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L'impresa sociale dopo la riforma del Terzo settore

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di laurea

L’IMPRESA SOCIALE

DOPO LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE

La Candidata Il Relatore

Giulia Bugliani Chiar.mo Prof. Emanuele Rossi

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Indice

INTRODUZIONE ... 6

I. IL TERZO SETTORE ... 9

1.1.LE RAGIONI POLITICO-SOCIALI CHE HANNO PORTATO ... ALL’ADOZIONE DELLA LEGGE “DELEGA AL GOVERNO PER LA RIFORMA DEL TERZO SETTORE, DELL’IMPRESA SOCIALE E PER LA DISCIPLINA .. DEL SERVIZIO CIVILE UNIVERSALE”, L.6 GIUGNO 2016, N.106. ... 9

1.2.ANALISI DEGLI OBIETTIVI DI RIFORMA FISSATI NELLE ... “LINEE GUIDA ALLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE” ... E NELLA LEGGE DELEGA 6 GIUGNO 2016, N.106. ... 11

1.3.INDIVIDUAZIONE DEL TERZO SETTORE. ... 15

II. LA STESURA DELLA RIFORMA ... 19

2.1.L’ADOZIONE DEI QUATTRO DECRETI LEGISLATIVI. ... 19

2.2.I PRINCIPI E I CRITERI DIRETTIVI SEGUITI NELL’ADOZIONE ... DEI DECRETI LEGISLATIVI. ... 24

III. IL DECRETO 3 LUGLIO 2017, N. 117. ... 26

3.1.IL DECRETO LEGISLATIVO 3 LUGLIO 2017, N.117, NELLA SUA .. ANALISI GENERALE.IL REGISTRO UNICO DEL TERZO SETTORE. ... 26

3.2.L’INQUADRAMENTO DEGLI “ENTI RELIGIOSI CIVILMENTE RICONOSCIUTI” ALL’INTERNO DELLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE. ... 38

3.3.LE ATTIVITÀ D’INTERESSE GENERALE E IL DIVIETO DELLO SCOPO DI LUCRO NEL DECRETO LGS. N.117. ... 40

3.4. I NUOVI “CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO”. ... 44

IV. L’IMPRESA SOCIALE NELL’ORDINAMENTO ITALIANO47 4.1.LA NASCITA E LA DEFINIZIONE DELL’IMPRESA SOCIALE NEL ... DECRETO LEGISLATIVO N°155 DEL 2006. ... 47

4.2.ANALISI DEL CONCETTO DI “LUCRO” NELL’AMBITO ... DELL’IMPRESA SOCIALE. ... 50

4.3. I SETTORI D’ UTILITÀ SOCIALE, L’ARTICOLO 2 DEL ... D.LGS. N.155/2006. ... 55

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4.4.GLI ASPETTI AMMINISTRATIVI DELL’IMPRESA SOCIALE: L’ARTICOLO 10 DEL D.LGS. N.155/2006 E LE FORME DI CONTROLLO PREVISTE. ... 56

V. LE IMPRESE SOCIALI ITALIANE ALL’ENTRATA IN VIGORE DELLA RIFORMA. ... 61

5.1.ANALISI QUANTITATIVA E QUALITATIVA DELLE ... IMPRESE SOCIALI ITALIANE. ... 61

5.2.I SETTORI D’INTERVENTO DELLE IMPRESE SOCIALI. ... 66 5.3.INCIDENZA DELLE IMPRESE SOCIALI NEL TESSUTO DELLA COMUNITÀ.

RIFLESSIONI FINALI. ... 74

VI. LA NUOVA IMPRESA SOCIALE ... 77

6.1.L’IMPRESA SOCIALE ALL’INTERNO DELLA LEGGE DELEGA

6 GIUGNO 2016, N.106. ... 77

6.2.IL DECRETO LEGISLATIVO 3 LUGLIO 2017, N.112,“REVISIONE . DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI IMPRESA SOCIALE, A NORMA DELL’ARTICOLO 2, COMMA 2, LETTERA C) DELLA LEGGE 6 GIUGNO 2016, N.106”. ... 81

6.3.LE NUOVE ATTIVITÀ D’INTERESSE GENERALE, L’ARTICOLO 2 DEL DECRETO LEGISLATIVO. ... 82

6.4.L’ASSENZA DELLO SCOPO DI LUCRO NELLA SUA NUOVA RIFORMULAZIONE. 84

6.5.IL REGIME DI DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI IN ALTRE ESPERIENZE EUROPEE. 89

6.6.COME SI COSTITUISCE LA NUOVA IMPRESA SOCIALE E GLI ADEMPIMENTI CONTABILI CUI È TENUTA. ... 91

VII. LA RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA. ... 97

7.1.LO SVILUPPO DELLA “RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA” NELLE TEORIE ECONOMICHE. ... 97

7.2.LA RESPONSABILITÀ SOCIALE D’IMPRESA NELLA

“SOCIAL BUSINESS INITIATIVE” EUROPEA. ... 100 VIII. L’IMPATTO SOCIALE. ... 106

8.1.LE ORIGINI DELLA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE NEI DOCUMENTI DELLA COMMISSIONE EUROPEA. ... 106

8.2.LA VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE NELLA RIFORMA DEL TERZO SETTORE. ... 110

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8.3.ALCUNI MODELLI DI VALUTAZIONE DELL’IMPATTO SOCIALE ESISTENTI. 112

IX. LE NUOVE FORME D’INCENTIVO PREVISTE

PER LE IMPRESE SOCIALI. 117

9.1.LA FONDAZIONE ITALIA SOCIALE. ... ….. 117

9.2.LE MISURE FISCALI E DI SOSTEGNO ECONOMICO PRESENTI NEL DECRETO LGS. N.112 DEL 2017 E NEL CODICE DEL TERZO SETTORE. ... 119

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Ringraziamenti

Ringrazio la mia famiglia per il supporto durante questi anni e per avermi cresciuta libera nella mente e nel cuore; ringrazio Marco per tutto il suo amore, è la persona migliore che io abbia mai conosciuto;

ringrazio Chiara, Giulia e Valentina perché le trovo sempre al mio fianco; grazie a Stefano, per tutti i pomeriggi passati insieme a studiare,

a ripetere “come i pazzi”; un grazie particolare a Carla e a Marco perché, fin dal primo giorno, non hanno mai dubitato del mio valore e me ne hanno resa consapevole.

Dedico la mia tesi, con sincero affetto, a tutti loro. Voglio, inoltre, dedicarla al mio passato, alla storia delle “mie genti”. Il riscatto, prima o dopo, arriva sempre.

“… la vecchia e la figlia alle rifiniture il marito alla verniciatura la figlia della figlia alle tappezzerie stanno in viaggio ormai da più di venti ore

aspettano seduti sereni e contenti sopra le bombe non gliene importa niente aspettano che è tutta una vita che stanno ad aspettare …”

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Introduzione

Tre sono le parole chiave del Terzo settore: solidarietà, partecipazione e sussidiarietà. Da anni questa realtà, composta da migliaia di associazioni di volontariato, da fondazioni, imprese sociali e da cooperative sociali, opera a favore della collettività garantendo assistenza, inclusione e servizi.

Sino ad oggi, “Terzo settore” è stata solo un’espressione sociologica, che gli studiosi hanno impiegato per racchiudere un insieme di elementi eterogenei e disciplinati attraverso normative differenti. A tale termine non era attribuito fondamento giuridico, non veniva considerato come un soggetto cui riconoscere un ruolo centrale in aspetti strategici per lo sviluppo del nostro Paese, nonostante tutte le realtà non profit abbiano sempre mostrato grande competenza ed impegno nella realizzazione delle proprie attività, sostituendosi spesso all’apparato di welfare statale nell’erogazione di servizi ed aiuti alla collettività.

Dall’adozione della prima normativa riguardante il mondo del sociale (la Legge quadro sul volontariato, n.266 del 1991) sono passati quasi trent’anni, anni in cui il non profit si è fatto spazio nella società, ottenendo il plauso dei cittadini senza mai raggiungere, però, un riconoscimento giuridico unitario.

Il 25 maggio del 2016 il Parlamento approvò in via definitiva la legge delega n.106 “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale” attraverso cui è stata promossa, finalmente, l’importante opera di unificazione e semplificazione di tutto il mondo del Terzo settore, avviando un’opera riformatrice unica nel suo genere ed attesa da molto tempo.

Le “Linee guida per una Riforma del Terzo settore” che vennero emanate dal Governo sottolinearono l’importanza fondamentale di questa realtà: “Per realizzare il cambiamento economico, sociale, culturale e istituzionale di cui il Paese ha bisogno è necessario che tutte le diverse componenti della società italiana convergano in un grande sforzo comune. Il mondo del terzo settore può fornire un contributo determinante a questa impresa, per la sua capacità di essere motore di partecipazione e di autorganizzazione dei cittadini, coinvolgere le persone, costruire legami sociali, mettere in rete risorse e competenze, sperimentare soluzioni innovative.”

L’idea di fondo è espressa dalla volontà di costruire un welfare partecipativo, fondato su una governance allargata alla partecipazione di tutta la collettività e del

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Terzo settore al processo decisionale e attuativo delle politiche sociali, riavvicinando i cittadini alla gestione della res publica.

Il legislatore delegante ha ritenuto di dover condurre tale opera di sistemazione ed unificazione attraverso l’adozione di quattro distinti decreti legislativi di cui uno, il n. 117/2017, rappresenta il Codice del Terzo settore, mentre i restanti hanno ad oggetto la riforma dell’istituto del 5X1000, del servizio civile (che da nazionale si trasforma in universale) e dell’impresa sociale.

L’introduzione del Codice del Terzo settore è sicuramente un dato su cui concentrare l’attenzione e che porta con sé tutta una serie di conseguenze che sarà inevitabile affrontare almeno nei suoi aspetti più rilevanti e per quanto ciò sia necessario ai fini della corretta ed esaustiva analisi dell’oggetto principale di questo lavoro, la riforma dell’impresa sociale.

La qualifica di impresa sociale fu introdotta con il decreto legislativo n.155/2006 ma a distanza di molti anni dal suo ingresso nella realtà giuridica italiana non ha incontrato il seguito che lo stesso legislatore auspicava.

Assumibile da parte di tutti gli enti privati, ivi inclusi quelli del libro V del Codice civile, che operino all’interno di settori d’utilità sociale, questa “etichetta” rappresenta un riconoscimento importante con cui si è cercato di incentivare un mutamento nel metodo economico-produttivo, tentando di volgerlo in senso più etico e sociale. L’impresa sociale ben può essere considerata figlia delle teorie sviluppatesi a partire dai primi anni del secolo scorso concernenti la “Responsabilità sociale d’impresa”.

Il profitto simboleggia l’obiettivo principale di ogni impresa ma questo non può più rappresentare l’unico movente alla base delle scelte di politica aziendale e nel perseguirlo l’impresa non può più permettersi di prescindere da due realtà ormai strettamente connesse alla dimensione economica: l’etica e la società in cui opera.

Partendo da queste premesse possiamo cogliere la dimensione in cui si realizza l’impresa definita “sociale”, per la quale assurge a ruolo legittimante uno strumento nello specifico, il bilancio sociale, impiegato per rendicontare, per raccontare, una dimensione diversa da quella prettamente economica e che si riflette nel benessere generato a favore della collettività in cui lavora.

La riforma dell’impresa sociale si è dunque resa necessaria vuoi per renderla compatibile con la disciplina generale degli enti del Terzo settore riconosciuti ora all’interno del Codice, vuoi perché in passato sono mancati dei veri e propri incentivi economico-fiscali che favorissero nella sostanza la nascita di nuove imprese ed è

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proprio tale mancanza ad essere stata ascritta tra le ragioni principali del mancato decollo del nuovo modello del “fare impresa”.

Con il nuovo decreto legislativo, il n.112 del 2017, si è cercato di incentivare, promuovere, la nascita di nuove imprese sociali concepite come uno strumento attraverso cui realizzare allo stesso tempo attività d’impresa e benessere per i cittadini.

L’analisi verterà quindi su un confronto tra la disciplina passata e quella appena approvata, mettendo in luce sia gli elementi rimasti invariati sia quelli modificati.

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I. IL TERZO SETTORE

1.1. Le ragioni politico-sociali che hanno portato all’adozione della legge “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, l. 6 giugno 2016, n.106.

La legge “Delega al Governo per la riforma del Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”, n. 106/2016, è stata approvata in via definitiva dal Parlamento il 25 maggio del 2016. Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 18 giugno1, è entrata ufficialmente in vigore il 3 luglio successivo.

Il testo, frutto degli emendamenti apportati al disegno legge presentato dal Governo (che ha iniziato il suo iter parlamentare in Commissione Affari Sociali, Commissione XII, il 1 ottobre 2014), rappresenta una riforma fondamentale all’interno del nostro ordinamento.

Lo scopo perseguito, così come tracciato all’interno delle “Linee guida per una Riforma del Terzo Settore”, è da rinvenirsi nella volontà del legislatore di conferire un riconoscimento normativo unitario al frastagliato mondo del volontariato, della cooperazione sociale, dell’associazionismo non profit, delle fondazioni e delle imprese sociali, cercando di attuare, allo stesso tempo, un’opera di revisione e riordino2

del materiale normativo esistente.

La costruzione di fondamenta giuridiche, la valorizzazione del principio di sussidiarietà verticale e orizzontale, la promozione dell’impresa sociale, l’ampliamento delle forme di sostegno economico sia di derivazione pubblica che privata, sono tra le ragioni che hanno spinto il Parlamento a promuovere una riforma attesa da tempo da tutta la realtà del non profit italiano.

La svolta attuale è stata realizzata a distanza di quasi trent’anni dall’adozione della prima normativa di settore rappresentata dalla Legge quadro sul volontariato, n.266 del 1991, che ha aperto la strada all’adozione successiva o contemporanea di tutta una serie di altre disposizioni: la legge sulla cooperazione sociale (381/90), sull’associazionismo di promozione sociale (383/2000), sui servizi sociosanitari (328/2000), il decreto

1 Pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.141 del 18 giugno 2016.

2 Gori L., Rossi E., “La legge delega n.106 del 2016 di riforma del Terzo settore”, in Osservatorio sulle

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legislativo sulle ONLUS3 (460/97), l’introduzione della’impresa sociale (D. lgs. n.155/2006).

Con l’emanazione della normativa su citata fu progressivamente consacrata l’importanza del ruolo assunto dalle realtà non profit all’interno della società, ruolo peraltro già riconosciuto dal tessuto sociale in cui le stesse operano da anni.

Tuttavia mai prima d’ora si era operato in modo da attribuire un unico significato a tutto il mondo non profit.

Infatti, ogni ente costituito fino ad oggi è stato disciplinato separatamente dagli altri come se facesse parte di una realtà a sé stante e il legislatore è sempre risultato cieco di fronte alle evidenti somiglianze esistenti tra i vari enti: ha preferito creare tanti piccoli “pianeti” inconsapevoli di gravitare attorno al medesimo “sole”, il Terzo settore.

Il rilievo, sempre più preponderante, assunto dalle realtà del sociale può essere considerato espressione di quell’accelerazione (avutasi in tutto il mondo occidentale) al passaggio da un modello di welfare state, in cui è lo Stato a farsi carico dei bisogni dei cittadini, a uno di welfare society4, in cui l’attività statale, ormai sempre più povera e limitata ai soli settori basilari, è affiancata, quando non direttamente sostituita, dall’impegno del non profit che agisce operando nella vera e propria erogazione di servizi ai cittadini.

A dimostrazione di ciò può essere sufficiente valutare quale sia l’ambito di “specializzazione”, ad esempio, delle associazioni di volontariato e delle cooperative sociali, ovvero quello socio-sanitario. Il settore in cui da sempre lo Stato si trova in difficoltà nell’offrire prestazioni adeguate e proporzionate al numero di richieste d’intervento è lo stesso in cui sono intervenute maggiormente le realtà del sociale cercando di dare una risposta alle esigenze della cittadinanza e di sopperire, di conseguenza, alle mancanze statali.

Questo fenomeno, ormai in fase di crescita costante, deve essere valutato sia nei suoi elementi negativi sia in quelli positivi.

La richiesta di un impegno personale del cittadino alla gestione della “res publica” è indubbiamente da supportare fintantoché, però, non si trasformi in una delega di funzioni statali a favore di soggetti privati. Il legislatore è ben consapevole delle enormi

3 In merito si ricorda che con la sigla ONLUS s’intendevano le “organizzazioni non lucrative di utilità

sociale” e che la stessa indicava una qualifica assumibile da parte dei diversi operatori del Terzo settore grazie alla quale agli stessi erano riconosciute particolari agevolazioni fiscali. Con la riforma in esame è stata completamente abrogata la disciplina prevista per le ONLUS.

4 In argomento Bottari C., De Angelis P., “Dal Welfare State al welfare di comunità”, Bononia

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difficoltà economiche e finanziarie che un apparato di welfare funzionante comporta per le casse dello Stato ed ammette esplicitamente, nelle Linee guida alla riforma, che: “In un quadro di vincoli di bilancio, dinanzi alle crescenti domande di protezione sociale abbiamo bisogno di adottare nuovi modelli di assistenza in cui l’azione pubblica possa essere affiancata in modo più incisivo dai soggetti operanti nel privato solidale. Pubblica amministrazione e Terzo settore devono essere le due gambe su cui fondare una nuova welfare society”.

Si conclama l’esistenza del Terzo settore5

e si afferma la stretta necessità per lo Stato che lo stesso esista: senza le attività realizzate dal mondo del sociale organizzato, non sarebbe possibile, sulla base delle risorse economico-finanziarie destinate alla programmazione sociale, sanitaria ed assistenziale, garantire l’espletamento dei servizi alla persona e dunque l’esercizio dei diritti sociali.

I vincoli di bilancio6 non più sinonimo di buona gestione dello Stato ma fattore che impedisce il corretto ed esaustivo adempimento delle funzioni statali.

Alla luce di queste prime brevi considerazioni non possiamo che considerare la valorizzazione in corso, attraverso la legge di riforma, dettata da esigenze di carattere economico e pratico e dalle “spinte di riconoscimento” provenienti dal mondo non profit, sempre più conscio dei propri oneri ed impaziente di ottenere una legittimazione normativa che sia la più possibile esaustiva ed unitaria.

1.2. Analisi degli obiettivi di riforma fissati nelle “Linee guida alla riforma del Terzo settore” e nella legge delega 6 giugno 2016, n.106.

Le Linee guida emanate per la stesura della riforma del Terzo settore hanno una pluralità di contenuti eterogenei, sintomo dell’ampiezza e della portata storica della proposta di riforma.

La revisione organica della legislazione di settore appena attuata ha richiesto la capacità da parte del Terzo settore stesso di affrontare cambiamenti che, seppur

5 Zamagni S., “Codice civile. Il Terzo settore ora esiste”, in Vita, 2017, n.10, pag. 38-40; dello stesso

autore si richiama un recente intervento tenuto a Roma all’interno di un laboratorio che CSVnet e Aiccon hanno organizzato in merito alla valutazione dell’impatto sociale. È visibile all’indirizzo http://www.csvnet.it/component/content/article/144-notizie/2466-un-terzo-settore-sempre-piu-produttivo-la-riforma-letta-da-stefano-zamagni?tmpl=component&print=1&Itemid=893

6 Il “Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nella Unione economica e monetaria”,

cosiddetto Fiscal compact, ha portato all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione all’articolo 81, tramite L. cost. 20 aprile 2012, n.1, decorrente dall’esercizio finanziario relativo all’anno 2014.

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auspicati, non sarebbero mai potuti essere imposti “dall’alto” ma avrebbero dovuto necessariamente essere condivisi ed accettati da tutte le parti in gioco7.

Proprio per questo motivo, in chiusura della presentazione delle Linee guida8, il Governo chiese apertamente al vasto mondo del Terzo settore di presentare proposte, esprimere opinioni, avviando un’importante opera di concertazione sociale che fu ampiamente accolta9. Basti pensare che dopo una settimana dalla diffusione online del testo arrivarono al governo 420 e-mail in risposta10.

Tale desiderio di condivisione vuoi d’idee vuoi d’intenti è possibile rinvenirlo nel corso di tutto l’iter legislativo.

Uno dei termini su cui è stata focalizzata l’attenzione nelle Linee guida è quello di “welfare partecipativo11”, espressione di quel passaggio già accennato.

L’intento perseguito è stato quello di gettare le basi per un nuovo apparato di welfare sociale fondato sulla partecipazione dei singoli, delle associazioni di volontariato, delle cooperative sociali: tutti sono chiamati a collaborare nell’attuare e nel garantire le politiche sociali, nell’erogare prestazioni a favore dei cittadini, tentando di ricomporre la frattura esistente tra Stato e cittadini, tra pubblico e privato.

Per fare ciò il Governo espressamente ha individuato tutta una serie di obiettivi che sarebbero dovuti essere perseguiti con la riforma:

 Ricostruzione delle fondamenta giuridiche, definizione dei confini e “separazione del grano dal loglio”: il passaggio a un assetto “tripolare” della nuova società è ormai inevitabile ed in parte già realizzato. L’identità del T.s.12 deve essere costruita tenendo sempre a mente questa esigenza e facendolo attraverso la specificazione dei confini giuridici e l’inquadratura dei vari enti.

7 Si veda a tal proposito Patriarca E., “Terzo settore protagonista della riforma”, in Non Profit, n.3, 2014,

pp.254-261.

8 Il 12 aprile 2014 il neo Presidente del Consiglio Matteo Renzi, all’interno del Festival del Volontariato

di Lucca, interpellato sul ruolo del Terzo settore, s’impegna a dare la svolta attesa da tempo ed il successivo 13 maggio comunica online le Linee guida.

9 Si veda, a tal proposito,

http://www.governo.it/articolo/terzo-settore-le-linee-guida-vista-dellariforma/1602. La consultazione è stata aperta dal 13 maggio al 13 giugno 2014. Il Report sugli esiti della consultazione è stato pubblicato sul sito www.lavoro.gov.it . Sull’iter, in generale, si veda il contributo di Mancini F. – Menegatti F. – Ranieri C. , “Processo di riforma del Terzo settore. Iter,

questioni definitorie ed esigenze di governance”, in Osservatorio ISFOL, 3-4, 2014, pag. 81 ss.

10 Per questo aspetto, Giorio A. C., “Consultare il Terzo settore: un metodo particolarmente utile per la

delega legislativa”, in Non Profit, n.4, 2014, pp.225-232.

11 Gori C., “Il welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive”, Carocci, Roma, 2014. 12

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 Valorizzazione del principio di sussidiarietà verticale ed orizzontale13: la nuova normativa dovrà avvalorare il nostro nuovo sistema di governo, strutturato su un multilivello i cui diversi “piani” collaborano attivamente tra loro.

 Sviluppo dell’impresa sociale: individuare gli strumenti e le norme grazie alle quali favorire lo strumento dell’impresa sociale quale forma imprenditoriale atta alla produzione di beni e servizi di utilità sociale14.

 Introduzione del Servizio Civile Nazionale universale.

 Introduzione di nuove forme di sostegno economico finalizzate a stabilizzare gli enti del Terzo settore.

La sfida più ardua che il legislatore ha dovuto affrontare (in parte rimasta solo sulla carta, come vedremo nelle fasi successive) è stata quella di procedere alla revisione e riorganizzazione dell’intero assetto normativo esistente, cercando di mantenere al contempo linee di confine atte a preservare la specificità di ogni operatore del sociale. Nella legge delega, all’articolo 1, sono fissate le finalità e l’oggetto della riforma: “Al fine di sostenere l'autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l'inclusione e il pieno sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa, in attuazione degli articoli 2, 3, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione …”.

La libertà di associazione dei cittadini è stata innalzata a fondamenta di una nuova società, di un diverso modo di vivere insieme, in cui la persona e il suo benessere rappresentano gli elementi nevralgici di tutto il sistema15.

Concetti come “bene comune” e “cittadinanza attiva”, entrati a far parte del nostro vocabolario, sono finalmente individuati come mete finali di un’opera di “ristrutturazione” che coinvolgerà il vasto mondo del sociale con l’obiettivo di garantire la coesione e la protezione sociale, la partecipazione e l’inclusione di tutta la collettività.

13 Circa le difficoltà riguardanti l’attuazione del principio di sussidiarietà, si rimanda a Albanese A., “I

rapporti tra soggetti non profit e pubbliche amministrazioni nel d.d.l. delega di riforma del Terzo settore: la difficile attuazione del principio di sussidiarietà”, in Non Profit, n.3, 2014, pp.153-161.

14 Redi C., “Il difficile mix tra dimensione sociale e imprenditorialità nella revisione della disciplina

dell’impresa sociale”, in Non Profit, n.3, 2014, pp. 162-170.

15 In argomento Guzzetta G., “Il diritto costituzionale di associarsi. Libertà, autonomia, promozione”,

Giuffrè, Milano, 2003; Leondini G., “Associazioni private di interesse generale e libertà di

associazione”, CEDAM, Padova, 1999; Rigano F.,”La libertà assistita. Associazioni privato e sostegno pubblico nel sistema costituzionale”, CEDAM, Padova, 1995.

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Negli ultimi anni abbiamo frequentemente sentito parlare di questi nuovi valori nonostante il legislatore non sia riuscito, fino ad oggi, ad identificarli positivamente. Sono emersi dal tessuto sociale, dalle relazioni instauratesi spontaneamente tra persone diverse e dall’incontro di culture, di modi di pensare e di vivere differenti ma non in contrasto tra loro.

Il perseguimento del “bene comune”, cioè di un benessere diffuso, collettivo, percepibile dalle persone, è la spinta propulsiva del mondo del non profit, mondo che a mio avviso ben dovrebbe essere ricompreso all’interno della più ampia categoria di “beni comuni” in cui abbiamo imparato ad inserire tutto ciò che crea un beneficio diretto alla comunità.

Nonostante tale concetto, a mio avviso, non sia stato approfondito all’interno della riforma credo che invece avrebbe dovuto trovarvi legittima residenza, vuoi in ragione proprio dell’importanza assunta dal T.s., vuoi per il crescente interesse dimostrato dalla società e dagli studiosi nei confronti dei “beni comuni16”.

Con tale termine, spesso abusato, siamo soliti indicare un elemento (può avere la natura più varia) cui tutta la collettività ha interesse e diritto ad accedere affinché ogni individuo possa, attraverso l’uso responsabile e rispettoso del bene, realizzare la propria persona e godere appieno di ciò che la realtà gli offre.

Nessuno può essere escluso dall’accesso, diretto e non mediato dalla proprietà privata o da forme di concessione pubblica.

Beni comuni sono stati definiti l’acqua, i beni paesaggistici - culturali, le scoperte scientifiche, il sapere: elementi grazie ai quali la collettività ha potuto e può progredire e rispetto ai quali deve essere considerato elemento imprescindibile di ogni società moderna la possibilità di usufruirne liberamente e gratuitamente.

La “cittadinanza attiva17” richiama direttamente i valori presenti nella nostra

Costituzione: la partecipazione della comunità all’organizzazione e al progresso della società. “Libertà è partecipazione” cantava Giorgio Gaber in una delle sue più famose canzoni e dovremmo tenerlo sempre a mente.

Questi due fattori, realizzazione del bene comune (e, ribadisco, T.s. come bene comune) e cittadinanza attiva, rappresentano strumenti grazie ai quali garantire forme di

16 Su quest’ argomento si consiglia Marella M.R., “Oltre il pubblico e il privato. Per un diritto dei beni

comuni”, Ombre Corte, Verona, 2012 ; vedasi anche la breve ma esaustiva definizione data da Stefano

Rodotà in un video online su http://www.filosofia.rai.it/articoli/rodot%C3%A0-i-beni-comuni/19364/default.aspx

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“coesione e protezione sociale” garantite, ad esempio, attraverso l’associazionismo che ha rappresentato la manifestazione naturale di tali valori.

Come vedremo anche in seguito, il mondo del sociale ha costituito in periodi di crisi economica una forma di sostegno nei confronti delle fasce della popolazione più deboli e in difficoltà.

Là, dove le Istituzioni nazionali e locali non riescono a far sentire la propria presenza, sono proprio le associazioni di volontariato locali a occuparsi di reprimere o quantomeno attenuare fenomeni di disagio sociale.

Non a caso il richiamo espresso all’articolo 2 della Costituzione, in cui si menzionano le “formazioni sociali” quali luoghi in cui l’uomo svolge, realizza, la propria personalità, rende evidente la volontà politica di incoraggiare la nascita di tali realtà concepite come mezzo per valorizzare la persona umana ed offrirle nuove possibilità.

1.3. Individuazione del Terzo settore.

Una volta definiti gli scopi della riforma, si rende inevitabilmente necessario delimitare l’ambito di applicazione della stessa. Che cos’è il Terzo settore? Quali sono i suoi confini? Chi può farne parte?

La nozione di “Terzo settore” apparve per la prima volta nell’opera di Amitai Etzioni, sociologo di origini israeliane vissuto negli Stati Uniti d’America, autore nel 1973 di “The Third Sector and Domestic Missions”18

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“While debate over how to serve our needs has focused on the public versus the private alternative, a third alternative, indeed sector, has grown between the state and market sector. Actually this third sector may well be the most important alternative for the next few decades, not by replacing the other two, but by matching and balancing their important roles.”

L’autore individuò il Third Sector come l’unica strada possibile al costante dibattito/opposizione tra la strada del pubblico e quella del privato, unica terza possibilità, per i prossimi decenni, in grado di “matching and balancing”, ovvero di far

18 Etzioni A., “The Third Sector and Domestic Missions”, Public Administration Review, vol. 33, n.4

(Luglio - Agosto 1973), pp. 314- 323. Fonte Ponzanelli G. e Montani V. “Libro I, cosa cambia”, in Vita, n.10, 2016, pp. 41-44.

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combaciare e bilanciare i compiti spettanti agli altri due settori senza sostituirsi agli stessi.

Etzioni si rese conto di come il Terzo Settore avrebbe rappresentato in futuro l’unica via, alternativa a quella privata e pubblica, veramente praticabile. Un percorso frutto di una sorta di “commistione indispensabile tra generi diversi”, come una chimera dotata delle caratteristiche positive delle due anime che la compongono.

La definizione elaborata deve necessariamente essere contestualizzata sia nel periodo storico-politico della sua stesura (presidenza USA di Nixon) sia all’interno del più vasto pensiero dell’autore, tra i fondatori e sostenitori del “Communitarism”: filosofia socio-politica fondata sull’assunto della necessaria interconnessione tra individuo e società e in forte contrapposizione con le filosofie individualiste19. La strada aperta più di quarant’anni fa da Etzioni ha offerto a molti autori successivi spunti interpretativi per nuove elaborazioni.

In molti, dopo l’autore israeliano, si sono susseguiti nel tentare di proporre una definizione di Terzo settore valida per la generalità dei soggetti che ne fanno parte, ma a oggi non vi è stata ancora alcuna positivizzazione giuridica di tale concetto.

Tra le varie soluzioni richiamiamo la proposta sviluppata dal Professor P. Consorti20 che sulla base della normativa italiana allora vigente definì il Terzo settore come: “l’ambito in cui agiscono soggetti collettivi privati costituiti per uno scopo di solidarietà sociale e diverso dal lucro, impegnati in attività congruenti con tale finalità”.

L’attenzione è posta esclusivamente sull’elemento soggettivo: s’individuano gli attori in gioco e le finalità perseguite mentre non rilevano, poiché non individuate, le attività svolte e che, a ragion veduta, rappresentano una cartina di tornasole per verificare se gli “intenti” dichiarati all’interno degli atti costitutivi di un ente corrispondano nella realtà a ciò che l’ente stesso realizza.

Contrariamente a tale impostazione il legislatore italiano, nel corso di questi anni, nelle varie normative di settore, ha sempre dettagliatamente individuato le attività che avrebbero dovuto e potuto essere svolte, elevandole a elemento qualificante e decisivo per l’accesso alla disciplina.

19 In argomento Etzioni A., “The Essential Communitarian Reader”, Rowman&Littlefield publisher,

USA, 1998; Selznick P., “The communitarian persuasion”, Woodrow Wilson Center Press, n.l, 2002.

20 Consorti P., “Legislazione del Terzo settore. Le norme sul non profit, il volontariato, la cooperazione

sociale ed internazionale”, Plus, Pisa, 2005, p.12. Più recente, dello stesso autore “Nozione di Terzo settore”, in Non Profit, n.3, 2014, pp. 27-33; Zamagni S., "Libro bianco sul Terzo settore", Il Mulino,

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17

Questo è stato l’impianto seguito dal legislatore della riforma in esame: si pongono al centro di tutto le finalità perseguite e le attività svolte dai diversi operatori e dal rispetto della nuova normativa di settore si fa discendere l’applicabilità della stessa.

Dal canto loro le Linee guida identificano il T.s. in un “settore che si colloca tra lo Stato e il mercato, tra la finanza e l’etica, tra l’impresa e la cooperazione, tra l’economia e l’ecologia”.

A una prima lettura un ambito poco chiaro ma sullo sfondo si scorge l’impostazione data da Etzioni: una strada tra Stato e mercato, tra pubblico e privato, tra funzioni sociali e finalità produttive.

Sono messi in contrapposizione tra loro elementi che da sempre contrastano l’uno con l’altro: la finanza all’etica, l’economia all’ecologia, mondi concettualmente separati ma avvicinabili nell’ottica riformatrice, in cui “Occorre però anche sgomberare il campo da una visione idilliaca del mondo del privato sociale, non ignorando che anche in questo ambito agiscono soggetti non sempre trasparenti che talvolta usufruiscono di benefici o attuano forme di concorrenza utilizzando spregiudicatamente la forma associativa per aggirare gli obblighi di legge21”.

Bene promuovere e sostenere ma si deve sempre porre attenzione sull’eventualità dell’esistenza di operatori del sociale animati da scopi più egoistici che altruistici e consapevoli di ciò approntare gli strumenti per un controllo efficace ed efficiente volto ad escludere dalla categoria coloro che non ne rispettano in corso d’opera i valori e le regole.

Anche all’interno della legge delega rinveniamo un’indicazione in merito a cosa sia il Terzo settore: “…il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi22.”

Viene confermata la natura privatistica dell’ente, l’assenza dello scopo di lucro nello svolgimento delle attività statutarie a carattere civilistico e solidaristico, la promozione di attività d’interesse generale, l’attuazione del principio di sussidiarietà ex art 118, 4 comma, della Costituzione: una definizione a cui si arriva tramite

21All’interno delle “Linee Guida per una riforma del Terzo settore” emanate dal Governo, pag.2. 22

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l’individuazione dei tratti comuni che ogni ente deve avere per poter entrare a far parte della famiglia del Terzo settore e che vengono elevati a ruolo di elementi qualificanti.

L’assenza dello scopo di lucro da sola non è sufficiente per attribuire un determinato soggetto al mondo del Terzo settore.

Diviene, infatti, essenziale, in questo senso, il riconoscimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale: si assiste alla creazione di un genus unico di cui fanno parte tre famiglie che si differenziano tra di loro sulla base dei propri scopi istitutivi.

Il richiamo al concetto di “produzione e scambio di beni e servizi”, di chiara memoria imprenditoriale - commerciale23, mira alla realizzazione e al perseguimento di un’utilità sociale collettiva. I vari operatori devono operare con la finalità specifica di realizzare delle attività rivolte a tutta la comunità e attraverso le quali sia possibile perseguire un benessere collettivo e diffuso di cui tutti potranno usufruire24.

23 Codice civile, articolo 2082 “E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica

organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi”.

24 Per alcune critiche alla legge delega si vedano Pantrini P., “Riforma del terzo settore tra plausi,

preoccupazioni e auspici: facciamo il punto”, 2016, consultabile online all’indirizzo

http://www.secondowelfare.it/terzo-settore/la-legge-delega-di-riforma-del-terzo-settore-tra-plausi-preoccupazioni-e-auspici.html ;

Martinelli G., “Alcune considerazioni sulla legge delega di riforma del terzo settore”, 2016, consultabile online all’indirizzo https://www.ecnews.it/alcune-considerazioni-legge-delega-riforma-terzo-settore/.

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II. LA STESURA DELLA RIFORMA

2.1. L’adozione dei quattro Decreti legislativi.

La stesura della riforma è avvenuta attraverso l’adozione di quattro distinti decreti legislativi da parte del Governo, così come previsto dall’articolo 1 della legge delega. I quattro decreti, adottati come previsto nei dodici mesi successivi all’entrata in vigore del disegno di legge, non rappresentano tuttavia l’atto finale dell’opera riformatrice.

Infatti, entro il 7 luglio del 2018, dovranno essere emanati tutti i decreti integrativi e correttivi necessari mentre entro il successivo 8 agosto dovranno essere promulgati i decreti ministeriali attuativi.

Altro elemento d’incertezza è dato dall’attesa dell’autorizzazione che dovrebbe provenire dalla Commissione europea in merito alla legittimità di alcune disposizioni della riforma.

In ossequio all’articolo 101, comma 10, del decreto lgs. 117/2017 è infatti richiesta apposita autorizzazione25 per la legittimità degli articoli 7726, comma 10, 8027 e 8628 rispetto all’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea29.

Il punto verte sulla possibilità che queste disposizioni siano interpretate dall’Unione europea come “aiuti di stato” e di conseguenza bocciate in virtù del divieto espresso, per tutte le nazioni aderenti all’UE, di concedere aiuti o agevolazioni di natura economica a favore di proprie imprese o enti in misura tale da falsare o alterare la concorrenza all’interno del mercato unico europeo.

25 La medesima autorizzazione è richiesta in riferimento all’art. 18, comma 9, del D. lgs. 3 luglio 2017, n.

112.

26

In merito all’emissione dei “Titoli di solidarietà”, il comma 10 prevede per gli emittenti il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 50% delle erogazioni liberali dagli stessi effettuate a favore degli ETS.

27 In tema di “Regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali” in cui si riconosce la

possibilità di optare per una determinazione forfetaria del reddito d’impresa.

28

In tema di “Regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione sociale e dalle organizzazioni di volontariato” dove sono previste agevolazioni al mancato superamento di determinate soglie dimensionali.

29 Per una riflessione si veda Castorina E., “Il disegno di legge di riforma del Terzo settore: i profili

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20

Al riguardo si deve tenere presente come la giurisprudenza comunitaria non sia stata in passato30 particolarmente incline nell’esentare dal rispetto dei vincoli degli enti che, sebbene senza finalità di lucro, operano comunque nel mercato come soggetti economici. Allo stesso tempo non si può negare che, proprio in ragione della loro natura particolare, agli enti che operano nel Terzo settore realizzando finalità sociali e rispondendo a esigenze di rilievo costituzionale dovrebbero essere riconosciuti incentivi pubblici che vadano in un qualche modo a sopperire alla mancata produzione di utili da parte degli stessi.

Ad ogni modo è previsto che alcune misure di vantaggio applicabili a ONLUS, APS31 ed ODV32 entreranno comunque in vigore a partire dal 1 gennaio 2018, quali: titoli di solidarietà33, social lending34, social bonus35, agevolazioni in materia di imposte indirette e tributi locali36, detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali.

Una breve considerazione si rende invece necessaria in merito al tipo di strumento legislativo che è stato scelto per l’adozione della riforma. Il decreto legislativo, costituzionalmente ammesso dall’articolo 76, ordinariamente viene scelto laddove sia necessario adottare un testo nel più breve tempo possibile o quando la materia sia particolarmente complessa per cui l’esame in aula risulterebbe eccessivamente lungo e difficoltoso.

Tuttavia frequente è l’ipotesi in cui i limiti fissati nella legge delega vengano illegittimamente superati dal legislatore delegato portando all’impugnazione del testo adottato di fronte alla Corte Costituzionale37 per violazione della legge delega.

A oggi già due Regioni, Lombardia38 e Veneto39, hanno sollevato questione di legittimità alla Suprema Corte in merito ad alcuni punti degli atti adottati dal Governo.

30 Cfr. Corte di Giustizia, sez. III, sent. 29 novembre 2007, causa C119/06, Commissione delle Comunità

europee; sent. 17 giugno 1997, causa C-70/95, Sodemare SA e altri.

31 Con l’abbreviazione “APS” s’intende “Associazione di promozione sociale”. 32 Con l’abbreviazione “ODV” s’intende “Organizzazione di volontariato”.

33 D.lgs. 3 luglio 2017, n.117, art. 77. Saranno emessi dagli istituti di credito senza commissione bancaria

e con tassazione equiparata ai titoli di Stato.

34 D.lgs. 3 luglio 2017, n.117, art. 78. Consistono in piattaforme per la raccolta di finanziamenti a favore

d’iniziative degli ETS con tassazione per gli investitori equiparata ai titoli di Stato.

35

D.lgs. 3 luglio 2017, n.117, art. 81. Le erogazioni liberali a favore di ETS concessionari di beni immobili pubblici o sequestrati alla mafia è pari al 65%.

36 D.lgs. 3 luglio 2017, n.117, art. 82. È prevista l’esenzione da imposta sulle successioni e le donazioni e

sono altresì previste delle agevolazioni per le imposte di registro, catastali ed ipotecarie.

37 Recente è la dichiarazione d’incostituzionalità parziale che ha colpito la cd. Riforma Madia (legge 7

agosto 2015, n. 124 recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche). La sentenza della Corte Costituzionale, n. 251, è stata depositata il 25 Novembre del 2017 ed è stata pronunciata in seguito al ricorso presentato da parte della Regione Veneto contro il testo perché ritenuto lesivo delle prerogative regionali e adottato in violazione del principio della leale collaborazione tra Stato e Regioni nelle materie di reciproca competenza.

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Si presume, ad ogni modo, che la Corte attenderà l’approvazione di tutti i decreti correttivi e attuativi prima di pronunciarsi in merito in modo da evitare una sentenza laddove il legislatore sia poi intervenuto in fase di correzione.

Tornando all’opportunità della scelta del decreto legislativo dobbiamo rilevare come lo stesso sia impiegato per la stesura dei cosiddetti “testi unici” che possono alternativamente avere carattere meramente compilatorio, cioè la sola finalità di riunire in un codice il materiale normativo esistente, o innovativo, qualora il testo sia già esistente, ma richieda integrazioni o correzioni in alcune sue parti.

Nel nostro caso, il Codice del Terzo settore40, contiene in sé entrambe le anime poiché rispetto ad alcune materie, come già evidenziato, si auspicava una “revisione” mentre rispetto ad altre un mero “riordino”41

.

La differenza tra i concetti di riordino e di revisione non è esclusivamente linguistica ma presuppone un’analisi approfondita di tutta la legislazione esistente di ciascuno degli ETS42 in modo da rendere l’opera organica, razionale ed omogenea.

Da un lato è stato necessario e sufficiente “sistemare” il materiale normativo esistente senza intervenire sullo stesso, mentre dall’altro si è dovuto procedere apportando quelle modifiche sostanziali resesi indispensabili anche solo in ragione del doveroso lavoro di “aggiornamento” normativo che deve essere compiuto periodicamente nei confronti di tutta la normativa esistente al fine di aggiornarla rispetto a quella europea e al cambiamento di costumi e valori della società.

Fin dalla prima lettura della legge delega si posero alcuni dubbi circa l’effettiva capacità del legislatore di adempiere tutti i compiti che si era prefissato. Dubbi peraltro confermati a causa della mancata revisione del Codice Civile.

Ci si domandò come fosse possibile coordinare, senza che il legislatore delegante avesse dato indicazioni in merito, la revisione della legislazione speciale con le modifiche che si intendevano, in linea di principio, apportare al libro primo titolo II del Codice Civile43.

38 Depositato in data 29 maggio 2017. 39 Depositato in data 9 ottobre 2017. 40 Decreto lgs. 3 luglio 2017, n.117. 41

Pacini F., “Per un codice del Terzo settore. Appunti di tecnica normativa”, in Non Profit, n.3, 2014, pp. 11-18.

42 Con l’abbreviazione “ETS” si indica il termine “Enti del Terzo settore”.

43 Rossi E., “La necessità di una “revisione organica” della legislazione del Terzo settore:

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Si affermava la necessità di “aggiornare” il Codice Civile44 al Codice del Terzo settore che sarebbe stato emanato senza, anche in questo caso, fornire le corrette indicazioni circa le forme di realizzazione. Come sopra accennato, tutte queste problematiche sono state involontariamente risolte dalla mancata adozione del decreto legislativo che avrebbe dovuto condurre alla revisione del Codice Civile.

La legge delega prevedeva, originariamente, l’adozione di quattro distinti decreti ognuno dei quali avrebbe disciplinato una specifica materia.

Il primo, come già detto, avrebbe dovuto avere a oggetto la revisione della disciplina codicistica in materia di associazioni, fondazioni ed altre istituzioni riconosciute o meno come persone giuridiche e che operano senza scopo di lucro, quella quindi contenuta nel titolo II del Libro I del Codice civile. L’attuazione della delega, di cui all’articolo 3 legge n.106 del 2016, non è stata realizzata e l’unica disposizione che apporta modifiche nei confronti di tali enti è contenuta nel secondo dei decreti legislativi previsti.

Il D. lgs. n.117 del 3 luglio 2017, ha portato al “riordino e alla revisione organica” della disciplina esistente relativa agli ETS, compresa quella tributaria ed è stato adottato in ossequio all’articolo 1, comma 2, lettera b) della legge 106.

All’interno di quello che è stato battezzato il “Codice del Terzo settore”, in particolare, è stata data attuazione alla volontà di semplificare la procedura di riconoscimento della personalità giuridica, passando da un sistema di carattere concessorio ad uno di carattere “normativo”.

Con il previgente decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 200045 gli enti per ottenere la personalità giuridica dovevano iscriversi presso appositi registri istituiti in ogni Prefettura e solo successivamente potevano avviare le pratiche per ottenere tale riconoscimento.

L’articolo 22 del CTS46 prevede che la mera iscrizione (tramite la procedura notarile prevista al secondo comma) al Registro Unico nazionale del Terzo settore attribuisce all’ETS personalità giuridica non sottoponendolo più a quei controlli pubblici previsti in precedenza (rimasti peraltro in vigore per tutti quegli enti costituiti

44 Sul rapporto tra riforma e Codice civile si veda Donadio G., “Riforma del Terzo settore e Codice

civile”, in Non Profit, n.3, 2014, pp.34-41.

45 Decreto del Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n.361

“Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di approvazione delle modifiche dell'atto costitutivo e dello statuto” (n. 17

dell'allegato 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59). Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 286 del 07-12-2000.

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nelle forme previste dal Libo I della Codice Civile non facenti parte degli ETS quali i partiti politici, sindacati …)47.

Il Registro48, già denominato per gli esperti del settore “RUNTS”, sarà istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e parleremo più diffusamente del suo ruolo nel capitolo successivo.

Le restanti disposizioni del Codice Civile sono rimaste invariate ad eccezione delle modifiche apportate dall’articolo 42-bis49 in tema di “Trasformazione, fusione e scissione” per associazioni riconosciute e non e per le fondazioni.

Il terzo dei quattro decreti, il n.112 del 3 luglio 2017 (quello su cui concentreremo l’attenzione in questo lavoro) dà risposta all’esigenza espressa nell’articolo 6 della legge delega.

L’oggetto è rappresentato dalla revisione della disciplina in materia d’impresa sociale50 ed ha portato all’abrogazione totale del Decreto legislativo 24 marzo 2006, n.155. Il rilancio dell’impresa sociale, che a oggi ha incontrato numerose difficoltà a decollare, ha rappresentato una delle anime della riforma e attraverso la normativa si tenterà di dare un nuovo e vero avvio a questa figura.

Il quarto decreto, il n.40 del 2017, si basa sull’articolo 8 della legge delega e comporta l’introduzione di un nuovo modello di servizio civile non più su scala nazionale ma internazionale51.

Un servizio civile allargato a tutto il mondo per accrescere nei giovani il senso di responsabilità e di fratellanza.

Ultimo decreto legislativo che deve essere citato è il n.111 del 3 luglio 2017, relativo alla nuova disciplina del 5 per 100052.

47 All’articolo 22 del CTS si indica la procedura per acquisire la personalità giuridica: il riconoscimento è

automatico grazie all’intervento del notaio (dovrà redigere l’atto costitutivo e depositarlo entro venti giorni presso l’ufficio del RUNTS) nella fase costitutiva dell’ente che dovrà avere un patrimonio minimo di 15mila euro se associazione, di 30mila se fondazione. In tal modo si raggiunge la perfetta separazione patrimoniale e delle obbligazioni dell’ente risponderà solo quest’ultimo col proprio patrimonio.

48 Per un confronto tra ciò che era previsto nella legge delega e ciò che è stato adottato in materia di

Registro del Terzo settore si confronti Vivaldi E., “Il registro nazionale del Terzo settore”, in Non profit, n.3, 2014, pp. 171-178; con Lombardi A., “Nuovo registro”, in Vita, settembre 2017, pp.42-43.

49 Previsto dall’articolo 98 del decreto legislativo 3 luglio 2017, n.117.

50 Becchetti L., “Impresa sociale. Largo al low profit”, in Vita, n.10, 2016, pp. 48-49; Venturi P., “Che

impresa sarà? Inclusiva, democratica, innovativa”, in Vita, n.10, 2016, pp. 50-54.

51

Rosina A., “Servizio civile. Orizzonte aperto per i giovani”, in Vita, n.10, 2016, pp.64-66; Arduini S.,

“Da nazionale a universale. Un rilancio tanto atteso”, in Vita, n. 10, 2016, pp. 67-70; Casamassima V., “La proposta di istituzione di un servizio civile nazionale universale”, in Non Profit, n. 3, 2014, pp.

189-198; Palazzini L., “Nuovo servizio civile”, in Vita, settembre 2017, pp. 48-49.

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Pur non essendo stata prevista l’adozione di un apposito decreto, l’articolo 9, comma 1, lettera c) della legge delega, domandava una razionalizzazione ed una revisione dei criteri di accreditamento dei soggetti beneficiari del finanziamento53.

La sua disciplina è stata inserita in un testo normativo dedicato, data la portata economica della riforma.

Grazie all’adozione dei decreti sopra descritti abbiamo raggiunto il definitivo superamento di gran parte della normativa esistente, in particolar modo, si è avuta l’abrogazione delle seguenti normative:

 Legge quadro sul volontariato, 11 agosto 1991, n. 266.

 Legge sulle APS, 7 dicembre 2000, n. 383.

 Alcune disposizioni contenute nel TUIR (Testo Unico Imposte sui Redditi) relative ad APS e società di mutuo soccorso.

 Regime delle ONLUS, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea e, comunque, non prima del periodo d’imposta successivo di operatività del predetto RUNTS.

 Decreto legislativo sull’impresa sociale, 24 marzo 2005, n.155.

 Alcune disposizioni contenute nel D.l. 14 marzo 2005, n. 35, c.d. “più dai meno versi”.

In merito alla decorrenza di tali abrogazioni e delle nuove disposizioni ne parleremo più diffusamente in una fase successiva.

2.2. I principi e i criteri direttivi seguiti nell’adozione dei decreti legislativi.

Per quanto concerne l’indicazione dei principi e dei criteri direttivi generali cui attenersi nell’elaborazione dei decreti legislativi, ne troviamo enunciazione all’articolo 2 della legge delega n.106/2016.

La lettera A dell’articolo afferma la necessità di “riconoscere, favorire e garantire il più ampio esercizio del diritto di associazione e il valore delle formazioni sociali liberamente costituite […] quale strumento di promozione e di attuazione dei principi di

53 L’istituto del 5 per mille venne introdotto dai commi 337-340 dalla legge 23 dicembre 2005 n. 266

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partecipazione democratica, solidarietà, sussidiarietà e pluralismo, ai sensi degli articoli 2,3,18 e 118 della Costituzione”.

Il diritto di associazione, costituzionalmente tutelato dall’articolo 18, come motrice di una società democratica, pluralista, in cui ogni cittadino è libero in quanto ha diritto a partecipare alla gestione della “cosa pubblica”, a contribuire al benessere collettivo mettendo in campo le proprie forze intellettuali e fisiche54.

L’uomo non realizza se stesso individualmente ma all’interno delle “formazioni sociali55” in cui si rivela la sua personalità e le sue capacità di relazione, di empatia e solidarietà.

Alla successiva lettera B si sostiene la volontà di “riconoscere e favorire l’iniziativa economica privata il cui svolgimento, secondo le finalità e nei limiti di cui alla presente legge, può concorrere ad elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali.”

Plauso al “privato meritevole” che genera un benessere diffuso grazie alla propria attività rivolta alla collettività e non tesa al solo profitto. Il privato che si occupa di “elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali”, nella veste di un garante direttamente incaricato dal Governo a svolgere funzioni fondamentali per l’intera collettività.

Nelle lettere successive si ribadisce inoltre il necessario impegno al rispetto dell’autonomia statutaria degli enti consentendo agli stessi di scegliere liberamente le loro finalità istitutive, in linea con quelle ammissibili.

Ultimo invito indirizzato al legislatore, come già accennato in più punti, era quello volto a raggiungere una semplificazione della normativa vigente in modo da renderla giuridicamente coerente, logica e sistematica.

54 In argomento, Ferrari E., “Sussidiarietà e ruolo delle associazioni di volontariato”, in Regione e

governo locale, 1995, pp. 991 ss; Castorina E., “Libertà di associazione e “nuove forme di sussidiarietà”

alla luce dei principi costituzionali”, in Studi in onore di Augusto Sinagra, Aracne, Roma, 2013, pp. 291

ss.

55 Levi G., “Le formazioni sociali”, Giuffrè, Milano, 1999; Rossi E., “Le formazioni sociali nella

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III. IL DECRETO 3 LUGLIO 2017, N. 117.

3.1. Il Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, nella sua analisi generale. Il Registro Unico del Terzo settore.

Il Decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, "Codice del Terzo settore, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106" (in vigore dal 3 agosto 2017) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 179 del 2 agosto 2017.

All’articolo 4 della legge delega, “Riordino e revisione della disciplina del Terzo settore”, si auspicava la redazione di un Codice per la raccolta ed il coordinamento di tutte le disposizioni normative riguardanti gli ETS con gli scopi puntuali di56:

1. Stabilire le disposizioni generali applicabili agli ETS.

2. Individuare le attività d’interesse generale che caratterizzano gli ETS secondo criteri che tengano conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

3. Introdurre negli ETS forme organizzative, amministrative e di controllo ispirate ai principi di democrazia, eguaglianza, pari opportunità, partecipazione degli associati e dei lavoratori, nonché di efficacia, efficienza, correttezza ed economicità nella gestione degli enti.

4. Riorganizzare il sistema di registrazione degli enti attraverso la previsione di un Registro unico nazionale del T.s. suddiviso in distinte sezioni e prevedendo l’iscrizione allo stesso come obbligatoria per quegli ETS che si avvalgano di finanziamenti pubblici, fondi privati, fondi europei, che abbiano convenzioni o accreditamenti con enti pubblici o che intendano avvalersi di agevolazioni.

5. Valorizzare il ruolo degli enti nella fase di programmazione, a livello territoriale, dei servizi socio-assistenziali (e di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale, paesaggistico e ambientale) individuando specifici criteri per l’affidamento dei servizi d’interesse generale sulla base di standard di qualità, trasparenza, impatto sociale, obiettività.

Le disposizioni che si riferiscono al RUNTS57 (articoli 45-54 del decreto legislativo 3 luglio 2107, n.117), come brevemente anticipato, rappresentano una delle più grandi novità della riforma e recepiscono il principio espresso nella legge delega della

56 Gori L., “Il Terzo settore di fronte al Codice: una sfida impegnativa”, su Welforum, 2017, consultabile

all’indirizzo https://welforum.it/terzo-settore-fronte-al-codice-sfida-impegnativa/

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necessaria riorganizzazione del sistema di registrazione degli enti e di tutti gli atti di gestione rilevanti riguardanti gli stessi.

L’iscrizione al RUNTS58, costituirà un requisito ed un adempimento obbligatorio per acquisire la qualifica di ETS e da cui deriverà l’applicazione di tutta la normativa di settore. Nonostante il CTS sia di per sé operativo dal giorno successivo alla sua pubblicazione (cioè dal 3 agosto 2017), la qualifica di ETS che gli enti non profit ottengono iscrivendosi al Registro citato, non sarà efficace prima dell’inizio dell’operatività di esso59

.

In tal senso, l’art. 53, stabilisce che il Registro Unico sarà operativo per la seconda metà del 201960.

Anche se per il Registro occorrerà tempo, è opportuno sottolinearne il ruolo fondamentale.

L’iscrizione non è più concepita come un semplice onere di natura amministrativa, ma rappresenta la chiave di accesso al “diritto del Terzo settore”, una forma di pubblicità essenziale che dovrà essere alimentata con il deposito periodico di tutta una serie di atti, documenti e informazioni (statuti, titolari di cariche sociali, bilanci, operazioni straordinarie).

Si passa da un sistema di registrazione ad uso tecnico - amministrativo ad uno aperto e flessibile, accessibile via web, che consentirà agli operatori e a tutti i cittadini di essere informati sulle attività degli enti.

Gestito operativamente su base territoriale, è prevista la sua istituzione presso il Melp61.

58Il 29 dicembre 2017, il Melp, nell’ufficio della Direzione Generale del terzo settore e della

responsabilità sociale delle imprese, ha inviato una lettera alle Regioni, alle Province autonome, al Forum Nazionale del Terzo Settore, al CSV Net e alla Consulta CO.GE. (Consulta dei Comitati di Gestione), dal titolo "Codice del Terzo settore. Questioni di diritto transitorio. Prime indicazioni.” in cui si forniscono le prime indicazioni riguardanti la definizione di Ente del Terzo settore, le norme organizzative degli Enti medesimi, la disciplina del volontariato, il regime fiscale, il sistema del registro unico nazionale del Terzo settore, il nuovo sistema di governance dei Centri di Servizio per il Volontariato (CSV). La lettera è consultabile online al sito http://www.lavoro.gov.it/notizie/Documents/DG-III-Settore-lettera-Regioni-questioni-diritto-transitorio.pdf

59 In merito, si cita il recente articolo, 17/01/2018, di Visconti G., “Codice del Terzo settore: entrata in

vigore effettiva”, consultabile all’indirizzo

https://www.fiscoetasse.com/approfondimenti/12953-codice-del-terzo-settore-entrata-in-vigore-effettiva.html

60E’ stabilito che la procedura per l’iscrizione al registro sia fissata tramite un decreto del Ministro del

lavoro da adottarsi entro un anno dall’entrata in vigore del Codice del terzo settore, vale a dire entro il 3 Agosto 2018 (1° comma). A tale termine se ne aggiungono altri due (entrambi di 180 giorni) riconosciuti alle Regioni ed alle Province Autonome per, rispettivamente, disciplinare “i procedimenti per l’emanazione dei provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli enti del terzo settore” nel Registro (si suppone allo stesso modo previsto nel decreto citato del Ministro del lavoro al fine di avere procedure omogenee su tutto il territorio nazionale) e per rendere operativo il registro entro sei mesi dalla predisposizione della relativa struttura informatica (2° comma).

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Ogni Regione dovrà, dunque, individuare al proprio interno la struttura incaricata della direzione del Registro e coordinarsi con la struttura nazionale presso il Ministero, pur mantenendo la titolarità dei procedimenti d’iscrizione e cancellazione degli enti.

Suddiviso al suo interno in sette “sezioni” (ogni ETS avrà la propria) di cui una appositamente dedicata a quelli che sono stati definiti “Altri enti del Terzo settore” ovvero ETS sui generis che pur essendo in possesso dei requisiti previsti per la generalità degli enti, hanno difficoltà a riconoscersi in una data categoria.

Ogni ente, inoltre, non potrà essere iscritto in più sezioni ad eccezione delle “reti associative” in ragione della loro specifica natura: possono avere composizione variabile ed aggregare al proprio interno enti del Terzo settore anche disomogenei tra loro.

Un fattore da tenere in considerazione è rappresentato dalla facoltà per il Ministro del lavoro e delle politiche sociali di istituire o modificare le sezioni attraverso un semplice decreto con cui si consentirà di apportare delle variazioni fuori dal CTS andando di conseguenza a sminuire ed inficiare il ruolo che un Codice dovrebbe avere con riferimento alla materia dallo stesso affrontata.

L’idea del creare e dell’avere un codice porta con sé la logica conseguenza di poter avere a disposizione in un unico testo tutto il materiale normativo esistente su una determinata materia e la possibilità sopra riconosciuta al Ministro rappresenta un elemento che crea notevole incertezza ed instabilità e che ritroveremo anche nell’articolo 5, relativo alle “attività di interesse generale”.

Nell’attesa che il RUNTS sia istituito62, l’art 101, ai commi 2 e 3, prevede per gli

ETS esistenti l’operatività delle iscrizioni originarie e per quelli di nuova costituzione la possibilità di registrarsi, nelle more dell’istituzione del RUNTS, sempre all’interno degli albi già esistenti. Nei diciotto mesi successivi all’entrata in vigore del RUNTS sarà necessario, per tutti gli enti, compiere le integrazioni necessarie alla luce del nuovo quadro regolatorio.

L’opera si annuncia di grande complessità e si tenta di agevolare il tutto prevedendo che “enti pubblici territoriali provvedono a comunicare al Registro unico nazionale del Terzo settore i dati in loro possesso degli enti già iscritti nei registri speciali delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale esistenti al

61 Con l’abbreviazione “Melp”si indica il termine “Ministero del lavoro e delle politiche sociali”.

62 Marocchi G., “Riforma del Terzo settore: cosa è entrato in vigore e cosa ancora no”, in Welforum,

2018, consultabile all’indirizzo https://welforum.it/riforma-del-terzo-settore-cosa-entrato-vigore-cosa-ancora-no/

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giorno antecedente l'operatività del Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore63”.

Sarà necessaria una grande opera di collaborazione e coordinamento tra Stato, Regioni e Province autonome che dovrà sfociare nella definizione condivisa di regole uniformi che permetteranno al RUNTS di essere operativo.

3.2. L’individuazione degli ETS all’interno del Decreto lgs. n.117, l’articolo 4.

Uno dei principali meriti ascrivibili alla riforma è da individuarsi nell’aver ridefinito il quadro civilistico degli enti del Terzo settore, superando, almeno in parte, l’insieme incerto, lacunoso e frammentato di tutte le norme giuridiche esistenti.

Quanto detto non esclude possibili insufficienze o incongruenze della riforma in esame e già vi sono diversi punti deboli che sia gli studiosi sia gli appartenenti al T.s. non hanno mancato di sottolineare.

Prima di passare alla lettura dell’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.117, in cui si ha la concentrazione di tutti gli ETS, è opportuno, per necessità di chiarezza nell’esposizione, fare una brevissima puntualizzazione (che in seguito andremo a specificare) in merito ai requisiti necessari per essere qualificati come ETS:

1. Forma giuridica: solo associazione o fondazione, non società.

2. Attività svolta: rientrante all’interno di quelle ammesse dall’articolo 5 del d.lgs. 117.

3. Finalità perseguite: civiche, solidaristiche e di utilità sociale.

4. Iscrizione al RUNTS (ad eccezione delle imprese sociali per le quali è sufficiente l’iscrizione al Registro delle imprese).

“Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di

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