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Effetto dell'assenza di illuminazione durante la formazione dei gruppi di allevamento sul comportamento agonistico e sul livello di attività in suini in diverse razze.

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Academic year: 2021

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Università degli studi di Pisa

Corso di laurea magistrale in Medicina Veterinaria

TESI DI LAUREA

:

Effetto dell’assenza di illuminazione durante la formazione dei gruppi di allevamento

sul comportamento agonistico e sul livello di attività in suini di diverse razze

(Effect of absence of light during the formation of breeding groups on agonistic

behavior and activity in pigs of different breeding lines)

Relatore: dott. Gazzano Angelo

Correlatore: dott. Mongillo Paolo

Laureando: Vesentini Gianna

Matricola: 303940

PISA, 20 OTTOBRE 2017

ANNO ACCADEMICO: 2016 - 2017

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SOMMARIO

RIASSUNTO………... pag. 4 SUMMARY………... pag. 6 1. INTRODUZIONE ………... pag. 8 1.1. PROCESSO DI DOMESTICAZIONE ………. pag. 8 1.2. ALLEVAMENTO ……… pag. 12 1.3. LE RAZZE SUINE ………. pag. 16 1.4. STRUTTURA SOCIALE ED AGGRESSIVITA’ ………... pag. 20 1.5. LA COMUNICAZIONE ………. pag. 24 1.6. TOELATTATURA (GROOMING) ………... pag. 26 1.7. VARIABILITA’ GENETICA DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO ………... pag. 26 1.8. MANAGEMENT CONTRO L’AGGRESSIVITA’ POST MIXING ………. pag. 27 1.9. EFFETTI DELL’INTENSITA’ LUMINOSA SULL’ATTIVITA’ DEL SUINO E SUL

COMPORTAMENTO AGGRESSIVO ………... pag. 29 2. OBIETTIVO DELLA TESI ……… pag. 32 3. MATERIALI E METODI ……… pag. 33 3.1. STRUTTURA ………. pag. 33 3.2. ANIMALI E DISEGNO SPERIMENTALE ………... pag. 34 3.3. RILEVAMENTI COMPORTAMENTALI ………...pag. 37 3.4. ANALISI STATISTICA ……….. pag. 39 4. RISULTATI E DISCUSSIONE ……….. pag. 41 5. CONCLUSIONI ………. pag. 55 6. BIBLIOGRAFIA ……… Pag. 56

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Questa tesi è dedicata alla mia famiglia. Un particolare ringraziamento va al dott. Paolo Mongillo, per l’opportunità che mi ha dato, e alla

Prof. Giovanna Preziuso per il suo aiuto nei miei momenti di difficoltà.

Un grazie ai miei amici ma soprattutto ai miei bambini della squadra

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RIASSUNTO

Con il presente lavoro di tesi di laurea si è voluto verificare l'efficienza del buio come mezzo per ridurre le manifestazioni di aggressività e agonismo tra suini in fase di ingrasso, successivamente alla formazione di nuovi gruppi sociali.

L'attività di ricerca si è svolta presso L'Azienda Sperimentale “Luca Toniolo” dell'Università degli studi di Padova.

La ricerca è stata realizzata utilizzando 52 suini ibridi commerciali appartenenti a 4 linee genetiche differenti:

• Anas • Goland • Dandred • Topigs

e usate per la produzione del suino pesante italiano.

Per poter identificare visivamente i diversi tipi genetici i suini, prima dell'inizio della sperimentazione, sono stati marcati sul dorso utilizzando coloranti specifici per animali.

I suini sono stati quindi suddivisi in nuovi gruppi sociali, composti da 12 o 13 animali/box, mischiati in modo da avere soggetti di appartenenza a ciascuna linea genetica e la maggior omogeneità possibile dal punto di vista del sesso.

Per metà dei gruppi il mixaggio è avvenuto al buio, ottenuto tramite spegnimento dell'illuminazione artificiale e oscurando le vetrate presenti, impedendo così alla luce naturale di entrare.

L'altra metà dei gruppi invece è stata mixata in condizione di illuminazione naturale.

La condizione di buio è stata mantenuta per 48 ore a partire dall'avvenuto mixing ed è stata poi ripristinata la condizione di fotoperiodo naturale.

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Per poter registrare le attività dei suini all'interno dei diversi box, in ciascun stabulario sono state installate delle telecamere che hanno registrato per tutto il tempo della durata della sperimentazione. Al fine di determinare l'effetto delle condizioni di illuminazione al momento del mescolamento sull'aggressività dei suini, si è proceduto alla raccolta dei dati comportamentali, mediante il software The Obsever® XT (Noldus, The Netherlands). Questo programma ha permesso di rilevare alcuni comportamenti significativi:

• il numero di suini attivi all'inizio dell'osservazione (ossia non in decubito) • il numero di episodi agonistici (morsi dati/ricevuti)

• la durata totale degli episodi agonistici

questi parametri comportamentali sono stati rilevati per 4 finestre temporali per la durata di 24 ore a distanza precisa dal mixaggio e per entrambi le condizioni di illuminazione (luce – buio). Di queste tre fasi sono state analizzati i primi 10 minuti di ogni ora di tutti i box monitorati.

Nel complesso sono stati raccolti 288 video.

L'analisi del modello generalizzato lineare misto ha messo in evidenza che la condizione di assenza di illuminazione non ha un effetto significativo sull'attività degli animali, ma lo ha sul numero di aggressioni rilevate nel corso delle tre fasi della prova (soprattutto dopo 24 e 72h) e sulla durata totale delle aggressioni.

La condizione di illuminazione ha infatti un effetto significativo, in funzione della linea genetica di appartenenza, risultando efficace nel ridurre la durata totale delle aggressioni, limitatamente però al tipo genetico Danbred.

Goland invece ha mostrato di essere la linea genetica con il più alto numero di aggressioni, sia a fotoperiodo alterato che non, mentre Topigs e Anas non hanno mostrato differenze significative. In ragione dei risultati ottenuti è possibile concludere affermando che la componente genetica è determinante nel comportamento agonistico di questi animali ma una strategia ambientale come il fotoperiodo alterato per un tempo limitato può fungere da supporto.

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SUMMARY

The aim of the current dissertation was to assess the efficacy of darkness as a method of reducing aggression amongst fattening pigs after the formation of new social groups. All observations took place within the experimental company Luca Toniolo, at the University of Padova. Test subjects consisted of 52 hybrid commercial pigs belonging to four different genetic types (Anas, Goland, Dandred, Topigs) which are used in the production of the Italian heavy pig. In order to visually identify the genetic makeup of each pig, individuals were marked on their backs using non-toxic pigments. Following this, the pigs were divided into news social groups which consisted of 12 or 13 animals per box, including animals belonging to each genetic type and gender to produce optimal homogeneity. For half of the groups the creation of new social groups took place in the dark, which was achieved by turning off the artificial lighting and darkening the glass windows – this was maintained for 48 hours before natural lighting was reinstated. Conversely, animals in the other groups were mixed under conditions of natural lighting at all times.

In order to observe the pig’s activities, video cameras were placed into each box which recorded their behaviour for the total duration of the experiment; however, only the first ten minutes of each hour was analysed. Behavioural data was collected using the software, The Observer XT (Noldus, The Netherlands). Findings revealed a non-significant difference between the amount of activity displayed by animals in both the altered lighting and natural lighting conditions. However, there was a significant reduction in the number of aggressive incidents (bites given & received) observed during all three phases of the experiment (especially after 24 & 72 hours), and a reduction in the total duration of aggressive incidents. Although, further investigation of this effect revealed that it was driven entirely by the Danbred genetic type pigs which displayed significantly reduced total duration of aggressive incidents during the altered lighting condition. Overall, Goland genetic type pigs exhibited the highest number of aggressive incidents, but this was unaffected by lighting levels.

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Similar levels of aggressive incidents were observed for Topigs and Anas genetic type pigs, and again this was not modified by natural or altered lighting conditions

To conclude, our results revealed that a clear genetic component was responsible for aggressive behaviour amongst fattening pigs after the formation of new social groups. However, they also revealed that the total duration of aggressive incidents was mitigated by reducing light-levels, especially in Danbred genetic type pigs. This suggests that altering light-levels might be a useful tool for reducing aggressive incidents amongst pigs when mixing new social groups, but it is more effective for some genetic types than others.

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INTRODUZIONE

I suini domestici discendono dal cinghiale Sus Scrofa, un artiodattilo appartenente alla famiglia

Suidae ampiamente diffuso, anche in Italia ed estremamente adattabile a vivere in qualsiasi

ambiente e clima.

PROCESSO DI DOMESTICAZIONE

La domesticazione della specie suina risale al Neolitico, in Europa tra il 7000 e il 5000 a. C., quando l'uomo passa dallo stato di cacciatore a quello di agricoltore/allevatore.

I resti di suini rinvenuti nella fase del Neolitico preceramico B di Gerico (7000 a. C. circa) sono marginalmente più piccoli di quelli delle precedenti fasi; si è pertanto ipotizzato che la domesticazione, o quanto meno l'interferenza umana con una popolazione di suini selvatici, stesse cominciando proprio a quell'epoca (Clutton e Brock 1979). Testimonianze analoghe sono state riscontrate a Jarmo e in Grecia, ed è probabile che i primi agricoltori stanziali abbiano cominciato ad allevare suini selvatici nello stesso periodo in cui hanno iniziato ad allevare pecore e capre. All'epoca il maiale non era un animale da carne particolarmente apprezzato in Europa orientale ed in Asia occidentale, mentre nell'Europa settentrionale ed occidentale il maiale selvatico ed il cervo nobile costituivano la principale fonte di carne. Due o tremila anni i primi agricoltori stanziatisi in Europa dell'Est portarono con sé il maiale domestico; da questo momento bovini e suini ebbero più successo e divennero più comuni di pecore e capre domestiche. Questa preferenza si spiega con il fatto che in quel periodo il paesaggio era ancora coperto da fitte foreste e l'ambiente era più adatto ai suini e bovini che agli ovi-caprini. Verso la fine del Neolitico e l'inizio dell'Età del Bronzo la pecora cominciò a prendere il sopravvento come specie domestica più comune.

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Durante il primo periodo postglaciale, in Europa settentrionale il cinghiale era un animale molto comune. È facile immaginare come le prime popolazioni neolitiche incrociassero i loro ceppi con animali locali addomesticati; infatti, sebbene il cinghiale adulto sia molto aggressivo, i lattonzoli possono essere addomesticati senza difficoltà e si abituano prontamente alla vita in un insediamento umano.

L'uomo può facilmente addestrare i maiali domestici ad andare dove vuole offrendo loro del cibo; Varrone descrive come, in epoca romana, essi fossero addestrati a seguire il suono di un corno:

“il porcaro deve abituarli (i lattonzoli) a far tutto al suono del corno. Innanzitutto, quando sono

chiusi, appena suona, viene loro aperto, affinché possano uscire e andare là dove è stato sparso dell'orzo (….) Si ammaestrano a radunarsi quando suona il corno, affinché non abbiano smarrirsi

quando sono sparsi per i boschi. (II, IV, 20)”.

Sin dai tempi antichi vi sono stati due metodi per tenere i maiali domestici: il primo consiste nel lasciar vagare liberamente nella foresta branchi di animali sorvegliati da un porcaro; il secondo, usato ancora oggi prevede di rinchiuderli in un porcile o in un recinto. I maiali della foresta erano, in epoca romana, animali dalla pelle scura, con zampe lunghe e di taglia molto piccola, pari forse a metà delle dimensioni del cinghiale; si riproducevano velocemente e il loro numero compensava la taglia esigua, sopravvivevano in un ambiente boscoso aperto, teatro, durante tutto l'anno, di una forte competizione per il cibo.

Colunella descriveva così il sito ideale per tenere questo tipo di animali:

“Ideale, per l'allevamento dei maiali, sono i boschi che si vestono di quercia, di sughero, di faggio,

di cerri, di elci, di oleandri, di terebinti, di noccioli e di tutti gli alberi da frutto selvatici, come sono

il biancospino, il carrubo, il ginepro, il loto, la vite, il corniolo, il corbezzolo, il prugno selvatico, il marrobbio e il pero selvatico”.

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Non c'è da meravigliarsi se durante l'epoca romana c'era il detto “la natura ha appositamente creato il maiale quale lauto banchetto”: il prosciutto salato preparato con animali così ben nutriti doveva essere senz'altro squisito.

Il maiale da porcile era invece un animale di taglia molto più grande e già nell'epoca romana era probabilmente glabro, chiaro e molto grasso.

Il maiale è sempre stato l'animale preferibilmente allevato da gente povera. Già in epoca medievale (Fig.1) ogni famiglia aveva un maiale che veniva ingrassato con gli avanzi di cucina e poi, una volta macellato, trasformato in prosciutto, bacon e lardo.

Figura 1: Allegoria ed effetti del buono e del cattivo governo (nel riquadro “La campagna ben governata” particolare Cinta Senese). Conservato nel Palazzo comunale di Siena

Verso la fine del XVIII secolo, nelle razze europee di suini domestici si verificò una trasformazione conseguente all'introduzione di suini a rapido sviluppo caratterizzati da ossa leggere e taglia ridotta, provenienti da Cina e Sud est asiatico. Questi animali furono incrociati con quelli indigeni: il miglioramento dei ceppi risultanti fu talmente consistente e la popolarità di questi ne guadagnò a tal punto che nell'arco di mezzo secolo in Europa occidentale erano rimasti pochi esemplari che non

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fossero imparentati con gli esemplari importati dall'Asia. Perciò è improbabile che in Europa si siano conservate razze pure discendenti direttamente dai suini addomesticati in epoca preistorica. In estremo oriente il suino ha avuto, da un punto di vista economico, maggior importanza che in Occidente, ed assieme al cane sono stati i più antichi animali addomesticati per la produzione di carne. La tassonomia dei suini selvatici e domestici del Sud est asiatico è stata poi rivista, ritenendo che molte razze domestiche e rinselvatichite discendano da due sottospecie orientali di Sus scrofa, ossia Sus scrofa cristatus (cinghiale indiano) e Sus scrofa vittatus (cinghiale indonesiano).

Nessuno sa per quale motivo una specie animale sia la fonte preferita di carne presso un popolo, mentre da altri venga considerata tabù, immonda o intoccabile. Queste preferenze o tabù possono perdurare per migliaia di anni. È possibile che i tabù relativi al suino in Asia occidentale derivino da quelli presenti nell'antico Egitto dove, come scrive Erodoto:

“Gli egiziani considerano il maiale un animale impuro: se uno passando sfiora un maiale, subito,

con tutte le vesti addosso, va a immergersi nel fiume; quanto ai porcari, anche se sono egiziani di

nascita, unici fra tutti non possono entrare in nessun santuario dell'Egitto e nessuno è disposto a

dare in moglie a uno di loro la propria figlia, né a prenderne la figlia in moglie, ma i porcari concludono matrimoni soltanto nell'ambito del proprio gruppo. (II, 47)”.

Sebbene il suino fosse considerato un animale impuro nell'antico Egitto, forse già dalla III dinastia (2868 a. C. circa) in alcuni giorni era acconsentito cibarsi della sua carne; alcuni Egizi, in epoca predinastica, tenevano branchi di suini la cui carne costituiva parte della loro dieta. I resti animali rinvenuti negli scavi dei siti sumerici di Tell Asmar e Abu Salabikh, nell'Iraq settentrionale e meridionale, dimostrano che all'inizio del III millennio a. C. (epoca di poco posteriore alla III dinastia in Egitto) un'importante fonte di carne era costituita da suini di piccola taglia che erano comuni animali domestici. Ancora oggi non si dispone di una spiegazione soddisfacente del motivo per cui, in seguito, il suino sia stato fatto oggetto di tanto disprezzo; tuttavia quel che è certo è che

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esso, più di qualsiasi altro animale, ha risentito del gusto e degli scrupoli religiosi delle società umane.

A seguito della domesticazione il comportamento del suino ha subito notevoli modificazioni, diventando un animale meno attivo e meno aggressivo rispetto a quello selvatico. Il graduale processo di domesticazione e di controllo attraverso l'allevamento e l'intensa attività di selezione e miglioramento genetico ha fatto sì che il suino sia stato sottoposto a pressioni selettive diverse da quelle subite in natura. La nuova selezione si è basata soprattutto sulla capacità di ingestione, sugli indici di conversione dell'alimento, sull'incremento ponderale, sulla fertilità e sulla composizione della carcassa. Attualmente la selezione si è spostata su alcuni caratteri produttivi, quali ad esempio il numero di suinetti nati, il rapido incremento ponderale e la maggiore massa magra nella carcassa sta modificando la predisposizione genetica per alcuni comportamenti.

ALLEVAMENTO

Negli allevamenti intensivi specializzati, scrofette e scrofe sono detenute in differenti ricoveri a seconda dell'età e dello stato fisiologico in cui si trovano.

Le scrofette destinate alla riproduzione sono detenute in gruppi di 15 – 20 soggetti in ricoveri – recinto al fine di farle beneficiare della ginnastica funzionale e la loro alimentazione non si discosta da quella da quella riservata a magroni e magroncelli, che invece saranno destinati all'ingrasso, avendo l'avvertenza di non farle ingrassare troppo e curando l'apporto corretto di vitamine e minerali. Saranno alimentate ad libitum fino a 4 mesi, fino a raggiungere il peso di 50 – 60 kg e quindi passare ad una alimentazione razionata nei 2 – 3 mesi sucessivi. Lo scopo di questo periodo è sviluppare al meglio l'apparato scheletrico e muscolare e la funzionalità dell'apparato digerente, oltre che limitare la formazione del grasso di deposito ed anticipare la pubertà, fase in cui le scrofette saranno sottoposte al flushing e quindi coperte al loro 2° calore.

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Scrofette e scrofe pluripare, dopo una permanenza di almeno 45 giorni nel centro eros per la monta e per la loro prima fase di gravidanza, vengono trasferite nei ricoveri di gestazione e detenute a gruppetti di 5 – 6 soggetti per completare la seconda fase di gestazione. Per la terza e ultima fase di gravidanza e per il parto le stesse scrofe saranno trasferite nel ricovero sala parto ed ognuna rinchiusa nel proprio box da parto/allattamento dove rimarranno fino allo svezzamento dei suinetti. Per quanto riguarda l'alimentazione nel primo periodo di gravidanza la quantità di alimento viene ridotto al fine di favorire la maggior sopravvivenza fetale; nella seconda fase invece, per il quadro ormonale che favorisce il recupero del peso e la formazione di riserve, l'alimentazione sarà studiata per la rimessa in forma della scrofa per sopperire al calo subito nella lattazione precedente, ma senza ingrassare troppo. Infine nell'ultimo periodo di gestazione si verifica un aumento dei consumi alimentari che favoriscono gli accrescimenti dei feti e dei tessuti mammari, ma con l'ingresso in sala parto i quantitativi di alimenti andranno gradatamente decrescendo per arrivare al digiuno il giorno del parto.

Dopo la fase di svezzamento, raggiunti i 25 – 35Kg, i giovani verretti vengono separati dalle scrofette, detenuti in gruppi di 10 – 15 soggetti in ricoveri che diano la possibilità di vita all'aperto e alimentati all'incirca come le scrofette; questo per favorire il loro sviluppo scheletrico e muscolare evitando un accrescimento somatico troppo rapido.

Al sopraggiunge dei 70 – 110Kg p. v. gli stessi verretti sono separati ed alloggiati in box, singolarmente o a coppie avendo cura di assicurare una certa libertà di movimento. Questi verretti sono in generale restii all'assunzione di cibo a seguito del cambio di box e al cambio di organizzazione sociale, per cui si raccomandano formulazioni pelletate e di buona qualità, oltre che appetibili.

Una volta raggiunti i 120Kg il livello nutritivo verrà ridotto in modo da rallentare convenientemente l'incremento del peso vivo; difatti, durante il primo anno successivo allo svezzamento, l'incremento di peso vivo non deve superare i 50 – 70Kg e durante il secondo anno non deve andare oltre i 30 – 40Kg.

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Gli apporti energetici non dovrebbero superare di molto i fabbisogni di mantenimento. I fabbisogni proteici richiesti dall'attività di monta non sono invece trascurabili; si deve considerare che ad ogni eiaculazione si ha una perdita di 15 – 20gr di proteina ad alto valore biologico, unitamente a 2gr di sodio e 1gr di cloro. Il fabbisogno di aminoacidi solforati (metionina/cistina) aumenta di molto con l'attività sessuale. Comunque per i verri in accrescimento potranno essere sufficienti circa 3Kg di mangime al giorno, mentre per i verri adulti in attività la razione potrà essere diminuita a 2 – 2,5Kg. Anche nell'allevamento suino si va sempre più tenendo conto del benessere animale, tanto che la Comunità europea ha diffuso direttive con disposizioni a cui bisogna attenersi, non solo nella costruzione dei ricoveri e nella loro utilizzazione ma anche nelle metodiche di allevamento.

L'allevamento suinicolo intensivo si basa su precisi programmi di produzione:

• gli allevamenti da ingrasso generalmente partono dall'acquisto di magroncelli di 25 – 35Kg o 50 – 60Kg/p. v. di diversi tipi genetici, per la produzione del suino leggero o suino magro da macelleria (100 – 110Kg p. v.) o del suino medio pesante (135 – 145Kg p. v.) o suino pesante da salumificio (160 Kg p. v. od oltre)

• gli allevamenti a ciclo chiuso partono da scrofe e verri per produrre i soggetti da ingrassare che vengono ingrassati nello stesso allevamento.

Mentre l'allevamento da ingrasso normalmente utilizza un unico tipo di ricovero, l'allevamento a ciclo chiuso, avendo diversi tipologie di animali, necessità di differenti ricoveri o ambienti aventi ognuno particolari e peculiari caratteristiche. Ciò permette di creare negli stessi il microclima più adatto per ogni tipo, di realizzare il tutto pieno – tutto vuoto sanitario, necessario per eseguire le pulizie e le disinfezioni, l'impiego di differenti ambienti per i particolari periodi di vita degli animali e l'utilizzo di manodopera specializzata.

I ricoveri che sono utilizzati nelle diverse fasi dell'allevamento sono i seguenti:

• centro eros, dove le scrofette al primo servizio o le scrofe dopo l'asciutta sono detenute per la monta o fecondazione artificiale fino alla diagnosi di gravidanza accertata

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• ricovero di gestazione, dove le scrofe passano il periodo di gestazione fino a 4 – 8 giorni dal parto

• sala parto/svezzamento, dove ogni scrofa ha una propria gabbia mentre i lattonzoli possono beneficiare di un loro spazio riscaldato

• ricovero di svezzamento, dove i suinetti raggiungono il peso di 25 – 35Kg/p. v.

• ricoveri di accrescimento, che ospitano i suinetti fino al peso di 50 – 60Kg/ p. v., prima della loro destinazione o alla riproduzione o all'ingrasso

• ricoveri dei soggetti da monta, per scrofette e verretti destinati alla riproduzione

Per quanto attiene all'ambiente, in questi ultimi anni si stanno verificando trasformazioni strutturali estremamente innovative che tendono a creare un microclima adatto alla vita e all'accrescimento dell'animale. Sia negli allevamenti da ingrasso che in quelli a ciclo chiuso i ricoveri per l'ingrasso sono capannoni dotati di box, aventi un'adeguata coibentazione per scongiurare notevoli variazioni della temperatura ambientale che deve essere mantenuta a temperatura sui 15°C.

Gli animali sono generalmente raggruppati in gruppi di 20 -30 e detenuti in box dotati di truogoli e di eventuali condutture di miscele e la cui pavimentazione in cotto è a diversi livelli per favorire il crearsi di zone di riposo e zone di defecazione.

La suinicoltura italiana è caratterizzata, rispetto ad altri paesi europei, dalla produzione di soggetti da macello di peso vivo compreso tra i 160 – 170Kg che forniscono una carcassa di 130 – 140Kg. Questo indirizzo produttivo è determinato dall'industria salumiera specializzata nella produzione del prosciutto crudo, coppa e di altri salumi di pregio.

Il suino pesante più richiesto dall'industria è quello padano, contraddistinto dal marchio di qualità “suino pesante padano”, gestito da apposito Consorzio, legalmente riconosciuto, con sede in Reggio Emilia. Detto marchio, tatuato sul piatto esterno di entrambe le cosce, è riservato a soggetti di razza Large White, Landrace e loro incroci e destinati soprattutto alla produzione di prosciutti crudi a denominazione di origine protetta DOP: San Daniele, Parma, Veneto Berico Euganeo. Disposizioni del regolamento del consorzio, oltre a prescrivere i tipi genetici da utilizzare e l'alimentazione da

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adottare con i mangimi ammessi, precisa che l'età di macellazione non deve essere inferiore ai 10 mesi.

L'ingrasso del suino pesante si suddivide in quattro periodi fisiologici in corrispondenza dei quali l'animale prende il nome di:

• lattone (p. v. 25 – 40Kg) • magroncello (p. v. 40 – 60Kg) • magrone (p. v. 60 – 100Kg)

• grasso (p. v. 100 – 160Kg ed oltre)

L'alimentazione in detti periodi è variamente caratterizzata a seconda delle diverse zone di allevamento ma in generale prevede un razionamento variabile per quantità di energia, senza mai eccedere, a seconda dei periodi del ciclo produttivo: livello nutritivo alto (durante la fase di lattone e magroncello), livello nutritivo medio alto (nella fase di magrone) e basso (nel periodo di ingrasso), salvo un'elevazione nel periodo di finissaggio dove andiamo ad incrementare una quantità giornaliera di mangime per avere un incremento ponderale medio di 650 – 700g/d.

Nell'ingrasso del suino pesante si assiste all'applicazione di differenti sistemi di alimentazione, essendoci due tipi di approccio al razionamento: ristretto nei magroni fino ai 100Kg/p. v. o ad libitum nelle fasi di lattone e magroncello. Il sistema di alimentazione razionato si è diffuso in Italia perché permette ai suini di raggiungere più agevolmente pesi elevati (160 – 180Kg); inoltre permette un miglioramento dell'utilizzo degli alimenti. Ma, in particolare, permette di modulare gli accrescimenti e di ottenere al macello delle carcasse magre per la minor percentuale di adiposità. È importante mantenere un giusto rapporto energia/proteina (o meglio energia/lisina) della razione al fine soprattutto di controllare che la crescita sia regolare.

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L'intensa opera di selezione praticata in suinicoltura ha influenzato notevolmente sulle variazioni morfofunzionali degli animali.

Per la classificazione delle razze si utilizzano generalmente i caratteri anatomici dello scheletro e, in particolare, il profilo fronto-nasale, le proporzioni della faccia, le dimensioni e il portamento delle orecchie.

Nei paesi anglosassoni le varie razze suine sono raggruppate per attitudini e precisamente: razze da bacon (bacon type), razze da lardo (lard type) e razze da carne (meat type). Il suino, a seconda delle attitudini di razza, può offrire diversi risultati finali per quanto riguarda le produzioni. Attualmente vi sono razze che ingrassano facilmente fornendo, alla macellazione, carni asciutte e molto grasse e notevoli depositi di lardo, mentre altre danno carni più povere in grasso e con minori pannicoli adiposi sottocutanei. Queste diverse attitudini hanno portato a distinguere le razze attuali in due grandi raggruppamenti: razze da carne e razze da bacon.

I suini del tipo da carne hanno una grande predisposizione all'ingrasso. Fino a qualche anno fa queste razze rientravano nella classificazione data dagli anglosassoni “lard type”, ma ad oggi si preferisce identificarli in razze da carne a causa del cambiamento degli indirizzi produttivi e all'intensa opera di selezione. Infatti le razze moderne, pur avendo notevole tendenza all'ingrasso, hanno comunque forme corporee più slanciate e di conseguenza uno spessore di lardo e della pancetta inferiore a quello che si registrava nei “lard type”.

Al tipo da bacon appartengono quelle razze suine che hanno una più spiccata attitudine a produrre masse muscolari piuttosto che parti adipose. Tali animali vengono allevati per la produzione di carne da consumarsi fresca, seguendo una particolare tecnica di allevamento e opportuni regimi alimentari.

La distinzione fra razze del tipo da carne e tipo da bacon è talmente sottile che il più delle volte serve solo per definire una certa tendenza a dare carne o grasso in relazione alle tecniche alimentari non implicando una rigorosa distinzione tra razza e razza.

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• Large White: è una razza originaria dello Yorkshire (Inghilterra) dove, verso la fine del XVII secolo, si incrociarono e selezionarono diverse razze ottenendo tre tipi di suini a mantello bianco. Di questi, quello che si impose meglio fu il Large White. Questi suini si sono diffusi largamente a livello mondiale e in Italia vennero importati fin dalla fine del 1700. Attualmente vengono allevati sia in purezza sia in incroci industriali con razze locali (Cinta senese, Romagnola) o con razze estere (Landrace). In base alla zona di allevamento possono essere distinti diversi tipi di Large White, tra i quali i più importanti sono: il Reggiano, il Romagnolo, il Toscano, il Marchigiano. Il suino Large White è assai apprezzato per la sua precocità e la tendenza all'accumulo di grasso che non supera mai il giusto limite richiesto dall'industria giornaliera; inoltre questi animali hanno un buon rendimento in massa magra. Le loro principali caratteristiche morfologiche sono: testa a profilo concavo, orecchie di media larghezza dirette obliquamente in alto, collo corto e robusto, tronco lungo, dorso e lombi larghi e muscolosi, fianchi profondi, ventre ben sviluppato ma non cascante, arti robusti e di media lunghezza con cosce muscolose. La pelle è rosea, sottile, con setole bianche e fini. I suinetti alla nascita hanno un peso medio di 1,3 – 1,4Kg e con notevole capacità di sviluppo. Le femmine hanno una spiccata attitudine materna e sono molto prolifere, in media le nidiate sono di 10 – 12 suinetti.

• Landrace: è una razza originaria della Danimarca. Lo sviluppo della razza ebbe inizio alla fine del 1800 quando esemplari di razza Large White provenienti dall'Inghilterra furono incrociati con suini indigeni; in seguito si applicarono intense selezioni al fine di migliorare e rendere la razza particolarmente adatta alla produzione del bacon. In italia la razza Landrace si è abbastanza diffusa, tanto da essere, dopo la Large White, la razza estera più numerosa. Oltre che in purezza, in Italia viene allevata anche per la produzione di meticci, per creare soggetti abbastanza vigorosi e con buone attitudini alla produzione di carne. Le più importanti caratteristiche morfologiche sono: testa leggera con profilo rettilineo, le orecchie non sono troppo sviluppate e sono dirette in avanti, il treno anteriore è piuttosto

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leggero e il tronco è particolarmente lungo e largo, mentre il posteriore è piuttosto ben sviluppato con gli arti lunghi e robusti; la pelle è di color roseo con setole bianche. Questa razza possiede un'elevata precocità ed è in grado di utilizzare bene gli alimenti, avendo un alto potere di trasformazione. Le femmine sono abbastanza prolifiche: ogni nidiata è composta da 10 – 12 suinetti che la scrofa è in grado di badare bene senza difficoltà.

• Large Black: originaria di alcune contee inglesi, è dopo la Large White la principale razza allevata in Gran Bretagna. In Italia è allevata soprattutto nelle regioni meridionali, essendo un animale molto rustico e ottima pascolatrice. Dal punto di vista morfologico è un suino di media taglia, il corpo è cilindrico e allungato, le orecchie sono grandi e pendenti, il mantello completamente nero. Questi suini sono ad attitudine alla produzione di carne, la quale però presenta talvolta un eccessivo tenore di grasso.

• Hampshire: è molto probabile che questa razza americana in realtà provenga dalla Gran Bretagna perché alla fine del 1800 si hanno notizie di suini molto simili al moderno Hampshire allevati in Inghilterra. I soggetti importati in Usa, in particolare nel Massachusetts, sono stati poi migliorati con razze diverse tra cui suini di origine cinese e casertana. Oggi rappresenta una delle razze più popolari degli Stati Uniti. Per quanto riguarda le caratteristiche morfologiche: il mantello è nero con fascia bianca intera che circonda le spalle e gli arti anteriori, la corporatura è piuttosto voluminosa e le orecchie sono portate diritte e in avanti, il muso è più affusolato rispetto a tutte le altre razze.

• Duroc: questa razza è ampiamente diffusa in Usa grazie alla sua capacità di adattamento alle diverse condizioni ambientali. Il mantello ha un colore che va dal rosso dorato molto chiaro fino al rosso scuro, il muso è conico con un piccolo grugno, le orecchie piccole e pendenti in avanti, il corpo è di media lunghezza con gli arti ben proporzionati. Le scrofe, nonostante non siano ben prolifiche, hanno un notevole istinto materno.

• Pietrain: introdotta in Italia recentemente. I suini Pietrain hanno la testa piccola e corta, a profilo rettilineo, orecchie brevi dirette in avanti, tronco ben sviluppato in lunghezza, arti

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corti, mantello bianco pomellato di nero. È una razza di indiscussa attitudine per la produzione di carcasse carnose con lieve infiltrazione di grasso. La scrofa possiede discreta prolificità e buona capacità di allevamento.

• Cinta Senese: è una delle razze italiane più antiche e la sua terra di origine è la parte collinosa della provincia di Siena. Attualmente i suini di questa razza sono allevati sia in purezza che impiegati per la creazione di incroci industriali (i cosiddetti “tramacchiati”) con soggetti Large White. I suini Cinta Senese hanno un mantello color nero ardesia con una fascia bianca comprendente la regione del garrese e gli arti anteriori; la testa ha profilo rettilineo e porta orecchie medie, diritte in avanti e pendenti; il tronco è ben sviluppato e gli arti sono robusti. Sono animali rustici, vigorosi e assai idonei al pascolamento; la prolificità della scrofa è buona con 7 – 9 nati per parto.

• Romagnola: allevata soprattutto nelle province di Ravenna e Forlì, è stata negli ultimi anni sostituita dai suini Large White. I suini romagnoli sono alti, con pelle scura e setole nere, la testa piccola porta delle orecchie appuntite, dirette in avanti. È una razza assai rustica e in Italia viene molto impiegata per l'incrocio con suini Large White.

• Casertana: è originaria dell'omonima provincia della Campania. Sono suini di taglia ridotta e scheletro minuto; il mantello, sprovvisto di setole, è di colore grigio plumbeo ma che può arrivare fino al nero violaceo. La principale caratteristica è la presenza di due tipiche escrescenze grasse penzolanti sotto il mento, dette tettole o scioccaglie. La Casertana si presta molto all'ingrassamento ma la prolificità è alquanto modesta.

STRUTTURA SOCIALE E AGGRESSIVITA'

Esistono numerose popolazioni di suini allo stato brado, che formano gruppi di circa otto soggetti, costituiti comunemente da tre scrofe e dalla loro prole. I maschi sono solitari per la maggior parte dell'anno, ma possono formare gruppi di soli maschi verso la fine dell'inverno (Dorries et al. 1995);

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questi soggetti effettuano spostamenti più lunghi rispetto le femmine. I suinetti non lasciano la scrofa finché non hanno raggiunto un peso di 27 – 32Kg.

I suini presentano il modello gerarchico più affascinante; le posizioni sociali vengono stabilite subito dopo la nascita, non tramite azioni scoordinate di spinta per raggiungere il capezzolo, come avviene per i cuccioli di cane, bensì mediante accesi combattimenti con l'uso dei denti detti spillo, che i suinetti posseggono fin dalla nascita. È per questo che durante il periodo neonatale molti allevatori tagliano i denti a livello della gengiva (Fraser 1975) per ridurre le ferite e le infezioni dovute alle lacerazioni.

L'obiettivo per cui i suinetti combattono è l'appropriarsi delle mammelle più ambite, normalmente quelle poste anteriormente, caratterizzate da una maggiore produzione di latte da una minore incidenza di mastiti. Inoltre i suinetti che poppano da queste mammelle corrono meno il rischio di venire schiacciati dagli arti posteriori della scrofa. L'ordine gerarchico si forma entro i primi due giorni dalla nascita e i suinetti più pesanti e nati prima sono solitamente i dominanti (McBride 1963). Poiché le mammelle anteriori producono più latte, i piccoli che si nutrono da queste crescono più velocemente e rimangono dominanti (Dyck et al. 1987; McBride et al. 1964, 1965); la gerarchia relativa all'ordine di poppata una volta formata rimane stabile.

Quando vengono mischiati suinetti appena svezzati o suini più vecchi di provenienza diversa, si deve formare una gerarchia (McBride et al. 1964; Rasmussen et al. 1962). Anche suinetti di una sola settimana combattono con suinetti estranei, sebbene i combattimenti siano di breve durata. Per suini più vecchi il processo di formazione della gerarchia necessita di molti giorni (Meese et al. 1973); benché la maggior parte dei combattimenti avvenga nelle prime 24 h da quando i suini estranei vengono mischiati, l'assunzione di cibo e l'incremento di peso risultano ridotti per un periodo superiore alle 24 h.

I combattimenti delle femmine avvengono per un periodo più lungo rispetto a quello dei maschi castrati (Stookey et al. 1994). I verri sono presumibilmente dominanti sulle scrofe, ma quando sono

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allevati nello stesso box dei maschi castrati e delle scrofe, non ottengono sempre la dominanza (Meese et al. 1973).

L'allontanamento dei suini per un periodo superiore ai 25 giorni non incide sul loro rango sociale al loro ritorno in gruppo (Ewbank e Meese 1971). L'animale che era stato allontanato ed era dominante assume una posizione sdraiata lasciandosi annusare dagli altri suini del gruppo; questo comportamento, la cui funzione è ancora sconosciuta, si nota più frequentemente quando il suino dominante ritorna in gruppo dopo un lungo periodo di assenza (Fraser 1975).

Le scrofe dominanti danno alla luce un numero di maschi maggiore rispetto a quelle subordinate (Meikle et al. 1993; Mendl et al. 1995). Il significato biologico di ciò è che i figli degli animali dominanti hanno maggiori probabilità di diventare più grandi morfologicamente e più forti di salute e di conseguenza essi stessi dominanti. I suini maschi figli di scrofe dominanti hanno maggiore possibilità di dominare gli altri verri, di fecondare le femmine, e quindi di procreare molti suinetti. Se la scrofa non è dominante c'è un elevato rischio che la prole maschile non riesca ad ottenere una discendenza, per cui la via più sicura per trasmettere i propri geni è quella di partorire femmine che a loro volta partoriranno almeno qualche nidiata.

Una volta che si è stabilita la gerarchia le lotte sono sostituite da atteggiamenti di minaccia che consistono in forti e acuti grugniti ed in finti attacchi col grugno da parte del suino dominante. I comportamenti aggressivi comprendono la spinta della testa verso l'alto o di lato, contro la testa o il corpo dell'avversario e a questi atteggiamenti possono accompagnarsi dei morsi. Inoltre può anche verificarsi il sollevamento dell'avversario con la testa che viene posta sotto il suo corpo, solitamente dal di dietro.

Nel suino, l'atto di sottomissione consiste nell'allontanare la testa dal corpo dell'avversario (Jensen 1980), tale atto è seguito da un repentino allontanamento.

Il livello di aggressività non è correlato con l'età, il peso o nel caso delle scrofe col numero di parti (Mount et al. 1993). I suini nei loro recinti possiedono qualche vantaggio rispetto agli intrusi (Soffie

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et al. 1976); inoltre, maggiore è il numero di suini estranei rispetto ai suini che si conoscono, più elevato è il numero di combattimenti (Arey et al. 1995).

Il comportamento più aggressivo si nota in relazione al cibo: i suini possono mostrare aggressività davanti all'ingresso di un alimentatore automatico e fare la fila in ordine di dominanza. Una scrofa subordinata può produrre nidiate poco numerose o suinetti con un basso peso alla nascita (Mendl et al. 1992), non perché sprovvista di potenziale genetico ma perché non può nutrirsi adeguatamente. Nei comportamenti di dominanza sembra importante il metodo di stabulazione; nell'allevamento all'aperto si registrano meno aggressioni e conseguenze più lievi per i suini subordinati (Martin et al. 1994). L'affollamento aumenta il numero di aggressioni in molte specie e nel suino l'aggressività aumenta con l'accrescersi della densità (Bryant et al. 1972).

Un altro tipo di aggressione che si riscontra con maggior frequenza nei suini allevati su pavimentazione artificiale è la morsicatura della coda (Ewbank 1973). L'affollamento favorisce questo tipo di comportamento (Ewbank e Bryant. 1972; Scoot 1958), ma la causa principale sembra essere la mancanza di stimoli orali in una specie che normalmente occupa la maggior parte del suo tempo (almeno sette ore al giorno) all'attività di grufolamento alla ricerca di cibo (Hafez et al. 1969). È piuttosto facile che i suini, non avendo altro da fare e annoiandosi, inizino a mordicchiarsi la coda reciprocamente.

Quando la coda viene morsa in modo abbastanza grave da sanguinare, la presenza del sangue aggrava la situazione, la vittima agita la coda ferita, gli altri suini diventano ancora più aggressivi e mordono in modo serio (Van Putten 1969); si instaura un meccanismo di cannibalismo, stimolato dalla presenza del sangue, che trasforma un gioco in una vera e propria aggressione. Qualche soggetto viene ucciso sul momento, ma più spesso la morte sopravviene a causa della successiva infezione della coda ferita.

Le morsicature della coda possono essere ridotte permettendo ai suini di grufolare, procurando loro del terreno. Anche l'utilizzo della lettiera in un pavimento grigliato e l'alimentazione a terra invece che da alimentatori automatici può ridurre questo fenomeno.

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LA COMUNICAZIONE

I segnali vocali sono probabilmente il principale mezzo di comunicazione del suino. Alcuni autori hanno identificato almeno venti vocalizzazioni tra cui grugniti, latrati, strilli e loro combinazioni (Hafez et al. 1969). Tali vocalizzazioni sono state associate a diverse situazioni e stati emozionali. Il grugnito semplice è lungo da 0,25 a 0,4 secondi e viene emesso come risposta a suoni famigliari, oppure mentre il suino sta grufolando; il grugnito staccato o grugnito breve è più corto (0,1 – 0,2 secondi) e viene emesso quando un suino è eccitato e può essere seguito da uno strillo.

Un crescendo di grugniti staccati viene emesso per esempio da una scrofa quando assume un atteggiamento minaccioso; tale vocalizzazione può precedere un attacco contro chiunque disturbi la prole. Il grugnito lungo (0,4 – 1,2 secondi) compare in risposta a stimoli piacevoli, soprattutto tattili.

Il latrato è prodotto quando un animale è spaventato.

Lo strillo acuto è una vocalizzazione più intensa e il suino la emette quando viene colpito.

I diversi grugniti e le loro combinazioni non sembrano avere significati precisi, ma l'intensità delle vocalizzazioni varia in funzione dell'intensità delle situazioni. Una sequenza usuale è il passaggio da grugniti semplici, a grugniti staccati, a grugniti ripetuti senza interruzioni, a grugniti acuti e infine strilli quando l'animale è avvicinato, inseguito, bloccato.

Anche l'isolamento in un luogo estraneo provoca un'emissione di vocalizzi: a grugniti corti seguono strilli e contemporaneamente aumenta il ritmo di defecazione (Fraser 1974). I suini adulti spesso reagiscono al contenimento con un atteggiamento di collera che si accompagna a grida molto forti, senza che si verifichi un aumento della frequenza cardiaca (Marcuse et al. 1946).

Quando un suino dominante sottomette un suino subordinato emette un latrato acuto e finge un attacco col grugno.

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I segnali visivi non sembrano essere così importanti nel suino rispetto altre specie domestiche, per il fatto che l'animale utilizza una vasta gamma di segnali vocali ma anche perché il suino possiede una bassa capacità di produrre mimiche facciali.

La coda, soprattutto nei soggetti giovani, è un buon indice dello stato di benessere: una coda arricciata in modo deciso è distintiva di un suino sano, mentre se è distesa indica la presenza di qualche sofferenza. Il suino tiene la coda sollevata e arricciata in situazioni di saluto, di competizione per il cibo, di inseguimento di altri soggetti, durante il corteggiamento, la monta, l'accoppiamento, mentre la distende quando è appisolato o addormentato ma la arriccia immediatamente appena si sveglia. È per questo che l'amputazione della coda nel suino è controindicata perché elimina un utile, anche se approssimativo, sussidio diagnostico comportamentale.

Il comportamento del gruppo è ancora più importante.

I suini, specialmente i suinetti appena nati, si stringono insieme quando hanno freddo diminuendo la superficie di dispersione termica. Anche gli adulti si stringono assieme se hanno freddo, ma i loro problemi di termoregolazione riguardano maggiormente situazioni di ipertermia. Questi animali non sudano, e sebbene aumentino la frequenza respiratoria, questa non risulta sufficiente per il raffreddamento; anche in questo caso sopraggiunge un comportamento di termoregolazione in quanto gli animali si rotolano nel fango, più efficace della sola acqua per eliminare il calore in eccesso (Mount 1979).

Gli stimoli olfattivi servono per l'identificazione individuale dei suini, poiché questi possono riconoscere i conspecifici tramite l'odore (Meese et al. 1975). Essi ispezionano ogni animale di nuova introduzione, oppure che è stato temporaneamente tolto dal gruppo, annusandolo nella regione del ventre.

In suini deprivati della vista, i segnali olfattivi e uditivi diventano più determinanti nel creare una gerarchia sociale basata su rapporti di dominanza (Ewbank et al. 1974).

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TOELETTATURA (grooming)

I suini subordinati toelettano i dominanti, che giacciono sdraiati su di un fianco, mentre i primi mordicchiano sul ventre. Ci sono zone del corpo dove i suini non riescono a raggiungersi con il grugno o con gli arti posteriori; queste zone, fianchi e la schiena, sono toelettate dagli altri suini. I soggetti allevati singolarmente, in mancanza di ciò, si grattano contro gli oggetti.

VARIABILITA' GENETICA DEL COMPORTAMENTO AGGRESSIVO

In natura i suini selvatici vivono in branchi composti da femmine imparentate tra loro e dai figli dell'ultima nidiata. A questi gruppi possono unirsi i maschi adulti che tuttavia vivono da soli o in branchi di maschi e si uniscono alle femmine solo per l'accoppiamento.

Secondo D’Eath et al. (2009), i combattimenti reciproci hanno una ereditabilità del 47%, le aggressioni non reciproche del 34% mentre l'inattività dei suini nei box ha una ereditabilità del 5%: conviene perciò selezionare gli animali contro l'aggressività piuttosto che contro l'inattività degli animali.

I ricercatori del Welfare Quality ® hanno scoperto che i comportamenti aggressivi, che emergono quando gli animali vengono per la prima volta mescolati, possono essere ridotti selezionando e creando quindi un aumento del benessere dei suini.

Questi ricercatori hanno monitorato il comportamento di due popolazioni di suini, una in Danimarca e una in Svezia; le popolazioni erano omogenee sia nel numero di animali sia nel peso. Facendo una conta delle lesioni dopo 24 ore dal mixing hanno osservato che il numero di lesioni cutanee trovate dopo il raggruppamento era all'incirca agli stessi livelli moderati di ereditarietà in entrambi i gruppi; anche il comportamento aggressivo risulta moderatamente ereditabile, mentre l'ereditabilità degli atteggiamenti è risultata inferiore di poco.

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L'atteggiamento che rende vittima delle aggressioni è risultato invece essere scarsamente ereditabile. Dagli studi è inoltre emerso che i suini che mostrano atteggiamenti di attacco nei loro simili, raramente ne sono vittime. Visti i risultati ottenuti, è possibile identificare ed escludere dai programmi di selezione i suini aggressivi. Secondo Turner et al. (2006) se dal mixing vengono esclusi i suini più aggressivi, si potrebbe verificare che prendano il loro posto, suini che prima non manifestavano nulla. Tuttavia, in assenza di animali aggressivi, non si verifica un incremento delle iterazioni agonistiche, quindi si ottiene una riduzione dell'aggressività.

Sebbene siano necessarie ulteriori ricerche per confermare il collegamento tra aggressività e il comportamento osservato in situazioni stressanti (mixing, manipolazione), i ricercatori del Welfare Quality ® hanno dimostrato che è possibile procedere con la selezione genetica per la riduzione dell'aggressività, basandosi sula classificazione delle lesioni riportate in seguito all'inserimento in gruppi misti.

In questo modo si dà la possibilità agli allevatori di aumentare il benessere generale e anche il proprio reddito.

MANAGEMENT CONTRO L'AGGRESSIVITÀ POST MIXING

Le posizioni di gerarchia in gruppi di scrofe sono risolte relativamente rapidamente, anche se la stabilità a lungo termine può essere influenzata da diversi fattori tra cui il metodo di alimentazione. Il combattimento tra animali di dimensioni disuguali risulta essere meno intenso.

I gruppi di suini in numero maggiore hanno più posizioni di gerarchia da risolvere e quindi sono più aggressivi; la mancanza di più spazio sembra non avere tanta influenza.

Le scrofe appena miscelate dovrebbero essere controllate per evitare fenomeni aggressivi intensi; gli attacchi si verificano soprattutto durante la miscelazione e questo può provocare reazioni di stress fisiologico che possono avere effetti negativi sui parametri riproduttivi. Tuttavia gli eventuali effetti dannosi possono essere evitati con una attenta tempistica di riorganizzazione; è quindi

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possibile ottenere prestazioni di riproduzione ugualmente buone in sistemi di allevamento in gruppo ma anche con alloggi individuali, a condizione che venga praticata una buona gestione (Arey e Edwards 1998).

Il comportamento agonistico include un modo aggressivo e uno sottomesso. Nell'allevamento suino tali comportamenti possono essere particolarmente osservati quando i maiali sconosciuti vengono mescolati e si formano nuovi gruppi. Il livello di comportamento aggressivo dipende da diverse circostanze quali le differenze nel peso corporeo, lo spazio, le dimensioni del gruppo, il grado di familiarità.

È stato segnalato che maiali più pesanti in un gruppo tendono a vincere di più gli affronti.

Ewbank e Bryant (1972) hanno dichiarato che una riduzione dell'area disponibile per un suino porta ad un aumento delle interazioni agonistiche. Hoy e Bauer (2005) hanno osservato che la miscelazione delle scrofe tra loro conosciute riduce il livello di aggressioni in contrasto invece con il mescolamento di maiali inconsapevoli.

Gli incontri aggressivi spesso provocano sintomatologia e aumento degli stati immunosoppressivi; pertanto il comportamento agonistico può portare a una diminuzione del benessere sociale influenzando così l'economia della produzione suina.

Studi recenti hanno dimostrato che il comportamento agonistico dopo la miscelazione è moderatamente ereditabile e potrebbe essere ridotto tramite selezione genetica.

Gli animali vengono esaminati per trovare un'associazione tra comportamento aggressivo e accumulo di lesioni cutanee. Pertanto le lesioni cutanee possono essere utilizzate per valutare la capacità agonistica di un maiale. Non è necessario effettuare osservazioni temporanee per effettuare un approccio alla valutazione delle lesioni; i metodi di valutazione possono rientrare nella normale routine di allevamento (Stukenborg et al. 2010).

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È possibile, attraverso la selezione genetica, ridurre il comportamento genetico aggressivo della specie suina. Tuttavia può essere utile studiare delle tecniche per ridurre l'incidenza di tali iterazioni agonistiche e le conseguenze che queste comportano, in modo da incrementare ulteriormente gli effetti della selezione genetica.

Come già sottolineato, nelle prime 24 ore successive al mixing i suini esprimono al massimo l'attività agonistica, lottando animatamente per stabilire la gerarchia all'interno del gruppo; in questo periodo inoltre vengono registrati il maggior numero di lesioni e un alto livello di stress negli animali.

Per ridurre tali effetti che comportano una perdita in termini di parametri produttivi e garantire un maggiore benessere è possibile intervenire con strategie manageriali nel periodo immediatamente successivo al mescolamento.

EFFETTI DELL'INTENSITÀ LUMINOSA SULL'ATTIVITA' DEL SUINO E SUL

COMPORTAMENTO AGGRESSIVO

Per ottenere un buon livello di benessere animale i suini richiedono una illuminazione sufficiente. Pertanto i livelli minimi per la durata della luce e l'intensità della luce sono stati istituiti tramite legislazione europea (dir. 2008/120).

Un trial sperimentale è stato progettato per determinare se una maggiore durata del fotoperiodo (fino a 16 h luce al giorno) potrebbe modificare il comportamento, i parametri produttivi e la qualità della carne e prosciutto dei suini pesanti italiani.

Sono stati utilizzati maiali castrati, incrocio Large White con Landrace, di 26 kg di media iniziale fino a peso finale di 160 kg. I maiali sono stati divisi omogeneamente in due gruppi sperimentali, ciascuno comprendente venti suini; il gruppo a fotoperiodo breve (SP) ha ricevuto il minimo di ore

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di luce per giorno (8h/d) mentre il gruppo a fotoperiodo lungo (LP) è stato sottoposto a 16 ore di luce al giorno durante tutto il ciclo produttivo. L'intensità della luce è stata mantenuta a 40 lux (cioè il minimo obbligatorio).

Sono stati valutati: parametri di crescita, resa alla macellazione (carcassa, qualità della carne, composizione del grasso), qualità del prosciutto e comportamento animale.

Dai risultati è emerso che i maiali del gruppo LP, sia in peso vivo che in carcassa, hanno un peso maggiore del gruppo SP. Allo stesso modo i prosciutti ottenuti dal gruppo LP erano notevolmente più pesanti e le loro perdite di peso durante il periodo di stagionatura, erano inferiori rispetto al gruppo SP.

Non sono state segnalate differenze significative tra i due gruppi sperimentali per quanto riguarda la carne, i prosciutti e la qualità del grasso sottocutaneo.

I risultati ottenuti indicano che, dato un periodo di riposo con fotoperiodo negativo (buio), una maggiore durata del fotoperiodo positivo (anche con intensità di luce minima) può influire favorevolmente sui parametri di crescita dei suini pesanti senza effetti negativi su comportamento, sulle caratteristiche della carcassa, sulla qualità della carne e del prosciutto (Martelli et al. 2015).

La stabulazione dei suini al buio è in grado di diminuire il numero, la durata e l'intensità dei comportamenti aggressivi tra suini per instaurare una gerarchia di dominanza.

Alcuni studi scientifici hanno mostrato che il buio è l'unico rimedio attuabile per porre fine alle aggressioni tra gli animali in alcune forme gravissime di cannibalismo.

Tuttavia non bisogna dimenticare gli effetti negativi della costante permanenza al buio.

L'illuminazione inadeguata ha un impatto negativo sul benessere di molti animali in cattività; fotoperiodo, illuminazione e spettro influenzano l'idoneità di un sorgente luminosa o di un regime. Lo sviluppo oculare, fisico e neurale di un animale, così come il suo comportamento, può essere influenzato dall'illuminazione a cui è sottoposto.

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La stabulazione dei suini dovrebbe avvenire in condizioni di illuminazione normale in modo da consentire l'attivazione di tutti i processi biologici che dipendono dalla presenza di luce, come ad esempio una corretta formazione di vitamina D.

In particolare, una corretta esposizione alla luce è importante per i giovani riproduttori, per lo sviluppo e la corretta funzionalità dell'apparato riproduttore; nelle scrofette si ritiene necessario una luce di 50 lux per 15 – 16 ore al giorno per l'instaurarsi di un normale ciclo estrale. Questo comporta la necessità di fornire luce artificiale, in aiuto a quella naturale.

Ci sono poi precise norme di legge che regolamentano le condizioni di illuminazione nelle quali devono vivere i suini:

• decreto legislativo 534/1992, attuazione della direttiva CEE 91/630/CEE. Vieta di allevare suini in una condizione di buio permanente. A tal fine, nel caso in cui i locali dove si allevano i suini non possono godere di illuminazione naturale, tale legge impone che la illuminazione artificiale equivalga, per durata, all'illuminazione naturale ovvero dalle 9:00 alle 17:00.

Dato l'effetto presunto dalle condizioni di buio durante l'allevamento dei suini, sull'aggressività è necessario verificare l'effetto di queste condizioni entro i limiti consentiti dalla legge sulle caratteristiche del comportamento agonistico.

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OBIETTIVO DELLA TESI

Nel corso degli anni, l’aggressività nei suini ha ricevuto molta attenzione, dal momento che

comporta gravi problemi per il benessere degli animali e molti problemi di ordine economico (Petherick e Blackshaw 1987).

Le conseguenze del comportamento aggressivo manifestato dai suini, particolarmente evidenti nelle ore che seguono la formazione di nuovi gruppi sociali, si riscontrano sia nell’ambiente di allevamento, determinando una diminuzione del grado di benessere degli animali, sia nelle fasi successive di trasformazione della loro carne facendo quindi calare il reddito dell’azienda. Pertanto risulta importante, sia dal punto di vista economico che etico, ricercare una strategia manageriale, di facile applicazione, che sia in grado di ridurre le interazioni agonistiche dei suini e gli effetti negativi che ne conseguono. È opportuno sottolineare che tali interazioni possono essere ridotte anche attraverso il miglioramento genetico come già dimostrato in altri studi (ricercatori Welfare Quality®).

L'obiettivo di questa tesi è verificare l’efficacia del buio come mezzo per ridurre le manifestazioni agonistiche tra suini in fase di ingrasso al momento della formazione di nuovi gruppi sociali e nei giorni successivi. I risultati che emergeranno da questo lavoro potranno essere utili per individuare soluzioni di allevamento di facile applicazione e sostenibili dal punto di vista economico.

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MATERIALI E METODI

STRUTTURA

L'attività di ricerca si è svolta presso l'Azienda Agricola Sperimentale “Lucio Toniolo” dell’Università degli Studi di Padova, utilizzando una struttura per la stabulazione di suini all'ingrasso dedicata all'esperimento.

All'interno dello stabulario sono presenti (Fig. 2):

• due locali dedicati alla stabulazione degli animali;

• un locale è adibito a magazzino, all'interno del quale vengono tenuti gli attrezzi da lavoro e il mangime per l'alimentazione

• un ufficio dove sono collocati i computer per le rilevazioni delle condizioni ambientali, per il controllo dell'alimentazione dei suini e i supporti di registrazione video per le riprese.

Figura 2: Pianta distribuzione locali allevamento

Le condizioni ambientali, quali temperatura interna e umidità relativa dell'aria, vengono rilevate da sonde collocate in due punti dello stabulario e collegate al sistema informatico; questo sistema garantisce condizioni ideali di stabulazione attraverso la regolazione automatica.

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I due locali adibiti alla stabulazione sono internamente suddivisi in quattro box. Ogni box ha una forma rettangolare, con una superficie totale di 21 m2; all'interno di quest'area è compresa la stazione per l'auto – alimentazione, che occupa una superficie di circa 1,4 m2. La rimanente superficie calpestabile è di 19,6 m2, di cui 6,5 m2 è su grigliato e i restanti 13,1 m2 su pavimentazione piena in cemento. La pavimentazione di grigliato occupa la parte centrale del box e sotto di essa vi è una fossa per la raccolta delle deiezioni che viene svuotata alla fine di ogni ciclo produttivo di ingrasso.

I box sono distribuiti in modo speculare all'interno del locale, due per lato, e sono suddivisi da un corridoio di servizio centrale, di larghezza di 1,7 m e che consente le operazioni di movimentazione e pesatura degli animali. I box di uno stesso lato sono separati tra loro da una barriera metallica alta 1 m con sbarre verticali distanti tra loro 10 cm; questa distanza permette ai suini dei box adiacenti il contatto visivo. Al centro della barriera metallica è collocato il distributore per l'acqua a succhiotto al quale i suini possono accedere ad libitum.

Per garantire le condizioni di illuminazione e lo standard di benessere di allevamento, ogni box è dotato di una superficie fenestrata di 2,3 m2, apribile a vasistas e provvista di un sistema per l'oscuramento.

Ai fini del presente studio, due box per stanza, diametralmente opposti e non adiacenti, sono equipaggiati con telecamere a circuito chiuso, dotate di rilevazione a raggi infrarossi, per consentire la registrazione dell’attività degli animali anche durante le ore notturne e durante le condizioni sperimentali di buio.

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Per realizzare la prova sperimentale sono stati utilizzati 52 suini (26 maschi castrati e 26 femmine). Tutti gli animali sono nati nella stessa settimana, ma provenienti da allevamenti diversi. Gli animali sono arrivati in azienda a 79 ± 6,5 giorni di età con un peso di 38 ± 7,0 chilogrammi.

I suini impiegati sono ibridi commerciali, appartenenti a quattro linee genetiche differenti (N = 13 suini per linea genetica) adatte alla produzione del suino pesante italiano:

• ANAS (A): linea genetica tradizionale di selezione italiana, risultante dall'incrocio di verri razza Duroc italiana con scrofe di razza Large White italiana

• Goland (G)

• DanBred Duroc (D) • Topigs Tempo 40 (T)

Una volta arrivati in azienda gli animali sono stati stabulati nei box presenti in stabulario, in gruppi di 13 animali costituiti da suini appartenenti ad un unico tipo genetico. Nel corso della prova i suini sono stati tutti alimentati con lo stesso mangime e piano alimentare, il quale veniva aggiustato settimanalmente in funzione del peso medio raggiunto dagli animali.

Dopo 50 giorni dall'arrivo sono stati costituiti i box sperimentali, mescolando i suini appartenenti ai quattro tipi genetici nello stesso box. Il mixing è stato fatto in base al tipo genetico, al sesso e al peso, in modo da ottenere un bilanciamento tra diversi box per tali fattori. Al momento del mixing i suini avevano raggiunto il peso medio di 63,6 ± 9,3 chilogrammi e un’età di circa 6 mesi.

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Tabella 1: distribuzione degli animali nei box

ANAS TOPIGS GOLAND DANBRED

BOX 1 3 3 4 3

BOX 3 4 3 3 3

BOX 6 3 4 3 3

BOX 8 3 3 3 4

Il giorno precedente al mixaggio, gli animali sono stati marcati con coloranti specifici, per consentire una rapida identificazione del tipo genetico nei video, indipendentemente dalla postura assunta dai soggetti e anche in condizioni di scarsa illuminazione. Nello specifico, i suini delle diverse linee genetiche erano identificati attraverso le seguenti marcature:

• Danbred: segno circolare pieno (approssimativamente 15cm di diametro) nella regione del garrese, coscia destra e coscia sinistra

• Goland: tre segni strisce longitudinali, una in posizione mediana lungo la schiena e due laterali lungo i fianchi

• Topigs: marcati con una linea trasversale lungo la circonferenza del torace, a livello della scapola

• Anas: nessuna marcatura

La condizione di buio è stata mantenuta per 48 ore dal momento del mixing e successivamente si è ripristinato il fotoperiodo naturale in entrambe le stanze.

I gruppi dello stabulario A (Box 1, 2, 3, 4, di cui Box 1 e 3 coinvolti nello studio) sono stati formati in assenza di illuminazione, condizione ottenuta oscurando totalmente le vetrate e mantenendo

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l'illuminazione artificiale spenta. Ai fini della sperimentazione, la condizione di buio è stata mantenuta in stabulario per 48 ore, calcolate a partire dal termine delle operazioni di mixing (dalle ore 11:00 del 3 maggio, alle ore 11:00 del giorno 5 maggio). Al termine delle 48 ore, è stato ripristinato il fotoperiodo di 12 ore.

Nello stabulario B (box 5, 6, 7, 8, di cui Box 6 e 8 coinvolti nello studio) le operazioni di mixing si sono svolte alla luce naturale, ed è stato mantenuto il fotoperiodo di 12 ore per l'intera durata della sperimentazione.

La sperimentazione si è conclusa dopo due settimane dal giorno del mixing.

RILEVAZIONI COMPORTAMENTALI

Selezione degli intervalli di osservazione

All'interno dei box 1, 3, 6, e 8 è stato installato un sistema di telecamere a circuito chiuso che hanno consentito di registrare tutte le attività che avvenivano all'interno dei box per tutta la durata della sperimentazione.

La raccolta dei dati è stata effettuata mediante il software The Obsever® (Noldus, The Netherlands). Tale software consente di importare video e di rilevare da essi l’occorrenza di comportamenti di interesse: questi vengono associati a pressione di tasti, che identificano l'inizio e la fine dell’espressione di uno specifico comportamento, consentendo così di calcolare la frequenza di espressione e la durata dei comportamenti stessi.

Le rilevazioni comportamentali sono state effettuate in quattro finestre temporali, a diversi tempistiche di distanza dal momento del mixing:

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• Fase 1: 0 – 24h (corrisponde alle prime 24 ore di assenza di illuminazione per i gruppi sottoposti al trattamento sperimentale)

• Fase 2: 48 – 72h (24 ore successive al termine dell’alterazione del fotoperiodo) • Fase 3: 24 h a partire dal 7° giorno successivo al mixing

• fase 4: 24 h a partire dal 14° giorno successivo al mixing

In queste quattro fasi sono stati analizzati i primi 10 minuti di ogni ora (es. dalle 10:00 alle 10:10, dalle 11:00 alle 11:10 etc.) per tutti e quattro i box monitorati, per un totale di 24 osservazioni da 10 minuti per box/per fase. Nel complesso sono stati raccolti dati da 288 video.

Nell’eventualità che nel corso dei 10 minuti designati per l’osservazione avvenissero eventi anomali, quali l’accensione delle luci al di fuori del fotoperiodo stabilito, o la presenza di operatori nel corridoio/nel box (eventi che potevano accadere per esigenze tecniche e/o di natura sanitaria non legate alla sperimentazione), la rilevazione dei comportamenti di interesse veniva effettuata nei 10 minuti precedenti l’evento inatteso.

Rilevazione dei comportamenti

Ai fini di questo studio, è stata rilevata, con modalità continuous sampling, l'espressione del comportamento agonistico da parte di un qualunque soggetto, definito come interazione con altro suino della durata maggiore di 1 s, caratterizzata da morsi, tentativi di morsi, tentativi di sbilanciamento dell'avversario, inseguimento. Occorre precisare che il coinvolgimento in comportamento agonistico viene rilevato per ogni soggetto; pertanto un’interazione che vedesse coinvolti solo due soggetti, è stata codificata come due episodi contemporanei e di identica durata di espressione di comportamento agonistico; per interazioni che coinvolgevano più di due soggetti, venivano rilevati tanti episodi di comportamento agonistico quanti erano i soggetti coinvolti, ma in

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