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La semplificazione amministrativa.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Tesi di Laurea in Consulenza Professionale alle Aziende

Titolo:

La semplificazione amministrativa.

Candidato: Relatore:

Chiara Del Ry Prof.ssa Luisa Azzena

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“ Dedico questa tesi alla mia famiglia e a Domenico.”

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SOMMARIO

Premessa………8

Capitolo 1: Semplificazione normativa e semplificazione amministrativa: una necessità……….. …….11

1.1 Perché è importante semplificare……….11

1.2 La semplificazione normativa………..13

1.3 La semplificazione amministrativa………...20

Capitolo 2: Evoluzione normativa dalla legge l. n. 241/1990 alla legge l. n. 69/2009………..22

2.1 Nascita della disciplina del procedimento amministrativo………22

2.1.1 Principi fondamentali della l. n. 241/1990………24

2.2 Legge Bassanini: l. n. 59/1997: "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa"………27

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2.3 Le principali modiche apportate al procedimento

amministrativo dalla legge l. n. 15/2005 ….………..35

2.3.1 Il principio di trasparenza………..37

2.3.2 Il diritto di accesso……….39

2.3.3 Introduzione del Capo IV-bis nella legge l. n. 241/1990 ………45

2.3.4 Legge l. n. 69/2009: nuovi termini dei procedimenti amministrativi e sanzioni per i ritardi nella emanazione dei provvedimenti……….50

Capitolo 3: Gli istituti attuativi della semplificazione amministrativa alla luce delle novità introdotte con la legge l. n. 124/2015……….52

3.1 La “Legge Madia”: l. n .124/2015 ………..52

3.2 Gli istituti di semplificazione procedimentale……….53

3.2.1 I termini procedimentali………...55

3.3 Il silenzio della pubblica amministrazione………57

3.3.1 Il nuovo art.17-bis l. n. 241/1990……….60

3.4 Accordi amministrativi………...66

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3.4.2 Accordi fra pubbliche amministrazioni………69

3.5 La conferenza dei servizi……….72

3.5.1. La conferenza dei servizi istruttoria……….75

3.5.2 La conferenza dei servizi decisoria……….77

3.5.3 La conferenza dei servizi preliminare………..82

3.6 La SCIA: segnalazione certificata di inizio attività……….83

Conclusioni……….89

Ringraziamenti………91

Bibliografia……….93

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PREMESSA

Nel presente lavoro di tesi ho trattato la semplificazione amministrativa, in quanto credo che semplificare sia il mezzo migliore per ottenere una pubblica amministrazione che consumi minori risorse per raggiungere gli obiettivi prefissati, nell' interesse dei cittadini e delle imprese.

Per analizzare correttamente la semplificazione amministrativa è stato necessario partire dallo studio della semplificazione normativa, e abbiamo visto che l’esigenza di semplificare l’azione amministrativa si delinea come elemento caratterizzante la produzione normativa del legislatore.

Difatti, nel primo capitolo sono stati trattati i rapporti che intercorrono tra le due tipologie di semplificazione. E' stata analizzata l’inflazione legislativa e i possibili strumenti di semplificazioni normativa che negli anni si sonno susseguiti, vedendo una soluzione mediante lo strumento della c.d. “Taglia-leggi” e l' importanza, urgente, della creazione di codici di settore in ambito amministrativo, per raccogliere in un unico atto tutte le leggi vigenti o quasi, come accade in ambito di diritto civile con il Codice Civile.

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Nel secondo capitolo troviamo la descrizione dell' evoluzione normativa della l. n. 241/1990, pilastro del procedimento amministrativo, individuandone i principi fondamentali, per poi dare dei cenni di come questa legge sia stata modificata dalla "Legge Bassanini" ( l. n. 59/1997), passando poi per la l. n. 15/2005 e concludendo con l’innovazione introdotta dalla legge n. 69/2009 relativa alla valorizzazione del fattore “tempo” nei rapporti che intercorrono tra le P.P.A.A. e i soggetti privati. L' ultimo capitolo è stato interamente dedicato agli istituti attuativi della semplificazione amministrativa alla luce delle novità introdotte con la l. n. 124/2015.

In particolare nell’ambito del silenzio assenso una novità importante è stata l’introduzione dell’ art. 17-bis con un nuovo tipo di silenzio, tra amministrazioni e con i gestori di pubblici servizi. Importanti novità sono state apportate anche all’ istituto della conferenza di servizi e alla Scia, segnalazione certificata di inizio attività, sempre con l’ obiettivo di semplificare, ridurre i tempi tecnici ed eliminare i ritardi, cercando di ridurre un po' di burocrazia, che troppo spesso è la causa di rallentamento della crescita del nostro paese.

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CAPITOLO 1

SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA E

SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA: UNA

NECESSITA'.

1.1 PERCHE' E' IMPORTANTE SEMPLIFICARE.

Il legislatore italiano, nello svolgere le proprie funzioni, dovrebbe garantire la coerenza dell'ordinamento giuridico e la certezza del diritto, principi che la Corte costituzionale ha annoverato tra i "fondamentali valori di civiltà giuridica". Il perseguimento della semplificazione normativa e della permanente manutenzione dell'ordinamento, attraverso una costante e capillare opera di riordino è funzionale al concretarsi di tali principi e costituisce al contempo una condizione e uno strumento essenziale per favorire un agire più lineare e più efficace delle pubbliche amministrazioni, contribuendo così all' opera di rilancio del Paese garantendo maggiore competitività e migliore qualità della vita. La necessità di realizzare in Italia una significativa semplificazione normativa, accompagnata da quella

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amministrativa costituisce un elemento essenziale per il rilancio del nostro Paese, sia in termini di qualità della vita dei cittadini, favorendo l'accesso ai servizi e la tutela dei diritti, sia in termini di competitività delle imprese, in quanto, la maggior parte delle attività produttive e delle attività in generale del privato cittadino sono subordinate o , comunque, intrecciate con autorizzazioni, concessioni con la pubblica amministrazione che, là dove più rapida, rende più facile l'attività d'impresa, minori i costi e maggiori i benefici per il Paese. E' necessario tenere conto del fatto che sarebbe comunque riduttivo ricondurre il fenomeno del disordine normativo alla sola "mala gestione" delle fonti, alla torsione della decretazione d'urgenza sotto la spinta impellente e costante di porre rimedio a sempre rinnovate emergenze economico-finanziarie; vi sono ragioni più profonde e immanenti della complessità dell'ordinamento, non solo italiano, ma tutti gli Stati contemporanei, tra le quali l'aumento e la complessità delle domande sociali, il crescente numero di interessi pubblici da tutelare, il policentrismo normativo, la rapidità e poliedricità dello sviluppo tecnologico, la globalizzazione.1

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1.2 LA SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA.

In Italia, come in molti altri Paesi europei, si è assistito ad un crescente numero di leggi, dovuto alla necessità di aggiornamento e di adattamento specialistico della legislazione ad una realtà in forte evoluzione sul terreno economico-sociale e su quello dello sviluppo tecnologico. Questo elevato numero di leggi ha portato il bisogno di semplificare il nostro panorama normativo con la riduzione delle disposizioni legislative e gli strumenti utilizzati per tale scopo sono molteplici, primo fra tutti, la legge annuale di semplificazione, introdotta dall’art. 20 della l. n. 59/1997, cosiddetta Legge Bassanini, intesa primariamente quale strumento periodico di razionalizzazione dei procedimenti amministrativi mediante un’opera di progressiva delegificazione: la disciplina di alcune materie, quelle non coperte da riserva di legge, è trasferita dalla fonte legislativa primaria, a quella secondaria, i regolamenti.

La prima legge di semplificazione è la l. n. 50/1990 che si prefiggeva di attuare un generale riordino normativo mediante la predisposizione dei cosiddetti testi unici misti, contenenti cioè disposizioni sia legislative sia regolamentari. In seguito, nel

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corso della successiva XIV legislatura, la l. n. 229/2003, legge di semplificazione 2001, all’art.1, ha riscritto interamente il suddetto art. 20 della legge istitutiva, modificando l’ambito e la struttura della legge annuale di semplificazione e spostandone l’asse verso la semplificazione, sia legislativa sia amministrativa, attuata attraverso un’opera di riassetto normativo e codificazione per settori. Contestualmente, l’art. 23 della stessa legge ha soppresso lo strumento dei testi unici misti abrogando l’art.7 della l. n. 50/1999, al fine di superare, fra l’altro, i problemi di conciliabilità della delegificazione con la potestà legislativa regionale introdotta dalla sopravvenuta riforma costituzionale del 2001. Successivamente la l. n. 246/2005, legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005, ha apportato altre modificazioni alla l. n. 59/1997, integrando il processo di riordino normativo e di semplificazione delle procedure amministrative con ulteriori principi e criteri direttivi, i quali prevedono, un’integrazione tra gli obiettivi interni di semplificazione e qualità della regolazione e gli orientamenti comunitari in materia, nonché un meccanismo generale di coordinamento tra le iniziative volte a migliorare la qualità della normazione a livello statale, regionale e locale.

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Emergono a questo punto, come strumento principale di semplificazione, i codici di settore, i quali trovano un espresso fondamento positivo nella l. n. 229/2003 e nella l. n. 246/2005. Tali codici costituiscono l’ultimo strumento con cui il legislatore affronta il problema della complessità normativa, intesa come numero esorbitante, contraddittorietà, onerosità e scarsa qualità delle regole del nostro ordinamento, e sostituiscono il precedente modello dei testi unici misti. Questi ultimi, come già detto, contenevano nello stesso testo disposizioni sia legislative sia regolamentari e miravano ad attuare un riordino normativo appunto attraverso la delegificazione, ovvero l’implementazione dell’attività regolamentare al fine di ridurre e semplificare le leggi. Diversamente, con i codici di settore, il legislatore persegue un riassetto sostanziale delle materie affidato a codificazioni mediante decreti legislativi di riforma dei singoli settori, con ciò riportando l’attività legislativa a livello di fonte primaria e abbandonando l’inclusione di disposizioni di rango regolamentare, peraltro non più conciliabili con le sopravvenute modifiche costituzionali sulla competenza legislativa delle Regioni e sulle materie rimesse alla esclusiva legislazione statale, limitatamente alle quali residua ancora la potestà

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regolamentare del medesimo Stato. Si riscontra, allora, un mutamento nella direzione dell’opera legislativa: mentre in passato si muoveva dal codice civile verso le leggi speciali decodificanti, ora si indirizza da queste verso i codici di settore e la crescente diffusione dei codici di settore costituisce, attualmente, l’ultimo stadio di un fenomeno di evoluzione legislativa che conduce al progressivo svuotamento del codice civile, inteso come fonte di una disciplina sistematica e unitaria, verso una pluralità di separate fonti di discipline settoriali.

È l’esigenza, sempre più avvertita, della semplificazione delle leggi la chiave per comprendere l’essenza del fenomeno dei codici di settore e dei testi unici: entrambi gli strumenti sono rivolti a conseguire il duplice risultato, da un lato, di raccogliere in un unico atto tutte le leggi vigenti; dall'altro, di determinare

l’abrogazione di quelle escluse.

La linea che accomuna gli opposti percorsi di semplificazione, da un lato le codificazioni di settore e dall'altro le contestuali abrogazioni, si rinviene nell’obiettivo di ridurre la moltitudine inestricabile di leggi isolate, instabili e scoordinate, in una pluralità contenuta e ordinata di fonti di cognizione, che

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consentano all’interprete di trovare nuovi criteri di orientamento per ricostruire il sistema in generale, posto che non si trova più di fronte a un mono-sistema unitario, ma a una pluralità di sistemi specializzati. 2

Proseguendo con l'analisi degli strumenti utilizzati per la semplificazione normativa vediamo che la medesima l. n. 246/2005 ha disciplinato l’Analisi di impatto della regolamentazione: l' AIR è una metodologia di valutazione preventiva dei vantaggi o eventuali svantaggi dei provvedimenti regolamentativi. Nata nei Paesi anglosassoni e divulgata dall' OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) a partire dall' ultimo decennio del ventesimo secolo, l' AIR è stata introdotta in Italia nel 1999 dalla prima legge di semplificazione, regolamentata con la l. n. 246/2005, ma è entrata a regime solo nel 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n.170/2008. Tale d.p.c.m. esonera il governo dall' effettuare l' AIR non solo in casi straordinari di necessità ed urgenza, ma anche nelle ipotesi di peculiare complessità e ampiezza dell'intervento normativo e dei suoi

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possibili effetti. Quest'ultima norma risulta particolarmente critica, poiché priva dell' AIR i provvedimenti che più ne avrebbero bisogno.

Sempre la l. n. 246/2005 ha introdotto un nuovo strumento di analisi, da effettuare questa volta a posteriori: la Verifica di impatto della regolamentazione. Il VIR "consiste nella valutazione , anche periodica, del raggiungimento delle finalità e nella stima degli effetti prodotti da atti normativi sulle attività dei cittadini e delle imprese e sull'organizzazione e sul funzionamento delle pubbliche amministrazioni." Si dispone, inoltre, che la VIR sia applicata dopo il primo biennio dall'entrata in vigore della legge oggetto di valutazione e successivamente a scadenze biennali. La VIR è effettuata sugli atti normativi del Governo in merito ai quali è stata svolta l'AIR, nonché anche in mancanza di una precedente AIR, sui decreti legislativi e sulle leggi di conversione dei decreti-legge. Infine, sempre la stessa legge di semplificazione e riassetto normativo per il 2005 ha introdotto la norma “taglia-leggi”, la quale consiste in una particolare procedura volta a una drastica riduzione e semplificazione delle leggi vigenti che prevede, al termine di un processo di ricognizione delle disposizioni

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legislative statali vigenti, l’abrogazione generalizzata di tutte le disposizioni legislative statali pubblicate anteriormente al 1 gennaio 1970, a eccezione di quelle espressamente elencate dall’articolo e di quelle che siano ritenute indispensabili dal Governo con propri decreti legislativi. La norma “taglia-leggi” ha un duplice scopo: da un lato, diminuire il numero delle norme esistenti; dall'altro, facilitare la conoscenza delle norme per tutti. Il "taglia-leggi"così previsto è suddiviso in tre fasi:

1) ricognizione di tutte le norme in vigore, svolto per singoli ministeri, per poter operare un censimento sulle leggi vigenti nel modo più accurato;

2) sfoltimento dell'ordinamento dalle leggi inutili attraverso il meccanismo della "ghigliottina". I Ministeri, per i settori di propria competenza, sono tenuti ad individuare le norme antecedenti al 1 gennaio 1970 da mantenere in vigore. Le disposizioni non richiamate espressamente saranno automaticamente abrogate;

3) razionalizzazione e riordino dell' intero panorama legislativo, creando testi normativi coordinati, tendenzialmente comprensivi di tutte le disposizioni statali per ciascun settore, snelli e facilmente consultabili.

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L'attuazione di questo sistema ha generato dei risultati di indubbia utilità, ma la vera conditio sine qua non delle politiche di semplificazione è la continuità nel tempo e l'esistenza di un sostegno politico largo, possibilmente bipartisan: “è questa, infatti, una delle condizioni essenziali per la realizzazione di politiche di lungo periodo, che coprono inevitabilmente l'arco di diverse legislature, e quindi devono poter sopravvivere al cambiamento delle maggioranze di governo." 3

1.3 LA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA.

La pubblica amministrazione opera, e dovrebbe sempre operare, secondo il principio di funzionalità, in forza del quale i risultati astrattamente previsti dalla norma dovranno essere raggiunti in modo proceduralmente semplice, economico ed in termini certi e tempestivi. La semplificazione amministrativa, procedimentale e organizzativa, consiste nella riorganizzazione delle attività amministrative, nella ristrutturazione degli organi e degli uffici, nella corretta ripartizione delle competenze tra questi ultimi,

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nella razionalizzazione dei flussi procedurali e in una “accelerazione” degli stessi procedimenti, fattore questo che interessa da vicino la dei cittadini.4

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CAPITOLO 2

EVOLUZIONE NORMATIVA DALLA LEGGE L. N .241/90 ALLA LEGGE L. N . 69/2009.

2.1 NASCITA DELLA DISCIPLINA DEL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO.

Con la legge 7 agosto 1990, n. 241 recante " Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi " il legislatore ha inteso fornire una disciplina uniforme del procedimento amministrativo essendo lo stesso " in funzione della ponderazione di interessi pubblici collettivi e privati insieme".

Di fatti si è introdotto, per la prima volta, nell' ordinamento italiano una normativa generale sul procedimento amministrativo in quanto, prima degli anni Novanta, vi erano solamente delle leggi di settore che regolamentavano specifici procedimenti, ad esempio la legge 25 giugno 1865, n. 2359, "espropriazione per pubblica utilità", dove si prevedeva la necessità di una

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concatenazione di atti affinché un bene appartenente ad un privato passasse coattivamente nelle mani di una Pubblica Amministrazione.

Nel corso della storia repubblicana si tentò, in più occasioni, di giungere all’adozione di una legge generale sul procedimento amministrativo, anche attingendo dall’esperienza di altri ordinamenti: leggi generali sul procedimento amministrativo erano, infatti, state adottate in Spagna nel 1889 e in Germania nel 1976.

Nel nostro Paese, nel 1985, si avviarono i lavori della Commissione Nigro che condurranno alla formulazione di uno schema di disegno di legge. Pur ridimensionato sulla base del parere del Consiglio di Stato e dell’intervento degli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tale schema verrà largamente recepito nella legge n. 241/90.

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2.1.1 I PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA LEGGE L. N. 241/90.

Il primo comma dell' art.1 l. n. 241/90 recita così:

"L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario."

Nel nostro ordinamento l’istruttoria del procedimento amministrativo è regolata non solo da norme ma anche da principi. Innanzitutto, l’istruttoria amministrativa si informa ai principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento ex art .97 e al principio di legalità, che le pongono l’obiettivo di fungere da sintesi tra le contrastanti esigenze di garanzia e di efficienza che caratterizzano tutto lo svolgimento dell’attività amministrativa.

Nello specifico, il principio di legalità si declina in due diversi significati. Si parla di legalità in senso formale, quando è sufficiente che i pubblici poteri abbiano come base giuridica una

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legge o un atto ad essa equiparato, invece, si parla di legalità in senso sostanziale, quando la legge non può limitarsi a costituire il fondamento normativo di una certa disciplina, ma deve altresì contenere una disciplina sufficiente a circoscrivere la

discrezionalità dell’amministrazione.

Infatti, secondo tale principio, l'azione della P.A. deve essere legittimata da una legge dove si trovi fissato il fine, la competenza e gli strumenti necessari per raggiungere lo scopo. Tolto questo rimane la discrezionalità della P.A. all'interno dei paletti previsti dalla legge, in quanto è sempre necessario rispettare il fine disciplinto della legge, pena l' illegittimità dell'atto. E' necessario precisare che la discrezionalità amministrativa è variabile tanto che può diventare tecnica quando ha come oggetto la conoscenza della realtà. Il secondo principio è quello di imparzialità ed è il risultato del combinato disposto degli art. 3 e 97 Costituzione. Prevede un preciso obbligo per la pubblica amministrazione di svolgere la propria attività nel pieno rispetto della giustizia, evitando ogni discriminazione e arbitrio nell’attuazione dell’interesse pubblico. Il principio di imparzialità si esplicita, dunque, sia sul piano dell’organizzazione sia su quello dell’attività. Sul piano

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organizzativo, l'imparzialità equivale ad uguaglianza: alla P.A. si accede mediante un concorso pubblico. Sul piano dell'attività amministrativa, l'equivalenza non è così diretta, proprio perché c'è la prevalenza dell'interesse pubblico rispetto agli altri, non è possibile trattare a tutti gli interessi nello stesso modo. Infine il principio di buon andamento dove si prevede che l'attività della pubblica amministrazione, volta alla realizzazione dell'interesse pubblico, si conformi ai criteri dell'efficacia ed efficienza. La prima è definita attraverso il riferimento all' economicità, ovvero quando l'amministrazione ottiene il miglior risultato impiegando meno risorse; la seconda mette invece in rapporto i risultati effettivamente ottenuti con gli obiettivi prefissati.

Sicuramente tra le novità introdotte dalla legge n. 15/2005, il principio di trasparenza appare tra quelle maggiormente significative, in quanto finalizzato a rendere concretamente visibile e materialmente percepibile l'operato della pubblica amministrazione, consentendo al cittadino di esercitare, nei fatti, un adeguato e diretto controllo sull'attività amministrativa.

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2.2 LEGGE BASSANINI L. N. 59/1997: "Delega al Governo

per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa".

Tenendo presente che oggetto principale di studio di questo elaborato è la semplificazione amministrativa è necessario e imprescindibile considerare l'evoluzione normativa del procedimento amministrativo e nel farlo è sicuramente doveroso fare riferimento a una pietra miliare della semplificazione amministrativa: la legge n.59/1997 e in modo particolare l'art.20. Si evince che la semplificazione normativa, intesa come qualità della regolazione, debba avvenire nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: riorganizzazione delle fonti di regolazione; riduzione del numero delle regole dell’ordinamento; limitazione della contraddittorietà e dell’onerosità delle regole dell’ordinamento nei confronti dei destinatari; miglioramento della qualità della normazione; alleggerimento degli oneri burocratici a carico dei destinatari della normativa; riduzione dell’intervento pubblico se non necessario; deregolazione; semplificazione dei procedimenti amministrativi.

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Nel quadro della riforma della pubblica amministrazione la legge n. 59 del 1997 ha conferito al Governo un’ampia delega per la dismissione e esternalizzazione di funzioni pubbliche e per la realizzazione, attraverso il conferimento alle regioni e agli enti locali di tutte le funzioni non espressamente conservate allo Stato, di un innovativo progetto di federalismo amministrativo ed ha indicato il percorso da seguire per l’attuazione di tale progetto.

Il termine “conferimento” utilizzato dalla legge delega fa riferimento a diverse figure giuridiche come trasferimento, delega e attribuzione di funzioni, in modo da superare il parallelismo tra funzione legislativa e funzioni amministrative. In questo modo si tende a raggiungere il massimo potenziamento delle autonomie regionali e locali possibile a Costituzione invariata. L’individuazione delle funzioni e dei compiti da trasferire avviene in modo innovativo rispetto ai precedenti interventi di decentramento: si procede all’elencazione tassativa delle materie mantenute alla competenza dello Stato, intendendo conseguentemente trasferite alle regioni tutte quelle residue; inoltre è stato introdotto per la prima volta in modo esplicito nell'ordinamento italiano, il principio di sussidiarietà, già

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presente nella normativa europea.

Il principio di sussidiarietà, centrale nel sistema della legge 59/1997, è definito dall'art.4, comma 3, lettera a, in modo tale da comportare "l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l'esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime, attribuendo le responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l'assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati."

Dunque le funzioni amministrative spettano, di regola, all'ente pubblico più vicino alla collettività. Regioni ed enti locali sono titolari di tutte le funzioni amministrative ad eccezione di quelle tassativamente indicate dal terzo comma dell'art.1 della legge n. 59/1997.5 Il modello Bassanini cambia completamente il sistema realizzando il “federalismo a Costituzione invariata”: si passa da un sistema amministrativo statale ad un sistema amministrativo regionale e degli enti locali.

5 AA.VV., "Studi sulla legge 59 del 1997" in I quaderni della scuola a cura di S.Sepe, SSAI, Roma, 1997, ,cit.,pag 7.

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Successivamente si è cercato di applicare il modello Bassanini alle funzioni legislative e per farlo è stato necessario, seguendo la gerarchia delle fonti, la riforma della Costituzione del 2001. Prima di questa riforma, l’art. 117 della Cost. recitava così:“La regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello stato, semprechè le norme stesse non siano in contrasto con l’interesse nazionale e con quello di altre regioni”; seguiva un elenco di materie sulle quali le Regioni potevano legiferare seguendo il criterio appena citato della competenza concorrente.

Nell’ottica di creare, come già detto, una nuova ripartizione delle competenze non solo amministrative, ma anche legislative tra Stato e Regioni, la riforma costituzionale del 2001, ha invertito il criterio di ripartizione delle competenze legislative Stato-Regioni, elencando quelle statali e attribuendo quelle “residuali” alle Regioni, pur mantenendo anche la vecchia competenza “concorrente”, come previsto dal nuovo comma 3 dell’ art. 117 della Cost.

Il vigente disposto dell’articolo 117 della Costituzione contiene infatti, una elencazione delle materie di competenza esclusiva dello Stato, una elencazione delle materie afferenti alla

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cosiddetta competenza “concorrente” ed una clausola di chiusura che stabilisce, testualmente, che spetti “alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato.” 6

Il nuovo art.118 Cost. invece si riferisce alla competenza amministrativa e prevede che “le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”; mentre prima della riforma tale funzioni spettavano a Stato o Regione “in parallelo” con le funzioni legislative: vigeva infatti il principio del parallelismo, dove i soggetti competenti erano solo Stato e Regione, mentre nessuna competenza era riconosciuta agli enti locali se non per delega, quindi con la riforma il principio si è ribaltato.

Il principio di sussidiarietà, è dunque un principio relativamente recente per l’ordinamento costituzionale italiano, in quanto vi ha trovato ingresso, insieme a quello di differenziazione e di adeguatezza, come abbiamo già detto, soltanto con la riforma del

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titolo V della parte II Costituzione.7

Tale principio può avere diverse accezioni. Si parla di sussidiarietà verticale quando ci si riferisce alla distribuzione delle funzioni amministrative all'interno di un'amministrazione pubblica multi livello: la generalità delle funzioni sia attribuita al livello di governo più vicino al cittadino e cioè al comune. Solo le funzioni delle quali è necessario assicurare un esercizio unitario che supera la dimensione territoriale dei comuni possono essere attribuite ai livelli di governo via via più elevati e cioè alle province, alle città metropolitane, alle regioni e allo Stato. Le funzioni amministrative vanno dunque allocate tra gli enti territoriali secondo il criterio della dimensione degli interessi: locale, regionale, nazionale.8

La Costituzione richiama anche la cosiddetta sussidiarietà orizzontale, che serve a definire i rapporti pubblici e società civile. L' art. 118,comma 4, stabilisce, infatti, che lo Stato e gli enti territoriali " favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse

7 Enciclopedia on-line, Principio di sussidiarietà, < www.treccani.it>.

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generale, sulla base del principio di sussidiarietà". Questa disposizione ha il valore simbolico, da un lato, di escludere che i poteri pubblici detengano il monopolio nella cura degli interessi della collettività, e, dall'altro di valorizzare le forme di auto-organizzazione della società civile. Sul piano logico la dimensione orizzontale della sussidiarietà precede quella verticale.

Oltre al principio di sussidiarietà troviamo quello di adeguatezza, attraverso il quale si stabilisce che l'entità organizzativa, che è potenzialmente titolare di una potestà amministrativa, deve avere un'organizzazione adatta a garantire l'effettivo esercizio di tali potestà; l'adeguatezza va considerata sia rispetto al singolo ente, sia rispetto all'ente associato con altri enti, per l'esercizio delle funzioni amministrative. In fine il principio di differenziazione, stabilisce nell'attribuzione di una funzione amministrativa ai diversi livelli di enti di governo (comuni-province-città metropolitane-regioni-stato) che si debbano considerare le caratteristiche relative alle rispettive capacità di governo degli enti amministrativi riceventi; queste sono caratteristiche demografiche, territoriali, associative, strutturali che possono variare anche in misura notevole nella realtà del paese.

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Dopo due mesi dalla prima legge Bassanini è entrata in vigore una legge, la legge Bassanini bis del 15 maggio 1997 n.127 "Misure urgenti per lo snellimento dell'attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo" che accompagna alla riforma del decentramento quella della semplificazione amministrativa con l'obiettivo di ridisegnare l'organizzazione e il funzionamento dell'amministrazione pubblica con particolare riferimento a quella locale. Due sono gli oggetti della Bassanini bis: la riforma dei procedimenti, snellimento, e la riforma degli uffici, riorganizzazione.

Successivamente le leggi, n. 59/1997 e n.127/1997 sono state modificate dalle leggi Bassanini ter e quater, nello specifico dalla legge del 16 giugno del 1998 n.191 e la legge dell' 8 marzo del 1999 n.50, in ragione del fatto che è necessario rispondere ai cambiamenti della società con l'elasticità della struttura della pubblica amministrazione.

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2.3 LE PRINCIPALI MODIFICHE APPORTATE AL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO DALLA LEGGE L. N. 15/2005.

Si sono susseguite nel tempo diverse modificazioni della legge 241/1990; una delle più significative è quella contenuta nella legge 11 febbraio 2005, n.15, recante "Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto 1990, n.241, concernenti norme generali sull'azione amministrativa", dove si assiste alla definizione di una legge del procedimento amministrativo che ha come obiettivo " quello di instaurare un rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione sempre più ispirato da principi di efficienza, economicità ed imparzialità; un rapporto, cioè, che, pur partendo dalla consapevolezza del peculiare interesse che la pubblica amministrazione deve perseguire nel suo agire, si avvicini sempre più ad un modello paritario dei rapporti tra cittadini ed amministrazioni".9

Le modifiche che la legge n. 15 del 2005 ha apportato alla regolazione del procedimento amministrativo sono di estrema importanza. Consentono cioè di ridisegnare il procedimento 9 Relazione disegno di legge n.3890, approvato dal Senato in data 10 Aprile 2003, <www.senato.it>.

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amministrativo secondo le risultanze dell’evoluzione giurisprudenziale degli ultimi anni, adeguandolo al diritto vivente e, soprattutto, ai principi che promanano dal diritto comunitario.

In linea generale, è possibile raggruppare le modifiche in quattro grandi categorie. Quella che riguarda i principi generali del procedimento amministrativo, che si trovano enunciati all'art 1 della legge n. 241/1990; una serie di interessanti modifiche alla disciplina del procedimento amministrativo ed alla sua conclusione; l’introduzione di un capo IV bis, che regolamenta i procedimenti di secondo grado ed infine una nuova e più completa disciplina del diritto d’accesso.10

Considerando che i principi cardini del procedimento amministrativo sono stati già visionati precedentemente, l'attenzione viene soffermata in questo caso solo sull'art.1 comma 1 bis della legge n. 241/1990: il perseguimento di attività amministrativa secondo le norme di diritto privato. Si prevede che la pubblica amministrazione, al di fuori delle ipotesi in cui

10 G. Sgueo, Le modifiche apportate dalla legge 11 febbraio 2005 n. 15

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agisca autoritativamente e dei casi espressamente menzionati dal legislatore, sia vincolata da norme di diritto privato.

Fondamentalmente la norma opera un’inversione di tendenza rispetto all’orientamento interpretativo tradizionale. Quello che cioè considerava l’attività pubblicistica prevalente quale strumento di idonea tutela dei terzi in quanto unica in grado di assicurare il rispetto degli opportuni vincoli di imparzialità e ragionevolezza necessari. Venuta meno questa posizione interpretativa, nulla impedisce all’amministrazione di operare nel rispetto dei vincoli posti dalle norme di diritto privato, che costituiscono un corpo di garanzie altrettanto adeguato.

2.3.1 IL PRINCIPIO DI TRASPARENZA.

Una modifica importante apportata alla legge n. 241/1990 dalla legge n. 15/2005 è l'introduzione del principio di trasparenza. Il predetto principio stabilisce l’obbligo per tutte le Pubbliche Amministrazioni di rendere visibile e controllabile all’esterno il

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proprio operato: la trasparenza contribuisce a rendere conoscibile l’azione amministrativa.11

La trasparenza delinea la comprensibilità dell’azione dei soggetti pubblici sotto diversi profili, quali la semplicità e la pubblicità, in modo da consentire la conoscenza reale dell’attività amministrativa e di effettuare il controllo sulla stessa. L’azione amministrativa deve quindi consentire agli interessati di accedere alle informazioni relative al procedimento in corso e per le pubbliche amministrazioni vi è il dovere di comunicare agli stessi tutte le informazioni richieste, salvo i casi eccezionali espressamente esclusi dalla legge. La trasparenza amministrativa trova applicazione soprattutto attraverso il diritto di accesso ai documenti amministrativi, la comunicazione dell’avvio e la partecipazione al procedimento, la motivazione del provvedimento. Tali principi, quindi, consentono al soggetto privato che abbia un interesse diretto, concreto e attuale, di interloquire con la pubblica amministrazione, a tutela del proprio interesse, prima che sia adottata la decisione finale.12

11 A.Amaolo, Il principio di trasparenza dell‘azione amministrativa, 2015, <www.altalex.com>

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2.3.2 IL DIRITTO DI ACCESSO.

Il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce uno degli strumenti principali volti ad accrescere la trasparenza dell'attività amministrativa e promuovere l' imparzialità.13

La legge n.15/2005, innovando profondamente la legge generale sul procedimento amministrativo l. n. 241/1990, ha dettato una disciplina più organica e completa in materia di accesso ai documenti, disciplinato dal capo V agli artt. 22 e seg.

L’art. 22 come novellato dalla legge n. 15/2005 alla lett. a) del comma 1 si preoccupa, a differenza della normativa precedente, di definire il diritto di accesso, inteso come "il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi".

Il diritto degli interessati di prendere visione ed estrarre copia dei documenti amministrativi è il diritto esercitato da coloro che hanno un interesse diretto, concreto, attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Il diritto di accesso in questione è il

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c.d. accesso conoscitivo o informativo e va distinto dal c.d. accesso partecipativo disciplinato dal precedente art. 10 della legge 241/90.14

L’oggetto del diritto di accesso è costituito dai documenti amministrativi definiti, dalla lett. d) dell' art. 22 come "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale".

La norma ha risolto espressamente ed in maniera positiva il problema se oggetto del diritto di accesso possano essere anche gli atti interni, cioè quegli atti endo-procedimentali che non hanno effetto immediato verso il privato ma costituiscono gli antecedenti del provvedimento finale.

La norma ha risolto anche l’ulteriore problema se il diritto di accesso possa riguardare gli atti di diritto privato emessi dalla

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P.A.: secondo la nuova disciplina, che sul punto ha recepito le decisioni della giurisprudenza più recente, ciò che conta, ai fini del diritto di accesso, non è la natura pubblica o privata dell’attività posta in essere, bensì il fatto che l’attività di diritto privato, posta in essere dalla P.A. miri alla tutela del pubblico interesse e sia soggetta al canone di imparzialità: a queste condizioni qualsiasi atto deve essere assoggettato al diritto di accesso del privato.

Sempre nelle nuova formulazione dell'art.22 troviamo la definizione dei soggetti interessati a esercitare il diritto di accesso, ovvero "tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso".

La legge n. 15/2005, nel richiedere espressamente che l’interesse corrisponda ad una situazione giuridicamente tutelata dall’ordinamento, non ha fatto altro che avallare i risultati ai quali era pervenuta la giurisprudenza più recente. Quest’ultima da un lato esclude il diritto di accesso per i titolari degli interessi

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di fatto, ma dall’altro va oltre la sfera dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi, purché venga in rilievo una posizione tutelata dall’ordinamento, quale ad esempio, le aspettative di diritto, ma anche posizioni di interesse procedimentale, nonché di interessi allo stato diffuso sia pure a certe condizioni.

Sempre nel medesimo articolo si individuano i controinteressati, non presente nel testo originario, come "tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza ".

In sede di ricorso il controinteressato in questo senso è parte necessaria del giudizio amministrativo, tanto che si prevede per l’Amministrazione destinataria della richiesta di accesso, l’obbligo di comunicare tale richiesta anche ad eventuali controinteressati i quali, entro un breve periodo di tempo, possono opporsi motivatamente.15

Sotto il profilo oggettivo, l'accesso è escluso in una serie tassativa di casi previsti dall'art.24 comma 1, l. n. 241/1990 e

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cioè in relazione ai documenti coperti dal segreto di Stato , a quelli relativi a procedimenti tributari o a procedimenti per l' adozione di atti amministrativi generali, ai documenti contenenti informazioni di carattere psicoattitudinale di terzi. Altri casi di esclusione possono essere individuati tramite regolamento di delegificazione là dove sussista il rischio di una lesione di interessi pubblici quali, per esempio, la sicurezza e difesa nazionale, la politica monetaria e valutaria, la riservatezza di persone fisiche, gruppi, imprese e associazioni, ecc., dove l'elenco completo è previsto dall' art.24, comma 6, l. n.241/1990. Allorché siano presenti esigenze di tutela della riservatezza l'amministrazione deve dunque compiere una duplice operazione. Deve anzitutto comparare l'interesse all'accesso e il contrapposto interesse alla riservatezza di terzi. Deve inoltre valutare se l' accesso ha il carattere della "necessarietà", da distinguersi dalla semplice utilità. L' accoglimento dell' istanza di accesso sembra dunque subordinata , almeno in questo caso, a valutazioni dell' amministrazione che sembrano avere natura in qualche misura discrezionale.16

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L’art 3-bis recita così: "Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pubbliche incentivano l'uso della telematica, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati." Inserendo questo art. 3 bis nella l. n. 241/1990, si è introdotto introduce il C.A.D. ossia il codice dell’Amministrazione digitale. Il processo di informatizzazione fa si che il cittadino divenga un cittadino digitale per cui l’Amministrazione si avvale dell’uso della telematica nei rapporti tra P.A. e tra P.A. e privato.

Per quanto riguarda invece la conclusione del processo, la legge l. n. 15/2005 ha modificato l'art. 2 della l. n. 241/1990, prevedendo che i termini per la conclusione dei procedimenti amministrativi statali siano previsti dalla legge o da regolamenti governativi entro 180 giorni. Gli enti pubblici, sempre entro 180 giorni, possono fissare il termine di conclusione dei procedimenti di propria competenza. Nel caso in cui il termine non sia previsto, allora questo risulta essere di 90 giorni.

La disciplina previgente contemplava che ogni Amministrazione aveva il dovere di concludere il procedimento amministrativo, con l’emanazione del relativo provvedimento, entro un termine

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stabilito e reso pubblico dall’Amministrazione stessa e questo dipendeva dal tipo di procedimento e, nel caso in cui questa non avesse provveduto ad indicare un termine si intendeva fissato a trenta giorni.

2.3.3 INTRODUZIONE DEL CAPO IV-bis NELLA LEGGE L. N. 241/1990.

L’art. 14 della legge n. 15 del 2005 inserisce nell’originario impianto della l. n. 241 del ‘90 un Capo IV-bis rubricato “Efficacia ed invalidità del provvedimento amministrativo. Revoca e recesso”.

Il Capo IV- bis inizia con l'art.21-bis tratta il provvedimento che limita la sfera giuridica dei privati e lo prevede efficace nei riguardi del destinatario con la comunicazione allo stesso, secondo anche le norme del codice di procedura civile in caso di notifica ad irreperibili. Se non è possibile la comunicazione personale o risulti particolarmente gravosa a causa del numero dei destinatari, la P.A. trova altre forme di pubblicità idonee stabilite di volta in volta dalla stessa P.A. Il provvedimento che limita la sfera giuridica del privato e che non ha carattere

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sanzionatorio può contenere una motivata clausola di immediata efficacia. Inoltre i provvedimenti che limitano la sfera giuridica del privato ma che hanno carattere cautelare ed urgente sono immediatamente efficaci.

Proseguendo con la letteratura degli articoli seguenti si evince che nei casi previsti dalla legge, le P.A. possono imporre in modo coattivo gli adempimenti degli obblighi nei loro confronti. Nel caso in cui l’interessato non ottemperi, le P.A lo diffidano e poi possono provvedere all’esecuzione coattiva secondo la legge. I provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti immediatamente salvo diversa disposizione di legge e questo è quanto previsto dall' 21 quater. L’efficacia o l’esecuzione del provvedimento può essere sospesa per gravi ragioni e per il tempo necessario dall’organo che ha emanato il provvedimento o da un altro organo previsto dalla legge. Il termine di questa sospensione è esplicitamente indicato nell’atto che la dispone e può essere prorogato o differito una sola volta o ridotto per sopravvenute esigenze.

Un altro aspetto molto rilevante è la revoca del provvedimento che può avvenire per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, o per mutazione della situazione, o per una nuova valutazione

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dell’interesse pubblico originario. Il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato dall’organo che lo ha emanato o da altro organo previsto da legge. La revoca fa sì che il provvedimento revocato non può più produrre effetti. In caso di revoca che comporti dei pregiudizi per i soggetti direttamente interessati la P.A. è obbligata a indennizzare tali soggetti. Tutte le controversie in materia di indennizzo sono attribuite al TAR quale giudice esclusivo. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l'interesse pubblico.

Il provvedimento amministrativo è nullo quando mancano degli elementi essenziali, quando è viziato da difetto assoluto di attribuzione, nel caso in cui sia adottato in violazione o elusione del giudicato e nei casi espressamente previsti da legge. Anche in

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questo caso sono attribuite al Tar, quale giudice esclusivo, tutte le questioni relative alla nullità dell’atto. Anche nel caso di annullabilità dell'atto sono previsti dei casi specifici ovvero quando il provvedimento amministrativo sia stato adottato in violazione di legge o nel caso in cui sia viziato da eccesso di potere o sia viziato da incompetenza. Con riferimento l'incompetenza è necessario distinguere l' incompetenza assoluta da quella relativa: la prima determina la nullità dell' atto e si verifica allorché l'atto sia emanato dall'organo di un' amministrazione diversa da quella competente a provvedere per legge, ovvero quando riguardi un oggetto che rientri nella competenza territoriale di altro organo, ovvero quando l'organo eserciti funzioni di competenza di altro potere dello Stato. La seconda, quella relativa determina si verifica quando l'atto sia posto in essere da un organo della stessa amministrazione cui appartiene l'organo competente. In tal senso, l'incompetenza amministrativa relativa si concretizza, in gran parte delle ipotesi, come un' incompetenza di grado.

Non è annullabile invece il provvedimento amministrativo adottato in violazione delle norme sul procedimento o sulla forma o per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento,

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nel caso in cui la P.A. dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.

Nei casi in cui il provvedimento amministrativo sia illegittimo, il procedimento stesso può essere annullato d’ufficio, se ne sussistono le ragioni di interesse pubblico entro un termine ragionevole e tenuto conto degli interessi dei destinatari e controinteressati, dall’organo che ha emanato l’atto o da un altro organo previsto dalla legge. La P.A. può convalidare il provvedimento finale entro un termine ragionevole.

2.3.4. LEGGE L. N. 69/2009: NUOVI TERMINI DEI PROCEDIMENTI AMMINISTRATIVI E SANZIONI PER I RITARDI NELL'EMANAZIONE DEI PROVVEDIMENTI.

La legge l. n. 69/2009, "Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile" interviene nuovamente sul procedimento amministrativo assolvendo ad un importante scopo, quello di continuare ad adeguare il testo della legge alle nuove esigenze dei cittadini e imprese, con il fine di tutelarli e di rendere servizi

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da parte della P.A. sempre più efficienti.

La l. n. 69/2009 ci dà espresso riconoscimento ai principi ormai consolidatisi da tempo sia in dottrina che in giurisprudenza, ad esempio il principio di imparzialità della Pubblica Amministrazione; inoltre introduce una novità di rilievo nel tessuto degli istituti chiave che caratterizzano il procedimento amministrativo; basti pensare alla nuova disciplina dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo.

L' art. 7 della suddetta legge, recante "Certezza dei tempi di conclusione del procedimento amministrativo" non si limita a effettuare modifiche marginali, ma cambia interamente l’art. 2, legge n. 241/1990, riguardante la conclusione del procedimento amministrativo. Va precisato che il citato art. 2 e` stato modificato prima dalle legge n. 15/2005 e poi dal d.l. n. 35/2005, che lo ha completamente riscritto portando, tra l’altro, a 90 giorni la conclusione del procedimento nel caso di mancata determinazione del termine. Per effetto delle modifiche introdotte dal legislatore, il riformulato art. 2, legge n. 241/1990, riporta a 30 giorni la conclusione del procedimento in assenza di un termine fissato dalla legge o dalle amministrazioni competenti. In via generale esso stabilisce che i termini per la

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conclusione dei procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali non possono superare i 90 giorni.

Per effetto delle modifiche effettuate dal legislatore è anche introdotto il nuovo art. 2-bis alla legge n. 241/1990. La nuova norma pone a carico di tutte le amministrazioni pubbliche e dei soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative l’obbligo di risarcire il danno ingiusto causato dall’inosservanza, dolosa o colposa, dei termini procedimentali. Le controversie in materia di mancato rispetto dei termini per la conclusione del procedimento sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento si prescrive in cinque anni.

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CAPITOLO 3

GLI ISTITUTI ATTUATIVI DELLA SEMPLIFICAZIONE AMMINISTRATIVA ALLA LUCE DELLE NOVITA' INTRODOTTE CON LA LEGGE L. N. 124/2015.

3.1 LA “LEGGE MADIA”: L. N. 124/2015.

La legge 124/2015 recante “Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”, meglio conosciuta come “Legge Madia” di riforma della P.A., è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 187 del 13 agosto 2015. Tale riforma si basa sui principi di equità, compensi pubblici, anticorruzione, semplificazioni ed efficienza con mobilità ed è costituita da 23 articoli, così suddivisi: artt. 1-7: semplificazioni amministrative; artt. 8-10: organizzazione; artt. 11-15: personale; artt. 16-23: deleghe per la semplificazione normativa.

Questa riforma si colloca nell’ambito di un generale processo di semplificazione, accelerazione e snellimento dell’azione amministrativa, già avviato dal Governo Renzi sin

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dall’emanazione del d.l. 24 giugno 2014, n. 90, recante “Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari” e si concreta nel conferimento di numerose deleghe al Governo per l’adozione di decreti legislativi nelle seguenti quattro macro-materie: la semplificazione amministrativa, l’organizzazione dell’apparato pubblico, il personale della P.A. e la semplificazione normativa.

3.2. GLI ISTITUTI DELLA SEMPLIFICAZIONE PROCEDIMENTALE.

L’esigenza di semplificazione accompagna da tempo l’agire dell’amministrazione, che nell’esperienza delle numerose funzioni pubbliche esercitate e dei servizi pubblici erogati ha registrato un eccessivo impiego di tempo e di risorse che ha sovente finito per pregiudicare gli stessi interessi alla cui cura è rivolto l’apparato pubblico.17

Il capo IV della l. n. 241/1990, rubricato “Semplificazione

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dell’attività amministrativa”, contiene la disciplina di una serie di istituti attraverso i quali il Legislatore ha inteso alleggerire l’attività amministrativa, al fine di perseguire i principi di efficacia ed economicità di cui all’art. 1 della stessa l. n. 241/1990.18

Nell’insieme degli istituti di semplificazione che attengono all’azione amministrativa, ed in particolare all’incremento della sua efficacia, si possono allora individuare una serie di strumenti a dimensione procedimentale, incentrati sullo snellimento del modulo tipico dell’esercizio del potere amministrativo, ossia del procedimento19. Tra questi è anzitutto possibile distinguere due categorie, a seconda del tipo di semplificazione promossa: una semplificazione procedimentale in senso stretto, mirata alla riduzione delle fasi attraverso le quali si giunge all’adozione e all’approvazione del provvedimento finale e, più in generale, alla accelerazione nella definizione del procedimento, in cui rientrano le misure di razionalizzazione dei tempi del procedimento, la conferenza di servizi e gli accordi; e una

18 F. Caringella, Manuale di Diritto Amministrativo, Dike Giuridica Editrice, 2016. 19 R. GAROFOLI, Semplificazione e liberalizzazione dell’attività amministrativa

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semplificazione intesa più latamente come facilitazione del privato nelle modalità di accesso a talune attività soggette al potere, quanto meno di “controllo”, delle autorità amministrative, anche con l’obiettivo di una riduzione degli oneri posti a suo carico, in cui rientrano istituti come l’autocertificazione e il silenzio-assenso, fino a tradursi in forme di sostanziale liberalizzazione delle attività stesse con la sostituzione dei controlli preventivi in controlli meramente successivi, in cui rientra oggi la s.c.i.a.. 20

3.2.1. I TERMINI PROCEDIMENTALI.

Conclusa la fase istruttoria, l’organo competente a emanare il provvedimento finale, assume la decisione all’esito di una valutazione complessiva del materiale acquisito al procedimento e in base all’art.2 l. n. 241/1990 ha l’obbligo di concludere il procedimento mediante l’adozione di un provvedimento espresso produttivo degli effetti nella sfera giuridica dei

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destinatari.21

La seconda prescrizione prevista dall’art. 2 concerne il termine nel quale il procedimento deve concludersi, il quale è stabilito dalle leggi di settore ovvero da atti regolamentari delle Amministrazioni competenti. Ove il termine non sia previsto espressamente, la norma generale lo fissa in trenta giorni. Ed è stabilito, ancora con efficacia generale, salve alcune eccezioni, il termine di novanta giorni che può prolungarsi fino a centoottanta giorni ove ricorrono particolari condizioni. Il termine può essere sospeso per un periodo non superiore a trenta giorni in caso di necessità di acquisire informazioni o certificazioni.

In definitiva, l’art. 2 dà corpo al principio della certezza del tempo dell’agire amministrativo. Questo principio risponde sia all’esigenza dell’ amministrazione alla cura sollecita dell’ interesse pubblico di cui è portatrice, sia a quella dei soggetti privati che dovrebbero poter programmare le proprie attività facendo affidamento sulla tempestività nell’adozione degli atti amministrativi necessari per intraprenderla.

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3.3 IL SILENZIO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE.

La conclusione del procedimento con l’emanazione di un provvedimento espresso è l’ evenienza prevista come fisiologica dalla l. n. 241/1990. Tuttavia può accadere che l’amministrazione non concluda il procedimento entro il termine fissato per legge o stabilito dall’ amministrazione e la situazione di inerzia si protragga nel tempo. Si pone così la questione del silenzio della pubblica amministrazione.

Il silenzio della pubblica amministrazione è un comportamento omissivo dell’amministrazione di fronte a un dovere di provvedere, di emanare un atto e di concludere il procedimento con l’adozione di un provvedimento entro un termine prestabilito. L’ ordinamento distingue il silenzio in ipotesi legislative qualificate in senso positivo, il silenzio-assenso, in senso negativo, il silenzio diniego e il silenzio rigetto, e ipotesi non giuridicamente qualificate come il silenzio inadempimento. L’istituto del silenzio-assenso, disciplinato all’art. 20 della l. n. 241/1990, integra una qualificazione giuridica formale del

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silenzio, nel senso che, decorso il termine per provvedere senza che la P.A.. si sia pronunciata, l’istanza presentata dal privato si considera accolta.

La norma stabilisce che nei procedimenti ad istanza di parte, esclusi quelli disciplinati dall’art. 19 “ Segnalazione certificata di inizio attività”, per il rilascio di provvedimenti amministrativi, “ il silenzio della pubblica amministrazione competente equivale a provvedimento di accoglimento della domanda”, se la stessa amministrazione non comunica all’interessato, nel termine previsto, il provvedimento di diniego ovvero se, entro trenta giorni dalla presentazione dell’ istanza, non indice una conferenza di servizi.

È necessario considerare che il silenzio-assenso costituisce la regola nei casi di inerzia della P.A., salvo specifiche deroghe previste dal comma 4 ex art. 20: alcune individuate dal legislatore per materia, altre dall’ordinamento comunitario ed altre, infine, mediante Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri sulla base di criteri specifici stabiliti dal legislatore al fine di garantire il rispetto del principio di legalità. In questi casi, dove il silenzio-assenso non trova applicazione per espressa disposizione di legge, il silenzio equivale a un inadempimento

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dell’ obbligo formale di provvedere posto dall’art. 2 l. n. 241/1990, cioè di concludere il procedimento vuoi con un provvedimento di accoglimento dell’ istanza, vuoi con un provvedimento di rigetto della medesima. Ciò detto, in ogni caso l’ art. 20 comma 3, prevede in caso di silenzio-assenso, l’ amministrazione possa, in via di autotutela, annullare (ex art. 21 nonies Annullamento d’ufficio) o revocare ( ex art. 21 quinquies Revoca del provvedimento ) l’ atto implicito di assenso.

Ci sono altre forme di silenzio: il diniego e il silenzio-rigetto sono due ipotesi in cui le norme attribuiscono espressamente all’inerzia dell’ amministrazione una qualificazione giuridica negativa.

Nel primo caso, decorso inutilmente un determinato periodo di tempo, il provvedimento equivale a un periodo di diniego, come ad esempio in materia di accesso ai documenti amministrativi ex art. 25 l. n. 241/1990 in cui è previsto che “decorsi trenta giorni dalla richiesta questa s’intende respinta”.

Nel secondo caso il silenzio rigetto si forma nei casi in cui l’amministrazione, alla quale sia stato indirizzato un ricorso amministrativo, rimanga inerte; la maturazione di questo silenzio

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fa acquisire carattere definitivo all’atto impugnato. La disciplina è stabilita dall’art.6 del d.p.r. 1199/1971.22

3.3.1 IL NUOVO ART. 17-BIS L. N. 241/1990.

La l. n. 124/2015 prevede importanti innovazioni alla legge 241 del 1990, come l’art. 3, che risulta così uno dei pochi articoli già entrati in vigore, diversamente da quelli recanti soltanto deleghe legislative, il quale introduce il nuovo art. 17-bis “Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici” .

Viene previsto il silenzio assenso per i procedimenti ad istanza di parte, per il rilascio del relativo provvedimento, anche per l’adozione di provvedimenti amministrativi e normativi da parte di una P.A. nei casi in cui sia prevista l’acquisizione di autorizzazioni, concerti, nulla osta di altre PP.AA. o di gestori di beni e servizi pubblici entro trenta giorni. Il termine può essere interrotto soltanto una volta per esigenze istruttorie o richieste

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modificative puntualmente motivate.23 Decorso il termine predetto senza che sia comunicato l’ assenso , il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

L'art. 3 della Legge n. 124 del 2015 disciplina, infatti, una nuova forma di silenzio assenso, definita "endoprocedimentale", destinata a snellire tutti quei procedimenti amministrativi finalizzati all'emanazione di un provvedimento "pluristrutturato", ovvero di quella decisione finale da parte dell'amministrazione procedente per la cui adozione, la legge richiede l'assenso vincolante di un'altra amministrazione: in tali ipotesi, il silenzio dell'amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l'effetto di precludere l'adozione del provvedimento finale, ma è, al contrario, equiparato allo stesso atto di assenso e consente, pertanto, l'adozione del provvedimento conclusivo da parte dell'amministrazione procedente. 24

Per quanto riguarda l’ambito soggettivo della norma, essa è da

23 Bombardelli,M.,”Il Silenzio Assenso tra Amministrazioni e il rischio di eccesso

di velocità nelle accelerazioni procedimentali” in Urbanistica e Appalti,2016,

,cit.,pag.1-2.

24 Avv. M. Benedetti e Dott. N. M. Salvi, “Il silenzio assenso

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applicarsi a tutte le amministrazioni, non solo statali ma anche locali, comprese le Regioni a statuto speciale e le Province autonome. In secondo luogo, la norma si applica anche agli organi politici, se l’atto ha natura amministrativa, alle Autorità indipendenti, la cui natura amministrativa è ormai pacifica. Infine, stessa applicabilità si è avuta per i gestori di beni e servizi pubblici, in virtù del principio comunitario di P.A. sostanziale e funzionale. Per quanto riguarda l’ambito oggettivo, la norma espressamente include, oltre all’atto amministrativo, “l’adozione di provvedimenti normativi”. E’ incluso ogni tipo di procedimento amministrativo che abbia al proprio interno una fase decisoria di competenza di altra amministrazione.25

Il parere oggetto di silenzio inter-amministrativo deve essere richiesto dall’amministrazione procedente: questo vuol dire che l’art. 17-bis è escluso nel caso in cui sia il privato a fare richiesta per il necessario assenso. Se è il privato a chiedere alla seconda autorità, protagonista della sub-fase, di dare consenso, pur all’interno di un altro procedimento, comunque non potrà essere

25 C. Merluzzi, Il nuovo silenzio orizzontale tra amministrazioni ex art. 17-bis: un

primo giudizio sulla ricostruzione del Consiglio di Stato e l’esponenziale crescita dell’istituto, 2017. <www.lab-ip.net>.

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