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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Economia e Management

Corso di Laurea Magistrale in Banca, Finanza Aziendale e Mercati

Finanziari

TESI DI LAUREA

Coperture assicurative sui rischi catastrofali

Candidato Relatore

Pierluigi Paladini Prof. Emanuele Vannucci

______________________________________________________________________

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Indice

Introduzione ………... 1

Capitolo 1 - Il rischio catastrofale ……… 4

1.1 Definizione di rischio catastrofale ……… 4

1.2 Il rischio catastrofale in Solvency 2 ………. 6

1.3 Regolamentazione ……….... 8

1.3.1 Regolamentazione in altri Paesi ……….. 11

1.3.2 Regolamentazione in Italia ………. 20

Capitolo 2 - Coperture assicurative contro rischi catastrofali ……….... 29

2.1 Introduzione ………. 29

2.2 Rischi catastrofali in Italia ………... 31

2.3 Situazione italiana attuale e Assicurazione obbligatoria ………. 35

2.4 La copertura del rischio catastrofale ……… 37

2.5 Modalità di trasferimento dei rischi puri ai mercati finanziari ………… 39

2.6 Gli Insurance Linked Securities (ILS) ………... 44

Capitolo 3 - I Catastrophe Bonds ………... 50

3.1 Evoluzione storica dei Cat Bonds ………... 50

3.2 Struttura dei Cat Bonds ………... 52

3.3 Determinazione del trigger ………... 57

(3)

3.5 Vantaggi e svantaggi dei Cat Bonds ……… 67

Capitolo 4 - Caso operativo ……… 72

4.1 Statistiche sui terremoti ………... 72

4.2 Costruzione Cat Bond ………. 87

Conclusioni ………... 96

Ringraziamenti ……… 97

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1

INTRODUZIONE

I fenomeni di origine naturale fanno parte della vita della Terra, ma i loro effetti possono diventare distruttivi andando ad interagire con un territorio antropizzato e spesso non preparato. Le ultime calamità naturali abbattutesi in Italia e, in particolare, i recenti terremoti del 2016 e 2017 che hanno coinvolto le regioni del centro Italia, hanno spinto il Governo italiano a valutare la necessità di coprirsi dai grandi sinistri. Per troppo tempo, infatti, si è preferito rinviare la discussione, preferendo erroneamente di ricordarlo solo all’indomani di eventi calamitosi, nell’insano tentativo di allontanare ed esorcizzare tale rischio.

Nel 2015 il numero dei disastri naturali nel mondo, pur leggermente diminuito rispetto alla media osservata dal 2001 al 2010, è stato impressionante: ci sono stati 332 disastri naturali, ma il numero delle vittime ha superato le 30.000 unità, le persone colpite sono state circa 245 milioni per un totale di oltre 366 miliardi di dollari di danni economici. Il trend mondiale dei danni causati dalle calamità naturali è cresciuto costantemente, e l’attuale contesto di crisi economica nei Paesi industrializzati, e in particolare in Europa, ha incrementato la difficoltà di stanziare le risorse necessarie nei bilanci pubblici per la copertura dei danni derivanti da tali disastri naturali.

In Italia, i costi derivanti dalle calamità naturali costituiscono in media lo 0,2% del Pil per anno: è un dato impressionante che non permette allo Stato di sostenere efficacemente cittadini e imprese danneggiati da terremoti, alluvioni e altri eventi catastrofali. Lo Stato, infatti, non può più rispondere tutto a tutti, dare piena copertura a tutti i rischi di calamità naturali, e al tempo stesso intervenire per l’emergenza, il soccorso alle vittime a agli sfollati, la prevenzione ed il riassetto idrogeologico e sismico del territorio italiano.

Questa tematica ha un evidente aspetto sociale, che si traduce in un forte risvolto economico. I costi necessari per mettere in sicurezza l’intero territorio italiano dai soli rischi di natura idrogeologica, senza contare la necessità di adeguamento sismico

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di una gran parte del patrimonio edilizio, sono stati stimati in alcune decine di miliardi di euro, cifra che non è assolutamente compatibile con i bilanci annuali dello Stato, a maggior ragione nel momento di crisi che stiamo vivendo in questi anni.

La politica dell’intervento in emergenza, che ha superato quella della prevenzione, ha imposto alla società civile costi economici assolutamente troppo alti ed insostenibili, contribuendo in maniera incisiva ad aumentare il debito pubblico. È evidente quindi la necessità di un cambio di rotta, con una idea orientata al futuro del nostro Paese, guardando alle politiche di prevenzione come forme di investimento economico e di sviluppo: una possibile alternativa è quella che vede la volontà di sostituire l’intervento esclusivo dello Stato con il ricorso al mercato dell’assicurazione. In effetti, il mercato assicurativo per i danni dai rischi naturali è tecnicamente realizzabile, come già avviene in altri paesi con risultati soddisfacenti. Bisognerà però valutare con attenzione vantaggi e svantaggi di una scelta di questo genere, che consenta di superare l’attuale sistema troppo costoso ed inefficace, ma che ponga attenzione a non sostituirlo con un altro che crei selezioni troppo forti, che lascerebbe scoperti i soggetti più vulnerabili.

Il presente lavoro si ispira all’attuale dibattito sulla necessità di intervenire sulla prevenzione e sulla tutela dei danni causati dalle calamità naturali nel nostro Paese, andando a delineare quelle che possono essere le possibili alternative all’esclusivo intervento pubblico e, in particolare, descrivendo particolari strumenti cosiddetti “Catastrophe Bonds”.

Nel primo capitolo, definisco il rischio catastrofale e successivamente descrivo la regolamentazione dei maggiori Paesi industrializzati, e non solo, circa le calamità naturali, sottolineando le differenze che ci sono tra i diversi Paesi nella ripartizione tra pubblico e privato degli interventi di natura economica a fronte dei danni causati dalle calamità naturali. In particolare, soffermandomi sul contesto italiano, sottolineo come nel nostro ordinamento giuridico, nonostante l’elevata frequenza di disastri naturali, tuttavia non sia presente tuttora una legge organica che disciplini in via generale gli interventi dello Stato quando il Governo dichiara lo “stato di calamità”.

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In Italia, infatti, è predisposta solo una procedura abituale in base alla quale, dopo l’avvenimento di una grave calamità, il Governo interviene attraverso provvedimenti specifici, stanziando grosse somme di denaro che sono utilizzate per effettuare i primi interventi di soccorso, a ricostruire grandi strutture (come strade, ponti, chiese, viadotti, etc.) e ad indennizzare i danni subiti dagli enti pubblici e dai privati.

La seconda parte della mia tesi, invece, descrive le principali coperture per i rischi catastrofali, andando così a delineare la situazione italiana attuale ed evidenziando la necessità di istituire in Italia un’assicurazione obbligatoria contro eventi catastrofali; quest’ultima, tuttavia, viene vista dal cittadino italiano, ancora oggi, come una tassa, un ulteriore aggravo a carico e danno delle abitazioni e delle famiglie. Descrivo poi le modalità di trasferimento dei rischi catastrofali ai mercati finanziari e, infine, definisco gli Insurance Linked Securities: una soluzione al problema, infatti, della copertura dei danni da catastrofi naturali potrebbe essere quella di spalmare i rischi catastrofali collocandoli nel mercato finanziario attraverso operazioni di cartolarizzazione dell’assicurazione delle catastrofi naturali.

Concludo la mia prima parte di tesi, puramente descrittiva, con un terzo capitolo in cui vado a descrivere quelli che sono i Catastrophe Bonds: titoli legati alla probabilità di eventi naturali catastrofici, ovvero si tratta di una particolare forma di cartolarizzazione del rischio derivante da eventi come terremoti, maremoti, uragani, incendi, ecc., utilizzata dalle compagnie assicurative in alternativa ad altre forme di riassicurazione. In particolare, vado a descrivere la struttura del Cat Bond, il mercato dei suddetti strumenti, ed infine elenco i vantaggi e svantaggi di questi titoli rispetto alla normale riassicurazione.

Infine, nel quarto capitolo intitolato “Caso operativo”, simulo l’emissione di cat bond da parte di un gruppo assicurativo per alcuni territori italiani, attraverso l’utilizzo del database dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia: fine ultimo del mio lavoro è quello di calcolare i tassi di interesse richiesti dal mercato, qualora tale gruppo assicurativo emettesse i cat bonds, andando così ad evidenziare il differenziale dei tassi in base all’anno in cui vengono emessi e, soprattutto, in base all’area geografica cui fanno riferimento.

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CAPITOLO 1 - IL RISCHIO CATASTROFALE

1.1- DEFINIZIONE DI RISCHIO CATASTROFALE

Il termine catastrofe ha sempre riscosso molta attenzione nei vari ambiti del sapere. Katastrophè in greco stava ad indicare nella tragedia lo scioglimento finale dell’azione, tuttavia oggi a tale termine viene associato l’esito disastroso e imprevisto di fenomeni naturali ed attività sfuggite al controllo dell’uomo.

Le catastrofi sono dei fenomeni che avvengono raramente e che non rispettano le leggi della statistica classica: sono infatti eventi rari che provocano numerosi ed elevati danni sia a cose che persone; non sono distribuite tipicamente secondo una distribuzione gaussiana e questo comporta diverse difficoltà nella previsione di questi eventi.

Nel linguaggio comune si comprende in questo termine anche una serie di eventi che in realtà non sono catastrofi dal punto di vista assicurativo; esistono, infatti, delle caratteristiche specifiche che deve possedere un evento affinché venga definito rischio catastrofale, e queste sono:

- Accumulazione dei sinistri nel tempo e nello spazio: il verificarsi della catastrofe, infatti, deve causare più sinistri in luoghi e tempi differenti in modo tale che la somma dei singoli danni risulti piuttosto elevata.

- Eccezionalità della causa: tutti i sinistri devono essere riconducibili alla stessa causa la quale ovviamente deve essere di natura straordinaria.

Queste considerazioni permettono di escludere dalla definizione di rischio catastrofale sia gli eventi che provocano un solo danno, seppur di grandi dimensioni, per la mancanza del primo requisito, e sia le catastrofi provocate da eventi che generano una pluralità di danni ma sono normalmente oggetto di copertura assicurativa, poiché viene a mancare il secondo requisito.

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Le catastrofi in senso assicurativo comprendono un vasto gruppo di eventi; tuttavia, si possono classificare in due macro-categorie:

o Catastrofi naturali: ovvero eventi catastrofali causati da forze della natura e quindi l’entità dei danni provocati da tali calamità dipende dalle misure di prevenzione adottate, dalle tecniche di costruzione degli edifici, dalla violenza degli elementi naturali che le generano, da vari fattori casuali come l’ora in cui avviene l’evento e soprattutto dalla forma e dalla struttura delle zone che vengono colpite da tali calamità naturali.

Vengono considerate catastrofi naturali i terremoti, i maremoti, le tempeste di vento, le tempeste, le alluvioni, le eruzioni vulcaniche, le valanghe e le grandinate.

Molto spesso eventi di questo tipo non sono controllabili dall’uomo e si può solamente cercare di limitare i danni potenziali utilizzando delle adeguate misure di prevenzione.

o Catastrofi man-made: si parla di catastrofi man-made quando sono connesse allo svolgimento di attività dell’uomo.

Fanno parte di questa categoria i grandi incendi industriali, l’inquinamento dell’acqua, dell’aria e del suolo, tutti i vari tipi di disastri aerei, ferroviari, marittimi ed infine sommosse e attacchi terroristici.

A differenza di quelle naturali, le catastrofi man-made riguardano in genere un singolo oggetto assicurato di grande entità e coinvolgono zone più ristrette. Una catastrofe naturale è quindi la conseguenza di un evento ambientale determinato da particolari fenomeni (vulcani, terremoti, maremoti, inondazioni...) a volte amplificati dall'attività umana. Un disastro naturale può causare la perdita di vite umane e ingenti danni la cui entità dipende anche dalla densità della popolazione coinvolta e dalla capacità di tornare ad una condizione di vita sostenibile dopo l'evento.

Il concetto di vulnerabilità richiede di porre in luce il rapporto esistente tra rischio e disastro.

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Come ha evidenziato G. Bankoff:"...la vulnerabilità rappresenta la predisposizione fisica, economica, politica e sociale di una comunità ad essere danneggiata da fenomeni destabilizzanti di origine naturale o antropica. Vi sono una serie di condizioni estreme, e spesso permanenti, che rendono particolarmente precarie le possibilità di accesso ai mezzi di sussistenza per specifici gruppi sociali. L'esistenza di queste condizioni dipende sia dal livello di sviluppo raggiunto, sia dal successo della prevenzione. In questo contesto, lo sviluppo ha cominciato a essere inteso come un processo che coinvolge l'armonia tra l'umanità e l'ambiente e la vulnerabilità dei gruppi sociali potrebbe quindi essere intesa come la ridotta capacità di adattarsi o di reagire ad una determinata circostanza ambientale".

1.2- IL RISCHIO CATASTROFALE IN SOLVENCY 2:

Solvency II (ufficialmente Direttiva 2009/138/CE) è una direttiva dell'Unione europea che ha lo scopo di estendere la normativa di Basilea II al settore assicurativo. Nel novembre 2003 la Commissione Europea istituisce il CEIPOS, un comitato permanente con l'incarico di redigere una bozza di legge quadro per la gestione del rischio nel settore assicurativo; Il CEIOPS (Committee of European Insurance and Occupational Pensions Supervisors) è un coordinamento sovranazionale delle autority degli Stati membri per il settore assicurativo e le pensioni professionali ed aziendali.

Nel 2005, il CEIOPS incarica l'IAA (International Actuarial Association), un'associazione internazionale che si occupa di standardizzazione delle contabilità aziendali interne e civilistiche, di redigere un elenco non esaustivo dei rischi propri del settore assicurativo, non coperti da Basilea II, che è una normativa pensata per quello bancario.

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La direttiva europea Solvency 2, che entrò in vigore il 1° gennaio 2016, è ancora molto lacunosa per quanto riguarda la trattazione del rischio catastrofale.

Infatti tale tipo di rischio viene preso in considerazione soltanto nel calcolo del requisito patrimoniale di solvibilità di base:

- l’articolo 105 comma 2 afferma che “il modulo del rischio di sottoscrizione per l’assicurazione non vita riflette il rischio derivante da obbligazioni di assicurazione non vita, tenuto conto dei pericoli coperti e delle procedure utilizzate nell’esercizio dell’attività” ed è calcolato come combinazione dei requisiti patrimoniali di alcuni sottomoduli, tra i quali viene citato “il rischio di perdita o di variazione sfavorevole del valore delle passività assicurative, derivante da un’incertezza significativa delle ipotesi in materia di fissazione dei prezzi e di costituzione delle riserve in rapporto ad eventi estremi o eccezionali (rischio di catastrofe per l’assicurazione non vita)”;

- dall’articolo 105 comma 3 si evince che “il modulo del rischio di sottoscrizione per l’assicurazione vita riflette il rischio derivante da obbligazioni di assicurazione vita, tenuto conto dei pericoli coperti e delle procedure utilizzate nell’esercizio dell’attività” ed è calcolato come combinazione dei requisiti patrimoniali di alcuni sottomoduli, tra i quali viene citato “il rischio di perdita o di variazione sfavorevole del valore delle passività assicurative, derivante da un’incertezza significativa delle ipotesi in materia di fissazione dei prezzi e di costituzione delle riserve in rapporto ad eventi estremi o sporadici (rischio di catastrofe per l’assicurazione vita)”.

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1.3- REGOLAMENTAZIONE:

Le calamità naturali sono eventi con probabilità di verificarsi relativamente bassa ma con effetti dannosi di entità estremamente elevata da essere spesso associati a un rischio definito catastrofale.

Anche se i fattori scatenanti tali eventi possono ricondursi tipicamente a fenomeni naturali, tuttavia l’azione dell’uomo potrebbe essere molto utile per ridurre l’impatto sul territorio e sugli abitanti che ne sono colpiti.

Oltre alle conseguenze materiali di tali calamità, ovvero il danneggiamento massiccio dell’habitat dei territori su cui si abbattono, sono di estremo interesse anche le conseguenze in termini economici, principalmente per l’individuazione di come finanziare i progetti di recupero dovuti ai danni provocati o anche solo i risarcimenti dei soggetti danneggiati.

In linea generale si verifica il coinvolgimento del sistema pubblico insieme a quello dei privati sulle cui proprietà ha insistito la calamità naturale. Questi soggetti, pubblico e privato, prima colpiti dall’evento e poi delegati alla progettazione del ripristino, hanno sostanzialmente due opportunità di finanziamento: quella legata alla fiscalità generale per il soggetto pubblico e quella del mercato assicurativo per il privato, purché abbia avuto la necessaria sensibilità e usufruito di opportunità di mercato, che gli abbiano consentito una adeguata tutela preventiva, almeno sotto il profilo economico.

Ci sono enormi differenze tra i diversi Paesi nella ripartizione tra pubblico e privato degli interventi di natura economica a fronte dei danni causati dalle calamità naturali. In alcuni Paesi, nella fattispecie quelli anglosassoni, il ricorso al mercato assicurativo da parte dei privati e, di conseguenza, il ruolo di quello che sarà il futuro contributo privato nel finanziamento dei progetti di ripristino, o anche semplicemente di risarcimento del danno, ha un’importanza ormai consolidata.

In altri, come per esempio nel caso italiano, la copertura dei danni tramite la fiscalità generale è pressoché totale e il contributo del mercato assicurativo del tutto trascurabile.

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Questa situazione italiana ha da un lato il pregio di una forte connotazione mutualistica, ma dall’altro fa emergere criticità in termini di capacità dello Stato di far fronte efficacemente alle situazioni di disagio (basti pensare alla lentezza con cui si possono mettere in piedi le procedure necessarie alla messa in opera dei lavori necessari al ripristino o anche soltanto alla tempistica con cui vengono distribuiti i risarcimenti) e, soprattutto, “liberando” il privato dalle negative conseguenze economiche, non incentiva affatto l’assunzione da parte del privato di misure di prevenzione, ove possibili.

L’aumento dei fenomeni catastrofici e i danni conseguenti (332 disastri naturali che hanno causato oltre 30.000 vittime e danni economici che superano i 366 miliardi di dollari statunitensi) hanno spinto molti Paesi a rivedere drasticamente le loro politiche nei confronti della gestione dei rischi derivanti dalle catastrofi.

Ormai è evidente che gli eventi catastrofici naturali non si possono affrontare isolatamente, senza far ricorso ad un preciso sistema che contempli il ricorso a vari strumenti pubblici e privati, comprendendo l'infrastruttura assicurativa presente in ogni Paese e coinvolgendo anche i cittadini.

L'analisi delle legislazioni in materia di gestione delle emergenze per le catastrofi naturali di alcuni Paesi offre un quadro molto vario e interessante che consente di visualizzare come le soluzioni per affrontare questi eventi eccezionali derivino anche dai fattori culturali e dalle diverse tradizioni giuridico - economiche che contraddistinguono i differenti Paesi e mettono in luce come i sistemi assicurativi siano estremamente eterogenei a livello internazionale.

Le principali differenze riguardano:

• il rapporto tra assicurazioni private e interventi pubblici che può essere modulato su una gamma di diversi sistemi che vanno dall'esclusiva dipendenza dal mercato al completo monopolio pubblico, ma possono anche assumere interessanti forme di cooperazione tra pubblico e privato tramite meccanismi di riassicurazione grazie all'intervento di enti pubblici o incanalando il rischio verso i mercati finanziari.

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• la tipologia di rischi coperti che può prevedere, essenzialmente, tre diversi tipi di copertura: quella mono-lineare (copertura di una sola tipologia di rischio, come gli uragani o i terremoti ecc.…), quella che tutela una lista chiusa di eventi e quella aperta che copre ogni catastrofe naturale.

• il costo della copertura: il costo delle polizze può variare a seconda dell'ammontare dei capitali assicurati, in base alla tipologia di rischio, alla minore o maggiore esposizione di un certo territorio al rischio considerato o agli incentivi che l'ente pubblico mette a disposizione delle società assicuratrici

• i danni coperti: la maggior parte dei sistemi coprono solo i danni materiali diretti (alcuni sistemi considerano solo gli edifici ed altri comprendono anche i beni contenuti nelle abitazioni). Tuttavia ci sono casi in cui la copertura si estende anche alla perdita del reddito dovuta all'evento calamitoso. Il sistema spagnolo considera anche le lesioni personali.

• il limite dell'indennizzo: anche se ci sono rari sistemi che, affiancati dalla garanzia statale, offrono una copertura danni illimitata, la generalmente viene stabilito un limite massimo per il risarcimento per ogni tipo di danno o per ogni tipo di evento. Inoltre quasi sempre esistono precise franchigie che hanno lo scopo di scoraggiare dal richiedere contributi per danni irrilevanti o poco dimostrabili.

• la necessità della dichiarazione ufficiale di catastrofe naturale: generalmente questa dichiarazione, rilasciata da un apposito ente pubblico appositamente preposto, è la condizione necessaria per poter aprire una pratica di risarcimento. Tuttavia, nel caso della Spagna, questa dichiarazione ufficiale non è necessaria e la copertura non è condizionata all'estensione e alla quantità dei danni.

• le riserve finanziarie di garanzia: a causa dell'esigenza di mantenere un considerevole capitale immobilizzato per garantire gli interventi a tutela dei disastri naturali alcuni Paesi stimolano l'accumulo dei fondi di garanzia attraverso misure di defiscalizzazione, altri Paesi, invece, mettono in atto altre misure, più legate al mercato come quelle dette del contingent capital).

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1.3.1

- REGOLAMENTAZIONE IN ALTRI PAESI:

In questo paragrafo andiamo ad analizzare come viene regolamentata la gestione e la copertura dei rischi catastrofali in altri Paesi dell’Unione Europea e non solo.

In Francia, la solidarietà nazionale di fronte alle catastrofi è un principio inserito in modo specifico nella Costituzione ed è strettamente collegato ai concetti di uguaglianza e fratellanza che la ispirano. Vige un contratto di assicurazione a copertura di proprietà situate nel Paese e nei cosiddetti “dipartimenti oltreoceano” francesi contro incendio ed altri rischi, nonché il conseguente mancato profitto; in base alla legge francese tutte le polizze suddette coprono l’assicurato in maniera obbligatoria anche contro i danni prodotti da calamità naturali.

Queste calamità causate da fenomeni naturali di grande intensità sono: inondazioni, alluvioni, frane, smottamenti, siccità, maremoto, terremoto, eruzioni vulcaniche, valanghe ecc. Non fanno parte, invece, di questo sistema di assicurazione obbligatoria eventi assicurabili come gli uragani, le tempeste, la grandine, il peso della neve e il ghiaccio.

Dopo che è stata dichiarata l’esistenza di una calamità naturale attraverso un decreto interministeriale che ne determina la durata, l’estensione geografica e la natura del danno causato, le compagnie di assicurazione procedono al risarcimento dei danni in base ai vincoli originari della copertura sottostante alla rispettiva polizza.

La compensazione finanziaria di questo schema per le calamità naturali è garantita da una maggiorazione del 12% per tutti i premi all’interno di polizze relative a

danneggiamenti alle cose e alla sospensione dell’esercizio. I premi aggiuntivi riscossi sono registrati nei conti operativi degli assicuratori che

possono realizzare accantonamenti per riserve di equilibrio fino al 300% dell’“auto trattenuta CatNat”, con la conseguenza che la compagnia si sottrarrà alla tassazione per un intervallo di tempo di 10 anni; l’ammontare di questi accantonamenti è limitato al 75% dei surplus tecnici del relativo anno.

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Le compagnie di assicurazione hanno il diritto di riassicurare il loro portafoglio con la cosiddetta CCR (Caisse Centrale de Rèassurance), che è una società di riassicurazione di proprietà pubblica ed è quindi garantita dallo Stato.

In Spagna c’è la presenza del “Consorcio de Compensacion”, ovvero un’organizzazione statale, con proprio stato giuridico e piena autonomia di operare, che disciplina le sue attività in base alle leggi giuridiche ed alle leggi del settore privato.

Il capitale di questo consorzio è proprio ed indipendente dallo Stato: l’unica entrata finanziaria del Consorcio è costituita dai premi e, come una qualsiasi altra compagnia di assicurazione, deve porre in essere adeguate riserve tecniche e mantenere nel tempo un adatto margine di solvibilità.

Relativamente a quanto appena detto, è importante sottolineare che oltre agli altri normali fondi tecnici previsti da tutte le compagnie di assicurazione, la legge spagnola stabilisce che il Consorcio costituisca delle riserve miste, un vero e proprio “fondo catastrofale”, considerato come voce detraibile, fino ad un limite fissato dalla legge.

I rischi coperti dal Consorcio sono classificati in due gruppi:

- fenomeni naturali: terremoto, maremoto, inondazioni straordinarie, eruzione vulcanica, ciclone atipico, caduta di corpi celesti e meteoriti;

- eventi di natura socio-politica, come ad esempio gli atti terroristici;

Allo stesso modo, non saranno garantiti i danni che, a causa della loro consistenza ed intensità, potrebbero essere definiti come “catastrofe o calamità nazionale” dal Governo spagnolo, cosa che non è mai accaduta nella storia del Consorcio, nonostante i gravi danni provocati da alcuni eventi catastrofali.

I danni indennizzabili possono essere materiali, intendendo per tali la distruzione della proprietà assicurata o il danneggiamento della stessa (escludendo quindi qualsiasi mancato profitto) e danni diretti che derivano direttamente dall’azione dell’elemento causale.

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Ai fini di questa copertura, le spese di salvataggio saranno considerate come perdite provenienti dal danno alla proprietà, ammesso che non siano sproporzionate rispetto al valore della proprietà salvata ed analogamente quelle di demolizione, rimozione e sgombero fino ad un limite del 4% del capitale assicurato.

La franchigia da applicare a ciascun risarcimento nel caso di un sinistro è indipendente da quella che può essere applicata ai rischi ordinari; questa franchigia, che riguarda soltanto il danno alla proprietà, è in generale il 10% dell’ammontare del danno, sebbene per somme assicurate molto elevate possa salire al 15% ma senza mai eccedere l’1% del capitale assicurato né essere inferiore a 150 euro (questo ultimo limite non può essere applicato a danni ai veicoli).

Il Consorcio costituisce una integrazione obbligatoria che deve essere incorporata nel premio addebitato per ogni polizza assicurativa indipendentemente dal fatto che detta polizza provveda alla copertura di rischi straordinari da effettuarsi da parte della compagnia privata o che questo sia escluso (nel qual caso il Consorcio sarà responsabile).

Le maggiorazioni a favore del Consorcio sono riscosse dalle compagnie assicurative contemporaneamente ai premi e sono accreditati al Consorcio stesso mensilmente, dopo che è stata trattenuta una commissione di incasso del 5%.

In Norvegia, il 1° gennaio del 1980, il Parlamento varò una legge che sancì la responsabilità per le compagnie di assicurazione private per i danni causati dagli elementi naturali a rischi assicurati da polizze incendio. A seguito di questa sentenza, tutte le compagnie di assicurazione che coprono i danni da incendio si riunirono per creare un pool (Norsk Naturskadepool). Di conseguenza, i danni provocati da eventi naturali sono messi in evidenza dalle singole compagnie al pool e sono quindi ridistribuiti alle compagnie in base alla loro porzione di mercato.

I premi per i rischi naturali delle rispettive polizze originarie non sono pagati al pool ma sono trattenuti dalle singole compagnie del pool. La quota di mercato viene

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determinata sulla base delle somme aggregate assicurate ed è espressa in percentuale sul totale della somma assicurata norvegese.

Per quanto riguarda la Grecia, nonostante sia uno dei Paesi più esposti al rischio terremoto e gli oneri politico-economici siano rilevanti, la densità assicurativa per il terremoto non è così alta come ci si attenderebbe.

Le spese dello Stato per danneggiamenti causati da terremoti agli edifici e alle infrastrutture ammontano a circa 190 milioni di euro all’anno.

Gli indennizzi comprendono, in caso di proprietà privata, anche sussidi di ricostruzione che ammontano ad un terzo del rispettivo danno nonché crediti a tasso zero per l’importo rimanente del danno.

All’inizio degli anni 2000 venne elaborata una proposta di legge che prevedeva un allargamento dell’ambito di copertura contro le calamità naturali; la proposta, che di fatto rappresentava un’assicurazione obbligatoria per 5 milioni di edifici, conteneva i seguenti punti:

- viene fondata la “Organisation for Insurance of natural Catastrophes” (OINC) come “risk carrier”: l’associazione delle imprese di assicurazione dovrebbe partecipare come azionista con il 40%;

- gli edifici (privati e commerciali) fino a una superficie di 130mq vengono coperti dall’OINC: l’assicurato paga circa 30 euro all’anno;

- nei primi tre anni i premi assicurativi vengono finanziati dallo Stato per il 40% del loro ammontare;

- per rischi più grandi è previsto l’intervento l’assicurazione privata;

- vengono introdotte le seguenti “sanzioni”: abitazioni non assicurate non possono essere né vendute, né date in eredità né essere date in garanzia; inoltre, in caso di terremoto, per queste abitazioni lo Stato non pagherà alcun indennizzo.

Perciò, nonostante l’assicurazione tramite la OINC sia su base volontaria, essa deve essere ritenuta di fatto obbligatoria a causa delle sanzioni citate.

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In Turchia, si calcola in circa 800 milioni di dollari il danno atteso annuo nel settore property a causa dei terremoti; il 17 agosto 1999 il sisma di Marmara causò oltre 17000 morti e danni per circa 6 miliardi di dollari che corrispondono a circa il 3% del Pil.

La legge in vigore negli anni 2000, la Disaster Law, assicurava solo la sostituzione degli edifici danneggiati sulla base di un valore nominale; con ciò senza essere un valido incentivo per il risk management sia su base individuale, sia su base nazionale. Il Governo turco ha quindi sviluppato un programma terremoto che si basa sulle seguenti direttive:

- garantire che tutti i beni immobili, censiti fiscalmente, abbiano copertura assicurativa contro il terremoto;

- ridimensionare l’esposizione dello Stato su terremoti ricorrenti;

- trasferire il rischio sui mercati internazionali riassicurativi e dei capitali; - incoraggiare la prevenzione e migliorare la sicurezza delle costruzioni per

mezzo del meccanismo dell’assicurazione.

Nel programma veniva quindi introdotta un’assicurazione obbligatoria contro il terremoto per tutti gli immobili residenziali; la copertura viene concessa dal Turkish Catastrophic Insurance Pool (TCIP) che offre copertura finanziaria pari a 30000 dollari per ogni abitazione.

In eccesso di questo ammontare si può acquistare una copertura ulteriore sul mercato assicurativo privato, ma per questo non c’è alcun obbligo.

Per la nascita di questo pool fu di grande importanza un credito della Banca Mondiale, attraverso la quale fu creata la necessaria capitalizzazione iniziale del TCIP (100 milioni di dollari); la Banca sovvenzionava il 100% dei sinistri, fino a 17 milioni di dollari, per la parte di danno che superava i premi accumulati e fino all’attacco dei programmi riassicurativi.

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In definitiva la Banca sovvenzionava la totalità dei sinistri che, durante la fase iniziale, avessero dovuto essere più grandi dei fondi accumulati nel pool insieme alla riassicurazione (si stimava che entro dieci anni, quindi ai giorni nostri, il rischio di insolvenza del TCIP si sarebbe ridotto a zero, è ciò avrebbe portato alla stabilità del sistema).

Il pool concorreva inoltre a migliorare la risposta strutturale al sisma degli edifici attraverso un accordo con società indipendenti d’ingegneria che sono chiamate a certificare la qualità dei nuovi immobili assicurabili nel programma.

I premi vengono raccolti dalle compagnie d’assicurazione partecipanti al pool; esse stesse distribuiscono le polizze emesse dal TCIP.

Il Governo locale è anch’esso coinvolto per fornire le informazioni catastali, sulla base delle quali viene calcolato il premio; ha anche una funzione ispettiva per far sì che l’obbligo di assicurazione presso il TCIP venga rispettato.

In Svizzera esistono due tipi principali di coperture standard, che vengono usate in funzione dei vari modi di procedere usati nei vari Cantoni:

- copertura di danni causati dagli elementi naturali; - copertura terremoto.

La prima è obbligatoria in tutti i Cantoni ad eccezione dei Cantoni di Ginevra, Ticino e Valais: sono coperti i rischi di alluvione, inondazione, tempesta, valanghe, grandine, pressione nevosa, caduta massi, frane; sono invece esclusi terremoto, eruzione vulcanica, siccità, umidità, gelo e ondate di caldo.

Per quanto riguarda la riassicurazione, nei 19 Cantoni dove operano le compagnie di assicurazione “cantonali” è stata istituita la IRV (associazione di riassicurazione intercantonale).

Gli assicuratori privati, che operano negli altri 7 Cantoni, hanno fondato il “pool danni causati dagli elementi naturali”: i rischi che oltrepassano un capitale assicurato di 10 milioni di franchi svizzeri non fanno parte del pool.

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Per la copertura dei rischi naturali viene preteso un premio (ammontante allo 0,3 per mille per contenuti e allo 0,45 per mille per le costruzioni): questo premio uniforme ed il pool aiutano ad ottenere un equilibrio e permettono che le compagnie di assicurazione possano offrire una copertura dei rischi naturali adeguata in tutta la Svizzera.

Ogni membro del pool si addossa il 15% dei risarcimenti più le spese di liquidazione; l’85% viene trasferito nel pool stesso e suddiviso tra i suoi soci in base alla loro rispettiva quota di mercato: ogni anno quest’ultima viene ricalcolata sulla base dell’ammontare del rischio incendio assicurato da ciascuna compagnia.

Viene inoltre contemplato un massimale per sinistro di 250 milioni di franchi svizzeri per ogni sezione di copertura (contenuti e costruzioni).

Per quanto riguarda la riassicurazione, è stato acquisito un programma stop-loss sia per i cumuli (85%) che per le parti senza cumulo di rischio (15%) dei danni provocati dagli elementi naturali, i cui costi sono a carico dei soci del pool in base alle loro quote. Come detto in precedenza, in Svizzera esiste anche una copertura terremoto: per questo, gli assicuratori cantonali svizzeri sono andati nella direzione di una copertura limitata ai danni alle costruzioni ed hanno fondato un pool che mette a disposizione un importo di 500 milioni di franchi svizzeri per ogni sinistro; l’indennizzo viene pagato solo nel caso in cui i terremoti raggiungono almeno il settimo grado della scala MSK.

Il Cantone di Zurigo ha invece una regolamentazione differente: l’associazione degli assicuratori di costruzioni cantonale copre i danni provocati dal terremoto avvalendosi dei propri fondi; nei rimanenti 7 Cantoni gli assicuratori incendio hanno fondato la “IG Erdbeben” (si tratta di un pool terremoto) che mette a disposizione 200 milioni di franchi svizzeri: la copertura vale solo per danni alle costruzioni assicurate contro l’incendio, e non anche per i loro contenuti.

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Per quanto riguarda il Belgio, nelle polizze incendio (che sono molto diffuse) viene prevista l’estensione obbligatoria ai rischi relativi alle catastrofi naturali; lo Stato svolge il ruolo di riassicuratore di ultima istanza, tramite il N.C. Fund.

Se i danni superano i limiti prefissati, gli indennizzi vengono ridotti proporzionalmente; inoltre il fondo interviene a copertura dei danni difficilmente assicurabili, oppure a sostegno delle compagnie se i risarcimenti si rilevano non sostenibili.

Nel Regno Unito vige un sistema totalmente privato, volontario; non c’è quindi alcun intervento dello Stato.

Le compagnie di assicurazione del Regno Unito offrono polizze property che coprono non solo i rischi ordinari (come incendio e furto) ma anche i rischi di calamità naturale: dai dati dell’Association of British Insurers (ABI), le coperture contro le catastrofi naturali sono molto diffuse.

Negli Stati Uniti il sistema è fondamentalmente volontario e legato alle polizze antincendio. Tuttavia, nel 1968 è nato il National Flood Insurance Program (NFIP) che trae origine da una serie di interventi per aiutare le zone colpite da catastrofi e ha lo scopo di prevenire e intervenire nelle alluvioni ed è stata creata la Federal Emergency Management Agency (FEMA), ovvero l’Agenzia federale per la gestione delle emergenze, che, oltre a coordinare l'NFIP, opera anche in occasione di terremoti, uragani ed incendi.

La FEMA:

- mette in atto il programma NFIP per prevenire e intervenire nelle alluvioni; - predispone mappe delle aree più esposte al rischio;

- garantisce ai cittadini delle aree a maggior rischio alluvionale l’accesso all’assicurazione a condizioni di favore (fino al 45% di sconto sulla polizza),

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purché il governo locale abbia aderito agli standard indicati dal programma di prevenzione.

È da sottolineare che ogni forma pubblica di aiuto o di incentivo non può essere erogata se manca l’assicurazione. Anche se l’adesione dell’autorità locale è volontaria, l’incentivo ad aderire al programma NFIP federale è molto forte, perché i cittadini della comunità locale non vogliono perdere gli sconti sulla polizza e le altre agevolazioni.

Dal 1983 vige il programma denominato Write Your Own (WYO) che permette alle compagnie assicurative private di cooperare nella commercializzazione e gestione delle polizze contro il rischio alluvionale. Le compagnie sono responsabili della gestione delle polizze che stipulano, della valutazione del danno e della definizione dell’indennizzo. Le imprese di assicurazione versano o incassano la differenza fra premi sottoscritti, risarcimenti erogati e spese sostenute, ma le condizioni di polizza e le tariffe da applicare sono fissate dal NFIP e riassicurate completamente dalle finanze federali.

Negli Stati Uniti vi sono, inoltre, due sistemi di assicurazione che mirano ad affrontare problemi specifici:

• il sistema di assicurazione contro i terremoti in California che è un programma di assicurazione contro i danni da terremoti gestita dallo Stato californiano, ma finanziata dal settore privato. Il programma, creato nel 1996 per incentivare gli assicuratori privati obbligati per legge ad offrire copertura contro i danni da terremoto, offre delle “mini-polizze” con una franchigia più alta e una copertura più limitata rispetto alle altre assicurazioni private, per incentivare le assicurazioni ad entrare in un mercato molto rischioso, come quello californiano. Lo Stato, però, si limita a gestire il programma e non offre alcuna garanzia finanziaria, con la conseguenza che se il fondo a disposizione non riesce a coprire le richieste di indennizzo queste saranno evase secondo una ripartizione pro quota delle risorse disponibili.

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• il sistema riassicurativo della Florida per il rischio da uragani che è un programma nel quale il Florida Hurricane Catastrophe Fund opera (dal 1993) come riassicuratore per una porzione dei rischi da uragani sottoscritte dagli assicuratori.

In Giappone, invece, la Japan Earthquake Reinsurance (JER) Company, impresa di riassicurazione per i danni da terremoto, è gestita dallo Stato. Gli assicuratori offrono la copertura (con alte franchigie) per i danni da terremoto nelle proprie polizze antincendio sugli immobili e si possono riassicurarsi per la totalità del rischio con la JER. La JER a sua volta può in parte trasferire il rischio allo Stato ed in parte riassicurarsi sul mercato privato. La solvibilità della JER è quindi garantita dallo Stato.

1.3.2

- REGOLAMENTAZIONE IN ITALIA

A partire dal 1993, sono stati presentati in Parlamento molti progetti di legge per introdurre un sistema che regoli la copertura finanziaria dei danni causati dalle calamità naturali, ma nessuna di queste iniziative si è effettivamente trasformata in un provvedimento esecutivo.

Un primo disegno di legge per l’introduzione dell’assicurazione sulle catastrofi naturali fu introdotto nel 1993: esso proponeva un fondo per l’assicurazione dei privati alimentato da un’addizionale obbligatoria all’ICI dell’1%, che sarebbe stata incassata dai comuni qualora si assicurassero con un consorzio assicurativo obbligatorio.

Nel 1996 fu proposto un altro disegno di legge che prevedeva la progressiva introduzione di un sistema di assicurazione, ad adesione volontaria, contro i rischi da catastrofi naturali, in cui il premio veniva fissato dal governo in relazione alle diverse fasce di rischio sul territorio.

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Nel settembre del 1997 l’ANIA (associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) tenne a Napoli un importante convegno sulle calamità naturali durante il quale espose al Governo e ai parlamentari presenti la disponibilità del mercato assicurativo a fornire la proprio collaborazione per la predisposizione di una legge quadro al fine di regolamentare la materia delle calamità naturali anche a fini assicurativi, e ad assistere lo Stato nella liquidazione dei sinistri circa le calamità per le quali sia stato dichiarato lo stato di emergenza.

Dal 1997 al 2000 furono presentati in Parlamento alcuni progetti di legge, senza però arrivare all’approvazione di una legge definitiva:

• il 10 marzo 1999 si tentò di regolare all’articolo 33 la disciplina dell’assicurazione delle calamità naturali. Tale articolo venne approvato in Senato ma fu in seguito cancellato dalla legge in occasione della discussione alla Camera dei deputati, per contrasti nella maggioranza.

• l’11 maggio 1999 fu assegnato alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati un provvedimento che rispecchia integralmente l’articolo 33 stralciato dalla legge; al 15 settembre però non risultava ancora individuato il relatore.

Lo scopo di queste proposte di legge non era tanto quello di arrivare ad una vera e propria assicurazione obbligatoria contro le calamità, ma di adottare una soluzione di semi-obbligatorietà simile a quella utilizzata dalla Francia. Sulla base di tali progetti di legge infatti, la copertura dei rischi da calamità naturali doveva infatti:

- Costituire una estensione obbligatoria di garanzia per tutte le polizze stipulate in maniera facoltativa contro l’incendio;

- Essere limitata ai soli beni immobili: sarebbe infatti un compito troppo difficile per gli assicuratori risarcire in tempi brevi e in modo adeguato i danneggiamenti ai beni mobili contenuti negli immobili in seguito a una grave calamità naturale; la stima dei danni è infatti molto più ardua per i beni mobili che per i fabbricati.

- Essere circoscritta ai beni immobili che sono di proprietà dei privati cittadini o di persone giuridiche. Non sarebbe infatti giusto che lo Stato imponesse a sé stesso

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o ad altri Enti pubblici l’obbligo di assicurazione contro le calamità per gli immobili di proprietà o per le infrastrutture.

I progetti di legge contemplavano, però, anche alcune norme che non erano ammissibili per gli assicuratori, in quanto:

- veniva prevista la fondazione di uno o più consorzi fra le compagnie assicuratrici, anziché la costituzione di un consorzio unico, come le stesse avrebbero desiderato, considerato necessario per regolare l’intervento economico delle compagnie con l’eventuale intervento dello Stato nel caso in cui si fossero superati i limiti di capacità delle compagnie retro cessionarie; - venivano contemplate misure atte ad assicurare il massimo livello di

concorrenzialità fra le compagnie, mentre le stesse si auguravano che venisse stabilito che il consorzio potesse prevedere premi puri identici per tutte le compagnie cedenti;

- veniva data una definizione solo esemplificativa delle calamità: il progetto parlava infatti di “calamità naturali quali terremoti, maremoti, frane, alluvioni, inondazioni, fenomeni naturali”. L’elenco, anche se molto vasto, non era completo e sarebbe stato opportuno effettuare una definizione tassativa dei fenomeni anche perché nei medesimi progetti di legge era disposto che l’obbligo di assicurare contro le calamità i beni immobili assicurati contro l’incendio riguardava tutte le calamità indipendentemente dal fatto che le stesse avessero o meno dato luogo a una dichiarazione di “stato di calamità” da parte del Governo.

- era previsto che il premio riservato ai rischi di calamità (per le quali sia stato o meno dichiarato dal Governo lo stato di calamità) non dovesse essere maggiore del 50% del premio incendio.

Altro fattore negativo di questi progetti di legge risiedeva nel fatto che non era previsto in maniera esplicita un meccanismo di intervento dello Stato quando gli indennizzi derivanti dalle calamità naturali per le quali veniva dichiarato lo stato di emergenza, durante un anno solare, superassero le capacità del mercato assicurativo e riassicurativo. Tuttavia esisteva qualche indicazione circa la possibilità che lo Stato

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intervenga negli indennizzi in eccedenza a quanto corrisposto dagli assicuratori, ma sarebbe stato opportuno stabilire una soglia oltre la quale sarebbe stato indispensabile l’intervento dello Stato. Tale meccanismo di intervento dello Stato richiedeva inoltre la creazione di un consorzio di riassicurazione fra tutte le compagnie assicuratrici italiane, in quanto bisognava garantire la massima tranquillità degli assicurati sulla congruità degli indennizzi, anche quando veniva oltrepassata la capacità del mercato assicurativo (stimata all’epoca in tremila miliardi di lire dal presidente dell’ANIA). Le quote di risarcimento che erano di competenza dello Stato dovevano quindi essere pagate dalle compagnie di assicurazione: in assenza di un consorzio, ogni compagnia non avrebbe saputo come agire nei confronti dei propri assicurati poiché non sarebbe stato a conoscenza se la capacità globale del mercato fosse stata esaurita o meno. Come visto in precedenza, i progetti di legge delegavano al regolamento l’incarico di definire la creazione di “uno o più consorzi” fra assicuratori; sarebbe stato, invece , opportuno costituire un unico consorzio capace di garantire il meccanismo che consenta l’intervento dello Stato dopo il superamento della capacità delle compagnie, assicurare un sistema equo di retrocessione ripartito tra assicurazioni e riassicurazioni, capace inoltre di garantire l’applicazione di una tariffa di premi puri uguali per tutte le compagnie ed infine assicurare la regolarità dei dati in termini di premi acquisiti e sinistri pagati.

La creazione di un unico consorzio per tutte le compagnie era peraltro possibile, in quanto:

- l’Autorità Antitrust italiana con un documento inviato al Parlamento aveva dato parere favorevole per la creazione di un unico consorzio;

- le norme sulla concorrenza dell’Unione Europea prevedono in via generale che i consorzi di riassicurazione potessero essere costituiti da compagnie che non generino nel loro insieme premi di importo superiore al 15% dei premi complessivi del mercato di riferimento.

Dopo questi progetti di legge presentati in Parlamento dal 1997 al 2000, nel 2004 venne consentita una delega al governo per regolare e fissare i principi di un sistema

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misto pubblico-privato: veniva prevista l’introduzione della garanzia per la calamità naturali nei contratti di assicurazione contro l’incendio per gli immobili ad uso abitativo.

Nel 2005 venne varato un disegno di legge (Benvenuto-Fluvi) che proponeva un sistema misto; inoltre la legge finanziaria 2005 all’articolo 1, comma 202, introduceva un regime assicurativo volontario per la copertura dei rischi derivanti da calamità naturali sui fabbricati destinati a qualunque uso, che istituiva un apposito fondo di garanzia gestito dalla Consap Spa e, al fine di favorire l’avvio del sistema, prevedeva uno stanziamento di 50 milioni di euro. Ancora oggi però, il regolamento di attuazione non è stato ancora emanato e quindi la disposizione è priva di efficacia. Nel 2009, il dipartimento per la Protezione Civile ha messo a punto un’ipotesi di meccanismo di collaborazione tra pubblico e privato per la copertura dei rischi derivanti dalle catastrofi naturali.

Nel 2012 il Governo Monti inserì la questione dell’assicurazione privata contro i danni catastrofali nell’ambito del Decreto Legge n. 59/2012, che comprendeva disposizioni urgenti per il riordino della Protezione Civile. Il decreto, mai entrato in vigore, non stabiliva obblighi assicurativi, ma introduceva il principio di una responsabilità diretta del cittadino nella tutela dei propri beni, stabilendo che lo Stato non avrebbe più dovuto intervenire a copertura dei danni ex-post. Secondo questa norma, la Protezione Civile sarebbe dovuta intervenire nella gestione delle emergenze ma, in seguito, la responsabilità avrebbe dovuto essere demandata ai singoli individui coadiuvati da particolari strumenti assicurativi. Questa logica normativa è in linea con il principio, ormai condiviso in molte legislazioni di altri paesi, che si fonda sulla logica del passaggio dal welfare state al welfare community.

La specificità della situazione dell'Italia, paese fortemente soggetto a disastri naturali derivanti dal suo forte rischio sismico ed idrogeologico, è messa in luce dai dati dell'OCSE, che evidenziano che i costi derivanti dalle calamità naturali in Italia raggiungono, in media, lo 0,2% del Pil per anno.

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Per quanto riguarda più precisamente l'impatto dei disastri naturali sul patrimonio immobiliare, è importante considerare che secondo l'ISTAT, le unità abitative sono in Italia circa 27 milioni per un valore di ricostruzione di circa 3900 miliardi di euro. Il danno medio annuo al patrimonio immobiliare, dovuto ad eventi sismici e alluvionali, è stato stimato a circa 2,8 miliardi di euro, che corrisponde a 73 euro per un'unità abitativa che abbia un valore di ricostruzione di 100.000 euro.

È stato calcolato che, con una probabilità del 99,5%, il danno annuo al patrimonio abitativo nazionale non dovrebbe poter superare i 34 miliardi di euro.

Come possiamo vedere quindi, nell’ordinamento giuridico italiano, nonostante l’elevata frequenza di disastri naturali, tuttavia non è presente tuttora una legge organica che disciplini in via generale gli interventi dello Stato quando il Governo dichiara lo “stato di calamità”.

Già nel 1992 l’allora presidente del Consiglio Amato sostenne che lo Stato non ha la capacità di gestire in modo corretto e con criteri di economicità l’erogazione di risarcimenti dovuti in seguito a gravi calamità naturali ed era stato possibilista sul fatto che tale attività di gestione potesse venire esercitata in maniera più professionale da parte delle compagnie di assicurazione.

Esistono solo alcune disposizioni legislative per quanto riguarda il pronto intervento per gestire l’emergenza che si crea quando la popolazione è colpita da calamità naturali; non esiste, tuttavia, alcuna norma che obblighi in via generale il Governo di risarcire i cittadini a causa dei danni che hanno subito in seguito ad una calamità; ma soprattutto non esiste ancora in Italia un vero e proprio mercato autonomo di coperture assicurative contro le catastrofi naturali per le abitazioni civili. Questa mancanza è dovuta sia al fatto che la domanda di strumenti assicurativi esplicitamente volti alla tutela dai rischi ambientali è ancora irrisoria, sia al fatto che anche l'offerta è carente.

In Italia è predisposta una procedura abituale in base alla quale, dopo l’avvenimento di una grave calamità, il Governo interviene attraverso provvedimenti specifici, stanziando grosse somme di denaro che sono utilizzate per effettuare i primi interventi

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di soccorso, a ricostruire grandi strutture (come strade, ponti, chiese, viadotti, etc.) e ad indennizzare i danni subiti dagli enti pubblici e dai privati.

Solitamente tali indennizzi vengono distribuiti in maniera disomogenea: mentre alcuni soggetti riescono a conseguire ricompense superiori ai danni che hanno subito in realtà, la maggioranza dei danneggiati, invece, riceve risarcimenti in ritardo e spesso per somme inferiori ai danni subiti.

Nonostante questa iniquità delle funzioni svolte dallo Stato, la scarsa presenza di domanda delle coperture assicurative contro i rischi catastrofali da parte dei cittadini italiani è dovuta al fatto che la maggior parte di loro non sente il bisogno di coprirsi da questo rischio per mezzo di un’assicurazione privata, in quanto confidano sempre sull’intervento a posteriori dello Stato.

Si può notare, infatti, che la maggior parte dei beni dei privati non sono coperti dai rischi di calamità mentre solo una piccola percentuale di piccole-medie aziende assicurano i propri beni contro rischi quali terremoti, grandi incendi e alluvioni. La scarsa presenza di coperture assicurative contro i rischi catastrofali non è da imputare solo ai cittadini italiani: in effetti, anche le compagnie di assicurazione non hanno mai avuto grande interesse ad offrire ai cittadini questa tipologia di assicurazione. Le cause di questa politica conservativa delle compagnie di assicurazione sono principalmente tre:

- estrema difficoltà nell’andare ad individuare i territori che possono essere colpiti da un singolo evento e la frequenza dell’evento stesso.

- Mancanza di strumenti per determinare i premi adeguati che vengano corrisposti a tutti gli assicurati, a causa del fatto che il verificarsi di alcuni eventi catastrofali è ipotizzabile solo in alcuni territori (ad esempio, il territorio delle Marche è estremamente esposto a rischio di terremoto, a differenza della penisola salentina).

- Impossibilità di creare una mutualità che permetta di assicurare le situazioni rischiose a premi che siano accettabili, compensando l’insufficienza tecnica inevitabile di questi premi con premi di importo maggiore ai rischi reali nelle

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zone meno soggette a tali rischi. Tale mutualità si può ottenere, infatti, solo in presenza di forme assicurative obbligatorie o semi-obbligatorie.

L’altra motivazione che spiegherebbe la scarsità dell’offerta di coperture assicurative su eventi catastrofali è legata proprio al territorio italiano in cui la gravità di catastrofi è superiore rispetto a quella degli altri Paesi europei, infatti:

- I terremoti sono più frequenti e di maggiore intensità;

- In Italia sono presenti quattro vulcani attivi, due dei quali si trovano in territori ad elevata densità abitativa;

- Il dissesto idrogeologico del suolo è ad un livello molto alto a causa delle numerose zone montagnose e collinari, e a causa dei frequenti disboscamenti. - L’abusivismo nelle abitazioni ha raggiunto livelli irreparabili (con case costruite addirittura sulle scogliere o a meno di 30 metri dal mare, o ancora nei letti dei fiumi).

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Tenendo conto del fatto che il nostro Paese è particolarmente esposto a calamità naturali, è evidente la necessità che le società di assicurazione debbano allocare un’elevata quantità di capitale per sviluppare la loro attività in questo campo. Pertanto, come è intuibile, la diffusione di queste coperture da parte delle società di assicurazione privata sta avvenendo con molte cautele e difficoltà e sarà possibile solo grazie ad una specifica legislazione in materia che preveda anche una stretta collaborazione tra pubblico e privato.

Questa necessaria evoluzione del mercato assicurativo è ormai ineludibile, soprattutto in quanto l'attuale situazione delle finanze pubbliche italiane non potrà più consentire i costosi interventi ex-post e necessiterà di un’attenta pianificazione delle risorse.

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CAPITOLO 2 - COPERTURE ASSICURATIVE

CONTRO EVENTI CATASTROFALI

2.1

- INTRODUZIONE

In Italia, per rispondere ai bisogni del mercato legati al tema delle calamità naturali più volte si è cercato di coinvolgere il settore assicurativo nella copertura dei rischi catastrofali, inserendo polizze assicurative a costi socialmente accettabili.

Il fine ultimo è stato più quello di ridurre parte del peso degli indennizzi gravanti sulle finanze pubbliche a seguito di catastrofi naturali, che di gestire in modo più efficiente i diversi aspetti che rientrano nel governo delle catastrofi. I relativi progetti di legge presentati in Parlamento sono sempre andati in fumo ma ciclicamente, in particolare nei periodi post-catastrofe, ritorna all’attenzione della politica il problema di come finanziare la ricostruzione per danni conseguenti ad eventi catastrofici e quindi come risolvere questa problematica in tutti i suoi aspetti.

L’assicurazione è certamente un ottimo strumento di gestione del rischio catastrofale date le sue caratteristiche di gestione mutualistica del rischio ed ha dimostrato la sua efficienza nelle diverse fasi del ciclo di gestione dei rischi, a partire dalla loro individuazione, modellizzazione, gestione e mitigazione. Il modello dell’assicurazione può, infatti, svolgere un ruolo importante di aiuto a mitigare l’impatto economico degli eventi catastrofali e può favorire la ricostruzione dopo il verificarsi di una calamità naturale.

I rischi catastrofali, di origine naturale o man-made, stanno richiamando sempre più l’attenzione dei Governi in tutti gli Stati del mondo, i quali hanno l’esigenza di provvedere in modo nuovo al bene comune degli individui, delle collettività e delle imprese. Le forme miste pubblico-privato di copertura dei rischi catastrofali, che si stanno sviluppando, alimentano la speranza di una giusta e condivisa nuova gestione dei rischi catastrofali nei diversi paesi del mondo. Per l’Italia, la soluzione del

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problema del governo dei rischi catastrofali si potrebbe avere da una maggiore organizzazione tra tutte le Istituzioni pubbliche ed il settore privato volta a creare benefici organizzativi da mettere in campo non solo al momento dell’emergenza ma per essere pronti a far fronte all’emergenza stessa ed in un momento successivo per organizzare la ricostruzione, a prescindere dalle esigenze di finanza pubblica.

In Italia la presenza di un mercato assicurativo privato contro gli eventi catastrofali è abbastanza ridotta producendo così effetti negativi importanti, considerato che risultano essere scoperte da queste calamità anche le attività economiche e produttive. In effetti, le perdite conseguenti a calamità naturali risultano essere solo in parte assicurate e perciò al manifestarsi di eventi catastrofici è necessario arginare le loro conseguenze con l’intervento pubblico.

L’Italia per la sua conformazione geografica e geologica è particolarmente vulnerabile agli eventi catastrofali: diverse Regioni e Comuni italiani, infatti, presentano rischi molto eterogenei di terremoto, alluvione, tempeste, siccità ecc., e quindi necessiterebbero di un mercato delle assicurazioni efficiente per far pienamente fronte ai rischi esistenti a prezzi ragionevoli.

Numerosi disastri naturali hanno provocato danni materiali agli immobili di interi Paesi e questi sono stati risarciti, almeno parzialmente, in via esclusiva dallo Stato italiano, che ha istituito perfino tasse ad hoc per far fronte ai danni e si è occupato della valutazione e liquidazione dei danni stessi.

I disastri naturali e quelli provocati dall’uomo determinano rilevanti perdite non solo sugli individui ma incidono fortemente sulla stabilità economica e sulla crescita dei paesi colpiti: tali calamità costituiscono quindi un problema di interesse generale, che tramite i meccanismi dell’assicurazione mista pubblico-privata può trovare una soluzione frutto di ampia concertazione nelle decisioni da assumere tra domanda e offerta, che coinvolga le parti sociali.

Nel nostro paese poi, ogni strumento finalizzato al reperimento della capacità necessaria a sostenere un sistema di coperture degli eventi catastrofali tramite il ricorso al mercato riassicurativo (pubblico o privato) o al mercato dei capitali, non è

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facilmente praticabile dato l’attuale contesto di criticità delle finanze pubbliche italiane.

L’importanza della riassicurazione è del resto evidente se si pensa che l’attività del gruppo UNIPOL, essendo concentrata in Italia, ha registrato la maggior esposizione a rischi catastrofali rappresentata da eventi naturali quali terremoto e alluvioni: il Gruppo per questo tipo di rischi disponeva di una copertura riassicurativa che per i danni arrecati dal terremoto del 2012 in Emilia, valutati in 236 milioni di euro, ha fornito una copertura per 144 milioni (circa il 60%).

2.2

- RISCHI CATASTROFALI IN ITALIA

L’Istituto di ricerca e protezione idrogeologica (IRPI) ha elaborato un bollettino delle vittime legate a catastrofi naturali accadute nel periodo 1960-2010, da cui risultano 3.400 morti per frane e 715 vite umane per alluvioni.

Il recente caso della crociera Costa Concordia arenatasi sull’isola del Giglio, classificabile tra gli eventi catastrofali man-made, fa ben capire che anche gli strumenti e macchinari più evoluti non riescono a determinare tutte le dinamiche e le potenziali localizzazioni degli eventi catastrofali, e quindi una loro possibile prevenzione. Inoltre prima della tragedia della Costa Concordia era difficile concepire un disastro naturale che andasse a provocare contemporaneamente numerose perdite umane, danni ambientali, andando ad impattare sull’intero settore mondiale dei trasporti crocieristici e su una florida economia turistica locale.

Se tali disastri naturali non possono essere evitati, certamente si possono compiere delle misure per mitigarli, andando così a ridurre il numero delle vittime ed il valore dei danni che essi provocano e per coprirne o attenuarne, almeno in parte, i rischi futuri.

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Oggi infatti, il Governo italiano sta prendendo coscienza della necessità di sviluppare programmi di prevenzione per ridurre l’impatto dei disastri naturali sul nostro territorio:

- Evitando costruzioni a forte rischio di eventi sismici, frane e alluvioni, dove si muore per colpa dell’uomo e non della natura;

- Effettuando maggiori controlli su fiumi e dighe; - Rendendo efficace la segnalazione di allerta meteo.

In Italia il mercato delle coperture assicurative, su base volontaria, contro eventi catastrofali per coprire il costo di ricostruzione degli immobili non si è mai sviluppato. Gli assicuratori italiani hanno premuto a più riprese per l’introduzione di un sistema di coperture assicurative obbligatorie contro le catastrofi naturali a protezione del patrimonio immobiliare; ma tutti i relativi progetti di legge sono naufragati. Infatti, l’idea di una legge che preveda l’assicurazione obbligatoria per tutti gli immobili civili è vista dagli italiani come una tassa in più a carico delle famiglie, già provate dalla riduzione del loro reddito disponibile dovuta alla prolungata crisi economica di inizio secolo.

Il problema è complesso in quanto gli assicuratori mostrano riserve nella vendita di polizze a lungo termine poiché non hanno la possibilità di rivalutare annualmente il premio al rinnovo se il rischio coperto è aumentato, dovrebbero coprire requisiti patrimoniali più elevati per compensare l’incertezza legata ad un programma assicurativo pluriennale ed è più difficile acquistare coperture assicurative per tale di polizze. Un contratto assicurativo a lungo termine perciò significa un premio più elevato da chiedere al cliente: quindi più svantaggi che benefici.

Il premio annuale per una polizza obbligatoria sarebbe invece assimilato dal consumatore alle conseguenze rilevabili sul mercato r.c.auto italiano, dove gli operatori in certe zone accettano il contratto ad un prezzo superiore rispetto al suo valore medio, discriminando determinati tipi di rischi. Inoltre, una parte della domanda si rivolge ad assicuratori che offrono garanzie avendo una maggiore solidità patrimoniale e capacità tecnica di gestione dei rischi, generando così elevate controversie con gli assicuratori.

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La ridotta capacità reddituale di tante famiglie italiane ha poi fatto sviluppare un diffuso e preoccupante fenomeno di evasione ed elusione dell’obbligo di assicurazione e del fenomeno delle frodi, che mettono a rischio il pieno rispetto da parte degli operatori dell’obbligo a contrattare polizze.

La rete di protezione sociale in Italia, tuttavia, è consistente e molto diffusa. Neri periodi post-catastrofi, infatti, le famiglie italiane confidano nel tempestivo intervento delle istituzioni politiche e religiose, della protezione civile, delle forze armate e del volontariato, che hanno dato prova di riuscire ad essere, con la loro solidarietà, molto vicini alle sofferenze delle famiglie colpite da fenomeni quali terremoti, alluvioni e altri eventi catastrofici. Nella valutazione dei danni è un caso di successo il terremoto del 2009 dell’Aquila in cui lo Stato italiano ha deciso di costituire un’organizzazione dedicata ed un sistema informativo al fine di garantire ai cittadini la congruità della valutazione del danno, il contenimento dei costi, accelerando così il processo di liquidazione dei danni alle abitazioni civili.

Gli italiani apprezzano inoltre la possibilità di avere un unico sportello di riferimento per tutti gli atti gestiti dai diversi uffici della pubblica amministrazione coinvolti nel procedimento, che fornisca una risposta tempestiva alla domanda di servizi delle famiglie. Si hanno grandi aspettative sull’intervento di tutte le componenti dello Stato italiano e da un punto di vista pratico, si fa ampio ricorso, ad esempio, al beneficio riconosciuto dallo Stato italiano per le spese di ristrutturazione o risparmio energetico sugli immobili, che con la norma del Decreto 2012 è cresciuto dal 36% al 50%, con un limite massimo di spesa di 96.000 euro per singola unità immobiliare.

Inoltre, in Italia lo Stato ha compiuto sforzi per la prevenzione ed è stato costituito uno specifico Istituto (l’IRPI) che effettua ricerche sulle frane e alluvioni in Italia, individuando quali sono le zone più a rischio e per quali motivi.

La situazione del territorio italiano presenta inoltre ulteriori peculiarità in quanto: - Lo Stato fa fronte ai danni, resi più elevati dal lassismo delle amministrazioni

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