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So schlagen wir mit ganzer Wucht / Die Feinde krumm und klein. la costruzione della propaganda nel Supplementi letterari della "Tiroler Soldaten-Zeitung"

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Università degli Studi di Cagliari

Scuola di Dottorato in Studi Filologici e Letterari

Ciclo XXII

So schlagen wir mit ganzer Wucht/Die Feinde krumm und klein.

La costruzione della propaganda nei Supplementi letterari

della «Tiroler Soldaten-Zeitung»

L-FIL-LET/14 CRITICA LETTERARIA E LETTERATURE COMPARATE

Presentata da: Maria Rita Murgia

Coordinatore Dottorato:

Prof. Laura Sannia

Relatore: Prof. Mauro Pala

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1

Indice

Introduzione p. 4

Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati p. 7

Per una breve storia del Kriegspressequartier p. 7

La Filmstelle p. 10 La propaganda nell’Italia occupata p. 11

La Pressegruppe p. 13

La propaganda per i soldati p. 14 Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo p. 16

Case del soldato e letture di trincea p. 17

I giornali per i soldati p. 18

Il giornale della Prima armata p. 18

La guerra e i due volti della censura p. 21

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti di guerra p. 21

Le condizioni di lavoro dei Berichterstatter p. 22

La censura governativa p. 23

L’esperienza dei Kriegsmaler p. 24

Il Tirolo in guerra p. 26

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen p. 26

I provvedimenti anti-irredentisti dell’amministrazione militare p. 29

La propaganda nel Tirolo in guerra p. 34

La «Tiroler Soldaten-Zeitung» p. 38

Giornale di trincea o giornale per soldati? p. 38

Il giornale della prima armata arriva in Tirolo p. 41

Il supplemento letterario di trincea p. 45

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2

Il mondo secondo i Supplementi letterari della Tsz p. 55

Das ‘Heilige Land Tirol’. Il legame del Tirolo con la Chiesa Cattolica p. 56

Il cattolicesimo politico in Tirolo nella seconda metà del XIX secolo p. 58 Il Kulturkampf tirolese p. 59 La divisione: conservatori vs cristiano-sociali p. 64

Turismo e Cattolicesimo p. 66

Le ansie del potere. Dimensione dell’ansia p. 66

La reazione difensiva come aggressione p. 69

Masse und Macht p. 71

Mantenimento del potere e Feindschaftserwartung p. 72

La strumentalizzazione del Cattolicesimo politico in Tirolo p. 73

La mitizzazione del passato p. 75

La ‘nazione Tirolo’ come espressione di identità culturale p. 76

Il difficile rapporto del Tirolo con il governo viennese p. 83

1909: anno chiave della devozione ad Hofer p. 84

Il corpo degli Schützen tirolesi p. 85

Le poesie del Supplemento letterario. Temi e motivi p. 88

I miti e simboli della piccola patria tirolese p. 95

Andreas Hofer, gli antenati e i fatti del 1809 p. 95

Altri personaggi-simbolo p.101

La motivazione religiosa: morte eroica e favore divino p.105

Il paesaggio alpino e il mito del Tirolo p.126

Guerra e vita in alta quota p.133 I corpi dell’esercito e i loro simboli p.147

Gioventù,virilità, arditezza p.163

Der feige, welsche Wicht: definizione del gruppo negativo p.170

Espressioni e parole chiave dell’autorappresentazione p.189

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3 Il supporto visivo p.193 Il soldato p.195 La vita al fronte p.196 Il paesaggio di montagna p.211 Vignette umoristiche p.216

Indice titoli e data delle immagini p.221

L’ultimo periodo del giornale p.225

La Nazione austro-ungarica p.228

Allegato 1 p.232

Allegato 2 p.239

Allegato 3 p.241

Indice contenuti Gedichte 1915 p.241

Indice contenuti Gedichte1916 p.248

Bibliografia p.257

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Introduzione

La Prima guerra mondiale ha consistentemente e ininterrottamente attirato l'attenzione di numerosi studiosi sia europei che extraeuropei. Con l'andare del tempo e con l'aumentare del numero di studi ad essa dedicati, se possibile, questo interesse internazionale è andato crescendo. In particolare, ultimamente il mondo della ricerca vuole addentrarsi in ambiti e aspetti di questo evento che ancora non sono stati considerati. Il nuovo, rinato interesse per la Grande Guerra è ampiamente dovuto anche alla presenza di nuovi metodi di studi nella ricerca storica.

Gli studi più datati hanno sì preparato il terreno per i dibattiti attuali, lasciando comunque molte domande irrisolte. Anche gli studiosi e gli storici delle generazioni passate si concentrarono sulle questioni diplomatiche, politiche e, alle volte, economiche, ma per lo più il loro interesse si è orientato sugli aspetti strettamente militari del conflitto. Gli studi più recenti sulla storia delle moderne tecniche di guerra, al contrario, hanno esplorato maggiormente la sua dimensione sociale: i ruoli sessuali, la cultura e le mentalità, per nominare solo alcune delle nuove aree d’interesse.

I nuovi approcci hanno sfidato i metodi e gli ambiti di ricerca da tempo stabiliti e la storia militare è proprio una di quelle. Persino l'analisi delle battaglie e delle campagne, focus tradizionale della storia militare, hanno subito una rivisitazione alla luce degli orientamenti più recenti. Punto di partenza per un’indagine "moderna" è dunque considerare la totalità dell'evento, che ne richiede l'analisi degli aspetti economici e finanziari, come anche di quelli civili e psicologici; chiede l'analisi dell'interazione tra guerra e società, uno studio delle mentalità, non solo però delle élite culturali, ma anche la considerazione di gruppi sociali più ampi e quindi degli individui ordinari.

La guerra totale domandò la mobilitazione di tutte le forme di vita pubbliche e private per la vittoria, non solo sul campo di battaglia, perciò essa richiede una storia che sia totale, o che cerchi di esserlo, in quest’ottica tutti i metodi di ricerca a disposizione sono necessari per cogliere l'enorme complessità di questo evento.

In questo lavoro si prenderà in considerazione un tassello importante per lo studio e la comprensione dei processi culturali che hanno caratterizzato la storia della guerra mondiale: i giornali, patrimonio fondamentale e mezzo indispensabile per accedere alla storia delle mentalità. All’incrocio fra la storia militare e la storia della stampa, che prende in

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considerazione non più soltanto la stampa quotidiana cittadina, ma anche le pubblicazioni apparentemente periferiche, si colloca una esperienza finora poco indagata, ma il cui esame potrebbe rivelarsi assai fruttuoso per l’indagine totale di cui si parlava sopra. Ci si riferisce qui in particolare alla gran quantità di piccoli e grandi giornali di trincea, del fronte, del campo che venivano distribuiti alle truppe durante il conflitto.

Particolare attenzione sul versante della propaganda era stata posta dall’Impero austro-ungarico che aveva organizzato la mobilitazione degli scrittori tramite un apposito ufficio, il

Kriegspressquartier di Vienna, dove lavorarono noti intellettuali quali Franz Blei, Franz

Theodor Csokor, Egon Erwin Kisch, Hugo von Hofmannstahl, Alfred Polgar, Rainer Maria Rilke, Franz Werfel e Stefan Zweig. La Literarische Gruppe del Kriegsarchiv pubblicava diversi giornali come ad esempio «Heimat» e, a partire dal marzo 1917, quindi con un po’ di ritardo, il mensile illustrato «Donauraum», il cui scopo era fornire un affresco della vita e della cultura della Duplice Monarchia.

Tra le esperienze di propaganda non legate al Kriegspressquartier vi è la «Tiroler Soldaten-Zeitung» (d’ora in poi Tsz), giornale settimanale pubblicato dal

Landesverteidigungskommando del Tirolo. Non si trattava di un corrivo foglio di trincea,

come molti tra quelli prodotti da singole unità o comandi. Si trattava bensì di un settimanale dalla grafica raffinata (curata da Hans Joseph Weber-Tyrol e Arthur Nikodem), che ospitava pagine di pubblicità, e, dato straordinario, un supplemento letterario al quale collaborano anche alcuni significativi scrittori tirolesi.

La Tsz si caratterizza anche per una particolare attenzione e cura dell’aspetto iconografico: il giornale, infatti, riproduce le opere di numerosi artisti e Kriegsmaler fra cui Albin Egger-Lienz. Nella parte finale delle sue pubblicazioni il giornale viene diretto nientemeno che da Robert Musil, all’epoca già noto e affermato scrittore. Della la Tsz, giornale del quale nonostante il tempo e gli eventi è rimasto superstite quasi tutto il corpus, è in corso di pubblicazione l’edizione elettronica, in un DVD realizzato assieme al Progetto CIRCE della Facoltà di Lettere dell’Università di Trento, che raccoglie tutto il pubblicato.

Alla ricostruzione completa questa storia mancavano due tasselli importanti: l’edizione italiana e ungherese. Si sapeva infatti da un rapporto riservato del 30 giugno 1916 che il giornale si pubblicava non solo in tedesco, ma a intervalli più ampi e regolarmente anche in ungherese e in italiano. Tuttavia fino a poco tempo fa non si era riusciti a reperire in nessuna biblioteca né l’edizione ungherese del giornale, la «Tiroli Katona Ujság» (traduzione letterale di «Tiroler Soldaten-Zeitung»), né quella italiana, pubblicata con il titolo «Giornale del

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Soldato Tirolese». Le ricerche promosse dallo Centro Studi sulla Storia dell'Europa Orientale in diversi archivi e biblioteche hanno avuto successo e in Ungheria sono stati finalmente ritrovati i numeri della «Tiroli Katona Ujság»1, e una copia del «Giornale del Soldato Tirolese».

Partendo dall’analisi dei Supplementi Letterari2, ospitati con regolarità dal giornale per le truppe austriache dislocate in Tirolo ed interessante esempio di letteratura dal basso e propaganda che si intrecciano, per lo più costituiti da poesie che mirano a definire la propria identità in contrapposizione a quella del nemico, si offrirà un piccolo contributo per la ricostruzione di questa importante pubblicazione, per la storia della mentalità in Tirolo durante gli anni della guerra, per le più generali vicende della propaganda di guerra nella Duplice Monarchia e più ampiamente per lo studio del conflitto.

Scopo di questo lavoro è pertanto l’identificazione e l’analisi di alcuni esempi concreti di auto ed etero rappresentazione collettiva. Altro compito è cercare di inquadrare queste rappresentazioni nella verità storica e giudicarne l’attinenza alla realtà dei fatti, fin dove è possibile, anche grazie alla giusta e necessaria distanza temporale.

1 Cfr. Davide Zaffi, Un’ungherese in Tirolo: La Tiroli Katona Ujság, CSSEO, Working Paper N° 125, Ottobre

2007.

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Il Kriegspressequartier e la propaganda per i soldati

Allo scoppio del primo conflitto mondiale, Stato ed esercito, in tutti i Paesi coinvolti, erano preparati a gestire un apparato censorio e propagandistico concepito per una guerra di breve durata.

Non a caso, nella Monarchia absburgica, i due organismi che avrebbero gestito la censura, sul versante civile il Kriegsüberwachungsamt e su quello militare il Kriegspressequartier, erano stati concepiti durante le allora recenti crisi balcaniche. Ad una struttura propagandistica centrale per i civili e per i soldati, non si era pensato affatto. Con l’inaspettato e indefinito prolungarsi della guerra, l’apparato censorio si rivelò inadeguato a svolgere azioni di influenza positiva sull’opinione pubblica: la necessità di una propaganda efficace ed organizzata si avvertì soltanto in ambito militare, a partire dal 1917.

Per una breve storia del Kriegspressequartier

Il Kriegspressequartier (di seguito abbreviato con la sigla Kpq)3, durante il conflitto fu il punto di contatto fra tutti i principali attori della comunicazione nella Monarchia: ministeri, giornali, alte sfere militari e società civile. I suoi molteplici compiti si possono ricondurre a tre funzioni principali:

1. coordinamento della propaganda austro-ungarica; 2. organo esecutivo della censura militare;

3. raggruppamento e controllo dei corrispondenti di guerra.

Queste macro-funzioni offrono delle linee di demarcazione ideali per due trattazioni separate dell’argomento, necessarie anche alla luce della complessità strutturale del Kpq. Nella prima, che occuperà buona parte del presente capitolo, se ne descriverà l’attività propriamente propagandistica attraverso esempi. Nella seconda si parlerà di come presso il Kpq vennero

3 Letteralmente “Quartiere della stampa di guerra”. Il termine è già stato tradotto in questo modo da Angelo

Schwarz, “La prima propaganda è quella per gli occhi”, in G. Corni – E. Bucciol – A. Schwarz, Inediti della

Grande guerra – Immagini dell’invasione austro-germanica in Friuli e nel Veneto orientale, Portogruaro (Ve),

ed. Ediciclo, 1990, p. 253, nota 8. Per una bibliografia più dettagliata sul Kpq si vedano: Peter Brouceck, “Das Kriegspressequartier und die literarische Gruppen in Kriegsarchiv 1914-1918”, in K. Amann, Hubert Lengauer,

Österreich und der große krieg, 1914-1918, Vienna, Brandstätter, 1989, p. 132 e segg. e le dissertazioni di K.

Mayer, Die Organisation des Kriegspressequartier beim k.u.k. AOK im ersten Weltkrieg 1914-1918, Vienna, 1963 H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, Vienna, 1965. In italiano si veda il contributo di N. Dacrema, “Kriegspressequartier: la fucina della persuasione”, in M. Libardi, F. Orlandi, Kriegsmaler. Pittori al fronte nella Grande Guerra, Trento, Nicolodi, 2004, pp. 21-24.

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accreditati e irreggimentati i corrispondenti di guerra, nonché della doppia censura cui furono sottoposti e verrà data anche qualche coordinata sul corpo speciale dei Kriegsmaler.

L’allestimento di un apposito “quartiere” alla stampa era stato previsto già nelle

Mobilisierungsinstruktionen del 1909: la struttura, alle dirette dipendenze

dell’Armeeoberkommando (Comando supremo, abbreviato in seguito con la sigla Aok), avrebbe dovuto occuparsi dell’accreditamento dei rappresentanti della stampa nazionale ed estera. La sua costituzione sarebbe dovuta avvenire anche nel caso di una mobilitazione parziale e senza ulteriori disposizioni4.

Il 28 luglio 1914, il giorno stesso della dichiarazione di guerra alla Serbia, il Kpq si costituì a Vienna sotto il comando del colonnello (Oberst) Maximilian von Hoen, allora direttore del

Kriegsministeriums Pressestelle (Ufficio stampa del Ministero della guerra)5. Dalla prima

destinazione, Dukla (nei Carpazi orientali) a Rodaun (in prossimità di Vienna) dove ricevette una sede permanente all’inizio del ’17, il Quartiere venne sempre tenuto lontano sia dal fronte operativo che dall’Aok, per impedire qualsiasi fuga d’informazioni6.

A due mesi dalla sua nascita, il Kpq si articolava in tre unità:

1. Kommandantur und Adjutantur (Comando e Aiuto), acquartierati presso l’Aok e incaricati,

fra l’altro, di censurare i servizi dei corrispondenti di guerra destinati ai giornali;

2. Platzkommando (Comando di Piazza), dove stazionavano gli ufficiali addetti alla “custodia”

dei corrispondenti;

3. Berichterstattergruppe, cioè il Gruppo dei corrispondenti di guerra, stazionati presso il

Comando di Piazza7.

L’epoca in cui comandò il colonnello von Hoen, nonostante la crescita dell’organico e la creazione nel ’15 di una Kunstgruppe8 (Gruppo artistico) comprendente fotografi, disegnatori e cineoperatori, fu caratterizzata da improvvisazione e da una certa indifferenza per il lavoro svolto, nonché da una cronica carenza di fondi9.

4 I. Stiassny-Baumgartner, Roda Rodas Tätigkeit im Kriegspressequartier, Phil. Diss., Wien, 1982, pp. 7-8. 5 P. Broucek, “Das Kriegspressequartier und die literarischen Gruppen im Kriegsarchiv 1914-18”, in K. Amann

– H. Lengauer (Hrsg.), Österreich und der Grosse Krieg, op. cit., p. 136.

6

Stiassny-B., op. cit., p. 12.

7 H. Schmölzer, Die Propaganda des Kriegspressequartiers im ersten Weltkrieg 1914-18, op. cit., p. 5.

8 Fu nell’ambito della Kunstgruppe che nacque e si sviluppò l’esperienza dei Kriegsmaler di cui si parlerà in

generale in seguito e più dettagliatamente lungo tutto il lavoro. Per una bibliografia sui Kriegsmaler si vedano L. Popelka, “I Kriegsmaler durante la prima guerra mondiale”, in Luigi Chiais (a cura di) I monti pallidi, Novara, De Agostini, 1989, pp. 153-158 e sempre di Popelka, “Artisti nella guerra. I Kriegsmaler austro-ungarici 1914-1918”, in «Annali. Museo Storico della Guerra», n. 0, 1990, pp. 7-31.

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9

Nell’ambito della rivoluzione interna all’Aok10, ordinata dal nuovo imperatore Carlo I, il 15 marzo 1917 von Hoen venne sostituito dal colonnello Wilhelm Eisner-Bubna, reduce pluridecorato dal fronte isontino e membro del Kpq già dall’estate del ’16: deciso a fare del Quartiere un efficace strumento di propaganda attiva, il nuovo comandante ne riorganizzò la struttura e diede per la prima volta ai suoi sottoposti direttive chiare e dettagliate11.

Con la contemporanea acquisizione delle competenze in materia di propaganda all’estero12, gran parte delle attività propagandistiche della Monarchia vennero rapidamente a concentrarsi nel Kpq, che nei propositi del nuovo comandante avrebbe dovuto diventare un Ministero dell’informazione vero e proprio13.

Il nuovo Comando iniziò il suo lavoro con la diramazione del primo Ordine di servizio completo che il quartiere avesse mai ricevuto, e in cui vennero finalmente definiti con precisione i compiti che avrebbe dovuto assolvere da allora in poi.

Questi compiti consistevano in:

- In der positiven Einflussnahme auf die Presse des In- und nach Möglichkeit des Auslandes in

einem der österreichisch-ungarischen Wehrmacht günstigen Sinne.

- In einer prohibitiven Tätigkeit als oberste militärische Zensurstelle, um alles der

Kriegführung und der Wehrmacht Abträgliche hintanzuhalten.

- Die Verbindung zwischen der Obersten Heeresleitung und damit der Wehrmacht und der

Presse herzustellen.

- In der Erhaltung der Fühlung mit den militärischen Pressestellen der verbündeten Staaten.

- In der aktiven Propaganda im In- und Auslande für das Heer und die Flotte.

- In der Förderung aller Aktionen, die geeignet erscheinen, Ruhm und ansehen der Monarchie

zu mehren.

- In einer Abwehr der gegen die Monarchie und die Wehrmacht gerichteten feindlichen

Propaganda14.

10 Rivoluzione di cui fecero le spese i due Comandanti supremi dell’esercito, cioè l’arciduca Federico e il

Feldmaresciall Conrad von Hötzendorf, rispettivamente Armeeoberkommandant (in pratica il rappresentante

ufficiale della famiglia imperiale presso l’Aok) e Chef des Generalstabs (Capo di stato maggiore). Per questi ed altri dati sulla guerra rimando all’enciclopedico: Österreichisches Bundesministerium für Landesverteidigung und vom Kriegsarchiv (Hrsg.), Österreich-Ungarns letzer Krieg 1914-18, Band VI, Unter der Leitung von Edmund Glaise von Horstenau, Vienna, Verlag der Militärwissenschaftlichen Mitteilungen, 1936, pp. 68-72.

11 Stiassny-B., op. cit., pp. 18-19. 12

Schmölzer, op. cit., pag. 7.

13 Amann-Lengauer, op. cit., pag. 136.

14 Stiassny-B., op. cit, p. 18. I compiti consistevano nell’influenza positiva della stampa nazionale e di quella

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Indicazioni distanti anni luce dal mero accreditamento dei rappresentanti della stampa, di cui parlavano le Mobilisierungsinstruktionen del 1909.

Eisner-Bubna, sostenuto peraltro finanziariamente dal rinnovato Aok come mai era successo a von Hoen, riuscì in poco più di un anno a fare del Kpq, almeno de facto, quel Ministero dell’informazione che aveva in mente. Per dare un’idea del suo attivismo è sufficiente vedere com’erano organizzati gli 880 membri effettivi del Kpq nell’ottobre del 1918, a poche settimane dal suo scioglimento (iniziato in novembre e completato in dicembre):

1. Kommandantur und Adjutantur

2. Zensurgruppe 3. Inlandstelle 4. Auslandstelle 5. Propagandagruppe 6. Pressegruppe 7. Kunstgruppe 8. Lichtbildestelle 9. Filmstelle 10. I-(Italien) Stelle 11. Kriegsberichterstattgruppe 12. Administrativer Apparat 15

Per comprendere come funzionassero in concreto le sezioni dell’apparato propagandistico comandato da Eisner-Buba è bene osservarne nel dettaglio alcune: propongo di seguito una breve analisi della Filmstelle dell’ I-(Italien) Stelle e della Pressegruppe.

La Filmstelle

L’attività di propaganda cinematografica del Kpq iniziò già nell’agosto del ’14, quando von Hoen affidò a ditte private la produzione di film di propaganda interna per l’esercito: dall’organizzazione delle proiezioni per le truppe si occupavano i rispettivi comandi.

stampa, nel tenere i contatti con gli uffici stampa dei paesi alleati, nella propaganda attiva, nella Monarchia e all’estero, a favore dell’esercito e della flotta, nel sostegno di ogni attività che possa accrescere la reputazione della Monarchia, nella prevenzione della propaganda nemica.

15 Ossia: 1. Comando e Aiuto, 2. Gruppo di censura, 3. Ufficio interni, 4. Ufficio esteri, 5. Gruppo di

propaganda, 6. Gruppo stampa, 7. Gruppo artistico, 8. Gruppo fotografico, 9. Ufficio cinematografico, 10. Ufficio Italia, 11. Gruppo dei corrispondenti, 12. Apparato amministrativo. Cfr. Schmölzer, op. cit., p. 7.

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Il nuovo comandante, oltre ad istituire la Filmstelle a cui vennero assegnati operatori professionisti abili al servizio di truppa, la dotò anche di laboratori di montaggio, sviluppo e stampa: istituì in sostanza presso il Kpq una casa di produzione con un proprio laboratorio. Il Kpq non cessò comunque di collaborare con la cinematografia esterna al mondo militare come testimonia questa breve lista che riassume le iniziative di produzione e distribuzione che la Filmstelle coordinò nell’ultimo anno e mezzo di conflitto:

1. La Sascha Kriegsfilmwoche (Settimana di guerra Sascha), una sorta di cineregionale settimanale ripreso dagli operatori del Kpq, ma montato e distribuito dalla ditta Sascha di Vienna, già sotto contratto durante il Comando von Hoen,

2. Un film documentario mensile artisticamente elaborato, montato e prodotto nei laboratori della Filmstelle,

3. Dai 300 ai 400 metri al mese di pellicole documentarie sui campi di prigionia e i territori occupati,

4. Riprese dell’industria di guerra e dell’agricoltura,

5. Drammi o commedie propagandistiche prodotte dal Kpq,

6. Vedute delle bellezze della Monarchia e filmati di propaganda dinastica.

Gran parte di questo materiale era destinato alla proiezione nelle retrovie e nei territori occupati, proiezioni che erano organizzate dall’Ufficio centrale per il cinema da campo, una sottoripartizione della Filmstelle.

Della distribuzione all’estero si occupava l’Auslandstelle, mentre di quella nella Monarchia l’Inlandstelle che si limitava a cedere i film, attraverso regolari contratti di vendita, a ditte private che li distribuivano autonomamente16.

La propaganda nell’Italia occupata

Gli sforzi austroungarici per contrastare l’efficace propaganda dell’Intesa nei paesi neutrali si concentrarono soprattutto in Svizzera e nei Paesi Scandinavi: con la collaborazione di corrispondenti di affermati quotidiani nazionali, personale diplomatico e influenti uomini d’affari il Ministero degli esteri prima e il Kpq dal ’17 organizzarono regolarmente

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manifestazioni propagandistiche quali mostre fotografiche, conferenze e balli di beneficenza17.

Non mancarono però le iniziative ad hoc rivolte ai territori occupati sul fronte orientale e, a partire dal novembre 1917, anche nel Veneto orientale e nel Friuli. Prima di Caporetto le attività propagandistiche rivolte all’Italia erano consistite nel lancio sopra le trincee italiane di volantini inneggianti la diserzione e nella redazione di un settimanale in lingua italiana distribuito a Trieste, «L’eco del Litorale»: di queste attività, compresa la difesa dalla propaganda italiana, si occupò dall’11 maggio ’17 un’apposita ripartizione del Kpq, cioè la

I-Stelle18.

Dopo Caporetto la I-Stelle moltiplicò le sue attività e si avvalse della collaborazione attiva dell’Amministrazione militare del Feldmareschall Boroévic. Nei primi mesi dell’occupazione le parole dei volantini e dei manifesti rivolti a friulani e veneti erano tese a differenziare il popolo “soldato”, obbediente e innocente, dai governanti “guerrafondai”: sarebbe solo contro questi ultimi, colpevoli di ogni male, e non contro i primi che l’esercito austroungarico avrebbe combattuto19. Con il passare del tempo e con l’insorgere dei primi casi di resistenza passiva e di sabotaggio20 il tono dei messaggi si fece minaccioso e marziale.

Accanto a queste iniziative, dal primo gennaio 1918, venne pubblicato in lingua italiana (da subito come settimanale, a partire da maggio come quotidiano) la «Gazzetta del Veneto», con una tiratura di circa 5000 copie: della redazione si occupava un’apposita Expositur (Delegazione) del Kpq acquartierata presso il Comando delle zone occupate. Dal giugno dello stesso anno venne poi allegata alla «Gazzetta» la «Domenica della Gazzetta», un supplemento illustrato fatto ad imitazione della popolare «Domenica del Corriere»21.

Il giornale e il supplemento venivano stampati nella tipografia che era stata del «Giornale di Udine» e che veniva utilizzata anche per stampare catechismi, libri di preghiere e il «Tagblatt für Venetien und Friaul», un foglio in tedesco rivolto soprattutto ai quadri dell’Amministrazione militare22.

17Un resoconto dettagliato di queste attività si trova nel secondo capitolo della dissertazione della Schmölzer

(op. cit., Kapitel II)

18

K. Paupié, Handbuch der Österreichischen Pressegeschichte, Band II, Vienna, Wilhelm Braumüller Verlag, 1960, p. 159.

19 C. Mayerhofer, Die österreichische Militärverwaltung in den besetzen Gebieten Italiens. Oktober

1917-November 1918, Phil. Diss., Vienna, 1970, p. 201.

20

Documentati da Mario Bernardi in: Di qua e di là del Piave – Da Caporetto a Vittorio Veneto, Milano, Mursia, 1989.

21 Mayerhofer, op. cit., pp. 228-233. 22 Ibid.

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Amministrazione che, come già detto, si dimostrò estremamente collaborativa nella conduzione della propaganda nei territori occupati, rappresentando un’eccezione nel panorama dei rapporti fra militari ‘operativi’ e gli ‘imbrattacarte’ del Kpq che erano di norma molto tesi. A testimonianza di questa collaborazione vanno citati due esempi su tutti: il primo riguarda la Aktion Propagandabriefe (Azione lettere di propaganda) che consisteva nel contrabbando autorizzato sulla sponda occidentale del Piave di posta proveniente dai territori occupati. Le lettere venivano accettate sottobanco, a mo’ di favore, proprio dagli ufficiali della Nachrichtenstelle di Udine (la Delegazione del Kpq) che aveva ideato l’iniziativa con il pieno sostegno del comando. Le lettere venivano sottoposte naturalmente a censura e venivano contrabbandate per essere recapitate in Italia solo se si rivelavano favorevoli agli occupanti. L’azione ebbe un tale successo da dovere essere sospesa nel luglio ’18 perché le lettere da vagliare erano troppe23.

Dal Feldmareschall Boroévic in persona venne progettato invece, all’inizio del 1918, un opuscolo (mai realizzato) che avrebbe dovuto contrastare la propaganda nemica circa la durezza dell’occupazione austroungarica in Italia.

La Pressegruppe

Già durante il comando von Hoen alcuni addetti del Kpq si dedicavano a tenere i rapporti con le testate austriache e con quelle testate straniere che non avevano inviato corrispondenti nella Monarchia rifornendole di informazioni ufficiose, commenti e notizie di ogni tipo. Ogni settimana poi gli addetti a queste mansioni si occupavano della redazione della rivista «Österreichisch-Ungarisch Kriegsberichte», un settimanale illustrato redatto in tedesco e in ungherese destinato al mercato interno, e della pubblicazione del quotidiano «La marche sur Trieste» in lingua francese, redatto nello stile colorato e accattivante dell’Intesa, distribuito in Svezia, Svizzera e addirittura contrabbandato in Francia e Italia24.

Ampliando e riorganizzando le due redazioni, Eisner-Bubna creò la Pressegruppe che venne articolato in un settore addetto alla stampa interna e un altro a quella estera, così si intensificarono sia i rapporti con la stampa che l’attività pubblicistica. Accanto alle testate appena menzionate, dal marzo 1917, vennero pubblicate: «Donauland», un mensile illustrato per il mercato interno e quello dei paesi neutrali; «Berichte über die Propagandatätigkeit des

23 Mayerhofer, op. cit., pp. 205-207. 24 Paupié, op. cit., Band II, pp. 158-159.

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Kriegspressequartier», una rivista sulla propaganda sia di casa che alleata; e il mensile «Volk und Heer».

Il numero delle testate redatte dal Kpq sale a dodici se si considerano i progetti, dalla vita breve o brevissima, in cui s’impegnarono singoli o piccoli gruppi di redattori, come, ad esempio, «Berichte aus dem Felde», redatto dal solo Karl Egli e che contò appena due uscite25.

Oggi, purtroppo, di buona parte di queste testate sono rimasti soltanto i nomi, che Kurt Paupié ha trascritto dai pochi atti superstiti del Kpq: documenti preziosi sfuggiti ad una distruzione ordinata da personaggi fiduciosi di potersi costruire una verginità nella nuova Repubblica, cancellando il proprio passato di Kriegshetzer (istigatori di guerra).

La propaganda per i soldati

Allo scoppio del conflitto, l’esercito si percepiva come, e probabilmente era a tutti gli effetti, la principale garanzia contro la dissoluzione della Monarchia plurinazionale, in cui a livello politico le forze centrifughe avevano oramai preso il sopravvento su quelle centripete. Naturalmente per ‘esercito’ si deve intendere il Corpo ufficiali, l’élite che più di ogni altra incarnava e sosteneva l’ideale dinastico-militaresco su cui ancora si fondava la legittimità dello stato absburgico26.

Dotato di un codice morale improntato alla lealtà alla Corona e al patriottismo antinazionalista, ma soprattutto di una lingua d’ordinanza unica, l’Armeedeutsch (tedesco dell’esercito), il Corpo ufficiali si percepiva come l’elemento d’ordine e di armonia per eccellenza, contrapposto al caos della società civile: tanto più che dalle alte sfere della gerarchia era richiesta agli ufficiali di ogni ordine e grado un’assoluta astinenza dalla politica, esecrata come il peggiore dei mali27.

In realtà liberalismo, materialismo e nazionalismo si erano ormai fatti strada in quello che l’arciduca Alberto aveva descritto come «un istituto morale per l’incremento del patriottismo

25 Ivi, pp. 168-169. 26

P. Broucek, Konservatorismus in den Armeen des Hauses Österreich und der Republik Österreich, in R. Rill – U. Zellenberg (a cura di), Konservatorismus in Österreich, Leopold Stocker Verlag, Graz-Stuttgart, 1999, pp. 173-175.

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dinastico»28. Particolarmente pericoloso era ovviamente l’Irredentismo tedesco, forte del sostegno politico del partito Deutschnationale e molto diffuso, come gli altri irredentismi grandi e piccoli, nella piccola e media borghesia, ceto da cui proveniva buona parte dei quadri militari intermedi29.

Nazionalismo più pericoloso di ogni altro perché l’unico in grado di creare nel Corpo ufficiali un cortocircuito fra fedeltà alla Corona e appartenenza nazionale: in quello che, secondo lo storico Heinrich Benedikt, era un vero e proprio «popolo fra gli altri»30 nella Monarchia, l’elemento tedesco nazionale, rappresentato dalla lingua d’ordinanza e dalla tradizione militare germanico-imperiale, faceva da elemento di identificazione collettiva forte e accettato. Il giorno in cui questa identità fosse stata rivendicata in maniera esclusiva da una delle minoranze al suo interno (quella tedesca appunto), la sua dissoluzione sarebbe stata inevitabile.

Dopo questa premessa, risulta chiaro il motivo per cui l’esercito concentrò i suoi sforzi propagandistici soprattutto all’esterno e trascurò il suo interno: se esistevano pericoli per il conseguimento del Glorreicher Sieg (vittoria gloriosa), parola con cui il Comando supremo infarciva i comunicati ufficiali, questi potevano provenire soltanto dalla società civile, caotica, rissosa, indisciplinata.

Le iniziative per il sostegno morale e psicologico del soldato, che naturalmente vi furono fin dal principio del conflitto, erano affidate all’iniziativa dei singoli Comandi d’armata, o ad iniziative civili di stampo caritatevole. Una propaganda massiccia per le truppe, ispirata ad un progetto pedagogico forte sarebbe stata intrapresa soltanto nella primavera del ’18, quando sull’onda delle diserzioni e degli ammutinamenti di massa31 il Comando supremo fu costretto ad aprire gli occhi sullo stato di disgregazione e disfacimento in cui versava l’ultimo baluardo della doppia Corona.

28

«eine moralische Anstalt zur Förderung eines dynastischbezogenen Reichpatriotismus» Erzherzog Albrecht, comandante supremo nella campagna del 1866 e ultimo grande riformatore dell’esercito cfr. Rill-Zellenberg, op. cit., pp. 173-175.

29 Ibid. 30

Ibid.

31 Per una storia dettagliata delle rivolte interne alla Monarchia negli ultimi due anni di guerra rimando a: H.

Haselsteiner - R. Plashka - A. Suppan, Innere Front, Widerstand und Umsturz in der Donaumonarchie 1918, Wien, Verlag für Geschichte und Politik, 1974.

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Gli spettacoli collettivi: il teatro da campo

Come già visto a proposito del cinema da campo anche per l’organizzazione di spettacoli teatrali il Kpq svolse fino al ’17 il semplice ruolo di intermediario fra impresari privati e Comandi d’armata. Le prime visite di compagnie teatrali al fronte avvennero nel 1915: gli artisti erano accompagnati da un ufficiale del Kpq che, oltre ad impedire contatti inopportuni con gli ufficiali operativi, aveva il compito di gestire i rapporti con i comandi locali che si occupavano di organizzare le rappresentazioni32.

Nell’aprile del ’17, nell’ambito della riorganizzazione del Kpq, venne creato un apposito

Theaterreferat (interno alla Kunstgruppe) incaricato non più solo di organizzare le tournée

teatrali al fronte o nei paesi stranieri neutrali, ma anche di controllare la qualità patriottica delle rappresentazioni prima di dare il permesso alle compagnie di partire: venne inoltre introdotto un tetto di dieci membri per ogni ensamble e l’obbligo scritto per gli artisti di non trattenersi troppo a lungo con i soldati.

Le compagnie, spesso plurilingui per accontentare i soldati di ogni di ogni nazionalità, andavano dal piccolo gruppo di cabarettisti al celeberrimo ensamble del Hofburgtheater (il Teatro di Corte, oggi primo teatro di Stato austriaco) che proprio ai quei tempi portava in scena le posse di Johann Nestroy e i drammi psicologici di Arthur Schnitzler, autori divenuti poi classici del teatro moderno. I generi più amati al fronte erano, ad ogni modo, le operette, i varietà e gli spettacoli musicali di ogni genere, che soprattutto negli ultimi anni della guerra erano sempre più frequenti: non sorprende che per farvi assistere i soldati venissero organizzati convogli speciali dal fronte.

Il mondo dello spettacolo ricambiò il successo con una partecipazione assidua ad iniziative benefico-propagandistiche, quali esibizioni in lazzaretti o a favore delle campagne per i prestiti di guerra.

Anche il teatrino delle marionette, genere popolare per eccellenza, fece il suo debutto al fronte: nel dicembre del ’17, l’Obleutnant Fritz Oberdorfer riuscì a far stampare a spese del

Theaterreferat mille copie del suo Kasperl Kriegsdienst (Il servizio militare di Kasper33), un

opuscolo fai da te del teatro di marionette da distribuire al fronte.

32 La spiegazione più esaustiva di come funzionasse il teatro al fronte è fornita dalla Schmölzer, op. cit., pp.

23-26.

33 Kasperl è una maschera comica inventata a Vienna nel 1764 dall’attore Johann Laroche, prendendo spunto dal

Hanswurst della commedia dell’arte rinascimentale tedesca. Dalla seconda metà del XIX secolo Kasperl diventa

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Case del soldato e letture di trincea

Direttamente dipendenti dai Comandi d’armata erano le Soldatenheime34 (Case dei soldati)

intese come sinonimo di Marketendereien, cioè spacci militari. Nello ‘spaccio-casa del soldato’ chi se lo poteva permettere poteva acquistare quei piccoli oggetti in grado di dare un’apparenza normale alla vita di tutti i giorni: dai pettini alle carte da gioco, dalle cartoline alle magliette di lana fino alla razione supplementare di Speck o al cordialino, tutto a prezzo politico. Situate in piccoli centri nelle retrovie accanto allo spaccio ospitavano sale di intrattenimento e di lettura dove venivano collocate le Feldbibliotheken (biblioteche da campo) che ogni Comando d’Armata si preoccupava di organizzare autonomamente.

Le letture provenivano in genere da donazioni di associazioni nate proprio per organizzare la raccolta e l’invio al fronte di libri, calendari e riviste usate: la più conosciuta di queste era la

Sammelstelle für Soldatenlektüre an der Technischen Universität (Punto di raccolta di letture

per soldati presso l’Università tecnica) di Vienna. Fondata nel 1914, in pochi mesi crebbe fino a garantire un servizio regolare di invio di quotidiani e periodici al fronte: le letture preferite dai soldati erano quelle a tema religioso e umoristico35. Fra le riviste più amate primeggiava il settimanale satirico illustrato «Die Muskete»36, le cui sagaci vignette colorate in copertina non risparmiavano critiche feroci a nessuno, spesso nemmeno agli alleati.

Dal ’15, comunque, presso gli spacci vennero aperte delle vere e proprie librerie da campo (Feldbuchereien) dove i libri si potevano acquistare direttamente: si trattava di ‘filiali’ di librerie o case editrici gestite da militari.

Verlag Ferdinand Kleinmayer, 1960. La maschera è ancor oggi popolare sia nei giochi per bambini sia come personaggio, riletto in chiave moderna, nel teatro bavarese e austriaco.

34 Cfr. Armeekommando der k.u.k. 7. Armee, Bestimmung über die Geschäftsgebarung und Verrechnung der

Marketenderei Ausgabestellen der 7. Armee und der Truppenmaketendereien (Soldatenheime), k.u.k. 7. Armee –

Feld- Bücherei, 1917. Unico testo reperibile (presso la biblioteca dell’Archivio di Stato austriaco) in cui compaia la parola Soldatenheim, questa brossura di una ventina circa di pagine che contiene le informazioni tecniche per la gestione dello spaccio e altre informazioni sulle due Soldatenheime della VII Armata situate a Szigetkamara e a Bethlen in Ungheria.

35 M. G. Hall, Das Buch als Bombengeschäft, in Amann-Lengauer, op. cit., pp. 140-141. 36

M. Isnenghi, La Grande Guerra, Roma, Giunti-Collana XX secolo, 1993, p. 73. Si veda anche la dissertazione di G. Exner, Karrikaturen als Quellen der historichen Stereotypenforschung in der Karrikaturen der “Muskete”

im Ersten Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1995 e «Die Muskete im Krieg» di Wendeln Schmidt-Dengler in Österreich und der Große Krieg 1914-1918, op. cit., pp. 126-132.

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I giornali per i soldati

All’interno del Kpq la creazione di uno o più giornali per le truppe fu un tema assente, anche solo come proposta, fino al febbraio del 1918: quando ormai gli episodi di diserzione e rivolta fra le truppe si moltiplicava senza sosta Eisner-Bubna si decise a formare all’interno del Quartiere il Frontpropagandagruppe (Gruppo per la propaganda al fronte) che si sarebbe dovuto occupare di tenere cicli di conferenze patriottiche presso le truppe.

Fino a questo tentativo in extremis di un coinvolgimento dei soldati nelle ragioni della guerra e nella causa della sopravvivenza della Monarchia, iniziative centrali di propaganda attiva per le truppe non ve ne furono. Ad eccezione del «Feldblatt»37, un foglio che raccoglieva le comunicazioni di servizio per gli ufficiali e i bollettini dell’Aok, i soldati avevano a disposizione soltanto i giornali che si trovavano nelle Soldatenheimen.

In alcune occasioni il vuoto lasciato dall’autorità militare centrale venne colmato dai singoli Comandi d’armata che organizzarono autonomamente dei giornali per i loro soldati: il primo in assoluto fu la «Soldaten-Zeitung der k.u.k. Ersten Armee»38, cioè il giornale per soldati della prima armata, operante sul fronte russo. Citare questo foglio come primo esempio, scelta peraltro obbligata vista l’irreperibilità di altri giornali, permetterà di apprezzare appieno l’unicità della «Tiroler Soldaten-Zeitung» nel porsi a metà strada fra le trincee e le retrovie, e soprattutto nell’aprirsi alla partecipazione di collaboratori esterni. Dietro la nascita di entrambe queste iniziative vi fu il patrocinio del generale Viktor Dankl che fino al maggio del 1915 comandò proprio la Prima armata (ottenendo una celebrata vittoria a Krasnik contro i russi), per poi passare a comandare le truppe in Tirolo. Di Dankl si parlerà ancora più avanti.

Il giornale della Prima armata

«Die «Soldaten-Zeitung» soll in einfacher und kerniger Sprache den Angehörigen der Armee, welche im Felde stehen, die neuesten Nachrichten über die militärische Lage, ferner über

37 L’edizione completa del «Feldblatt», che uscì dal 26 ottobre 1914 al 5 novembre 1918, è custodita alla

Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.

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einzelne militärische Begebenheiten auf den Kriegsschauplätzen sowie über sonstige Angelegenheiten, die das Interesse der Armee oder Einzelner berühren vermitteln»39

In questa dichiarazione di intenti, che affianca la testata sulla sinistra, è già contenuta buona parte delle informazioni per comprendere lo scopo di questo di questo giornale: dare ai ‘soldati’ (vedremo poi cosa si deve intendere con questa espressione), prima che le pause invernali potessero spingerli e cercarle da soli, il maggior numero di informazioni sulla guerra, accuratamente filtrate e addomesticate.

Non sono purtroppo reperibili informazioni riguardo a chi materialmente si occupasse della stesura, è molto probabile comunque che nella Prima armata, come nelle altre, operasse un piccolo gruppo di ufficiali che nei ritagli di tempo si occupavano di spulciare i giornali e i dispacci d’agenzia per tenere il Comando sempre aggiornato sulla situazione militare: una sorta di Pressegruppe che in casi come questo si occupava anche della redazione di un giornale per le truppe.

Dal quadro a destra della testata si apprende che il foglio era gratuito e destinato esclusivamente ai militari e che ne esistevano, oltre a quella in tedesco, altre tre edizioni rispettivamente in polacco, in ungherese e in bömisch: in un micro tamburino a piè di pagina, che scompare dopo i primi dieci numeri, viene indicata la tiratura, che per la prima edizione del 17 novembre ’14 fu di 34.963 copie e il nome della tipografia privata dove veniva stampato il foglio (la G. Siwinna di Kattowitz, in Galizia).

Fino al gennaio del ’15, a testimonianza di grandi difficoltà organizzative, il giornale uscì due volte alla settimana, ma era costituito da pochi fogli (da uno a cinque) spesso battuti a macchina e ciclostilati, in cui soltanto la testata era stampata. Dall’inizio del ’15 in poi le edizioni in ciclostile si rarefanno e cominciano a comparire foto in copertina e ad aumentare il numero delle pagine, fino a stabilizzarsi attorno alla quindicina.

In vista dell’analisi della «Tiroler Soldaten-Zeitung» è bene osservare da vicino un numero in particolare del giornale della prima armata, precisamente quello ‘doppio’ di domenica 4 aprile 1915.

L’onore della prima pagina, come sarà anche nel supplemento letterario della Tsz, tocca agli eroi del giorno.

39

«La «Soldaten-Zeitung» ha il compito di far arrivare agli appartenenti all’armata impegnati sul campo, con un linguaggio semplice e conciso, le ultime notizie sulla situazione militare, particolari riguardo a singoli eventi militari dai diversi teatri di guerra, così come ogni altro tema che sia d’interesse generale o particolare.» In

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All’interno del giornale, in cui il testo è distribuito su due colonne di eguali dimensioni, dalla seconda alla sesta pagina si trovano sette articoli che trattano i temi più disparati: dalla difesa dei Dardanelli (Die Verteidigung der Dardanellen, p. 3), agli accordi economici fra la Monarchia e gli alleati (Das wirtschaftliche Bündnis, p. 3) fino alla recensione di una brossura sulla guerra, di recente pubblicazione (Was uns Not tut, p. 6). Lo stile di questi articoli è senza dubbio ricercato e gli argomenti trattati, per quanto di interesse generale, richiedono al lettore una certa cultura per arrivare a leggerli fino in fondo.

Da pagina sette a pagina quindici, l’ultima, si susseguono ben 63 notizie brevi, ognuna col suo titolo, riguardanti nella stragrande maggioranza gli avvenimenti militari dai diversi fronti, con particolare attenzione a quello orientale, e quelli politici, con un occhio di riguardo ai paesi neutrali.

Il linguaggio di queste notizie è sobrio, quasi informativo, se non fosse che sono tutte accuratamente manipolate in favore dell’Impero e dei suoi alleati: proprio in questo selezionare e ritoccare centinaia di notizie, anche solo vagamente spendibili per dare la sensazione che tutto vada bene, sta il Leitmotiv propagandistico del giornale.

L’obiettivo che emerge più chiaramente è quello di creare un clima positivo e di pacata fiducia nel corpo ufficiali, sperando che poi questi siano in grado di farne partecipi i soldati. Perché una cosa è chiara: nonostante il nome, questo foglio era fatto e pensato per gli ufficiali, specie quelli di ranghi inferiori, quotidianamente a contatto con la truppa. Il soldato semplice è presente solo nella decorazione con le medaglie, Ehrentafel (targa dell’onore) al valore di quel grande club che i comandanti vorrebbero fosse l’armata, come simbolo vincente di una guerra in cui tutto doveva andare per il meglio; anche se quando questa edizione venne stampata, era appena passato un inverno che si era portato via più di un milione di soldati imperial-regi fra caduti, feriti e prigionieri40.

40 1.292.000 secondo Christoph von Hartungen in “Die Tiroler Vorarlberger Standschützen-Mythos und

Realität” in K. Eisterer – R. Steininger (Hrsg.), Tirol und der erste Weltkrieg, Innsbruck-Wien, Österreichischer Studienverlag, 1995, p. 64.

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La guerra e i due volti della censura

Allo scoppio della guerra contro la Serbia, fra le altre legislazioni speciali che entrarono in vigore, quella sulla stampa pose di fatto fine alla relativa libertà esistente in tempo di pace. La censura militare, con il suo rigidissimo sistema di accreditamento dei corrispondenti, e quella civile, che esigeva la consegna quotidiana delle bozze ai commissariati di polizia, rendevano impossibile anche per il giornale più forte e affermato l’espressione di un qualsivoglia dissenso al conflitto.

La Berichterstattergruppe e la militarizzazione dei corrispondenti di guerra

Unica ripartizione del Kpq presente dall’inizio alla fine della guerra, la Berichterstattergruppe (Gruppo dei corrispondenti) era diviso in tre sottogruppi: uno austriaco, uno ungherese e uno straniero41. Il numero dei corrispondenti che ne fecero parte superò le cento unità, ma questo non significava che il gruppo fosse sempre così numeroso: sia per motivi personali che redazionali i giornali richiamavano dal fronte i propri inviati per sostituirli con altri42.

Quando entravano a farne parte, i corrispondenti divenivano sotto il profilo giuridico dei militari veri e propri, ma il loro status fu contraddistinto fino al 1917 da un’ambiguità di fondo: secondo le già citate istruzioni per la mobilitazione del 1909, per essere accreditati dal proprio giornale al Kpq43 gli inviati dovevano essere inabili al servizio militare. Nel momento stesso in cui l’accredito veniva concesso, il giornalista si trovava però sottoposto a tutti gli effetti alla giurisdizione militare stessa44

L’interpretazione della norma, che venne aggirata più d’una volta grazie a raccomandazioni e pressioni degli editori45, venne resa univoca nel ’17 dal nuovo comandante, il colonnello Eisner-Bubna: i corrispondenti di guerra erano da intendersi abili al servizio militare, ma esenti da quello di truppa46.

41 Il tetto di otto giornalisti austroungarici e di tre per paese straniero previsto dalle Istruzioni del 1909 venne

superato già dopo i primi mesi. Stiassny-B., op. cit., p. 7.

42 Ivi p. 43.

43 Almeno durante il primo anno del conflitto, la domanda di accredito dovette essere inoltrata dal direttore della

testata al Kriegsministerium (Ministero della guerra), mentre in seguito si affermò la prassi di fare domanda direttamente al Kpq. Ivi p. 9.

44 Ivi pp. 8-10. 45 Ivi p. 29.

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Un cenno infine ai costi della Berichterstattergruppe che venivano divisi fra l’esercito, che assicurava ai giornalisti e ai loro aiutanti vitto e alloggio, nonché un rimborso forfettario per i viaggi al fronte, e i giornali, che coprivano le spese della corrispondenza, a quanto pare molto alte nonostante la concessione di tariffe agevolate47.

Le condizioni di lavoro dei Berichterstatter

I corrispondenti furono sottoposti ad una doppia censura: da una parte quella diretta o «alla fonte»48, dall’altra quella indiretta a cui vennero sottoposti i servizi da inviare ai giornali49. La censura “alla fonte” fu molto severa nel primo anno del conflitto soprattutto con i giornalisti a cui era tassativamente vietato accedere al fronte, dove vennero invece inviati da subito fotografi e disegnatori50 (i Kriegsmaler), ritenuti evidentemente più controllabili. Con il tempo le pressioni dei giornali e dei corrispondenti si fecero più forti e perciò si iniziarono ad organizzare gite in piccoli gruppi e sotto il comando di un ufficiale: le escursioni si svolgevano o in località dove si erano concluse (almeno da qualche giorno) battaglie vittoriose per la Monarchia oppure lungo tratti di fronte non operativi51.

L’ufficiale accompagnatore, a volte appartenente al Kpq, altre volte ai Comandi d’armata, doveva agire da filtro fra le truppe e il corrispondente, impedendo contatti troppo ravvicinati. La censura dei dispacci in partenza per le redazioni era affidata invece alla Zensurgruppe del Kpq dove operavano esclusivamente ufficiali; il Comando del Kpq aveva, inoltre, voce in capitolo nel definire le linee generali della censura elaborate dal Kriegsüberwachungsamt (Ufficio di vigilanza sulla guerra) presso il Kriegsministerium52.

Dalle Disposizioni per i viaggi al fronte del luglio 1916, che coincidono in buona parte con le indicazioni operative per i censori, emerge con chiarezza l’obiettivo fondamentale della censura diretta e cioè il controllo assoluto dei dati fondamentali della notizia: dati precisi, numeri o nomi di località potevano essere estrapolati soltanto dai Bollettini ufficiali del Comando supremo. Accanto a questo intento se ne può rintracciare un altro non meno

47

Ivi p. 34. 48

In F. Di Spirito, P. Ortoleva, C. Ottaviano (a cura di), Lo strabismo telematico: contraddizioni e tendenze

della società dell'informazione,Torino, UTET, 1997, a p. 15 Ortoleva definisce come “censura alla fonte” i casi in cui «ciò che viene sottoposto a rigidi controlli e divieti non è quello “che viene detto”, ma lo stesso accesso del giornalista alla notizia, anzi, alla realtà della guerra.»

49 Sulla censura austroungarica nella Grande guerra si veda: G. Spann, Zensur in Österreich während den ersten

Weltkrieg, Phil. Diss., Wien, 1972.

50 Stiassny-B., op. cit., p. 51. 51 Ivi pp. 51-52.

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evidente, quello cioè di impedire al corrispondente sia di raccontare eventi storicamente falsi, sia di denigrare il nemico in modo esagerato: in una parola venne raccomandata ai

Berichterstatter una certa continenza nello stile53.

Ai corrispondenti, chiusi nei loro alloggi o negli uffici del Kpq, per accontentare il loro pubblico non restava altro che abbellire e romanzare i comunicati ufficiali, in barba naturalmente alla continenza raccomandata, mescolando le impressioni raccolte durante i rari viaggi al fronte con informazioni prese da mappe, romanzi e addirittura guide turistiche54. I rapporti fra corrispondenti e militari, nonostante la stretta collaborazione, non furono mai dei migliori: se gli ufficiali esterni al Kpq non comprendevano affatto la necessità della loro presenza al fronte, i giornalisti, per contro, mal tolleravano il controllo asfissiante dei militari che impedivano loro di soddisfare le richieste dei rispettivi giornali, che volevano più notizie e in tempi più rapidi. L’esistenza di queste tensioni è documentata dalle frequenti petizioni inoltrate dai corrispondenti più importanti a nome di tutti i Berichterstatter. Le lamentele riguardavano la scarsità delle visite al fronte, l’eccessiva severità dei censori e il ritardo con cui i pezzi censiti arrivavano ai giornali, spesso già privi di attualità55.

La censura governativa

Fin dall’inizio della guerra, con l’entrata in vigore delle disposizioni d’emergenza (Ausnahmverfügungen) del Ministero degli Interni, gli editori di ogni tipo di periodico furono obbligati a consegnare in via preventiva un esemplare presso le autorità competenti all’esercizio della censura che a seconda delle località erano i Polizeikommisariat (Commissariati di polizia) o le Bezirkhauptmannschaft (Uffici dei Capo distretto)56. In questi uffici veniva svolta la censura vera e propria su delega della Staatsanwaltschaft für

Presseangelegenheiten (Procura di Stato per gli affari della stampa) a cui la censura spettava

per legge57.

Per evitare il danno economico derivante dalla distruzione delle copie esemplari, si consolidò ben presto l’abitudine di consegnare ai censori (sempre in via preventiva) la bozza del

53 Stiassny-B., op. cit, p. 63. 54 Ivi pp. 49-50.

55

Ivi pp. 72-73.

56 G. Dressler, Zwischen Euphorie und Realismus – Die Neue Freie Presse im ersten Weltkrieg, Phil. Diss.,

Wien, 1981, p. 46.

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giornale da cui i passaggi proibiti venivano rimossi, lasciando le inconfondibili macchie bianche ben presto familiari soprattutto ai lettori dei giornali d’opposizione58.

Al vertice dell’intero apparato stava il Kriegsüberwachungsamt (Ufficio per la sorveglianza della guerra), organismo ufficialmente inesistente, ma in realtà noto ad ogni insider che si trovava alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni. I suoi compiti consistevano nel diffondere le direttive generali sulla censura, nel coordinare fra loro censura postale, telegrafica e periodica, nonché nell’organizzazione, a partire dall’autunno del 1915, di una conferenza stampa ufficiale giornaliera sulla situazione della guerra e sullo stato generale della Monarchia59.

L’esperienza dei Kriegsmaler60

Prima di lasciare spazio al vivo del presente lavoro, ovvero l’analisi della Tsz e nello specifico delle tematiche trainanti delle poesie comparse nei supplementi bisogna ricordare un’esperienza propagandistica e artistica che si intrecciano in modo del tutto eccezionale nella Monarchia absburgica.

Nell’ambito del Kpq già nel 1914 il Comando supremo d’armata istituì presso l’Ufficio stampa di guerra la sezione di cui si è già parlato: la Kunstgruppe. Molti chiamati alle armi che nella vita civile erano artisti vennero inquadrati sotto il comando del Kpq, con il compito di documentare e rendere comprensibile l’esperienza bellica. Iniziarono le attività sul fronte russo e serbo, dove i pittori vennero mandati allo stesso modo di fotografi, operatori cinematografici o giornalisti.

Ma la specificità del loro lavoro, cioè la necessità di tempi più lunghi per portare a termine lo stesso lavoro, fecero sì che nella primavera del 1915 venisse creato, sempre nell’ambito del Kpq, un nuovo servizio, quello dei Kriegsmaler e dei Kriegsbildbauer.

L’esperienza dei Kriegsmaler è un’esperienza unica nell’ambito della Prima Guerra mondiale. In nessun altro esercito esistette un reparto così speciale: pittori e scultori con grado di ufficiale, che disponevano della massima libertà di movimento al fronte e potevano arrivare fino alla prima linea. Il loro compito fu di raffigurare la vita al fronte, con l’obbligo di fornire

58 Dressler, op. cit., p. 46. 59 Ibid.

60

Per le informazioni del presente paragrafo sui Kriegsmaler si vedano, oltre le opere già citate nella nota 8, Liselotte Popelka, Vom “Hurra” zum Leichenfeld, Vienna, Heeresgeschichtliches Museum, 1971 e Jozo Dzambo (a cura di), Musen an die Front. Schriftsteller und Künstler im Dienst der k.u.k Kriespropaganda

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il Kpq di un certo numero di opere al mese. Il 99% della loro produzione artistica rimase di proprietà del quartier generale, che per divulgare le tele di questi artisti organizzò diverse mostre sia all’interno del Paese che dell’alleata Germania,ma anche in paesi lontani quali Olanda o Danimarca. Le mostre di pittura in periodo di guerra sono una cosa eccezionale, che permisero a questi artisti di continuare la loro riflessione artistica, anche se certamente con il limite del ruolo che ricoprivano e dello scopo per cui lavoravano ovvero: fare propaganda. A questi artisti va riconosciuto il merito di avere documentato tutti i fronti in cui hanno combattuto le armate austroungariche.

Alcuni temi sono ricorrenti come la natura e il paesaggio, le scene di guerra, i momenti di vita dei soldati, ma la gran parte della produzione dei Kriegsmaler riguarda il paesaggio e la ritrattistica. I toni sono spesso idilliaci, a volte malinconici, ma mai, o raramente, suscitano orrore o angoscia. Complessivamente è il rapporto uomo-natura a prevalere in questa esperienza artistica61.

Un altro strumento di cui si avvalse la propaganda per diffondere queste opere fu la loro pubblicazione nelle pagine della Tsz.

La Tsz fu una finestra aperta sul mondo artistico tirolese di quegli anni.

61 Esperienza in parte rivivibile nel Catalogo a cura di Massimo Libardi e Fernando Orlandi: Kriegsmaler.

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Il Tirolo in guerra

Come è stato appena accennato, nella Monarchia la propaganda per i soldati ebbe un peso relativamente scarso: se la necessità di un maggiore coinvolgimento ideale del combattente nella guerra fu sentita dalle autorità militari centrali soltanto verso la fine del conflitto, fu quasi del tutto assente la preoccupazione di collegare il fronte militare a quello, cosiddetto, interno, attraverso mezzi di propaganda che facessero da ponte fra soldati e civili. Le ragioni principali di questa lacuna sono da ricercare da una parte nel silenzio dei politici sui motivi del conflitto, dall’altra nella distanza fisica della stragrande maggioranza della popolazione dai combattimenti che si svolsero soprattutto agli estremi confini dell’Impero (Carpazi, Galizia, Serbia).

Nel caso del Tirolo però, la situazione fu completamente diversa: le autorità militari locali e l’associazionismo civile anzitutto, si mobilitarono fin da subito perché l’aggressione italiana fosse interpretata nel contesto del confronto, in corso da decenni, fra nazionalismo italiano e nazionalismo germanico. In secondo luogo, la mancanza di effettivi rese necessario, per il primo anno di guerra, il trasferimento al fronte di intere comunità civili, inquadrate in reparti volontari che, se non mancavano di motivazioni oggettive per difendere la loro terra, avevano però bisogno di premi simbolici e di stimoli ideali per battersi da veri soldati.

L’unità totale fra i due fronti, auspicata nella Grande guerra dai militari di ogni bandiera, sembrava essersi realizzata quindi nella piccola patria alpina sotto assedio e trovò la sua espressione proprio nella «Tiroler Soldaten-Zeitung», destinata, non a caso, sia al pubblico militare che a quello civile.

Il bastione Tirolo e la mobilitazione dei Landesschützen

Fino al maggio 1915, il Tirolo era stato certamente un territorio lontano dal fronte, ma mai dalla guerra in senso lato. Già nella tarda estate del ’14, infatti, per proteggersi le spalle da un eventuale attacco del Regno d’Italia (che poi puntualmente avvenne), il capo di stato maggiore dell’esercito austroungarico, Feldmareschall Conrad von Hötzendorf, aveva ordinato il rinforzo e il completamento della rete di fortificazioni che correva lungo il confine fra i due stati: non era infatti un mistero per nessuno che l’Italia avrebbe potuto ripudiare da un momento all’altro la vetusta Triplice Alleanza, per unirsi all’Intesa ed approfittare della guerra per realizzare compiutamente l’unità nazionale. Conrad stesso aveva proposto negli

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anni precedenti addirittura una guerra preventiva contro l’Italia per scongiurare definitivamente ogni pericolo di dover cedere a quest’ultima altri territori62.

Nel maggio 1915, la Monarchia non si trovava quindi certo impreparata dal punto di vista psicologico e strategico a difendersi dall’Italia: quello che veramente mancava era il materiale umano. Com’è stato detto prima, nelle terribili battaglie dei Carpazi dell’inverno ’14-’15 l’esercito austroungarico aveva perduto circa 1 milione e 292 mila effettivi fra caduti, feriti e prigionieri: poco meno della metà quindi dei circa dei circa 3 milioni di uomini mobilitati nel ’1463. Prima che l’Italia dichiarasse la sua uscita dall’Alleanza (4 maggio 1915), a difendere il Tirolo si trovavano perciò poche decine di migliaia di uomini in tutto: una parte delle cinque divisioni dell’Armeegruppe Rohr (X Armata, distribuita fra Tirolo, Carinzia e contea di Gorizia) e le compagnie della milizia territoriale, ovvero i Landstürmer e gli Standschützen64. L’antico diritto di autodifesa dei tirolesi, garanzia dell’esenzione dal servizio militare, era sopravvissuto infatti almeno in parte all’introduzione della leva obbligatoria (1869): le classi che avevano già prestato regolare servizio (dai 33 ai 42 anni) venivano inquadrate in una milizia territoriale (Landsturm) che poteva essere impiegata esclusivamente per la difesa del Tirolo in caso di guerra65.

Accanto a questi riservisti, vi erano poi gli Standschützen, cioè membri delle associazioni che ruotavano intorno ai poligoni di tiro e che erano o troppo giovani o troppo vecchi per appartenere alla Landsturm: accanto a ragazzi sotto i vent’anni e uomini oltre i cinquanta si trovavano poi gli inabili al servizio militare che non per questo disdegnavano di fare due tiri al bersaglio di domenica. La funzione di questa riserva della riserva era soprattutto quella di introdurre i membri più giovani (sotto i 18) al cameratismo militare, affiancandoli a quelli più anziani; l’inclusione nei registri degli Standschützen era un atto assolutamente volontario e legato soprattutto all’aspetto sociale dell’istituzione; si trattava insomma di circoli con una funzione, verrebbe da dire, ‘ricreativa’: la possibilità di una mobilitazione appariva ai membri di queste associazioni quanto mai remota66. Niente di più sbagliato.

Il 18 maggio 1915 venne ordinata la mobilitazione totale dei volontari tirolesi, organizzati in 44 battaglioni e 23 compagnie di Standschützen e in 10 Landsturmbattaillon: a questi vennero affiancati durante l’estate alcuni reggimenti di Schützen provenienti da altri Länder austriaci

62 W. Etschmann, Die Südfront 1915-1918, in Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30. 63 Isnenghi, La Grande Guerra, op. cit., p. 36.

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Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30.

65 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 62-63.

66 Ibid. Organizzazioni analoghe erano comunque diffuse anche nelle altre regioni alpine della Monarchia (Stiria,

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(Salisburgo, Stiria, Alta-Austria, Carinzia), sette reggimenti di veterani tirolesi impiegati fino ad allora su altri fronti e i 12 mila bavaresi dell’Alpenkorps tedesco che fecero da forza di pronto intervento lungo tutto il fronte italiano67.

Il neo costituito Comando del fronte sud-occidentale Arciduca Eugenio (Kommando der

Südwestfront Erzherzog Eugen) guidato appunto dal fratello del Comandante Supremo

arciduca Federico, venne diviso in tre settori:

1. quello del confine tirolese (75 mila unità) affidato al Landesverteidigungskommando Tirol (Comando di difesa territoriale Tirolo, Lvk di seguito) affidato al Viktor Dankl, l’“eroe di Krasnik”;

2. il confine carinziano (30 mila unità) che venne presidiato da tutte e cinque le divisioni del Gruppo Rohr, affiancate da Standschützen carinziani,

3. e infine quello dell’Isonzo (95 mila uomini) dove venne dislocata una buona parte della quinta armata prima impiegata nei Balcani e posta sotto il comando del generale Boroévic68. Quello isontino non era fronte da Schützen.

Almeno per i primi mesi nel primo settore operarono quindi soprattutto riservisti e volontari che prima dell’arrivo dei veterani tirolesi (agosto ’15) costituivano circa la metà delle forze disponibili69. Data poi la scarsità di quadri intermedi, agli Standschützen venne concesso un privilegio inconcepibile per i militari, cioè quello di eleggere i propri ufficiali e sottoufficiali: questo fattore, unito alla provenienza dalla stessa località come criterio guida per la formazione dei battaglioni, determinò di fatto un trasferimento in blocco di interi paesi al fronte, con i notabili in divisa da ufficiali e i contadini a fare i soldati70.

Questi microcosmi sociali estremamente coesi, legate alle forme e alle regole della vita di paese, non potevano che sentirsi estranei a quel popolo a sé della Monarchia, quello militare appunto, con i suoi codici e le sue regole: le due culture non potevano che far fatica a convivere negli stessi spazi angusti delle trincee e delle postazioni d’alta quota.

I rapporti erano tesi soprattutto fra ufficiali d’accademia e ufficiali volontari. I primi, infatti, non accettavano che i secondi avessero ricevuto da un giorno all’altro il grado (senza però il diritto alla pensione) che loro si erano guadagnati in anni di carriera; sempre i primi, poi, non perdevano occasione di inoltrare lamentele presso il Lvk riguardo al comportamento

67 Eisterer-Steininger, op. cit., pp. 27-30. Nel ’17 furono gli autori del blitz nella Conca di Plezzo, preludio a

Caporetto.

68 Ibid.

69 Eisterer-Steininger, op. cit., p. 72. 70 Ivi., pp. 67-71.

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