberta: Io mi interrogo sempre ed in ogni luogo, in ogni momento su ciò che accade, sul lavoro,

nel senso che… Nel senso che soffermarsi a riflettere su ciò che accade è un elemento importantissimo del nostro lavoro, nel senso che anche le cose più insignificanti, che possono sembrare esserlo, ci dicono qualcosa...

Luca: Io credo che tutti gli eventi della quotidianità siano dei momenti in cui è utile interrogarsi.

Non dare per scontato che le cose accadono perché “accadono” perché è troppo riduttivo… […] Tutto quello che ha a che vedere con le persone, io mi interrogo.

Una volta però orientata la discussione sugli interrogativi inerenti ai Perché? così come li avevo identificati e descritti in precedenza, è emersa una riflessione meno orientata alla pratica empirica, più profonda, più “ontologica”:

Nicolas: Parecchie volte, mi sono trovato a dire, “Accidenti, qui come faccio?” [...] mi dicevo, “Ma che senso ha? Quello che sto facendo allora, realmente, ha un senso?” ...

È interessante notare come, una volta specificato questo, in due casi mi è stato esplicitamente detto che questo genere d’interrogativi erano affrontati solo ed esclusivamente se supposti avere una finalità pratica, altrimenti no:

Aronne: L’interrogarsi di ciò che accade ed anche il chiedersi… “Ok, perché le cose succedono?”.

Roberta: Perché succedono le cose? [Lungo istante di silenzio] No, questa domanda non m’interessa, come tipo di domanda, nel senso, sai la domanda vuota “Ma perché è successo?”,

non m’interessa… Se è un cercare il senso rispetto ad un avvenimento, quindi nel senso di ricerca, allora sì, ha senso.

Aronne: Quindi, ti poni anche i… “Perché”?

Luca: Ah, questa è una bella domanda… Io generalmente non voglio porre il perché accadono le cose, ma voglio beneficiare del cosa accade e come accade, e quindi analizzarle… […]

Ad ogni modo, una volta accordatici sul senso della domanda, le risposte datemi mi permettono di identificare alcune convergenze. Prima fra tutte è l’assenza di occasioni formalmente definite o circoscrivibili a carattere e/o cadenza regolari (p.e.: il lasso di tempo prima dell’arrivo degli utenti, le riunioni mattutine e/o bisettimanale, la supervisione, le assunzioni di nuovi utenti e/o le dimissioni dei vecchi...), quindi in un certo qual modo “ritualizzate”; le occasioni caratterizzate da questi interrogativi sono più estemporanee, alla bisogna, ovvero quando il viene in essere il casus quæstionis, generalmente identificato come momenti di forte stress o di crisi in senso lato:

Nicolas: Quando ti metti in discussione… Boh, poi magari ci sono dei momenti nella vita in cui

magari sei un po’ stressato…

Giovanni: In ogni momento di crisi, che sia di qualsiasi tipo, personale, professionale, cambiamento [... , quando] il mio modo di funzionare è messo in discussione.

Scendendo più nel dettaglio di queste situazioni vengono già affrontati in parte i casi specifici degli Elementi (II) e (III), ovvero quello delle questioni sulla vita e sulla morte (che ad esempio Giovanni già aveva evocato nell’iniziale sua definizione di spiritualità):

Giovanni: Sicuramente, in generale ti dicevo le crisi, […] sicuramente quando ci sono le morti.

Luca: Sai, un esempio proprio tragico… Perché è morto un genitore? Possiamo star lì a chiederci

costantemente perché si muore…Potremmo stare lì a ragionare sul fatto che è il senso della vita, il fatto della malattia, questo, quell’altro… Ma secondo me è riduttivo!

e quello sulla questione del Male:

Patty: Spesso, spesso mi chiedo, quando si è confrontai con queste storie di vita, di sofferenza,

di malattia, io mi pongo, mi sono sempre chiesta – poi è anche un po’ la mia indole – per quel che è la malattia, i mali del mondo, il perché, il percome… Me lo chiedo spesso.

anche se quest’ultima è vista come un’occasione meno “puntuale”, visto che il suo casus

quæstionis non è così facilmente identificabile ma più diffuso nella temporalità:

Patty: E poi, quando sei confrontato quotidianamente con chi sta male il tema della sofferenza è

un po’ il leitmotiv che ti tiri dietro, e cerchi di dare una spiegazione, anche se non c’è... [… Le

occasioni] sono legate a quando un utente sta male o ha uno scompenso, una situazione di

sofferenza che perdura tanto e lì entro in quest’ordine di cose e mi chiedo, mi pongo interrogativi, mi faccio domande…

Interessante è anche notare come in un paio d’interviste venga evocata l’utilità di queste riflessioni, sia in una loro declinazione in un certo qual modo più speculativa:

Patty: A me aiuta pormi questi interrogativi, questo tipo di domande, perché sei confrontato con

la natura umana, la sofferenza umana, nelle relazioni d’aiuto, quindi automaticamente aiuta ad entrare in questo tipo di riflessioni.

sia in una più strettamente (ma non unicamente) orientata ad azioni maggiormente pratiche:

Luca: Il perché accadono le cose… Boh! Non lo so, è un gran punto di domanda, a me piacciono

i punti di domanda… Spesso non mi chiedo il perché accadano le cose ma se c’è un motivo prima

o poi lo scoprirò senza doverlo chiedere, ma soprattutto come aiutare, sostenere, aiutare...

Volendo proporre una generalizzazione, dai dati a disposizione emerge come ci sia accordo tra gli intervistati sul fatto che le “occasioni” più propense per percepire questo primo elemento della spiritualità sono i momenti di crisi in senso lato, solitamente i lutti, meno puntualmente ma ugualmente importanti quelli di manifestazione della sofferenza relativa all’Elemento (III).

4.4 Domanda #3 Restando sempre nell’ambito di dare un senso, quali sono le occasioni