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2.1.1. Definizione e principio del metodo.

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2. Telerilevamento

2.1. Introduzione.

2.1.1. Definizione e principio del metodo.

In termini generali per telerilevamento si intende la raccolta di informazioni su un’area o un fenomeno attraverso dati acquisiti mediante uno strumento che non entra in contatto diretto con l’area o l’oggetto della ricerca.

E’ la scienza che si occupa di acquisire informazioni sulla superficie terrestre e sull’atmosfera attraverso l’utilizzo della radiazione elettromagnetica riflessa o emessa dalla Terra, in una o più regioni dello spettro elettromagnetico (Campbell, 1996).

La quantità di radiazione EM riflessa (assorbita, trasmessa) da un qualsiasi oggetto varia al variare della lunghezza d'onda. Questa importante proprietà della materia consente l'identificazione e la separazione di diverse sostanze o classi attraverso la loro firma spettrale (curve spettrali) come mostrato in figura 2.1.

Figura 2.1 (da www.planetek.it). Firma spettrale tipo di

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Dunque la sabbia può riflettere più luce della vegetazione a certe lunghezze d'onda ma assorbirne di più ad altre. In linea di principio, vari tipi di superfici possono essere riconosciute e distinte fra loro grazie a tali differenze nelle riflettività relative, supposto che ci sia un metodo adeguato per la misura di tali differenze in funzione della lunghezza d'onda e dell'intensità della radiazione riflessa (come frazione o percentuale della radiazione incidente). A scopo esemplificativo si osservino, nella figura che segue, le posizioni dei punti che indicano le percentuali di riflettività in corrispondenza di due lunghezze d'onda per quattro tipi comuni di superfici (GL = terreni erbosi; PW = pinete; RS = sabbia rossa; SW = acqua fangosa).

Nella coppia di curve spettrali mostrate sotto (figura 2.2) è evidente che la risposta spettrale della vegetazione è distinta da quella della materia inorganica grazie alla improvvisa crescita della riflettività a circa 0.7 µm seguita da una graduale diminuzione fino al raggiungimento dell'intervallo a 1.1 µm.

Le prime curve (a sinistra o in alto) indicano una crescita graduale della riflettività all'aumentare della lunghezza d'onda per materiali prodotti dall'uomo. Il calcestruzzo, caratterizzato da una colorazione tenue, ha una risposta media più elevata dell'asfalto scuro; gli altri materiali si collocano nel mezzo (la ghiaia è probabilmente più blu come suggerito dalla crescita della riflettanza fra 0.4 e 0.5 µm e dalla risposta piatta nel resto della regione visibile [0.4 - 0.7 µm]).

Le altre curve (a destra o in basso) indicano che gran parte dei tipi di vegetazione hanno una risposta molto simile fra 0.3 e 0.5 µm; mostrano variazioni modeste nell'intervallo 0.5 - 0.6 µm; e la loro massima variabilità (e quindi la discriminazione ottimale) è fra 0.7 e 0.9 µm.

In senso stretto, dunque, le misure spettrali coinvolgono l'interazione fra

la radiazione che illumina e la struttura atomica/molecolare di qualsiasi

mezzo, determinando un segnale riflesso modificato in seguito

all'attraversamento dell'atmosfera e in funzione della natura della risposta del

sistema di rivelazione del sensore.

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Figura 2.2 (dal sito www.planetek.it). Firme spettrali di elementi non vegetati (A) e di elementi vegetati (B).

Comunque, in pratica, oggetti e proprietà della superficie terrestre sono descritti piuttosto in termini di classi che di materia. Si consideri, per esempio, il calcestruzzo. Lo si può trovare in strade, parcheggi, piscine, edifici e altre strutture, ciascuna delle quali può essere trattata come classe distinta.

La vegetazione può essere distinta in: alberi, coltivazioni, prati, alghe lacustri, ecc.; si può ricorrere anche a suddivisioni ulteriori, classificando gli alberi come decidui o sempreverdi, o ancora gli alberi decidui come querce, aceri, pioppi, ecc.

Le varie classi sono distinte attraverso due proprietà aggiuntive agli

attributi spettrali, ovvero la forma (caratteristiche geometriche) e l'uso o il

contesto (in certi casi la dislocazione geografica). Quindi una struttura di

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seconda che sia lineare o più o meno estesa. Due oggetti con caratteristiche spettrali pressoché identiche di vegetazione potrebbero essere assegnate alle classi "foresta" e "area coltivata" in funzione della regolarità dei contorni (rettilinei, spesso con strutture rettangolari o irregolari). Un'applicazione fondamentale del telerilevamento è nella classificazione della miriade di tipologie presenti in una scena (generalmente presentata come immagine) in categorie significative o classi che possono essere convertite in mappa tematica.

Obiettivo di un qualsiasi sistema di telerilevamento è semplicemente la rivelazione di segnali di radiazione, la determinazione del loro carattere spettrale, la derivazione di adeguate firme , e la correlazione delle distribuzioni geografiche delle classi che rappresentano. Tutto ciò ha come risultato la visualizzazione di un prodotto interpretabile, che può essere una mappa o un insieme di dati numerici, che rispecchia le caratteristiche di una superficie (o di una proprietà dell'atmosfera) attraverso indicazioni sulla natura e sulla distribuzione degli oggetti presenti nel campo di vista (da www.planetek.it ).

2.1.2. Telerilevamento attivo e passivo.

Una prima classificazione può essere fatta tra telerilevamento passivo e telerilevamento attivo.

Nel primo caso il sensore è deputato al solo ricevimento della radiazione elettromagnetica naturalmente riflessa o emessa dalla superficie o dall’oggetto in analisi ( apparecchiature fotografiche e satelliti ) .

Nel caso del telerilevamento attivo invece il sensore è allo stesso tempo emettitore di radiazione elettromagnetica e misuratore delle radiazioni una volta che queste hanno interagito con la superficie e ne sono state riflesse (radar e lidar ) .

Un primo gruppo di sistemi di telerilevamento passivo può essere

identificato tra quegli strumenti che raccolgono la radiazione elettromagnetica

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spettrale dell’energia emessa da un black body a 6000 °K , sistema che approssima il sole, mostra come la massima energia radiata ricada principalmente nell’ultravioletto, nel visibile e nell’infrarosso vicino (figura 2.3). I più comuni sistemi passivi che raccolgono le radiazioni solari riflesse dalla Terra operano infatti nel visibile (lunghezza d’onda 400 – 700 nm circa), nell’infrarosso vicino ( 0.700-1.3 nm circa) e nell’infrarosso medio o SWIR (nel range di 1.3–3.5 nm circa).

Un altro gruppo di sistemi di telerilevamento passivo opera invece raccogliendo le radiazioni emesse direttamente dalla Terra. Essa è rappresentabile in modo approssimato ad un corpo nero avente una temperatura media di 300 °K, che emette quindi principalmente nell’infrarosso termico e nella regione spettrale delle microonde (figura 2.3).

Figura 2.3 (dal sito www.dsa.unipr.it). Distribuzione

spettrale dell’energia emessa da due corpi neri a 6000 °K

e 303 °K rispettivamente.

(6)

I sistemi a telerilevamento attivo si dividono principalmente in sistemi a scattering operanti nel visibile/infrarosso (quali i sistemi LIDAR e di laser profiling), e in sistemi che utilizzano radiazioni nel range delle microonde, tipicamente nell’intervallo d’onda variante da pochi millimetri a pochi metri (sistemi radar e scatterometri). Particolarmente interessanti per le applicazioni ambientali sono i sistemi radar (radio detecting and ranging), i quali vengono definiti all-weather per l’utilizzo di lunghezze d’onda in grado di operare in ogni condizione atmosferica e per non necessitare di luce solare per l’acquisizione di immagini e dati. Tali sistemi consentono il monitoraggio di aree, tipicamente quelle a elevate latitudini, dove il telerilevamento nel visibile-infrarosso spesso non risulta efficace per la presenza di fitte coperture nuvolose. Nei sistemi radar la radiazione a microonde viene emessa da un generatore di impulsi (tipicamente 1500 al secondo) e successivamente raccolte da un’antenna dopo che hanno interagito con gli elementi della superficie terrestre. Il sistema più diffuso è di tipo SAR (Synthetic Aperture Radar), adatto ad essere utilizzato su satelliti in quanto non necessita di antenne di grandi dimensioni.

Le modalità con cui le microonde interagiscono con i differenti elementi

della superficie terrestre sono molto complesse ed una trattazione

approfondita non è possibile in questa sede. In linea generale l’intensità del

segnale di ritorno dipende dall’orientamento e dalle caratteristiche

geometriche della superficie “illuminata” dalle radiazioni, e anche dalla

costante dielettrica del materiale con cui interagisce. L’interazione della

radiazione è inoltre maggiore se la lunghezza d’onda utilizzata interagisce

con elementi di ordine di grandezza simile. Ad esempio le onde L (lunghezza

d’onda 15-30 cm) interagiscono poco con le coperture fogliari, mentre hanno

forti interazioni con la macrostruttura della copertura vegetale (es. rami, fusti

arborei). Le onde C (lunghezza d’onda 4-7 cm) al contrario penetrano poco

nella copertura vegetale in quanto hanno maggiori interazioni con le foglie

(da www.dsa.unipr.it).

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I sensori per il telerilevamento sono tipicamente caratterizzati dal tipo di informazione che si vuole ottenere e sulla base di quattro parametri principali ( da www.geol.unipd.it) :

• Risoluzione geometrica: dimensioni al suolo dei pixel (dipendente dall’IFOV) .

• Risoluzione spettrale : intervallo di lunghezze d’onda a cui è sensibile lo strumento .

• Risoluzione radiometrica : minima quantità di energia in grado di stimolare il detector affinché produca un segnale elettrico rilevabile dall’apparecchiatura .

• Risoluzione temporale : tempo di rivisitazione.

2.1.3. L’immagine digitale.

La radiazione registrata dai sensori viene inviata, spesso in forma elettronica, a una stazione dove i dati vengono elaborati in un’immagine digitale.

L’immagine digitale è una funzione a due dimensioni, che è definita

mediante un campionamento secondo un modello regolare a griglia

(risoluzione geometrica) e i valori che può assumere appartengono ad un

intervallo definito di numeri interi positivi (risoluzione radiometrica). Essa è

quindi un insieme di elementi discreti organizzati per righe e per colonne e

cioè una matrice: a ognuno di tali elementi detti pixel (picture element) è

associato un numero intero positivo che rappresenta la radianza media

misurata su una piccola area, o cella elementare di risoluzione. Ogni pixel

risulta così caratterizzato da una terna di valori (M,N,I), dove M e N sono

numero di riga e numero di colonna che individuano la sua posizione

all’interno dell’immagine digitale, e I è un numero indice correlato alla

intensità della radianza al suolo. Questi valori interi positivi sono i valori

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digitali assegnati ai pixel dell’immagine e rappresentano, in realtà, la radianza espressa in mW m-1 sr-1 mm-1 .

Le immagini da satellite in commercio riportano, all’interno dei file ausiliari, i dati per convertire il valore digitale del pixel dell’immagine in valori di radianza . La formula per tale conversione è la seguente:

Ln* = a

0

+a

1

PV

dove

Ln* = la radianza apparente a

0

= offset

a

1

= gain

PV = valore digitale del pixel

La dimensione dei pixels influisce sulla riproduzione dei dettagli della scena ed è determinata dall’altezza del sistema di ripresa, dalle sue caratteristiche di funzionamento, in particolare dal campo di vista istantaneo (IFOV = Istantaneus Field Of View).

Altro elemento importante è il numero di valori discreti utilizzati per rappresentare la misura dell’intensità della radianza della scena, che è invece una grandezza di tipo continuo; per esempio se per misurare questa informazione si usasse un solo bit, si potrebbero rappresentare solo due livelli di radianza 0 e 1, mentre con 8 bit si possono rappresentare 256 differenti livelli di intensità, da 0 a 255 ( tabella 2.1).

Le immagini digitali acquisite dai vari satelliti sono messe a disposizione

degli utenti sotto forma di nastri magnetici ( Brivio et al.,1992).

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Parametri Landsat MSS

Thematic Mapper

SPOT/HRV

Altezza (Km) 920 (1-3) 695 (4,5)

695 822

Bits/pixel 6 8 8 (1-3)

IFOV (m) 76 x 76 (1-3) 80 x 80 (4,5)

30 x 30 (1-5,7) 120 x 120 (6)

20 x 20 (1- 3)

Pixel intervallo (m)

57 x 82 (1-3) 57 x 80 (4,5)

30 x 30 (1-5,7) 120 x 120 (6)

20 x 20 (1- 3)

FOV Km) Pixels/scena

185 x 185 28

185 x 185 231

60 x 60 27 (1-3)

Tabella 2.1 (da Brivio et al.,1992). Riassunto delle caratteristiche dei più usati satelliti per il telerilevamento.

2.1.4. Vantaggi e limiti del remote sensing.

I vantaggi sono:

• Visione sinottica che permette la visione delle reciproche relazioni tra differenti caratteristiche spaziali e la definizione di caratteristiche/trend e fenomeni a scala regionale.

• Acquisizione dati in aree particolarmente inagibili e/o inospitali. E’ il metodo più rapido, sicuro ed economico per acquisire dati.

• Multitemporalità che permette l’acquisizione di dati rapidamente e

in tempi diversi di stesse aree di interesse.

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• Applicazioni multidisciplinari, ossia i dati acquisiti sono utili per differenti campi di indagine come geologia, ambiente ecc.

I limiti invece sono rappresentati da :

• Accuratezza dei dati dopo campagna di validazione sul terreno

• I dati analizzati si riferiscono sempre alle superfici degli oggetti studiati (roccia, suolo, alterazione, ecc..).

• Le condizioni di acquisizione condizionano la qualità del dato (illuminazione, rilievo, pendenza e giacitura superfici, condizioni meteo, ombreggiatura).

2.2. Principi fisici.

2.2.1. La radiazione elettromagnetica.

Un’onda elettromagnetica è una perturbazione che si propaga a velocità finita nello spazio trasportando energia. E’ costituita da un campo elettrico e un campo magnetico, tra loro perpendicolari e oscillanti su un piano ortogonale alla direzione di propagazione.

Un’onda elettromagnetica, in generale, può essere scomposta nelle sue componenti fondamentali, cioè in onde sinusoidali monocromatiche.

Ogni onda monocromatica è caratterizzata da una lunghezza d’onda λ

e da una frequenza ν o dal suo inverso, il periodo T . La λ è la distanza tra

due valori uguali ad un istante fissato (ad esempio tra due massimi ); il

periodo T è il tempo che trascorre tra il ripresentarsi di due valori uguali in un

punto fissato; la v è l’inverso del periodo cioè il numero di oscillazioni

nell’unità di tempo.

(11)

La velocità di propagazione delle onde elettromagnetiche nel vuoto è indicata con c e vale 3*10

8

m/s. c è legata a λ e a v dalla nota relazione

c = v λ.

Dal punto di vista della meccanica quantistica un’onda elettromagnetica è un flusso di particelle chiamate fotoni. Ogni fotone ha massa nulla ed energia E = hv, dove v è la frequenza di oscillazione sopraccitata e h è la costante di Plank ( Carlo Maria Marino et al., 1995 ).

2.2.2. Leggi fondamentali.

Tutta la materia a una temperatura superiore allo zero assoluto emette continuamente radiazioni elettromagnetiche. L’intensità e la composizione spettrale della radiazione emessa sono una funzione del tipo di materia con cui è fatto l’oggetto e della sua temperatura. Un corpo nero è un oggetto ideale ed è definito come un corpo che assorbe tutte le radiazioni incidenti su esso senza alcuna riflessione.

Le radiazioni emesse da un corpo nero a differenti temperature sono mostrate in figura 2.4. La lunghezza d’onda alla quale la maggior parte della radiazione viene emessa dipende dalla temperatura del corpo nero, ossia

λ

max

= A/T

dove λ

max

è la lunghezza d’onda (cm) alla quale c’è il picco di radiazione, A è una costante ( =0,29 cm °K ) e T è la temperatura ( °K ) dell’oggetto.

Questo principio è conosciuto come legge di Wien. Usando questa

legge, uno può stimare la temperatura degli oggetti misurando la lunghezza

d’onda del picco di radiazione. Per esempio, per il sole, la λ

max

si ha a 0,8

µm, che dà una temperatura di circa 6000 °K; in modo simile per la terra si

(12)

( figura 2.4).

La radiazione totale emessa da un corpo nero , avente una particolare temperatura, sopra l’intero range di radiazioni elettromagnetiche è data dalla legge di Stefan-Boltzmann:

W = σT

4

con σ che è una costante.

Ma la madre di tutte queste leggi è sicuramente quella di Plank:

w

λ

= (2πhc

2

5

) ( 1/ e

hc/Kt

–1 )

dove h è la costante di Plank (=6,62*10

-34

Js ), c è la velocità della luce in m s

-1

, k è la costante di Boltzmann (= 1,38*10

-23

J/deg ), λ è la lunghezza d’onda ( m ) considerata, e T è la temperatura ( °K ) del corpo nero.

Un’altra legge molto importante è quella di Kirchoff che ci dice

a

λ

= e

λ ,

ossia che la radiazione assorbita da un corpo è esattamente uguale a quella

emessa. Un corpo nero irradia uno spettro continuo, infatti si ha a

λ

= e

λ

=1 ,

un comportamento ideale che non rispecchia la realtà. Infatti i valori di

emissività dei corpi naturali non sono mai uguali ad uno ma variano tra zero

ed uno ( Carlo Maria Marino et al., 1995 ).

(13)

Figura 2.4 (da Carlo Maria Marino et al., 1995 ).

Distribuzione spettrale dell’energia radiata da un corpo nero di varie temperature, come il Sole, una lampada incandescente, il fuoco e la Terra.

2.2.3. Lo spettro elettromagnetico.

La distribuzione delle energie di radiazione può essere rappresentata

sia in funzione della lunghezza d'onda che della frequenza in un grafico noto

come spettro elettromagnetico (figura 2.5).

(14)

Figura 2.5 (da www.mclink.it). Lo spettro elettromagnetico.

Lo spettro elettromagnetico (EM) è stato arbitrariamente suddiviso in regioni o intervalli cui sono stati attribuiti nomi descrittivi.

All'estremo più energetico (alte frequenze, piccole lunghezze d'onda) ci sono i raggi gamma e i raggi x (le cui lunghezze d'onda sono usualmente misurate in Angstroms [Å], ovvero in unità di 10

-8

cm).

La radiazione ultravioletta si estende da circa 300 Å a circa 4000 Å. Per le regioni centrali dello spettro è opportuno utilizzare una fra le due seguenti unità di misura: micron (µm), ovvero multipli di 10

-6

m o nanometri (nm), di base 10

-9

m.

La regione visibile occupa l'intervallo fra 0.4 e 0.7 µm, o quello equivalente da 4000 a 7000 Å o ancora da 400 a 700 nm.

La regione infrarossa, compresa fra 0.7 e 100 µm, ha quattro sottointervalli di particolare interesse: (1) l'IR riflesso (0.7 - 3.0 µm) e (2) l'IR fotografico (0.7 - 0.9 µm), ovvero il range di sensibilità delle pellicole; (3) e (4) le bande termiche a (3 - 5 µm) e (8 - 14 µm). Per gli intervalli di lunghezze d'onda maggiori si passa dai mm ai cm ai metri.

La regione delle microonde va da 0.1 a 100 cm; include i range di

frequenze di tutti i sistemi radar costruiti dall'uomo che producono la

radiazione a microonde che "illumina" gli oggetti e viene da questi riflessa. La

regione di lunghezze d'onda maggiori (frequenze più basse) oltre i 100 cm

corrisponde alle bande radio (da www.mclink.it).

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2.2.4. Effetti atmosferici.

Le radiazioni riflesse ed emesse dalla Terra passano attraverso l’atmosfera. In questo processo, esse interagiscono con i costituenti atmosferici come gas, materiali sospesi ecc. e sono parzialmente disperse, assorbite e trasmesse. Il grado di attenuazione dipende dalla pathlength e dalla lunghezza d’onda.

Pathlength è la distanza percorsa dalla radiazione attraverso l’atmosfera e dipende dalla posizione della fonte di energia e dalla altitudine a cui è posto il sensore.

Alcune delle lunghezze d’onda sono trasmesse con maggiore efficienza, mentre altre sono più disperse (scattered) e assorbite e così più attenuate.

La trasmissività dell’atmosfera è la percentuale di radiazione emanata dalla superficie terrestre che attraversa l’atmosfera senza interagire con essa. Essa varia tra zero e uno. La trasmissività è inversamente correlata con la optical thickness della atmosfera che è lo spessore di atmosfera che blocca la radiazione elettromagnetica.

L’atmosfera agisce anche da sorgente di radiazioni elettromagnetiche a causa del proprio stato termico. Così, le interazioni atmosfera-radiazioni possono essere raggruppate in tre processi fisici : scattering, assorbimento ed emissione.

Scattering atmosferico

Lo scattering atmosferico è il risultato delle riflessioni diffuse delle

radiazioni elettromagnetiche dovute alle molecole dei gas e alle particelle

sospese presenti in atmosfera. Queste interazioni non portano nessun

cambiamento nelle lunghezze d’onda delle radiazioni e sono classificate

come scattering elastico.

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Il più comune esempio è il Raleigh scattering, anche chiamato scattering molecolare, che è dovuto alle interazioni delle radiazioni principalmente con molecole di gas e particelle più piccole della lunghezza d’onda coinvolta. Raleigh scattering è inversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d’onda. Ciò implica che le lunghezze d’onda più corte sono disperse maggiormente rispetto a quelle più lunghe. Questo tipo di scattering è più accentuato nel blu e nell’ultravioletto mentre è trascurabile per lunghezze d’onda oltre 1 µm. Questo è responsabile del colore blu del cielo. Nel contesto del remote sensing, Raleigh scattering è il più importante tipo di dispersione e causa alta path radiance nel regione blu dello spettro.

Un altro tipo di scattering è il Mie scattering, che è dovuto alle particelle sospese grossolane di dimensioni maggiori delle lunghezze d’onda coinvolte.

Questo fenomeno influenza l’intera regione spettrale che va dal vicino ultravioletto fino al vicino infrarosso, e ha un maggiore effetto sulle larghe lunghezze d’onda rispetto al Raleigh scattering.

Assorbimento atmosferico

Le radiazioni elettromagnetiche passando attraverso l’atmosfera sono selettivamente assorbite dai gas ivi presenti. Alcune delle radiazioni incidenti sono tali che la loro energia è sufficiente a causare un cambio del livello energetico e sono, quindi, assorbite selettivamente da certi gas molecolari. I più importanti al riguardo sono il vapore acqueo, la CO

2

e O

3

. Le regioni spettrali che presentano il minimo assorbimento sono dette finestre atmosferiche (figura 2.6).

Un sensore operante in un intervallo di trasparenza “vede” attraverso l’atmosfera e può misurare la radianza riflessa o emessa dalle superfici ; facendo operare lo stesso sensore in corrispondenza delle bande di assorbimento di un gas o del vapore acqueo si può misurare solo l’energia riflessa e/o la radianza emessa dal gas o dal vapore. La parte visibile dello spettro è contrassegnata dalla presenza di un’eccellente finestra atmosferica.

Nella regione termica infrarossa ci sono due importanti finestre, ed

(17)

dall’assorbimento dovuto all’ ozono presente nella parte superiore dell’atmosfera. L’atmosfera è essenzialmente opaca nella regione 22 µm – 1 mm, mentre le microonde di lunghezza d’onda superiore a 20 mm sono propagate senza la minima attenuazione (Rees, 2001).

Figura 2.6. Spettro elettromagnetico e finestre atmosferiche.

Emissione atmosferica

L’ emissione atmosferica è dovuta al fatto che anche l’atmosfera, come qualsiasi altro corpo, emette radiazioni elettromagnetiche a causa del proprio stato termico. In conseguenza della propria struttura gassosa, solo certe bande di radiazione sono emesse (e non uno spettro continuo). Però, essendo la temperatura dell’atmosfera relativamente bassa, l’intensità delle emissioni può essere significativa solo nel medio infrarosso (Ravi P.

Gupta,1991 ).

(18)

2.2.5. Meccanismi di interazione dell’energia sulla superficie.

L’energia incidente sulla Terra viene riflessa, assorbita e trasmessa dai materiali a vari livelli. Seguendo la Legge di Conservazione dell’energia, il bilancio energetico può essere scritto così :

Ei

(λ)

= Er

(λ)

+

Ea

(λ)

+

E t

(λ)

dove Ei

(λ)

è l’energia spettrale incidente, Er

(λ)

è la componente di energia riflessa, Ea

(λ)

è quella assorbita e E t

(λ)

è quella trasmessa.

I componenti dell’equazione differiscono per diversi oggetti a differenti

lunghezze d’onda. Queste differenze intrinseche costruiscono l’accesso per la discriminazione degli oggetti attraverso le misurazioni multispettrali del remote sensing

(Ravi P. Gupta,1991 ).

2.3. Le piattaforme per il telerilevamento.

2.3.1. Generalità.

Per il telerilevamento della superficie terrestre vengono usati oggi

svariati tipi di piattaforme: palloni liberi e frenati, aerei e veicoli orbitali. La

capacità funzionale di tali piattaforme, valutata sia nell’ambito di esperimenti

scientifici sia nel campo di servizi a livello operativo, viene determinata dalla

quota alla quale possono giungere e/o operare, dal grado di manovrabilità

degli strumenti sia nella fase di ricezione sia in quella di raccolta e

registrazione dei dati, dalla maggiore o minore difficoltà di gestione della

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piattaforma e da fattori più generali di spesa e di integrazione del sistema sensore-piattaforma nella previsione economica ( costo/ricavi ) del progetto.

Nel settore applicativo, solo aerei e veicoli spaziali possiedono attualmente un’utilità pratica, utilità enfatizzata dalle possibilità d’integrazione dei dati provenienti da tali piattaforme.

I veicoli spaziali adatti a compiti di remote sensing orbitale sono i satelliti artificiali senza equipaggio a bordo, i laboratori spaziali permanenti o semi-permanenti con equipaggio, ed infine i razzi da alta quota. In genere i satelliti automatici vengono impiegati nel caso di lunghe permanenze in orbita, mentre navicelle e razzi sono utilizzati per missioni di durata limitata.

I satelliti offrono solitamente una serie di riprese ripetute nel tempo con risoluzione atta in alcuni casi ad affrontare temi di carattere geologico, morfologico e strutturale a livello regionale, con produzione di cartografia tematica fino a scale dell’ordine di 1:100.000 o 1:50.000. La simultaneità della ripresa su aree dell’ordine di 30.000 km

2

(limite inferiore) congiunta al carattere multitemporale e multispettrale delle riprese stesse, rende le immagini ottenibili da piattaforme satellitari particolarmente idonee nel fornire una corretta visione dei fenomeni geologici in atto anche quando tali fenomeni risultino apparentemente statici.

La piattaforma aerea presenta problemi di costo e di limitato

abbracciamento dell’area che è possibile riprendere in un ristretto lasso di

tempo. Ma le possibilità di scelta dell’ampiezza delle bande da dedicare al

particolare oggetto dello studio offerta dalle riprese aeree ed il ventaglio

continuo di quote relative e di ore in cui effettuare le riprese possono

ricompensare tali difetti (Carlo Maria Marino et al., 1995 ).

(20)

2.3.2. I Sistemi satellitari.

I sistemi satellitari, come appena detto, offrono numerosi vantaggi rispetto ad altri sistemi di telerilevamento: forniscono una visione sinottica dell’ambiente attraverso l’osservazione di aree su vasta scala in singole immagini, consentono il monitoraggio della stessa zona in modo ripetuto nel tempo e soprattutto risultano convenienti da un punto di vista economico.

I satelliti possono venir posti in orbite differenti in relazione al tipo di obiettivi preposti dalla missione; per applicazioni di carattere meteorologico, ad esempio, vengono utilizzate orbite di tipo geostazionario : a 36.500 Km di altezza, se posizionato sul piano equatoriale, un satellite possiede lo stesso periodo di rotazione della Terra, mantenendo una posizione costante rispetto ad una specifica porzione del pianeta. Per le applicazioni ambientali di carattere non meteorologico vengono invece generalmente utilizzate orbite di tipo polare e eliosincrone, le quali consentono l’osservazione di ogni scena allo stesso tempo solare locale. Ciò si ottiene attraverso una traslazione continua verso ovest della traiettoria satellitare, al fine di rimuovere fonti di variazione luminosa durante l’acquisizione delle immagini.

I sensori che dipendono dalla radiazione solare riflessa (visibile- infrarosso) acquisiscono dati solamente nella parte “illuminata” del percorso (fase discendente, da nord a sud), mentre sensori operanti nel TIR (infrarosso termico) e sistemi radar acquisiscono dati indipendentemente dall’illuminazione.

Numerosi sono i sistemi satellitari designati per la Earth Observation; in

questa breve sezione verranno approfonditi unicamente quei sistemi che

hanno ad oggi, o avranno nell’immediato futuro, una maggiore rilevanza per

le applicazioni di carattere ambientale (Goldberg, 2003).

(21)

Landsat

I satelliti della serie Landsat furono progettati a partire dagli anni ’60 dalla NASA (National Aeronautics and Space Administration) per sopperire alle limitate capacità di osservazione della Terra dei satelliti meteorologici. I Landsat furono infatti ideati per fornire periodicamente informazioni su vasta scala relativamente all’uso del suolo, alla vegetazione e per ricerche in ambito geologico.

Nel 1972 fu lanciato il primo Landsat (ERTS-1), il quale trasportava due sensori: l’RBV (Return Beam Vidicon) e l’MSS (Multispectral Scanner Subsystem). Per via di difficoltà operative nell’utilizzo del RBV, il Multispectral Scanner Subsystem divenne il sensore primario dei Landsat di prima generazione (Landsat 1,2,3).

Nella seconda generazione di satelliti (Landsat 4 e 5) all’MSS si affiancò il Thematic Mapper (TM), sensore con capacità spettrali e di risoluzione spaziale superiori. Il successo di quest’ultimo strumento e la continua richiesta di dati a più elevata risoluzione spaziale portarono allo sviluppo dell’ETM (Enhanced Thematic Mapper), il quale è l’unico sensore a bordo dei satelliti Landsat di terza generazione (Landsat 6 non fu però mai in orbita, mentre Landsat 7, trasporta una versione avanzata del sensore, l’ETM+).

I satelliti della serie Landsat sono considerati quelli che più hanno contribuito allo sviluppo della Earth Observation, fornendo serie storiche di dati ambientali di ineguagliabile importanza e contribuendo alla ricerca per applicazioni di carattere ecologico, geologico, idrologico e di rischio ambientale (da landsat7.usgs.gov).

Multispectral Scanner Subsystem

Questo radiometro scanner multispettrale, trasportato dai Landsat 1-5,

ha consentito di acquisire con continuità immagini dal luglio 1972 sino

all’ottobre 1992. Il sensore ha cambiato nel corso del tempo la

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configurazione delle bande, sempre mantenendo però una risoluzione spaziale di circa 76 x 76 metri (Slater, 1980).

Il Landsat MSS era dotato di quattro canali spettrali nel Visibile-IR, ovvero: banda 4, verde (0.5-0.6 µm); banda 5, rosso (0.6-0.7 µm); banda 6, VNIR (0.7-0.8

µ

m); banda 7, VNIR (0.8-1.1

µ

m).

Nel caso del Landsat 3 fu inoltre inclusa una banda addizionale nel TIR (10.4-12.6 µm); la banda termica aveva invece una risoluzione di 234 x 234 metri. L’intera superficie della Terra veniva coperta dai Landsat 1-3 ogni 18 giorni mentre il repeat-cycle per i Landsat 4-7 è di 16 giorni.

Thematic Mapper- Enhanced Thematic Mapper plus

Dal Landsat 4 viene introdotto il TM (Thematic Mapper), in grado di fornire una migliore risoluzione spaziale, maggiore affidabilità radiometrica e maggiore informazione spettrale.

Il TM possiede 7 bande, di cui 6 nel visibile-IR ed una nel TIR. La risoluzione spaziale è di 30 metri nel caso delle bande Vis-NIR e di 120 metri per la banda nell’infrarosso termico. A differenza del MSS le bande spettrali furono scelte per acquisire informazione di specifico interesse scientifico.

La tabella 2.2 riassume brevemente alcuni fra i possibili utilizzi relativi all’uso di ogni specifica banda del TM e ne da una breve descrizione.

Caratteristiche delle 7 bande:

¾ in banda 1 la vegetazione assorbe fortemente, l’acqua ha una buona trasparenza, l’atmosfera interferisce fortemente rendendo l’immagine priva di ombre;

¾ in banda 2 la vegetazione riflette mediamente (riflettanza tra il 15 ed il 25 % dell’energia incidente), l’acqua è molto trasparente, si possono osservare alcune alterazioni del colore dei suoli;

¾ in banda 3 la vegetazione assorbe fortemente, l’acqua ha

trasparenza limitata e le immagini appaiono ben contrastate;

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¾ in banda 4 la vegetazione presenta elevata riflettanza, l’acqua è opaca ed i suoli con elevata umidità superficiale riflettono meno rispetto ai suoli asciutti;

¾ in banda 5 si realizza il maggior assorbimento di radiazione incidente da parte dell’acqua intercellulare delle foglie,

¾ in banda 6 è possibile osservare l’emissione superficiale di calore per irraggiamento;

¾ in banda 7 si possono rilevare, in termini di riflettanza, alterazioni delle rocce imputabili a fenomeni idrotermali.

Tabella 2.2 (da Campbell, 1996). Intervallo spettrale, risoluzione e principali applicazioni delle bande spettrali del Thematic Mapper.

L’ETM+, montato a bordo del Landsat 7, offre notevoli miglioramenti,

soprattutto in termini di risoluzione spaziale. Con l’aggiunta della banda 8

pancromatica (∆λ= 0.52-0.90) è possibile ottenere immagini a più elevata

risoluzione spaziale (15 metri) e attraverso tecniche di pan-sharpening

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delle altre bande (Schowengerdt, 1997; Liu, 2000). Un ulteriore miglioramento dell’ETM+ è dovuto ai 60 metri di risoluzione della banda termica .

SPOT

Il progetto SPOT (Système Pour l’Observation de la Terre) è stato concepito dal Centro Nazionali di Studi Spaziali francese negli anni ’70, e vide il lancio del primo satellite SPOT nel 1986.

Il satellite porta una coppia di sensori HRV, progettati per acquisire informazioni sull’uso del territorio, sulle risorse rinnovabili nonché dati per applicazioni geologiche e cartografiche. Grazie alla capacità di inclinazione dei sensori (sino a 27 gradi), SPOT è il primo satellite intensamente utilizzato per mappature topografiche e per la creazione di modelli digitali del terreno (DEM).

I primi tre satelliti SPOT (lanciati rispettivamente nel 1986, 1990, 1993) erano in grado di operare in due modi: in pancromatico (∆λ = 0.52-0.73), con una risoluzione di 10 m, ed in modalità iperspettrale a 20 metri, utilizzando la banda 1 (verde, 0.52 – 0.59 µm ), banda 2 (rosso, 0.61 – 0.68 µm) e banda 3 (VNIR, 0.79 – 0.89 µm ). Grazie al successo di questi sistemi nelle applicazioni ambientali, si progettarono SPOT 4 e SPOT 5, ai quali venne aggiunto il sensore VEGETATION, appositamente progettato per mappature vegetazionali su scala globale (risoluzione di 1 Km), nonché migliorato l’HRV grazie all’aggiunta di una banda SWIR (1.58-1.75 µm) e ad una migliore risoluzione spaziale (5 m la banda PAN).

NOAA-AVHRR

L’Advanced Very High Resolution Radiometer è uno strumento della

National Oceanic and Atmospheric Administration (USA). Nato inizialmente

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quali l’analisi dei cicli della temperatura superficiale marina e per il monitoraggio di vegetazione terrestre a scala globale.

Il primo sensore fu lanciato nel 1979 a bordo del primo satellite NOAA, a questo seguirono il lancio di numerosi altri satelliti, ultimo dei quali (settembre 2000) il NOAA-16.

L’ultima versione dell’ AVHRR è caratterizzata da sei bande spettrali:

una nel visibile (banda 1, 580-680 nm), tre nell’infrarosso vicino e medio (banda 2, 725-1000 nm; banda 3a, 1580-1640 nm; banda 3b, 3550-3930 nm) e due nell’infrarosso termico. Il sensore è in grado di acquisire dati su base giornaliera ad una risoluzione di 1.1 Km, consentendo il monitoraggio su scala globale di oceani e terre emerse (Townshend, 1994).

Grazie ad AVHRR è stato possibile compilare mappe globali della vegetazione, investigare i modelli di circolazione degli oceani, analizzare gli incendi su scala globale.

Envisat

L’obiettivo principale della missione Envisat, promossa dall’Agenzia Spaziale Europea, è quello di fornire all’Europa avanzate capacità di telerilevamento e monitoraggio ambientale su scala planetaria.

Fra i più importanti target della missione: dare continuità alla serie di osservazioni ambientali effettuate dai satelliti ERS-1 e ERS-2, contribuire significativamente alla ricerca ambientale (specialmente nei settori della chimica atmosferica e dell’osservazione degli oceani), contribuire ad un efficiente monitoraggio delle risorse naturali e fornire un supporto alla loro gestione. Mai un numero così elevato di strumenti era stato posto precedentemente su un satellite dedicato all’ambiente.

Envisat dispone di un set di nove sensori per il monitoraggio

ambientale dell’atmosfera, del comparto terrestre, delle acque oceaniche e

dei ghiacci.

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EOS AM-1 Terra

Terra rappresenta uno dei nuovi satelliti NASA dedicati al monitoraggio globale dell’ambiente. Lanciato nel 1999, Terra trasporta cinque strumenti per l’analisi dell’ atmosfera, degli oceani e delle terre emerse.

Fra i sensori più importanti si ricorda il MODIS (Moderate-resolution Imaging Spectroradiometer), spettrometro in grado di osservare il mondo con una frequenza di 1-2 giorni attraverso un set di 36 bande spettrali.

MODIS è stato progettato per l’analisi dei cambiamenti su grande scala della biosfera: le principali applicazioni del sensore sono quindi l’osservazione della produttività oceanica, terrestre ed il monitoraggio degli incendi. Inoltre ricoprirà un ruolo fondamentale nell’analisi dell’aerosol atmosferico e del budget energetico del pianeta ( da terra.nasa.gov).

IKONOS-2 e Quickbird-2

Recenti modifiche della legislatura statunitense hanno consentito la commercializzazione di immagini satellitari ad elevatissima risoluzione. La Space Imaging ha messo in orbita nel settembre 1999 il satellite IKONOS-2 , primo strumento di tipo commerciale in grado di acquisire da un altezza di 700 Km ca. immagini sino ad un metro di risoluzione.

Il sensore possiede 4 bande spettrali con una risoluzione di 4 metri (nelle regioni del blu, verde, rosso e NIR) ed una banda PAN ad 1 m di risoluzione. Attraverso tecniche di pan-sharpening è possibile integrare i dati multispettrali con la risoluzione spaziale della banda PAN.

Il satellite Quickbird-2 della DigitalGlobe possiede il medesimo numero

di bande e caratteristiche spettrali simili: bande vis-NIR di risoluzione

massima di 2.44 m e una banda PAN in grado di raggiungere una risoluzione

di 61 cm (!). La disponibilità di queste immagini fornisce strumenti innovativi

per applicazioni di monitoraggio ambientale a scala locale, mappature di

precisione, pianificazione ambientale (da www.dsa.unipr.it).

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2.3.3. I sensori aerotrasportati.

I sensori aerotrasportati operano a quote molto minori dei sensori satellitari, e misurano quindi valori di intensità di radiazione riflessa maggiore.

In termini pratici ciò può permettere il raggiungimento di migliori risoluzioni spaziali oppure consentire l’utilizzo di strumenti a moltissime bande spettrali (sensori iperspettrali).

Tra i sensori passivi aerotrasportati più utilizzati per le applicazioni ambientali troviamo infatti due sensori iperspettrali: AVIRIS (NASA) e MIVIS (CNR); tra i sensori multispettrali si ricorda l’ATM (Airborne Thematic Mapper).

AVIRIS: questo sensore possiede 224 bande spettrali larghezza di circa 10 nm che gli permettono di coprire l’intero range d a 380 nm a 2500nm. A seconda della quota di volo è in grado di raggiungere i 4-20 m di risoluzione spaziale. Il grandissimo numero di bande consente di ottenere “firme spettrali” estremamente dettagliate; utilizzando delle librerie spettrali è possibile effettuare confronti per l’identificazione degli elementi analizzati.

Sensori di questo tipo sono quindi particolarmente indicati per problemi quali classificazioni di specie vegetali, riconoscimento di minerali o precise stime di parametri biofisici (da www.dsa.unipr.it).

2.4. I principali campi di applicazione ambientale.

L’applicazione potenziale delle tecniche del remote sensing alla sorveglianza ambientale deriva alcuni vantaggi propri di tale metodo:

approccio multispettrale, visione sinottica e ripetitività della copertura. Inoltre, i vari problemi ambientali possono essere correlati a cambiamenti o degradazioni di suolo, acqua, aria e vegetazione.

L’acqua, che ricopre circa il 70% della superficie del globo, rappresenta

sempre di più una risorsa critica per la sopravvivenza del genere umano. Il

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telerilevamento può essere uno strumento molto utile per la salvaguardia di questo bene, infatti è possibile avere informazioni circa:

• colore delle acque;

• la torbidità;

• il contenuto di clorofilla;

• la temperatura;

• la distribuzione algale;

• il pericolosissimo inquinamento da Idrocarburi e/o da prodotti chimici.

Le possibilità offerte dalle tecnologie del remote sensing per il controllo del patrimonio vegetativo sono innumerevoli, ne citiamo alcune tra le più frequenti:

• la caratterizzazione della copertura vegetativa;

• il disboscamento e la deforestazione;

• lo stato di salute della vegetazione;

• la prevenzione e controllo degli incendi boschivi.

Anche per quel che riguarda il suolo da diversi anni sono operativi sistemi che danno informazioni circa:

• l’erosione dei suoli;

• l’uso del territorio;

• la degradazione dei suoli dovuta alla elevata salinità;

• il controllo delle discariche dei rifiuti e delle cave per l’estrazione dei minerali;

• i movimenti franosi;

• la subsidenza del terreno.

Nell’analisi dell’aria solo localmente e, tutto sommato, raramente

vengono messe in atto misure dirette. E’ tecnica comune quella di usare la

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vegetazione come trasduttore di fenomeni ambientali e integratore di eventi microclimatici imputabili allo scarico di fumi e gas.

Direttamente viene fatta la stima della dispersione e della diluizione di

pennacchi di fumo derivanti da industrie e da impianti per la produzione di

energia.

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