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Caratterizzazione di due modelli cellulari NG 108-15 e U87 MG trattati con 3-iodotironamina (T1AM) e valutazione della presenza dell'aldeide 3-iodotiroacetica come intermedio del catabolismo di T1AM ad acido 3-iodotiroacetico (TA1)

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1

DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA

Corso di Laurea magistrale in Biologia Applicata alla Biomedicina

TESI DI LAUREA

“Caratterizzazione di due modelli cellulari NG 108-15 e

U87MG trattati con 3-iodotironamina (T

1

AM) e valutazione

della presenza dell’aldeide 3-iodotiroacetica come intermedio

del catabolismo di T

1

AM ad acido 3-iodotiroacetico (TA

1

)”

CANDIDATA

RELATRICE

Sara Verlotta

Prof.ssa Sandra Ghelardoni

(2)

2

INDICE

1

Introduzione ... 6

2

Tironamine ... 8

2.1 Struttura delle tironamine ... 8

2.2 Biosintesi delle tironamine ... 8

2.3 Metabolismo ... 10

2.4 Recettori delle tironamine ... 13

2.5 Trasporto di T1AM intracellulare ... 14

2.6 Trasporto di T1AM ematico ... 15

3

Effetti locali e sistemici della 3-iodotironamina ... 17

3.1 Effetti cardiaci ... 17

3.2 Effetti sulla termogenesi ... 18

3.3 Effetti metabolici ... 18

3.4 Effetti endocrini ... 19

3.5 Effetti sul sistema nervoso ... 19

4

Concentrazioni endogene di T

1

AM ... 21

5

High Performance Liquid Chromatography- mass spectrometry

(HPLC-MS/MS) ... 24

5.1 High Performance Liquid Chromatography (HPLC) ... 24

5.2 Spettrometria di massa... 25

6

Scopo della tesi ... 31

7

Materiali e metodi ... 32

7.1 Preparazione della T1AM ... 32

7.2 Colture cellulari ... 32

7.2.1 Cellule e terreni utilizzati ... 32

(3)

3

7.2.3 Scongelamento... 33

7.3 Preparazione dei campioni ... 33

7.4 Estrazione della T1AM e del TA1 ... 34

7.4.1 Estrazione mezzi e lisati ... 34

7.4.2 Estrazione mezzi con siero ... 35

7.4.3 Metodo HPLC-MS-MS ... 36 7.4.4 Ricerca dell’aldeide ... 37

8

Analisi statistica ... 39

9

Risultati ... 40

9.1 Uptake di T1AM ... 40 9.2 Ricerca dell’aldeide ... 45

10

Discussione ... 50

11

Bibliografia ... 54

(4)

4

Riassunto

Gli ormoni tiroidei sono presenti in due forme: la tetra-iodotironina o tiroxina (T4), che costituisce circa il 90% del totale degli ormoni prodotti e la tri-iodotironina (T3), derivata dalla T4 mediante deionizzazione e che costituisce circa il 10%. La 3-iodotironamina (T1AM), è un metabolita

endogeno che s’ipotizza derivare dalla decarbossilazione e deionizzazione dell’ormone tiroideo tiroxina (T4).

La 3-iodotironamina (T1AM) è rapidamente assorbita e metabolizzata nelle cellule neuronali. È

stato osservato che, dopo poche ore a contatto con le proteine sieriche, la T1AM è catabolizzata ad

acido 3-iodotiroacetico (TA1). In questo studio è stato valutato l’assorbimento e il metabolismo di

diverse concentrazioni di T1AM e la presenza dell’aldeide 3-iodotiroacetica che si presume essere

l’intermedio del catabolismo di T1AM a TA1.

Come modelli cellulari sono stati utilizzate due linee differenti:

- NG108-15: una linea cellulare ibrida nata da neuroblastoma murino e glioma di ratto - U87 MG: una linea di glioblastoma di origine umana.

Per valutare l’assorbimento e il metabolismo, la T1AM è stata aggiunta in varie concentrazioni

(0,1-1-10 µM) al DMEM, addizionato con il 10% di FBS, e fornito poi alle cellule (NG108-15 e U-87 MG). Il mezzo è stato rimosso a tempi specifici (1,2,3,4, 24h) e i mezzi e i lisati cellulari sono stati analizzati mediante HPLC-MS/MS (High Performance Liquid Chromatography-Mass Spectometry) per valutare la variazione di concentrazione di T1AM e la produzione di TA1. Inoltre per verificare

la produzione endogena, le cellule sono state incubate con DMEM+10%FBS senza T1AM . Per

verificare invece, la presenza dell’aldeide, la T1AM (100M) è stata incubata con l’enzima ammina

ossidasi plasmatica bovina (0,33mg/ml). Dopo la precipitazione delle proteine, i campioni sono stati centrifugati e i sovranatanti analizzati con HPLC-MS/MS.

Quello che è stato osservato è che nelle cellule NG108-15 e U87MG, il mezzo addizionato con T1AM a 0,1 e 1M diminuisce rapidamente e diventa non rilevabile dopo 2-3h. Diversamente, nel

trattamento con 10 M, T1AM risulta misurabile anche dopo 24 ore. Inoltre già dall’inizio dei

trattamenti è stata osservata la presenza di TA1, la cui concentrazione dopo 24h è risultata essere

superiore rispetto a quella iniziale della T1AM. Nelle cellule incubate solo con mezzo, non sono

stati rilevati nè T1AM né TA1, escludendo in questo modo qualsiasi produzione endogena dalle

(5)

5

negativo senza la formazione di TA1. La frammentazione di questo ione ha portato alla perdita di

iodio, che ha rafforzato l'ipotesi che la molecola rilevata fosse un derivato di T1AM.

Quindi in conclusione, possiamo dire che la T1AM è stata assorbita dalle cellule neuronali e

catabolizzata a TA1. L'individuazione della presunta aldeide 3-iodotiroacetica deve ancora essere

(6)

6

1 Introduzione

Le tironamine (TAM) sono un insieme di composti endogeni, correlati all’ormone tiroideo, dal punto di vista sia strutturale che metabolico. I primi studi incentrati sulle tironamine risalgono agli anni ’50. Nonostante fosse stato chiaramente dimostrato che la tiroxina (T4) fosse la principale

forma circolante dell’ormone tiroideo, vi erano evidenze che sembravano suggerire che questa, dovesse essere convertita in altre forme molecolari prima di agire in maniera efficace nei tessuti periferici. A sostegno di tale ipotesi furono sintetizzati analoghi della tiroxina in modo da identificare quale fosse la forma attiva dell’ormone a livello cellulare. Di tutti i composti sintetizzati venne testata la loro azione e i risultati più interessanti furono ottenuti con le tironamine, in particolare il composto più attivo risultò essere la 3-iodotironamina (T1AM) (1). Dopo queste

rivelazioni, lo studio delle tironamine è stato abbandonato per circa vent’anni, fino a quando nel 2004 il gruppo di ricerca di Thomas S. Scanlan (OHSU, Oregon) in collaborazione con il Prof. Zucchi (Università di Pisa) hanno ripreso gli esperimenti sulle tironamine sintetizzando nove differenti iodotironamine (figura 1). Studi in vitro dimostrarono che queste iodotironamine erano potenziali ligandi di una classe di recettori di membrana accoppiati a proteine G, chiamati TAARS

(7)

7

Figura 1. Struttura e nomenclatura delle nove tironamine sintetizzate e analizzate in Scanlan et al 2004, potenziali ligandi di una classe di recettori di membrana accoppiati a proteine G, i TAARS (2.)

Mediante saggi di cromatografia liquida associata a spettrometria di massa in tandem (LC-MS/MS), fu dimostrato che, tra le iodotironamine analizzate, T1AM risultava presente come composto

endogeno in campioni di cervello, fegato e cuore di ratto e che a concentrazioni nanomolari era l’agonista più potente del recettore TAAR1. La sua somministrazione esogena in ratti e topi era in grado di indurre un’ipotermia e bradicardia entro pochi minuti (2).

In seguito a tutti questi esperimenti, è emersa l’importanza di T1AM come nuovo messaggero

(8)

8

2 Tironamine

2.1 Struttura delle tironamine

Le tironamine vengono in generale indicate con la sigla TXAM, dove X indica il numero di atomi di

iodio presenti nella molecola. La loro struttura è molto simile a quella della tiroxina, dalla quale differisce per la mancanza del gruppo carbossilico (-COOH) sulla catena laterale di un residuo di alanina (figura 2) e per la presenza di un numero diverso di atomi di iodio (3).

Figura 2. Confronto fra le strutture dell'ormone tiroideo e della tironamina: la T1AM è considerata il

derivato decarbossilato e deiodurato della T4.

2.2 Biosintesi delle tironamine

La via di sintesi delle tironamine non è ancora stata completamente descritta. A oggi sono stati ipotizzati due possibili meccanismi biosintetici.

(9)

9

Il primo meccanismo prevede una sintesi “de novo” delle tironamine, attraverso la formazione di un legame etere tra i due anelli tirosinici in maniera analoga alla sintesi delle iodotironine. Tuttavia queste reazioni sono state descritte solo all’interno della ghiandola tiroidea, e al momento non è stata descritta una secrezione diretta di tironamine dalla suddetta ghiandola.

Il secondo meccanismo si basa sulle somiglianze strutturali tra tironamine e tironine, e prevede che le tironamine possano essere sintetizzate a partire dalle tironine in seguito ad un processo enzimatico di deiodinazione e decarbossilazione (5). Si ritiene che la decarbossilazione degli ormoni tiroidei avvenga dopo un’eliminazione del gruppo amminico da parte di un’amminotrasferasi o un’aminossidasi, con produzione di derivati dell’acido tiropiruvico o dell’acido tiroacetico (4). Non è ancora del tutto chiaro quale sia l’enzima coinvolto nella decarbossilazione delle tironine, ma recentemente è stato proposto il ruolo dell’ornitina decarbossilasi (ODC), un enzima localizzato a livello intestinale, come probabile enzima responsabile della decarbossilazione (6). Infine il processo di sintesi delle tironamine è completato con la rimozione di uno o più atomi di iodio ad opera delle deiodinasi (7). Piehl e collaboratori nel 2008 (5) hanno dimostrato che le tironine sono substrati efficienti delle tre deiodinasi Dio1, Dio2 e Dio3, ma la selettività di queste per le iodotironamine è differente da quella per le iodotironine. Infatti, mentre la tiroxina è trasformata in T3 mediante la deiodinasi Dio1 e Dio2 (7) e in rT3

mediante la Dio3 (8), la T4AM non è substrato per Dio1 e Dio2 e di conseguenza non può essere

deiodinata a T3AM, ma è un buon substrato per Dio3 e quindi può essere trasformata in rT3AM. Le

deiodinasi di tipo 1 e 2 possono agire sulla rT3AM fino a dare la T1AM. Questo delinea una

(10)

10

Figura 3. Illustrazione dell'ipotetica via di biosintesi endogena della T1AM a partire dalla T4: come già

descritto, la struttura della tironamina potrebbe essere ottenuta per decarbossilazione dell'ormone tiroxina da parte dell'ornitina decarbossilasi e per azione delle deiodinasi

2.3 Metabolismo

Sono state identificate differenti vie coinvolte nel metabolismo delle tironamine, oltre alla deiodinazione, tra cui:

• La solfatazione

• La deamminazione ossidativa

Per quanto riguarda la solfatazione, le tironamine possono essere substrato delle solfotransferasi (SULT), enzimi citosolici, che catalizzano il trasferimento di un gruppo solfato dalla molecola donatrice, rappresentata dal 3’- fosfoadenosina- 5’-fosfosolfato (PAPS), al substrato bersaglio.

(11)

11

(figura 4). I substrati delle SULT includono farmaci, xenobiotici e molti composti endogeni, tra cui gli ormoni tiroidei e i suoi derivati.

Figura 4. Metabolismo delle tironamine: la T1AM va incontro a una reazione di solfatazione ad opera

dell'enzima solfotransferasi, SULT (9.)

In seguito a esperimenti condotti su tessuti di fegato umano, in cui sono state testate tre tironamine, in particolare T0AM, T1AM e T3AM, è emerso che, le SULT che mostrano maggiore attività con

T1AM sono rappresentate dalle due isoforme enzimatiche SULT1A3 e SULT1E1. In più, SULT1A3

sembra in grado di agire anche su T0AM e T3AM mentre SULT1A1 solo su T3AM (9).

Questi esperimenti hanno portato a stabilire che la solfatazione possa rappresentare un meccanismo di regolazione dell’attività delle tironamine, modulando durata ed intensità dei loro effetti fisiologici.

L’altra via metabolica è rappresentata dalla deaminazione ossidativa della catena laterale etilamminica delle tironamine, in cui il gruppo amminico può essere ossidato da aminossidasi. Si è ipotizzato che la T1AM sia metabolizzata da monoamino ossidasi (MAO) o da una particolare

aminossidasi semicarbazide-sensibile, la benzilaminossidasi (Bz-SSAO) con formazione di aldeide, che può essere ulteriormente ossidata ad acido carbossilico da un altro enzima, l’aldeide

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12

deidrogenasi (ALDH). L’acido carbossilico che è prodotto dalla deaminazione ossidativa di T1AM

è l’acido 3-iodotiroacetico (TA1) (Figura 5).

Figura 5. Rappresentazione della via metabolica delle tironamine in acido tiroacetico: la T1AM (R1, R2=H)

subisce una reazione di deamminazione ossidativa che porta alla produzione dell'aldeide tiroacetica, in seguito ossidata ad acido tiroacetico ad opera dell’aldeide deidrogenasi (10.)

A partire da questa ipotesi sono stati condotti degli esperimenti su cellule HepG2 (ottenute da un carcinoma epatocellulare umano) e su omogenati di tiroide di origine umana, in modo da verificare la formazione o meno di acidi tiroacetici. Le cellule e gli omogenati sono stati pre-incubati in presenza o in assenza di un inibitore aspecifico delle aminossidasi (iproniazide 200µM), e successivamente incubate con T1AM marcata. Lo stesso esperimento è stato condotto anche in

assenza di cellule, e tutti i risultati sono stati valutati tramite autoradiografia. Quello che è emerso è che si osserva TA1 in presenza delle HepG2, questa conversione è significativamente inibita in

presenza dell’inibitore. Gli stessi risultati sono stati osservati anche negli omogenati di tiroide. Per verificare se la conversione di T1AM in TA1 avvenisse anche in vivo, sono stati condotti

esperimenti usando siero e tessuti umani e di roditori. Quello che è stato osservato è che nel siero umano vi sono tracce di TA1 nell’ordine nanomolare, mentre nel roditore nell’ordine micromolare.

R1

(13)

13

Tutti questi risultati hanno avvalorato l’ipotesi che TA1 è un importante metabolita della T1AM e

che, la deaminazione ossidativa è una via significativa per il metabolismo della T1AM (10).

2.4 Recettori delle tironamine

Per quanto riguarda i recettori specifici per le tironamine, e le relative vie di trasduzione associate rimane ancora molto da chiarire. Vista la similarità delle tironamine con gli ormoni tiroidei e le ammine biogene, si poteva inizialmente ipotizzare che queste interagissero con gli stessi recettori nucleari. Questa ipotesi però è stata subito confutata in seguito alla scoperta di un gruppo di ammine presenti nel sistema nervoso centrale denominate “trace” amines (TAs), chiamate così perché presenti in tracce. Ad oggi è poco noto il ruolo delle TAs ma è noto che sono implicate nelle principali funzioni comportamentali e neurologiche, inoltre è stato osservato che i loro livelli risultano alterati in varie patologie umane come la schizofrenia, la fenilchetonuria o il Parkinson (11). All’inizio era stato ipotizzato che le TAs legassero gli stessi recettori delle amine classiche, successivamente fu scoperta l’esistenza di recettori accoppiati a proteine G o GPCR in grado di legare in maniera specifica le TAs.

Sulla base di questo, Lindemann et al. nel 2005 condussero un ampio studio genetico per caratterizzare tutti i membri della famiglia GPCR in diverse specie: uomo, scimpanzé, ratto e topo. Inoltre proposero una nuova nomenclatura per questa famiglia di recettori, Trace Amines-Associated Receptors (TAARs), così come li conosciamo oggi. Furono identificati 53 membri di cui 9 nell’uomo, 9 nello scimpanzé, 19 nel ratto e 16 nel topo (11-12). Tra i vari membri della famiglia TAAR, quello meglio caratterizzato è stato TAAR1 (Trace Amine-Associated Receptor-1) che risulta essere espresso in maniera specifica a livello dell’ipotalamo e della regione paraippocampale e che ha fra i suoi ligandi anche le iodotiroamine (13).

Per avvalorare l’ipotesi che le iodotironamine fossero ligandi di TAAR1, fu condotto un esperimento su cellule di rene embrionale, le HEK293, sia di ratto sia di topo. Queste esprimevano il recettore TAAR1 e vennero trattate con 9 differenti tironamine, sintetizzate chimicamente. Dai risultati si osservò un aumento della concentrazione di 3’, 5’ adenosina monofosfato ciclico (cAMP) intracellulare dovuto ad alcune tironamine, in particolare il risultato migliore si ebbe con T1AM

(EC50=14nM), seguito da T2AM (EC50=41nM), T3AM (EC50=56nM) e T0AM (EC50=131nM).

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14

Tuttavia però sembra che T1AM possa interagire con altri recettori, infatti, tra gli effetti di questa

tironamina c’è la diminuzione della temperatura corporea che non può essere correlato ad un aumento dell’cAMP intracellulare. Ciò ha indotto a ipotizzare che, in alcuni tessuti, TAAR1 non sia accoppiato ad una proteina G o che T1AM possa legare anche altri sottotipi di recettori di membrana

oppure interagire direttamente con target molecolari intracellulari (14).

2.5 Trasporto di T

1

AM intracellulare

I principali target molecolari di T1AM sono rappresentati sia da proteine di membrana sia da

proteine intracellulari, questo suggerisce che il trasporto intracellulare di T1AM sia importante per

svolgere le sue funzioni.

Partendo da questo presupposto sono stati eseguiti degli esperimenti che hanno cercato di delineare il trasporto intracellulare di T1AM, identificando anche i possibili trasportatori. Essendo le

tironamine, e in particolare T1AM, strutturalmente simili alle ammine biogene e agli ormoni

tiroidei, inizialmente si era ipotizzato che la T1AM potesse essere traslocata all’interno della cellula

in maniera analoga a questi composti. Sulla base di questo, nel 2009 è stato condotto uno studio utilizzando varie linee cellulari di topo, di ratto e di uomo di differenti tessuti, incubate sia con solo T1AM marcato con 125I, sia insieme con T1AM non marcato. Per tutte le linee cellulari sottoposte a

screening, è stata osservata una riduzione significativa dell’uptake di 125I- T1AM in presenza di

concentrazioni di T1AM non marcato di 50µM, questo suggeriva l’esistenza di specifici meccanismi

di trasporto di T1AM in vitro. Inoltre variando la concentrazione di T1AM non marcato si osservava

un’inibizione dose-dipendente dell’uptake della molecola radiomarcata. Questi dati indicavano che l’uptake di T1AM avviene in più tipi di cellule attraverso meccanismi di trasporto facilitato,

suggerendo che questa iodotironamina potesse svolgere la sua azione in differenti parti del corpo. Tutto questo era in accordo con la constatazione della presenza di T1AM endogeno in diversi

tessuti.

In seguito, mediante ulteriori studi è stato determinato l’effetto delle altre tironamine sull’uptake di T1AM, quello che era stato osservato è che, ad eccezione di T4AM, si aveva una riduzione

dose-dipendente dell’uptake di T1AM in presenza di altre tironamine, confermando la competizione tra

T1AM e le altre iodotironamine. Per determinare quali fossero i trasportatori specifici di T1AM,

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15

risultati ottenuti suggerivano che non era coinvolto un meccanismo di co-trasporto con questi ioni. Invece, il pH sembrava rivestire un ruolo rilevante, poiché ad un aumento dei suoi valori corrispondeva un aumento dell’uptake, indicando che probabilmente il trasporto era di natura passiva governato dal flusso protonico contrario.

Per ulteriori approfondimenti sono stati effettuati esperimenti di competizione con i substrati tipici per le maggiori classi di trasportatori. Da ciò non è emerso nessun effetto di inibizione in presenza di neurotrasmettitori monoaminici, quali dopamine, serotonina, norepinefrina o di ormoni tiroidei quali la triiodotironina (T3), sottolineando la presenza di un meccanismo di trasporto esclusivo per

T1AM. Quindi, è possibile ipotizzare la presenza di più carriers di diversa natura, che includono

trasportatori ionici organici, trasportatori di monocarbossilati, trasportatori di nucleosidi, di amminoacidi che partecipano in maniera congiunta alla regolazione della concentrazione intracellulare di T1AM (15).

2.6 Trasporto di T

1

AM ematico

La T1AM è stata rilevata oltre che nei tessuti anche nel plasma (o sangue) così come gli ormoni

tiroidei. La maggior parte degli ormoni tiroidei circolanti è legata a proteine sieriche, infatti, circa il 99% di T4 circolante è legato a queste proteine, lo stesso vale anche per T3 seppure con minore

affinità. A causa della somiglianza chimica e della potenziale origine biosintetica di T1AM dagli

ormoni tiroidei, si è cercato di capire se anche questa iodotironamina potesse essere legata a proteine sieriche.

Sulla base di questa ipotesi, nel 2012 Scanlan e collaboratori hanno isolato le proteine leganti T1AM

nel siero tramite cromatografia per affinità, dai risultati è emerso che il ruolo principale era svolto dall’apolipoproteina B-100 (apo-B100), un polipeptide che è la principale componente delle particelle lipoproteiche a bassa densità (VLDL o LDL). In particolare è risultato che più del 90% della T1AM fosse legata all’apo-B100 in egual misura sia nelle LDL sia nelle VLDL. Il sito di

legame risulta altamente selettivo per T1AM, né iodotironine né altre iodotironamine sono in grado

di competere per lo stesso sito di legame. Sebbene piccole percentuali di ormoni tiroidei in circolo (3% T4 e 6% T3) si trovino legate a particelle LDL o VLDL, essi non risultano in grado di competere contro T1AM per il legame ad apo-B100, dimostrando che si tratta di siti di legame

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16

Inoltre è stato osservato che in presenza di LDL esogene, contenente apo-B100, in colture cellulari incubate con T1AM marcato, si ha un incremento dell’uptake di T1AM, suggerendo che questo

legame possa essere implicato nel trasporto della tironamina all’interno della cellula bersaglio. La scoperta di questo legame, potrebbe fornire una spiegazione alla differenza osservata tra le misure dei livelli ematici di T1AM ottenute con due diversi approcci: immunologico e LC/MS/MS. Infatti,

quest’ultimo fornisce misure molto più basse rispetto alla prima metodica (66 nM la prima e 0,3 nM la seconda).

Per eseguire una LC/MS/MS è prevista una fase iniziale di estrazione dei campioni, non presente nel metodo immunologico, che potrebbe non essere in grado di rompere il legame tra T1AM e le

particelle lipoproteiche. Di conseguenza la quantificazione si limiterebbe alla sola forma libera di T1AM, al contrario di ciò che avviene nel saggio immunologico, in cui la rilevazione diretta di

(17)

17

3 Effetti locali e sistemici della 3-iodotironamina

L’attenzione dei ricercatori per T1AM è diventata sempre più consistente, perché la sua

somministrazione nei mammiferi determina effetti fisiologici e comportamentali che sono opposti a quelli indotti dagli ormoni tiroidei.

I principali effetti di T1AM riguardano diversi tessuti e sono:

- Effetti cardiaci

- Effetti sulla termogenesi - Effetti metabolici - Effetti endocrini

- Effetti sul sistema nervoso

3.1 Effetti cardiaci

L’effetto di T1AM sul cuore è stato inizialmente valutato in un esperimento in vivo su topi adulti.

Infatti, è stato somministrato T1AM, mediante un’iniezione peritoneale, in questi topi, il risultato è

stato la comparsa di una bradicardia immediata (nel giro di 30 secondi) che persiste per 6-8 ore, dopo le quali vengono ripristinate la normale frequenza cardiaca. Da questo è stato possibile concludere che si tratta di un effetto reversibile (2).

Uno studio, condotto nel 2007 da Chiellini e collaboratori, prevedeva la perfusione atriale su cuore lavorante di ratto di dosi crescenti di T1AM e T0AM. Dai risultati ottenuti è emerso che dosi di

T1AM comprese tra 20 e 38 µM portano a un’immediata riduzione della gittata cardiaca che diventa

maggiore alla massima dose, ovvero 38 µM. Inoltre alla stessa dose si osserva anche una riduzione della frequenza cardiaca, che non si riscontra alle basse dosi. Quindi questi risultati avevano portato a stabilire che T1AM svolge sul cuore effetti inotropi e cronotropi negativi, dose-dipendenti che

sono praticamente opposti agli effetti degli ormoni tiroidei (17).

È noto che T1AM è in grado di legare i recettori TAAR1, quindi quello che ci si aspetterebbe è una

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18

nel tessuto cardiaco T1AM o lega altri tipi di recettori TAAR oppure che l’attivazione di TAAR1 sia

legata alla produzione di altri secondi messaggeri.

Andando a investigare sull’ipotetica via a monte degli effetti cardiaci osservati, sono stati testati inibitori delle maggiori chinasi coinvolte in vie di trasduzione del segnale: la proteina chinasi A (PKA), la proteina chinasi C (PKC), la chinasi calcio-calmodulina dipendente (CaMKII), la fosfatidilinositolo-3-chinasi e la MAP chinasi 2. Nessuno di questi inibitori era in grado di alterare la risposta di T1AM, che risultava invece essere ridotta dal vanadato, inibitore della tirosina

fosfatasi, e potenziata dalla genisteina, inibitore della tirosina chinasi. Sulla base di questi risultati è stato ipotizzato che T1AM possa andare a modulare lo stato di fosforilazione di residui di tirosina

(17).

3.2 Effetti sulla termogenesi

L’effetto di T1AM sulla temperatura corporea è stato dimostrato somministrando a livello

intraperitoneale diverse dosi di T1AM e di T0AM nei topi maschi adulti. Quello che è stato

osservato è una diminuzione della temperatura corporea di circa 8 ºC entro 30 minuti dall’iniezione, che perdura per 6-12 ore. I topi risultano inattivi, ma conservano i riflessi, inoltre l’abbassamento della temperatura corporea non è associato a risposte omeostatiche compensatorie come brividi o piloerezione.

Osservazioni dopo 2 mesi dal trattamento mostrano che nessuno dei topi trattati ha subito effetti collaterali per l’esposizione alle dosi somministrate in precedenza, quali riduzione della sopravvivenza, variazioni di peso o alterazione nella temperatura corporea (2).

3.3 Effetti metabolici

Uno studio condotto nel 2007 aveva dimostrato che l’iniezione di T1AM in vivo, sia nel topo che

nel criceto, induceva uno stato ipometabolico e ipotermico. Infatti, dopo la somministrazione di T1AM sia nel topo che nel criceto, si osservava un calo del quoziente respiratorio che implicava un

rapido cambiamento della fonte metabolica utilizzata, inizialmente costituita per lo più da carboidrati e successivamente da lipidi. A conferma di questo shift metabolico provocato dalla

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19

T1AM si osservava lo sviluppo di chetonuria dopo circa 8 ore dall’iniezione e una perdita di massa

grassa, dovuta alla mobilizzazione e all’utilizzo di lipidi. Questi effetti metabolici durano più a lungo rispetto agli effetti ipotermici in quanto il quoziente respiratorio dopo 24 ore risulta essere ancora ridotto (18).

3.4 Effetti endocrini

Nel 2007 Regard e collaboratori dimostrarono che T1AM è in grado di modulare la secrezione di

insulina, sia in modo negativo che positivo, attraverso la stimolazione di recettori adrenergici α2A o Adra2a accoppiati a proteine G. Infatti, l’iniezione peritoneale di T1AM (50 mg/kg) in vivo nel

topo, portava ad un aumento dei livelli di glucosio nel sangue, che nel giro di 2 ore raggiungeva un picco massimo, per poi ritornare entro 8 ore ai livelli fisiologici. Inoltre era stato osservato che, in contemporanea all’iperglicemia, si aveva una diminuzione dei livelli di insulina. Una somministrazione esogena di insulina riportava i livelli glicemici alla normalità, dimostrando che i tessuti erano in grado di rispondere allo stimolo.

Come abbiamo già detto, l’effetto iperglicemico da parte di T1AM si aveva in seguito alla

stimolazione di recettori adrenergici (α2A), infatti l’utilizzo di inibitori, come ad esempio yoimbina, induce oltre che l’inibizione dei recettori, anche una diminuzione dell’effetto iperglicemico.

In linee cellulari di insulinoma, che sovraesprimono il recettore TAAR1, l’effetto di T1AM è

praticamente opposto, ovvero un incremento di insulina.

Da queste osservazioni ne deriva che la T1AM è in grado di modulare, sia negativamente tramite

recettori α2A, che positivamente tramite TAAR, la secrezione di insulina (19).

3.5 Effetti sul sistema nervoso

In seguito a diversi studi è stato osservato che T1AM è in grado di determinare numerosi effetti a

(20)

20

Recenti studi hanno evidenziato un’azione neuroprotettiva della T1AM. Infatti, a seguito del

trattamento con T1AM in un modello murino per l’infarto cerebrale, è stata osservata una riduzione

dell’area colpita dall’infarto (20).

Questa osservazione deriva da uno studio condotto nel 2007 in cui sono stati confrontati due gruppi di modelli murini, in un gruppo era stato indotto un danno ischemico mentre l’altro era stato utilizzato come controllo non ischemico. Entrambi questi gruppi sono stati iniettati con T1AM o

T0AM per via intraperitoneale. È stato osservato che dopo 30 minuti dall’iniezione si andava

incontro ad uno stato ipotermico e che l’area infartuata diminuiva sia con T1AM che con T0AM.

Inoltre il blocco dell’ipotermia faceva scomparire l’effetto protettivo di queste molecole dimostrando l’importanza dell’induzione ipotermica (20).

Un altro studio condotto da Snead e collaboratori ha dimostrato che la T1AM può agire da

neuromodulatore sulla trasmissione monoaminergica, in particolare sui circuiti dopaminergici e noradrenenrgici. Infatti la T1AM è in grado di inibire il trasporto delle monoamine, sia a livello

vescicolare sia attraverso la membrana plasmatica, impedendo così il riassorbimento a livello neuronale di questi neurotrasmettitori (21).

Sono stati individuati anche altri effetti neurologici correlati alla T1AM tra cui:

- Una riduzione del sonno non-REM

- Una diminuzione della soglia del dolore in risposta a stimoli termici (22) - Una riduzione dell’assunzione di cibo (effetti anoressici) (23)

Uno studio più recente condotto nel 2013 da Manni e collaboratori ha dimostrato che la T1AM può

avere effetti anche sui processi di formazione della memoria e dell’apprendimento. I ricercatori hanno dimostrato che in seguito a iniezioni intracerebroventricolare (i.c.v.) di T1AM in modelli

murini si registrava un aumento delle capacità di apprendimento e di memoria. Questa scoperta è stata considerata importante perché questa molecola può essere usata nel trattamento dei disturbi della memoria associati a malattie neurodegenerative (24).

(21)

21

4 Concentrazioni endogene di T

1

AM

Per comprendere il ruolo fisiologico della T1AM è stato importante riuscire a determinare la sua

concentrazione nel sangue e nei tessuti. I primi studi relativi alle concentrazioni endogene di T1AM

risalgono al 2004, quando fu dimostrata la sua presenza nel cervello di ratto utilizzando la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (LC/MS/MS). La concentrazione di T1AM rilavata è stata dell’ordine delle sub-pico moli per grammo (2).

Gli studi per la sua rilevazione endogena sono continuati ed è stata rivelata la sua presenza:

• Nel tessuto cardiaco (concentrazione di 68 pmol/g) (17), nel siero e in numerosi organi di ratto (cuore, fegato, cervello, stomaco, rene) (23)

• Nel sangue umano (25-26) • Nel fegato di topo

Nella maggior parte di questi studi la tecnica utilizzata per la determinazione endogena della T1AM

è rappresentata dalla LC/MS/MS. Questa tecnica, nonostante si sia rivelata la più efficace nella determinazione della T1AM endogena, presenta dei problemi soprattutto nella misurazione della

T1AM a livello del sangue umano e animale. Si è ipotizzato che questi problemi possano essere

dovuti a:

- La necessità di una fase di estrazione iniziale - Il metabolismo della T1AM

- L’elevata affinità della T1AM con le proteine sieriche, in particolare con apo-B100

Proprio sulla base di queste ipotesi nel 2017 (27) è stato condotto uno studio per cercare di spiegare e capire quali fossero questi problemi. L’uptake di T1AM è stato valutato sia nel solo mezzo di

coltura (DMEM+FBS), sia in colture di cellule NG 108-15, trattate con T1AM a concentrazioni

nanomolari (2,8-14-28-140-280-700-1400nM) e incubate nel mezzo con e in assenza di FBS. I campioni sono stati estratti con metodo liquido/liquido e analizzati con LC/MS/MS. Quello che è stato osservato è che, nei soli mezzi con FBS, si ha una diminuzione esponenziale di T1AM che

decade quasi a zero nel giro di 60 minuti. Nelle colture cellulari è stata osservata la stessa diminuzione accompagnata, però, da un notevole aumento di un catabolita, TA1 (figura 6).

(22)

22

(a) (b)

Figura 6. Confronto dell'uptake di T1AM da parte della linea cellulare NG 108-15: il grafico illustra

l'andamento dell'assorbimento della T1AM e la relativa produzione di TA1 a vari tempi di incubazione in

presenza di (a) DMEM e (b)DMEM addizionato con FBS (27)

Al contrario, in assenza di FBS non si osserva alcuna diminuzione della concentrazione di T1AM

nel tempo, dimostrando come questo fenomeno dipenda da specifiche proteine presenti nel siero bovino.

Sulla base di queste osservazioni sono state condotte prove per valutare il ruolo di queste proteine del siero. I soli mezzi con FBS sono stati trattati con proteinasi K o urea 8M, che denaturano le proteine, ed è stato visto che in questo modo si preveniva la scomparsa di T1AM. Inoltre sono stati

condotti trattamenti con la semicarbazide, inibitore della classe di aminossidasi sensibile alla semicarbazide, le SSAOs, dimostrando di essere capace di dimezzare il calo di T1AM. Lo stesso

effetto è stato ottenuto anche con un inibitore non specifico delle monoaminossidasi, l’iproniazide. Il trattamento con gli inibitori è stato esteso anche alla linea cellulare delle NG 108-15 osservando, anche in questo modello, un calo della produzione di TA1.

Poiché il siero bovino molto ricco di aminossidasi, è stato ipotizzato che la T1AM sia convertita in

aldeide, prodotto di questi enzimi. La produzione di TA1 si ottiene con un ulteriore passaggio per

cui è richiesto l’enzima aldeide deidrogenasi. Per testare questa ipotesi è stata aggiunta, al solo mezzo con FBS, un’aldeide deidrogenasi ma non è stata osservata nessuna produzione di TA1.

Allora è nata un’ipotesi alternativa secondo cui le SSAOs legano solo la T1AM, ipotesi smentita dal

fatto che la semicarbazide non blocca la sparizione di T1AM. Questo suggerisce che altre

(23)

23

Tutte queste ipotesi potrebbero spiegare i problemi tecnici riguardanti il dosaggio endogeno della T1AM.

(24)

24

5 High

Performance

Liquid

Chromatography-

mass

spectrometry (HPLC-MS/MS)

La cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa (HPLC-MS/MS) è una tecnica analitica di laboratorio molto potente e versatile. Le colonne cromatografiche sono in grado di separare gran parte dei composti presenti in una soluzione. L’accoppiamento dell’HPLC ad uno spettrometro di massa permette di ionizzare i picchi cromatografici separati, in modo da fornire la massa molecolare di ogni componente della miscela (Figura 7) (28-29).

Figura 7. Immagine dello strumento HPLC-MS/MS: a sinistra il sistema di separazione HPLC connesso allo spettrometro di massa, a destra

5.1 High Performance Liquid Chromatography (HPLC)

L’HPLC è un sistema di separazione del campione basato sulla diversa affinità degli analiti, pompati in una fase mobile, con una fase stazionaria contenuta all’interno della colonna cromatografica. Più un analita sarà affine alla fase stazionaria e più aumenterà il suo tempo di ritenzione all’interno della colonna. Gli analiti meno affini, invece, avranno tempi di ritenzione minori e eluiranno dalla colonna più rapidamente. Il tipo di interazioni dipende essenzialmente dalle

(25)

25

caratteristiche chimico-fisiche dell’analita e dai tipi di fasi stazionarie e mobili utilizzati. È molto importante, quindi, conoscere esattamente la struttura e le caratteristiche della molecola di interesse, per individuare le fasi stazionarie e mobili da utilizzare per la separazione cromatografica. Esistono differenti tipologie di fasi stazionarie, che differiscono tra di loro per il tipo di interazioni che avranno con gli analiti. Ad esempio ci sono colonne che separano le molecole in base alla loro grandezza ( Size-Exclusion-Chromatography, SEC), altre che utilizzano sistemi di interazioni con la molecola, ad esempio di tipo elettrostatico (Ion-Exchange, IEC) oppure di tipo idrofobico (Reversed-phase chromatography).

5.2 Spettrometria di massa

Questa tecnica analitica consente di misurare le masse molecolari e di determinare quindi la formula di struttura di composti sconosciuti. Affinché una molecola possa essere osservata e analizzata, deve essere in fase gassosa e deve essere ionizzata. Tutti gli spettrometri sono costituiti essenzialmente da tre parti:

una camera di ionizzazione o sorgente (S), dove le molecole vengono ionizzate

un analizzatore (A), dove gli ioni sono separati in funzione del valore del loro rapporto massa/carica (m/z)

un rivelatore (R), dove gli ioni vengono rilevati e i dati sono raccolti in un foglio elettronico sul quale si ottiene lo spettro di massa (figura 8)

Il campione viene introdotto nella camera di ionizzazione con diverse modalità, dipendenti dal tipo di sorgente presente nello strumento. In alcune sorgenti il materiale da analizzare viene introdotto manualmente, mentre in altre viene trasferito da un sistema cromatografico o elettroforetico opportunamente interfacciato. All’interno della sorgente avviene l’evaporazione del solvente e la formazione degli ioni. Le molecole ionizzate e allo stato gassoso, sono accelerate e convogliate verso l’analizzatore mentre, quelle non ionizzate sono allontanate. Il sistema di ionizzazione svolge

S

A

A

R

Figura 8. Schema rappresentativo dello spettrometro di massa: S, sorgente; A, analizzatore; R, rivelatore

(26)

26

un ruolo essenziale nella spettrometria di massa, perché da esso dipende il numero, la natura e l’abbondanza degli ioni generati. Esistono varie tecniche di ionizzazione:

- Impatto elettronico (E.I) - Ionizzazione chimica (C.I)

- Bombardamento con atomi veloci (F.A.B) - Desorbimento con laser (M.A.L.D.I)

- Ionizzazione chimica a pressione atmosferica (A.P.C.I) - Electrospray (E.S.I)

Nell’ambito di questo lavoro di tesi la tecnica di ionizzazione usata è stata l’E.S.I (figura 9). Il principio di funzionamento di questa sorgente si basa su una nebulizzazione elettrostatica dell’analita. Un forte campo elettrico viene applicato ad un capillare da cui passa la soluzione contenente il campione. Questo induce la formazione di molecole cariche che si accumulano sulla superficie liquida nella parte finale del capillare, fino a rompersi per formare delle piccole goccioline cariche. Un flusso di gas inerte (N2) e il riscaldamento ad opera di due heaters,

permettono l’evaporazione del solvente. Gli ioni in eccesso tendono a disporsi sulla superficie delle goccioline, in modo da minimizzare la repulsione elettrostatica, trattenuti dalla tensione superficiale. A mano a mano che il solvente evapora, causando la conseguente diminuzione del volume delle goccioline, si raggiunge una situazione limite in cui gli ioni vincono la tensione superficiale e vengono espulsi nella fase gassosa, venendo poi indirizzati verso l’analizzatore.

(27)

27

Da un campione è possibile produrre ioni molecolari positivi o negativi a seconda della polarità del voltaggio del capillare e del solvente usato.

Dopo la ionizzazione, gli ioni entrano nell’analizzatore di massa. L’analizzatore consente la selezione degli ioni, formati nella sorgente, sulla base del loro rapporto massa/carica (m/z). Esistono differenti analizzatori in spettrometria di massa che vengono classificati in base al modo in cui si effettuano la selezione ionica:

- Analizzatori a deflessione magnetica - Analizzatori a quadrupolo

- Analizzatori a trappola ionica - Analizzatori a tempo di volo

L’analizzatore utilizzato per questo lavoro di tesi è quello a quadrupolo. Questo analizzatore separa gli ioni in base alla stabilità della loro traiettoria in un campo elettrico oscillante, che è correlata al loro rapporto m/z. Il quadrupolo è costituito da quattro barre, generalmente in porcellana con rivestimento in oro, perfettamente parallele tra di loro, poste in una camera sottovuoto. Sulle barre, disposte a coppie sovrapposte, è applicata una differenza di potenziale, generata da una corrente continua e alternata. Ad una coppia di barre diametralmente opposte è applicato un potenziale

Figura 9. Schema di una sorgente E.S.I: l'analita passa attraverso un capillare su cui è applicato un forte campo elettrico; ciò induce una nebulizzazione elettrostatica dell'analita, che viene successivamente riscaldato e soggetto ad un flusso di N2. Gli ioni risultanti sono poi aspirati

(28)

28

positivo, all’altra un potenziale negativo. La corrente alternata applicata a tutte e quattro le barre ha la funzione di far variare la loro polarità e il loro voltaggio (figura 10).

Figura 10. Rappresentazione schematica di un analizzatore a quadrupolo: gli ioni, passando attraverso la fessura della sorgente, sono indirizzati verso le quattro barre del quadrupolo dove avviene la selezione degli

ioni in base al rapporto m/z. Solo ioni selezionati sono inviati al detector

Gli ioni carichi positivamente verranno attratti verso le barre cariche negativamente, mentre verranno respinti da quelle cariche positivamente, e viceversa. La traiettoria seguita dagli ioni ha un andamento oscillatorio dovuto alla continua variazione del potenziale delle coppie di barre. Solamente gli ioni con un determinato rapporto m/z mantengono un oscillazione stabile, escono dall’analizzatore e giungono fino al rivelatore; gli altri con diverso rapporto m/z subiranno delle oscillazioni instabili che li porteranno a disperdersi o a collidere con le barre del quadrupolo.

L’analizzatore utilizzato in questo lavoro è quello a triplo quadrupolo in cui tre quadrupoli (Q1, Q2 e Q3) sono disposti in serie tra di loro. Generalmente il primo e il terzo quadrupolo sono usati come filtro per uno specifico rapporto m/z, mentre il secondo quadrupolo è usato per frammentare lo ione precursore (selezionato in Q1) e generare gli ioni prodotto, per questo viene chiamato cella di collisione. Questa tecnica prende il nome di spettrometria di massa tandem (MS/MS) (figura 11).

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29

Figura 11. Immagine del triplo quadrupolo utilizzato al Centro di Spettrometria di Massa, Ospedale S. Chiara

Possono essere utilizzati diversi metodi di analisi: 1. Product Ion Scan

2. Precursor Ion Scan 3. Neutral Loss

4. Selected Reaction Monitoring (SRM)

Il Product Ion Scan consiste nel monitoraggio di tutti gli ioni frammento provenienti da uno specifico ione. In questa tecnica di analisi il quadrupolo Q1 seleziona uno specifico ione da frammentare e il Q3 effettua la scansione su un range di massa determinato, mostrando uno spettro contenete tutti i frammenti ottenuti.

Il Precursor Ion Scan consiste nel monitoraggio di tutti gli ioni che danno origine ad uno specifico frammento. In questo caso il Q3 è impostato sul frammento interessato, mentre il Q1 opera la scansione su un range di massa determinato, rivelando quali ioni originano il frammento analizzato. Il Neutral Loss è una tecnica che permette di indagare se durante la frammentazione vi è perdita di specie molecolari neutre. In questo caso entrambi i quadrupoli Q1 e Q3 operano la scansione su range di massa sfalsati di un certo valore, rivelando così tutte le specie che hanno avuto la perdita di molecole neutre con massa pari a questa differenza.

Il SRM prevede che Q1 e Q3 siano impostati su un frammento di interesse, senza effettuare scansioni. Lo ione selezionato in Q1 verrà determinato solamente se produrrà un determinato frammento che sarà poi selezionato in Q3. Questo metodo è il più utilizzato per analisi quantitative

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30

in quanto l’assenza di scansioni, permette di concentrarsi su un unico ione precursore e un unico frammento, aumentando così la sensibilità e la selettività della tecnica.

La rivelazione del segnale rappresenta l’ultimo stadio del processo. Gli ioni che fuoriescono dal cammino ottico entrano in un elettromoltiplicatore, che ha il compito di trasformare il segnale ionico in un segnale elettrico che può essere registrato ed elaborato.

Lo spettrometro fornisce i risultati sotto forma di spettro di massa, cioè di una serie di picchi di intensità variabile, nel quale la posizione di ogni picco corrisponde ad un determinato valore m/z. In uno spettro di massa l’asse delle X riporta i valori del rapporto m/z, mentre, l’asse delle Y i valori di abbondanza relativa degli ioni analizzati. Se la risoluzione dello strumento è sufficientemente elevata, è possibile determinare la massa esatta dei singoli ioni, dalla quale si può dedurre la composizione elementare dello ione stesso. Dallo spettro di massa si può risalire alla struttura di un composto incognito, attribuendo ai singoli ioni una composizione elementare e ricostruendo i meccanismi di frammentazione seguendo schemi tipici per le varie classi di composto.

(31)

31

6 Scopo della tesi

È ormai noto da tempo che la T1AM venga rapidamente assorbita e metabolizzata nelle cellule

neuronali a concentrazioni nanomolari e che dopo poche ore, a contatto con le proteine sieriche, sia completamente catabolizzata a TA1. Per approfondire questo aspetto e valutare il metabolismo della

T1AM alle concentrazioni normalmente utilizzate nei trattamenti cellulari, in questo lavoro di tesi

siamo andati a valutare, utilizzando due linee cellulari neuronali NG108-15 e U-87MG, l’assorbimento e il metabolismo della T1AM a diverse concentrazioni micromolari e la possibile

presenza di un intermedio tra la T1AM e TA1 rappresentato dall’aldeide 3-iodotiroacetica.

Per valutare l’assorbimento e il metabolismo, la T1AM è stata aggiunta a diverse concentrazioni

(0,1µM-1µM-10µM) al DMEM che poi è stato fornito alle due linee cellulari. I mezzi e i lisati sono stati sottoposti a estrazione e poi analizzati mediante la tecnica della cromatografia liquida associata alla spettrometria di massa (HPLC-MS/MS).

Per verificare la formazione dell’aldeide, quale intermedio del catabolismo, è stato utilizzato un enzima, l’ammina ossidasi plasmatica bovina, e l’eventuale presenza dell’aldeide è stata valutata, anche in questo caso, mediante HPLC-MS/MS, dopo precipitazione delle proteine.

(32)

32

7 Materiali e metodi

7.1

Preparazione della T

1

AM

La T1AM è stata disciolta in dimetilsolfossido (DMSO), in modo da ottenere una soluzione stock di

10 mM. Da questa soluzione sono state preparate tutte le altre diluizioni utilizzate.

7.2 Colture cellulari

7.2.1

Cellule e terreni utilizzati

In questo lavoro di tesi come modello sperimentale sono state utilizzate due linee cellulari: • NG 108-15: una linea ibrida di neuroblastoma murino e glioma di ratto

• U-87MG: una linea di glioblastoma di origine umana

Le cellule sono state coltivate all’interno di un incubatore con il 5% di CO2, ad una temperatura

costante di 37 ºC. È stato utilizzato un mezzo di crescita specifico, il Dulbecco Modified Eagle Medium (DMEM) High Glucose (4,5 g/l), addizionato con il 10 % (v:v) di Fetal Serum Bovine (FBS), sodio piruvato 1 mM, penicillina 100 U/mL e streptomicina 100 µg/mL. I trattamenti sulle cellule sono stati effettuati con il mezzo DMEM addizionato a cui è stato aggiunto T1AM alle

concentrazioni di 0,1-1-10 µM. Il prelievo del mezzo è stato effettuato dopo 1, 2, 3, 4 e 24 ore. Inoltre, per verificare se le proteine presenti nel siero possono in qualche modo agire sul metabolismo della T1AM, sono stati eseguiti trattamenti utilizzando siero umano (10 % v:v), sulla

linea cellulare NG108-15. Il siero umano è stato fornito dall’unità di Endocrinologia dell’ospedale di Cisanello. I campioni consistono in avanzi di sieri usati per altre sperimentazioni e il loro utilizzo è stato approvato dal comitato etico locale. Sono stati effettuati due tipi di trattamenti:

- Nel primo caso, il siero è stato aggiunto al DMEM non addizionato al posto del FBS senza l’aggiunta di T1AM. Il prelievo del mezzo è stato effettuato dopo 1, 2, 3, 4, e 24 ore;

(33)

33

- Nel secondo caso invece, è stato usato solo il siero umano senza DMEM né T1AM e il

prelievo è stato eseguito dopo 3 e 24 ore.

7.2.2 Congelamento

Per congelare le cellule, queste vengono staccate dalla piastra di coltura a cui sono adese, vengono contate e opportunamente diluite e trasferite in aliquote da 500 µL in apposite cryovials (con un massimo di 1 milione di cellule per cryovials). A questo punto vengono aggiunti 500 µL di criomezzo per il congelamento e le aliquote vengono trasferite in isopropanolo a -80ºC e successivamente in azoto liquido.

7.2.3 Scongelamento

Le cellule vengono prelevate dal contenitore dell’azoto liquido ed immediatamente scongelate secondo questa procedura:

la cryovial viene immersa per circa 1 minuto nel bagnetto termostatato a 37 ºC, dopo di che il contenuto viene trasferito in una falcon da 15 mL contenente circa 8 ml di terreno di coltura preriscaldato a 37 ºC. A questo punto la falcon viene centrifugata a 1000 rpm per 5 minuti; il sovranatante viene aspirato ed il pellet risospeso in 10 mL di terreno di coltura, infine la sospensione cellulare viene trasferita in una fiasca da 75 cm2 che sarà per posta all’interno dell’incubatore.

7.3 Preparazione dei campioni

Per preparare i campioni, le linee cellulari sono state seminate in piastre da 24 pozzetti, ad una densità di circa 80000 cellule per pozzetto. A questo punto le piastre sono state poste all’interno dell’incubatore fino al raggiungimento della confluenza necessaria (circa l’80%) per poter essere trattate. Per valutare la presenza di T1AM endogeno nel FBS e se il catabolismo di T1AM

dipendesse dalla presenza delle cellule, in parallelo lo stesso trattamento è stato condotto rispettivamente con mezzo non contenente T1AM e in piastre non seminate.

(34)

34

Le cellule sono state trattate con T1AM pari a 0,1µM, 1µM e 10µM ed incubate per 0, 1, 2, 3, 4 e

24 ore al 5 % di CO2. Ai tempi prestabiliti, il mezzo è stato prelevato, inserito in eppendorf da 2 mL

e conservato a -80 ºC, in attesa di essere estratto. I pozzetti sono stati lavati con 0,5mL di PBS per eliminare eventuali residui di mezzo e le piastre conservate a -80 ºC in attesa della lisi.

Al fine di valutare la produzione endogena della T1AM le cellule NG 108-15 sono state seminate in

una piastra da 24 pozzetti e trattate con DMEM+ 10% FBS o siero umano. I trattamenti sono stati eseguiti a 0, 3, 24 ore. Ai tempi prestabiliti i campioni sono stati prelevati e conservati a -80 ºC in attesa di essere estratti con un metodo il metodo di estrazione in fase solida.

7.4 Estrazione della T

1

AM e del TA

1

Sono stati utilizzati due metodi di estrazione: un metodo liquido/liquido per i mezzi e i lisati provenienti dai trattamenti con T1AM a concentrazioni micromolari e un metodo di estrazione in

fase solida per la ricerca della T1AM endogena e del suo catabolita.

7.4.1 Estrazione mezzi e lisati

I campioni preparati e le piastre, che sono stati conservati a -80 ºC, vengono estratti con due diverse procedure, una relativa ai lisati cellulari e una ai soli mezzi.

Procedura di estrazione dei lisati: vengono prese le piastre che sono state conservate a -80 ºC e in

ogni pozzetto viene messo 100µL di NaOH 0,1M, si lascia agire per 10 minuti a temperatura ambiente, dopodiché si aggiungono 10 µL di HCl 1M e 390 µL di metanolo per pozzetto. Il lisato viene raccolto nei pozzetti con scraper e tutto il materiale presente viene trasferito in Eppendorf da 1,5 mL. Si effettua una centrifugazione a 14000 rpm per 15 minuti e si trasferisce il sovranatante in un’altra eppendorf. A questo punto i campioni vengono portati a secco con la SpeedVac e conservati a -80 ºC.

Procedura di estrazione dei mezzi: per l’estrazione dei mezzi è stato utilizzato un metodo

liquido/liquido che permette di separare gli analiti sulla base della loro miscibilità in due solventi immiscibili tra di loro. A ciascun mezzo, conservato a -80 ºC, si aggiunge 1mL di metil-ter-butil etere (MTBE), si agita su vortex per circa 30s. La miscela ottenuta è stata centrifugata a 14000 rpm

(35)

35

per 2 minuti in modo da separare la fase organica da quella acquosa e permettere il prelievo del sovranatante. Questa estrazione viene ripetuta per tre volte, prelevando sempre la fase organica che viene portata a secco con la SpeedVac e conservata a -80ºC.

Per poter calcolare la concentrazione del catabolita, al mezzo addizionato è stato aggiunto TA1 alle

concentrazioni di 0,1µM, 1µM e 10µM e lasciato incubare agli stessi tempi della T1AM, senza

l’utilizzo delle cellule. Il mezzo è stato successivamente estratto con la stessa procedura usata per la T1AM.

7.4.2 Estrazione mezzi con siero

Per la ricerca della T1AM endogena, presente a concentrazioni nell’ordine pico o nanomolare, è

stato utilizzato un metodo di estrazione che prevede l’utilizzo di una fase solida. A 200 µL di siero sono stati aggiunti 10 µL di una mix di Internal Standard (IS) marcati con isotopi radioattivi stabili. Nel nostro caso si trattava di una mix contenente T1AM-d4 e TA1-d4 che è stata aggiunta in

quantità note sia ai campioni che alla curva di calibrazione. Questi composti hanno struttura identica a T1AM e TA1, con la differenza della marcatura al deuterio di 4 atomi di idrogeno. Gli IS

hanno un comportamento identico ai composti da analizzare, interagendo allo stesso modo con la colonna cromatografica, garantendo quindi lo stesso tempo di ritenzione. L’unica differenza, che permette di discriminare questa molecola da T1AM e TA1 non marcate, è il peso molecolare

aumentato di 4. L’aggiunta degli IS permette di monitorare l’andamento dell’estrazione, valutandone eventuali perdite di segnale, e di quantificare i composti in esame. La quantificazione viene infatti effettuata sulla base del rapporto tra Area analita/Area IS. I campioni sono stati sottoposti a precipitazione proteica mediante l’aggiunta di 600 µL di acetone freddo, lasciando riposare per 30 minuti a 4 °C, centrifugati e il sovranatante evaporato sotto flusso di azoto. Infine, sono stati ripresi con 500 µL di tampone acetato a pH 4 e sottoposti ad estrazione in fase solida (SPE). L’SPE è un’estrazione per adsorbimento, un processo fisico tra una fase solida e una fase liquida, in cui la fase solida ha una maggiore affinità per il composto da isolare rispetto al solvente in cui lo stesso composto è sciolto. La fase solida adsorbente si trova impaccata all’interno di una cartuccia attraverso la quale viene fatto passare il campione. I diversi composti contenuti all’interno del campione interagiscono con la superficie adsorbente e vengono trattenuti o meno a seconda della loro capacità di stabilire interazioni. I composti isolati, trattenuti dalla fase adsorbente,

(36)

36

vengono fatti eluire dalla cartuccia utilizzando un opportuno solvente. Nel nostro studio sono state utilizzate cartucce SPE C8 (Bond-Elut Certify 130 mg, Agilent, Santa Clara, USA) a scambio cationico. È importante condizionare la cartuccia prima di iniziare l’estrazione. Il condizionamento è stato effettuato aggiungendo in successione nella cartuccia 2 mL di una soluzione di diclorometano (CH2Cl2): isopropanolo (75:25, v:v), 2 mL di metanolo e 2 mL di tampone acetato a

pH 4. A seguito del caricamento dei campioni, la cartuccia viene lavata con 3,5 mL di acqua, 2 mL di acido cloridrico 0.1 M, 7 mL di metanolo e 3,5 mL di CH2Cl2: isopropanolo (75:25, v:v); questo

passaggio è importante perché ha la doppia funzione di ripulire la cartuccia e isolare gli analiti di nostro interesse. A questo punto si fanno eluire gli analiti facendo passare nella cartuccia 2 mL di CH2Cl2 : isopropanolo : idrossido d’ammonio (70:26.5:3.5, v:v:v) e si raccolgono in eppendorf.

L’eluato viene evaporato con flusso di azoto. I campioni evaporati sono stati ripresi con 200 µL di metanolo/acido cloridrico 0,1 M e analizzati con HPLC-MS/MS.

7.4.3 Metodo HPLC-MS-MS

In questo studio è stato utilizzato un metodo cromatografico già sviluppato e ottimizzato in laboratorio, che permette la separazione di T1AM e TA1. La colonna cromatografica utilizzata è

stata una colonna Gemini C18 (Phenomenex Torrance,CA), 100 Aº, 2x50 mm e 3µm. Questo tipo di colonna a fase inversa presenta una fase stazionaria idrofobica ed è una delle più utilizzate in analisi LC-MS. La scelta delle fasi mobili è altrettanto importante nello sviluppo e applicazione di un metodo cromatografico. Le fasi mobili erano costituite da metanolo:acetonitrile (ACN) (1:4 v:v) contenente 0,1 % acido formico (Fase A) e H2O contenente 0.1 % acido formico (Fase B). Variando

la percentuale di A e B durante la corsa cromatografica, si crea un gradiente di eluizione ottimizzato per la corretta separazione degli analiti di interesse. Il gradiente utilizzato in questo metodo è riportato in figura 12. Durante la corsa cromatografica, la colonna è stata mantenuta ad una temperatura di 20 °C all’interno di un forno termostatato e il flusso di fase mobile era stato impostato a 300 µL/min. Il metodo SRM utilizzato prevedeva l’utilizzo dei seguenti frammenti: 356.2→165.3, 356.2→195.1, 356.2→212.2, 356,2→339.0 Da per T1AM, analizzato in modalità

(37)

37 -2 0 2 4 6 8 0 50 100 min c o n c e n tr a z io n e % Fase A Fase B

Figura 12. Grafico della variazione del gradiente della fase mobile durante l'analisi cromatografica; in blu la Fase A (metanolo:aceto nitrile, contenente lo 0,1 % di acido formico), in rosso la Fase B (acqua

contenente lo 0,1% di acido formico).

Esistono dei limiti strumentali al di sotto dei quali non è possibile misurare la concentrazione delle molecole di interesse, questi variano da molecola a molecola perché dipendono da vari fattori tra cui la matrice in cui si trovano immerse le molecole oppure i gruppi funzionali. Per le molecole di interesse di questo studio i limiti sono:

- per T1AM di 0,3 nM,

- per TA1 di 5 nM.

- per T3 e T4 di 1 nM

7.4.4 Ricerca dell’aldeide

Per la ricerca dell’ipotetica aldeide è stato utilizzato l’enzima amino ossidasi plasmatica di origine bovina (EC 1.4.3.21). L’enzima è stato sciolto in PBS e sono state preparate due soluzioni contenenti 2.8 mL di PBS (67 mM, fosfato di potassio pH 7.2), 0.1 mL di enzima (10 mg/mL) e 0.1 mL di T1AM. Nel primo esperimento la concentrazione di T1AM era di 0.88 mM, mentre nel

secondo era di soluzione era di 1.67 mM. La miscela così ottenuta è stata incubata per 10 min a 25 °C e centrifugata per 5 min a 14000 rpm per rimuovere l’eventuale pellet. A 0.5 mL di sovranatante sono stati aggiunti 1.5 mL di ACN per favorire la precipitazione proteica. Dopo centrifugazione, il

(38)

38

sovranatante è stato analizzato mediante HPLC-MS/MS operante in modalità Full Scan. In questa modalità, solamente il Q1 effettua una scansione su un range di massa determinato, mentre Q2 e Q3 fungono da guide verso il detector. Dato che l’ipotetico peso molecolare dell’aldeide è di circa 354 Da, il range di massa del Q1 (operante in modalità negativa) è stato impostato tra 100 e 400 Da.

Per verificare la presenza o meno di questa ipotetica aldeide sono state effettuate ulteriori prove utilizzando la lisina, un amminoacido la cui catena laterale potrebbe formare una base di Shiff con l’aldeide e quindi un nuovo addotto che non dovrebbe rendere visibile l’aldeide. La soluzione è stata preparata sciogliendo 1,33 mg di lisina in 1,09mL di PBS. La miscela di incubazione è stata preparata con 100 µL di enzima, 150 µL di lisina, 6 µL di T1AM e 1250 µL di PBS. A questo punto

sono stati ripetuti tutti i passaggi descritti precedentemente e l’analisi è stata effettuata mediante HPLC-MS-MS in modalità Full Scan.

(39)

39

8 Analisi statistica

Nelle figure sono indicati risultati rappresentativi dei vari esperimenti di uptake. I valori sono espressi come media ± SEM. Ciascun punto dei grafici è stato condotto in duplicato.

Per l’analisi dei dati e l’elaborazione dei grafici è stato usato il software GraphPad Prism versione 6.0 per Windows (GraphPad Software, San Diego, CA). I campioni della spettrometria di massa sono analizzati con il software Analyst 1.6.2. (SCIEX).

(40)

40

9 Risultati

9.1

Uptake di T

1

AM

Da studi condotti nel 2017(27), è stato osservato che la concentrazione della T1AM a contatto con il

DMEM in presenza di FBS, senza essere messo in coltura con linee cellulari, tendeva a diminuire esponenzialmente nel tempo, già dopo circa 1 ora si riduceva del 10% , mentre sembrava formarsi in modo crescente nel tempo il suo catabolita TA1. In questo lavoro di tesi, è stato riprodotto lo

stesso esperimento ma apportando alcune modifiche: è stata valutata la variazione della T1AM nel

solo mezzo addizionato ma partendo da concentrazioni micromolari, le stesse utilizzate nei trattamenti per valutare gli effetti della T1AM sul sistema glutamatergico (Sacripanti et al,

unpublished observations), senza però entrare in contatto con la coltura cellulare; per mantenere il paragone con il trattamento su cellule è stato aumentato di conseguenza anche il tempo di incubazione, valutando la sparizione della T1AM fino a 24 ore. Il risultato ottenuto ha confermato

quello che era già stato dimostrato nello studio precedente: come mostrato in figura 13A, la T1AM,

presente nel mezzo addizionato con FBS, tendeva progressivamente a diminuire nel tempo a tutte le concentrazioni testate. A basse dosi (0,1 µM) la T1AM non era più misurabile dopo 4 ore, mentre

era ancora presente, anche se in tracce, dopo 24 ore alle dosi maggiori (1 e 10 µM). Contemporaneamente è stata rilevata la formazione, crescente nel tempo, del suo catabolita TA1

(figura 13B), che risultava essere rilevabile fino a 24 ore. Al tempo t=0 la presenza del catabolita non era misurabile, indicando l’assenza di produzione endogena di TA1.

0 2 4 10-1 100 101 102 103 104 105 15 18 21 24 Time (h) C o n c e n tr a ti o n ( n M ) T1AM 0,1M T1AM 1M T1AM 10M

A.

(41)

41 . 0 2 4 10-1 100 101 102 103 104 15 18 21 24 Time (h) C o n c e n tr a ti o n ( n M ) TA1 medium T1AM 0,1M TA1medium T1AM 1M TA1medium T1AM 10M

Figura 13. Variazione della concentrazione di T1AM nel mezzo contente FBS in assenza di cellule e

produzione di TA1: A, grafico della riduzione della concentrazione di T1AM . B, grafico della produzione di

TA1 in presenza di varie concentrazioni T1AM (0.1-1-10 µM)

L’esperimento è stato ripetuto, analizzando l’uptake della T1AM in presenza di due linee cellulari,

NG-108-15 e U-87MG. Sia la linea ibrida che quella umana sono state incubate con un mezzo di coltura standard in presenza di FBS e i trattamenti sono stati eseguiti con le stesse concentrazioni di T1AM. È stato valutato l’assorbimento di T1AM e la produzione di TA1 in entrambe le linee

cellulari sia nei mezzi di coltura che nei lisati cellulari.

Innanzitutto è stato analizzato l’andamento del TA1 addizionata al mezzo in assenza di cellule.

Come illustrato nella figura 14 la concentrazione non ha subito variazioni nel tempo, indicando che il catabolita non subisce ulteriori modificazioni in presenza di FBS.

(42)

42 0 2 4 10 100 1000 10000 100000 20 22 24 h n M TA1 0.1M TA1 1M TA1 10M

Figura 14. Rappresentazione dell'andamento di TA1 nel mezzo standard, incubato con solo TA1, in assenza

di cellule.

Inoltre una media dei valori a t=0 è stata utilizzata per il calcolo della concentrazione di TA1 negli

esperimenti qui di seguito descritti.

In entrambe le linee cellulari è stato osservato il seguente andamento, come illustrato nelle figure

15 e 16:

• Nei mezzi, è stato riscontrato un drastico calo della concentrazione di T1AM che tendeva a

zero entro poche ore dall’inizio del trattamento. In particolare la concentrazione di T1AM a

0,1 e 1 µM diventava non rilevabile dopo 2-3 ore, mentre quella di T1AM 10 µM era

rilevabile fino a 24 ore, lasciando ipotizzare la saturazione del sistema enzimatico di catalisi. Inoltre è stata osservata una notevole produzione di TA1, rilevabile già dopo un’ora di

trattamento e misurabile fino a 24 ore, presentando valori anche superiori alla concentrazione iniziale di T1AM.

• Nei lisati invece, è stato rilevato un assorbimento della T1AM misurabile già a t=1h e

successivamente una diminuzione della sua concentrazione che avveniva più lentamente, ma comunque rilevabile fino al termine del trattamento (24 ore). Anche nei lisati è stato osservata la formazione di TA1, dopo un’ora di trattamento, anche se presente a

concentrazione circa 10 volte inferiori rispetto alle concentrazione nel mezzo. In quasi tutti i campioni comunque la concentrazione del catabolita è rimasta costante per tutta la durata del trattamento.

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