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Rischio immobiliare nel settore bancario: teoria e analisi della normativa nazionale e comunitaria

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea Specialistica

in Economia e Finanza

Tesi di Laurea

Il rischio immobiliare nel settore

bancario: teoria e analisi della

normativa nazionale e

comunitaria

Relatore

Prof. Andrea Giacomelli Correlatore

Prof. Paolo Pellizzari Laureando

Fabio Querin Matricola 841682 Anno Accademico 2013 / 2014

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INDICE

INTRODUZIONE………...5

PARTE PRIMA: LA NORMATIVA Capitolo 1: Vecchi principi di controllo del rischio immobiliare contenuti nella circolare 263 della Banca d’Italia……….………7

Capitolo 2: Nuovi principi di controllo del rischio immobiliare contenuti nella circolare 285/2013 della Banca d’Italia……….………....17

Capitolo 3: Confronto tra le norme nazionali della Circolare 263/2006 e le norme nazionali-comunitarie della Circolare 265/2013………24

Capitolo 4: Limiti e carenze della normativa……….……26

PARTE SECONDA: ALCUNI PRINCIPI PER SOPPERIRE AI LIMITI NORMATIVI Il modello Real Estate Risk……….………..31

PARTE TERZA: MODELLO SUL COMMERCIAL REAL ESTATE LOAN CREDIT RISK Capitolo 1: Introduzione al modello……….………37

Capitolo 2: Input e Output del modello……….………..39

Capitolo 3: Il processo per arrivare alla determinazione della PD e della LGD……….………...41

Capitolo 4: Riflessioni sul modello……….………..50

CONCLUSIONI……….………..57

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INTRODUZIONE

L’esposizione verso il mercato immobiliare è un problema che molti istituti finanziari, se non quasi tutti, devono affrontare.

L’esempio che primo ci viene in mente è quello delle banche che giornalmente concedono prestiti per l’acquisto di una casa ponendo la stessa come garanzia.

Vediamo così per l’appunto che gli istituti di credito non devono preoccuparsi solo di tenere sotto controllo il cliente, ma, nell’eventualità che questi risulti insolvente, devono fare i conti anche con l’andamento dei prezzi dell’immobile.

È possibile affermare che al rischio di credito si associa in questo caso anche il rischio immobiliare.

Tale rischio deve, però, essere inteso in un’accezione diversa da quella che normalmente associa rischio e rendimento.

Per la banca, infatti, l’immobile non rappresenta una fonte di guadagno anche perché è la stessa normativa emanata dalla banca d’Italia che nella Circolare 263/2006 vieta il possesso di immobili a fini speculativi.

Il rischio, come verrà meglio definito nel corso dell’elaborato, deve comprendere nella sua definizione il fatto che l’immobile è in questo contesto usato solo come una garanzia.

In tal senso allora il rischio si concretizza nel momento in cui il cliente diventa insolvente e bisogna vendere l’immobile per rientrare dei costi relativi all’esercizio del credito.

Quanto appena detto è risultato evidente in seguito allo scoppio della bolla immobiliare del 2007 che ha portato gli USA e il resto del mondo ad affrontare una profonda crisi.

In quel periodo, infatti, molte banche si sono ritrovate con mutui che non venivano più ripagati, ma pensavano di non subire alcun danno dato il fatto che godevano della garanzia immobiliare.

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Tuttavia, il fatto che contemporaneamente tutte vendessero gli immobili di cui erano in possesso, ha fatto crollare il valore degli immobili stessi e ciò ha comportato un crollo dell’attivo con conseguenti ingenti perdite per le banche.

Da quanto appena detto risulta allora fondamentale lo studio delle garanzie immobiliari e del rischio connesso.

Le banche italiane, anche se non pienamente colpite, hanno comunque risentito fortemente della crisi sistemica che si è verificata ed è quindi necessario anche per esse considerare il problema del rischio immobiliare e cercare di attenuarlo.

L’elaborato va per questo motivo ad esaminare come le autorità di vigilanza italiane abbiano affrontato il problema e se i correttivi posti in essere risultino sufficienti. Allo studio della normativa italiana deve essere affiancato anche quello della normativa comunitaria dato che l’Italia fa parte dell’UE, la quale sta cercando di attuare una centralizzazione degli organi di vigilanza che ha portato da poco alla costituzione dell’ABE, ovvero dell’Autorità Bancaria Europea.

Fatto ciò verranno presi in considerazione i fattori che determinano il rischio immobiliare e verrà approfondito un metodo specifico di valutazione del rischio andando poi ad esaminare se esso possa essere preso d’esempio da un regulator per la stesura di norme generali che possano essere adottate da tutti.

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PARTE PRIMA: LA NORMATIVA

Capitolo 1

Vecchi principi di controllo del rischio immobiliare contenuti nella

circolare 263 della Banca d’Italia

Il rischio immobiliare è un argomento che viene affrontato all’interno del corpo normativo delle Circolare 263/2006 emanata dalla Banca d’Italia.

Se guardiamo più nel dettaglio va, però, detto che il problema non è affrontato esplicitamente, ma viene trattato all’interno della più ampia categoria del rischio di credito, ovvero della possibilità che la controparte non riesca ad assolvere, del tutto o in parte, al pagamento del debito.

Prima di esaminare l’argomento, deve essere precisato che la legge prevede che ogni istituto di credito debba possedere dei requisiti patrimoniali minimi, ovvero che le disponibilità liquide siano in grado di far fronte a perdite impreviste – entro ragionevoli limiti – altrimenti l’esercizio dell’attività creditizia risulterebbe dannoso per l’istituto stesso e talvolta anche per l’intero sistema.

Tale patrimonio minimo viene richiesto perché l’istituto di credito deve sottostare a una serie di rischi che devono in buona parte essere mitigati.

La considerazione appena fatta indica che processo importante è quello di capire in quale misura e a quali rischi l’azienda è sottoposta in modo da detenere un adeguato patrimonio.

L’analisi del rischio immobiliare deve allora partire dal TITOLO II Capitolo 1 relativo al calcolo dei requisiti patrimoniali per fronteggiare il rischio di credito.

Il capitolo si suddivide in due sezioni: la Parte Prima relativa al calcolo dei requisiti secondo una metodologia standardizzata e la Parte Seconda relativa invece al calcolo dei requisiti secondo un modello di rating interno (IRB).

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Esaminando la metodologia standardizzata nella Sezione II, si afferma che il requisito patrimoniale minimo deve essere pari almeno all’8% di tutte le attività ponderate per il proprio fattore di rischio.

Le varie attività, nella premessa della Sezione I, sono suddivise in diverse classi1a

seconda della natura della controparte, ovvero delle caratteristiche tecniche del rapporto o delle modalità di svolgimento di quest’ultimo.

Nell’elenco fatto il legislatore ha voluto inserire come precisa classe quella delle

esposizioni garantite da immobili che viene nel dettaglio esaminata nella successiva Sezione IV.

Prima di approfondire l’esame di questa sezione, va detto che nella Sezione I si afferma genericamente che le esposizioni garantite da ipoteca su immobili devono essere ponderate al 35% se gli immobili sono residenziali, viceversa se sono non residenziali allora la ponderazione deve salire al 50%.

Nella Sezione II si precisa inoltre che qualora un’esposizione sia riconducibile a più portafogli e uno tra questi è il portafoglio delle esposizioni garantite da ipoteca su immobili allora deve essere applicato il fattore di ponderazione più basso.

Facendo un esempio, un’esposizione verso un ente territoriale garantita da ipoteca su immobile residenziale rientra in due categorie, dove per l’una il fattore di ponderazione è 20% - esposizione verso enti territoriali – e per l’altra è 35% - esposizione

garantita da immobile residenziale.

Per la regola appena detta il fattore di ponderazione da usare è allora 20%.

Passando alla Sezione IV questa si apre con la definizione di alcune caratteristiche che l’esposizione deve avere al fine di essere considerata all’interno del portafoglio

esposizioni garantite da immobili.

Il primo punto sancisce che il valore dell’immobile non deve dipendere in misura rilevante dal merito di credito del debitore, ovvero che non ci sia diretta dipendenza tra i due.

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Questo, però, non esclude la possibilità che fattori puramente macroeconomici influenzino sia il valore dell’immobile che il merito di credito, circostanza che di fatto viene ammessa dal legislatore.

Altra condizione che deve essere rispettata è che l’immobile sia valutato da un perito indipendente e che il valore dell’immobile non sia superiore al suo valore di mercato. Il perito per il legislatore deve quindi essere una persona con le capacità e l’esperienza per fare una corretta valutazione e deve essere estraneo al processo di decisione del credito.

Il valore di mercato viene invece inteso come l’importo al quale l’immobile verrebbe venduto alla data della valutazione in una contrattazione tra venditore e acquirente alle normali condizioni di mercato.

Il terzo requisito generale al fine dell’ammissione nel portafoglio esposizioni garantite da immobili è la possibilità che la garanzia sia opponibile in tutte le giurisdizioni pertinenti e che possa essere escussa in tempi ragionevoli.

Il quarto requisito che va rispettato prevede che ci sia un’adeguata sorveglianza sul bene immobile; ciò porta a due condizioni.

In un primo caso il valore degli immobili deve essere verificato ogni 3 anni per gli immobili residenziali e annualmente per gli immobili non residenziali, tuttavia, se le condizioni di mercato sono soggette a variazioni significative, allora la verifica deve essere fatta più di frequente.

In secondo luogo, è previsto l’intervento nella valutazione da parte di un perito indipendente qualora la verifica – relativa alla prima condizione - indichi una diminuzione rilevante del valore dell’immobile.

Il perito indipendente interviene anche quando l’esposizione è superiore a 3 Milioni di Euro o quando l’esposizione è superiore al 5% del patrimonio di vigilanza della banca; in entrambi i casi il perito dovrà eseguire una valutazione del valore dell’immobile ogni 3 anni.

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Altra condizione generale per rientrare nel portafoglio in esame è che le tipologie di immobili accettati in garanzia e le relative politiche creditizie devono essere chiaramente documentate.

Infine per ultimo, ma non meno importante, è imposto il vincolo che il bene oggetto della garanzia sia adeguatamente assicurato contro il rischio di danni.

Il primo paragrafo, relativo alle condizioni generali, si chiude considerando l’eventualità che il bene immobile posto a garanzia sia ubicato in un Paese dell’Unione Europea o in un Paese del G-10.

L’esposizione può rientrare nella classe delle esposizioni garantite da immobili se l’Autorità di vigilanza del Paese estero considera - nella propria legislatura - la garanzia idonea per la riconduzione ad un portafoglio omologo.

Tuttavia se si tratta di uno stato del G-10 questa possibilità è concessa unicamente nel caso in cui l’immobile posto a garanzia sia di natura residenziale, condizione che invece non c’è per i Paesi dell’UE ai quali è concesso di avere immobili in garanzia sia di natura residenziale che non residenziale.

Chiuso l’esame delle condizioni generali di ammissibilità, i paragrafi seguenti della Sezione IV vanno poi nelle specifico ad esaminare tutte le condizioni che devono valere per rientrare nel portafoglio in esame nel caso in cui siamo di fronte ad immobili di tipo residenziale e non residenziale e per entrambi si valuta sia il caso dell’ipoteca che del leasing.

La prima fattispecie presa in esame è quella di un’esposizione garantita da ipoteca su immobili residenziali.

Viene da subito ribadito che la ponderazione deve essere pari a 35%, ma questa è applicabile solo se, oltre alle condizioni generali prima viste, ne vengono rispettate delle altre più specifiche per tale tipologia.

Prima condizione è che il bene immobile sia utilizzato dal proprietario o che lo sia destinato, oppure che il proprietario lo abbia locato o lo abbia destinato a essere locato.

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La norma qui prevede una piccola agevolazione in quanto possono essere ponderate al 35% anche le esposizioni garantite da ipoteca su terreni edificabili, a patto che, l’istituto di credito abbia elementi certi circa la costruzione di immobili residenziali che verranno dal proprietario utilizzati o dati in locazione.

La successiva condizione prevede che la capacità di rimborso da parte del debitore non dipenda in misura rilevante dai flussi generati dall’immobile su cui pende l’ipoteca, in altre parole il debitore deve avere flussi generati da altre fonti che gli permettano di adempiere ai propri obblighi.

Tuttavia questa condizione non è necessaria nel caso in cui l’immobile sia situato in un Paese membro dell’UE o nel caso sia in uno Stato del G-10.

L’esclusione vale, però, solo nel caso in cui le relative Autorità di vigilanza abbiano accertato che il mercato immobiliare del medesimo Stato sia ben sviluppato e abbia tassi di perdita limitati.

Questa precisazione risulta ad esempio importante per le società immobiliari che per loro natura generano flussi di cassa tramite gli immobili di loro proprietà.

Per tali società sarà, quindi, possibile ottenere un finanziamento ipotecando un immobile residenziale situato in Inghilterra, ma non potranno ottenere lo stesso finanziamento ipotecando un immobile situato in Italia proprio perché la legge lo impedisce.

Terza ed ultima condizione per poter avere ponderazione al 35% riguarda i limiti quantitativi dell’esposizione, viene infatti imposto che l’importo dell’esposizione non ecceda l’80% del valore dell’immobile.

Tuttavia il limite può essere portato al 100% se, oltre alla garanzia immobiliare, il debitore presta ulteriori garanzie offerte dal debitore o da parte terza e che possono essere fideiussioni bancarie, polizze fideiussorie di compagnie assicurative, etc.

Va precisato che il limite può essere aumentato fino a 100%, ma deve sempre essere rispettato un rapporto massimo dell’80% tra valore dell’esposizione e la somma del valore dell’immobile più il valore delle garanzie integrative.

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La Sezione IV va poi avanti con il paragrafo 3 dove vengono elencati i vincoli per le esposizioni relative a leasing su immobili residenziali sui quali il locatario ha un’opzione d’acquisto.

Le prime due condizioni prevedono che l’opzione di acquisto possa essere effettuata solo alla fine del pagamento di tutti i canoni e che, fino all’esercizio della stessa, il locatore mantenga la proprietà del bene immobile.

Le altre due condizioni riprendono due vincoli validi anche per gli immobili con ipoteca, ovvero, i flussi del debitore non devono dipendere in larga misura dai flussi derivanti dall’immobile e l’esposizione non deve superare l’80% del valore di mercato dell’immobile.

Il paragrafo 4 riprende gli immobili con ipoteca, però, tratta ora quelli di tipo non residenziale.

Le esposizioni garantite da immobili situati in Italia del tipo non residenziali e destinati a uffici, commercio o altra attività produttiva vengono ponderate al 50%. Lo stesso trattamento prudenziale è riservato anche per gli immobili posti in uno stato UE, purché, le rispettive Autorità di vigilanza prevedano tale trattamento favorevole.

Ugualmente per quanto accadeva con gli immobili residenziali vale la condizione per cui i flussi derivanti dall’immobile non devono essere i flussi principali del debitore. Se, invece, l’immobile è sito in Paesi dell’UE o del G-10, il vincolo appena elencato può non sussistere a patto che la relativa Autorità di vigilanza estera dichiari che il mercato immobiliare è sviluppato e con tassi di perdita bassi.

La norma tuttavia prosegue e si scopre come l’esposizione non sempre è ponderata al 50%.

La ponderazione al 50% vale, infatti, solo per la parte dell’esposizione che non supera il 50% del valore dell’immobile e quindi se ci fosse una parte eccedente questa dovrebbe essere ponderata al 100%.

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In questo caso, del credito, 50 sarebbero ponderati al 50% e 20 al 100% per una ponderazione effettiva di 56,25%.

L’ultimo paragrafo della sezione IV parla delle esposizioni relative a operazioni di leasing su immobili non residenziali.

La ponderazione è al 50%, anche qui, solo sulla parte dell’esposizione non superiore al 50% del valore dell’immobile e per la restante parte la ponderazione è 100%.

Questo vincolo vale ancora per gli immobili ubicati in paesi UE a patto che le Autorità di vigilanza ne prevedano tale trattamento favorevole.

Vengono, infine, ribadite le condizioni per le quali il locatario resta proprietario dell’immobile fino all’esercizio dell’opzione d’acquisto, la quale può essere esercitata solo dopo aver corrisposto tutti i canoni, e la condizione per cui il debitore deve avere flussi finanziari terzi rispetto a quelli generati con l’immobile in questione.

Tutto quanto elencato è compreso nella Parte Prima che tratta il rischio di credito con il metodo standardizzato.

La Parte Seconda come già detto in precedenza parla del metodo IRB il quale, invece, non prevede la specifica classe delle esposizioni garantite da immobili.

Il fatto che il testo normativo in questa sezione non faccia più riferimento all’argomento che si sta trattando risiede nelle modalità in cui viene calcolato il fattore di ponderazione nel metodo IRB.

Col metodo IRB ogni banca, infatti, trova un fattore di ponderazione che deriva dalla combinazione di tre input: probabilità di default (PD), perdita attesa (LGD) ed esposizione al momento del default (EaD).

Poiché ogni banca può avere valori diversi delle tre variabili, ne consegue che la normativa trova delle categorie molto ampie e per ciascuna di esse pone solo dei limiti minimi per questi valori.

Spiegato in parte perché non troviamo lo specifico portafoglio delle esposizioni garantite da immobili, dobbiamo però capire come le garanzie immobiliari influiscono sulle ponderazioni.

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La spiegazione risulta abbastanza semplice, infatti, le garanzie – tra cui c’è quella immobiliare - agiscono sui valori di PD e LGD andando a mitigarli, ovvero abbassandoli fino al limite massimo imposto per la specifica categoria dove l’esposizione deve essere inserita.

L’unico vero riferimento alle garanzie immobiliari si trova all’interno della categoria delle esposizioni al dettaglio, dove in maggior misura confluiscono tutti i finanziamenti nei confronti delle persone fisiche.

Qui, infatti, si prevede una speciale sottocategoria definita come esposizioni garantite da immobili residenziali.

Tuttavia le uniche informazioni degne di essere riportate riguardano i limiti minimi che per la PD è pari a 0,03% e per la LGD è pari a 10% se le esposizioni non beneficiano di garanzie da parte delle amministrazioni centrali.

Tale specifica categoria è poi riportata anche nell’Allegato B, dove è definita la costruzione della funzione di ponderazione.

La funzione è:

Attività ponderate per il rischio --> RWA= K*12,5*EaD

Requisito patrimoniale --> K= 1,06*LGD*{N[(1 – R)^–0,5*G(PD) + (R/(1 – R))^0,5 * G(0,999)]– PD }

Correlazione --> R=0,15

Con ciò si va a chiudere il discorso legato alle ponderazione delle esposizioni sulle base della tipologia di rischio a cui sono sottoposte e sulla base del rapporto tra debitore e creditore.

L’argomento del rischio immobiliare e delle collegate garanzie immobiliari viene ripreso da questa circolare anche all’interno del TITOLO II Capitolo 2 Parte

Prima Sezione I, parte del testo normativo che affronta la tematica dell’attenuazione

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Quanto però si dice è unicamente una sinossi di quanto detto nel TITOLO 1.

Si afferma, infatti, che le garanzie ipotecarie immobiliari sono trattate differentemente a seconda del metodo utilizzato per cui:

-­‐ Il metodo standardizzato prevede una specifica categoria con particolari requisiti e regole;

-­‐ Nel metodo “IRB base” i mutui ipotecari garantiti da immobili residenziali sono una sottocategoria del credito al dettaglio con una sua specifica funzione di ponderazione.

Nel caso in cui le garanzie sono relative ad esposizioni contenute nel portafoglio delle esposizioni verso soggetti sovrani, banche o altre imprese le garanzie riducono la LGD.

Tuttavia se i flussi finanziari generati dal debitore dipendono principalmente dall’immobile allora se ci sono i requisiti rientrano nel portafoglio degli investimenti specializzati altrimenti le garanzie non sono ammesse alla riduzione della LGD;

-­‐ Nell’approccio “IRB avanzato” non ci sono vincoli all’utilizzo delle garanzie immobiliari dei cui effetti si tiene conto solo nella determinazione della LGD. Ultima parte della circolare che va esaminata è quella del TITOLO V dove si parla della concentrazione dei rischi.

L’analisi di questa sezione sembra essere completamente al di fuori di quanto detto finora.

Ciò che, però, va considerato è che si sta cercando di trovare tutte le connessioni della normativa al tema del rischio immobiliare e un collegamento lo possiamo effettuare anche qui; in particolare al Capitolo 4 Sezione II dove si tratta il tema del limite agli investimenti in partecipazioni ed immobili.

La normativa prevede che gli investimenti non superino il valore del patrimonio di vigilanza.

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Quello che qui interessa è che nel calcolo degli investimenti in immobili devono essere ricompresi anche gli immobili derivanti da operazioni di recupero del credito. Tali immobili partecipano al rischio immobiliare se lo consideriamo in senso ampio, in quanto, sono immobili in possesso della banca che deve cercare di venderli per poter rientrare dei costi del credito non rimborsato.

Qualora l’istituto di credito non riuscisse a monetizzare questi immobilizzi ecco allora che il rischio immobiliare si trasforma in perdita per l’azienda.

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Capitolo 2

Nuovi principi di controllo del rischio immobiliare contenuti nella

circolare 285/2013 della Banca d’Italia

Dal Dicembre 2013 le disposizioni fin qui prese in considerazione sono state in parte modificate a seguito dell’emanazione a livello europeo di nuovi testi normativi.

Il corpo di leggi a cui si fa riferimento sono il Regolamento (UE) n°575/2013 e la

Direttiva 2013/36/UE conosciute rispettivamente come CRR e CRD IV.

Entrambi i testi normativi sono stati recepiti a livello nazionale dalla Circolare 285

del 17 Dicembre 2013, promulgata dalla Banca d’Italia.

La necessità di questa nuova circolare deriva dal fatto che a livello europeo, a partire dal 2014, si ha l’obiettivo di integrare nell’assetto istituzionale gli accordi raggiunti con “Basilea 3” i cui contenuti sono stati trasposti in ambito comunitario nel regolamento CRR e nella direttiva CRD IV.

L’aver utilizzato il regolamento – le cui norme sono direttamente applicabili dagli stati membri – e avergli affiancato una direttiva – che prevede principi generali che devono essere rispettati – si inserisce nell’ottica di creare a livello sovrannazionale un sistema di regole valido per tutti, un cosi detto single rulebook.

Il regolamento lascia quindi poca discrezionalità nelle decisioni di vigilanza prudenziale alle singole Autorità di vigilanza nazionali, potere che, di fatto, passa principalmente nelle mani dell’ABE.

Ciò implica che, nonostante le norme della circolare 263/2006 e 285/2013 siano molto simili, le basi su cui poggiano sono totalmente diverse.

La prima deriva da una normazione nazionale, la seconda invece trae origine quasi completamente – sono, infatti, escluse solo le materie su cui il CRR e il CRD IV tacciono - da una normazione sovrannazionale che da parte dell’autorità competente deve essere unicamente recepita.

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Fatta questa precisazione è possibile esaminare come, nelle nuove leggi, sia affrontato il rischio immobiliare.

Ancora una volta il riferimento al rischio immobiliare lo troviamo dentro la valutazione del rischio di credito quando vengono esaminate le esposizioni garantite da immobili e nuovamente deve essere fatta una separata analisi tra il metodo standardizzato e il metodo IRB.

Partendo dal metodo standardizzato il rischio di credito è affrontato nella Parte II

Capitolo 3 Sezione I dove viene specificato che la materia è trattata all’interno del

CRR; in particolare i criteri per il calcolo del credito ipotecario dell’immobile sono trattati dall’Art. 124 del regolamento 575/2013.

L’Art. 112 prevede che le varie esposizioni siano distinte in precise classi tra le quali c’è quella riguardante le esposizioni garantite da ipoteche su beni immobili, fattispecie che viene per esteso trattata con l’art.124 e seguenti come prima detto.

L’Art. 124 comincia dicendo che se le esposizioni non rispettano le caratteristiche elencate nei due articoli successivi, allora, la loro ponderazione deve essere pari a 100%.

Se dovesse esserci una parte di esposizione superiore al valore ipotecario allora ad essa si applica il fattore di ponderazione applicabile alla controparte in assenza di garanzie immobiliari.

Quanto appena detto implica che il valore dell’esposizione coperto totalmente da garanzia non può essere superiore al valore di mercato dell’immobile o del suo valore ipotecario, a patto che, tramite leggi e regolamenti, sia adottato dallo Stato membro in questione un metodo rigoroso per la valutazione del valore ipotecario.

L’articolo procede poi affermando, anche a livello comunitario, la distinzione tra esposizioni garantite da immobili residenziali e da immobili non residenziali; per le prime la ponderazione è 35% mentre per le seconde è 50%.

Tuttavia la normativa comunitaria introduce una nuova condizione che fa pensare che forse per la prima volta si cerca affrontare il problema del rischio immobiliare.

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Nell’articolo in esame, infatti, si dice che le ponderazioni possono essere aumentate in entrambi i casi fino a un massimo di 150%.

Tale aumento è previsto in base a considerazioni relative alla stabilità finanziaria, ma soprattutto in base al livello delle perdite sulle esposizioni garantite da immobili e allo sviluppo del mercato dei beni immobili.

La successiva parte della norma va poi ad elencare la procedura che le singole autorità competenti devo seguire per poter innalzare la ponderazione e si chiude affermando che, qualora il bene dato in garanzia si trovi in uno stato membro diverso, allora, gli enti dello stato devono applicare le ponderazioni previste nello stato dove è ubicato l’immobile sia esso residenziale che non.

Chiuso l’articolo riguardante le condizioni generali il regolamento passa ad esaminare nello specifico il caso degli immobili residenziali e di quelli non residenziali.

L’Art. 125 relativo agli immobili residenziali si apre confermando le regole che valevano già anche in Italia, ovvero, che la ponderazione al 35% è attuabile se l’immobile è occupato o è destinato ad esserlo o se il proprietario lo ha locato.

Anche in presenza di leasing la ponderazione è al 35%, ma solo nel caso in cui l’esposizione sia verso il locatario – ovvero colui che usufruisce del bene – il quale ha l’opzione di acquisto del bene e il locatore è l’ente erogatore del credito.

Definito un primo gruppo di condizioni necessarie per avere la ponderazione agevolata, la norma prosegue elencandone un secondo gruppo.

Per prima cosa è necessario che il valore dell’immobile posto in garanzia non dipenda dal merito di credito del debitore, ovviamente vengono esclusi i casi in cui fattori puramente macroeconomici li influenzano entrambi.

Successivamente si afferma che i flussi generati dal debitore non devono provenire in maggior misura dall’immobile e per questo gli enti creditizi sono liberi di utilizzare dei rapporti massimi di “mutuo concesso/ reddito percepito” per ovviare al problema.

Al paragrafo seguente si pone un limite quantitativo, in quanto, si afferma che la parte di esposizione a cui è assegnato il fattore di ponderazione del 35% non può essere

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superiore all’80% del valore di mercato dell’immobile o al valore del credito ipotecario.

L’articolo infine si chiude parlando delle eccezioni alle precedenti condizioni.

In particolare si dà la possibilità di derogare alla condizione secondo cui il reddito del debitore non è ricavato in misura prevalente dall’immobile.

L’eccezione è consentita a patto che l’autorità competente dello stato dove è ubicato l’immobile abbia pubblicato delle prove a riguardo dello sviluppo del mercato immobiliare e di tassi di perdita contenuti.

A differenza della normativa italiana, nel regolamento viene però anche chiaramente esposto cosa si intenda per tassi di perdita contenuti.

Il requisito è che in un qualsiasi anno le perdite derivanti dalle esposizioni garantite da immobili residenziali fino all’80% del valore di mercato o di quello ipotecario non devono superare lo 0,3% dei prestiti omologhi posti in essere.

Viceversa per le esposizioni garantite da immobili residenziali le perdite devono essere al massimo pari a 0,5% di tutte le esposizioni della stessa tipologia.

Tali vincoli devono valere per qualsiasi periodo, per cui se in anno uno dei due limiti non è rispettato cessa la possibilità di usufruire della deroga e torna a valere la norma generale.

L’Art. 126 fa un’identica disamina considerando invece il caso degli immobili non residenziali.

I requisiti quindi rimangono pressappoco gli stessi, per cui resta valido l’obbligo di uso o di futuro uso dell’immobile e la non correlazione tra capacità di rimborso del credito e valore dell’immobile.

Ciò che cambia è invece la parte relativa alla ponderazione, che per gli immobili non residenziali sale a 50%, e quella relativa ai limiti di esposizione garantita dall’immobile. Tali vincoli sono in questa seconda fattispecie più restrittivi, infatti, il fattore di ponderazione “agevolato” può essere applicato solo alla parte dell’esposizione che non supera il 50% del valore di mercato dell’immobile o eventualmente il 60% del

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valore ipotecario sempre che l’autorità competente nazionale abbia stabilito rigorosi criteri per la definizione esatta del valore ipotecario.

Anche per gli immobili non residenziali vale poi la deroga alla parte della norma che vieta l’adozione del fattore di ponderazione ridotto se gli immobili in garanzia rappresentano la fonte principale di reddito del debitore.

La deroga, ugualmente per come accade con gli immobili residenziali, è possibile solo se in nessun anno considerato le perdite derivanti da esposizioni garantite al massimo dal 50% del valore dell’immobile – o il 60% del valore ipotecario – sono superiori a 0,3% e contemporaneamente se le perdite derivanti da esposizioni garantite da immobili non residenziali sono superiori a 0,5% del totale delle esposizioni omologhe.

Con i tre articoli qui citati il regolamento definisce tutte le regole in materia di garanzie immobiliari se gli enti dovessero utilizzare il metodo standardizzato.

Il regolamento e quindi la circolare 285/2013 proseguono andando a definire tutte le regole per il metodo dei rating interni, ovvero il metodo IRB.

Per quanto riguarda le esposizioni garantite da immobili non si prevede la costituzione di un apposito portafoglio e non c’è nemmeno un sottogruppo della classe delle esposizioni al dettaglio come invece prevedeva la precedente circolare 263/2006.

Tuttavia qualche cenno alle esposizioni garantite da immobili lo troviamo proprio all’interno delle norme relative alle esposizioni al dettaglio.

In particolare, nel regolamento CRR, nell’Art. 154 che definisce il metodo di calcolo del fattore di ponderazione si afferma che l’indice di correlazione da usare nella formula è fissato a 0,15.

Altro veloce cenno si ha all’Art. 164 che, invece, parla del metodo corretto di valutazione della LGD e dove si afferma che le esposizioni che non beneficiano di garanzie delle amministrazioni centrali non possono avere una LGD inferiore a 10%

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nel caso in cui siano garantite da immobili residenziali, o inferiore a 15% se garantite da immobili non residenziali.

Le autorità nazionali hanno poi la facoltà, qualora ce ne siano le ragioni, di poter aumentare tale percentuale per le esposizioni garantite da immobili ubicati nel loro stato, viceversa se sono ubicati in altro stato membro devono accettare i vincoli imposti dalle autorità locali.

Da prendere in considerazione è anche l’Art. 199 che parla per esteso delle garanzie immobiliari, infatti, qui sono elencati tutti i possibili strumenti ammessi come garanzie di tipo reale; nonostante ciò l’articolo non fa altro che riprendere tutto quanto già detto dagli articoli 125 e 126.

Ultima norma del regolamento che parla esplicitamente delle garanzie immobiliari è l’Art. 208 che elenca altri requisiti obbligatori che devono avere gli immobili posti a garanzia.

A livello giuridico è necessario che dal momento della chiusura del contratto di credito la garanzia sia opponibile in tutte le giurisdizioni e sia redatta in forma scritta rispettando i requisiti giuridici, inoltre, è necessario che sia garantita la possibilità per l’ente di escutere la garanzia in tempi ragionevoli.

È altresì necessario che l’ente documenti chiaramente gli immobili presi in garanzia e le connesse politiche creditizie, in più si fa obbligo di verificare che l’immobile sia adeguatamente assicurato contro il rischio di danni.

Ultimo ambito che prevede delle regole da rispettare è quello relativo alla sorveglianza del valore dell’immobile.

L’Art 208 del regolamento prevede, infatti, che siano fatte periodiche verifiche al valore dell’immobile, in particolare almeno ogni tre anni per gli immobili residenziali e almeno una volta l’anno per quelli non residenziali.

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Qualora le condizioni di mercato siano molto variabili, o per qualsiasi altra pertinente motivazione la norma prevede che si possano effettuare controlli anche più di frequente.

Se poi l’ente accerta o ritiene che il valore dell’immobile sia sceso notevolmente rispetto ai valori di mercato allora deve essere chiesto ad un perito indipendente, dotato delle capacità e dell’esperienza necessaria, di effettuare la valutazione dell’immobile.

La presenza del perito indipendente e della sua valutazione è resa obbligatoria anche quando il valore del prestito è superiore ai 3 Milioni di € o qualora sia superiore al 5% del valore dei fondi propri dell’ente.

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Capitolo 3

Confronto tra le norme nazionali della Circolare 263/2006 e le norme

nazionali-comunitarie della Circolare 265/2013

La circolare del 2006 incorpora i dettami di “Basilea 2”, invece quella del 2013 contiene le linee guida di “Basilea 3”, che, però, altro non è una rivisitazione migliorata dei precedenti accordi.

Partendo da questa considerazione non ci si stupisce se in realtà le differenze in materia di garanzie immobiliari non sono molte.

Come già affermato all’inizio dell’esame della Circolare 285/2013, in realtà esiste una differenza di fondo sostanziale.

Se in precedenza era la Banca d’Italia a fissare i vincoli e le condizioni che dovevano essere rispettate, ora questo potere è passato in mano all’ABE e alle Autorità nazionali resta unicamente la facoltà, non estesa a tutte le materie, di porre vincoli più severi a patto che essi siano giustificati.

Questo è ad esempio il caso del livello di ponderazione per le esposizioni garantite da immobili nel metodo standardizzato o il caso dei valori di PD e LGD nel metodo IRB.

Il fatto che la normativa sia una normativa comunitaria volta ad integrare le legislazioni nazionali porta ad un’altra importante differenza nel caso in cui l’immobile si trovi in un altro stato membro.

Tutte le disposizioni in materia fanno risaltare come gli stati siano posti tutti allo stesso livello per cui nel caso specifico lo stato membro deve applicare il livello di ponderazione dell’altro stato membro e non il proprio.

Altra differenza è dovuta all’utilizzo, per alcuni vincoli, del valore ipotecario definito come:

il valore dell'immobile quale determinato in base ad una prudente valutazione della futura

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condizioni normali e locali del mercato, dell'uso corrente dell'immobile e dei suoi appropriati usi alternativi”.

Nella normativa comunitaria vengono definiti i limiti quantitativi rigorosi per derogare alla condizione relativa alla divisione tra flussi finanziari del debitore utili a ripagare il debito e flussi derivanti dall’immobile posto in garanzia.

Tale deroga era prevista anche nella normativa italiana, tuttavia i criteri non erano definiti con chiarezza, ma si parlava unicamente di generici tassi di perdita contenuti e mercato sviluppato.

Infine ci sono altre due piccole differenze.

La prima riguarda la condizione che l’immobile si trovi in un altro paese, per il regolamento 575 gli unici casi da prendere in considerazione sono quelli relativi all’eventualità che l’immobile sia sito in altro paese membro e a differenza della normativa contenuta nella circolare 263 non si prende più in esame il caso in cui l’immobile si trovi in uno stato del G-10.

La seconda invece riguarda le condizioni generali per l’ammissibilità dell’immobile come garanzia nel caso particolare che esso sia locato.

Per la normativa comunitaria l’immobile deve essere locato, invece nulla si dice a riguardo del caso in cui esso sia destinato ad essere locato e quindi è possibile dire che se siamo in questa ipotesi l’immobile non è ammesso a garanzia.

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Capitolo 4

Limiti e carenze della normativa

Capire se effettivamente il rischio immobiliare sia contemplato nella normativa non è semplice.

Prima di tutto è necessario capire cosa sia il rischio immobiliare e quale può esserne la definizione più appropriata.

Prendiamo ad esempio il caso di una banca che ha chiesto in garanzia un immobile di qualsiasi tipo a fronte di un prestito concesso.

Il pagamento delle rate da parte del debitore inizialmente c’è, ma poi sempre con maggiore frequenza il debitore non riesce a saldare la rata fino al momento in cui il prestito rientra nella categoria delle sofferenze.

Semplificando di molto i passaggi, la banca può a questo punto far valere il proprio diritto sull’immobile posto a garanzia che diventa di sua proprietà.

Salvo che l’immobile non possa essere destinato a immobile strumentale (ad es. filiale della banca o alloggio per i propri dipendenti), l’immobile entra a far parte della categoria degli investimenti in immobili derivanti da operazioni di recupero crediti2.

La normativa italiana, e da adesso anche quella europea con l’entrata in vigore della circolare 285/2013, permettono alle banche limitata possibilità di investire in immobili e in partecipazioni fino al limite del patrimonio di vigilanza.

Può quindi accadere che il livello degli investimenti in immobili superi tale soglia quando un numero elevato di prestiti garantiti da ipoteca entrano in default.

Per questo motivo la Banca d’Italia permette il superamento temporaneo di tale soglia a patto che le banche predispongano un adeguato piano di rientro.

Tuttavia tale piano deve prevedere tempi di rientro nei limiti abbastanza contenuti ed è qui che possiamo capire cosa per le banche rappresenti effettivamente il rischio di credito.

                                                                                                               

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Possono infatti accadere tre situazioni.

In un primo caso, quello più favorevole, la banca riesce a rivendere l’immobile in tempi brevi e il valore dello stesso è abbastanza elevato da permettere la copertura dei costi derivanti dall’inadempimento del debitore.

In un secondo caso l’immobile non ha mercato, ovvero il suo valore di mercato permette alla banca di sopperire ai costi dell’inadempimento del debitore, ma i tempi di vendita sono molto lunghi perché non si riesce a trovare un compratore.

Da qui allora possiamo dare una prima definizione del rischio immobiliare come la possibilità che i tempi di smobilizzo siano più lunghi di quanto concesso.

Nell’ultimo caso invece l’immobile ha compratori, ma il suo valore è sceso talmente tanto che i costi dell’inadempimento non sono coperti e la banca dovrà registrare una perdita sugli attivi.

Una seconda definizione di rischio immobiliare può essere allora la possibilità di registrare una capital loss dovuta a ricavi derivanti dalla vendita dell’immobile inferiori ai costi complessivi sostenuti per l’erogazione del credito.

Data la spiegazione di cosa si possa intendere per rischio immobiliare in una banca vediamo ora se e in che modo la normativa ha cercato di affrontare il problema.

Da quello che è stato visto nell’esame delle due circolari si può dire che il rischio è stato affrontato, ma in modo solo parziale.

Innanzitutto va detto che in nessun testo normativo si parla esplicitamente del rischio immobiliare.

Per di più non viene nemmeno considerato come rischio vero e proprio a cui deve far fronte la banca, ma esso è implicitamente affrontato come sottocategoria del più generico rischio di credito.

Guardando, quindi, sotto questo profilo il problema è possibile affermare che il rischio immobiliare non è assolutamente affrontato.

Tuttavia se andiamo ad analizzare bene le norme possiamo trovare dei rinvii impliciti al tema.

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Partiamo dal caso dell’analisi del rischio di credito e del metodo di calcolo delle ponderazioni tramite il metodo IRB.

In questa sezione, sia nella circolare 263/2006 che nella 285/2013, si prevede che ogni banca possa decidere, dopo aver avuto approvazione dalla competente Autorità di vigilanza, il modello da utilizzare per calcolare il livello di ponderazione delle esposizioni.

La singola banca quindi dovrà calcolare per ogni esposizione il livello di PD, LGD e EaD da inserire nel sistema a seconda dei fattori legati al debitore, a fattori legati alla tipologia di credito concesso e a fattori legati ad altri elementi.

Nel caso delle esposizioni garantite da immobili questi altri elementi sono ad esempio la tipologia di immobile, la tipologia del mercato di quel particolare immobile, il valore dell’immobile e l’aleatorietà del valore stesso che a sua volta dipende da altri fattori.

Ogni banca quindi può calcolare valori di PD, LGD e EaD che tengano conto di questi “altri” fattori che nel nostro caso specifico rappresentano i fattori determinanti il livello di rischio immobiliare per come è stato qui definito.

Particolare fondamentale che deve essere sottolineato è che comunque non c’è nessun obbligo a riguardo.

In realtà, quindi, entrambe le circolari non affrontano il problema ma lo si rinvia alle banche stesse che, come già detto, possono tenere conto di questi fattori in virtù del rispetto del principio generale di “sana e prudente gestione”.

La circolare 285/2013 tuttavia permette alla singole autorità di vigilanza nazionali di imporre valori per PD, LGD e EaD più severi di quelli imposti dalla normativa comunitaria.

In quest’ottica, per il nostro paese, la Banca d’Italia può fissare tali valori, ma potrebbe anche fissare delle regole più precise e specifiche, ovvero fissare una sorta di metodo per la valutazione delle garanzie immobiliari e del connesso rischio immobiliare.

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In questo modo si potrebbe determinare caso per caso, quindi valutando la tipologia dell’immobile, la tipologia di esposizione connessa, etc…, quale è la ponderazione che risponde meglio alle caratteristiche complessive dell’attività esaminata.

Per il metodo IRB, in conclusione, è possibile allora affermare che molta libertà è lasciata agli istituti di credito.

Per il metodo standardizzato vengono invece poste in alcuni casi dei vincoli più restrittivi.

Come già detto più volte, viene fatta alla base una distinzione tra esposizioni garantite da immobili di tipo residenziale e non e ciò comporta l’applicazione di livelli di ponderazione base diversi in virtù della diversa rischiosità degli stessi.

Altro motivo per cui si potrebbe affermare che il rischio immobiliare viene considerato è legato all’obbligo per le esposizioni garantite da immobili di avere una valutazione periodica sul valore dell’immobile.

Il perito, infatti, valuta il valore dell’immobile sulla base di tutte le caratteristiche prima citate e ne determina il valore corrente in modo che si possa verificare se l’esposizione è coperta dalla garanzia.

Se così non fosse allora la parte di esposizione coperta dal valore dell’immobile viene ponderata con il valore base e la restante parte viene ponderata al 100%.

In questo modo si riesce a tenere conto della rischiosità dell’immobile posto a garanzia sia nel caso il suo valore diminuisca sia nel caso lo smobilizzo non possa avvenire in tempi rapidi proprio perché l’esposizione pesa di più e quindi è necessario dotarsi di maggiore patrimonio di vigilanza.

In parte collegato a quanto appena detto c’è il fatto che nessun tipo di esposizione può essere coperta con più dell’80% del valore dell’immobile in modo da avere un ipotetico cuscinetto del 20%.

Tale copertura preventiva risulta efficace al momento di realizzo dell’immobile derivante da operazione di recupero crediti in quanto se il valore di vendita è inferiore

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al valore stimato dalla banca tale buffer va a ridurre le possibilità di perdita complessive sull’esposizione.

Un altro punto in cui la circolare 285/2013 sembra tenere in considerazione il rischio immobiliare è quando parla della possibilità di derogare all’obbligo di separazione fra flussi derivanti dall’immobile e flussi finanziari per ripagare il debito.

Infatti, tale possibilità è data come già detto al ricorrere, non più di generiche condizioni, ma di precise soglie concernenti il mercato immobiliare che vengono per di più distinte tra quelle riguardanti immobili residenziale e immobili non residenziali. In conclusione di tutta l’analisi fin qui fatta possiamo dire come in realtà nessun punto della normativa considera in modo adeguato il problema del rischio immobiliare.

Tale tematica è ancora troppo sottovalutata sia dalle Autorità nazionali prima, che da quelle comunitarie adesso con la circolare 285/2013.

Oggettivamente deve tuttavia esser detto che regolamento e direttiva da cui deriva la circolare 285/2013, fanno un, seppur piccolo, passo in avanti grazie all’introduzione di alcuni vincoli necessari a guidare le banche verso la mitigazione di tale rischio. Queste regole sono però ancora poche e soprattutto sono unicamente presenti all’interno del metodo standardizzato.

Il metodo IRB gode ancora di troppa libertà, anche se, è proprio questa libertà che potrebbe permettere agli istituti di credito di colmare quello che si potrebbe definire un vuoto normativo in materia.

Infatti, come già detto, le banche potrebbero considerare tutti i fattori determinanti il rischio di credito all’interno di un modello che definisca il valore più corretto per l’EaD in modo da inserire poi quest’ultimo nel più ampio modello dal quale si ricava il valore della ponderazione per l’esposizione considerata.

In altre parole la normativa sotto questo aspetto, ovvero nella definizione del più corretto valore per la ponderazione, non impone nessun obbligo particolare.

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Viceversa se consideriamo la valutazione degli immobili qualche regola in più esiste. La normativa prevede che almeno ogni tre anni o ogni anno, a seconda dell’immobile, sia fatta una valutazione del suo valore e in casi particolari è anche previsto l’intervento di un perito.

Nonostante ciò anche in questo ambito le lacune della normativa sono ampie.

Da una parte il fatto che ci siano per ogni banca molti crediti garantiti da ipoteca rende difficoltoso poter rivalutare costantemente gli immobili, ma dall’altra imporre l’obbligo di valutarli ogni tre anni risulta in alcuni casi troppo ampio.

In più anche l’obbligo, limitatamente a particolari casi, di intervento da parte del perito lascia troppa libertà nella valutazione alle banche anche se in questo ambito la Banca d’Italia e l’ABI hanno emanato un regolamento con le direttive per una corretta valutazione degli immobili.

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PARTE SECONDA: ALCUNI PRINCIPI PER SOPPERIRE AI

LIMITI NORMATIVI

Il modello Real Estate Risk

La difficoltà di inserire adeguati e specifici vincoli relativi al rischio immobiliare può comunque non essere completamente imputabile ad una sottovalutazione del

problema da parte degli organi competenti.

Il problema di fondo è relativo alle caratteristiche del mercato immobiliare che presenta varie peculiarità come ad esempio la forte segmentazione o l’andamento ciclico.

Se quindi per altri strumenti come ad esempio le obbligazioni è abbastanza semplice definire il livello di rischio, la stessa cosa non vale per il rischio immobiliare che ha bisogno di un complesso modello che i vari attori economici non sono ancora riusciti a definire.

Un modello che cerca di fare un primo passo verso la soluzione e che viene adottato è il modello Real Estate Risk (RER).

Tale modello suddivide il rischio complessivo in tre sottorischi: il rischio legato alle caratteristiche specifiche del conduttore del fabbricato, il rischio legato alle

caratteristiche di contesto e infine il rischio legato alle caratteristiche dell’unità immobiliare.

Andando ad esaminare più nello specifico le varie componenti di rischio partiamo dalle caratteristiche specifiche del conduttore.

Una prima sottocategoria del rischio legato al conduttore riguarda il settore cui esso appartiene, infatti la normativa precisa molte volte come i flussi finanziari per ripagare il debito debbano provenire da fonti terze rispetto a quelle generate con l’immobile. Avere informazioni a riguardo delle entrate finanziarie del debitore è un passaggio fondamentale nel momento di valutazione di concessione del credito, ma per quanto

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Qualora l’immobile fosse del tipo non residenziale, ovvero destinato ad attività produttiva, è importante sapere ed avere informazioni circa l’attività stessa.

Per cui il rischio sarà tanto più alto tanto è rischiosa l’attività svolta e viceversa sarà tanto più basso tanto più l’immobile è adatto alla stessa attività.

Anche in questo caso sono informazioni necessarie al momento di erogazione del credito e sono quindi già fornite in partenza.

Sempre parlando di immobili commerciali – ciò vale anche per gli immobili residenziali, ma in misura minore - risulta importante nella definizione del rischio relativo al conduttore il numero dei proprietari o locatari dell’immobile.

Qualora il conduttore sia unico il rischio è maggiore perché ovviamente la capacità di rimborso dipende tutta dai flussi finanziari generati da fonti terze.

Viceversa all’aumentare dei conduttori del fabbricato il rischio diventa via via più limitato perché la capacità di rimborso non dipende da un unico soggetto, ma da un insieme.

Ovviamente qualora ci siano più proprietari/locatari le cui fonti finanziarie

dipendono principalmente dall’attività che svolgono assieme nell’immobile il rischio non può considerarsi inferiore rispetto al caso di un unico conduttore.

Come già ribadito, tutti questi fattori legati al rischio relativo al conduttore sono già presi in considerazione e vengono anche tenuti spesso sotto controllo.

Da questo punto di vista la normativa non è carente, in quanto, se dovesse esserci un mutamento di tali fattori, la banca ha delle regole ben precise per definire il nuovo livello di rischio che quindi di volta in volta risulta aggiornato.

Detto dei fattori legati al conduttore, un altro ambito che influenza il rischio

immobiliare è legato ai fattori di contesto, ovvero tutti quei fattori che influenzano il mercato dell’immobile.

Un primo fattore ambientale è legato alla città in cui si trova, ovvero deve essere valutata la possibilità che la città si sviluppi cioè renda disponibili sempre più servizi e che sia attrattiva dal lato degli investimenti.

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Per cui un rischio maggiore è legato ad un immobile sito in un’area poco sviluppata o sviluppata, ma che è in declino, viceversa qualora la zona sia anche piccola, ma con forti prospettive di crescita il rischio associato risulta ridotto.

Allo stesso modo un altro fattore ambientale è la zona cittadina in cui l’immobile sorge, che non dipende dalla distanza/vicinanza dal centro, ma dalla vicinanza di servizi, soprattutto quelli base come scuole e centri medici, e dal pregio intrinseco della zona stessa.

Ovviamente per valutare tali fattori c’è bisogno per la banca di persone esterne che abbiano una competenza nel settore, dato che si tratta di argomenti molto specifici e assai distanti dalla materia di erogazione del credito.

Ultimo gruppo di fattori che influenzano il rischio immobiliare è quello relativo alle caratteristiche proprie del bene che vengono divise in esogene ed endogene.

Il fattore esogeno che viene considerato all’interno di tale categoria è la tipologia del mercato immobiliare della zona.

In particolare bisogna analizzare dagli studi di settore due indicatori.

Il primo è il rendimento in termini di tipologia del bene e zona in cui è situato e con ciò si va a vedere la stabilità del mercato di quell’immobile, se, infatti, il rendimento dovesse essere molto fluttuante, se ne ricava che il mercato oscilla molto e che quindi il rischio immobiliare è elevato.

Il secondo indicatore è rappresentato dal tempo medio di esigibilità dell’immobile che indica per l’appunto i tempi medi di smobilizzo del bene.

Determinato il fattore esogeno, è importante vedere anche le caratteristiche endogene del bene per una corretta valutazione del rischio.

Un primo parametro da tenere in considerazione è la grandezza dell’immobile, in quanto, tanto più un immobile è della giusta dimensione, ovvero la misure sono in linea con quanto richiesto dal mercato, tanto minore sarà il rischio immobiliare associato.

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Altro fattore endogeno è l’età dell’immobile, ovvero, più esso è vecchio, più sarà meno richiesto dal mercato e quindi avrà un prezzo inferiore e un rischio associato maggiore.

Infine, ultimo, ma non meno importante fattore endogeno, è la fungibilità del bene. In questo caso devono quindi essere considerati due punti: un primo punto deve considerare la possibilità di utilizzare il bene per un uso diverso da quello attuale e di considerare anche le spese necessarie per adottare tale cambiamento.

Ne consegue che tanto più sono i possibili usi alternati e tanto minori sono i costi per poterli attuare, tanto minore sarà il rischio immobiliare associato al bene.

Il secondo punto da considerare riguarda invece la possibilità che ci siano agenti esterni che limitano la possibilità di utilizzo dell’immobile e quindi tanto minori sono questi agenti tanto minore sarà il rischio.

Definiti i fattori considerati nel modello RER è possibile dire che viene in contro al problema di valutazione del rischio immobiliare, ma presenta comunque alcune criticità.

In primo luogo in merito al fattore esogeno dato dalla tipologia del mercato abbiamo affermato come sia influenzato dalla volatilità del valore dell’immobile.

Se quindi facciamo una valutazione tramite tale modello consideriamo il valore che l’immobile ha in quel preciso istante non considerando minimamente la variazione di valore futura dello stesso sia essa negativa che positiva.

Altro fatto che deve essere considerato riguarda invece i fattori endogeni relativi al mercato.

Innanzi tutto ci accorgiamo che essi sono fondamentali per come abbiamo definito il rischio immobiliare ovvero come la possibilità che i tempi di smobilizzo siano troppo lunghi o che il valore di realizzo non permetta di coprire i costi di erogazione del credito.

Detto ciò, va preso in considerazione il fatto che i fattori endogeni determinano una maggiore o minore rischiosità a seconda del rapporto che c’è tra domanda e offerta.

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Ne risulta quindi che la valutazione dipende in buona parte anche dalle caratteristiche che vengono richieste in un determinato periodo.

Per cui, un immobile che viene considerato limitatamente rischioso perché risponde alle caratteristiche richieste dal mercato, può dopo poco tempo - ad es. nel momento di vendita dell’immobile - non avere più le specifiche che vengono domandate dagli acquirenti.

Da tutto quanto appena detto si ricava una criticità di fondo nel modello RER, infatti, i suoi fattori determinano un valore complessivo dell’immobile e quindi una

rischiosità specifica solo per un determinato momento temporale, ovvero quello in cui viene fatta la valutazione.

Quindi, se il mercato dovesse essere molto mutevole soprattutto per quanto riguarda le caratteristiche dell’immobile richieste dagli acquirenti, avremmo una situazione in cui non si riesce a definire il corretto rischio immobiliare implicito.

A tutto ciò si aggiunge il discorso che si riferisce alle valutazioni periodiche, le quali dovrebbero essere eseguite più spesso di quanto preveda la normativa, ma al tempo stesso comporterebbero spese e tempistiche enormi per le banche.

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PARTE TERZA: MODELLO SUL COMMERCIAL REAL

ESTATE LOAN CREDIT RISK

Capitolo 1

Introduzione al modello

Visto in linea teorica cosa dovrebbe contenere un buon modello di analisi del rischio immobiliare, andiamo ad analizzare come nella realtà tali principi siano utilizzati. Il modello che qui si va a considerare è il modello elaborato da Moody’s Analytics che analizza il rischio derivante dai prestiti garantiti da ipoteca su immobili.

Tale modello permette di avere una molteplicità di output che si adattano al modello di rating interno adottato dalle singole banche.

Infatti, qualora il modello sia semplice, si riesce ad immettere come input la sola PD calcolata tramite il modello di Moody’s, viceversa se si utilizza un modello IRB avanzato c’è la possibilità di calcolare oltre alla PD anche i più appropriati valori per la LGD.

Deve, tuttavia, essere fatta una piccola precisione.

Infatti, come possiamo intuire l’argomento affrontato è il rischio relativo a prestiti garantiti da ipoteca immobiliare, ma qui, come accade anche nella normativa studiata in precedenza, si parla del rischio immobiliare in via indiretta essendo ricompreso nel generico rischio di credito.

Come primo punto viene espresso che il rischio si manifesta quando il debitore non è più in grado di ripagare il credito concessogli, tuttavia la banca ha due opzioni: da una parte può far fallire il debitore e quindi entrare in possesso dell’immobile, dall’altra parte può decidere se ristrutturare il debito e mantenere in atto l’esercizio del credito verso il cliente.

La decisione di scegliere l’una o l’altra via dipende non solo dall’analisi qualitativa che viene fatta, ma anche da un’analisi quantitativa che deve tenere in considerazione tutti

(38)

Vediamo allora come i principi del modello RER vengano qui rispettati, ovvero sono introdotti e sono considerati i fattori legati al rischio immobiliare che di fatto influenzano indirettamente il rischio di credito.

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Capitolo 2

Input e Output del modello

Il primo output considerato è l’Expected Defaul Frequency (EDF) che altro non è che la probabilità di default.

In un generico momento t tale valore è dato da:

!"#! =   !"#$   !! ∙ !"#$  (!"#$%&'|!!)

con Xt che rappresenta tutte le variabili al tempo t legate alle specifiche del prestito,

alle specifiche dell’immobile e alle specifiche del mercato.

Prob(Xt) è la probabilità che ci sia una particolare realizzazione di Xt e

Prob(Default|Xt) è la probabilità che si verifichi il default nel caso di quella

particolare realizzazione.

La EDF è quindi qui rappresentata come l’integrale di tutti i possibili scenari moltiplicati per la rispettiva probabilità di default condizionale.

In questo modo la dinamica della variabile Xt segue un processo stocastico che può

essere parametrizzato attraverso l’esame delle osservazioni storiche relative ai vari fattori commerciali e finanziari.

In più si riesce ad ottenere anche il valore della LGD andando ad usare di nuovo una funzione condizionale come quella usata per l’EDF, ma utilizzando questa volta come variabile dipendente la stessa Xt.

Avendo questo come punto di partenza il modello va a calcolare l’EDF e LGD attraverso tre passaggi.

Il primo di essi consiste nella parametrizzazione della dinamica e della volatilità del valore dell’immobile e degli introiti derivanti dallo stesso; essi sono valutati in base alle specifiche intrinseche dell’immobile e all’area geografica e in base anche alle informazioni finanziarie disponibili al momento della concessione del credito.

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Fatto ciò il secondo momento consiste nel calcolo dell’EDF attraverso il modello prima descritto.

Attraverso la simulazione Monte Carlo viene generato il valore dell’immobile e del NOI relativo e con essi si riesce a capire l’influenza dei fattori di default tra i quali ci sono anche il DSCR e il LTV3.

A questo punto attraverso la funzione condizionale del tasso di default è possibile stimare la PD condizionale.

Conclusa anche la seconda parte, il modello ne presenta una terza ed ultima nella quale si calcola il valore della LGD.

                                                                                                               

3 Loan To Value, ovvero il rapporto tra debito e valore della garanzia che per le nuove norme comunitarie può essere al massimo pari a 0,8. Se dovesse essere superiore, la parte in eccedenza non godrebbe della mitigazione del rischio derivante dall’esistenza della garanzia e sarebbe considerata

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Capitolo 3

Il processo per arrivare alla determinazione della PD e della LGD

Data l’idea generale di quello che il modello chiede e restituisce possiamo andare ad esaminarlo più nel dettaglio.

Il primo passaggio da fare è quello di parametrizzare la dinamica e la volatilità del valore degli immobili.

Quando parliamo di dinamica non facciamo altro che riferirci a tutte quelle variabili che oltre ad influire tra di loro, portano a alla modifica del valore dell’immobile e quindi poi in un secondo momento alla modifica del giudizio di rischiosità del debito a cui è associata la garanzia.

In particolare il modello ritiene che i due fattori che maggiormente devono essere tenuti in considerazione sono i rapporti DSCR e LTV perché rappresentano un parametro fondamentale sia alla nascita che durante tutta la vita dell’operazione di credito.

Per volatilità invece intendiamo l’incertezza sul valore futuro sia essa positiva che negativa.

Esplicitato ciò il modello definisce due differenti fattori di rischio.

Il primo gruppo è rappresentato dai fattori legati ai movimenti di mercato e che viene definito rischio sistematico.

Il secondo gruppo è invece dato dai fattori specifici dell’immobile che rappresentano il rischio idiosincratico.

Con quanto appena detto risulta allora che il valore di un immobile sia dato da: !!,! =   !!,! +  !!,!

dove Pi,t rappresenta il valore dell’immobile i al tempo t, Pm,t rappresenta il valore dato

dai fattori legati al rischio sistematico nello stesso tempo t e Ei,t rappresenta la parte di

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Con lo stesso ragionamento possiamo suddividere la variabilità in due componenti: !"#$"%&"   !!,! =  !"#$"%&"   !!,! + !"#$"%&"   !!,!

L’importanza di inserire nel modello anche i fattori idiosincratici è rilevabile dai grafici sottostanti dove possiamo notare come, se inseriamo i fattori di rischio legati al solo mercato, la volatilità è più contenuta e con l’allungarsi dell’orizzonte temporale le stime effettuate diventano sempre più imprecise perché sempre minori sono i possibili casi presi in considerazione.

Viceversa, utilizzando anche i fattori di rischio idiosincratico, è vero che la volatilità e più ampia, ma è anche vero che teniamo sotto osservazione molte più possibili realizzazioni che coprono quasi la totalità delle possibilità.

Altro punto che deve essere tenuto in considerazione, e del quale abbiamo già parlato, è che il mercato immobiliare si presenta fortemente segmentato per cui ogni immobile deve essere inserito nel suo specifico segmento.

Per fare un esempio è ovvio che un immobile residenziale non sia condizionato dagli stessi fattori che influenzano invece un immobile commerciale, ma anche un

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immobile commerciale a Roma può avere fattori completamente diversi da un immobile commerciale a Torino.

Questo perché non bisogna considerare solo gli elementi specifici dell’immobile, ma anche perché è necessario tenere presente i fattori che potremmo definire di contesto. Fatto ciò il passo successivo è quello di modellizzare la probabilità condizionale di default.

Prima di addentrarci nell’esame specifico deve essere chiaro un passaggio: il default non avviene in automatico date certe condizioni.

O meglio, al ricorrere di certe situazioni il default è l’unica via percorribile, ma in altri casi il default o meno4 è incerto e la decisione viene presa dagli istituti di credito

proprio su modelli che come questo cercano di inquadrare al meglio possibile la qualità futura del credito sulla base anche del valore dell’immobile messo a garanzia. Fatta questa importante precisione capiamo allora perché il modello qui esaminato non si ferma al dichiarare il default se il valore dell’immobile scende sotto una certa soglia definita in base al livello del prestito concesso.

In particolare per adattare il modello all’esame di casi basati sulla realtà vengono introdotti tre correttivi.

Il primo è che il valore esatto dell’immobile è impossibile da conoscere anche perché è basato su opinioni soggettive; risulta quindi difficile poter utilizzare i dati storici a meno che tali dati non derivino da altri fattori che sono direttamente osservabili. In altre parole bisogna trovare un’equazione fatta di variabili osservabili e oggettive che approssimano il meglio possibile il valore dell’immobile nel corso del tempo. Il secondo punto riguarda il NOI che come sappiamo è uno dei valori fondamentali per la valutazione della concessione del credito.

Tuttavia va considerato che il NOI è fortemente legato all’immobile, quindi, quando l’immobile è costruito ed ha certe caratteristiche queste non possono essere                                                                                                                

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